N. 162 ORDINANZA 24 giugno - 15 luglio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Patrocinio a spese dello Stato - Esclusione dell'indagato, imputato o
  condannato per reati di evasione delle imposte sui  redditi  e  sul
  valore aggiunto. 
- Decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115
  (Testo unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
  materia di spese di giustizia - Testo A), art. 91, comma 1, lettera
  a). 
-   
(GU n.29 del 22-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  91,  comma
1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio
2002,  n.  115  (Testo  unico  delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo  A),  promosso
dal Giudice per le indagini preliminari del  Tribunale  ordinario  di
Trieste nel procedimento penale a carico di C.M. con ordinanza del 28
agosto 2014, iscritta  al  n.  201  del  registro  ordinanze  2014  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  47,  prima
serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 24  giugno  2015  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 28 agosto 2014, il Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale ordinario di Trieste ha  sollevato
- in riferimento agli artt. 24, terzo comma,  e  27,  secondo  comma,
della  Costituzione  -  questioni  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 91, comma 1, lettera a), del decreto del  Presidente  della
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia -  Testo
A), il quale esclude dall'ammissione  al  patrocinio  a  spese  dello
Stato «l'indagato, l'imputato o il condannato di  reati  commessi  in
violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di
imposte sui redditi e sul valore aggiunto»; 
    che il giudice a quo riferisce d'aver pronunciato,  all'esito  di
un giudizio abbreviato, sentenza di condanna nei confronti di persona
accusata del reato di cui all'art. 8 del decreto legislativo 10 marzo
2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in  materia  di  imposte  sui
redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25
giugno 1999, n.  205),  in  rapporto  all'emissione  di  fatture  per
operazioni inesistenti; 
    che il rimettente riferisce altresi' che la difesa  dell'imputato
- nel corso della discussione finale, dopo aver  ricordato  come  una
istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato  fosse  stata
respinta (in fase di indagini preliminari) per il carattere  ostativo
del reato perseguito  -  ha  eccepito  in  merito  alla  legittimita'
costituzionale della norma preclusiva a tale ammissione; 
    che, definito dunque nel merito il procedimento, il giudice a quo
ha inteso provvedere sull'eccezione mediante l'ordinanza introduttiva
del presente giudizio di legittimita' costituzionale; 
    che, a suo avviso, la questione sarebbe rilevante, in  quanto  la
sentenza di condanna, gia' pronunciata, non sarebbe  ancora  divenuta
irrevocabile, e percio' l'interessato deve ancora considerarsi  quale
soggetto «imputato», sicche', in caso di accoglimento della questione
di  legittimita',  il  provvedimento  di  rigetto   dell'istanza   di
ammissione «sarebbe perfettamente in tempo per essere revocato  [...]
con effetto retroattivo»; 
    che, sempre in punto di rilevanza, il giudice a quo  precisa  che
non risulterebbe «alcuna condanna definitiva  per  reati  fiscali»  a
carico dell'interessato, il quale, d'altra  parte,  avrebbe  ricavato
dal reato  in  contestazione  «le  briciole  necessarie  per  la  sua
sopravvivenza», cosi' da doversi escludere che «attraverso  il  reato
fiscale [...] possa aver superato la soglia di reddito  prevista  per
l'accesso al beneficio in questione»; 
    che l'affermazione in base alla  quale  l'imputato  «rientrerebbe
tra i beneficiari del patrocinio a  spese  dello  Stato  pur  tenendo
conto dei vantaggi reddituali  o  patrimoniali  eventualmente  tratti
dall'illecito tributario» e'  allegata,  dal  giudice  a  quo,  quale
ragione assorbente dell'incompatibilita' della norma  preclusiva  con
il terzo comma dell'art. 24 Cost.; 
    che, a suo avviso, la stessa norma contrasterebbe  anche  con  la
presunzione di non colpevolezza fino alla sentenza irrevocabile,  non
potendo una persona ancora non condannata in via  definitiva  «subire
le conseguenze di una sorta di presunzione assoluta di  arricchimento
attraverso una violazione fiscale»; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione  sia  dichiarata  inammissibile  o,
comunque, manifestamente infondata; 
    che,   per   l'Avvocatura   erariale,   la   questione    sarebbe
inammissibile, anzitutto, per difetto di rilevanza,  essendosi  ormai
reso definitivo, per quanto  si  desume  dalla  stessa  ordinanza  di
rimessione, il provvedimento di rigetto della domanda  di  ammissione
al patrocinio a spese dello Stato; 
    che l'Avvocatura rileva  come  la  difesa  dell'imputato  avrebbe
dovuto impugnare l'indicato provvedimento nei modi e nei  termini  di
cui all'art. 99 del  d.P.R.  n.  115  del  2002,  mentre  l'omissione
dell'adempimento,  nell'assenza  di  variazioni  sopravvenute   delle
condizioni di fatto e di diritto valutate in sede di rigetto, avrebbe
indotto una «sorta di preclusione pro iudicato»; 
    che, dunque, la questione di legittimita' presenterebbe carattere
ipotetico, in vista della solo eventuale presentazione di  una  nuova
istanza, la quale, d'altra parte, non potrebbe essere  esaminata  nel
merito, attesa l'indicata preclusione; 
    che, infine, sempre ad avviso dell'Avvocatura, il rimettente  non
avrebbe svolto alcuna notazione sulle condizioni  reddituali  cui  si
riferisce l'art. 76 del citato d.P.R. n.  115  del  2002,  e  neppure
avrebbe approfondito, al di la'  di  un'affermazione  apodittica,  la
questione del reddito illecito eventualmente ricavato dal reato; 
    che la questione,  secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,
sarebbe comunque manifestamente priva di fondamento; 
    che, in particolare, l'esclusione del  patrocinio  nel  caso  dei
reati fiscali sarebbe giustificata dalla particolare  difficolta'  di
accertare,  in  relazione  ai  soggetti  accusati  di   tali   reati,
l'effettiva indisponibilita' di mezzi sufficienti per  retribuire  il
difensore, considerata altresi' la probabile  inattendibilita'  delle
autocertificazioni concernenti il reddito; 
    che  la  norma  censurata  non  darebbe  percio'  luogo  ad   una
inammissibile esclusione di «non  abbienti»  dalla  tutela  accordata
mediante il terzo comma dell'art. 24 Cost., quanto piuttosto  ad  una
disciplina  presuntiva,  fondata  su   indici   ragionevoli   (dunque
compatibili anche con  l'art.  3  Cost.),  per  l'accertamento  della
condizione di «abbienza»; 
    che sarebbe infine inconferente  il  richiamo  al  secondo  comma
dell'art. 27 Cost., poiche' l'esclusione dal patrocinio  non  avrebbe
natura sanzionatoria, andando cosi' esente  dal  rilievo  di  colpire
ingiustificatamente un soggetto non ancora giudicato colpevole in via
definitiva. 
    Considerato che  il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale ordinario di Trieste ha sollevato  -  in  riferimento  agli
artt. 24, terzo comma, e 27,  secondo  comma,  della  Costituzione  -
questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  91,  comma  1,
lettera a), del decreto del Presidente  della  Repubblica  30  maggio
2002,  n.  115  (Testo  unico  delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo A),  il  quale
esclude  dall'ammissione  al   patrocinio   a   spese   dello   Stato
«l'indagato,  l'imputato  o  il  condannato  di  reati  commessi   in
violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di
imposte sui redditi e sul valore aggiunto»; 
    che,   ad   avviso   del   rimettente,   la   norma    preclusiva
dell'ammissione al patrocinio  sarebbe  incompatibile  con  il  terzo
comma dell'art. 24 Cost., e contrasterebbe anche con  la  presunzione
di non colpevolezza fino alla sentenza irrevocabile, non potendo  una
persona  ancora  non  condannata  in  via   definitiva   «subire   le
conseguenze di una sorta di  presunzione  assoluta  di  arricchimento
attraverso una violazione fiscale»; 
    che il  giudice  a  quo  da'  esplicitamente  conto  del  rigetto
disposto, nella fase  delle  indagini  preliminari,  di  una  domanda
dell'imputato di accesso al patrocinio a spese dello Stato; 
    che lo stesso rimettente riferisce altresi' di  aver  pronunciato
sentenza  di  condanna  dell'imputato,  all'esito  di   un   giudizio
abbreviato, ulteriormente ricordando che, in  apertura  dell'udienza,
il difensore aveva depositato memoria con cui lamentava il  pregresso
rigetto  della  domanda  di  accesso  al   patrocinio   ed   eccepiva
l'incostituzionalita'  della  norma  preclusiva  posta  a  base   del
provvedimento; 
    che,   sotto   questo    profilo,    va    accolta    l'eccezione
d'inammissibilita',   per    difetto    di    rilevanza,    sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato, non  sussistendo  nel  giudizio
principale,  per  quanto  si  desume  dalla   stessa   ordinanza   di
rimessione,  alcun   margine   per   una   legittima   modifica   del
provvedimento reiettivo; 
    che, infatti, il provvedimento in questione  non  risulta  essere
stato impugnato nella forme previste dalla legge (ordinanza n. 54 del
2005), ne' potrebbe essere oggetto di  un  provvedimento  di  revoca,
stante la sua natura giurisdizionale e data l'assenza  di  variazioni
sostanziali delle condizioni  di  fatto  valutate  al  momento  della
relativa deliberazione (ex multis, ordinanza n. 145 del 2009); 
    che neppure risulta proposta una nuova istanza di  ammissione  al
patrocinio, la cui valutazione sarebbe stata del  resto  condizionata
dalla preclusione di cui si e' appena detto; 
    che  il  rimettente,  in  definitiva,  ha  completamente   omesso
qualsiasi considerazione circa l'ammissibilita'  della  procedura  di
revoca intrapresa, che  pure  rappresenta  condizione  essenziale  di
rilevanza e tempestivita' della questione sollevata (ordinanze n. 339
del 2000, n. 145, n. 144 e n. 99 del 1999, n. 104 del 1997); 
    che, inoltre, come pure  eccepisce  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, l'ordinanza non contiene notizie sufficienti sulle  condizioni
reddituali complessive  dell'interessato,  neppure  con  riguardo  ai
redditi aggiuntivi ricavati dal delitto in contestazione, limitandosi
all'apodittica affermazione che, dal  reato,  costui  avrebbe  tratto
solo «le briciole necessarie per  la  sua  sopravvivenza»,  cosi'  da
doversi escludere che «attraverso il reato fiscale [...]  possa  aver
superato la soglia di reddito prevista per l'accesso al beneficio  in
questione»; 
    che  mancano   del   tutto   notizie   circa   le   dichiarazioni
eventualmente rese dall'interessato a proposito della  disponibilita'
di redditi ulteriori e, in generale, riguardo al tenore di  vita  del
richiedente,  alle  sue  condizioni  personali  e   familiari,   alle
eventuali attivita' economiche svolte (ordinanze n. 136 del 2007 e n.
251 del 2005); 
    che, pertanto,  anche  sotto  questo  profilo,  la  questione  e'
inammissibile per carente descrizione della fattispecie concreta, cui
consegue l'impossibilita' di apprezzare la rilevanza della  sollevata
questione di legittimita' costituzionale (ex multis, sentenza  n.  98
del 2014 e ordinanza n. 147 del 2014). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 91, comma 1,  lettera  a),  del
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di
spese di giustizia - Testo A), sollevata, in riferimento  agli  artt.
24, terzo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di  Trieste,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI