N. 180 SENTENZA 7 - 23 luglio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Differimento dell'entrata  in  vigore  dell'obbligo,  previsto  dalla
  legislazione statale,  di  collocare  in  discarica  esclusivamente
  rifiuti trattati - Assegnazione temporanea di  personale  ad  altre
  mansioni (nella specie di rango dirigenziale). 
- Legge della Regione Basilicata 18 agosto 2014, n. 26  (Assestamento
  del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2014  e  del
  bilancio pluriennale 2014-2016), artt. 42, commi 4 e 5, e 51, comma
  4. 
-   
(GU n.30 del 29-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 42, commi
4 e 5, e 51, comma 4, della legge della Regione Basilicata 18  agosto
2014, n. 26 (Assestamento del bilancio di previsione per  l'esercizio
finanziario 2014 e del bilancio pluriennale 2014-2016), promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 17-21
ottobre 2014,  depositato  in  cancelleria  il  27  ottobre  2014  ed
iscritto al n. 81 del registro ricorsi 2014. 
    Udito nell'udienza pubblica del 7 luglio 2015 il Giudice relatore
Silvana Sciarra; 
    udito l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso, spedito per la  notifica  il  17  ottobre  2014,
ricevuto il 21 ottobre e depositato  il  successivo  27  ottobre,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in via principale,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 42, commi 4 e 5,
e 51, comma 4, della legge della Regione Basilicata 18  agosto  2014,
n. 26  (Assestamento  del  bilancio  di  previsione  per  l'esercizio
finanziario  2014  e  del   bilancio   pluriennale   2014-2016),   in
riferimento agli artt. 97 e 117, primo e secondo comma, lettere l) ed
s), della Costituzione. 
    2.- In primo luogo il ricorrente impugna l'art. 42, commi 4 e  5,
della citata legge regionale n. 26  del  2014,  nella  parte  in  cui
stabilisce che «[n]elle more  della  realizzazione,  adeguamento  e/o
messa in esercizio dell'impiantistica di trattamento  programmata  e'
possibile smaltire presso le discariche autorizzate ed in esercizio i
rifiuti solidi urbani non  pericolosi,  previo  trattamento  parziale
degli stessi» (comma 4), precisando che «[l]e disposizioni di cui  al
presente articolo restano in vigore fino all'approvazione  del  nuovo
Piano regionale dei Rifiuti e comunque non oltre il 31  luglio  2015»
(comma 5). 
    Tali disposizioni, procrastinando al 31 luglio 2015 l'entrata  in
vigore dell'obbligo di collocare in discarica esclusivamente  rifiuti
trattati e consentendo il conferimento nella medesima discarica, sino
a tale data, di  rifiuti  urbani  che  hanno  subito  un  trattamento
parziale,  senza  specificare   in   cosa   debba   consistere   tale
trattamento, si porrebbero in contrasto con gli  artt.  7  e  17  del
decreto  legislativo  13  gennaio  2003,  n.  36  (Attuazione   della
direttiva  1999/31/CE  relativa  alle  discariche  di  rifiuti).   Il
ricorrente ricorda che il predetto  art.  7  vieta  espressamente  il
conferimento in discarica dei rifiuti non  trattati,  eccetto  quelli
per i quali sia dimostrato che il trattamento non e'  necessario.  Il
successivo art. 17,  comma  1,  prevede  che  «[l]e  discariche  gia'
autorizzate alla data di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto
possono continuare a ricevere [...] i  rifiuti  per  cui  sono  state
autorizzate» fino  al  31  dicembre  2008,  termine  cosi'  prorogato
dall'art. 1, comma 184, lettera c), della legge 27 dicembre 2006,  n.
296  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007). 
    Tali disposizioni  sarebbero,  altresi',  in  contrasto  sia  con
quanto stabilito  dal  legislatore  comunitario  nella  direttiva  26
aprile 1999, n. 1999/31/CE (Direttiva  del  Consiglio  relativa  alle
discariche di rifiuti), sia  con  i  principi  generali  in  tema  di
discariche elaborati dalla Corte di giustizia  in  numerose  pronunce
(di  recente,  sentenza  15  ottobre  2014  nella   causa   C-323/13,
Commissione europea contro Repubblica  italiana),  principi  che  non
potrebbero  essere  derogati  dalla  Regione  in  considerazione  del
vincolo derivante dall'art. 117, primo comma, Cost. 
    Da cio' il ricorrente desume che l'art. 42, commi 4  e  5,  della
legge regionale n. 26 del 2014 violi sia l'art. 117,  secondo  comma,
lettera  s),  Cost.  in  riferimento  alla   competenza   legislativa
esclusiva   statale   in   materia   di   «tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema» cui la  costante  giurisprudenza  costituzionale  ha
ricondotto la disciplina della gestione dei rifiuti, sia l'art.  117,
primo comma, Cost., in tema  di  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario. 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  impugna,  inoltre,
l'art. 51, comma 4, della medesima legge regionale n.  26  del  2014,
nella parte in cui, inserendo il comma 9-bis all'art. 2  della  legge
della Regione Basilicata 25 ottobre  2010,  n.  31  (Disposizioni  di
adeguamento della  normativa  regionale  al  decreto  legislativo  27
ottobre 2009, n. 150. Modifica  art.  73  della  legge  regionale  30
dicembre 2009, n. 42. Modifiche  della  legge  regionale  9  febbraio
2001, n. 7. Modifica art. 10 legge regionale 2 febbraio 1998, n. 8  e
s.m.i.),  prevede  la  possibilita'   di   attribuire,   nelle   more
dell'espletamento dei concorsi pubblici per l'accesso alla  qualifica
dirigenziale e,  comunque,  per  non  oltre  due  anni,  le  funzioni
dirigenziali  a   dipendenti   a   tempo   indeterminato   di   ruolo
dell'amministrazione  regionale  appartenenti   alla   categoria   D3
giuridico del comparto Regioni-Enti locali in possesso dei  requisiti
per l'accesso alla qualifica  dirigenziale,  previo  espletamento  di
apposite procedure selettive, stabilendo, altresi', che al dipendente
incaricato spetti, per la durata dell'attribuzione delle funzioni, il
trattamento tabellare gia' in godimento e il  trattamento  accessorio
del personale con qualifica dirigenziale. 
    La citata disposizione violerebbe gli artt.  97  e  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., in quanto, non essendo possibile ricondurre
l'attribuzione delle funzioni in  questione  ne'  all'istituto  della
reggenza, ne' a quello dell'assegnazione di  mansioni  superiori,  si
porrebbe in contrasto con la normativa vigente in  tema  di  pubblico
impiego, in violazione della competenza statale esclusiva in  materia
di «ordinamento civile» cui devono essere ricondotte tutte le  regole
inerenti al rapporto di lavoro. 
    4.- La Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio. 
    5.- All'udienza pubblica il Presidente del Consiglio dei ministri
ha insistito nel chiedere l'accoglimento delle censure  promosse  con
l'atto introduttivo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale degli artt. 42, commi 4 e 5, e 51,  comma
4, della legge  della  Regione  Basilicata  18  agosto  2014,  n.  26
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2014 e del bilancio pluriennale 2014-2016), in riferimento agli artt.
97  e  117,  primo  e  secondo  comma,  lettere  l)  ed   s),   della
Costituzione. 
    2.- L'art. 42, commi 4 e 5, della citata legge  regionale  n.  26
del 2014 e' impugnato  in  quanto,  rinviando  al  31  dicembre  2015
l'entrata  in  vigore  dell'obbligo   di   collocare   in   discarica
esclusivamente rifiuti trattati e consentendo il conferimento, sino a
tale data, di  rifiuti  urbani  che  abbiano  subito  un  trattamento
parziale, senza che sia specificato in  cosa  debba  consistere  tale
trattamento, si porrebbe anzitutto in contrasto con gli artt. 7 e  17
del decreto legislativo 13 gennaio  2003,  n.  36  (Attuazione  della
direttiva  1999/31/CE  relativa  alle  discariche  di  rifiuti),  con
conseguente lesione della competenza legislativa statale esclusiva in
materia di «tutela  dell'ambiente»  cui  deve  essere  ricondotta  la
disciplina della gestione dei rifiuti. 
    Le medesime disposizioni sarebbero, altresi',  in  contrasto  sia
con i principi dettati dalla direttiva 26 aprile 1999, n.  1999/31/CE
(Direttiva del Consiglio relativa alle discariche  di  rifiuti),  sia
con le indicazioni fornite a tal proposito dalla Corte di giustizia. 
    2.1.- La  questione  e'  fondata  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Questa Corte ha ripetutamente affermato  che  la  disciplina  dei
rifiuti  e'  riconducibile  alla  materia  «tutela  dell'ambiente   e
dell'ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  anche  se  interferisce  con
altri interessi e competenze, di modo che deve  intendersi  riservato
allo  Stato  il  potere  di  fissare  livelli  di   tutela   uniforme
sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza  delle
Regioni alla cura di interessi funzionalmente  collegati  con  quelli
propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67  del  2014,  n.
285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, n. 225 e  n.  164  del
2009  e  n.  437  del  2008).   Pertanto,   la   disciplina   statale
«costituisce, anche  in  attuazione  degli  obblighi  comunitari,  un
livello  di  tutela  uniforme  e  si  impone  sull'intero  territorio
nazionale, come un  limite  alla  disciplina  che  le  Regioni  e  le
Province autonome dettano in altre materie di  loro  competenza,  per
evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale  stabilito
dallo Stato, ovvero lo peggiorino (sentenze n. 314 del  2009,  n.  62
del 2008 e n. 378 del 2007)» (sentenza n. 58 del 2015). 
    Nella specie, il d.lgs. n. 36 del 2003 ha provveduto  a  recepire
la direttiva n. 1999/31/CE in vista del piu'  generale  obiettivo  di
«assicurare   un'elevata   protezione   dell'ambiente   e   controlli
efficaci»,  obiettivo  gia'  individuato  dall'art.  2  del   decreto
legislativo 5  febbraio  1997,  n.  22  (Attuazione  della  direttiva
91/156/CEE  sui  rifiuti,  della  direttiva  91/689/CEE  sui  rifiuti
pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui  rifiuti
di imballaggio),  che  espressamente  disponeva:  «I  rifiuti  devono
essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e
senza usare procedimenti o metodi che potrebbero  recare  pregiudizio
all'ambiente» (comma 2). 
    In tale decreto, oltre a  stabilirsi,  in  linea  con  la  citata
direttiva, che «i rifiuti possono essere collocati in discarica  solo
dopo trattamento» (art. 7), intendendosi per «trattamento»  tutti  «i
processi fisici, termici, chimici, o biologici, incluse le operazioni
di cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo
di ridurne il volume  o  la  natura  pericolosa,  di  facilitarne  il
trasporto, di agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento  in
condizioni di sicurezza» (art. 2, comma 1, lettera h),  si  e'  anche
disposto che «[l]e discariche gia' autorizzate alla data  di  entrata
in vigore del presente decreto possono continuare a ricevere, fino al
16 luglio 2005, i rifiuti per cui sono state autorizzate»  (art.  17,
comma 1). Tale termine e' stato prorogato, dapprima, al  31  dicembre
2006  dall'art.  11-quaterdecies,  comma  9,  del  decreto-legge   30
settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto  all'evasione  fiscale  e
disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), poi, al 31
dicembre 2008 dall'art. 1, comma  184,  lettera  c)  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria  2007),  infine
al 31 dicembre 2009 dall'art. 5, comma 1-bis,  del  decreto-legge  30
dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie  in  materia  di  risorse
idriche e di protezione dell'ambiente). 
    L'art. 42, commi 4 e 5, della legge della Regione  Basilicata  n.
26 del 2014 consente, ora e fino al 31  luglio  2015,  «[n]elle  more
della   realizzazione,   adeguamento   e/o   messa    in    esercizio
dell'impiantistica  di  trattamento  programmata»,  lo   smaltimento,
presso le discariche in precedenza autorizzate e  in  esercizio,  dei
rifiuti solidi urbani non pericolosi,  «previo  trattamento  parziale
degli stessi», senza peraltro neppure spiegare cosa debba  intendersi
per trattamento parziale. 
    Tale articolo, consentendo la prosecuzione  del  conferimento  in
discarica di rifiuti non trattati (non ricompresi fra  quelli  per  i
quali il vincolo e' espressamente escluso dal d.lgs. n. 36  del  2003
in attuazione  della  direttiva  1999/31/CE)  ben  oltre  il  termine
previsto dalla legge statale (31 dicembre 2009), detta una disciplina
ad hoc a distanza di quasi cinque anni dalla scadenza del  termine  e
dopo  circa  undici  anni  dall'originaria  previsione  del  relativo
adeguamento. In tal modo, si invade la sfera di competenza statale in
materia di «tutela dell'ambiente» e si riduce il  livello  di  tutela
garantito dallo Stato. 
    Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 42, commi 4 e 5, della legge della Regione Basilicata n. 26
del 2014, per violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    2.2.- E' assorbita la censura riferita alla violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost. 
    3.- Il ricorrente censura inoltre l'art. 51, comma 4, della legge
regionale n. 26 del 2014, nella parte  in  cui,  inserendo  il  comma
9-bis all'art. 2 della legge  della  Regione  Basilicata  25  ottobre
2010, n. 31 (Disposizioni di adeguamento della normativa regionale al
decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Modifica art.  73  della
legge regionale 30  dicembre  2009,  n.  42.  Modifiche  della  legge
regionale 9 febbraio 2001, n. 7. Modifica art. 10 legge  regionale  2
febbraio 1998, n. 8 e s.m.i.), prevede la possibilita' di attribuire,
nelle more dell'espletamento dei concorsi pubblici per l'accesso alla
qualifica dirigenziale e,  comunque,  per  non  oltre  due  anni,  le
funzioni dirigenziali a dipendenti a  tempo  indeterminato  di  ruolo
dell'amministrazione  regionale  appartenenti   alla   categoria   D3
giuridico del comparto Regioni-Enti locali in possesso dei  requisiti
per l'accesso alla qualifica  dirigenziale,  previo  espletamento  di
apposite procedure selettive, disponendo, altresi', che al dipendente
incaricato spetti, per la durata dell'attribuzione delle funzioni, il
trattamento tabellare gia' in godimento e il  trattamento  accessorio
del personale con qualifica dirigenziale. 
    Tale disposizione violerebbe gli artt. 97 e 117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., che riserva alla competenza legislativa  esclusiva
dello Stato la materia dell'«ordinamento civile»  cui  devono  essere
ricondotte tutte le regole  inerenti  al  rapporto  di  lavoro,  come
quelle oggetto della predetta disposizione impugnata. 
    3.1.- La  questione  e'  fondata  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. 
    La norma regionale impugnata ha inserito il comma 9-bis  all'art.
2 della legge regionale n. 31 del 2010. L'art. 2 della predetta legge
regionale  e'  cosi'  rubricato:  «Adeguamento   delle   disposizioni
regionali  all'art.  19  del  d.lgs.  n.  165/2001  in   materia   di
conferimento delle funzioni dirigenziali». 
    Il citato art. 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), modificato  dal  decreto  legislativo  27
ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15,  in
materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro  pubblico  e
di efficienza e trasparenza delle pubbliche  amministrazioni),  detta
norme in tema di conferimento di «incarichi di funzioni dirigenziali»
con riguardo alle amministrazioni  statali.  Poiche'  l'art.  27  del
medesimo d.lgs. n. 165 del 2001 dispone che  «Le  regioni  a  statuto
ordinario,  nell'esercizio   della   propria   potesta'   statutaria,
legislativa e regolamentare [...] adeguano ai principi  dell'articolo
4 e del presente capo  i  propri  ordinamenti,  tenendo  conto  delle
relative peculiarita'», con l' art. 2 della legge regionale n. 31 del
2010  la  Regione  Basilicata  ha  provveduto   a   realizzare   tale
adeguamento. 
    Tuttavia, il comma 9-bis introdotto al citato art. 2 con la norma
regionale ora impugnata (l'art. 51, comma 4, della legge regionale n.
26 del 2014) interviene a dettare norme  specificamente  in  tema  di
assegnazione temporanea di personale ad altre mansioni (nella  specie
di rango dirigenziale), norme che, peraltro, risultano  difficilmente
riconducibili alle fattispecie delineate dal d.lgs. n. 165 del  2001.
Esse, infatti, non configurano un'ipotesi di  legittimo  conferimento
di mansioni superiori (di cui all'art.  52  del  d.lgs.  n.  165  del
2001), in quanto, oltre a non soddisfare i requisiti  prescritti  dal
citato decreto legislativo (e  dal  relativo  contratto  collettivo),
delineano il conferimento di funzioni corrispondenti ad  una  diversa
"carriera" (quella dirigenziale, appunto), piuttosto che di  mansioni
superiori, sanzionato dall'art. 52, comma 5, del medesimo  d.lgs.  n.
165 del 2001. Ne' si puo' ravvisare la  fattispecie  della  reggenza,
poiche' quest'ultima ricorre solo in caso  di  vacanza  di  posto  in
organico, di temporaneita' e straordinarieta', con la conseguenza che
non si producono gli effetti retributivi  propri  del  riconoscimento
dello svolgimento di mansioni superiori. Nella  specie,  infatti,  la
norma regionale dispone che la temporaneita'  dell'incarico  potrebbe
espandersi fino a due anni e  riconosce  ai  soggetti  investiti  del
medesimo incarico sulla  base  di  apposite  procedure  selettive  il
trattamento  retributivo  accessorio  del  personale  con   qualifica
dirigenziale. 
    E' indirizzo costante di questa  Corte  quello  secondo  cui  per
effetto della «intervenuta privatizzazione  del  rapporto  di  lavoro
alle  dipendenze  delle  pubbliche  amministrazioni,  che  interessa,
altresi', il personale delle Regioni, la materia  e'  regolata  dalla
legge dello Stato e, in virtu' del  rinvio  da  essa  operato,  dalla
contrattazione collettiva» (sentenza n. 286  del  2013).  Infatti,  a
seguito della suddetta privatizzazione, la materia cui va  ricondotto
il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni
ivi comprese  le  Regioni  e'  quella  dell'ordinamento  civile,  che
appartiene alla potesta' del legislatore statale, il quale «ben  puo'
intervenire [...] a conformare gli istituti del rapporto  di  impiego
attraverso norme  che  si  impongono  all'autonomia  privata  con  il
carattere dell'inderogabilita', anche in  relazione  ai  rapporti  di
impiego  dei  dipendenti  delle  Regioni  (sent.  n.  19  del  2013)»
(sentenza n. 228 del 2013). In  altri  termini,  «la  disciplina  del
rapporto lavorativo dell'impiego  pubblico  privatizzato  e'  rimessa
alla competenza legislativa statale  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma,  lett.  l),  Cost.,  in  quanto  riconducibile  alla   materia
"ordinamento  civile",  che  vincola  anche  gli  enti  ad  autonomia
differenziata (cfr. sentenza n. 151 del  2010;  sentenza  n.  95  del
2007)» (sentenza n. 77 del 2013). 
    Con riguardo, poi, specificamente, all'assegnazione temporanea di
personale ad altre mansioni, questa Corte ha gia' avuto occasione  di
affermare che essa «tipicamente attiene allo svolgimento del rapporto
di lavoro. Ne  concreta,  cioe',  una  modificazione  temporanea  con
riguardo al contenuto della  prestazione  lavorativa»  delineando  un
«mutamento  provvisorio  di   mansioni».   Pertanto,   «la   relativa
disciplina rientra [...] nella materia del rapporto di lavoro e,  per
esso, dell'ordinamento civile, [...] di  competenza  esclusiva  dello
Stato ai sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l)  Cost.»
(sentenza n. 17 del 2014). 
    Sulla base delle richiamate indicazioni, risulta dunque  evidente
che l'art. 51, comma 4, della legge  regionale  n.  26  del  2014  e'
costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    Al di la' della verifica della scarsa coerenza  della  disciplina
dettata  dalla  norma  regionale  impugnata  con  la   corrispondente
disciplina di fonte statale e negoziale, la norma in questione regola
una fattispecie che, incidendo  sull'assegnazione  del  personale  ad
altre mansioni (nella specie di rango dirigenziale): sentenza  n.  37
del 2015, e comunque sull'inquadramento professionale  dello  stesso,
con  effetti  sul  trattamento  retributivo,  tocca   inevitabilmente
aspetti che attengono allo svolgimento del  rapporto  di  lavoro,  da
ricondursi alla  materia  dell'«ordinamento  civile»,  di  competenza
statale esclusiva ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera  l)
Cost. 
    3.2.- La censura di violazione dell'art. 97 Cost., peraltro priva
di qualsiasi  tipo  di  argomentazione  a  sostegno,  deve  ritenersi
assorbita. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, commi 4
e 5, della legge della Regione  Basilicata  18  agosto  2014,  n.  26
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2014 e del bilancio pluriennale 2014-2016); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  51,  comma
4, della citata legge regionale n. 26 del 2014. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI