N. 161 ORDINANZA 24 giugno - 15 luglio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Contenzioso tributario  -  Disposizioni  in  materia  di  sospensione
  dell'esecuzione dell'atto impugnato e di  provvisoria  esecutivita'
  della sentenza di primo grado. 
- Decreto legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul
  processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
  nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), artt. 47 e 68. 
-   
(GU n.29 del 22-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 47  e  68
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.  546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413),  promosso  dalla
Commissione tributaria provinciale  di  Campobasso  nel  procedimento
vertente tra  la  M.G.  srl  e  l'Agenzia  delle  entrate,  direzione
provinciale di Campobasso, con ordinanza del 19 giugno 2014, iscritta
al n. 185 del registro ordinanze 2014  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 45,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 24  giugno  2015  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 19 giugno  2014,  la  Commissione
tributaria provinciale di Campobasso  ha  sollevato,  in  riferimento
agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di  legittimita'
costituzionale degli  artt.  47  e  68  del  decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413),  nella  parte  in  cui  tali  disposizioni
prevedono,  rispettivamente,  che  gli  effetti   della   sospensione
dell'esecuzione   dell'atto   impugnato   cessino   dalla   data   di
pubblicazione della sentenza di primo grado, e che  tale  sentenza  -
laddove pronunciata in merito all'impugnazione di atti di  diniego  -
non sia provvisoriamente esecutiva; 
    che il giudice a quo riferisce di essere chiamato a  decidere  in
ordine al ricorso  proposto  dalla  M.G.  srl  al  fine  di  ottenere
l'annullamento,  previa  sospensione,   del   provvedimento,   emesso
dall'Agenzia  delle  entrate,   di   revoca   dell'autorizzazione   a
effettuare operazioni intracomunitarie e  di  contestuale  esclusione
della medesima ricorrente  dall'archivio  V.I.E.S.  (VAT  information
exchange system); 
    che, pur ravvisando i presupposti per l'accoglimento del ricorso,
la  Commissione  tributaria   ritiene   che   tale   decisione   «non
consentirebbe di rendere giustizia alla ricorrente»,  poiche'  l'art.
47 del d.lgs. n. 546 del 1992 prevede che il  potere  di  sospensione
dell'atto impugnato cessi con la sentenza di primo grado;  e  d'altra
parte, il successivo art. 68 del medesimo decreto non prevede che  la
stessa sentenza, ove pronunciata in merito all'impugnazione  di  atti
di diniego, sia provvisoriamente esecutiva; 
    che,  ad  avviso  del  rimettente,  tale   qualificazione   viene
riconosciuta alle sole sentenze  favorevoli  all'ufficio  impositore,
nonche' a quelle che sanciscono l'annullamento di un atto impositivo;
viceversa, in caso  di  accoglimento  del  ricorso  avverso  atti  di
diniego,  e  quindi  in  presenza  di  una  decisione  favorevole  al
ricorrente,  continuerebbero  comunque   a   prodursi   gli   effetti
sfavorevoli dell'atto impugnato; 
    che sarebbe illegittima la cessazione - a partire dalla  sentenza
di primo grado - del potere di sospensione  dell'atto  impugnato  per
tutti gli atti non impositivi, e  in  particolare  per  gli  atti  di
diniego, poiche' tale limitazione impedirebbe - anche in presenza  di
una pronuncia favorevole alla parte ricorrente - la caducazione degli
effetti pregiudizievoli di un provvedimento illegittimo; 
    che  le  sentenze  di  condanna  dell'ente  impositore  sarebbero
eseguibili solo dopo il passaggio  in  giudicato,  sia  se  obbligano
l'amministrazione  al  pagamento  di  somme,  sia  se  impongono   un
comportamento diverso; sarebbe infatti esclusa  l'applicabilita'  del
principio di  immediata  esecutivita'  stabilito  dall'art.  337  del
codice di procedura civile, alla luce del principio generale  sancito
dall'art. 2909 del codice civile, in base al quale gli effetti  della
sentenza si producono quando si sia formato il giudicato formale; 
    che tale disciplina - che riconosce la provvisoria  esecutorieta'
delle sole sentenze di primo grado  dalle  quali  derivi  un  credito
dell'erario - si porrebbe in violazione  degli  artt.  3,  24  e  111
Cost.,  in  quanto  determinerebbe  un'ingiustificata  disparita'  di
trattamento tra fisco e contribuente, «non potendo l'esecuzione della
sentenza fare leva su un diverso tenore  delle  statuizioni  in  essa
contenute, laddove il beneficiario delle stesse sia l'ente impositore
oppure il contribuente; ne' d'altro canto tale irrazionale scelta del
legislatore fiscale puo' essere giustificata da un eventuale  diverso
spessore dei contrapposti interessi che si fronteggiano in giudizio»; 
    che, d'altra parte, una diversa soluzione sarebbe  possibile,  ad
avviso del giudice  a  quo,  attraverso  un'adeguata  interpretazione
letterale, logica e sistematica dell'art. 30, comma  1,  lettera  h),
della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni  per  ampliare  le
basi  imponibili,  per  razionalizzare,   facilitare   e   potenziare
l'attivita'  di  accertamento;  disposizioni  per  la   rivalutazione
obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonche'  per  riformare
il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti  tributari
pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di
amnistia per reati tributari; istituzioni dei  centri  di  assistenza
fiscale e del conto fiscale), e degli artt. 47 e 61 del d.lgs. n. 546
del 1992, anche alla luce dei  principi  affermati  dagli  organi  di
giustizia della Unione europea; 
    che, in particolare, non  sarebbero  decisive  -  ai  fini  della
limitazione del potere di sospensione al solo giudizio di primo grado
- ne' l'indicazione, nella disposizione impugnata, della  Commissione
tributaria di primo grado  (alla  quale,  per  tale  sospensiva,  non
potrebbe non rivolgersi il contribuente in quel grado del  giudizio),
ne' la previsione della cessazione degli  effetti  della  sospensione
dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, in  quanto
cio' si riferirebbe alla procedura cautelare nei limiti di quel grado
del giudizio; 
    che, pertanto, tale interpretazione porterebbe ad  escludere,  ad
avviso  del  giudice  a  quo,  che  il  potere  di  sospensione   sia
normativamente limitato al giudizio di primo grado; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile; 
    che, in via preliminare, la difesa dello  Stato  ha  eccepito  il
difetto di giurisdizione del giudice a quo, poiche'  la  controversia
oggetto del giudizio principale non avrebbe ad  oggetto  un  tributo,
come previsto dall'art. 2 del medesimo d.lgs. n. 546 del 1992, bensi'
la revoca di un'autorizzazione, inidonea  ad  incidere  sul  rapporto
d'imposta;  pertanto,  a  fronte  dell'esercizio   di   tale   potere
dell'amministrazione,  la  posizione   giuridica   soggettiva   della
societa' ricorrente sarebbe qualificabile  in  termini  di  interesse
legittimo (ovvero  di  diritto  affievolito,  che  riceve  la  stessa
tutela)  e  la  Commissione  tributaria  avrebbe  dovuto,   pertanto,
dichiarare  il  proprio  difetto  di  giurisdizione  in  ordine  alla
controversia, in quanto rientrante nella  giurisdizione  generale  di
legittimita' del giudice amministrativo; 
    che sotto un diverso  profilo,  l'Avvocatura  generale  eccepisce
l'inammissibilita' della questione relativa all'art. 47 del d.lgs. n.
546 del 1992, in quanto nel caso in esame sarebbe gia' stata concessa
la sospensione cautelare del provvedimento impugnato; 
    che  parimenti  inammissibile  sarebbe  anche  la  questione   di
legittimita' costituzionale relativa all'art. 68 del  d.lgs.  n.  546
del 1992, il quale disciplina la fase successiva all'emanazione della
sentenza e dunque non sarebbe rilevante ai fini della  decisione  che
la Commissione tributaria deve adottare; 
    che,  inoltre,  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 68 sarebbe irrilevante poiche' le  censure  attengono  alla
mancata previsione dell'immediata  esecutorieta'  delle  sentenze  di
condanna al pagamento di somme in favore del contribuente;  tuttavia,
la controversia sottoposta  all'esame  della  Commissione  tributaria
provinciale non avrebbe ad oggetto il rimborso di somme; 
    che con  memoria  depositata  il  1°  giugno  2015,  l'Avvocatura
generale  dello  Stato  ha  evidenziato  che   il   recente   decreto
legislativo 21 novembre  2014,  n.  175  (Semplificazione  fiscale  e
dichiarazione dei redditi precompilata),  all'art.  22,  ha  abrogato
l'art.  35,  comma  7-ter,  del  d.P.R.  26  ottobre  1972,  n.   633
(Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), in  base
al quale era stato adottato il  provvedimento  impugnato;  la  difesa
erariale ha quindi richiesto che gli atti siano restituiti al giudice
a  quo,  affinche'  valuti  la  portata   dello   ius   superveniens,
potenzialmente idoneo a provocare una cessazione  della  materia  del
contendere nel giudizio principale,  da  cui  potrebbe,  in  ipotesi,
derivare    l'irrilevanza    della    questione    di    legittimita'
costituzionale. 
    Considerato che, con ordinanza del 19 giugno 2014, la Commissione
tributaria provinciale di Campobasso  ha  sollevato,  in  riferimento
agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di  legittimita'
costituzionale degli  artt.  47  e  68  del  decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413),  nella  parte  in  cui  tali  disposizioni
prevedono,  rispettivamente,  che  gli  effetti   della   sospensione
dell'esecuzione   dell'atto   impugnato   cessino   dalla   data   di
pubblicazione della sentenza di primo grado, e che  tale  sentenza  -
laddove pronunciata in merito all'impugnazione di atti di  diniego  -
non sia provvisoriamente esecutiva; 
    che, in via preliminare,  va  rilevata  l'inammissibilita'  della
questione  di   legittimita'   costituzionale   per   difetto   della
motivazione  in  ordine  al  requisito  della  rilevanza,  in  quanto
l'ordinanza di rimessione non contiene indicazioni sufficienti ad una
completa  ricostruzione  dei  termini  della  controversia,   ne'   a
giustificare la necessita' di fare  applicazione  delle  disposizioni
della cui legittimita' costituzionale dubita; 
    che,  in  particolare,  non  sono   state   illustrate,   neppure
sommariamente, le ragioni della ritenuta  fondatezza  dei  motivi  di
ricorso, nonostante tale  valutazione  avesse  una  priorita'  logica
rispetto alla questione di legittimita' costituzionale, la  quale  si
riferisce ad una disposizione, l'art. 47 del d.lgs. n. 546 del  1992,
che presuppone che sia stata risolta in senso  positivo  la  verifica
della fondatezza di tali motivi; 
    che la preliminare valutazione della rilevanza, che e' pur sempre
rimessa al giudice a quo, nei limiti del carattere  plausibile  della
motivazione a sostegno della stessa, avrebbe  richiesto,  quindi,  la
disamina dei motivi a corredo del ricorso, o  almeno  la  delibazione
della  loro  verosimile  fondatezza,  ancorche'  nei   limiti   della
cognizione consentita in sede cautelare, in quanto  essa  integra  il
requisito del fumus boni iuris, la cui positiva  sussistenza  e'  una
delle condizioni necessarie  per  l'esercizio  del  potere  cautelare
previsto dall'art. 47 censurato; 
    che il difetto di informazioni circa il contenuto dei  motivi  di
impugnazione e di quelli a sostegno dell'istanza  cautelare,  nonche'
l'omessa indicazione delle ragioni della loro  fondatezza,  impedisce
di valutare la necessita' di  fare  applicazione  della  disposizione
censurata; 
    che, sotto un diverso profilo, va rilevato  che  le  disposizioni
censurate contengono la disciplina degli  effetti  del  provvedimento
cautelare di sospensione (art. 47, comma 7)  e  della  decisione  che
definisce il primo grado del  giudizio  (art.  68);  entrambe  hanno,
quindi,  come  riferimento  una  fase  processuale  successiva   alla
decisione che definisce il giudizio di primo grado; 
    che tuttavia, nel caso in esame, il giudice tributario  di  primo
grado e' tenuto  a  pronunciarsi  in  ordine  alla  legittimita'  del
provvedimento impugnato,  e  non  gia'  sugli  effetti  della  futura
decisione della controversia, che non e' ancora stata pronunciata; 
    che con riferimento, sia  alla  cessazione  degli  effetti  della
sospensione dell'atto impugnato,  sia  ai  limiti  della  provvisoria
esecutivita' della sentenza, la censurata  carenza  di  strumenti  di
tutela in chiave  anticipatoria  della  futura  decisione  di  merito
attiene alle fasi del giudizio tributario successive alla conclusione
del primo grado ed e' in tali fasi che puo' essere denunciata; 
    che la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 47  e
68 del d.lgs. n. 546 del 1992 appare, quindi, del tutto  astratta  ed
ipotetica, poiche' prematura in tale fase processuale;  essa  risulta
priva di rilevanza ai fini della decisione che il giudice  a  quo  e'
chiamato a rendere, sia nel provvedere  sull'istanza  cautelare,  sia
nel definire il primo grado del giudizio; 
    che va, infine,  rilevato  che  il  giudice  a  quo,  dopo  avere
richiamato i principi affermati in alcune pronunce  degli  organi  di
giustizia  comunitari,  deduce  che  sarebbe  possibile   un'adeguata
interpretazione letterale, logica e sistematica dell'art.  30,  comma
1,  lettera  h),  della  legge  delega  30  dicembre  1991,  n.   413
(Disposizioni per ampliare le basi  imponibili,  per  razionalizzare,
facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per
la  rivalutazione  obbligatoria  dei  beni  immobili  delle  imprese,
nonche' per riformare il contenzioso e per la  definizione  agevolata
dei  rapporti  tributari  pendenti;  delega   al   Presidente   della
Repubblica per  la  concessione  di  amnistia  per  reati  tributari;
istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale),  e
degli artt. 47 e 61 del d.lgs. n.  546  del  1992;  in  base  a  tale
interpretazione si potrebbe esclude che il potere di sospensione  sia
normativamente limitato al giudizio di primo grado; 
    che, nel richiedere la valutazione di tale  opzione  ermeneutica,
il  giudice  a  quo  sottopone  a  questa  Corte   un   mero   dubbio
interpretativo,  sottraendosi  cosi'  al  proprio  potere-dovere   di
interpretare la legge alla luce dei principi costituzionali; 
    che cio' evidenzia un uso «improprio e  distorto»  dell'incidente
di costituzionalita', in quanto  volto  non  «alla  soluzione  di  un
problema pregiudiziale rispetto alla definizione del thema decidendum
del singolo giudizio a quo, quanto piuttosto al fine  di  tentare  di
ottenere dalla Corte un avallo interpretativo» (ordinanza n. 322  del
2013; nello stesso senso, ordinanze n. 96 del 2014; n. 126  e  n.  26
del 2012; n. 139 del 2011 e n. 219 del 2010); 
    che, in definitiva, la questione di  legittimita'  costituzionale
sollevata dal giudice a quo e' manifestamente inammissibile, sia  per
l'incompleta  descrizione  della  fattispecie  concreta  (ex  multis,
ordinanze n. 52 del 2014; n. 158 del 2013; n. 73 del 2011; n. 96 e n.
22 del 2010), sia perche' prematura (ex multis, ordinanze n.  26  del
2012, n. 176 del 2011, n. 363 e n. 96 del 2010), sia perche' richiede
alla Corte un avallo interpretativo; 
    che la manifesta inammissibilita' della questione non consente di
esaminare nel  merito  la  fondatezza  delle  censure  formulate  dal
rimettente nell'atto introduttivo del presente giudizio. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  degli  artt.  47  e  68   del   decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevata,  in  riferimento
agli  artt.  3,  24  e  111  della  Costituzione,  dalla  Commissione
tributaria provinciale di Campobasso, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI