N. 181 SENTENZA 23 giugno - 23 luglio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Giudizio di parificazione del rendiconto  della  Regione  Piemonte  -
  Variazioni al bilancio di previsione per l'anno 2013 ed al bilancio
  pluriennale per gli anni 2013-2015 -  Anticipazioni  di  liquidita'
  per  il  pagamento  dei  debiti   scaduti   delle   amministrazioni
  pubbliche. 
- Legge della Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento  al
  bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013  e  al  bilancio
  pluriennale  per  gli  anni  finanziari  2013/2015);   legge  della
  Regione Piemonte 29 ottobre 2013,  n.  19  (Ulteriori  disposizioni
  finanziarie per l'anno 2013 e pluriennale 2013-2015), artt. 1 e 2. 
-   
(GU n.30 del 29-7-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento  al  bilancio  di
previsione per l'anno finanziario 2013 e al bilancio pluriennale  per
gli anni finanziari 2013/2015) e degli artt. 1 e 2 della legge  della
Regione Piemonte 29  ottobre  2013,  n.  19  (Ulteriori  disposizioni
finanziarie per l'anno 2013 e pluriennale 2013-2015), promosso  dalla
Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte,  nel
giudizio di parificazione del rendiconto della Regione  Piemonte  per
l'esercizio finanziario 2013 con  ordinanza  del  10  novembre  2014,
iscritta al n. 246 del registro ordinanze  2014  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  2,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  giugno  2015  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    udito l'avvocato Giovanna Scollo per la Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 10 novembre 2014, iscritta al  n.  246  del
registro ordinanze 2014, la Corte dei  conti,  sezione  regionale  di
controllo per il Piemonte, ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale della legge della Regione Piemonte 6 agosto  2013,  n.
16 (Assestamento al bilancio di  previsione  per  l'anno  finanziario
2013 e al bilancio pluriennale per gli  anni  finanziari  2013/2015),
limitatamente  alle  variazioni   apportate   in   entrata   mediante
l'istituzione del capitolo 59300 (UPB DB902) con uno stanziamento  di
euro  447.693.392,78  e  del  capitolo  59350  (UPB  DB902)  con  uno
stanziamento  di  euro  803.724.000,00  ed  in  uscita  mediante   la
istituzione del capitolo 200/0 (UPB  DB09010)  dell'importo  di  euro
447.693.392,78  e  del  capitolo  156981  (UPB   DB20151)   con   uno
stanziamento di euro 803.724.000,00 e degli artt. 1 e 2  della  legge
della Regione Piemonte 29 ottobre 2013, n. 19 (Ulteriori disposizioni
finanziarie per l'anno 2013 e pluriennale 2013-2015), in  riferimento
agli artt. 81, quarto comma, e 119, sesto comma, della Costituzione. 
    La sezione di controllo rimettente riferisce che, nell'ambito del
giudizio di parificazione del rendiconto 2013 della Regione Piemonte,
dal conto del bilancio emergerebbe un  disavanzo  di  amministrazione
pari ad euro 364.983.307,72 risultante dal saldo algebrico tra  fondo
cassa (+598.037.823,71), residui attivi (+3.328.145.970,67) e residui
passivi  (-4.291.167.102,10).  L'analisi  effettuata  dalla   sezione
avrebbe  evidenziato   che   questo   risultato   deriverebbe   anche
dall'utilizzo, come fonti di finanziamento del pregresso disavanzo di
amministrazione e di alcune nuove spese in materia  sanitaria,  delle
risorse erogate dallo Stato in applicazione degli artt.  2  e  3  del
decreto-legge 8 aprile 2013,  n.  35  (Disposizioni  urgenti  per  il
pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione,  per  il
riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonche' in  materia
di  versamento  di  tributi  degli  enti  locali),  convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  giugno  2013,  n.
64. L'utilizzo  in  tal  senso  delle  suddette  risorse  finanziarie
sarebbe stato disposto dalle leggi reg. Piemonte n. 16 e  n.  19  del
2013. 
    In particolare, nel corso del 2013, la Regione  Piemonte  avrebbe
sottoscritto,  in  applicazione  delle  norme   richiamate,   quattro
contratti con il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  (MEF),
ottenendo   risorse   finanziarie   per   un    importo    di    euro
2.554.603.200,01, cosi' destinate: a) euro  447.693.392,78,  concessi
per l'estinzione dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del
31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per  i  quali  sia  stata  emessa
fattura o  richiesta  equivalente  di  pagamento  entro  il  predetto
termine, diversi da quelli finanziari e sanitari.  L'importo  sarebbe
stato destinato a finanziare parzialmente il disavanzo risultante dal
conto  del  bilancio  2012  (euro  1.150.257.926,03).   La   relativa
variazione di bilancio sarebbe stata disposta in sede di assestamento
con la legge regionale n.  16  del  2013,  che  avrebbe  previsto  in
entrata il capitolo 59300 (UPB DB902) con uno  stanziamento  di  euro
447.693.392,78, interamente riscosso, ed in  uscita  ha  iscritto  lo
stesso importo quale disavanzo di amministrazione (capitolo 200/0 UPB
DB09010); b)  euro  803.724.000,00,  concessi  per  l'estinzione  dei
debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del  31  dicembre  2012,
ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa  fattura  o  richiesta
equivalente di pagamento entro il predetto  termine  degli  enti  del
servizio sanitario nazionale, e destinati a  finanziare  il  capitolo
156981, avente per  oggetto  «trasferimenti  alle  aziende  sanitarie
regionali per l'erogazione delle risorse di cui all'anticipazione  di
liquidita' ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del  decreto  legge  n.
35/2013», per  allineamento  con  la  situazione  patrimoniale  delle
aziende sanitarie regionali (importo rilevato dalla sezione  in  sede
di parificazione 2012 a rettifica, in incremento, del disavanzo  2012
di euro 1.150.257.926,03). Anche in  questo  caso  la  variazione  di
bilancio sarebbe stata disposta in sede di assestamento  di  bilancio
con la legge regionale n.  16  del  2013,  che  avrebbe  previsto  in
entrata il capitolo 59350 (UPB DB902) ed in uscita il capitolo 156981
(UPB DB20151), entrambi con uno stanziamento di  euro  803.724.000,00
ed i relativi importi sarebbero stati interamente riscossi e  pagati;
c) euro 660.206.607,23, concessi per l'estinzione  di  debiti  certi,
liquidi ed esigibili alla data  del  31  dicembre  2012,  ovvero  dei
debiti per i quali sia stata emessa fattura o  richiesta  equivalente
di pagamento entro il predetto termine diversi da quelli finanziari e
sanitari,  e  destinati  ad  ulteriore  parziale  finanziamento   del
disavanzo  risultante  dal  conto  del  bilancio  2012.  La  relativa
variazione di bilancio sarebbe stata disposta dall'Allegato A)  della
legge regionale n. 19 del 2013, che in entrata  avrebbe  incrementato
il capitolo 59300 (UPB DB902)  di  euro  660.206.607,23,  interamente
riscossi, ed in  uscita  avrebbe  incrementato  di  pari  importo  il
disavanzo di amministrazione 2012 da ripianare  (capitolo  200/0  UPB
DB09010); d) euro 642.979.200,00, concessi per il pagamento di debiti
certi, liquidi ed esigibili alla data del 31  dicembre  2012,  ovvero
dei  debiti  per  i  quali  sia  stata  emessa  fattura  o  richiesta
equivalente di pagamento entro il predetto  termine  degli  enti  del
servizio sanitario regionale. L'importo (emerso successivamente  alla
parificazione  del  rendiconto  2012)  sarebbe  stato   destinato   a
ripianare le  perdite  derivanti  dai  cosiddetti  "ammortamenti  non
sterilizzati delle aziende sanitarie" e  la  relativa  variazione  di
bilancio sarebbe stata disposta dall'Allegato C) della  legge  n.  19
del 2013, che avrebbe incrementato in entrata il capitolo 59350  (UPB
DB902) di euro 642.979.200,00, interamente  riscossi,  ed  in  uscita
avrebbe istituito il capitolo 156985 (UPB DB20151) avente per oggetto
«Trasferimenti alle  aziende  sanitarie  regionali  per  l'erogazione
delle  risorse  di  cui  all'anticipazione  di  liquidita'  ai  sensi
dell'art. 3, comma 2, del d.l. 35/2013 e dell'art. 13, comma  6,  del
d.l.  102/2013»,  con  uno  stanziamento   di   euro   642.979.200,00
interamente pagato. 
    La  somma  delle  variazioni  sopra  descritte,  pari   ad   euro
2.554.603.200,01, corrisponderebbe al totale  dei  quattro  contratti
stipulati con il MEF. 
    La sezione rimettente dubita  della  legittimita'  costituzionale
delle suddette variazioni di bilancio e correlativamente delle  leggi
regionali n. 16 e n. 19 del 2013, che le hanno disposte. 
    Preliminarmente la sezione di controllo  rimettente  richiama  la
consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (si  citano  le
sentenze n. 213 del 2008, n. 244 del 1995, n. 142 del  1968,  n.  121
del 1966, n. 165 del 1963) che riconosce  alla  Corte  dei  conti  la
legittimazione a sollevare questione di  legittimita'  costituzionale
in sede di parificazione del rendiconto. 
    La sezione di controllo  rimettente  ritiene  inoltre  di  essere
legittimata ad adire la Corte costituzionale non solo con riferimento
all'art. 81  Cost.,  ma  anche  con  riferimento  a  tutte  le  norme
costituzionali in materia di finanza pubblica, compreso  l'art.  119,
sesto comma, Cost., a seguito delle modifiche apportate  dalla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte  seconda  della  Costituzione),  che  ha  introdotto  la  nuova
formulazione  dell'art.  119,  sesto  comma,  Cost.,  e  dalla  legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del  principio  del
pareggio di bilancio nella Carta  costituzionale),  che  ha  inserito
ulteriori norme in materia di finanza pubblica ed in  particolare  il
nuovo art. 97, primo comma, Cost.,  come  interpretate  ed  applicate
nella recente giurisprudenza costituzionale (si cita la  sentenza  n.
188 del 2014). 
    Sotto il profilo della rilevanza, la sezione  rimettente  ritiene
necessario precisare l'oggetto del giudizio di  parifica,  riportando
testualmente l'art. 39 del testo unico delle leggi  sulla  Corte  dei
conti, al quale rinvia  l'art.  1,  comma  5,  del  decreto-legge  10
ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia  di  finanza  e
funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni
in favore delle zone terremotate nel maggio  2012),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012,  n.
213, che prevede la parificazione per le Regioni a statuto ordinario,
nonche' richiamando  quanto  precisato  dalla  Corte  costituzionale,
secondo la quale in sede di parificazione «la decisione  da  assumere
non puo' non vertere anche sulla verifica, a consuntivo, del rispetto
degli accennati equilibri, in  relazione,  tra  l'altro,  ai  vincoli
posti dalla legge finanziaria» (sentenza n. 244 del 1995).  Nel  caso
di  specie  la  decisione  di  parifica   sarebbe   pregiudizialmente
condizionata  dal  giudizio   circa   il   corretto   impiego   delle
anticipazioni,   del   conseguente   riverbero   sul   risultato   di
amministrazione e delle sue componenti analitiche da  parificare.  In
applicazione delle censurate leggi regionali la sezione di  controllo
dovrebbe  parificare  il  rendiconto  della   Regione   Piemonte   in
pregiudizio delle finalita' di esatta determinazione del risultato di
amministrazione e di accertamento dell'equilibrio di bilancio, per le
quali le sono state attribuite le relative funzioni. 
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
legittimita' costituzionale delle leggi regionali n. 16 e n.  19  del
2013 in riferimento all'art.  81,  quarto  comma,  Cost.,  nel  testo
antecedente alla modifica introdotta dalla legge costituzionale n.  1
del 2012, e all'art. 119, sesto comma, Cost., la  sezione  rimettente
precisa che le censure sono limitate alle variazioni apportate  dalla
legge regionale n. 16 del 2013 in entrata mediante l'istituzione  del
capitolo  59300  (UPB   DB902)   con   uno   stanziamento   di   euro
447.693.392,78 e del capitolo 59350 (UPB DB902) con uno  stanziamento
di euro 803.724.000,00 ed  in  uscita  mediante  la  istituzione  del
capitolo 200/0 (UPB DB09010) dell'importo di  euro  447.693.392,78  e
del capitolo 156981  (UPB  DB20151)  con  uno  stanziamento  di  euro
803.724.000,00. I dubbi relativi alla legge regionale n. 19 del  2013
riguardano gli artt. 1 e 2, che hanno approvato gli Allegati A) e C).
In particolare l'Allegato A) ha incrementato di  euro  660.206.607,23
in entrata il capitolo 59300 (UPB DB902) ed in  uscita  il  disavanzo
d'amministrazione 2012 da ripianare  (capitolo  200/0  UPB  DB09010);
l'Allegato C) ha incrementato  in  entrata  il  capitolo  59350  (UPB
DB902) di euro 642.979.200,00 ed in uscita ha istituito  il  capitolo
156985 (UPB  DB20151)  con  uno  stanziamento  di  pari  importo.  In
entrambi i casi le poste in entrata sono state iscritte al  Titolo  V
(entrate derivanti da mutui, prestiti o altre operazioni  creditizie)
e quelle in uscita al Titolo I (spese correnti). 
    La remittente ritiene che la natura delle risorse  erogate  dallo
Stato, tramite il MEF, ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35  del
2013, costituirebbero una mera anticipazione di cassa,  definita  dal
legislatore «anticipazione di liquidita'», che  avverrebbe  entro  un
plafond predeterminato dalla legge e la cui restituzione  -  in  cio'
consisterebbe la loro peculiarita' - sarebbe prevista in  un  periodo
non  superiore  a  30   anni.   A   tale   conclusione   giungerebbe,
innanzitutto,  sulla  base   dell'interpretazione   letterale   delle
disposizioni. Difatti, l'art. 2, comma 1, del decreto-legge n. 35 del
2013 dispone che «Le regioni e le province autonome che  non  possono
far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi  ed  esigibili  alla
data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i  quali  sia  stata
emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto
termine, diversi da quelli finanziari e sanitari di cui  all'articolo
3, ivi inclusi i pagamenti in favore degli enti locali, maturati alla
data del 31 dicembre 2012, a causa di  carenza  di  liquidita'  [...]
chiedono al Ministero dell'economia e  delle  finanze,  entro  il  30
aprile  2013  l'anticipazione  di  somme  da  destinare  ai  predetti
pagamenti [...]». 
    Analogamente l'art. 3, comma 1, del citato decreto-legge  dispone
che  «Lo  Stato  e'  autorizzato  ad  effettuare   anticipazioni   di
liquidita' alle Regioni ed alle Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano [...] al fine di favorire l'accelerazione dei  pagamenti  dei
debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale [...]». Il comma 6
dell'art. 2 del d.l. n. 35 del 2013 prescrive che «Il  pagamento  dei
debiti oggetto del presente articolo deve riguardare, per almeno  due
terzi, residui passivi in via prioritaria di  parte  capitale,  anche
perenti, nei confronti degli  enti  locali,  purche'  nel  limite  di
corrispondenti residui attivi degli enti locali  stessi  ovvero,  ove
inferiori, nella loro totalita' [...]». Alla stregua delle  riportate
disposizioni, sarebbe  evidente,  secondo  la  sezione  di  controllo
rimettente, che le somme servirebbero  per  pagare  residui  passivi,
vale a dire spese gia'  finanziate,  non  potendo  allora  le  stesse
costituire ulteriore finanziamento. 
    A giudizio della sezione rimettente la stessa conclusione sarebbe
avvalorata anche dall'esame dei lavori  preparatori  della  legge  di
conversione,  i   quali   evidenzierebbero   che   l'intenzione   del
legislatore sarebbe stata di considerare l'erogazione  delle  risorse
in questione quale mera anticipazione di cassa. 
    La natura di mera anticipazione di  tali  risorse  sarebbe  stata
riconosciuta anche dalla sezione delle autonomie, la quale,  in  sede
nomofilattica, ha precisato che l'anticipazione avrebbe dovuto essere
sterilizzata nella parte di spesa correlata, in modo da limitarne gli
effetti alla sola disponibilita' di cassa  necessaria  per  adempiere
agli impegni non onorati (deliberazione n. 19 del 2014). 
    Le leggi regionali n. 16 e n. 19 del  2013  avrebbero  finanziato
delle  spese  non  previste  in  bilancio  con  le  anticipazioni  di
liquidita' concesse dallo Stato in base agli artt. 2 e 3 del d.l.  n.
35 del 2013,  ampliando  la  capacita'  di  spesa  della  Regione  e,
conseguentemente,  avrebbero  alterato  l'equilibrio   di   bilancio.
Inoltre, le censurate disposizioni, trasformando in un vero e proprio
indebitamento l'anticipazione di liquidita', violerebbero il  divieto
di impiegare prestiti per spese diverse  dagli  investimenti  di  cui
all'art. 119, sesto comma, Cost. 
    Quanto  al  tentativo   di   interpretazione   costituzionalmente
orientata, la sezione di controllo rimettente procede  alla  verifica
se le risorse erogate dallo Stato, tramite il  MEF,  ai  sensi  degli
artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013, possano  costituire  una  valida
copertura   delle   spese   finanziate,   anche    facendo    ricorso
«all'archetipo negoziale del mutuo». 
    A conferma che  le  spese  in  questione  non  potrebbero  essere
considerate spese di investimento, si osserva  che  le  stesse  leggi
regionali hanno iscritto le poste in uscita al Titolo  I,  nel  quale
trovano  allocazione  le  spese  correnti.  Per  quanto  riguarda  il
disavanzo   di   amministrazione   accertato   con   il    rendiconto
dell'esercizio 2012, il Collegio rimettente rileva che  la  copertura
del risultato d'amministrazione negativo non sarebbe compresa tra  le
operazioni che, in base all'art. 3, comma 18, della legge 24 dicembre
2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge  finanziaria  2004),  costituirebbero
investimenti ai fini di  cui  all'art.  119,  sesto  comma,  Cost.  A
conferma che le spese in questione  non  sarebbero  annoverabili  tra
quelle di investimento, la sezione di controllo richiama i  dati  del
conto del patrimonio, dai  quali  non  risulterebbe  alcun  incentivo
dell'attivo   patrimoniale   che,    ripercuotendosi    nel    tempo,
giustificherebbe l'indebitamento in questione, i cui oneri  sarebbero
a carico delle generazioni future. 
    La sezione di controllo rimettente conclude che, ove si volessero
qualificare le risorse erogate dallo Stato tramite il  MEF  ai  sensi
degli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013 non come  anticipazioni  di
cassa, ma come un vero e proprio mutuo, i dubbi di  costituzionalita'
per violazione degli artt. 119, sesto comma, e 81 Cost. verrebbero ad
investire le stesse disposizioni statali citate. 
    2 - Con atto di intervento depositato il 3 febbraio  2015  si  e'
costituita in giudizio la Regione Piemonte. 
    L'interveniente  sostiene  che  la  questione   di   legittimita'
costituzionale  sollevata  sarebbe  non  rilevante  e  manifestamente
infondata. 
    In  particolare  a  giudizio  della  Regione  la   questione   di
legittimita'  costituzionale  sollevata  sarebbe  non  rilevante   in
quanto, riferendosi le leggi della cui costituzionalita' si dubita ad
un esercizio ormai  concluso,  la  pronuncia  eventualmente  adottata
sarebbe inidonea ad incidere  sulla  disciplina  di  una  spesa  gia'
realizzata. 
    Nel merito la  Regione  Piemonte  sostiene  che  non  consterebbe
l'avvenuta utilizzazione delle risorse disposte in base al d.l. n. 35
del 2013 per spese diverse da  quelle  costituenti  debito  esigibile
alla data del 31 dicembre 2012.  Parimenti,  rileva  l'interveniente,
non  sarebbe  strettamente  necessitata  -  in  forza  dei   principi
derivanti  dalle  norme  costituzionali  e  da  quelli  espressi  dal
decreto-legge istitutivo delle  risorse  correttive  degli  squilibri
degli enti territoriali e locali - la soluzione della costituzione di
un fondo vincolato e destinato alla  restituzione  dell'anticipazione
ottenuta.  Difatti,  nessuna  disposizione   di   rango   legislativo
prevederebbe la costituzione di un fondo di tale natura. Inoltre,  la
garanzia  che  parrebbe  imporsi  sul  piano  delle   formalita'   di
registrazione sarebbe correlata soltanto al carattere di inderogabile
vincolatezza  dei  fondi  trasferiti  a  finanziare  i  debiti  e   a
fronteggiare i pagamenti retrostanti ciascun contratto  di  prestito.
Un elemento indiretto per pervenire ad  analoga  conclusione  sarebbe
costituito dal rilievo secondo cui se va per definizione escluso  che
gli importi delle anticipazioni possano determinare effetti espansivi
della  spesa,  la  neutralita'  finanziaria  ad  esse  corrispondente
escluderebbe che i prestiti possano reagire sui saldi finanziari.  Le
modalita'   di   contabilizzazione   adottate   dalla   Regione   non
sembrerebbero, pertanto, contrastare con la  disciplina  dettata  dal
decreto-legge n. 35 del 2013, atteso che, a  fronte  dell'obbligo  di
restituzione in  rate  annuali  costanti  fino  al  2043  sembrerebbe
coerente l'iscrizione nel conto del bilancio della quota  capitale  e
della corrispondente quota di interessi di competenza. 
    A giudizio della Regione Piemonte  una  violazione  dei  precetti
costituzionali non sembrerebbe profilarsi per l'efficace espletamento
dei controlli che sarebbe in  grado  di  consentire  il  riequilibrio
contabile laddove  l'applicazione  concreta  dell'amministrazione  si
rivelasse non conforme a legge, trattandosi di applicazione di regole
che di per se' non genererebbe nuove spese. 
    La Regione Piemonte conclude che  la  corretta  contabilizzazione
dei  fondi  che  si  considerano  appare  piuttosto  collegata   alla
necessita'  che  i  controlli  di  riferimento  abbiano  ad   oggetto
l'adeguato impiego delle risorse, in sostanza, non idonee a  generare
nuove spese, bensi' ad attuare una manovra di riduzione del debito in
realta' rivelatasi non possibile  a  causa  della  consistenza  forte
dell'indebitamento. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in  epigrafe  la  Corte  dei  conti,
sezione regionale di controllo per  il  Piemonte,  censura  la  legge
della Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento al bilancio
di previsione per l'anno finanziario 2013 e al  bilancio  pluriennale
per gli anni finanziari 2013/2015) - la quale dispone variazioni allo
stato di previsione dell'entrata e della spesa - e gli artt.  1  e  2
della  legge  29  ottobre  2013,  n.   19   (Ulteriori   disposizioni
finanziarie per l'anno 2013 e pluriennale 2013-2015) - che  apportano
variazioni al bilancio di previsione per l'anno finanziario  2013  ed
al bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013-2015, approvando
gli Allegati A) e C) - in riferimento agli artt. 81, quarto comma,  e
119, sesto comma, della Costituzione. 
    1.1.- Il  rimettente  sostiene  che,  ai  fini  di  una  positiva
decisione  di  parificazione  del  rendiconto  regionale,  deve  fare
applicazione delle disposizioni  impugnate,  della  cui  legittimita'
costituzionale dubita. 
    Per quel che riguarda la legge n. 16 del  2013,  le  disposizioni
censurate risultano quelle inerenti  alle  variazioni  introdotte  in
entrata al capitolo 59300 («Anticipazione  a  valere  sul  fondo  per
assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi,  liquidi  ed
esigibili art. 2 del d.l. 35/2013» UPB DB902 - stanziamento  pari  ad
euro 447.693.392,78 e al capitolo 59350 ("Anticipazione a valere  sul
fondo per assicurare la liquidita' per pagamenti  dei  debiti  certi,
liquidi  ed  esigibili  art.  3  del  d.l.  35/2013"  UPB   DB902   -
stanziamento di euro 803.724.000,00), ed in uscita al capitolo  200/0
(«Disavanzo finanziario presunto alla chiusura  dell'esercizio  2012»
UPB DB09010 - stanziamento  di  euro  447.693.392,78  e  al  capitolo
156981  («Trasferimenti  alle   aziende   sanitarie   regionali   per
l'erogazione delle risorse di cui all'anticipazione di liquidita'  ai
sensi  dell'art.  3,  comma  2,  del  d.l.  35/2013»  UPB  DB20151  -
stanziamento di euro 803.724.000,00). 
    Con riferimento alla  legge  n.  19  del  2013,  le  disposizioni
impugnate risultano quelle inerenti  alle  variazioni  introdotte  in
entrata dal capitolo 59300 («Anticipazione a  valere  sul  fondo  per
assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi,  liquidi  ed
esigibili art. 2 del d.l. 35/2013» UPB DB902 - stanziamento  di  euro
660.206.607,23) e dal capitolo 59350  («Anticipazione  a  valere  sul
fondo per assicurare la liquidita' per pagamenti  dei  debiti  certi,
liquidi  ed  esigibili  arti.  3  del  d.l.  35/2013»  UPB  DB902   -
stanziamento di euro 642.979.200,00) ed in uscita dal capitolo  200/0
(«Disavanzo finanziario presunto alla chiusura  dell'esercizio  2012»
UPB DB09010 - stanziamento di  euro  660.206.607,23  e  dal  capitolo
156985  («Trasferimenti  alle   aziende   sanitarie   regionali   per
l'erogazione delle risorse di cui all'anticipazione di liquidita'  ai
sensi  dell'art.  3,  comma  2  del  d.l.  35/2013»  UPB  DB20151   -
stanziamento di euro 642.979.200,00). 
    Nel  2013  la   Regione   Piemonte   avrebbe   sottoscritto,   in
applicazione  delle  norme  richiamate,  quattro  contratti  con   il
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  (MEF).  La  somma  delle
variazioni  sopra   descritte,   pari   ad   euro   2.554.603.200,01,
corrisponderebbe al totale dei quattro  contratti  stipulati  con  il
MEF. 
    In  definitiva,  il  giudice  a  quo  dubita  della  legittimita'
costituzionale   delle   suddette   variazioni   di    bilancio    e,
conseguentemente, delle leggi regionali n. 16 del 2013 e  n.  19  del
2013 nella parte riferita alle evocate poste contabili. 
    Quanto   alla   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale, il rimettente afferma che le variazioni  di  bilancio
approvate  dalle  citate  leggi  regionali  inciderebbero  fortemente
sull'equilibrio del  bilancio,  sul  risultato  d'amministrazione  e,
conseguentemente,   anche   sull'equilibrio   dei   bilanci   futuri.
L'applicazione delle suddette leggi regionali fisserebbe in modo  non
veritiero  il   disavanzo   d'amministrazione   dell'esercizio   2013
nell'importo di euro 364.983.307,72  esposto  nel  rendiconto  e  nel
relativo progetto di legge di approvazione. Ove  le  norme  impugnate
fossero   dichiarate   costituzionalmente   illegittime,   le   spese
finanziate con le anticipazioni di liquidita' ottenute ai sensi degli
artt. 2 e 3 del decreto-legge 8  aprile  2013,  n.  35  (Disposizioni
urgenti  per  il  pagamento  dei  debiti   scaduti   della   pubblica
amministrazione,  per  il   riequilibrio   finanziario   degli   enti
territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti
locali), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge  6  giugno  2013,  n.  64,  sarebbero  prive  di  copertura  e,
conseguentemente, il disavanzo d'amministrazione risulterebbe di euro
2.554.603.200,01,  non  essendo  possibile  ridurlo   attraverso   la
contestata modalita' di copertura. 
    Il  rimettente   ricorda   che   l'accertamento   dell'equilibrio
finanziario  complessivo  dell'ente  richiede   di   verificare   con
esattezza il risultato di amministrazione. Tale funzione di riscontro
del bilancio  costituirebbe  l'oggetto  principale  e  lo  scopo  del
giudizio di parificazione che, oltre ai controlli analitici  in  tema
di riscossioni, pagamenti, debiti, crediti e situazione di cassa,  e'
finalizzato, soprattutto, alla verifica a consuntivo degli  equilibri
di bilancio  sulla  base  del  bilancio  preventivo  e  di  tutte  le
disposizioni sopravvenute, che  ne  hanno  modificato  la  struttura,
incidendo sia sul disavanzo d'amministrazione - che, in quanto  tale,
deve essere successivamente  ripianato  -  sia  sugli  equilibri  dei
bilanci futuri. 
    Secondo la Corte dei conti  la  descritta  allocazione  contabile
comporterebbe  un'alterazione  del   risultato   di   amministrazione
afferente all'esercizio  2013  ed  un  allargamento  della  spesa  di
competenza oltre i limiti consentiti dalle entrate disponibili e  dai
vincoli comunitari e nazionali. 
    Sotto tale profilo le leggi regionali si sarebbero discostate dal
d.l. n. 35 del 2013, attraverso il quale lo Stato avrebbe  conciliato
l'esigenza  di  fronteggiare   gravi   situazioni   debitorie   delle
amministrazioni pubbliche e quella di non violare l'art.  119,  sesto
comma, Cost., nonche' le disposizioni comunitarie in tema di  vincoli
all'indebitamento. 
    Al fine di consentire il  pagamento  dei  richiamati  debiti,  lo
Stato avrebbe  emesso  titoli,  trasformandoli  in  anticipazioni  di
liquidita' da erogare agli  enti  territoriali,  tra  cui  la  stessa
Regione Piemonte. 
    La Regione avrebbe invece utilizzato  il  finanziamento  come  un
mutuo  per  alterare  il  disavanzo  e  per  spese   di   competenza,
allargando, in tal modo, il ventaglio  della  spesa  consentita,  con
violazione contestuale degli artt. 81, quarto  comma,  e  119,  sesto
comma, Cost. 
    Proprio il  carattere  di  anticipazione  di  liquidita'  sarebbe
l'elemento   differenziante   dal    mutuo    per    scopi    diversi
dall'investimento, contratto  incompatibile  con  la  "regola  aurea"
dell'art. 119, sesto comma, Cost. 
    Secondo  il  rimettente,  non  sarebbe   illegittima   tanto   la
allocazione del finanziamento statale  al  Titolo  V  dell'entrata  -
posta contabile che effettivamente concerne le entrate  derivanti  da
operazioni  creditizie,  prestiti  e  anticipazioni  di  cassa  e  di
liquidita' - quanto la sua mancata  neutralizzazione  attraverso  una
posta di analogo importo al  Titolo  III  della  spesa,  in  modo  da
evitarne  una  non  consentita   utilizzazione   per   la   copertura
integrativa di oneri diversi da quelli previsti dal d.l.  n.  35  del
2013, che fungerebbe da norma interposta ai fini della specificazione
dei principi, di cui agli artt. 81, quarto comma e 119, sesto  comma,
Cost. Il dubbio di illegittimita' riguarderebbe, inoltre,  la  spesa,
nella misura  in  cui  le  somme  anticipate  sarebbero  destinate  a
finalita' diverse da quelle inerenti al finanziamento statale. 
    Non sarebbe conforme a legge l'istituzione dei descritti capitoli
di spesa  di  competenza,  in  parte  dedicati  al  ripianamento  del
disavanzo  di  amministrazione  ed  in   parte   a   spese   relative
all'esercizio  di  competenza  2013.  Rimarrebbero  cosi'  eluse   le
finalita' del d.l. n. 35 del 2013 di  fronteggiare  il  pagamento  di
debiti pregressi. 
    Il risultato della contestata articolazione normativa delle poste
contabili sarebbe quello di  allargare,  oltre  i  limiti  consentiti
dalla legge, la spesa di competenza, in particolare quella  corrente,
e di alterare il risultato di amministrazione, poiche'  nell'apposito
capitolo contestato non vi potrebbero  essere  movimenti  finanziari,
non essendo evidentemente il disavanzo dell'ente un suo creditore. 
    In definitiva, le norme impugnate impedirebbero il pagamento  dei
debiti di cui agli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013. 
    1.2.- Intervenuta in giudizio, la Regione Piemonte  sostiene  che
la questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  sarebbe  non
rilevante o, comunque, manifestamente infondata. 
    In particolare, la non rilevanza deriverebbe dall'inerenza  della
questione ad un esercizio ormai concluso nella sua configurazione  di
spesa. 
    La interveniente sostiene che le risorse erogate dallo  Stato  ai
sensi del d.l. n. 35 del 2013  non  sarebbero  state  utilizzate  per
spese diverse da quelle costituenti debito esigibile alla data del 31
dicembre 2012. Secondo la Regione, la soluzione della costituzione di
un fondo vincolato e destinato alla  restituzione  dell'anticipazione
ottenuta non sarebbe strettamente necessitata in ragione dei principi
derivanti dalle norme costituzionali e da quelli espressi dal d.l. n.
35 del 2013. Nessuna disposizione di rango  legislativo  prevederebbe
la costituzione di un fondo di tale natura. Inoltre, le modalita'  di
contabilizzazione adottate dalla Regione non contrasterebbero con  la
disciplina  di  cui  al  citato  decreto-legge,  poiche',  a   fronte
dell'obbligo di restituzione in rate annuali costanti fino  al  2043,
parrebbe coerente l'iscrizione nel conto  del  bilancio  della  quota
capitale e della corrispondente  quota  interessi  di  competenza  in
ciascuno degli esercizi interessati. La Regione richiama  a  sostegno
di tale tesi le conclusioni del Procuratore regionale della Corte dei
conti intervenuto in sede di parifica. 
    1.3.- Nelle more del presente giudizio l'art. 1, commi da  452  a
458, della legge 23  dicembre  2014,  n.  190  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita'  2015),  ha  disposto  la   nomina   di   un   Commissario
straordinario «per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi della
regione» (poi effettivamente individuato nel Presidente della Regione
Piemonte). 
    Le  norme  suddette  dispongono  che  «452.   In   considerazione
dell'eccezionale situazione di squilibrio finanziario  della  regione
Piemonte, che non ha consentito  di  attingere  a  tutte  le  risorse
dell'anticipazione di liquidita' assegnate alla regione, al  fine  di
evitare il ritardo dei pagamenti dei debiti  pregressi,  con  decreto
del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  il  presidente  della
regione Piemonte e' nominato, senza maggiori  oneri  a  carico  della
finanza  pubblica,  Commissario  straordinario  del  Governo  per  il
tempestivo pagamento dei debiti  pregressi  della  regione.  453.  E'
autorizzata l'apertura di un'apposita contabilita' speciale. 454.  La
gestione commissariale della regione Piemonte di  cui  al  comma  452
assume, con bilancio separato rispetto a quello della regione:  a)  i
debiti commerciali certi, liquidi ed esigibili al  31  dicembre  2013
della regione, compresi i residui perenti non reiscritti in bilancio,
per un importo non superiore a quello delle  risorse  assegnate  alla
regione Piemonte a valere sul Fondo per assicurare la liquidita'  per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui agli articoli
2 e 3 del  decreto-legge  8  aprile  2013,  n.  35,  convertito,  con
modificazioni, dalla  legge  6  giugno  2013,  n.  64,  e  successive
modificazioni, destinati ad essere  pagati  a  valere  sulle  risorse
ancora non erogate previste, distintamente per la parte  sanitaria  e
per quella non sanitaria, delle predette anticipazioni; b) il  debito
contratto dalla regione Piemonte per le anticipazioni  di  liquidita'
gia' contratte ai sensi del richiamato articolo 2  del  decreto-legge
n. 35 del 2013. La medesima gestione commissariale puo' assumere, con
il bilancio separato rispetto a quello della regione, anche il debito
contratto dalla regione Piemonte per le anticipazioni  di  liquidita'
gia' contratte ai sensi del richiamato articolo 3  del  decreto-legge
n. 35 del 2013. 455. Al fine di consentire  il  tempestivo  pagamento
dei debiti pregressi posti a carico della gestione commissariale,  il
Commissario  straordinario  del  Governo  di  cui  al  comma  452  e'
autorizzato a contrarre le anticipazioni di liquidita' assegnate alla
regione non ancora erogate, con ammortamento a carico della  gestione
commissariale, nel rispetto di tutte  le  condizioni  previste  dagli
articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013,  n.  35,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013,  n.  64,  e  successive
modificazioni. 456. In  considerazione  degli  effetti  positivi  sul
proprio disavanzo, derivante dal trasferimento dei debiti di  cui  al
comma 454, nel titolo primo della spesa del  bilancio  della  regione
Piemonte e' costituito un fondo, allocato su un apposito capitolo  di
spesa del bilancio gestionale, con una dotazione annua di 56  milioni
di euro per l'anno  2015  e  di  126  milioni  di  euro  a  decorrere
dall'anno 2016 e fino all'esercizio 2045 per il concorso  agli  oneri
assunti dalla gestione commissariale. In caso di  acquisizione  anche
del debito contratto dalla regione Piemonte per le  anticipazioni  di
liquidita'  gia'  contratte  ai  sensi  del  citato  articolo  3  del
decreto-legge n. 35 del 2013, il suddetto fondo e' incrementato di 95
milioni di euro per l'anno 2015 e di 96,5 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2016 e fino all'esercizio 2045.  Per  fare  fronte  a  tale
onere il Commissario straordinario del Governo di cui  al  comma  452
provvede  alle  necessarie  variazioni  in  aumento  delle   aliquote
fiscali. 457. Il Commissario straordinario del Governo di cui al  452
trasmette   al   Governo   la    rendicontazione    della    gestione
trimestralmente e al termine della medesima.  Lo  stesso  Commissario
invia al Ministero dell'economia e delle finanze la comunicazione dei
flussi di pagamento previsti per ogni trimestre successivo al periodo
in corso. 458. La gestione commissariale di cui al comma 452  termina
quando risultino pagati tutti i debiti posti a suo  carico  ai  sensi
della  lettera  a)  del  comma  454.  Alla  chiusura  della  gestione
commissariale il bilancio dello Stato subentra  nei  rapporti  attivi
nei confronti della regione Piemonte derivanti dall'applicazione  del
comma 456,  e  sono  consolidati  i  rapporti  di  debito  e  credito
concernenti l'ammortamento dell'anticipazione di liquidita'. In  caso
di mancato versamento al bilancio dello Stato del contributo  di  cui
al comma 456, si procede, nei sessanta giorni successivi, al recupero
di dette somme a valere sulle  giacenze  della  regione  inadempiente
depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale». 
    2.- Occorre ricordare preliminarmente  il  risalente  e  costante
orientamento di questa Corte, secondo cui  la  rimettente  Corte  dei
conti,  in  sede  di  giudizio  di  parificazione  del  bilancio,  e'
legittimata a promuovere  questione  di  legittimita'  costituzionale
avverso le disposizioni di legge che determinano,  nell'articolazione
e nella gestione del bilancio  stesso,  effetti  non  consentiti  dai
principi posti a tutela degli equilibri economico-finanziari e  dagli
altri precetti costituzionali,  che  custodiscono  la  sana  gestione
finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 213  del  2008  e  n.  244  del
1995). 
    Fino all'entrata in  vigore  dell'art.  1  del  decreto-legge  10
ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia  di  finanza  e
funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni
in favore delle zone terremotate nel maggio  2012),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012,  n.
213, la parificazione del bilancio era prevista solo per lo  Stato  e
per le autonomie speciali. Per effetto della richiamata disposizione,
la stessa e' oggi estesa alle Regioni a statuto ordinario, tra cui si
annovera la Regione Piemonte. 
    In definitiva, non v'e' dubbio che  la  novella  del  2012  abbia
esteso alle Regioni a statuto ordinario l'istituto della parifica del
rendiconto e la conseguente disciplina  di  carattere  processuale  e
sostanziale. Dal che discende automaticamente l'ammissibilita'  delle
questioni in esame sotto il profilo della legittimazione  dell'organo
rimettente a sollevarle. 
    In particolare, ricorrono integralmente nel caso del procedimento
di parifica tutte le condizioni per le quali questa Corte ha  ammesso
la possibilita' di sollevare questione di legittimita' costituzionale
in  via  incidentale  nell'ambito  dell'attivita'  di  controllo   di
legittimita' della Corte dei conti: applicazione di norme  di  legge,
rimanendo la verifica di conformita'  del  rendiconto  soggetta  solo
alla legge; esito del procedimento vincolato al parametro  normativo,
cosicche' «Nell'una e nell'altra ipotesi, la situazione  e',  dunque,
analoga a quella in cui si trova un qualsiasi  giudice  (ordinario  o
speciale), allorche' procede a raffrontare i fatti  e  gli  atti  dei
quali deve giudicare alle leggi che li concernono» (sentenza  n.  226
del 1976). Si puo' pertanto ribadire anche  per  il  procedimento  di
parifica davanti alla sezione di controllo che lo stesso «non  e'  un
giudizio in senso tecnico-processuale [ma] ai limitati fini dell'art.
1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della  legge  n.  87
del 1953, la funzione in quella sede svolta dalla Corte dei conti e',
sotto molteplici  aspetti,  analoga  alla  funzione  giurisdizionale,
piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi  nel
valutare la conformita' degli atti che ne formano oggetto alle  norme
del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi  apprezzamento  che
non sia di ordine strettamente  giuridico.  Il  controllo  effettuato
dalla Corte dei conti e' un controllo esterno, rigorosamente neutrale
e disinteressato, volto unicamente a  garantire  la  legalita'  degli
atti ad essa sottoposti, e cioe' preordinato  a  tutela  del  diritto
oggettivo, che si differenzia pertanto nettamente dai controlli  c.d.
amministrativi,    svolgentisi     all'interno     della     pubblica
Amministrazione; ed e' altresi' diverso anche da altri controlli, che
pur presentano le caratteristiche  da  ultimo  rilevate,  in  ragione
della natura e della posizione dell'organo  cui  e'  affidato  [...].
Deve  soggiungersi  che  non  mancano  nel  procedimento  in  oggetto
elementi,  formali  e  sostanziali,  riconducibili  alla  figura  del
contraddittorio. [...] In tal modo e' garantita la  possibilita'  che
gli interessi ed il punto di vista  dell'amministrazione,  nelle  sue
varie articolazioni, siano fatti valere nel corso  del  procedimento.
[...] D'altronde, sul piano sostanziale, il  riconoscimento  di  tale
legittimazione si giustifica anche con  l'esigenza  di  ammettere  al
sindacato  della  Corte  costituzionale   leggi   che,   come   nella
fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero, per  altra  via,
ad essa sottoposte» (sentenza n. 226 del 1976). 
    3.- Quanto alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza,  il
rimettente  argomenta  in  modo  analitico  i  motivi  per   cui   le
disposizioni impugnate lo costringerebbero a  parificare  partite  di
spesa, la  cui  natura  ed  allocazione  non  sarebbero  conformi  ai
parametri   costituzionali   richiamati.   In   particolare,    detta
applicazione   comporterebbe   di   validare    un    risultato    di
amministrazione infedele e di consentire un allargamento di spesa  al
di fuori dei vincoli di bilancio risultanti dal patto di stabilita' e
dalle altre disposizioni in materia  economico-finanziaria.  Inoltre,
l'utilizzazione del finanziamento statale come  mutuo  comporterebbe,
secondo la prospettazione del rimettente, la violazione della "regola
aurea", di cui all'art. 119, sesto comma, Cost., secondo cui i  mutui
sono consentiti soltanto per spese di investimento. 
    In particolare, l'ordinanza effettua un puntuale raffronto tra le
norme impugnate e quelle interposte, gli artt. 2 e 3 del d.l.  n.  35
del 2013, indicando gli scostamenti dal  modello  compatibile  con  i
parametri evocati. 
    Il rimettente precisa che tale confronto avviene con il testo dei
citati artt. 2 e 3 interpretato in modo  costituzionalmente  conforme
all'art. 119, sesto comma, Cost. 
    4.-  Al  fine  di  un  migliore  inquadramento  delle   questioni
sollevate,  sono  opportune  alcune  premesse  in  ordine  al  quadro
normativo statale di riferimento  in  subiecta  materia  e  alla  sua
genesi. 
    4.1.- Gli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013,  in  relazione  ai
quali  la  sezione  di  controllo  denuncia  lo   scostamento   delle
disposizioni regionali  impugnate,  nascono  dall'esigenza  di  porre
riparo ai crescenti ritardi nell'adempimento  delle  obbligazioni  da
parte delle pubbliche amministrazioni. Detto  fenomeno,  di  per  se'
negativo, aggravava, tra l'altro, la situazione delle  imprese,  gia'
colpite  dalla  difficolta'  di  accedere  al  credito  bancario  nel
contesto  della  crisi.  Gli  spazi   finanziari   per   una   rapida
liquidazione dei debiti arretrati  erano  fortemente  limitati  dalla
necessita' di rispettare gli impegni assunti dall'Italia con l'Unione
europea nel quadro del patto di stabilita' e crescita. 
    Nel dialettico contesto, astretto tra i vicoli di indebitamento e
l'indefettibilita' delle scadenze debitorie, il Governo ha cercato di
individuare  soluzioni  normative  e  finanziarie  capaci  di  venire
incontro alle esigenze delle imprese, avviando un'azione di  graduale
liquidazione dei debiti,  attraverso  modalita'  compatibili  con  le
vigenti preclusioni di carattere finanziario. Cio'  anche  attraverso
serrate azioni politiche di negoziato a livello europeo per  ottenere
un margine di flessibilita' del patto di stabilita' e crescita. 
    Cosi' il Consiglio europeo del 14  marzo  2013,  facendo  seguito
agli orientamenti gia' espressi nel giugno e nel dicembre  del  2012,
ha riconosciuto la necessita' di  porre  rimedio  al  fenomeno  anche
attraverso  modalita'  di  risanamento  differenziate,  in  modo   da
utilizzare  spazi  di  flessibilita'  per  azioni  di  sostegno  alla
crescita  e  all'occupazione,  pur  nel  rispetto  della   necessaria
stabilita'  finanziaria.  In  sintonia  con  le  linee  espresse  dal
Consiglio europeo, la Commissione europea, con la  dichiarazione  del
18 marzo 2013, ha sottolineato l'urgenza di  una  pronta  risoluzione
del tema dei pagamenti arretrati  della  pubblica  amministrazione  e
chiarito i termini  operativi  della  nozione  di  flessibilita'.  In
particolare,  la  Commissione  ha  richiamato  gli  Stati  membri  al
recepimento ed all'applicazione della direttiva 16 febbraio 2011,  n.
2011/7/UE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  relativa
alla  lotta  contro  i  ritardi  di   pagamento   nelle   transazioni
commerciali), al fine  di  porre  un  freno  all'accumulo  di  debiti
commerciali  delle  pubbliche  amministrazioni.  La  Commissione   ha
proposto, inoltre, un piano finanziario idoneo a liquidare  i  debiti
commerciali pregressi, anche in considerazione del fatto che il patto
di stabilita' e crescita permette di tener conto di  alcuni  "fattori
rilevanti" nella valutazione del disavanzo e del debito (clausola  di
flessibilita').  Il  recepimento  della  direttiva  n.  2011/7/UE  e'
avvenuto con decreto legislativo 9 novembre 2012, n.  192  (Modifiche
al decreto legislativo  9  ottobre  2002,  n.  231,  per  l'integrale
recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla  lotta  contro  i
ritardi  di  pagamento  nelle  transazioni   commerciali,   a   norma
dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180),  il
quale ha, tuttavia, disposto la propria applicazione alle transazioni
commerciali concluse a decorrere dal 1° gennaio 2013. 
    4.2.- Nel contesto teste' descritto, e' stato emanato il d.l.  n.
35 del 2013, il quale  ha  introdotto  una  disciplina  di  carattere
speciale e temporanea, derogatoria del patto di stabilita' interno  e
di  altre  disposizioni  in  materia  di  finanza  pubblica,  per  il
pagamento dei debiti scaduti delle amministrazioni pubbliche. 
    In particolare, nel citato decreto-legge sono contenute le misure
dirette  a  consentire  il  pagamento  da   parte   delle   pubbliche
amministrazioni di debiti scaduti, con modalita' differenti  per  gli
enti locali (art. 1), le Regioni e le Province autonome (art. 2), gli
enti del Servizio sanitario nazionale per il  tramite  delle  Regioni
(art. 3)  e  le  amministrazioni  statali  (art.  5).  Si  tratta  di
disposizioni espressamente «volte ad assicurare l'unita' giuridica ed
economica dell'ordinamento» (art. 6, comma 1). 
    Pur con alcune differenze  rispetto  alle  tipologie  dei  debiti
oggetto delle  misure  ed  alle  procedure,  gli  strumenti  all'uopo
previsti sono riconducibili a  due  fattispecie:  l'allentamento  del
patto di stabilita' interno e  la  concessione  di  anticipazioni  di
liquidita'. La prima misura, consistente nel riconoscimento di "spazi
finanziari", ossia di importi  finanziari  che  vengono  esclusi  dal
computo del patto di stabilita' interno, non rileva  nella  questione
sottoposta all'attenzione di questa Corte. 
    La  seconda  misura,  che  riguarda  direttamente  l'esame  delle
questioni di costituzionalita' in questa sede sollevate, attiene alle
anticipazioni di liquidita', meccanismi finanziari attraverso i quali
- pur rimanendo vietata la loro utilizzazione  per  la  copertura  di
spese, che non sarebbero consentite dalla nostra Costituzione  e  dai
vincoli europei -  viene  posto  rimedio  a  gravi  deficienze  della
disponibilita' di cassa degli enti interessati dai ritardi. 
    A parte le prerogative attribuite agli enti  locali  e  ad  altre
amministrazioni  pubbliche,  anch'esse  non  rilevanti  nel  presente
contesto, gli artt. 2 e 3 del d.l. n.  35  del  2013  hanno  previsto
speciali prescrizioni per i debiti delle Regioni, siano  essi  debiti
contratti  direttamente  oppure  maturati  nell'ambito  del  Servizio
sanitario nazionale. Tali  disposizioni  devono  essere  considerate,
nella lettura ermeneutica in prosieguo specificata,  vere  e  proprie
norme  interposte  ai  fini  della  perimetrazione  degli  interventi
compatibili con i  vincoli  derivanti  dai  parametri  costituzionali
invocati dal rimettente. 
    Le suddette norme risultano cosi' formulate:  art.  2  (Pagamenti
dei debiti delle regioni e delle province autonome) «1. Le regioni  e
le province autonome che non possono  far  fronte  ai  pagamenti  dei
debiti certi liquidi ed esigibili alla data  del  31  dicembre  2012,
ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa  fattura  o  richiesta
equivalente di pagamento entro il predetto termine, diversi da quelli
finanziari e sanitari di cui all'articolo 3, ivi inclusi i  pagamenti
in favore degli enti locali, maturati alla data del 31 dicembre 2012,
a causa di carenza di liquidita', in deroga all'articolo 10,  secondo
comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, e all'articolo  32,  comma
24,  lettera  b),  della  legge  12  novembre  2011,  n.   183,   con
certificazione  congiunta   del   Presidente   e   del   responsabile
finanziario, chiedono al Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,
entro il 30 aprile 2013 l'anticipazione  di  somme  da  destinare  ai
predetti  pagamenti,  a  valere  sulle  risorse  della  "Sezione  per
assicurare la liquidita' alle regioni e alle  province  autonome  per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili  diversi  da  quelli
finanziari e sanitari" di cui all'articolo 1, comma 10. 2.  Le  somme
di cui al comma 1 da concedere, proporzionalmente, a ciascuna regione
sono stabilite  con  decreto  del  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, da emanare entro il 15 maggio 2013 [...]. 3.  All'erogazione
delle somme,  nei  limiti  delle  assegnazioni  di  cui  al  presente
articolo, si provvede, a seguito: a) della predisposizione, da  parte
regionale,  di  misure,  anche  legislative,  idonee  e  congrue   di
copertura annuale  del  rimborso  dell'anticipazione  di  liquidita',
maggiorata degli interessi; b) della presentazione  di  un  piano  di
pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili, alla  data  del  31
dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura
o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto  termine,  ivi
inclusi i pagamenti in  favore  degli  enti  locali,  comprensivi  di
interessi nella misura  prevista  dai  contratti,  dagli  accordi  di
fornitura, ovvero  dagli  accordi  transattivi,  intervenuti  fra  le
parti, ovvero, in mancanza dei predetti accordi,  dalla  legislazione
vigente;  c)  della  sottoscrizione  di  apposito  contratto  tra  il
Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del  Tesoro  e
la regione interessata, nel  quale  sono  definite  le  modalita'  di
erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi  e
in un periodo non superiore a 30 anni, prevedendo  altresi',  qualora
la regione non adempia nei termini ivi stabiliti al versamento  delle
rate di ammortamento dovute,  sia  le  modalita'  di  recupero  delle
medesime somme da parte del Ministero dell'economia e delle  finanze,
sia l'applicazione di interessi moratori. Il  tasso  di  interesse  a
carico della Regione e' pari  al  rendimento  di  mercato  del  Buoni
Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di  emissione.  [...]  6.  Il
pagamento dei debiti oggetto del presente articolo  deve  riguardare,
per almeno due terzi, residui passivi in  via  prioritaria  di  parte
capitale, anche perenti, nei confronti degli enti locali, purche' nel
limite di corrispondenti residui  attivi  degli  enti  locali  stessi
ovvero, ove inferiori, nella loro totalita'. Tali risorse devono, ove
nulla osti, essere utilizzate dagli enti locali prioritariamente  per
il pagamento di debiti certi, liquidi ed  esigibili  maturati  al  31
dicembre 2012 ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa  fattura
o richiesta equivalente  di  pagamento  entro  il  predetto  termine.
All'atto dell'estinzione da parte della Regione dei  debiti  elencati
nel piano di pagamento nei confronti degli enti  locali  o  di  altre
pubbliche amministrazioni,  ciascun  ente  locale  o  amministrazione
pubblica interessata provvede  all'immediata  estinzione  dei  propri
debiti. [...]»; art. 3 (Pagamenti dei debiti degli enti del  servizio
sanitario nazionale-SSN) «1. Lo Stato e'  autorizzato  ad  effettuare
anticipazioni di liquidita' alle Regioni ed alle Province autonome di
Trento e di  Bolzano  a  valere  sulle  risorse  della  "Sezione  per
assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi,  liquidi  ed
esigibili  degli  enti  del  Servizio  Sanitario  Nazionale"  di  cui
all'articolo 1, comma 10, al fine  di  favorire  l'accelerazione  dei
pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario  nazionale  ed
in relazione:  a)  agli  ammortamenti  non  sterilizzati  antecedenti
all'applicazione del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118;  b)
alle mancate erogazioni per competenza  e/o  per  cassa  delle  somme
dovute dalle regioni  ai  rispettivi  servizi  sanitari  regionali  a
titolo  di  finanziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale,   ivi
compresi i trasferimenti di  somme  dai  conti  di  tesoreria  e  dal
bilancio statale e le coperture  regionali  dei  disavanzi  sanitari,
come risultanti nelle voci "crediti verso regione per spesa corrente"
e "crediti verso regione per ripiano perdite" nelle voci  di  credito
degli enti del SSN verso le rispettive regioni dei modelli SP.  [...]
4. Le regioni e le province autonome  che,  a  causa  di  carenza  di
liquidita', non possono far fronte ai pagamenti di cui al comma 1 del
presente articolo, in deroga all'articolo 10,  secondo  comma,  della
legge 16 maggio 1970, n. 281, e all'articolo 32,  comma  24,  lettera
b),  della  legge  12  novembre  2011,  n.  183,   trasmettono,   con
certificazione  congiunta   del   Presidente   e   del   responsabile
finanziario,  al  Ministero   dell'economia   e   delle   finanze   -
Dipartimenti del Tesoro e  della  Ragioneria  Generale  dello  Stato,
entro il 31 maggio 2013 l'istanza  di  accesso  all'anticipazione  di
liquidita' di cui al comma 2, ed entro il 15 dicembre 2013  l'istanza
di accesso all'anticipazione di liquidita' di cui  al  comma  3,  per
l'avvio delle necessarie procedure amministrative ai fini di  cui  al
comma 5 [...].  5.  All'erogazione  delle  somme,  nei  limiti  delle
assegnazioni di cui al presente articolo, da  accreditare  sui  conti
intestati alla sanita' di cui all'articolo 21 del decreto legislativo
23 giugno 2011, n. 118, si provvede, anche in tranche  successive,  a
seguito: a) della predisposizione, da  parte  regionale,  di  misure,
anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso
dell'anticipazione  di  liquidita',   prioritariamente   volte   alla
riduzione della spesa corrente, verificate  dal  Tavolo  di  verifica
degli adempimenti di cui all'articolo  12  della  citata  Intesa;  b)
della presentazione di  un  piano  di  pagamento  dei  debiti  certi,
liquidi ed esigibili, cumulati alla  data  del  31  dicembre  2012  e
comprensivi di interessi nella misura prevista dai  contratti,  dagli
accordi di fornitura, ovvero dagli accordi  transattivi,  intervenuti
fra le  parti,  ovvero,  in  mancanza  dei  predetti  accordi,  dalla
legislazione vigente, e dettagliatamente elencati [...].  Nei  limiti
delle risorse assegnate ai sensi dei commi 2 e 3 e in  via  residuale
rispetto ai debiti di cui al primo periodo della presente lettera, il
piano dei pagamenti puo' comprendere debiti certi, sorti entro il  31
dicembre 2012, intendendosi sorti i debiti  per  i  quali  sia  stata
emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto
termine;  c)  della  sottoscrizione  di  apposito  contratto  tra  il
Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del  Tesoro  e
la regione interessata, nel  quale  sono  definite  le  modalita'  di
erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi  e
in un periodo non superiore a 30 anni, prevedendo  altresi',  qualora
la regione non adempia nei termini ivi stabiliti al versamento  delle
rate di ammortamento dovute,  sia  le  modalita'  di  recupero  delle
medesime somme da parte del Ministero dell'economia e delle  finanze,
sia l'applicazione di interessi moratori. Il  tasso  di  interesse  a
carico della Regione e' pari  al  rendimento  di  mercato  del  Buoni
Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso  di  emissione.  6.  All'atto
dell'erogazione  le  regioni  interessate  provvedono   all'immediata
estinzione dei debiti elencati nel piano di pagamento:  dell'avvenuto
pagamento e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili
la regione fornisce formale  certificazione  al  Tavolo  di  verifica
degli  adempimenti  di  cui  all'articolo  12  della  citata  Intesa,
rilasciata dal  responsabile  della  gestione  sanitaria  accentrata,
ovvero da altra persona formalmente indicata dalla  Regione  all'atto
della presentazione dell'istanza di cui al comma 4.  Quanto  previsto
dal presente comma costituisce adempimento regionale ai  fini  e  per
gli effetti dell'articolo 2, comma 68, lettera  c),  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, prorogato a decorrere dal  2013  dall'articolo
15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,  n.  135.  7.  A  decorrere
dall'anno 2013 costituisce adempimento regionale [...]  l'erogazione,
da parte della regione al proprio Servizio sanitario regionale, entro
la fine dell'anno, di almeno  il  90%  delle  somme  che  la  regione
incassa nel medesimo anno dallo Stato a titolo di  finanziamento  del
Servizio sanitario nazionale, e delle somme che la stessa regione,  a
valere su risorse proprie dell'anno,  destina  al  finanziamento  del
proprio servizio sanitario regionale. A decorrere dall'anno  2015  la
predetta percentuale e' rideterminata al valore del 95 per cento e la
restante quota deve essere erogata al  servizio  sanitario  regionale
entro il 31 marzo dell'anno  successivo.  [...]  9.  Nell'ambito  del
procedimento di  cui  all'articolo  1,  comma  174,  della  legge  30
dicembre 2004, n. 311, le regioni possono far valere le somme attinte
sull'anticipazione di liquidita' di cui  al  presente  articolo,  con
riferimento alle risorse in termini di competenza di cui al comma  1,
lettera b),  come  valutate  dal  citato  Tavolo  di  verifica  degli
adempimenti. A tal fine, per l'anno 2013, il termine del 31 maggio di
cui al citato articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n.
311 e' differito al 15 luglio e conseguentemente il  termine  del  30
aprile e' differito al 15 maggio». 
    4.3.- E' proprio dalla corretta interpretazione delle  richiamate
norme interposte - e del contesto sistematico del d.l. n. 35 del 2013
- che discende la soluzione del presente giudizio. Infatti,  le  tesi
che si fronteggiano riguardano la natura del finanziamento attribuito
alla Regione: mera anticipazione di liquidita', inidonea a  garantire
coperture di spesa o disavanzi,  secondo  l'assunto  del  rimettente,
oppure vero e proprio mutuo di scopo, secondo la tesi della  Regione,
in cio' avallata dall'opinione del Procuratore regionale della  Corte
dei conti. In altre  parole,  il  profilo  dirimente  della  presente
questione consiste nel verificare se  le  norme  regionali  censurate
siano una fedele  specificazione  delle  disposizioni  statali,  come
ritenuto dalla Regione e dallo stesso Procuratore, oppure se esse  vi
contrastino. 
    4.3.1.- L'esegesi del decreto-legge non  puo'  prescindere  dalla
considerazione  che   nelle   sue   premesse   vengono   sottolineate
«l'assoluta  necessita'  di  predisporre  interventi   di   immediata
eseguibilita' rivolti a graduare il flusso dei pagamenti,  accordando
priorita' ai crediti che le  imprese  non  hanno  ceduto  al  sistema
creditizio» e la «straordinaria necessita' ed urgenza di  intervenire
in materia di pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione». 
    L'art. 2, comma 1, del d.l. n. 35 del 2013  dispone  testualmente
che le Regioni «che non possono far fronte ai  pagamenti  dei  debiti
[...] a causa di carenza di liquidita' [...]  chiedono  al  Ministero
dell'economia e delle  finanze  [...]  l'anticipazione  di  somme  da
destinare ai predetti pagamenti». 
    Con formulazione analoga,  il  comma  1  del  successivo  art.  3
autorizza lo Stato ad effettuare  anticipazioni  di  liquidita'  alle
regioni «al fine di favorire l'accelerazione dei pagamenti dei debiti
degli enti del Servizio sanitario nazionale». 
    L'art.  1,  comma  13,   dello   stesso   decreto-legge   prevede
un'anticipazione  di  liquidita'  a   favore   degli   enti   locali,
sostanzialmente analoga a quelle previste per le regioni  e  per  gli
enti del Servizio sanitario  nazionale,  rispettivamente  dai  citati
artt. 2 e 3, con la sola  differenza  che  e'  concessa  dalla  Cassa
depositi  e  prestiti.  Con  riferimento  a  questa  fattispecie   il
Ministero dell'economia e delle finanze, con nota del 7  maggio  2013
indirizzata alla predetta Cassa, ha precisato che per i debiti  fuori
bilancio puo' essere  concessa  l'anticipazione  purche'  essi  siano
stati preventivamente riconosciuti, prevedendo la relativa  copertura
finanziaria, ed  ha  fornito  le  istruzioni  per  la  loro  corretta
contabilizzazione (entrata, Titolo V; spesa, Titolo III),  precisando
che  «l'anticipazione  di  liquidita'  non  comporta  ampliamento  di
copertura finanziaria in termini di competenza». 
    La   I   Commissione   della   Camera   dei   deputati    (Affari
costituzionali,  della  Presidenza  del  Consiglio  e   Interni),   a
proposito  del  disegno  di  legge  n.  676-A,  ha  espresso   parere
favorevole, dopo aver valutato le disposizioni  alla  luce  dell'art.
119, sesto comma, Cost., ed ha ritenuto che la  norma  costituzionale
non risultasse violata «in quanto nel caso delle  disposizioni  sopra
citate si tratterebbe di un'erogazione avente natura di anticipazione
di liquidita' [...] le somme  medesime  non  rilevano  -  secondo  la
Ragioneria generale dello Stato - ai fini della copertura  e,  per  i
riflessi sui saldi di finanza pubblica, incidono solo sul  fabbisogno
e sul debito, ma non sull'indebitamento [...] di conseguenza, secondo
la nota della Ragioneria,  "non  si  tratta  di  un  vero  e  proprio
prestito da includere nel campo di  applicazione  dell'articolo  119,
comma  sesto,  della  Costituzione,  in  quanto   non   comporta   un
ampliamento di copertura finanziaria in termini di competenza, ma  si
configura  come  mera  anticipazione  di  liquidita',  a  fronte   di
coperture gia' individuate"». 
    Dalla formulazione di dette disposizioni si ricava che: 
    a) la premessa del decreto-legge depone a favore della natura  di
mera anticipazione di  cassa,  facendo  riferimento  a  debiti  della
pubblica  amministrazione  che,  proprio  in   ragione   della   loro
appartenenza, devono essere gia' compresi  nei  bilanci  dei  decorsi
esercizi; b) la destinazione delle assegnazioni ex  d.l.  n.  35  del
2013 al pagamento di residui passivi, cioe' di oneri gia' previsti in
bilanci precedenti e, per cio' stesso, gia'  finanziati,  esclude  di
per se' che dette assegnazioni costituiscano copertura degli  stessi;
c) il riferimento  a  situazioni  debitorie  degli  enti  destinatari
dell'anticipazione conferma in modo implicito che non  si  tratta  di
nuova  copertura,  dal  momento  che  i  debiti  dell'amministrazione
regionale possono legalmente sorgere solo all'interno di una gestione
del bilancio,  nel  caso  di  specie  temporalmente  dimensionata  in
periodo anteriore al 31 dicembre 2012. 
    4.3.2.- Non ignora,  peraltro,  questa  Corte  che  la  normativa
statale contenuta nel  d.l.  n.  35  del  2013  presenta  profili  di
ambiguita'  riguardo  alla  natura  del  finanziamento.  Infatti,  la
restituzione di  capitale  ed  interessi  e'  prevista,  mediante  la
predisposizione di un  piano  di  ammortamento,  in  un  periodo  non
superiore a trenta anni. Quest'ultimo,  per  la  sua  durata,  appare
diverso da uno degli elementi tipici, la brevita', dell'anticipazione
di cassa (sentenza n. 188 del 2014). 
    Anche la locuzione utilizzata all'art. 3, comma 4,  dello  stesso
decreto-legge - secondo cui l'anticipazione in questione e' fatta «in
deroga all'articolo 10, secondo comma, della legge 16 maggio 1970, n.
281, e all'articolo 32, comma 24, lettera b), della legge 12 novembre
2011, n. 183», norme che stabiliscono i limiti di  indebitamento  per
le Regioni - non appare particolarmente precisa. 
    Altre  anfibologie  si  rilevano  per  quel   che   concerne   le
anticipazioni nel settore sanitario: le previsioni normative,  da  un
lato,  fanno  riferimento  ad  «anticipazioni  di  liquidita'»  ed  a
«pagamenti» (art. 3, comma 1),  contemplando  tuttavia  l'utilizzo  a
copertura per gli «ammortamenti non sterilizzati» (art. 3,  comma  1,
lettera a) e per «mancate erogazioni per competenza» (art.  3,  comma
1, lettera b). 
    Se   alcune   aporie   semantiche   possono   suscitare   qualche
perplessita' circa la tecnica legislativa impiegata, non v'e'  dubbio
che  utilizzare  detti  profili  di  ambiguita'  per  qualificare  il
finanziamento in esame come  vero  e  proprio  mutuo,  anziche'  mera
anticipazione di liquidita', porterebbe inevitabilmente a  concludere
che anche le norme interposte sarebbero contrarie a Costituzione,  in
quanto palesemente in contrasto con la  prescrizione  dell'art.  119,
sesto comma, Cost., il cui rispetto, al contrario, era  attestato  in
sede di lavori preparatori della legge di conversione del d.l. n.  35
del 2013. 
    Deve essere dunque condivisa l'opinione del  rimettente,  secondo
cui il meccanismo normativo creato dal  legislatore  statale  risulta
influente sulla  sola  gestione  di  cassa:  d'altronde,  quando  una
disposizione si presta a piu'  interpretazioni  e  solo  una  risulta
conforme  al  parametro  costituzionale,  al  testo  legislativo   va
attribuito il significato compatibile con la Costituzione. 
    Un'interpretazione  sistematica  e  costituzionalmente  orientata
delle norme statali porta dunque a concludere che le anticipazioni di
liquidita' altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di piu'
lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie.  La  loro  ratio,
quale si ricava dalla genesi del  decreto-legge  e  dai  suoi  lavori
preparatori, e' quella di riallineare nel tempo la cassa  degli  enti
strutturalmente   deficitari   con    la    competenza,    attraverso
un'utilizzazione limitata al  pagamento  delle  passivita'  pregresse
unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri,  proporzionati  alle
quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa
cosi'  da  rientrare  dai   disavanzi   gradualmente   ed   in   modo
temporalmente  e  finanziariamente  proporzionato  alla  restituzione
dell'anticipazione. E d'altronde -  come  emerge  dalla  formulazione
della norma statale (l'onere stimato in 6,25 miliardi  di  euro,  2,5
miliardi di euro per il 2013 e 3,7 miliardi di euro per il 2014,  per
le anticipazioni di  liquidita'  da  restituire  in  un  periodo  non
superiore a trent'anni e' stato collegato al rendimento dei BTP  a  5
anni) - il collegamento del finanziamento dell'ente  territoriale  ai
titoli del debito pubblico e' ulteriore elemento a favore della  tesi
che tali operazioni non possano finanziare la copertura di  disavanzi
o spese di pertinenza degli esercizi successivi all'entrata in vigore
del d.l. n. 35 del 2013. 
    5.- Occorre poi  procedere  all'interpretazione  della  questione
posta dal giudice rimettente. Sebbene quest'ultima sia sollevata  con
riferimento sia alle poste di entrata del finanziamento statale,  sia
a quelle di spesa, oggetto di censura sono  in  realta'  solo  queste
ultime,  poiche'  dalla  motivazione  dell'ordinanza  si  evince  con
chiarezza che non sarebbe illegittima l'allocazione del finanziamento
statale nel Titolo V dell'entrata, posta contabile che effettivamente
concerne le entrate derivanti da operazioni  creditizie,  prestiti  e
anticipazioni di  cassa  e  di  liquidita',  bensi'  la  sua  mancata
neutralizzazione attraverso una posta di analogo  importo  al  Titolo
III della spesa, in modo da  evitare  che  la  liquidita'  confluisca
nella copertura integrativa di oneri diversi da quelli  previsti  dal
d.l. n. 35 del 2013. 
    Oltre  che  alla  mancata   neutralizzazione   il   sospetto   di
illegittimita' viene poi rivolto  alla  variazione  di  spesa,  nella
parte in cui le somme anticipate dallo Stato  sarebbero  destinate  a
finalita' diverse da quelle inerenti al finanziamento statale. 
    6.- Alla luce delle  esposte  premesse,  le  questioni  sollevate
dalla Corte dei conti sono fondate sia in riferimento all'art. 81 che
all'art. 119, sesto comma, Cost. 
    E'  tuttavia  da  precisare  che  l'illegittimita'  non  riguarda
l'allocazione delle partite di entrata precedentemente richiamate  ed
in particolare la UPB DB902 - capitolo 59300 «Anticipazione a  valere
sul fondo per assicurare  la  liquidita'  per  pagamenti  dei  debiti
certi, liquidi ed esigibili art. 2 del d.l. 35/2013» e capitolo 59350
«Anticipazione a valere sul fondo per assicurare  la  liquidita'  per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed  esigibili  art.  3  del  d.l.
35/2013» correttamente inserita nel Titolo V afferente  alle  entrate
derivanti da mutui,  prestiti  o  altre  operazioni  creditizie  (ove
peraltro transitano indifferentemente sia i mutui  di  scopo  che  le
anticipazioni di liquidita'), bensi' le partite di spesa UPB  DB09010
-  capitolo  200/0  «Disavanzo  finanziario  presunto  alla  chiusura
dell'esercizio 2012» e DB20151 - capitolo 56981  «Trasferimenti  alle
aziende sanitarie regionali per l'erogazione  delle  risorse  di  cui
all'anticipazione di liquidita' ai sensi dell'art. 3,  comma  2,  del
d.l. 35/2013» e capitolo 56985 «Trasferimenti alle aziende  sanitarie
regionali per l'erogazione delle risorse di cui all'anticipazione  di
liquidita' ai sensi dell'art. 3, comma 2 del d.l. 35/2013». 
    La prima  partita  di  spesa  viene  destinata  dalla  Regione  a
ripianare il disavanzo d'amministrazione del 2012  e,  per  i  motivi
successivamente meglio specificati, viola gli artt. 81 e  119,  sesto
comma, Cost., in relazione agli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013. 
    Nessuna delle due norme  interposte  consente  di  utilizzare  le
anticipazioni  di  liquidita'  per   migliorare   il   risultato   di
amministrazione della Regione. Cio' sia con  riguardo  all'equilibrio
di bilancio, che viene pregiudicato dall'impiego di un  prestito  per
ottenere effetti economico-patrimoniali, sia con riguardo alla natura
giuridica dell'operazione, diversa dalla finalita' di investimento di
cui alla "regola aurea" codificata nel  richiamato  art.  119,  sesto
comma, Cost. 
    La seconda partita  viene  destinata  ad  ampliare  la  spesa  di
competenza  dell'esercizio  2013,  precludendo  l'adempimento   delle
obbligazioni pregresse che, per espressa previsione del  legislatore,
sono quelle iscritte nella parte del bilancio relativa agli  esercizi
pregressi. 
    In tal modo viene pregiudicato sia l'equilibrio  del  bilancio  -
poiche' l'illegittima destinazione viene a sommarsi,  in  termini  di
passivita', alle pregresse situazioni  debitorie  inevase  -  sia  il
rispetto dell'art. 119, sesto  comma,  Cost.,  perche'  la  copertura
della maggiore spesa di competenza viene fronteggiata con il prestito
dello Stato, il cui impiego dovrebbe essere limitato a migliorare  la
situazione di cassa. 
    La variazione di bilancio e' altresi' illegittima nella parte del
Titolo III della spesa ove non  sono  previste  partite  speculari  a
quelle di entrata iscritte al Titolo V. La  mancata  simmetria  degli
importi  iscritti  nei  predetti  Titoli  di  bilancio  impedisce  di
"neutralizzare" gli effetti dell'anticipazione  di  liquidita'  sulla
spesa corrente e di competenza. 
    Mentre il legislatore statale, alla luce di quanto in  precedenza
argomentato, ha conciliato negli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del  2013
le dialettiche finalita' del rispetto degli equilibri di  bilancio  e
della  "regola  aurea"  con  la  necessita'  di  adempiere  ad  oneri
pregressi, attraverso  una  mera  anticipazione  di  cassa  di  lungo
periodo ed un parallelo rientro dal deficit  (mediante  proporzionate
riduzioni  della  spesa  corrente   nel   periodo   di   ammortamento
dell'anticipazione di cassa),  quello  regionale,  con  le  impugnate
variazioni di bilancio, ha finito per aggravare  le  disfunzioni  cui
l'anticipazione stessa doveva porre rimedio. 
    Il simmetrico processo  di  rientro  dal  deficit  di  liquidita'
avrebbe dovuto essere invece accompagnato nel lungo  periodo  da  una
proporzionata riduzione della situazione debitoria e dal riequilibrio
dello stato economico-patrimoniale della Regione, il  cui  turbamento
e' all'origine di dette disfunzioni. 
    Al contrario, il legislatore  regionale,  manipolando  lo  schema
legislativo che si fonda sul parallelismo di tali delicati  processi,
ha  contemporaneamente:  a)   alterato   il   futuro   risultato   di
amministrazione, nella misura in cui ha considerato  tra  le  risorse
destinate alla copertura di nuove spese  una  mera  anticipazione  di
liquidita' (sulla incostituzionalita' di norme creatrici di  pratiche
contabili finalizzate a consentire capacita' apparente di  spesa,  si
vedano le sentenze n. 266 e n. 138 del 2013 e n. 309  del  2012);  b)
omesso  di  impiegare  le  somme  per  l'adempimento  degli  obblighi
pregressi, siano essi quelli previsti dall'art. 2 o dall'art.  3  del
d.l. n. 35 del 2013 (in tema di squilibrio di bilancio  originato  da
situazioni  debitorie  provocate  dall'inerzia  e  dai  ritardi   del
legislatore  regionale,  si  veda  la  sentenza  250  del  2013);  c)
utilizzato   per   spese   di    competenza    dell'esercizio    2013
l'anticipazione dello Stato, gestendola come un contratto di mutuo in
patente contrasto con la "regola aurea" di cui  all'art.  119,  sesto
comma, Cost. (sentenze n. 188 del 2014 e n. 425 del 2004). 
    6.1.- Non e' dunque fondata l'eccezione  della  Regione,  secondo
cui l'utilizzazione prevista dalle disposizioni impugnate non avrebbe
creato effetti espansivi della spesa. 
    Infatti,  come  correttamente  argomentato  dal  rimettente,   la
destinazione delle somme  anticipate  alla  copertura  del  disavanzo
pregresso ed a spese della competenza 2013 finisce  per  alterare  il
risultato   di   amministrazione,   nella   parte   in   cui   riduce
artificiosamente il disavanzo sommandovi la liquidita'  acquisita,  e
peggiora  il  risultato  consentendo  spese  della  competenza  2013,
anziche' prescrivere l'adempimento  delle  situazioni  debitorie  non
onorate (residui passivi e residui perenti non prescritti). 
    Proprio per evitare detto effetto,  la  sezione  delle  autonomie
della Corte dei conti (delibera n.  19  del  2014)  -  nell'esercizio
della  funzione  nomofilattica  in  sede  di  controllo  sugli   enti
territoriali (sentenza n. 39  del  2014)  -  e  lo  stesso  Ministero
dell'economia e delle  finanze  -  nel  contratto  stipulato  per  la
concessione e la restituzione  dell'anticipazione  -  hanno  previsto
l'obbligo di sterilizzare l'anticipazione,  affinche'  la  stessa  da
strumento di flessibilizzazione della cassa non diventi anomalo mezzo
di copertura  di  nuove  spese  e  di  riduzione  del  disavanzo  con
modalita' contrarie agli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost. 
    L'anticipazione non  deve,  infatti,  rappresentare  una  risorsa
aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, bensi' un  istituto
di natura finanziario-contabile avente lo scopo di fornire liquidita'
per onorare debiti pregressi, gia' regolarmente iscritti in  bilancio
ed impegnati o comunque vincolati. 
    6.2.- Anche l'argomento eccepito dalla Regione, in consonanza con
la tesi della Procura regionale della Corte dei conti -  secondo  cui
la neutralizzazione della somma anticipata «non sarebbe  strettamente
necessitata   in   forza   dei   principi   derivanti   dalle   norme
costituzionali e da  quelli  espressi  dal  decreto-legge  istitutivo
delle risorse correttive degli squilibri degli  enti  territoriali  e
locali» e «le modalita' di contabilizzazione adottate  dalla  regione
non   [contrasterebbero]   con   la   disciplina   particolare    del
decreto-legge 35, atteso che, a fronte dell'obbligo  di  restituzione
in rate annuali costanti fino al 2043, appare  coerente  l'iscrizione
nel conto del bilancio della quota capitale  e  della  corrispondente
quota interessi di competenza» - e' destituito di fondamento. 
    Essa contrasta in modo palese con il combinato disposto dell'art.
119, sesto  comma,  Cost.  -  secondo  cui  le  regioni  «[  p]ossono
ricorrere   all'indebitamento   solo   per   finanziare   spese    di
investimento» - e dell'art. 3 rubricato «Disposizioni in  materia  di
oneri  sociali  e  di   personale   e   per   il   funzionamento   di
amministrazioni ed enti pubblici», comma 17, della legge 24  dicembre
2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004), secondo cui «[...]
costituiscono indebitamento, agli effetti dell'art. 119, sesto comma,
della Costituzione, l'assunzione di mutui  [...].  Non  costituiscono
indebitamento, agli effetti del citato art. 119,  le  operazioni  che
non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di  superare,  entro
il limite massimo stabilito  dalla  normativa  statale  vigente,  una
momentanea carenza di liquidita' e di effettuare spese per  le  quali
e' gia' prevista idonea copertura di bilancio». 
    Dalle  norme  evocate  si  ricava   inequivocabilmente   che   se
l'anticipazione di liquidita' fosse da considerare un mutuo ai  sensi
del citato art. 3, comma 17, la norma statale che la prevede  sarebbe
in  contrasto  con  il   richiamato   parametro   costituzionale   e,
conseguentemente, sarebbe essa stessa illegittima. A parte  l'obbligo
dell'interprete di attribuire alla  legge,  in  casi  di  polivalenza
semantica, un significato conforme a Costituzione, nel caso in  esame
proprio la combinazione di dette norme e la genesi del d.l. n. 35 del
2013  non   consentono   alternative   alla   classificazione   quale
anticipazione di liquidita' delle somme attribuite dallo Stato  e  da
quest'ultimo acquisite attraverso l'emissione di  titoli  del  debito
pubblico. 
    Peraltro, questa Corte ha gia' avuto modo di  affermare  che  «la
ratio del  divieto  di  indebitamento  per  finalita'  diverse  dagli
investimenti trova fondamento in una nozione  economica  di  relativa
semplicita'. Infatti, risulta di  chiara  evidenza  che  destinazioni
diverse dall'investimento finiscono inevitabilmente  per  depauperare
il patrimonio dell'ente pubblico che ricorre al credito» (sentenza n.
188 del 2014). 
    6.3.- Anche l'eccezione formulata dalla Regione  -  secondo  cui,
nel caso in cui si ritenesse che «il quinto capoverso  dell'art.  119
possa essere minacciato dalle leggi regionali che si  considerano  in
relazione  al  vincolo  dell'indebitamento»,  non  vi  sarebbe  prova
dell'«avvenuta utilizzazione delle risorse del decreto 35  per  spese
diverse  da  quelle  costituenti  debito  esigibile  alla  data   del
31.12.2012» e non vi sarebbero conseguentemente effetti lesivi -  non
e' meritevole di accoglimento per  piu'  ordini  di  ragioni:  a)  la
mancata utilizzazione dell'anticipazione di liquidita' per far fronte
agli oneri pregressi previsti dal d.l.  n.  35  del  2013  e  la  non
consentita allocazione della stessa in bilancio determinano, da parte
delle disposizioni impugnate, la lesione in modo diretto dei precetti
costituzionali invocati; b) la allocazione finalizzata a ripianare il
disavanzo   di    amministrazione    costituisce    gia'    «avvenuta
utilizzazione»  non  conforme  a  Costituzione  dal  momento  che  la
liquidita', anziche' essere impiegata per  il  pagamento  dei  debiti
pregressi  e'  stata  acquisita  nella   disponibilita'   finanziaria
dell'ente, finendo per alterare in modo non veritiero il risultato di
amministrazione, attraverso la sommatoria con le componenti attive  e
passive  della  gestione  finanziaria  (in  tema  di   risultato   di
amministrazione   quale   sommatoria   algebrica   tra   riscossioni,
pagamenti, residui attivi, passivi e  fondo  di  cassa,  si  veda  la
sentenza n. 70 del 2012); c) detta allocazione, ove fosse conservata,
impedirebbe una corretta parifica del  risultato  di  amministrazione
con conseguenze anche sugli esercizi futuri della  Regione  Piemonte,
per effetto del principio  di  continuita'  del  bilancio,  il  quale
collega gli esercizi sopravvenienti nel  tempo  in  modo  ordinato  e
concatenato; d) la conservazione nel bilancio consuntivo delle  somme
stanziate per effetto delle norme oggetto di  impugnazione  impedisce
al Commissario  straordinario  del  Governo  di  impiegare  le  somme
inutilizzate per le finalita' di legge. 
    7.- Con riguardo al profilo sub d), e' intervenuto -  nelle  more
del presente giudizio - l'art. 1, commi da 452 a 458, della legge  n.
190  del  2014,  la  cui  attuazione  ha  comportato  la  nomina  del
Presidente della Regione Piemonte quale Commissario straordinario del
Governo «per il  tempestivo  pagamento  dei  debiti  pregressi  della
regione». 
    A   fronte   dell'autorizzazione   all'apertura    di    apposita
contabilita' speciale da parte del Commissario straordinario prevista
dal comma 453, il comma 454 stabilisce che la gestione  commissariale
piemontese «assume, con bilancio separato  rispetto  a  quello  della
regione: a) i debiti commerciali certi, liquidi ed  esigibili  al  31
dicembre  2013  della  regione,  compresi  i  residui   perenti   non
reiscritti in bilancio, per un importo non superiore a  quello  delle
risorse assegnate alla  regione  Piemonte  a  valere  sul  Fondo  per
assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi,  liquidi  ed
esigibili di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013,
n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno  2013,  n.
64, e successive modificazioni, destinati ad essere pagati  a  valere
sulle risorse ancora non erogate previste, distintamente per la parte
sanitaria e per quella non sanitaria, delle  predette  anticipazioni;
b) il debito contratto dalla regione Piemonte per le anticipazioni di
liquidita' gia' contratte ai sensi  del  richiamato  articolo  2  del
decreto-legge n. 35 del 2013. La medesima gestione commissariale puo'
assumere, con il bilancio separato rispetto a quello  della  regione,
anche il debito contratto dalla regione Piemonte per le anticipazioni
di liquidita' gia' contratte ai sensi del richiamato articolo  3  del
decreto-legge n. 35 del 2013». 
    Per effetto delle citate  norme  sopravvenute  e  della  presente
declaratoria  di  incostituzionalita'  le  somme  non   correttamente
impiegate  potranno   quindi   entrare   nella   disponibilita'   del
Commissario  straordinario  al  fine  di  liquidare   le   passivita'
pregresse ed evitare, almeno per la parte  recuperata,  un  ulteriore
debito statale e regionale: infatti dal comma 452 si  deduce  che  il
Commissario straordinario potra' utilizzare  pienamente  quanto  gia'
versato dallo Stato alla Regione Piemonte e da questa non erogato. 
    Ne  consegue  ulteriormente  che  il  Commissario   straordinario
deputato ad assicurare la corretta gestione delle partite debitorie e
creditorie interessate all'eccezionale  operazione  finanziata  dallo
Stato, potra' realizzare con  cadenza  annuale,  fino  all'estinzione
della gestione straordinaria, apposite  regolazioni  finanziarie  col
bilancio regionale, idonee a prevenire errori e duplicazioni di spesa
ed a garantire la tutela degli interessi finanziari ispiratori  della
complessa manovra istituita dal legislatore statale. 
    Infatti, dalla sopravvenuta legge n. 190 del 2014, si ricava che,
a conclusione di  ciascun  esercizio  della  gestione  commissariale,
dovra' essere verificata la coerenza tra i dati del rendiconto  della
Regione Piemonte e quello coevo del Commissario, la correttezza delle
regolazioni contabili, in particolare di quelle inerenti al passaggio
da un bilancio all'altro dei residui perenti e passivi,  delle  quote
di  anticipazione  e  delle  quote  di   restituzione   rateale   del
finanziamento. Con specifico  riguardo  alla  attivita'  di  parifica
della Corte dei conti, quest'ultima dovra' verificare - alla luce del
descritto sistema binario -  i  risultati  di  amministrazione  della
Regione Piemonte negli esercizi successivi a quello in  relazione  al
quale e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale. 
    8.- Dunque, una legge dello Stato,  nata  -  dopo  una  complessa
elaborazione caratterizzata dall'esigenza di conciliare i  dialettici
interessi di salvaguardia della  "regola  aurea"  e  dell'adempimento
delle obbligazioni pregresse - per porre rimedio  agli  intollerabili
ritardi nei pagamenti,  ha  subito,  per  effetto  del  non  corretta
attuazione da  parte  delle  disposizioni  regionali  impugnate,  una
singolare eterogenesi dei fini, i cui piu'  sorprendenti  esiti  sono
costituiti dalla  mancata  spendita  delle  anticipazioni  di  cassa,
dall'allargamento oltre i limiti di legge della spesa di  competenza,
dall'alterazione del  risultato  di  amministrazione,  dalla  mancata
copertura  negli  esercizi  futuri  del  deficit   antecedente   alle
erogazioni di cui agli artt. 2 e 3 del d.l. n.  35  del  2013,  dalla
conseguente nomina di un Commissario straordinario di Governo. 
    Per quanto considerato deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale per contrasto con gli artt. 81  e  119,  sesto  comma,
Cost. ed in relazione agli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013: della
legge reg. Piemonte n. 16 del 2013, nella parte spesa  relativa  alle
UPB DB09010 - capitolo 200/0  «Disavanzo  finanziario  presunto  alla
chiusura  dell'esercizio  2012»  e  UPB  DB20151  -  capitolo  156981
«Trasferimenti alle  aziende  sanitarie  regionali  per  l'erogazione
delle  risorse  di  cui  all'anticipazione  di  liquidita'  ai  sensi
dell'art. 3, comma 2, del d.l. 35/2013»; degli  artt.  1  e  2  della
legge reg. Piemonte  n.  19  del  2013,  nella  parte  in  cui  hanno
approvato gli Allegati A) e C) rispettivamente per la parte spesa UPB
DB09010  -  capitolo  200/0  «Disavanzo  finanziario  presunto   alla
chiusura dell'esercizio 2012», che  ha  previsto  l'incremento  delle
dotazioni destinate a ridurre il disavanzo di amministrazione, e  per
la parte spesa UPB DB20151,  che  ha  istituito  il  capitolo  156985
«Trasferimenti alle  aziende  sanitarie  regionali  per  l'erogazione
delle  risorse  di  cui  all'anticipazione  di  liquidita'  ai  sensi
dell'art. 3, comma 2, del d.l. 35/2013»; delle citate leggi regionali
n.  16  e  n.  19  del  2013,  nella  parte  in  cui  non   prevedono
l'inserimento nel Titolo III della spesa di una  posta  sterilizzante
di pari importo delle somme dello Stato  complessivamente  incamerate
al Titolo V dell'entrata dalla Regione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento  al  bilancio  di
previsione per l'anno finanziario 2013 e al bilancio pluriennale  per
gli anni finanziari 2013/2015), nella  parte  in  cui  istituisce  la
spesa  relativa  alle  UPB  DB09010  -  capitolo   200/0   «Disavanzo
finanziario presunto alla chiusura dell'esercizio 2012» e UPB DB20151
- capitolo 156981 «Trasferimenti alle aziende sanitarie regionali per
l'erogazione delle risorse di cui all'anticipazione di liquidita'  ai
sensi dell'art. 3, comma 2, del d.l. 35/2013»; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli  artt.  1  e  2
della legge della Regione Piemonte 29 ottobre 2013, n. 19  (Ulteriori
disposizioni finanziarie per l'anno 2013  e  pluriennale  2013-2015),
nella  parte  in  cui  hanno  approvato  gli   Allegati   A)   e   C)
rispettivamente per la parte  spesa  UPB  DB09010  -  capitolo  200/0
«Disavanzo finanziario presunto alla chiusura dell'esercizio 2012»  e
per la parte spesa UPB DB20151 - capitolo 156985 «Trasferimenti  alle
aziende sanitarie regionali per l'erogazione  delle  risorse  di  cui
all'anticipazione di liquidita' ai sensi dell'art. 3,  comma  2,  del
d.l. 35/2013»; 
    3) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della  legge  reg.
Piemonte n. 16 del 2013 e della legge reg. Piemonte n. 19  del  2013,
nella parte in cui non prevedono l'inserimento, nel Titolo III  della
spesa del bilancio 2013, di una posta  di  importo  pari  alle  somme
complessivamente incamerate al Titolo V dell'entrata  ed  erogate  da
parte dello Stato ai sensi degli artt. 2  e  3  del  decreto-legge  8
aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei  debiti
scaduti della pubblica amministrazione,  per  il  riequilibrio  degli
enti territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi  degli
enti locali), convertito con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 6 giugno 2013, n. 64. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI