N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 novembre 2014

Ordinanza del 4 novembre  2014  emessa  dal  Tribunale  di  Gela  nel
procedimento civile promosso da G.L. contro Consorzio per  l'Area  di
sviluppo  industriale  (ASI)  di  Gela  in  liquidazione  -  gestione
separata IRSAP. 
 
Previdenza - Norme della Regione Siciliana - Previsione  del  divieto
  per l'amministrazione regionale e per gli enti e gli  organismi  di
  cui all'art. 1 della legge regionale n.  10/1991,  nonche'  per  le
  societa' a partecipazione totale o maggioritaria della Regione,  di
  erogare  trattamento  pensionistico  sostitutivo  di  quello   gia'
  maturato e goduto dal lavoratore grazie  alla  normativa  regionale
  illo tempore applicabile, sino all'emanazione di una legge, statale
  o  regionale,  che  ne  definisca  l'ambito  di   applicazione,   i
  presupposti,  l'entita'  e  la  relativa  copertura  a  carico  dei
  rispettivi  bilanci  -  Lesione  del  principio   solidaristico   -
  Violazione del principio di uguaglianza per  lesione  dei  principi
  dell'affidamento e della certezza  del  diritto  -  Violazione  del
  principio della proporzionalita' ed adeguatezza della  retribuzione
  (anche differita) - Lesione della garanzia previdenziale. 
- Legge della Regione Siciliana 12 agosto 2014, n. 21, art. 8,  comma
  1. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 36, primo comma,  e  38,  commi  secondo,
  terzo, quarto e quinto. 
(GU n.34 del 26-8-2015 )
 
                          TRIBUNALE DI GELA 
Sezione civile, ufficio lavoro previdenza ed assistenza obbligatorie 
 
    Il giudice, dott. Alessandro Laurino, in funzione di giudice  del
lavoro, letti gli atti della causa promossa con ricorso cautelare  ex
art. 700 c.p.c. da L.G. con il  ministero  dell'avvocato  Carmelo  Di
Martino contro Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale (ASI)  di
Gela in liquidazione - gestione  separata  IRSAP  -  in  persona  del
legale rappresentante pro tempore - con  il  ministero  dell'avvocato
Massimiliano Marinelli, fascicolo iscritto al n.  1051/2014  R.G.,  a
scioglimento della riserva assunta all'udienza del 30 ottobre 2014; 
    Ha emesso la seguente ordinanza: 
Premessa. 
    L. G. e' stato dipendente del Consorzio ASI  di  Gela  ed  e'  in
pensione dal 1° gennaio del 2004. 
    La pensione veniva  erogata,  in  via  sostituiva,  dallo  stesso
Consorzio. 
    Dispone, infatti, l'art. 12, comma terzo, del regolamento interno
che: 
        «nel caso in cui il dipendente non abbia maturato il  diritto
a pensione da parte  dell'INPDAP,  sulla  base  delle  norme  vigenti
all'atto del provvedimento, ed abbia  invece  maturato  tale  diritto
sulla   base   delle   norme   in    vigore    per    i    dipendenti
dell'Amministrazione Regionale, il  Consorzio  dovra',  corrispondere
allo stesso quest'ultimo  trattamento,  provvedendo  nel  contempo  a
richiedere la  costituzione  di  una  posizione  assicurativa  presso
l'INPS ai sensi della legge 2 aprile 1958, n. 322 o presso lo  stesso
INPDAP.». 
    Ai sensi del successivo  comma  quarto,  il  trattamento  diventa
integrativo (fino al raggiungimento  dell'importo  gia'  corrisposto)
non appena si maturi il diritto alla pensione da parte dell'INPS. 
    Per  la  corresponsione,  il  Consorzio  si  avvale  del  proprio
bilancio, con specifici capitoli di spesa. 
    Nella fattispecie concreta, il ricorrente, maturati  i  requisiti
per  godere  del   trattamento   pensionistico   sulla   base   della
legislazione regionale (legge della Regione Sicilia n.  2  dei  1962:
«Norme per il trattamento di quiescenza, previdenza ed assistenza del
personale  della  Regione»),  godeva  del  trattamento  previdenziale
erogato  integralmente,  in   via   sostitutiva,   direttamente   dal
Consorzio, ai sensi dell'art. 12 del regolamento prima citato. 
    Il 12 agosto 2014  e'  stata  pero'  promulgata  la  legge  della
Regione Sicilia n. 21 il cui art. 8 prevede che: 
        «1. A  decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge e' fatto divieto, per  l'Amministrazione  regionale  e
per gli enti e gli  organismi  di  cui  all'articolo  1  della  legge
regionale  30  aprile  1991,  n.  10  e   successive   modifiche   ed
integrazioni, nonche' per  le  societa'  a  partecipazione  totale  o
maggioritaria della Regione, di erogare trattamenti di  previdenza  e
quiescenza  integrativi  o  sostitutivi  (Inciso  omesso  in   quanto
impugnato dal Commissario dello Stato ai  sensi  dell'art.  28  dello
Statuto) in assenza di una espressa previsione legislativa  regionale
e/o statale che ne definisca l'ambito di applicazione, i presupposti,
l'entita' e la relativa copertura a carico dei rispettivi bilanci. 
        2. (Comma omesso in quanto impugnato  dal  Commissario  dello
Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto ). 
        3. (Comma omesso in quanto impugnato  dal  Commissario  dello
Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto). 
        4. (Comma omesso in quanto impugnato  dal  Commissario  dello
Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto ).». 
    L'inciso omesso al primo comma prevedeva una deroga alla  deroga,
del seguente tenore: 
        «fatta eccezione per quelli in  godimento  e  per  i rapporti
gia' contrattualmente avviati alla data del 31 dicembre 1991». 
    Il secondo ed il terzo comma dell'art. 8 prevedevano direttamente
la disciplina per i Consorzi ASI: 
        «2. Sino all'adozione del decreto di cui all'art.  19,  comma
4, terzo periodo, della  legge  regionale  12  gennaio  2012,  n.  8,
ciascun soppresso Consorzio per le aree di sviluppo industriale della
Regione,  in  liquidazione,  gestione  separata  IRSAP,  continua  ad
erogare i  trattamenti  previdenziali  previsti  dalle  leggi  o  dai
regolamenti vigenti alla data di entrata in vigore della citata legge
regionale 12 gennaio 2012, n. 8. 
        3. In  caso  di  incapienza  delle  liquidazioni,  l'Istituto
regionale per lo sviluppo delle attivita'  produttive e'  autorizzato
ad anticipare  agli  aventi  diritto  il  pagamento  dei  trattamenti
previdenziali  di  cui  al  comma  precedente.   Tali   anticipazioni
costituiscono  un  credito  dell'IRSAP  nei  confronti  dei   singoli
Consorzi per le  aree  di  sviluppo  industriale  della  Regione,  in
liquidazione, gestione separata IRSAP». 
    Sia l'inciso del primo comma sia il secondo  ed  il  terzo  comma
sono stati impugnati dal Commissario dello Stato, ai sensi  dell'art.
28 dello Statuto della Regione Siciliana. 
    I disposti sono stati espunti  dalla  versione  definitiva  della
legge, com'e' prassi invalsa da tempo, e per  la  quale,  secondo  un
consolidato  orientamento  costituzionale  (cfr.  C.  Cost.  84/1994;
13/1983; 148/81) si determinerebbe, da un lato, la  cessazione  della
materia  del  contendere  sull'eventuale  giudizio  di   legittimita'
costituzionale  sollevato  per  l'intervento  del   Commissario,   e,
dall'altro lato, la definitiva impossibilita' di promulgare  comunque
le disposizioni omesse, neanche se l'eventuale giudizio sollevato dal
Commissario  dovesse  concludersi   per   la   non   contrarieta'   a
Costituzione delle disposizioni impugnate. 
    Nel caso in esame, il Commissario (per quanto e' dato evincere da
una copia informale priva di sottoscrizione prodotta  dal  ricorrente
all'ultima udienza) ha censurato il fatto che non  fosse  specificato
l'ammontare complessivo  degli  esborsi  effettuati  e  la  quota  di
integrazione a carico dell'ente subentrato ai citati consorzi. 
    Inoltre  l'allegata  relazione  tecnica  non   conteneva   alcuna
menzione circa la quantificazione degli oneri a carico  del  corrente
bilancio e dei successivi, ne' l'individuazione delle risorse con cui
farvi fronte. 
    Di qui il contrasto con gli articoli 81 (sul quale si ritornera')
e 97 della Costituzione e, quindi, l'impugnazione ai sensi del citato
art. 28 dello Statuto. 
    In precedenza i Consorzi Asi in  liquidazione  intervenivano  con
diverse modalita', in particolare: 
        per  integrare  il  trattamento  di  quiescenza   corrisposto
dall'istituto previdenziale di iscrizione del dipendente, al  momento
della cessazione dal servizio, qualora questo risultasse inferiore al
trattamento pensionistico previsto dalla legge  regionale  n.  2  del
1962; 
        oppure, nel caso (come il  presente)  in  cui  il  dipendente
avesse maturato il diritto alla pensione  ai  sensi  della  normativa
regionale - ma non ai sensi della disciplina statale -  ed  allora  i
Consorzi  erogavano  il  trattamento  sostitutivo   costituendo,   al
contempo, la posizione assicurativa presso l'INPS o presso l'INPDAP. 
    E' opportuno precisare che, ai sensi dell'art. 17  dello  Statuto
della Regione Sicilia, l'Assemblea Regionale puo', entro i limiti dei
principi ed interessi generali cui si informa la  legislazione  dello
Stato ed al fine di soddisfare  alle  condizioni  particolari  e  gli
interessi propri della Regione, emanare leggi in  materia  di  (lett.
f): legislazione sociale, ovvero rapporti di  lavoro,  previdenza  ed
assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle  leggi  dello
Stato. 
    Il limite  e',  quindi,  costituito  dai  principi  ed  interessi
generali  che  informano  la  legislazione  dello   Stato,   con   la
previsione, infine, di un vincolo al ribasso e non al rialzo,  ovvero
con il limite dei minimali previsti  dalla  legislazione  statale  in
materia pensionistica. 
Sulla rilevanza. 
    All'esito dell'impugnazione da parte  del  Commissario  regionale
della normativa sopra richiamata, il  pagamento  della  pensione  del
ricorrente e' stato integralmente interrotto e, applicandosi l'art. 8
della  legge  citata  al  caso  di  specie,   non   sussiste   alcuna
interpretazione, per quanto estensiva essa possa essere, per far dire
alla legge l'esatto contrario di quanto essa dice ora (o  meglio  per
interpretarla nel senso delle disposizioni che sono  state  soppresse
nella versione definitiva). 
    Occorre preliminarmente esaminare il periculum in mora sotteso al
presente procedimento (che ha natura cautelare) perche', un eventuale
esito negativo dell'indagine, condurrebbe all'immediato  rigetto  del
ricorso e, dunque, alla irrilevanza,  comunque,  della  questione  di
legittimita' costituzionale per l'esito del giudizio. 
    Il ricorrente e' disabile in situazione di gravita'  ex  art.  3,
comma terzo, della legge 104 del 1992, godeva della pensione  erogata
dal Consorzio (dal modello CUD risulta l'importo di € 27.097 lordi) e
gode  tuttora  di  un  trattamento   assistenziale,   perche'   cieco
ventesimista, di importo inferiore a 200 euro mensili, denaro con  il
quale retribuisce una badante. Ha contratto un mutuo ipotecario,  nel
2006, di 90 mila euro, per l'acquisito della casa, con  scadenza  nel
2021, rata mensile di circa 570 euro e di cui  e'  stato  pagato,  al
momento, circa la meta' del capitale oltre gli interessi. 
    In questa situazione e' evidente che sussista  il  pericolo  che,
nel tempo necessario per far valere  il  diritto  in  via  ordinaria,
possano risultare  definitivamente  compromessi  il  diritto  ad  una
esistenza libera e dignitosa, che possa  risultare  leso  il  diritto
alla salute,  che  sussista  il  pericolo  fondato  di  perdere,  nel
frattempo,  la  garanzia  patrimoniale  costituita  dalla   casa   di
abitazione sulla quale grava il mutuo ipotecario. 
    In definitiva, sussiste il pericolo di un  pregiudizio  grave  ed
irreparabile e, quindi, l'esame deve passare necessariamente al fumus
boni  iuris  per  il  quale  rileva  la  normativa  regionale   sopra
richiamata, che disciplina esattamente il caso in questione. 
    Sia detto, per completezza, che la  medesima  questione  riguarda
altri 35 soggetti (con riguardo solo agli ex dipendenti dei  Consorzi
ASI in liquidazione nella Regione Sicilia) che godono del trattamento
sostitutivo  (in  102  ne  godono  dell'integrativo)  secondo  quanto
dichiarato da una nota dell'1RSAP agli atti. 
    Cio' premesso, si ritiene che questo giudizio  non  possa  essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23, comma secondo  per
come richiamato dal terzo, della legge legge n. 87 del 1953. 
    Infatti l'applicazione della legge regionale  condurrebbe  ad  un
ineluttabile ed immediato rigetto nel merito del ricorso. 
Sulla non manifesta infandatezza (in relazione agli artt. 2, 3, 36  e
38 della Costituzione). 
    Come detto l'applicazione dell'art. 8 della  legge  regionale  n.
21/2014 comporta il blocco immediato  della  erogazione  dell'importo
totale del  trattamento  pensionistico  -  che  il  ricorrente  aveva
maturato sulla scorta della  normativa  regionale  - sino  alla  data
(incerta nell'an e nel quando) di emanazione di una legge regionale o
statale che  «definisca  l'ambito  di  applicazione,  i  presupposti,
l'entita' e la relativa copertura a carico  dei  rispettivi  bilanci»
del relativo trattamento (sia detto, per  inciso,  che  il  possibile
intervento  regionale  ed  anche  statale,  idoneo  ad  apportare  le
necessarie modifiche alla normativa in  questione,  in  modo  da  far
cessare la materia del contendere sottoposta al  vaglio  della  Corte
costituzionale, giustifica  la  notifica  di  questa  ordinanza  agli
organi sia statali e sia regionali, ai sensi dell'ultimo e  penultimo
comma dell'art. 23 della legge n. 87/1953  in  funzione  della  ratio
della notifica stessa). 
    In  questo  modo,  soggetti  che  avevano  riposto  un  legittimo
affidamento nel relativo trattamento pensionistico  o  di  quiescenza
(maturato da  oltre  un  decennio  -  nel  caso  concreto  -  con  le
conseguenti scelte  di  vita  come  -  sempre  nel  caso  concreto  -
l'acquisto della casa di abitazione con  relativo  mutuo  ipotecario)
vedono l'eliminazione integrale e sine die del diritto alla pensione,
per come precedentemente gia' maturato. 
    Appaiono travalicati i limiti di interferire con quello che e' un
diritto quesito perche', in  questo  caso,  non  si  assiste  ad  una
diminuzione  dell'importo  della  pensione  ma  alla  sua  totale  ed
immediata soppressione sine die, o, anche, ipoteticamente definitiva,
qualora rimanessero inerti il legislatore regionale o statale. 
    Si richiamano in proposito precedenti della Corte costituzionale. 
    Si legge nella motivazione della sentenza n. 446 del 2002 che «il
diritto ad una pensione legittimamente attribuita (in concreto e  non
potenzialmente) - se non puo'  essere  eliminato  del  tutto  da  una
regolamentazione retroattiva che renda  indebita  l'erogazione  della
prestazione (sentenze n. 211 del 1997 e n. 419 del 1999) -  ben  puo'
subire gli effetti di  discipline  piu'  restrittive  introdotte  non
irragionevolmente da leggi sopravvenute». 
    In questo senso non sembra manifestamente infondato il  contrasto
in primo luogo con gli  articoli  36  e  38  della  Costituzione  che
garantiscano  il  diritto  ad  una   retribuzione   proporzionata   e
sufficiente ed il diritto a che siano previsti  ed  assicurati  mezzi
adeguati alle esigenze di vita del lavoratore in caso di  infortunio,
malattia, invalidita', vecchiaia e disoccupazione involontaria. 
    La Corte costituzionale ha infatti in piu' occasioni sottolineato
la «funzione sociale» e «alimentare»  del  trattamento  pensionistico
erogato (oltre che  della  retribuzione  in  costanza  di  rapporto),
facendone di fatto derivare una particolare protezione. 
    In diverse pronunce ha infatti ribadito il concetto  secondo  cui
«la retribuzione dei lavoratori - tanto quella corrisposta nel  corso
del  rapporto  di   lavoro,   quanto   quella   differita,   a   fini
previdenziali, alla cessazione di tale rapporto, e corrisposta, sotto
forma di trattamento di liquidazione o di quiescenza, a  seconda  dei
casi, allo stesso lavoratore e ai suoi aventi causa, rappresenta, nel
vigente ordine costituzionale  (che,  tra  l'altro,  l'art.  l  Cost.
definisce fondato sul lavoro), una entita' fatta oggetto,  sul  piano
morale e su quello patrimoniale,  di  particolare  protezione»  (cfr.
Corte cost., 15 gennaio 1966, n. 3. Ma si vedano anche  Corte  cost.,
sentenze numeri 78 del 1967, 112 del 1968,  113  del  1968,  144  del
1971, 147 del 1971 e n. 25 del 1972). 
    In particolare, con la sentenza n.  26  del  1980,  la  Corte  ha
sottolineato come, dai parametri degli articoli 36 e 38 Cost., derivi
che il «[...] trattamento di quiescenza, al pari  della  retribuzione
[...], deve essere proporzionato alla quantita' ed alla qualita'  del
lavoro prestato,  e  deve  in  ogni  caso  assicurare  al  lavoratore
medesimo ed alla sua famiglia i mezzi adeguati alle loro esigenze  di
vita  per  un'esistenza  libera  e  dignitosa:  proporzionalita'   ed
adeguatezza, che non  debbono  sussistere  soltanto  al  momento  del
collocamento a riposo, ma vanno costantemente  assicurate  anche  nel
prosieguo in relazione  ai  mutamenti  del  potere  d'acquisto  della
moneta». 
    Sotto questo aspetto non  rileva  il  fatto  che  si  discuta  di
trattamenti  pensionistici  ulteriori,  perche'  di  maggior  favore,
rispetto a quelli statali. 
    Infatti, come detto, sul punto la Regione  Sicilia  gode  di  una
potesta' legislativa che - nei rispetto  dei  principi  ed  interessi
generali della legislazione statale - e' vincolata dai soli  minimali
statali. 
    Quindi, ragionando per esclusione, tale potesta'  legislativa  e'
stata prevista, dal Costituente, solo per disciplinare casi in cui si
sarebbe  dovuto  riconoscere  un  qualcosa  in  piu'  rispetto   alla
legislazione statale. 
    Pertanto sono, al caso in  esame,  estensibili  il  principio  di
intangibilita' (di cui l'altra faccia della  medaglia,  nei  rapporti
tra soggetti  privati,  mostra  i  principi  di  indisponibilita'  ed
imprescrittibilita') del trattamento pensionistico. 
    Cio' che rileva, piuttosto, e' che, nell'esercizio di tale potere
costituzionalmente   garantito,   siano   sorti   diritti    quesiti,
legittimamente maturati, e, successivamente, tali diritti siano stati
abrogati, cancellati all'improvviso, peraltro in  conseguenza  di  un
intervento del Commissario  dello  Stato,  laddove  l'intenzione  del
legislatore regionale era, in origine, quella opposta. 
    Evidentemente si pone un contrasto tra diversi interessi  sottesi
a diverse norme costituzionali: da un lato i principi  di  equilibrio
tra le entrate e le  spese  del  bilancio  e  di  eccezionalita'  del
ricorso all'indebitamento, di cui all'art. 81 della Costituzione,  e,
dall'altro lato, le norme, di cui si dira', nei confronti delle quali
non si ritiene manifestamente  infondato  il  contrasto  della  legge
regionale. 
    Sia detto, per inciso, che la disciplina di cui all'art. 8  della
legge citata non appare sorretta  dal  comma  3  dell'art.  81  Cost.
(contrariamente a quanto parrebbe  affermato  dal  Commissario  dello
Stato), perche' la disciplina regionale qui censurata  interviene  su
trattamenti pensionistici gia' erogati rispetto ai quali, quindi,  le
previsioni di spesa avrebbero dovuto,  semmai,  riguardare  la  legge
originaria che ne prevedeva i relativi presupposti. 
    Sotto  questo  punto  di  vista,  rispetto  ai  trattamenti  gia'
erogati, la norma  di  cui  all'art.  8  della  legge  citata  (nella
versione originaria in cui era contenuta  la  deroga  al  divieto  di
erogazione del trattamento pensionistico) non prevedeva alcuna  spesa
ulteriore ma rappresentava solo una conferma di cio'  che  durava  da
decenni. 
    Tornando  al  caso  in  esame,  la  questione   di   legittimita'
costituzionale si  pone  come  limite  al  potere  discrezionale  del
legislatore di incidere, escludendolo, su un diritto  quesito,  anche
laddove tale intervento sia giustificato  non  solo  da  esigenze  di
bilancio ma anche, in ipotesi, da casi di scopertura  finanziaria  e,
quindi, tramite indebitamento. 
    Se, in questo caso, l'art. 81  della  Costituzione  sancisca  una
sola responsabilita' politica del legislatore, oppure se il complesso
dei diritti sociali garantiti dagli  articoli  2,  3,  36,  38  della
Costituzione (oltre che dagli articoli 6, 25, 33 e 34 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea anche in relazione  all'art.
117, comma primo della Costituzione -  seppur  si  ritiene  che  tale
ultimo articolo non venga qui in rilievo perche', la fattispecie, non
rientra tra quelle in cui, ai sensi dell'art. 51 della Carta,  si  ha
diretta attuazione del diritto dell'Unione - ed anche con riferimento
ai vincoli  europei  da  cui  deriva  l'introduzione  del  cosiddetto
«pareggio di  bilancio»)  comporti,  al  contrario,  una  censura  di
incostituzionalita' di una  normativa,  come  quella  in  esame,  che
sancisca la caducazione integrale  di  un  trattamento  pensionistico
gia' riconosciuto e goduto, per anni, dai lavoratori. 
    Peraltro,  la  soppressione  di  un   trattamento   pensionistico
costituisce un evento eccezionale  che  consentirebbe,  comunque,  il
ricorso all'indebitamento, ai sensi del secondo comma dell'art. 81. 
    L'assicurazione dell'equilibrio  finanziario,  di  cui  al  primo
comma dell'art. 81, cosi' come il contenimento del  debito  pubblico,
di cui al secondo comma, non sono vincoli assoluti,  ma  e'  previsto
che il legislatore possa derogarvi, 
    Peraltro l'espressione «obbligo del pareggio di bilancio»  e'  un
sintagma improprio; perche' lo Stato non e' obbligato al pareggio  di
bilancio, ma ha il compito, invece, di assicurare l'equilibrio tra le
entrate e le spese del proprio bilancio, con un margine consentito di
manovra. 
    Equilibrio  non  significa  pareggio,  ma  evoca  piuttosto   una
funzione altalenante che deve tener conto, espressamente lo  richiede
la Costituzione, delle fasi congiunturali del ciclo economico. 
    Pertanto la norma regionale in esame  non  appare  coperta  dallo
scudo  dell'art.  81  (come  se  tale  articolo  le  conferisse   una
«copertura» costituzionale) ma, al contrario, non sembra,  piuttosto,
manifestamente infondato il contrasto  con  altre  norme  e  principi
costituzionali, oltre che con i richiamati articoli 36  e  38,  anche
con gli articoli 3 e 2 della Costituzione. 
    Perche' la scelta di promulgare la legge, con le omissioni di cui
si e' detto, appare una scelta irragionevole ed irrazionale,  nonche'
una incoerenza dell'ordinamento giuridico con se  stesso,  anche  per
l'impatto  sociale  che  comporta  la  caducazione  integrale  di  un
trattamento pensionistico inveterato nel tempo. 
    Ed anche per l'arbitrarieta' con la  quale,  improvvisamente,  un
lavoratore viene privato dell'unica fonte di  sostentamento  che  gli
era gia' stata riconosciuta. 
    Sotto il profilo della razionalita' e della  ragionevolezza,  con
riguardo all'art. 3 della Costituzione, non puo' non  rilevarsi  come
l'omissione dell'inciso di cui al primo comma dell'art. 8 della legge
citata, produce, come conseguenza, la congiunzione di due periodi che
prima erano separati, nel  corpo  della  norma,  proprio  dall'inciso
omesso. 
    Questo determina delle conseguenze che non  erano  neanche  state
preventivate nella formulazione originaria della norma. 
    Cioe',  la  condizione  sospensiva  costituita  dall'eventuale  e
successivo intervento legislativo (statale o regionale che sara') era
legata ad una norma che, nella versione originaria, conteneva, pero',
la deroga afferente i trattamenti quesiti. 
    Cio'  significa  che  la   condizione   del   futuro   intervento
legislativo (da cui dipendera' la durata, nel tempo, del  divieto  di
erogazione) era riferita ad una fattispecie astratta diversa,  ovvero
quella della erogazione dei trattamenti futuri, non  di  quelli  gia'
maturati. 
    Ora, invece, viene a rappresentare la condizione del  divieto  di
erogazione anche per i diritti quesiti. 
    Non appare neanche  manifestamente  infondato  il  contrasto  con
l'art. 2  della  Costituzione  in  quanto  la  revoca  integrale  del
trattamento  pensionistico   incide,   ledendolo,   su   un   diritto
inviolabile dell'uomo, ovvero  il  diritto  a  vivere  una  esistenza
libera e dignitosa, e  costituisce  un  inadempimento  di  un  dovere
inderogabile di solidarieta' economica e sociale nella misura in  cui
un diritto di primaria importanza, ovvero la tutela della  vecchiaia,
viene prima riconosciuto e poi disconosciuto senza alcuna  previsione
di misure transitorie ne' possibilita' recuperatorie  (si  tratta  di
soggetti oramai esclusi, per ragioni di  eta'  o  salute,  dal  ciclo
produttivo e lavorativo). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il  giudice,  considerata   l'unitarieta'   della   giurisdizione
costituzionale (C. cost.  38/1957)  sollevando  d'ufficio,  ai  sensi
dell'art. 23, comma terzo, della legge n. 87 del 1953,  la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art.  8,  comma  1,  della  legge
della Regione Sicilia n. 21 del 12 agosto 2014 (Legge  di  stabilita'
regionale) in relazione agli articoli 36, comma 1, 38, commi 2, 3,  4
e 5, 3, commi 1 e 2 e  2  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
sancisce il divieto  di  erogare  il  trattamento  pensionistico,  di
natura sostitutiva, gia' maturato e goduto dal lavoratore grazie alla
normativa regionale illo tempore applicabile, sino alla emanazione di
una  legge,  statale o  regionale,  che  ne  definisca  l'ambito   di
applicazione, i presupposti, l'entita'  e  la  relativa  copertura  a
carico dei rispettivi bilanci; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e la sospensione del giudizio in corso; 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa, al Presidente della Regione  Sicilia;
al Presidente dell'Assemblea regionale della Regione Sicilia  nonche'
al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti del  Senato
e della Camera dei deputati. 
    Gela, 4 novembre 2014 
 
                Il giudice: dott. Alessandro Laurino