N. 147 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 marzo 2015
Ordinanza del 17 marzo 2015 emessa dalla Corte dei conti - Sez. giurisdizionale per la Regione Marche sul ricorso proposto da Pagani Riccardo contro INPS. Previdenza e assistenza - Cumulo tra pensione e reddito di lavoro - Applicabilita' del cumulo integrale in caso di cumulo tra pensione privilegiata ordinaria diretta ex art. 67, comma 4, del d.P.R. n. 1092/1973 - Mancata previsione in ragione della equiparazione della pensione privilegiata alla pensione di invalidita' - Violazione del principio di uguaglianza per ingiustificato deteriore trattamento del titolare di pensione privilegiata rispetto al titolare di pensione di anzianita'. - Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 72, comma 2; decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, art. 19. - Costituzione, art. 3.(GU n.33 del 19-8-2015 )
CORTE DEI CONTI Sezione Giurisdizionale Regionale per le Marche Nella persona del Giudice Unico nella materia pensionistica Cons. Giuseppe De Rosa ha pronunciato la seguente, Ordinanza sul ricorso iscritto al n. 21743/PM del Registro di Segreteria presentato il 30 settembre 2014 dal sig. Pagani Riccardo, nato a Premosello Chiovenda (VB) il 23 dicembre 1950 ed elettivamente domiciliato ad Ancona in via Menicucci n. 1, presso lo studio dell'Avvocato Corrado Curzi dai quale e' rappresentato e difeso. Nei confronti dell'INPS, la nota provvedimento n. 121294/FF del 26 maggio 2014 della Direzione Provinciale di Ancona Pensioni dipendenti PP.AA. Uditi, nella pubblica udienza del giorno 19 dicembre 2014, l'Avvocato Corrado Curzi, per il ricorrente, e l'Avvocato Italo Pierdominici per l'INPS. Visti gli altri atti e documenti tutti di causa. Fatto Con il ricorso all'esame il ricorrente - Generale dell'Arma dei Carabinieri cessato dal servizio con 37 anni di anzianita' contributiva in data 9 agosto 2000, per riforma conseguente a infermita' dipendenti dal servizio (determinanti l'attribuzione della pensione ordinata privilegiata) - impugnava la nota provvedimento n. 121294/FF del 26 maggio 2014 dell'INPS, Direzione Provinciale di Ancona Pensioni dipendenti PP.AA., con la quale l'Istituto previdenziale: accertava un indebito di euro di 199.000,76 relativamente al periodo dal 1° gennaio 2001 al 30 giugno 2014, in applicazione della sentenza n. 700 del 24 ottobre 2013 della Sezione Terza d'appello della Corte dei conti, statuente l'applicabilita' della disciplina di cumulabilita' parziale tra le "pensioni d'anzianita'" e i redditi da lavori autonomo (nel caso, percepiti nell'ambito dell'esercizio della professione forense svolta a far data 27 novembre 2000); disponeva la refusione delle predette somme entro trenta giorni dal ricevimento della nota stessa, salvo rateizzazione - previa domanda - valutabile in base a criteri obiettivi di solvibilita'; applicava, con decorrenza dalla rata del mese di luglio 2014, sulla pensione n. 16078337: sia la ritenuta cautelativa di euro 375,26 (pari a 1/5 della stessa), sia la ritenuta in via continuativa per prestazione opera retribuita di euro 1.315,48. Risulta dagli atti che: l'INPDAP, con nota prot. 317121/NOV del 17 ottobre 2004, accertava nei confronti del ricorrente un debito di euro 5.601,69 per asserita incumulabilita' tra il reddito di lavoro autonomo (professione forense dal 27 novembre 2000, data d'iscrizione all'Albo degli Avvocati della provincia di Ancona) e la pensione privilegiata ordinaria del ricorrente - relativamente al periodo dal 1° luglio 2004 al 30 novembre 2004 - provvedendo pertanto al recupero di somme ritenute non spettanti al pensionato; cio' con riferimento ai limiti di cumulabilita' parziale dettati dall'art. 59, comma 4, della legge n. 449 del 1997: trattenuta del 50% della quota eccedente il trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, fino alla concorrenza dei redditi da lavoro autonomo per i periodi antecedenti alla data del 1° gennaio 2001 e, successivamente, cumulabilita' del trattamento pensionistico nella misura del 70 per cento, con trattenute in ogni caso non superiori al valore pari al 30% dei redditi da lavoro autonomo; avverso il predetto provvedimento di recupero l'interessato presentava ricorso innanzi a questa Sezione giurisdizionale sostenendo non applicabile, alla pensione di privilegio in godimento (qualificata di natura "risarcitoria"), la disciplina dell'incumulabilita' prevista per i trattamenti pensionistici previdenziali e i redditi da lavoro autonomo; con sentenza n. 170 del 18 maggio 2009 di questa Sezione giurisdizionale il ricorso veniva accolto affermandosi estensibile alle pensioni d'invalidita' la deroga prevista dall'art. 10, comma 8, del decreto legislativo n. 503 del 1992 (escludente dall'incumulabilita' predetta le pensioni di vecchiaia); cio' al fine di non penalizzare chi, proprio malgrado e contro la propria volonta', costretto a cessare anticipatamente da un rapporto di lavoro; l'Istituto previdenziale veniva condannato alla restituzione delle somme gia' recuperate, maggiorate degli accessori di legge; avverso la sentenza di primo grado proponeva appello l'INPDAP, censurando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 59, della legge n. 449 del 1997 come modificato dall'art. 72 della legge n. 388 del 2000; nelle more della decisione d'appello, in applicazione della sentenza di primo grado, l'Istituto previdenziale restituiva le somme gia' recuperate e ripristinava l'erogazione al pensionato del trattamento di privilegio nell'intero importo; con sentenza n. 700 del 24 ottobre 2013, la Sezione Terza Centrale accoglieva l'impugnazione dell'Istituto previdenziale: "Stante il chiaro disposto della predetta disposizione di legge (n.d.r.: l'articolo 59, comma 14, della legge n. 449 del 1997), pertanto, l'applicabilita' della previgente disciplina piu' favorevole e' limitata ai trattamenti gia' liquidati alla data di entrata in vigore della norma (1° gennaio 1998)"; l'INPS, succeduto all'INPDAP nell'originario rapporto col pensionato, procedeva all'applicazione della sentenza n. 700 del 24 ottobre 2013 della Sezione d'appello con la nota provvedimento impugnata col ricorso all'esame. Nell'odierna sede giurisdizionale il ricorrente censurava ovvero argomentava che: il giudicato concernente la sentenza d'appello piu' volte citata afferiva unicamente all'affermata incumulabilita' sussistente tra il trattamento pensionistico di privilegio e i redditi da lavoro autonomo esclusivamente riferita al periodo dal 1° luglio 2004 al 30 novembre 2004; permaneva pertanto il giudicato della decisione di primo grado con riferimento alle statuizioni non impugnate concernenti: la ritenuta cautelativa mensile di euro 575,54 (pari a 1/5 della pensione); la ritenuta continuativa di euro 1.162,51; il cumulo tra pensione privilegiata e reddito da lavoro autonomo per il periodo anteriore e successivo a quello dal 1° luglio 2004 al 30 novembre 2004; risultavano in fattispecie pienamente cumulabili tutti i redditi in argomento, ai sensi dell'art. 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973, in ragione della natura "risarcitoria" della pensione privilegiata (n.d.r.: argomentazioni gia' formulate nell'ambito del giudizio esitato con la sentenza n. 170 del 2009 di questa Sezione, al riguardo pertanto richiamata nell'odierno ricorso giurisdizionale, nonche' ivi ulteriormente sviluppate); tanto piu' che se il ricorrente fosse andato volontariamente in quiescenza alla data di cessazione per inabilita', avrebbe avuto diritto alla pensione ordinaria maturata sulla base di 37 anni di servizio, in regime di piena cumulabilita' con i redditi professionali; l'art. 19 della legge n. 133 del 2008 aveva abolito il divieto di cumulo, con i redditi da lavoro, per le pensioni di anzianita' liquidate con sistema di calcolo retributivo; in proposito si motivava per la natura "retributiva" della pensione privilegiata in argomento (commisurata al trattamento ordinario aumentato di un decimo), con la conseguenza dell'illegittimita' delle richieste restitutorie relative al periodo dal 1° gennaio 2009 in poi; esclusa in fattispecie la sussistenza d'un giudicato favorevole all'Istituto previdenziale relativo all'intero periodo preso a riferimento nell'impugnato atto (dal 1° gennaio 2001 al 30 giugno 2014), non risultava mai pervenuta dall'Istituto previdenziale alcuna richiesta per la refusione del debito relativo al periodo dal 9 agosto 2000 al 1° luglio 2004 nonche' dal 30 novembre 2004 all'11 settembre 2014; dovendosi pertanto applicare la prescrizione quinquennale alle pretese dell'INPS con l'inibizione del recupero per tutti i ratei eventualmente non spettanti percepiti dal pensionato anteriormente alla data dell'11 settembre 2009; rilevava nel concreto il dato della provvisorieta' del trattamento pensionistico dal 9 agosto 2000 al 30 giugno 2004, nel cui arco temporale non veniva avanzata dall'Istituto previdenziale alcuna richiesta "risarcitoria" (rif.: Corte dei conti, Sezione Lazio n. 517 del 2012; in tema d'indebito formatosi sul trattamento pensionistico provvisorio); con la conseguenza della "illegittimita' dell'azione di recupero afferente il periodo (2000/2014) intollerabilmente esteso". Nel ricorso si concludeva: per l'annullamento dei provvedimenti dell'INPS disponenti il recupero delle somme erogate e la ritenuta provvisoria, previa dichiarazione del diritto del ricorrente al cumulo della pensione privilegiata ordinaria con il reddito da lavoro autonomo, "oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal di' della mancata erogazione del saldo". Con memoria depositata il 7 ottobre 2014 si costituiva in giudizio l'INPS sostanzialmente argomentando ovvero eccependo quanto segue: nel rapporto tra le parti valeva il principio di diritto oggetto del giudicato di cui alla sentenza n. 700 del 2013 della Sezione d'appello, secondo il quale al trattamento pensionistico privilegiato del ricorrente andava applicato l'art. 59, comma 14, della legge n. 449 del 1997 successivamente modificato dall'art. 72, della legge n. 388 del 2000; l'abolizione dei limiti al cumulo tra pensioni e redditi ex articolo 19 della legge n. 133 del 2008 non era operante in fattispecie in relazione alla natura della pensione privilegiata per la quale continuava ad applicarsi l'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000. Con memoria depositata il 26 novembre 2014, tra l'altro, l'INPS precisava che: nel caso non si verteva in tema di "indebito pensionistico", come erroneamente sostenuto nell'ordinanza n. 55 del 2014, considerato che nel caso la spettanza delle somme al Pagani era stata postulata dalla Corte stessa con la sentenza n. 170 del 2009 (n.d.r.: poi riformata) e che nella specie non vi era stata erronea liquidazione della pensione definitiva. L'Istituto previdenziale fondamentalmente concludeva: per la dichiarazione dell'inammissibilita' del gravame perche' proposto in difetto di provvedimento amministrativo esecutorio; in via riconvenzionale, per l'accertamento che la domanda del Pagani come prospettata introduceva un giudizio di ottemperanza avendo a oggetto l'indagine e la richiesta di chiarimenti al Giudice sui punti del decisum che presentavano elementi di dubbio e di non immediata chiarezza e, per l'effetto, per la dichiarazione dell'incompetenza della Corte dei conti Sezione giurisdizionale per le Marche, vertendosi in questione devoluta alla Corte dei conti Centrale ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, della legge n. 205 del 2000; in via subordinata, per il rigetto del ricorso perche' infondato in fatto e in diritto anche in considerazione della cognizione limitata a fatti successivi alla formazione del giudicato tra le parti, non allegati e non provati dal ricorrente; per la condanna del Pagani al pagamento all'INPS della somma di euro 199.000,70 oltre interessi di mora al saldo ovvero della diversa somma di giustizia. Con sentenza non definitiva n. 38 del 19 febbraio 2015 di questa Sezione giurisdizionale, rigettate le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari formulate dall'Istituto previdenziale, si riconosceva la legittimita' dell'operato dell'Istituto medesimo quanto al debito del pensionato relativo ai seguenti periodi di attribuzione del trattamento pensionistico per l'intero: dal 9 agosto 2000 al 30 giugno 2004, in applicazione dell'art. 59, comma 14, della legge n. 449 del 1997 (cfr. tuttavia infra, in Diritto) e dell'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 secondo i principi espressi nella sentenza n. 700 del 2013 d'appello; dal 1° luglio 2004 al 30 novembre 2004, in applicazione del giudicato concernente la precitata sentenza n. 700 del 2013 d'appello; dal 1° dicembre 2004 al 31 dicembre 2008 (giorno precedente il 1° gennaio 2009 d'entrata in vigore dell'art. 19, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008; cfr infra) in applicazione dell'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000. Relativamente al periodo successivo, vale a dire dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2014, nella sentenza si poneva quindi la questione dell'applicabilita' alla pensione all'esame - con riferimento alla ritenuta incongrua equivalenza del trattamento di privilegio alle pensioni d'invalidita' - dell'art. 19 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008 prevedente il cumulo senza ulteriore requisito alcuno, con i redditi da lavoro autonomo, per le pensioni di anzianita' computate nonche' liquidate col sistema retributivo ovvero misto. In proposito si rinviava a separata ordinanza la disposizione della sospensione del giudizio e della rimessione degli atti alla Corte costituzionale in relazione alla connessa questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli articoli 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 e dell'art. 19 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008, d'ufficio sollevata per ritenuta violazione dell'art. 3 Cost. Diritto 1. Il giudizio introdotto col ricorso all'esame ha fondamentalmente a oggetto l'esatta commisurazione della pensione privilegiata del ricorrente con riferimento alle limitazioni imposte dalla legge al cumulo dei trattamenti pensionistici con i redditi da lavoro autonomo. Cio', in particolare, nella prospettiva della valutazione dell'operato dell'Istituto previdenziale assoggettante la pensione di che trattasi - qui si chiarisce, attribuita senza decurtazione alcuna, pur a fronte della sussistenza di redditi da lavoro autonomo, relativamente al complessivo periodo dal 1° gennaio 2001 al 30 giugno 2014 - al correlato recupero di somme. A seguito della sentenza non definitiva n. 38 del 19 febbraio 2015 di questa Sezione giurisdizionale - Dichiarante la legittimita' dell'azione di recupero esperita nella sede amministrativa dall'Ente previdenziale, relativamente al periodo dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2008 - residua quindi da accertare l'esatta commisurazione della pensione privilegiata ordinaria spettante al ricorrente per il periodo dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2014. In sostanza, con riferimento a detto periodo, la pensione di privilegio in argomento: andrebbe decurtata, ove il trattamento pensionistico dovesse ritenersi soggetto ai limiti parziali di cumulo dettati dall'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 ("A decorrere dal 1° gennaio 2001 le quote delle pensioni dirette di anzianita', di invalidita' e degli assegni diretti di invalidita' a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esonerative della medesima, eccedenti l'ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70 per cento. Le relative trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari al 30 per cento dei predetti redditi. Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1° gennaio 2001 si applica la relativa previgente disciplina se piu' favorevole."); spetterebbe per l'intero importo, ove si ritenesse nel caso all'esame applicabile la norma sopprimente a far data 1° gennaio 2009 i predetti limiti di cumulo (art. 19 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008: "1. A decorrere dal 1° gennaio 2009 le pensioni dirette di anzianita' a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima sono totalmente cumulabili con i redditi di lavoro autonomo e dipendente. A decorrere dalla medesima data di cui al primo periodo del presente comma sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente le pensioni dirette conseguite nel regime contributivo in via anticipata rispetto ai 65 anni per gli uomini e ai 60 anni per le donne a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima nonche' della gestione separata di cui all'art. 1, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, a condizione che il soggetto abbia maturato i requisiti di cui all'art. 1, commi 6 e 7, della legge 23 agosto 2004, n. 243 e successive modificazioni e integrazioni fermo restando il regime delle decorrenze dei trattamenti disciplinato dall'art. 1, comma 6, della predetta legge n. 243 del 2004. Con effetto dalla medesima data di cui al primo periodo del presente comma relativamente alle pensioni liquidate interamente col sistema contributivo: a) sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente le pensioni di vecchiaia liquidate a soggetti con eta' pari o superiore a 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne. 2. I commi 21 e 22 dell'art. 1, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono soppressi. 3. Restano ferme le disposizioni di cui all'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1965, n. 758."). 2. Va innanzitutto precisato che la pensione in argomento e' un trattamento ordinario privilegiato - di quinta categoria di tabella A (sino al 9 agosto 2004) nonche', successivamente, di quarta categoria - liquidato con il sistema "retributivo - misto" (determinazione quota A e quota B) sulla base di anni 37 (trentasette) di servizio a far data 9 agosto 2000, ai sensi dell'art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973, a mente del quale: "Qualora sia stata raggiunta l'anzianita' indicata dal primo comma dell'art. 52 (n.d.r.: anni 15, di cui anni 12 di servizio effettivo), la pensione privilegiata e' liquidata nella misura della pensione normale aumentata di un decimo...". La peculiarita' di detto trattamento pensionistico - trovante significativo riconoscimento nel precitato D.P.R. n. 1092 del 1973 (di "Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato") proprio in relazione alla problematica dei limiti di cumulo con i redditi da lavoro dipendente e autonomo (rif.: art. 139: "La pensione privilegiata o l'assegno rinnovabile sono cumulabili con un trattamento di attivita' ovvero altro trattamento pensionistico derivante da un rapporto di servizio diverso da quello che ha dato luogo alla pensione o all'assegno anzidetti") - e' stata del tutto disconosciuta dalla sentenza n. 700 del 24 ottobre 2013 d'appello della Sezione II centrale di questa Corte dei conti che, pur riportando nelle relative premesse la natura "privilegiata" rivestita dallo stesso (dall'appellato posta, significativamente, alla base di specifiche richieste di conferma della sentenza di primo grado) ne ha poi trascurato ogni considerazione giungendo all'affermazione dell'applicazione alla pensione medesima dei limiti di cumulo previsti per le pensioni d'anzianita' dall'art. 59, comma 14, della legge n. 449 del 1997 e modificati dall'art. 72, della legge n. 38 del 2000. In effetti, deve qui annotarsi, il Giudice di appello sembrerebbe avere errato nel ritenere la "pensione privilegiata" di che trattasi equiparata, dalla normativa sopra richiamata, alla "pensione d'anzianita'", laddove i limiti di cumulo in argomento si sarebbero dovuti invece affermare con riferimento all'equiparazione sussistente - per ragioni di coerenza nonche' interpretative basilari (cfr. infra) - tra la "pensione privilegiata" e i trattamenti di "invalidita'". Incidentalmente deve comunque riscontrarsi che l'equivoco nel quale parrebbe essere concettualmente incorso il Giudice di appello non avrebbe determinato alcuna conseguenza sul piano pratico, posto che l'art. 59, comma 14, della legge n. 449 del 1997 ha sostanzialmente esteso alle pensioni di anzianita' l'identico regime previgente per i trattamenti di "invalidita'" (recato dall'art. 10, comma 1, del decreto legislativo n. 503 del 1992, sostituito dall'art. 11, comma 10, della legge n. 537 del 1993). Per la migliore considerazione della fattispecie si riportano, di seguito, le norme succedutesi nella specifica materia: art. 10, del decreto legislativo n. 503 del 1992 (sostituito dall'art. 11, comma 10, della legge n. 537 del 1993): "1. A decorrere dal 1° gennaio 1994 le quote delle pensioni dirette di vecchiaia e di invalidita' e degli assegni diretti di invalidita' a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esclusive e sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali degli artigiani, degli esercenti attivita' commerciali, dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, eccedenti l'ammontare corrispondente al trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, non sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente e autonomo nella misura del 50 per cento fino a concorrenza dei redditi stessi. (.....) 6. Le pensioni di anzianita' a carico dell'assicurazione generale dei lavoratori dipendenti e delle forme di essa sostitutive non sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente nella loro interezza, e con i redditi da lavoro autonomo nella misura per essi prevista al comma 1 ed il loro conseguimento e' subordinato alla risoluzione del rapporto di lavoro. (.....) 7. Le pensioni e i trattamenti di cui al comma 6 sono equiparati, agli effetti del presente articolo, alle pensioni di vecchiaia, quando i titolari di esse compiono l'eta' stabilita per il pensionamento di vecchiaia"; art. 1, commi 189 e 190, della legge n. 662 del 1996: "189. Con effetto sui trattamenti liquidati dalla data di cui al comma 185 (n.d.r.: il 30 settembre 1996) le pensioni di anzianita' a carico dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle forme di essa sostitutive, nonche' i trattamenti anticipati di anzianita' delle forme esclusive della medesima, non sono cumulabili, limitatamente alla quota liquidata col sistema retributivo, con redditi da lavoro di qualsiasi natura e il loro conseguimento e' subordinato alla risoluzione del rapporto di lavoro. Ai lavoratori che alla data del 30 settembre 1996 sono titolari di pensione, ovvero che hanno raggiunto il requisito contributivo di 36 anni o quello di 35 anni, quest'ultimo unitamente a quello anagrafico di 52 anni, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa. Il regime previgente continua ad applicarsi anche nei confronti di coloro che si pensionano con 40 anni di contribuzione ovvero con l'anzianita' contributiva massima prevista dall'ordinamento di appartenenza per le eccezioni di cui all'art. 10 del D.L. 28 febbraio 1986, n. 49, convertito con modificazioni, dalla legge 18 aprile 1986, n. 120. 190. Con effetto sui trattamenti liquidati dalla data di entrata in vigore della presente legge, le pensioni di anzianita' a carico dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori autonomi non sono cumulabili nella misura del 50 per cento con i redditi di lavoro autonomo, fino alla concorrenza del reddito stesso. Ai lavoratori che alla data del 30 settembre 1996 sono titolari di pensione ovvero hanno maturato il requisito contributivo dei 35 anni, unitamente a quello anagrafico di 55 anni, continuano a applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa"; art. 59, comma 14, della legge n. 449 del 1997: "Le quote dei trattamenti pensionistici di anzianita' eccedenti l'ammontare del trattamento corrispondente al trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti non sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 50% fino alla concorrenza dei redditi stessi. Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1° gennaio 1998 si applica la relativa previgente disciplina se piu' favorevole"; art. 72, della legge n. 388 del 2000: "1. A decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia e le pensioni liquidate con anzianita' contributiva pari o superiore a 40 anni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, anche se liquidate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente. 2. A decorrere dal 1° gennaio 2001 le quote delle pensioni dirette di anzianita', di invalidita' e degli assegni diretti di invalidita' a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, eccedenti l'ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70 per cento. Le relative trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari al 30 per cento dei redditi. Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1° gennaio 2001 si applica la relativa previgente disciplina se piu' favorevole". 3. Tanto premesso, tenuto conto dell'avvenuta omogeneizzazione degli ordinamenti pensionistici nei termini siccome attuati, dubita questo Giudice unico della legittimita' costituzionale dell'equiparazione delle pensioni ordinarie privilegiate dirette con trattamenti di "invalidita'", comunque denominati, che condurrebbe a ritenere non applicabile al caso all'esame - poiche' dettata con riferimento alle pensioni di anzianita' e non nei confronti dei trattamenti di "invalidita'" - la seguente disposizione: art. 19, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008: "A decorrere dal 1° gennaio 2009 le pensioni di anzianita' a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente. [(....) n.d.r: irrilevante, per quanto all'esame, il successivo periodo disciplinante il regime di cumulo delle pensioni interamente liquidate col sistema contributivo]". Deve preliminarmente precisarsi che, nel caso, trattandosi di una pensione privilegiata liquidata - come sopra precisato (rif.: capo 2.) - sulla base di 37 anni di servizio utile, non trova applicazione il regime di cumulo integrale sancito per le pensioni calcolate sulla base di almeno 40 anni di servizio (art. 72, della legge n. 388 del 2000: "1. A decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia e le pensioni liquidate con anzianita' contributiva pari o superiore a 40 anni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, anche se liquidate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente."). Appare peraltro significativo il fatto che la pensione d'invalidita' - non espressamente menzionata dal precitato comma 1 - risulti riguardata dalla norma con riferimento al dato dell'anzianita' contributiva (cfr., il punto 3. della Circolare INPS n. 108 del 2008 in tema di "Articolo 19 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133. Abolizione dei limiti al cumulo tra pensione e redditi di lavoro"), per i motivi di successivo chiarimento non tenuto in considerazione alcuna nell'ambito della specifica vicenda all'esame. Per le argomentazioni sostanzialmente gia' introdotte ai capi che precedono, ove la pensione ex art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973 dovesse ritenersi sussumibile - ai fini di che trattasi - nell'ambito dei "trattamenti di invalidita'" di cui all'art. 77, comma 2, della legge n. 388 del 2000, la medesima non potrebbe beneficiare della soppressione dei limiti di cumulo prevista per le sole pensioni d'anzianita', a far data 1° gennaio 2009, dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008. E' appena il caso di precisare che, in fattispecie, si configura del tutto irrilevante il dato della non comparabilita' dei diversi sistemi pensionistici considerato che sono proprio istituti di diversi ordinamenti pensionistici che vengono contemporaneamente e, si ritiene, ingiustificatamente riguardati dalla medesima disciplina dei limiti di cumulo in argomento. Ulteriormente, deve sottolinearsi che nel caso all'esame non viene in rilievo la posizione del pensionato che continui a prestare attivita' lavorativa con quella del soggetto il quale, con piena capacita' di lavoro, abbia raggiunto i requisiti assicurativi e contribuitivi della pensione di anzianita' - posizioni diverse e non comparabili in ragione della tutela previdenziale di cui gia' gode l'invalido ai sensi dell'articolo 38 Cost. - considerato che in questo giudizio non si verte in tema di "conversione" del trattamento d'invalidita' (conseguito a seguito della cessazione del rapporto di lavoro per infermita' senza la maturazione dei requisiti previsti per il conseguimento della pensione d'anzianita') in pensione d'anzianita' posto che il ricorrente, a seguito della cessazione dal servizio per infermita', aveva gia' maturato il requisito previsto per la concessione del trattamento d'anzianita' (rif. Tab. "C" della legge 27 dicembre 1997, n. 449, per l'anno 2000 consistente nel solo requisito di anzianita' di anni 37; cfr. l'art. 59, comma 6, della legge medesima) pertanto da ritenersi sostanzialmente e provvisoriamente attribuito, con l'aumento di un decimo, a seguito del favorevole accertamento medico-legale effettuato sull'istanza di concessione del trattamento di privilegio. Al riguardo si ritiene di dover richiamare un caso analogo suscettibile di considerazione per l'eclatanza dei sottostanti fatti (requisito contributivo non solo maturato, ma altresi' "riscosso"; per la sufficienza della maturazione del requisito pensionistico, ai fini di che trattasi, si e' univocamente espressa la Corte di Cassazione con sentenze della Sezione lavoro, tra cui le seguenti: n. 15741 del 2009, 13835 del 2001, n. 132 del 2000): quello del pensionato che, avendo conseguito i requisiti per la liquidazione della pensione d'anzianita', otteneva trattamento previdenziale per l'intero importo e, successivamente, intraprendeva l'esercizio di una professione; a seguito del riconoscimento della pensione di privilegio, l'interessato veniva riguardato dall'azione dell'Ente previdenziale di recupero di somme nonostante l'avvenuta abolizione, per le pensioni d'anzianita', dei predetti limiti di cumulo (rif.: Corte dei conti, Sezione Veneto n. 184 del 10 giugno 2013, rigettante il correlato ricorso). Tutto cio', si constata e si rileva, sulla base della sostanziale equiparazione della pensione privilegiata ex art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973 alla pensione di invalidita' di cui alla normativa in tema di limiti di cumulo con i redditi da lavoro autonomo. In effetti, costante si manifesta in proposito la giurisprudenza della Corte dei conti affermante che le pensione di privilegio altro non integrano che - per analogia di "ratio", ai fini delle normative in argomento - trattamenti di "invalidita'", piuttosto che pensioni di anzianita' (cfr., sul punto, oltre alla precitata decisione della Sezione Veneto: Sezione Emilia Romagna n. 143 del 15 giugno 2012 confermata da Sezione I d'appello n. 173 del 19 febbraio 2015; Sezione Veneto 15 giugno 2010, n. 424). Senonche', qui si rileva, e' proprio la peculiarita' dei trattamenti di "privilegio" - in tal senso gia' precedentemente riguardati da normativa di favore (l'art. 139, del D.P.R. n. 1092 del 1973), del tutto sconosciuta nell'ordinamento "privatistico" (cfr. l'art. 20, comma 1, del D.P.R. n. 488 del 1968 come sostituito dall'art. 20, comma 1, della legge n. 153 del 1969: "Non sono cumulabili nella misura del 50% del loro importo, con la retribuzione lorda percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi e fino alla concorrenza della retribuzione stessa, le quote eccedenti i trattamenti minimi delle pensioni di vecchiaia e di invalidita' liquidate eccedenti i trattamenti minimi delle pensioni di vecchiaia e di invalidita' liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti") - che: se, da un lato, ha potuto pressoche' dissolversi in una prospettiva di contenimento della complessiva spesa pensionistica con la sussunzione, in via interpretativa, della pensione in argomento nell'ambito delle "pensioni di invalidita'" di cui all'art. 10, del decreto legislativo n. 503 del 1992 (come sostituito dall'art. 11, comma 10, della legge n. 537 del 1993) e all'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000; dall'altro, non sembra comunque poter assumere consistenza deteriore rispetto a istituti quale la pensione di anzianita' - "avente una finalita' di riconoscimento e di premio nei confronti dei cittadini che hanno adempiuto il dovere prescritto dall'art. 4, secondo comma, Cost. con una partecipazione assidua alle attivita' della produzione sociale, durata almeno trentacinque anni" (rif.: Corte cost. n. 194 del 1991) - nel momento in cui il legislatore ha ritenuto di poter progressivamente abolire i predetti limiti di cumulo delle pensioni con i redditi da lavoro autonomo (rif.: l'art. 44, comma 2, della legge n. 289 del 2002, non applicabile al concreto caso all'esame in mancanza d'una previa istanza e di ulteriori adempimenti da parte del pensionato, e l'art. 19 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008). Per tutto quanto sopra esposto e motivato, questo Giudice unico delle pensioni dubita della legittimita' costituzionale del combinato disposto: dell'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 nella parte in cui, con decorrenza dalla data del 1° gennaio 2009, equipara alla pensione d'invalidita' quella privilegiata ordinaria diretta ex art. 67,comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973, conseguita dal soggetto in possesso dei requisiti necessari ai fini della maturazione del diritto alla pensione d'anzianita' (nel concreto caso, individuati dalla tabella "C" della legge 27 dicembre 1997, n. 449); dell'art. 19, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008, nella parte in cui esclude dal beneficio del cumulo integrale con i redditi da lavoro autonomo la pensione privilegiata ordinaria diretta ex art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973, conseguita dal soggetto in possesso dei requisiti necessari ai fini della maturazione del diritto alla pensione d'anzianita' (nel concreto caso, individuati dalla tabella "C" della legge 27 dicembre 1997, n. 449). Cio', per contrasto delle precitate norme con il principio di uguaglianza prescritto dall'art. 3 Cost., in ragione della non giustificata discriminazione del pensionato, ex militare ovvero categoria equiparata, fruente del trattamento pensionistico previsto dall'art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973, rispetto al pensionato in godimento d'una pensione d'anzianita' conseguita con gli identici requisiti anch'essi maturati, all'atto della cessazione del servizio, dal primo pensionato. Tale discriminazione, poi, si configurerebbe a maggior ragione ingiustificata tenuto conto della natura sostanziale della pensione di privilegio ex art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973. In diversa fattispecie, non riguardata dai precisi dettati normativi sopra richiamati - deponenti, in particolare, per la netta dicotomia sussistente tra le pensioni di anzianita' e le pensioni di invalidata - le Sezioni Riunite della Corte dei conti, in sede di risoluzione d'una questione di massima, hanno articolatamente e sostanzialmente smentito la valenza "risarcitoria" della pensione privilegiata ordinaria attribuita ai cc.dd. "decimisti" (rif.: Corte dei conti, Sezioni Riunite 17 giugno 2005, n. 2/QM: ".. il militare in servizio permanente o continuativo che cessi dal servizio senza aver conseguito il diritto alla pensione ordinaria, ma con diritto alla pensione privilegiata prevista dall'art. 67, del D.P.R. n. 1092 del 1973, non ha diritto alla costituzione della posizione assicurativa prevista dall'art. 124 dello stesso D.P.R."). La Suprema Corte inoltre, in altra materia (quella fiscale) - insuscettibile, pertanto, la relativa giurisprudenza di legittimita' di costituire orientamento consolidato con riferimento alla vicenda in argomento - ha inequivocabilmente affermato che detti trattamenti di privilegio (pensioni normali aumentate di un decimo) hanno natura reddituale di retribuzione differita per prestazioni di lavoro non assumendo rilievo, in senso contrario, la considerazione dell'eventuale componente risarcitoria (rif.:, tra le altre, Cass. Sez. Trib. n. 18852 del 2009, n. 28735 del 2005, n. 17896 del 2002). La disparita' di trattamento rilevata, infine, si configurerebbe anche irrazionale sotto il profilo della meritevolezza, posto che l'esclusione delle pensioni ordinarie privilegiate ex art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973 dal beneficio del cumulo integrale con i redditi da lavoro autonomo colpisce cittadini che non solo hanno adempiuto al dovere ex art. 4, comma 2, Cost. - identicamente ai titolari di pensione d'anzianita' (cfr. Corte cost. n. 194 del 1991, precit.) - ma che proprio a causa del servizio svolto, in favore dello Stato, hanno subito una menomazione dell'integrita' personale. 5. In definitiva, quanto alla rilevanza della sollevata questione di legittimita' costituzionale nello specifico giudizio pensionistico, depongono i profili normativi, soggettivi, oggettivi e temporali sopra indicati segnatamente riferiti: all'applicabilita' al concreto trattamento pensionistico, a far data 1° gennaio 2009, nel senso prospettato, delle disposizioni di cui all'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 e all'art. 19 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008; all'avvenuta determinazione e liquidazione del trattamento di privilegio di che trattasi ai sensi dell'art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973; al possesso, da parte del ricorrente, alla data della relativa cessazione del servizio, dei requisiti previsti per l'ottenimento della pensione di anzianita'. Con riferimento all'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 giustificandosi, in punto di rilevanza, l'equiparazione della pensione ordinaria privilegiata alla pensione d'invalidita' - nella richiamata prospettiva di contenimento della spesa pensionistica (cfr. supra, capo 4.) - sino alla data di entrata in vigore dell'art. 19 del decreto-legge n. 112 del 2008; diversamente, potendo l'eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma riflettersi anche sull'applicazione dell'art. 44, comma 2, della legge n. 289 del 2002 (fattispecie estranea al giudizio di merito, nei termini chiariti al capo 4.). In ordine alla non manifesta infondatezza della q.l.c. che in questa sede si solleva, deporrebbero quindi le argomentazioni svolte ai capi 3. e 4. che precedono. In punto di ammissibilita', ritiene questo Giudice di aver ottemperato al dovere di autosufficienza della descrizione della fattispecie e delle motivazioni - presumibilmente non apodittiche, carenti, contraddittorie, ipotetiche, eventuali e/o implausibili - del presente atto, nella prospettiva sia della possibilita' di verifica della rilevanza della sollevata q.l.c. sia dell'individuazione, con sufficiente chiarezza, delle censure formulate alle disposizioni precitate in relazione al parametro costituito dall'art. 3 Cost.
P. Q. M. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per le Marche con sede ad Ancona in composizione monocratica, visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale n. 1 del 1984 e 23 della legge n. 87 del 1953: Dichiara rilevante e non manifestamente infondata - per contrasto con l'articolo 3 Cost. - la prospettata questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli articoli 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 e dell'articolo 19 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell'articolo 23, della legge n. 87 del 1953 (ai sensi degli articoli 1 e 2 del regolamento della Corte costituzionale 7 ottobre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 novembre 2008, n. 261); Che, a cura della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata, anche via pec, ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica; La conseguente sospensione del giudizio. Cosi' deciso ad Ancona, nella Camera di Consiglio all'esito dell'udienza del 19 dicembre 2014. Il Giudice unico: De Rosa