N. 144 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 aprile 2015
Ordinanza del 29 aprile 2015 emessa dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Messineo Salvatore contro Presidenza del Consiglio dei ministri. Impiego pubblico - Avvocati dello Stato - Trattenimento in servizio gia' disposto con formale provvedimento - Riduzione fino al 31 ottobre 2014 o fino alla scadenza se prevista in data anteriore - Violazione del principio di uguaglianza per irragionevolezza e incidenza sul legittimo affidamento - Lesione del principio di copertura finanziaria - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. In via subordinata: Impiego pubblico - Avvocati dello Stato - Trattenimento in servizio gia' disposto con formale provvedimento - Riduzione fino al 31 ottobre 2014 o fino alla scadenza se prevista in data anteriore - Trattenimento in servizio fino al 31 dicembre 2015 come stabilito per i magistrati - Mancata previsione - Violazione del principio di uguaglianza per irragionevolezza e disparita' di trattamento rispetto ai magistrati - Lesione del principio di copertura finanziaria - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 114, art. 1, commi 1, 2 e 3. - Costituzione, artt. 3, 81 e 97.(GU n.33 del 19-8-2015 )
Consiglio di Stato Sezione Prima Adunanza di Sezione del 1° aprile 2015 Numero affare 00369/2015 Oggetto: Presidenza del Consiglio dei ministri. Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto da Salvatore Messineo avverso il provvedimento di collocamento a riposo a decorrere dal 15 marzo 2015 e il presupposto provvedimento in data 20 febbraio 2015 con il quale si e' dichiarato che la sua istanza di disponibilita' al trattenimento in servizio fino al compimento del settantacinquesimo anno di eta' non poteva essere valutata. La Sezione ha pronunciato il seguente provvedimento. Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 0019808 in data 25 marzo 2015, con cui la Presidenza del Consiglio dei ministri si e' espressa sulla fondatezza e sui presupposti per la richiesta di sospensione degli atti impugnati, riservandosi di relazionare ulteriormente nel merito una volta esaurita la fase cautelare; Visto il ricorso del 6 marzo 2015; Visto l'art. 1, commi 1, 2, e 3, di cui al decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114; Visto l'art. 3 della Costituzione; Visto l'art. 77, comma 3 della Costituzione; Visto l'art. 81, comma 3 della Costituzione; Visto l'art. 97, comma 3 della Costituzione; Visti gli artt. 3, 35 e 117 della Costituzione (con riferimento anche agli artt. 1, 2 e 6, par. I, direttiva 2000/78/ce del 27 novembre 2000, come interpretati dalla Corte di Giustizia dell'UE con sentenza 6 novembre 2011 in causa C. 286/12); Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Luttazi. Premesso. Il ricorrente, vice avvocato generale dello Stato, impugna - formulando dodici eccezioni di incostituzionalita' della normativa di riferimento - il provvedimento che lo ha collocato a riposo a decorrere dal 15 marzo 2015 e la connessa pregressa determinazione con cui gli si e' comunicato che la sua istanza di trattenimento in servizio fino al 75° anno di eta' non poteva essere valutata per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 come modificato dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114. Tale articolo, al comma 1, ha abrogato l'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e successive modificazioni. Inoltre il comma 3, per effetto della modifica operata dalla legge di conversione all'originario testo del decreto-legge («3. Al fine di salvaguardare la funzionalita' degli uffici giudiziari, i trattenimenti in servizio dei magistrati ordinali, amministrativi, contabili, militari nonche' degli avvocati dello Stato, sono fatti salvi sino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore»), ha escluso dal beneficio della proroga dei trattenimenti in servizio sino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore gli avvocati dello Stato (comma 3 citato, come sostituito dalla citata legge di conversione n. 114 del 2014: «Al fine di salvaguardare la funzionalita' degli uffici giudiziari, i trattenimenti in servizio, pur se ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che alla data di entrata in vigore del presente decreto ne abbiano i requisiti ai sensi dell'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, sono fatti salvi sino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore»). Il comma 2 recita: «Salvo quanto previsto dal comma 3, i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto sono fatti salvi fino al 31 ottobre 2014 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore. I trattenimenti in servizio disposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e non ancora efficaci alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge sono revocati». Sicche' la posizione del trattenimento in servizio degli avvocati dello Stato e' regolata dalla norma di cui ai commi 1, 2 e 3 della fonte normativa indicata. Il ricorrente ritiene che i provvedimenti impugnati siano illegittimi perche' la normativa sulla quale essi sono fondati viola la Costituzione sia per vizi del procedimento legislativo, sia per contrasto con precetti e principi costituzionali attinenti al merito ed al contenuto delle scelte del legislatore; formula le seguenti eccezioni di incostituzionalita' della norma: 1) violazione dell'art. 81, comma 3, della Costituzione: l'eliminazione dell'istituto del trattenimento in servizio prevista dall'art. 1 del d.l. n. 90 del 2014 comporterebbe una rilevante nuova spesa, quanto meno per l'anticipo dell'erogazione della pensione e dei trattamenti di fine servizio; 2) violazione dell'art. 97 della Costituzione quanto ai profili concernenti la violazione del nuovo parametro di costituzionalita' costituito dal criterio di economicita', introdotto dall'art. 2, comma 1, legge cost. 20 aprile 2012, n. 1; 3) violazione dell'art. 97 della Costituzione quanto ai profili concernenti la violazione dei principi di buon andamento e di efficienza; 4) violazione dell'art. 77, comma 2, della Costituzione: sotto il profilo della evidente insussistenza della necessita' e dell'urgenza stante l'inidoneita' delle misure previste dai primi commi dell'art. 1 del d.l. n. 90 del 2014 a conseguire lo scopo prefigurato del ricambio generazionale; 5) violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto il profilo dell'irragionevolezza; 6) violazione dell'art. 3 della Costituzione: violazione del principio di uguaglianza per avere regolato in modo identico situazioni diverse (omologazione degli avvocati dello Stato con la generalita' dei dipendenti pubblici). 7) violazione dell'art. 3 della Costituzione: violazione del principio di uguaglianza per avere regolato in modo diverso situazioni uguali (diversita' di trattamento per categorie di personale per le quali era egualmente previsto il trattamento in servizio fino al compimento del settantacinquesimo anno di eta'); 8) violazione dell'art. 3 della Costituzione: violazione del principio di uguaglianza per avere regolato in modo diverso le situazioni parificate a ogni effetto giuridico degli avvocati dello Stato e dei magistrati; 9) violazione dell'art. 77 della Costituzione sotto il profilo della mancata adozione di una nuova delibera del Governo sulle modificazioni che sono state introdotte al d.l. dopo il 13 giugno 2014 e prima della sua pubblicazione in G.U.; 10) violazione dell'art. 77 della Costituzione sotto il profilo del ritardo con cui il d.l. n. 90/2014 e' stato portato all'esame delle Camere. 11) violazione dell'art. 77 della Costituzione sotto il profilo della mancanza del requisito dell'urgenza e dell'indifferibilita'; 12) violazione degli artt. 3, 35 e 117 della Costituzione con riferimento anche agli artt. 1, 2 e 6, par. I, direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000, come interpretati dalla Corte di Giustizia dell'UE con sentenza 6 novembre 2011 in causa c. 286/12). Il ricorso, con istanza di sospensione cautelare, e' stato direttamente proposto a questo Consiglio di Stato richiamando gli artt. 11 del d.P.R. n. 1199/1971 e 3, comma 4, della legge n. 205/2000. Con parere n. 721 dell'1l marzo 2015, reso nell'adunanza dello stesso giorno, la Sezione ha espresso il parere: che l'istanza cautelare in ricorso dovesse essere accolta e conseguentemente sospesa l'efficacia del provvedimento impugnato, fino alla data del 1° aprile 2015 (data della presente adunanza); che la Presidenza del Consiglio dei ministri, competente alla relazione di cui all'art. 11 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e al provvedimento cautelare ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge n. 205/2000, fosse da officiare per una relazione contenente documentati elementi sulla istanza cautelare e sul merito del ricorso; che copia del parere e del ricorso straordinario dovesse trasmettersi per quanto di competenza all'Avvocatura generale dello Stato, quale organo deputato alla difesa dell'Amministrazione ed emanante l'atto impugnato; che l'ulteriore trattazione fosse rinviata alla adunanza del 1° aprile 2015. L'Avvocatura generale dello Stato ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri elementi ai fini della relazione a questo Consiglio di Stato. La Presidenza del Consiglio dei ministri, con relazione pervenuta a questo Consiglio di Stato in data 27 marzo 2015, si e' espressa nel senso della totale infondatezza del ricorso e dell'assenza dei presupposti per la sospensione degli atti impugnati, riservandosi di relazionare ulteriormente nel merito una volta esaurita la fase cautelare. Con atto datato 26 marzo 2015 e pervenuto tramite la Presidenza del Consiglio dei ministri in data 27 marzo 2015 il ricorrente ha formulato osservazioni e deduzioni sulla relazione, nonche' motivi aggiunti. In data 30 marzo 2015 il ricorrente ha formulato ulteriori rilievi. All'adunanza odierna questa Sezione, ritenuta in via interinale rilevante e non manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha espresso il parere che l'istanza cautelare proposta debba essere accolta e che per l'effetto in via interinale debba essere sospesa l'efficacia dei provvedimenti impugnati, fino all'adunanza successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, nel corso della quale verra' emesso il parere di definizione della fase cautelare. Considerato. Con parere interinale in sede cautelare la Sezione, sospesa l'efficacia dei provvedimenti impugnati, fino alla adunanza successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, ha richiesto all'Amministrazione competente di provvedere interinalmente sulla domanda di trattenimento in servizio del ricorrente in base al regime precedente l'entrata in vigore della normativa di cui all'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 e dello stesso decreto-legge, convertito con modificazione dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. La Sezione ritiene che la questione di costituzionalita' della norma di cui ai commi 1, 2 e 3 del decreto-legge n. 90 del 2014, come modificato dalla legge di conversione n. 114 del 2014, nella parte in cui ha disposto l'abrogazione dell'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e successive modificazioni, sia rilevante e non manifestamente infondata. La disposizione del menzionato art. 16 prevedeva, al comma 1, la facolta' dell'Amministrazione di trattenere in servizio per un periodo massimo di un biennio il dipendente oltre i limiti di eta' previsti dalla norma applicabile al dipendente stesso, in relazione "alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi». Il comma 1-bis dell'art. 16 in questione prevedeva, attraverso una serie di rinvii, che la facolta' di trattenimento in servizio attribuita all'Amministrazione fosse estesa a cinque anni ("sino al compimento del settantacinquesimo anno di eta'") per i magistrati ordinari e amministrativi, per i magistrati della giustizia militare e per gli avvocati dello Stato. La questione sollevata nel corso della fase cautelare del procedimento per ricorso straordinario, ai sensi dell'art. 13, primo comma, terzo periodo, d.P.R. n. 1199/1971, inserito dall'art. 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69, appare rilevante ai fini dell'emissione del parere. La disposta sospensione temporanea dell'efficacia dei provvedimenti impugnati fondata sul fumus bori imis, in relazione alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale posta dal ricorrente, non ha esaurito la fase cautelare, che riprendera' dopo la conclusione dell'incidente di legittimita' costituzionale, in considerazione della quale tale fase sara' conclusa. Permane quindi il potere della Sezione di sollevare la questione di legittimita' costituzionale. I provvedimenti impugnati sono espressamente fondati sulle disposizioni di cui all'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, come convertito in legge, che rilevano in quanto abrogratrici della facolta' dell'Amministrazione di trattenimento in servizio dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici (comma 1) e, in via subordinata, in quanto hanno disciplinato i trattenimenti in servizio degli avvocati dello Stato nell'ambito della generalita' dei dipendenti e non nell'ambito delle categorie di personale di cui all'art. 1 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (comma 3). La questione di costituzionalita' proposta viene sollevata in riferimento a vizi del procedimento (art. 77 Cost,), alla violazione dell'art 81 Cost., e dei principi di economicita' (art. 97, primo comma Cost.) di buon andamento e imparzialita' dell'Amministrazione, di eguaglianza (artt. 97 e 3 Cost.) sotto diversi profili, e infine per violazione degli artt. 3, 35 e 117 della Costituzione, con riferimento agli artt. 1, 2 e 6 direttiva 2000/78/CE. La questione di costituzionalita' della normativa sopra richiamata, posta con riferimento alla norma di cui all'art. 81, terzo comma, Cost. non e' manifestamente infondata. L'art. l del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni con la legge 11 agosto 2014, n. 114, sembra porsi in contrasto con gli artt. 81, terzo comma, 97 e 3 Cost. Va premesso che il legislatore ha ritenuto che il rinvio del collocamento a riposo, oggetto di abrogazione da parte della normativa della cui costituzionalita' si dubita fosse funzionale alle misure di contenimento della spesa pubblica (Corte cost. n. 83/2013). La Sezione osserva, quindi, che l'eliminazione dell'istituto del trattenimento in servizio, come introdotta dall'art. 1, comma 1, del di n. 90 del 2014, comporta maggiori spese per l'anticipo dell'erogazione della pensione e dei trattamenti di fine servizio rispetto a quelli originariamente calcolati dal Governo e riportati al comma 6 dell'art. 1 del decreto-legge: "6. All'onere derivante dal presente articolo pari a 2,6 milioni per l'anno 2014, 75,2 milioni per l'anno 2015, 113,4 milioni per l'anno 2017 e 152,9 milioni a decorrere dall'anno 2018, si provvede con le seguenti modalita':". Siffatta determinazione quantitativa e' rimasta invariata anche nel testo convertito, nonostante le modificazioni introdotte dalla legge di conversione abbiano significativamente ampliato le categorie di dipendenti pubblici a cui si applica la specifica disciplina. In particolare, in sede di conversione: a) e' stata modificata, per quanto concerne gli avvocati dello Stato, l'originaria previsione contenuta nel comma 3, che faceva espressamente "salvi sino al 31 dicembre 2015" anche "i trattenimenti in servizio... degli avvocati dello Stato", prevedendo anche per questi ultimi che "i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del ... decreto» - legge dovessero cessare il 31 ottobre 2014; b) e' stato inserito nel testo originario dell'art. 1 il comma 3-bis, con il quale la data di cessazione dei trattenimenti in servizio del personale della scuola e' stata ulteriormente anticipata al 31 agosto 2014 (rispetto alla data comune del 31 ottobre 2014 prevista per tutti i dipendenti dal comma 2 dell'art. 1: data quest'ultima che, con specifico riguardo al personale della scuola, era destinata, a sua volta, ad essere differita alla fine dell'anno scolastico - vale a dire al 31 agosto 2015 - in funzione di specifica regola propria dell'organizzazione scolastica dettata a salvaguardia del principio di continuita' didattica); c) e' stato soppresso l'originario comma 4 dell'art. 1, che al fine di garantire l'efficienza e l'operativita' del sistema di difesa e sicurezza nazionale manteneva ferma sino al 31 dicembre 2015 la disciplina dei richiami in servizio di cui agli artt. 992 e 993 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66; d) e' stato riscritto comma 5: rispetto al testo iniziale le modifiche introdotte provvedono a stabilizzare la facolta', per le PP.AA., di addivenire alla risoluzione anticipata del rapporto di lavoro o del contratto, estendendo tale facolta' di risoluzione anticipata anche ai soggetti che abbiano beneficiato dell'art. 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (riammissione in servizio dopo la sospensione a seguito di procedimento penale conclusosi con sentenza di proscioglimento). Nonostante l'introduzione di siffatte rilevanti modifiche comportanti maggiori spese, il testo dell'originario comma 6 dell'art. 1 e' rimasto invariato, sicche' puo' dubitarsi della violazione della norma di cui all'art. 81, terzo comma, Cost., come sostituito dall'art. 1, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che recita "Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte". Giova in proposito ricordare che, in vigenza del testo originario dell'art. 81 Cost. secondo il quale "ogni altra [altra rispetto alla legge di bilancio] legge che importi maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte", la giurisprudenza costituzionale sin dalla sentenza n. 1/1966 ha affermato che "l'obbligo della copertura deve essere osservato dal legislatore ordinario anche nei confronti di spese nuove o maggiori che la legge prevede siano inserite negli stati di previsione della spesa per gli esercizi futuri». Il contenuto di detto obbligo e' stato ulteriormente chiarito dalla Corte costituzionale, precisando che la copertura finanziaria deve essere indicata in maniera "credibile" (sentenze nn. 115 e 214 del 2012 e 28 del 2013), che non puo' essere assoggettata a copertura un'entita' indefinita (sentenza n. 181 del 2013) e che, in presenza di disposizioni che comportano un onere, la cui esistenza «si desume dall'oggetto della legge e dal contenuto di essa", l'incapienza dei pertinenti stanziamenti di bilancio determina la conseguente illegittimita' delle stesse per contrasto con l'art. 81, quarto comma, Cost. (testo originario). Piu' di recente, la Corte costituzionale, nell'esercizio del controllo successivo di leggi di spesa, ha affermato che "il principio di analitica copertura finanziaria - espresso dall'art. 81, quarto comma, Cost., e ora sostanzialmente riprodotto nell'art. 81, terzo comma, Cost., come formulato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, e previsto dall'art. 17 della legge n. 196 del 2009 - ha natura di precetto sostanziale, cosicche' ogni disposizione che comporta conseguenze finanziarie di carattere positivo o negativo deve essere corredata da un'apposita istruttoria e successiva allegazione degli effetti previsti e della relativa compatibilita' con le risorse disponibili. Nel caso di norme a regime ..., (come quelle di specie), tali operazioni devono essere riferite sia all'esercizio di competenza che a quelli successivi in cui le norme esplicheranno effetti" (sentenza n. 224 del 2014). E' bene qui rammentare il contenuto prescrittivo del citato art. 17, comma 7, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 richiamato dal Giudice delle leggi: ivi e' stabilito che "7. Per le disposizioni legislative in materia pensionistica e di pubblico impiego, la relazione di cui al comma 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiati e al comparto di riferimento. Per le disposizioni legislative in materia di pubblico impiego, la relazione contiene i dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e indiretti che ne conseguono fino alla loro completa attuazione, nonche' sulle loro correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili.». Il menzionato comma 3 dello stesso art. 17, a sua volta, prescrive che «3.... i disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati di una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle finanze, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonche' delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Alla relazione tecnica e' allegato un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari di ciascuna disposizione ai fini del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, del saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e dell'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni. Nella relazione sono indicati i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme di cui ai regolamenti parlamentari, nonche' il raccordo con le previsioni tendenziali del bilancio dello Stato, del conto consolidato di cassa e del conto economico delle amministrazioni pubbliche, contenute nel DEE ed eventuali successivi aggiornamenti.». Detta relazione - ai sensi del comma 4 - deve anche evidenziare gli effetti di ciascuna disposizione sugli andamenti tendenziali del saldo di cassa e dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per la verifica del rispetto degli equilibri di finanza pubblica, indicando altresi' i criteri per la loro quantificazione e compensazione nell'ambito della stessa copertura finanziaria. La Corte costituzionale - da ultimo con la citata sentenza n. 224 del 2014 - ha chiarito da tempo che l'art. 17 della legge n. 196 del 2009 esplicita gli specifici adempimenti con cui deve essere concretamente attuato il principio di analitica copertura finanziaria posto dall'art. 81 Cost., sicche' le prescrizioni poste dal suddetto art. 17 costituiscono indicatori puntuali e parametri utili di riferimento per verificare il rispetto dello stesso art. 81 Cost. Anche nella sentenza n. 26 del 2013 il Giudice delle leggi ha ribadito con specifico riferimento alle disposizioni "in materia pensionistica" la necessita' che esse siano "accompagnate da un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari, e non semplicemente da una stima apodittica dei conseguenti oneri.» (nel senso, sentenze nn. 9 del 1958, 16 del 1961, 19 del 1970, 331 del 1988, 26 e 384 del 1991, 25 del 1993, 446 del 1994, 359 del 2007, 213 e 386 del 2008, 70 del 2012). E' certo che le disposizioni recate dall'art. 1 del d.l. n. 90 del 2014 riguardino la materia "pensionistica e di pubblico impiego"; pertanto, l'introduzione di esse imponeva l'adozione di tutti gli indicati adempimenti e la formulazione di specifica relazione conforme a quanto prescritto dal richiamato art. 17, comma 3, della legge n. 196 del 2009. Sennonche', l'omissione dei suddetti adempimenti risulta confermata dalla Nota di lettura n. 57, redatta dal Servizio del bilancio del Senato, dedicata all'art. 1 del d.l. 90 del 2014 e nella quale si rileva quanto segue: a) la relazione tecnica governativa da' atto che "Dal complesso delle disposizioni" concernenti l'abrogazione dell'istituto del mantenimento in servizio "derivano maggiori oneri previdenziali per anticipo dell' erogazione della pensione e dei trattamenti di fine servizio; b) la quantificazione di tale maggiore spesa, contenuta nel comma 6 dell'art. 1, e' stata effettuata "Sulla base di dati desunti dal conto annuale (2012)" dal quale "risultano in corso trattenimenti in servigio per circa 1.200 soggetti di cui circa 660 relativi al compatto della magistratura": - si tratta, pertanto, di quantificazione non aggiornata al 2014, che non tiene conto dell'effettivo numero dei soggetti coinvolti dalle nuove disposizioni, sicche' la spesa risulta determinata con margini rilevanti di approssimazione per difetto; c) le previsioni di spesa riferite nel prospetto allegato alla relazione tecnica governativa e poi riprodotte nel comma 6 dell'art. 1 - riguardano solo il quinquennio 2014-2018, nonostante nella stessa relazione si riconosca e si dia atto che gli oneri in questione sussistono anche per gli anni successivi, sicche' risulta non assolto l'obbligo di indicare le proiezioni finanziarie, almeno decennali; d) l'anticipazione al 31 agosto 2014 dell'abrogazione dell'istituto del mantenimento in servizio, introdotta in sede parlamentare con riguardo al personale scolastico, che secondo il Governo "non comporta alcun effetto finanziario", non e' condivisibile alla stregua della previsione originaria (che non differenziava detto personale rispetto alla generalita' dei dipendenti), in quanto la cessazione dal servizio avrebbe avuto effetti - per il principio della continuita' didattica - non gia' il 31 agosto 2014 (come ora previsto), bensi' il 31 agosto 2015 (o, in tesi alternativa restrittiva, il 31 ottobre 2014); e) la tesi della neutralita' finanziaria delle modifiche riguardanti gli avvocati dello Stato, che secondo il Governo sarebbe "compensata" dal differimento al 31 dicembre 2015 del collocamento a riposo del gruppo di magistrati i cui provvedimenti di mantenimento in servizio non si erano ancora perfezionati, non e' sostenuta da elementi a supporto, anche nella considerazione che "[1] a diversa estensione delle platee in questione non induce a ritenere prudenziale una valutazione di neutralita' finanziaria delle modifiche apportate", tanto piu' che "in merito alla maggiore spesa pensionistica e a quella relativa all'anticipo del TFS ... si dovrebbero acquisire i dati relativi all'anticipo medio del pensionamento rispetto a quanto previsto a legislazione vigente e all'importo medio del trattamento pensionistico ..., nonche' del TFS stesso"; f) il mancato computo delle ulteriori spese derivanti dall'anticipazione al 31 ottobre 2014 della cessazione della disciplina per i richiami, di cui agli artt. 992 e 993 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, indotta dalla soppressione dell'originario comma 4 dell'art. 1 del d.l. n. 90 del 2014, che manteneva ferma fino al 31 dicembre 2015 la disciplina del trattenimento in servizio; g) l'assenza di qualsiasi indicazione della copertura finanziaria, dopo la riscrittura del comma 5 dell'art. 1, che disciplina la facolta' di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro o del contratto individuale anche del personale dirigenziale. Nella nota di lettura del Sevizio bilancio del Senato si rileva ancora che «parte delle coperture degli oneri (tutti di parte corrente) e' rappresentata da risorse in conto capitale, come peraltro riconosciuto dallo stesso Governo ... e che, nelle more del conseguimento dei risparmi derivanti dalla spending review, l'accantonamento di ulteriori somme a valere sugli stanziamenti delle amministrazioni centrali dello Stato potrebbe, alla luce del succedersi di interventi analoghi, pregiudicare la funzionalita' delle medesime amministrazioni, ovvero riflettersi negli esercizi successivi determinando fenomeni di rimbalzo negli impegni sulle linee di finanziamento incise dalla norma". Alla luce delle suestese considerazioni non appare manifestamente infondata l'eccezione di violazione del precetto posto dall'art. 81, terzo comma, Cost., in ottemperanza al quale i soggetti contitolari delle decisioni politiche, Governo e Parlamento, sono tenuti alla verifica sull'esatta quantificazione e sulla credibile copertura degli oneri finanziari che derivano dagli atti legislativi. Si tratta, peraltro, di adempimenti che assumono rilievo ai fini della giustiziabilita' costituzionale delle leggi anche nel quadro della novella del 2012, che nella riformulazione dell'art. 81 Cost. ha introdotto il concetto di equilibrio di bilancio, legato all'andamento del ciclo economico, che e' cosa diversa dal pareggio formale della spesa e dell'entrata. A siffatta conclusione sul sindacato costituzionale inducono alcuni principi ricavabili dalla sentenza n. 81 del 2012 della Corte costituzionale in materia di insindacabilita' degli atti politici. Nella pronuncia, pur affermandosi che l'esistenza di spazi riservati alla scelta politica e' condivisibile e suffragata da elementi di diritto positivo, si aggiunge che "gli spazi della discrezionalita' politica trovano i loro confini nei principi di natura giuridica posti dall'ordinamento, tanto a livello costituzionale, quanto a livello legislativo; e quando il legislatore predetermina canoni di legalita', ad essi la politica deve attenersi in ossequio ai fondamentali principi dello Stato di diritto». Appaiono parimenti non manifestamente infondate e rilevanti ai fini della decisione del ricorso le ulteriori censure del ricorrente, nella parte in cui deduce l'illegittimita' dell'art. l del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 per violazione dell'art. 97 Cost. sotto il profilo del parametro di costituzionalita', costituito dal criterio di "economicita'" introdotto dalla legge costituzionale n. 1 del 2012. Infatti, l'art. 2 di detta legge, in vigore dal 1° gennaio 2014, stabilisce che: "All'art. 97 della Costituzione, al primo comma e' premesso il seguente: «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibili del debito pubblico»". La novella recepisce in Costituzione il criterio di economicita', gia' vigente nell'ordinamento a norma dell'art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990, e pone quindi un vincolo ineludibile soprattutto sulla capacita' e sulla condizione della spesa delle Amministrazioni pubbliche, i cui esborsi non possono quindi eccedere le risorse effettivamente disponibili. Posto che i vincoli discendenti da tale nuova disciplina costituzionale riguardano anche le scelte legislative in tema di organizzazione delle amministrazioni pubbliche, dovendo tali scelte privilegiare e favorire il criterio di "economicita'", il ricorrente deduce che il raffronto tra i costi del trattenimento in servizio e i risparmi da destinare alle assunzioni - su cui si sofferma il Governo nella relazione che accompagna il decreto-legge - evidenzia la violazione del suddetto criterio costituzionalmente rilevante. A sostegno richiama la nota di lettura n. 57 del Servizio bilancio del Senato, nella quale si osserva che l'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio comporta una rilevante spesa ("maggiori oneri previdenziali per anticipo dell'erogazione della pensione e dei trattamenti di fine servizio") destinata a protrarsi nel tempo e che, ove si mantenesse il trattenimento in servizio, consentirebbe ogni anno rilevanti risparmi che ben potrebbero "alimentare il budget spendibile per nuove assunzioni". In particolare, la tabella riportata nella parte della suddetta nota di lettura, dedicata all'analisi dell'art. 1 del decreto-legge n. 90 del 2014, evidenzia che, nel raffronto tra maggiori costi per pensioni e per trattamento di fine servizio e risparmi per spese correnti stipendiali conseguenti all'abrogazione del trattenimento in servizio, emergono non gia' "risparmi da cessazione" che liberino somme spendibili per nuove assunzioni, bensi' un consistente disavanzo passivo per l'erario, pari a complessivi 467,3 milioni di euro netti (di cui 2,6 per il 2014, 75,2 per il 2015, 113,4 per il 2016, 123,2 per il 2017 e 152,9 per il 2018). A tale aggravio per la finanza pubblica deve aggiungersi il mancato introito dei contributi previdenziali dei dipendenti interessati al trattenimento in servizio, i cui versamenti non sarebbero utili ad incrementare la loro posizione pensionistica avendo quasi tutti gia' raggiunto il massimo conseguibile. L'eccezione di costituzionalita' della normativa primaria sopra richiamata non e' manifestamente infondata, in relazione alla denunciata violazione dell'art. 97, secondo comma, Cost. con riferimento ai principi di buon andamento e di efficienza, posti a tutela dell'interesse pubblico. La scelta governativa in sede di emanazione del decreto-legge ed il Parlamento in sede di conversione in legge di abrogare l'istituto del trattenimento in servizio, - di abrogare cioe' "la facolta' della Amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale del dipendente in determinati e specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi" -comporta il risultato pratico di privare le amministrazioni di risorse umane peculiari non facilmente rinvenibili nei tempi immediati, allo solo scopo di favorire il ricambio generazionale. Nella relazione governativa che accompagna il decreto-legge si precisa che la disciplina dettata nei primi commi dell'art. 1 il cui titolo e' "(d)isposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni" "e' finalizzata a favorire il ricambio generazionale"; nella stessa relazione il Governo individua le cause del mancato ricambio generazionale nel "blocco delle assunzioni" indotto dalla disciplina del turn over e nella "crisi del sistema economico nel suo complesso". A fronte di tale diagnosi, coerenza logica imponeva che si introducessero norme volte ad incidere direttamente sulle indicate cause, senza porre contemporaneamente a rischio le "esigenze organizzative e funzionali" e "l'efficiente andamento dei servizi" che sono valori che trovano protezione nei principi di buon andamento e di efficienza di cui all'art. 97 Cost. La norma non e' accompagnata dall'intento di avviare subito le procedure concorsuali per coprire i posti vacanti e gia' immediatamente ricopribili; risulta che, per quanto qui rileva, presso l'Avvocatura dello Stato vi e' un enorme vuoto negli organici, formatosi prima dell'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio, e che poteva e puo' essere coperto indicendo i relativi concorsi. E, anche a volere tenere ferma la scelta di utilizzare per i concorsi i posti del personale trattenuto in servizio, la sua attuazione poteva essere effettuata con modalita' improntate ad una graduazione degli effetti, da non compromettere i principi di cui all'art. 97 della Costituzione. Era ed e' sufficiente prevedere dei meccanismi in base ai quali il collocamento a riposo del personale trattenuto avvenga contestualmente alle nuove assunzioni dei vincitori all'esito dei relativi concorsi. (Una simile soluzione avrebbe assicurato: a) ai giovani la possibilita' di partecipare ai concorsi per nuovi posti; b) alle amministrazioni, nelle more dello svolgimento dei concorsi, il mantenimento delle risorse necessarie a garantire le 'esigenze organizzative e funzionali' e l'efficiente andamento dei servizi; c) al personale trattenuto in servizio una graduazione ed uno scaglionamento nel tempo del collocamento a riposo, con conseguente possibilita' di programmare la loro vita). La violazione dei canoni di buon andamento e di efficienza appare evidente con riferimento agli avvocati dello Stato evidenziando che per tale categoria di dipendenti la norma fissa al 31 ottobre 2014 la data di cessazione del trattenimento in servizio, compromettendone seriamente le sue funzioni. L'allontanamento dal servizio di tali unita' di personale, disposto senza possibilita' di sostituzione in tempi ragionevoli, appare incidere negativamente sull'efficiente andamento dei servizi dell'Avvocatura dello Stato e si pone contro le "esigenze organizzative e funzionali" di essa. L'esigenza di prevedere forme di graduazione si imponeva anche in base alla considerazione aggiuntiva che - a differenza di quanto previsto per la generalita' dei settori del pubblico impiego - la durata del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato (e per i magistrati) non era di due anni, ma di 5 anni. Ritiene la Sezione che la questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata sotto il profilo della drastica riduzione del periodo di trattenimento in servizio, operata soltanto in sede di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, rispetto a quanto disposto dal decreto-legge stesso, in quanto, per la categoria degli Avvocati dello Stato, per i quali la durata del trattenimento in servizio era di 5 anni, prevede un termine particolarmente drastico, senza preavviso, intervenendo su situazioni sostanziali, fondate su leggi precedenti e provvedimenti gia' emanati ed efficaci, cancellando l'affidamento dei dipendenti nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (Corte Cost n. 83/2013, 166/2012, 302/2010, 236 e 206 del 2009). L'avvertita esigenza di garantire un ricambio generazionale, che certamente rientra nella discrezionalita' del legislatore, riscontra un palese contrasto fra l'obiettivo dichiarato ed il contenuto della norma, in quanto la drastica riduzione del periodo di permanenza in servizio, fino al 31 ottobre 2014, avvenuto in agosto, non consente neppure di avviare la procedura concorsuale di reclutamento dei nuovi avvocati dello Stato, visti i tempi tecnici ed amministrativi necessari, che del resto ad oggi non risulta essere avvenuta. La Corte costituzionale ha gia' avuto modo di affermare, con le sentenze n. 103 del 2007 e n. 81 del 5 marzo 2010, che la previsione di una cessazione automatica, ex lege e generalizzata, degli incarichi dirigenziali "interni" di livello generale viola, in carenza di idonee garanzie procedimentali, i principi costituzionali di buon andamento e imparzialita' e, in particolare, «il principio di continuita' dell'azione amministrativa che e' strettamente correlato a quello di buon andamento dell'azione stessa». Il rapporto di lavoro instaurato con l'Amministrazione deve essere connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in modo tale da assicurare la tendenziale continuita' dell'azione amministrativa. I principi costituzionali di buon andamento e imparzialita' e, in particolare, anche il principio di continuita' dell'azione amministrativa che e' strettamente correlato a quello di buon andamento dell'azione stessa, vincolano, seppure si intende concretizzare l'avvertita esigenza di garantire un ricambio generazionale, anche il legislatore che deve assicurare idonee garanzie, prevedibili anche nel tempo, per garantire la copertura delle negative ripercussioni che potrebbero derivare sul principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione, provocati dall'imprevisto anticipato collocamento a riposo di personale che doveva restare ancora per cinque anni; cio', considerando i tempi tecnici non brevi di esperimento delle procedure concorsuali per la copertura delle vacanze. I riflessi negativi si aggravano in presenza delle mancanze di copertura dei posti a causa del blocco delle assunzioni e in presenza delle vacanze gia' rilevanti, che subiranno irrimediabilmente un aumento. La Sezione dubita, quindi, per quanto riguarda gli avvocati dello Stato, che l'obiettivo del ricambio generazionale sia stato bilanciato con l'esigenza di buon andamento e di efficienza della Amministrazione di cui all'art. 97 Cost., di mantenere in servizio avvocati dello Stato i quali, per la particolare esperienza acquisita in specifici ambiti e in relazione a specifiche situazioni, garantivano una efficiente difesa degli interessi di parte pubblica in procedimenti contenziosi. Anche con riferimento all'art. 3 della Costituzione, in relazione ai diversi profili indicati dal ricorrente (numeri 5, 6, 7 e 8 della premessa), la Sezione ritiene non sia manifestamente infondata la questione di costituzionalita' della norma di cui all'art. 1, commi 1, 2 e 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge con modificazioni n. 114 del 2014, per quanto attiene al trattenimento in servizio degli avvocati dello Stato. Per quanto concerne il profilo della ragionevolezza, gia' preso in considerazione in connessione con l'esigenza di buon andamento ed efficienza della Amministrazione di cui all'art. 97, secondo comma, Cost., puo' dubitarsi che la normativa in esame, dichiaratamente volta a favorire il ricambio generazionale nelle pubbliche Amministrazioni sia coerente con la norma di cui all'art. 3 dello stesso d.l. n. 90 del 2014, come convertito con modificazioni dalla legge n. 114 del 2014. Tale disposizione mantiene la disciplina del turn over, il blocco delle assunzioni e la disciplina delle necessita' della autorizzazione per le assunzioni di cui all'art. 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (irragionevolezza per contraddittorieta'). Anche sotto i profili indicati sub 6, 7 ed 8 della premessa la eccezione di incostituzionalita' della normativa in questione per contrasto con l'art. 3 Cost. non appare manifestamente infondata. Appare infatti ingiustificata l'eguaglianza di trattamento fra gli avvocati dello Stato, il cui trattenimento in servizio era previsto per cinque anni oltre il limite di eta' previsto per il collocamento a riposo, e la generalita' dei dipendenti pubblici per i quali il trattenimento era previsto per 2 anni. Tale differenza meritava un trattamento differenziato, in particolare, come si e' sopra rilevato, in relazione al buon andamento e all'efficienza della Pubblica Amministrazione, perche' in percentuale il numero dei dipendenti che cessano dal servizio varia in modo notevole fra le generalita' dei dipendenti e gli avvocati dello Stato. Cosi' appare ingiustificata la diversita' di trattamento fra gli avvocati dello Stato e i magistrati. Per tali categorie di dipendenti era infatti prevista una identica durata di cinque anni del trattenimento in servizio oltre il limite per il collocamento a riposo. La legislazione recente tende infatti a parificare ove non vi sia una ragione ostativa, gli statuti delle magistrature e quello degli avvocati dello Stato (art. 6-bis, comma 4, della legge 26 febbraio 2004 n. 45; art. 16, comma 2, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162). La ragione della equiparazione sta nella posizione di attori pubblici del Foro di entrambe le categorie dei magistrati e degli avvocati, nelle garanzie, che al di la' delle differenze di ruoli, sono egualmente necessarie per soggetti che esercitano la delicata e fondamentale funzione di interpretazione delle fonti normative. Ebbene, la Sezione non individua una sola buona ragione che possa portare al consenso e alla accettabilita' della differenza di trattamento operata in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014 fra magistrati e avvocati dello Stato. Tale differenziazione, che appare violare il precetto di cui all'art. 3 Cost., in quanto ingiustificata, viene quindi ad inserire un elemento di frattura nel sistema normativo del Foro, con conseguenze negative sull'ordinamento generale. La Sezione ritiene infine manifestamente infondate le eccezioni di incostituzionalita' di cui ai punti 4, 9, 10, 11 e 12 della premessa. Cio' rispettivamente in quanto: l'esistenza della necessita' ed urgenza e' da valutare in relazione ai bisogni dell'ordinamento nazionale generale e tale valutazione e' stata effettuata dal Parlamento (punti 4 e 11); non e' provato il mutamento fra il testo del decreto-legge come approvato dal Consiglio dei ministri e come pubblicato e non sono emersi elementi che possano escludere la piena riferibilita' al Governo di tale decreto legge (punto 9); il ritardo di alcuni giorni con cui il decreto e' stato portato all'esame delle Camere non prova la assenza dell'urgenza e necessita' (punto 10); la disposizione specificamente esaminata ha inciso sul trattenimento in servizio oltre il limite di eta' per il collocamento a riposo e non sul periodo di servizio previsto in via ordinaria cui fa riferimento l'eccezione riportata al punto 12.
P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede consultiva, Sezione Prima, non definitivamente pronunciando sul ricorso straordinario come in epigrafe proposto: 1) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modifiche in legge 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui la medesima, abrogando l'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, dispone al 31 ottobre 2014 la cessazione del trattenimento in servizio oltre il limite di eta' degli avvocati dello Stato e, subordinatamente, nella parte in cui non fissa la data di cessazione del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato al 31 dicembre 2015, cosi come previsto per i magistrati, in riferimento agli artt. 3, 81 e 97 della Costituzione. 2) dispone la sospensione del richiesto parere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone altresi' che a cura della segreteria della Sezione, il presente provvedimento sia notificato al ricorrente, all'Avvocatura Generale dello Stato, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Il Presidente: Barbagallo L'estensorere: Zelger Il segretario: Allegrini