N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 novembre 2014
Ordinanza del 4 novembre 2014 emessa dal Tribunale di Gela nel procedimento civile promosso da G.L. contro Consorzio per l'Area di sviluppo industriale (ASI) di Gela in liquidazione - gestione separata IRSAP. Previdenza - Norme della Regione Siciliana - Previsione del divieto per l'amministrazione regionale e per gli enti e gli organismi di cui all'art. 1 della legge regionale n. 10/1991, nonche' per le societa' a partecipazione totale o maggioritaria della Regione, di erogare trattamento pensionistico sostitutivo di quello gia' maturato e goduto dal lavoratore grazie alla normativa regionale illo tempore applicabile, sino all'emanazione di una legge, statale o regionale, che ne definisca l'ambito di applicazione, i presupposti, l'entita' e la relativa copertura a carico dei rispettivi bilanci - Lesione del principio solidaristico - Violazione del principio di uguaglianza per lesione dei principi dell'affidamento e della certezza del diritto - Violazione del principio della proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione (anche differita) - Lesione della garanzia previdenziale. - Legge della Regione Siciliana 12 agosto 2014, n. 21, art. 8, comma 1. - Costituzione, artt. 2, 3, 36, primo comma, e 38, commi secondo, terzo, quarto e quinto.(GU n.34 del 26-8-2015 )
TRIBUNALE DI GELA Sezione civile, ufficio lavoro previdenza ed assistenza obbligatorie Il giudice, dott. Alessandro Laurino, in funzione di giudice del lavoro, letti gli atti della causa promossa con ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. da L.G. con il ministero dell'avvocato Carmelo Di Martino contro Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale (ASI) di Gela in liquidazione - gestione separata IRSAP - in persona del legale rappresentante pro tempore - con il ministero dell'avvocato Massimiliano Marinelli, fascicolo iscritto al n. 1051/2014 R.G., a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 30 ottobre 2014; Ha emesso la seguente ordinanza: Premessa. L. G. e' stato dipendente del Consorzio ASI di Gela ed e' in pensione dal 1° gennaio del 2004. La pensione veniva erogata, in via sostituiva, dallo stesso Consorzio. Dispone, infatti, l'art. 12, comma terzo, del regolamento interno che: «nel caso in cui il dipendente non abbia maturato il diritto a pensione da parte dell'INPDAP, sulla base delle norme vigenti all'atto del provvedimento, ed abbia invece maturato tale diritto sulla base delle norme in vigore per i dipendenti dell'Amministrazione Regionale, il Consorzio dovra', corrispondere allo stesso quest'ultimo trattamento, provvedendo nel contempo a richiedere la costituzione di una posizione assicurativa presso l'INPS ai sensi della legge 2 aprile 1958, n. 322 o presso lo stesso INPDAP.». Ai sensi del successivo comma quarto, il trattamento diventa integrativo (fino al raggiungimento dell'importo gia' corrisposto) non appena si maturi il diritto alla pensione da parte dell'INPS. Per la corresponsione, il Consorzio si avvale del proprio bilancio, con specifici capitoli di spesa. Nella fattispecie concreta, il ricorrente, maturati i requisiti per godere del trattamento pensionistico sulla base della legislazione regionale (legge della Regione Sicilia n. 2 dei 1962: «Norme per il trattamento di quiescenza, previdenza ed assistenza del personale della Regione»), godeva del trattamento previdenziale erogato integralmente, in via sostitutiva, direttamente dal Consorzio, ai sensi dell'art. 12 del regolamento prima citato. Il 12 agosto 2014 e' stata pero' promulgata la legge della Regione Sicilia n. 21 il cui art. 8 prevede che: «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e' fatto divieto, per l'Amministrazione regionale e per gli enti e gli organismi di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni, nonche' per le societa' a partecipazione totale o maggioritaria della Regione, di erogare trattamenti di previdenza e quiescenza integrativi o sostitutivi (Inciso omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto) in assenza di una espressa previsione legislativa regionale e/o statale che ne definisca l'ambito di applicazione, i presupposti, l'entita' e la relativa copertura a carico dei rispettivi bilanci. 2. (Comma omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto ). 3. (Comma omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto). 4. (Comma omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto ).». L'inciso omesso al primo comma prevedeva una deroga alla deroga, del seguente tenore: «fatta eccezione per quelli in godimento e per i rapporti gia' contrattualmente avviati alla data del 31 dicembre 1991». Il secondo ed il terzo comma dell'art. 8 prevedevano direttamente la disciplina per i Consorzi ASI: «2. Sino all'adozione del decreto di cui all'art. 19, comma 4, terzo periodo, della legge regionale 12 gennaio 2012, n. 8, ciascun soppresso Consorzio per le aree di sviluppo industriale della Regione, in liquidazione, gestione separata IRSAP, continua ad erogare i trattamenti previdenziali previsti dalle leggi o dai regolamenti vigenti alla data di entrata in vigore della citata legge regionale 12 gennaio 2012, n. 8. 3. In caso di incapienza delle liquidazioni, l'Istituto regionale per lo sviluppo delle attivita' produttive e' autorizzato ad anticipare agli aventi diritto il pagamento dei trattamenti previdenziali di cui al comma precedente. Tali anticipazioni costituiscono un credito dell'IRSAP nei confronti dei singoli Consorzi per le aree di sviluppo industriale della Regione, in liquidazione, gestione separata IRSAP». Sia l'inciso del primo comma sia il secondo ed il terzo comma sono stati impugnati dal Commissario dello Stato, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto della Regione Siciliana. I disposti sono stati espunti dalla versione definitiva della legge, com'e' prassi invalsa da tempo, e per la quale, secondo un consolidato orientamento costituzionale (cfr. C. Cost. 84/1994; 13/1983; 148/81) si determinerebbe, da un lato, la cessazione della materia del contendere sull'eventuale giudizio di legittimita' costituzionale sollevato per l'intervento del Commissario, e, dall'altro lato, la definitiva impossibilita' di promulgare comunque le disposizioni omesse, neanche se l'eventuale giudizio sollevato dal Commissario dovesse concludersi per la non contrarieta' a Costituzione delle disposizioni impugnate. Nel caso in esame, il Commissario (per quanto e' dato evincere da una copia informale priva di sottoscrizione prodotta dal ricorrente all'ultima udienza) ha censurato il fatto che non fosse specificato l'ammontare complessivo degli esborsi effettuati e la quota di integrazione a carico dell'ente subentrato ai citati consorzi. Inoltre l'allegata relazione tecnica non conteneva alcuna menzione circa la quantificazione degli oneri a carico del corrente bilancio e dei successivi, ne' l'individuazione delle risorse con cui farvi fronte. Di qui il contrasto con gli articoli 81 (sul quale si ritornera') e 97 della Costituzione e, quindi, l'impugnazione ai sensi del citato art. 28 dello Statuto. In precedenza i Consorzi Asi in liquidazione intervenivano con diverse modalita', in particolare: per integrare il trattamento di quiescenza corrisposto dall'istituto previdenziale di iscrizione del dipendente, al momento della cessazione dal servizio, qualora questo risultasse inferiore al trattamento pensionistico previsto dalla legge regionale n. 2 del 1962; oppure, nel caso (come il presente) in cui il dipendente avesse maturato il diritto alla pensione ai sensi della normativa regionale - ma non ai sensi della disciplina statale - ed allora i Consorzi erogavano il trattamento sostitutivo costituendo, al contempo, la posizione assicurativa presso l'INPS o presso l'INPDAP. E' opportuno precisare che, ai sensi dell'art. 17 dello Statuto della Regione Sicilia, l'Assemblea Regionale puo', entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato ed al fine di soddisfare alle condizioni particolari e gli interessi propri della Regione, emanare leggi in materia di (lett. f): legislazione sociale, ovvero rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato. Il limite e', quindi, costituito dai principi ed interessi generali che informano la legislazione dello Stato, con la previsione, infine, di un vincolo al ribasso e non al rialzo, ovvero con il limite dei minimali previsti dalla legislazione statale in materia pensionistica. Sulla rilevanza. All'esito dell'impugnazione da parte del Commissario regionale della normativa sopra richiamata, il pagamento della pensione del ricorrente e' stato integralmente interrotto e, applicandosi l'art. 8 della legge citata al caso di specie, non sussiste alcuna interpretazione, per quanto estensiva essa possa essere, per far dire alla legge l'esatto contrario di quanto essa dice ora (o meglio per interpretarla nel senso delle disposizioni che sono state soppresse nella versione definitiva). Occorre preliminarmente esaminare il periculum in mora sotteso al presente procedimento (che ha natura cautelare) perche', un eventuale esito negativo dell'indagine, condurrebbe all'immediato rigetto del ricorso e, dunque, alla irrilevanza, comunque, della questione di legittimita' costituzionale per l'esito del giudizio. Il ricorrente e' disabile in situazione di gravita' ex art. 3, comma terzo, della legge 104 del 1992, godeva della pensione erogata dal Consorzio (dal modello CUD risulta l'importo di € 27.097 lordi) e gode tuttora di un trattamento assistenziale, perche' cieco ventesimista, di importo inferiore a 200 euro mensili, denaro con il quale retribuisce una badante. Ha contratto un mutuo ipotecario, nel 2006, di 90 mila euro, per l'acquisito della casa, con scadenza nel 2021, rata mensile di circa 570 euro e di cui e' stato pagato, al momento, circa la meta' del capitale oltre gli interessi. In questa situazione e' evidente che sussista il pericolo che, nel tempo necessario per far valere il diritto in via ordinaria, possano risultare definitivamente compromessi il diritto ad una esistenza libera e dignitosa, che possa risultare leso il diritto alla salute, che sussista il pericolo fondato di perdere, nel frattempo, la garanzia patrimoniale costituita dalla casa di abitazione sulla quale grava il mutuo ipotecario. In definitiva, sussiste il pericolo di un pregiudizio grave ed irreparabile e, quindi, l'esame deve passare necessariamente al fumus boni iuris per il quale rileva la normativa regionale sopra richiamata, che disciplina esattamente il caso in questione. Sia detto, per completezza, che la medesima questione riguarda altri 35 soggetti (con riguardo solo agli ex dipendenti dei Consorzi ASI in liquidazione nella Regione Sicilia) che godono del trattamento sostitutivo (in 102 ne godono dell'integrativo) secondo quanto dichiarato da una nota dell'1RSAP agli atti. Cio' premesso, si ritiene che questo giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23, comma secondo per come richiamato dal terzo, della legge legge n. 87 del 1953. Infatti l'applicazione della legge regionale condurrebbe ad un ineluttabile ed immediato rigetto nel merito del ricorso. Sulla non manifesta infandatezza (in relazione agli artt. 2, 3, 36 e 38 della Costituzione). Come detto l'applicazione dell'art. 8 della legge regionale n. 21/2014 comporta il blocco immediato della erogazione dell'importo totale del trattamento pensionistico - che il ricorrente aveva maturato sulla scorta della normativa regionale - sino alla data (incerta nell'an e nel quando) di emanazione di una legge regionale o statale che «definisca l'ambito di applicazione, i presupposti, l'entita' e la relativa copertura a carico dei rispettivi bilanci» del relativo trattamento (sia detto, per inciso, che il possibile intervento regionale ed anche statale, idoneo ad apportare le necessarie modifiche alla normativa in questione, in modo da far cessare la materia del contendere sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, giustifica la notifica di questa ordinanza agli organi sia statali e sia regionali, ai sensi dell'ultimo e penultimo comma dell'art. 23 della legge n. 87/1953 in funzione della ratio della notifica stessa). In questo modo, soggetti che avevano riposto un legittimo affidamento nel relativo trattamento pensionistico o di quiescenza (maturato da oltre un decennio - nel caso concreto - con le conseguenti scelte di vita come - sempre nel caso concreto - l'acquisto della casa di abitazione con relativo mutuo ipotecario) vedono l'eliminazione integrale e sine die del diritto alla pensione, per come precedentemente gia' maturato. Appaiono travalicati i limiti di interferire con quello che e' un diritto quesito perche', in questo caso, non si assiste ad una diminuzione dell'importo della pensione ma alla sua totale ed immediata soppressione sine die, o, anche, ipoteticamente definitiva, qualora rimanessero inerti il legislatore regionale o statale. Si richiamano in proposito precedenti della Corte costituzionale. Si legge nella motivazione della sentenza n. 446 del 2002 che «il diritto ad una pensione legittimamente attribuita (in concreto e non potenzialmente) - se non puo' essere eliminato del tutto da una regolamentazione retroattiva che renda indebita l'erogazione della prestazione (sentenze n. 211 del 1997 e n. 419 del 1999) - ben puo' subire gli effetti di discipline piu' restrittive introdotte non irragionevolmente da leggi sopravvenute». In questo senso non sembra manifestamente infondato il contrasto in primo luogo con gli articoli 36 e 38 della Costituzione che garantiscano il diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ed il diritto a che siano previsti ed assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore in caso di infortunio, malattia, invalidita', vecchiaia e disoccupazione involontaria. La Corte costituzionale ha infatti in piu' occasioni sottolineato la «funzione sociale» e «alimentare» del trattamento pensionistico erogato (oltre che della retribuzione in costanza di rapporto), facendone di fatto derivare una particolare protezione. In diverse pronunce ha infatti ribadito il concetto secondo cui «la retribuzione dei lavoratori - tanto quella corrisposta nel corso del rapporto di lavoro, quanto quella differita, a fini previdenziali, alla cessazione di tale rapporto, e corrisposta, sotto forma di trattamento di liquidazione o di quiescenza, a seconda dei casi, allo stesso lavoratore e ai suoi aventi causa, rappresenta, nel vigente ordine costituzionale (che, tra l'altro, l'art. l Cost. definisce fondato sul lavoro), una entita' fatta oggetto, sul piano morale e su quello patrimoniale, di particolare protezione» (cfr. Corte cost., 15 gennaio 1966, n. 3. Ma si vedano anche Corte cost., sentenze numeri 78 del 1967, 112 del 1968, 113 del 1968, 144 del 1971, 147 del 1971 e n. 25 del 1972). In particolare, con la sentenza n. 26 del 1980, la Corte ha sottolineato come, dai parametri degli articoli 36 e 38 Cost., derivi che il «[...] trattamento di quiescenza, al pari della retribuzione [...], deve essere proporzionato alla quantita' ed alla qualita' del lavoro prestato, e deve in ogni caso assicurare al lavoratore medesimo ed alla sua famiglia i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita per un'esistenza libera e dignitosa: proporzionalita' ed adeguatezza, che non debbono sussistere soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente assicurate anche nel prosieguo in relazione ai mutamenti del potere d'acquisto della moneta». Sotto questo aspetto non rileva il fatto che si discuta di trattamenti pensionistici ulteriori, perche' di maggior favore, rispetto a quelli statali. Infatti, come detto, sul punto la Regione Sicilia gode di una potesta' legislativa che - nei rispetto dei principi ed interessi generali della legislazione statale - e' vincolata dai soli minimali statali. Quindi, ragionando per esclusione, tale potesta' legislativa e' stata prevista, dal Costituente, solo per disciplinare casi in cui si sarebbe dovuto riconoscere un qualcosa in piu' rispetto alla legislazione statale. Pertanto sono, al caso in esame, estensibili il principio di intangibilita' (di cui l'altra faccia della medaglia, nei rapporti tra soggetti privati, mostra i principi di indisponibilita' ed imprescrittibilita') del trattamento pensionistico. Cio' che rileva, piuttosto, e' che, nell'esercizio di tale potere costituzionalmente garantito, siano sorti diritti quesiti, legittimamente maturati, e, successivamente, tali diritti siano stati abrogati, cancellati all'improvviso, peraltro in conseguenza di un intervento del Commissario dello Stato, laddove l'intenzione del legislatore regionale era, in origine, quella opposta. Evidentemente si pone un contrasto tra diversi interessi sottesi a diverse norme costituzionali: da un lato i principi di equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio e di eccezionalita' del ricorso all'indebitamento, di cui all'art. 81 della Costituzione, e, dall'altro lato, le norme, di cui si dira', nei confronti delle quali non si ritiene manifestamente infondato il contrasto della legge regionale. Sia detto, per inciso, che la disciplina di cui all'art. 8 della legge citata non appare sorretta dal comma 3 dell'art. 81 Cost. (contrariamente a quanto parrebbe affermato dal Commissario dello Stato), perche' la disciplina regionale qui censurata interviene su trattamenti pensionistici gia' erogati rispetto ai quali, quindi, le previsioni di spesa avrebbero dovuto, semmai, riguardare la legge originaria che ne prevedeva i relativi presupposti. Sotto questo punto di vista, rispetto ai trattamenti gia' erogati, la norma di cui all'art. 8 della legge citata (nella versione originaria in cui era contenuta la deroga al divieto di erogazione del trattamento pensionistico) non prevedeva alcuna spesa ulteriore ma rappresentava solo una conferma di cio' che durava da decenni. Tornando al caso in esame, la questione di legittimita' costituzionale si pone come limite al potere discrezionale del legislatore di incidere, escludendolo, su un diritto quesito, anche laddove tale intervento sia giustificato non solo da esigenze di bilancio ma anche, in ipotesi, da casi di scopertura finanziaria e, quindi, tramite indebitamento. Se, in questo caso, l'art. 81 della Costituzione sancisca una sola responsabilita' politica del legislatore, oppure se il complesso dei diritti sociali garantiti dagli articoli 2, 3, 36, 38 della Costituzione (oltre che dagli articoli 6, 25, 33 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea anche in relazione all'art. 117, comma primo della Costituzione - seppur si ritiene che tale ultimo articolo non venga qui in rilievo perche', la fattispecie, non rientra tra quelle in cui, ai sensi dell'art. 51 della Carta, si ha diretta attuazione del diritto dell'Unione - ed anche con riferimento ai vincoli europei da cui deriva l'introduzione del cosiddetto «pareggio di bilancio») comporti, al contrario, una censura di incostituzionalita' di una normativa, come quella in esame, che sancisca la caducazione integrale di un trattamento pensionistico gia' riconosciuto e goduto, per anni, dai lavoratori. Peraltro, la soppressione di un trattamento pensionistico costituisce un evento eccezionale che consentirebbe, comunque, il ricorso all'indebitamento, ai sensi del secondo comma dell'art. 81. L'assicurazione dell'equilibrio finanziario, di cui al primo comma dell'art. 81, cosi' come il contenimento del debito pubblico, di cui al secondo comma, non sono vincoli assoluti, ma e' previsto che il legislatore possa derogarvi, Peraltro l'espressione «obbligo del pareggio di bilancio» e' un sintagma improprio; perche' lo Stato non e' obbligato al pareggio di bilancio, ma ha il compito, invece, di assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, con un margine consentito di manovra. Equilibrio non significa pareggio, ma evoca piuttosto una funzione altalenante che deve tener conto, espressamente lo richiede la Costituzione, delle fasi congiunturali del ciclo economico. Pertanto la norma regionale in esame non appare coperta dallo scudo dell'art. 81 (come se tale articolo le conferisse una «copertura» costituzionale) ma, al contrario, non sembra, piuttosto, manifestamente infondato il contrasto con altre norme e principi costituzionali, oltre che con i richiamati articoli 36 e 38, anche con gli articoli 3 e 2 della Costituzione. Perche' la scelta di promulgare la legge, con le omissioni di cui si e' detto, appare una scelta irragionevole ed irrazionale, nonche' una incoerenza dell'ordinamento giuridico con se stesso, anche per l'impatto sociale che comporta la caducazione integrale di un trattamento pensionistico inveterato nel tempo. Ed anche per l'arbitrarieta' con la quale, improvvisamente, un lavoratore viene privato dell'unica fonte di sostentamento che gli era gia' stata riconosciuta. Sotto il profilo della razionalita' e della ragionevolezza, con riguardo all'art. 3 della Costituzione, non puo' non rilevarsi come l'omissione dell'inciso di cui al primo comma dell'art. 8 della legge citata, produce, come conseguenza, la congiunzione di due periodi che prima erano separati, nel corpo della norma, proprio dall'inciso omesso. Questo determina delle conseguenze che non erano neanche state preventivate nella formulazione originaria della norma. Cioe', la condizione sospensiva costituita dall'eventuale e successivo intervento legislativo (statale o regionale che sara') era legata ad una norma che, nella versione originaria, conteneva, pero', la deroga afferente i trattamenti quesiti. Cio' significa che la condizione del futuro intervento legislativo (da cui dipendera' la durata, nel tempo, del divieto di erogazione) era riferita ad una fattispecie astratta diversa, ovvero quella della erogazione dei trattamenti futuri, non di quelli gia' maturati. Ora, invece, viene a rappresentare la condizione del divieto di erogazione anche per i diritti quesiti. Non appare neanche manifestamente infondato il contrasto con l'art. 2 della Costituzione in quanto la revoca integrale del trattamento pensionistico incide, ledendolo, su un diritto inviolabile dell'uomo, ovvero il diritto a vivere una esistenza libera e dignitosa, e costituisce un inadempimento di un dovere inderogabile di solidarieta' economica e sociale nella misura in cui un diritto di primaria importanza, ovvero la tutela della vecchiaia, viene prima riconosciuto e poi disconosciuto senza alcuna previsione di misure transitorie ne' possibilita' recuperatorie (si tratta di soggetti oramai esclusi, per ragioni di eta' o salute, dal ciclo produttivo e lavorativo).
P.Q.M. Il giudice, considerata l'unitarieta' della giurisdizione costituzionale (C. cost. 38/1957) sollevando d'ufficio, ai sensi dell'art. 23, comma terzo, della legge n. 87 del 1953, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, della legge della Regione Sicilia n. 21 del 12 agosto 2014 (Legge di stabilita' regionale) in relazione agli articoli 36, comma 1, 38, commi 2, 3, 4 e 5, 3, commi 1 e 2 e 2 della Costituzione, nella parte in cui sancisce il divieto di erogare il trattamento pensionistico, di natura sostitutiva, gia' maturato e goduto dal lavoratore grazie alla normativa regionale illo tempore applicabile, sino alla emanazione di una legge, statale o regionale, che ne definisca l'ambito di applicazione, i presupposti, l'entita' e la relativa copertura a carico dei rispettivi bilanci; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente della Regione Sicilia; al Presidente dell'Assemblea regionale della Regione Sicilia nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Gela, 4 novembre 2014 Il giudice: dott. Alessandro Laurino