N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 2014

Ordinanza del 19 maggio  2014  emessa  dal Tribunale  di  Milano  nel
procedimento civile promosso da Qualta S.p.a. contro Messina Marco. 
 
Lavoro (controversie in materia di) - Giudizio  di  opposizione  alla
  ordinanza che accoglie o rigetta il licenziamento del lavoratore  -
  Possibilita' che  il  giudizio  di  opposizione  abbia  svolgimento
  davanti al medesimo giudice persona fisica della  fase  sommaria  -
  Mancata previsione - Violazione  del  principio  di  uguaglianza  -
  Lesione del diritto di azione e di difesa in giudizio - Lesione del
  principio  del  giudice  naturale  -  Violazione  dei  principi  di
  imparzialita' e buon andamento - Violazione dei principi del giusto
  processo. 
- Legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 51. 
- Costituzione, artt. 3, commi primo e secondo,  24,  commi  primo  e
  secondo, 25, primo comma, 97 e 111, primo comma. 
Procedimento  civile  -  Astensione  e  ricusazione  del  giudice   -
  Astensione del  giudice  che  abbia  conosciuto  della  fattispecie
  oggetto del giudizio in  altro  grado  del  processo  -  Esclusione
  dell'operativita'  nel  giudizio  di  opposizione  all'udienza  che
  accoglie o  rigetta  il  licenziamento  del  lavoratore  -  Mancata
  previsione - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione  del
  diritto di azione e di difesa in giudizio - Lesione  del  principio
  del giudice naturale - Violazione dei principi di  imparzialita'  e
  buon andamento - Violazione dei principi del giusto processo. 
- Codice di procedura civile, art. 51, primo comma, n. 4. 
- Costituzione, artt. 3, commi primo e secondo,  24,  commi  primo  e
  secondo, 25, primo comma, 97 e 111, primo comma. 
(GU n.34 del 26-8-2015 )
 
                         TRIBUNALE DI MILANO 
                        Sezione Terza Civile 
 
    Il Tribunale, riunito in Camera di consiglio e composto da: 
      Presidente rel: dott. Cesare DE SAPIA; 
      Giudici: dott.  Giuseppe  BLUMETTI,  dott.ssa  Maria  Gabriella
MENNUNI, 
    in relazione all'istanza di ricusazione ex  art.  52  c.p.c.  nei
confronti del giudice dott. Piero Martello, depositata dalla societa'
Qualta  S.p.a.,  con  l'avv.  Morpurgo  Claudio  Daniele  Mose',  nel
procedimento di opposizione R.G. 14770/13, ha emesso la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    1) Il ricorso per ricusazione ex art. 52  c.p.c.,  depositato  in
data 14 gennaio 2014, e' fondato sul rilievo che il  giudice  sarebbe
incompatibile per la trattazione del procedimento di opposizione,  ex
art. 1, comma 51, legge n. 92/2012, avendo gia' trattato e deciso  il
relativo procedimento sommario, di cui all'art. 1,  commi  48  e  49,
legge citata. 
    2)  A  fondamento  dell'istanza  di  ricusazione  la   ricorrente
richiama la pronuncia della Corte costituzionale n. 387/99,  in  tema
di procedimento ex art.  28,  legge  n.  300/70,  nella  quale  viene
espresso il fondamentale  principio  di  imparzialita'  del  giudice,
previsto per evitare che  lo  stesso  giudice  abbia  a  ripercorrere
l'identico itinerario logico precedentemente seguito  e  richiama  un
precedente favorevole della Corte d'Appello (sent. n. 1241/13). 
    3) Cio' premesso, osserva il collegio che in relazione ad analoga
questione il Tribunale, con  le  ordinanze  in  data  8  gennaio,  27
gennaio 2014 e 6 febbraio 2014, ha disposto la rimessione degli  atti
del processo alla Corte  Costituzionale,  essendo  «rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
degli artt. 51, primo comma, n. 4 c.p.c. e  1,  comma  51,  legge  28
giugno 2012 n. 92 (disposizioni in materia di riforma del mercato del
lavoro in una prospettiva  di  crescita),  nella  parte  in  cui  non
prevedono l'obbligo di astensione per  l'organo  giudicante  (persona
fisica) investito del giudizio  di  opposizione  ex  art.  51,  primo
comma, legge 92/12 che abbia pronunciato l'ordinanza ex art. 1, comma
49, legge n. 92/2012, in riferimento agli artt. 3,  24  e  111  della
Costituzione» (Ord. del 27 gennaio 2014). 
    4) Tale conclusione appare condivisibile,  essendo  la  questione
rilevante nel caso di specie, considerato che  la  ricusante  afferma
sussistente l'obbligo di astensione da parte del giudice  della  fase
sommaria, obbligo che, invece, non si configura nel presente  assetto
normativo. 
    Ed infatti, nella presente fattispecie  deve  escludersi  che  il
giudice abbia conosciuto della causa «come magistrato in altro  grado
del  processo  ...»,  difettando,  in   particolare,   il   requisito
dell'identita' di causa, nel diverso grado. 
    Non  si  ravvisa,  cioe',  un   procedimento   di   impugnazione,
considerato che  nella  fase  di  opposizione,  a  cognizione  piena,
possono essere formulate domande nuove, anche in via riconvenzionale,
possono  farsi  valere  nuovi  elementi  probatori,  in  assenza   di
preclusioni istruttorie. E' consentita, inoltre, la chiamata in causa
di soggetti ulteriori rispetto alla fase sommaria. 
    Nel caso di specie viene rispecchiata la  consueta  articolazione
tipica dei procedimenti di  opposizione:  una  prima  fase  sommaria,
seguita da un'eventuale fase di opposizione a cognizione piena. 
    5) Contrariamente a quanto dedotto da parte ricusante, i principi
richiamati nella pronuncia della Corte costituzionale citata da parte
ricusante (sent. n. 387/99), non risultano applicabili alla  presente
fattispecie,  in   quanto   riguardano   la   fase   processuale   di
impugnazione, ex art. 28 dello  Statuto  dei  lavoratori,  come  gia'
evidenziato da questo Tribunale,  nell'ordinanza  in  data  4  aprile
2013, dove si e'  affermato  che  «l'emissione  di  provvedimenti  di
urgenza o a cognizione sommaria da parte dello stesso giudice che  e'
chiamato  a  decidere  il  merito  della  stessa,   costituisce   una
situazione  ordinaria  del  giudizio  e  non  puo'  in  nessun   modo
pregiudicarne l'esito, ne' determina un obbligo di astensione  o  una
facolta' della parte di chiedere la ricusazione (Cass. n.  422/2006).
Principi  interpretativi  conformi  all'orientamento  espresso  dalla
Corte costituzionale cui fu rimessa la  questione  della  conformita'
dell'art. 51 n. 4 c.p.c. al dettato costituzionale  (v.  sentenza  n.
326/1997). Orientamento che ha  trovato  ulteriore  riscontro,  (...)
(ne)lle  ipotesi  di   opposizioni   proposte   avanti   il   giudice
dell'esecuzione avverso atti  esecutivi  dallo  stesso  anteriormente
adottati (v. Cass. n. 5510/2003). Tali temi  sono  stati  anche  piu'
recentemente riconsiderati dalla giurisprudenza di  legittimita',  la
quale ha affermato l'inapplicabilita' dell'art. 51 n. 4 c.p.c., (...)
(v. SS.UU. Cass, n. 1783/2011, Cass. n. 18047/2008)...». 
    Inoltre, deve escludersi che i principi ricavabili dalla sentenza
n. 387 della Corte  costituzionale,  del  15  ottobre  1999,  possano
applicarsi per analogia al caso di specie, come affermato dalla Corte
d'appello di Milano (sentenza n. 1577 del 13 dicembre 2013). Infatti,
«il giudizio di comparazione, tra il  caso  trattato  dalla  Consulta
nella decisione citata e quello  sottoposto  a  questo  Collegio,  si
conclude nel senso di escludere affinita' tra le fattispecie, tale da
indurre   a   ritenere   applicabile   la    medesima    proposizione
interpretativa (distinguishing). Il giudizio previsto  dall'art.  28,
legge 20 maggio 1970 n. 300, infatti, ha  la  funzione  esclusiva  di
reprimere la condotta antisindacale e, pertanto, oggetto del processo
e' la violazione del diritto dei lavoratori all'attivita' sindacale e
allo sciopero, tant'e' che il provvedimento conclusivo del  rito  (se
positivo) comporta la cessazione del comportamento illegittimo  e  la
rimozione  degli  effetti.  Si  tratta,  inoltre,  di  una  procedura
attivata  su  ricorso  degli  organismi  locali  delle   associazioni
sindacali nazionali che vi abbiano interesse. Ambito processuale  del
tutto differente da quello regolato dalla  legge  n.  92/12  in  cui,
invece, il procedimento ha ad  oggetto  un  determinato  rapporto  di
lavoro in un giudizio che vede confrontarsi parti legate da  rapporto
negoziale, con un ambito di cognizione ben piu' ampio e complesso, in
cui anche la conclusione del giudizio  e'  aperta  ad  una  variegata
ricchezza di soluzioni  giudiziali.  Pertanto:  nel  primo  rito,  la
pronuncia  ha,  di  fatto,  vocazione  sanzionatoria  e  l'ambito  di
cognizione e' limitato e ristretto cosicche' non si assiste invero, a
due fasi  "in  senso  tecnico",  ma  ad  una  sanzione  ed  alla  sua
impugnazione. Da qui la sostanziale assimilabilita' di quella fase ad
un vero e proprio "grado" del giudizio. Quanto non accade nel rito ex
lege 92/12. In questo caso, il procedimento resta unico  ma  scandito
da due fasi in cui, nella prima, il rapporto di lavoro e' oggetto  di
una pronuncia celere e ad istruttoria "approssimativa"  che,  se  non
soddisfacente  a  giudizio  di  una  o  entrambe  le   parti,   viene
accantonata per dare ingresso alla seconda (delle citate fasi) in cui
il processo gode della pienezza  dei  rimedi,  degli  strumenti,  dei
tempi. La diversita' ontologica tra i due riti e'  pure  resa  palese
dal dettaglio di disciplina che assiste il procedimento ex lege 92/12
in cui, nei commi da 47 a  69,  il  legislatore  disciplina  in  modo
dettagliato: fase sommaria, fase  a  cognizione  piena,  giudizio  di
appello procedimento di Cassazione». (...) Alla luce del ragionamento
sin qui svolto: il rito ex lege 92/12  non  prevede  che  il  giudice
delle due fasi debba essere diverso  e  questa  previsione  non  puo'
nemmeno ricavarsi per via  interpretativa  attingendo  al  bacino  di
Corte cost. 387/99» (Ord. Trib.  Milano  in  data  27  gennaio  2014,
citata). 
    6) Cio' Premesso, va altresi' condivisa la  valutazione  espressa
da questo  Tribunale  nell'ordinanza  in  data  6  febbraio  2014  in
relazione alla non manifesta infondatezza della questione  sollevata,
considerato che «La particolare struttura procedimentale,  introdotta
dalla legge n.  92/12,  pur  mirando  a  costituire  un  procedimento
scandito da due fasi - di cui una urgente e  sommaria  e  l'altra  di
piena cognizione - pur non istituendo, in senso tecnico,  un  "grado"
di giudizio, configura una struttura processuale in  cui  la  seconda
delle fasi puo'  assume(re)  -  secondo  il  ricusante  e  la  citata
giurisprudenza  d'appello  (sentenza  n.  1577/13,  ndr.)  -   valore
impugnatorio con contenuto sostanziale di revisio prioris instantiae.
In tale prospettiva, puo' prospettarsi la violazione degli artt. 24 e
111 della Costituzione,  per  la  lesione  del  diritto  alla  tutela
giurisdizionale, sotto il profilo di esclusione  della  imparzialita'
del giudice». 
    7) Sulla base delle conclusioni raggiunte,  deve  essere  rimessa
alla  valutazione  della  Corte  costituzionale   la   questione   di
incostituzionalita' degli artt. 51, primo comma, n. 4,  c.p.c.  e  1,
comma 51, legge 28 giugno 2012 n.  92  (disposizioni  in  materia  di
riforma del mercato del lavoro  in  una  prospettiva  di'  crescita),
nella parte in cui non prevedono l'obbligo di astensione per l'organo
giudicante (persona fisica) investito dei giudizio di opposizione  ex
art. 51, primo comma,  legge  n.  92/12  se  abbia  gia'  pronunciato
l'ordinanza ex art. 1, comma 49, legge n. 92/2012. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    1) Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale degli artt.  51,  primo  comma,  n.  4
c.p.c. e 1, comma 51, legge 28 giugno 2012  n.  92  (disposizioni  in
materia di riforma del mercato  del  lavoro  in  una  prospettiva  di
crescita), nella parte in cui non prevedono l'obbligo  di  astensione
per l'organo giudicante (persona fisica) investito  del  giudizio  di
opposizione ex art.  51,  primo  comma,  legge  n.  92/12  che  abbia
pronunciato l'ordinanza ex art. 1, comma 49,  legge  n.  92/2012,  in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione. 
    2) Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione  degli
atti  alla  Corte  Costituzionale,  unitamente   alla   prova   delle
comunicazioni e notificazioni previste. 
    3) Ordina che, a cura della Cancelleria,  la  presente  ordinanza
venga notificata a tutte le parti del processo e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
      Milano, Camera di consiglio del 26 marzo 2014 
 
                Il Presidente est.: dott. C. de Sapia