N. 193 SENTENZA 7 luglio - 24 settembre 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Elezioni - Norme  per  le  elezioni  del  Consiglio  regionale  della
  Regione  Lombardia  (attribuzione  del   premio   di   maggioranza;
  previsione di soglia di sbarramento per accedere alla  ripartizione
  dei seggi). 
- Legge della Regione Lombardia 31 ottobre 2012,  n.  17  (Norme  per
  l'elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Regione),
  art. 1, commi 24 e 30, lett. d). 
-   
(GU n.39 del 30-9-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 24
e 30, lettera d), della legge  della  Regione  Lombardia  31  ottobre
2012, n. 17 (Norme per  l'elezione  del  Consiglio  regionale  e  del
Presidente della  Regione),  promosso  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Lombardia nel procedimento vertente tra F. C. B.  ed
altri e la Regione Lombardia ed altri, con ordinanza  del  9  ottobre
2013, iscritta al n. 95 del  registro  ordinanze  2014  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  25,  prima   serie
speciale, dell'anno 2014. 
    Visti gli atti di costituzione  di  F.  C.  B.  ed  altri,  della
Regione Lombardia e di L. M. ed altro; 
    udito nell'udienza pubblica del 7 luglio 2015 il Giudice relatore
Giuliano Amato; 
    uditi gli avvocati Felice Carlo Besostri e Claudio  Stefano  Tani
per F. C. B. ed altri, Francesco Saverio Marini e Giandomenico Falcon
per la Regione Lombardia e Leonardo Salvemini per L. M. ed altro. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 9 ottobre 2013 (r.o. n. 95  del  2014),  il
Tribunale amministrativo regionale  per  la  Lombardia  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 24 e  30,
lettera d), della legge della Regione Lombardia 31 ottobre  2012,  n.
17 (Norme per l'elezione del Consiglio  regionale  e  del  Presidente
della Regione), in riferimento agli artt. 3, 48, secondo  comma,  51,
121, secondo comma, e 122 della Costituzione, in  relazione  all'art.
4,  comma  1,  lettera  a),  della  legge  2  luglio  2004,  n.   165
(Disposizioni di attuazione dell'articolo  122,  primo  comma,  della
Costituzione). 
    L'art. 1,  comma  24,  stabilisce  che  «Le  liste  collegate  al
candidato proclamato eletto alla carica di Presidente  della  Regione
ottengono: 
    a) almeno il cinquantacinque per cento  dei  seggi  assegnati  al
Consiglio regionale se  il  candidato  proclamato  eletto  Presidente
della Regione ha ottenuto  meno  del  quaranta  per  cento  dei  voti
validi; 
    b) almeno il sessanta per cento dei seggi assegnati al  Consiglio
regionale se il candidato proclamato eletto Presidente della  Regione
ha ottenuto una percentuale di voti validi pari al quaranta per cento
o superiore». 
    L'art. 1, comma 30, lettera  d),  invece,  prescrive  all'Ufficio
centrale elettorale di escludere «dalla  ripartizione  dei  seggi  le
liste provinciali il cui gruppo ha ottenuto nell'intera Regione  meno
del tre per cento dei voti validi se non  collegato  a  un  candidato
Presidente che ha ottenuto almeno il cinque per cento dei voti  nella
relativa elezione». 
    1.1.- Il rimettente premette di essere  chiamato  a  pronunciarsi
sul ricorso elettorale promosso da un gruppo  di  cittadini  elettori
per l'annullamento,  in  parte  qua,  del  verbale  delle  operazioni
dell'Ufficio centrale elettorale costituito presso la Corte d'appello
di  Milano  e  dei  presupposti   verbali   degli   Uffici   centrali
circoscrizionali costituiti presso i Tribunali  ordinari  di  Milano,
Monza, Lodi, Pavia,  Cremona,  Mantova,  Brescia,  Bergamo,  Sondrio,
Lecco, Como e Varese, relativamente alle elezioni regionali svolte il
24 e 25 febbraio 2013, nonche' delle  deliberazioni  dell'Ufficio  di
Presidenza del Consiglio della Regione Lombardia n. 128 del 12 maggio
2010 e n. 3 del 4 gennaio 2013, in parte qua; n. 314 e n. 315 del  20
dicembre 2012; n. 320, n. 321, n. 322 e n. 323 del 27 dicembre 2012 e
degli atti connessi e conseguenti. 
    1.2.- In ordine alla rilevanza delle questioni,  il  TAR  osserva
che, a fronte di un  consenso  del  42,81  per  cento  raggiunto  dal
candidato eletto alla carica di Presidente della  Regione  e  di  una
percentuale di circa il 38 per cento  (cosi'  assume  il  rimettente)
raggiunta dalle liste ad esso collegate (corrispondente a 37  seggi),
vi e' stata l'attribuzione di un premio di  maggioranza  del  60  per
cento (ovvero 48 seggi, piu' quello spettante al Presidente eletto). 
    Il  rilevante  divario  tra  i  consensi  ottenuti  dalle   liste
collegate al Presidente e il numero  dei  seggi  ad  esse  attribuiti
renderebbe evidente che, in caso di accoglimento della  questione  di
costituzionalita', verrebbe eliminato (o  rimodulato)  il  premio  di
maggioranza, modificando sensibilmente la composizione del  Consiglio
regionale. 
    Ugualmente,  ad  avviso   del   rimettente,   l'eliminazione   (o
rimodulazione) della soglia di sbarramento determinerebbe una diversa
attribuzione dei seggi alle liste cosiddette minori, visto che alcune
di esse, pur avendo ottenuto un quoziente piu' elevato di altre,  non
hanno avuto alcun seggio a differenza delle precedenti. 
    A questo riguardo, il giudice a quo riporta l'esempio della lista
«Centro Popolare Lombardo» la quale, a fronte dell'1,18 per cento  di
voti, non ha ottenuto seggi, mentre il «Partito dei pensionati»,  con
lo 0,94 per cento dei voti, ha ottenuto  un  seggio  in  ragione  del
collegamento con il candidato Presidente eletto. 
    1.3.- Quanto poi alla non manifesta infondatezza delle questioni,
il TAR ritiene anzitutto che la disciplina del premio di maggioranza,
di cui all'art. 1, comma 24, sarebbe irragionevole e in contrasto con
il principio dell'uguaglianza del voto, nella parte in cui  determina
l'assegnazione dei seggi in seno al Consiglio regionale  riconoscendo
valore determinante al risultato conseguito dal candidato eletto alla
carica di Presidente, visto che in tal modo la sorte delle  liste  si
determinerebbe sulla base del  solo  collegamento  effettuato  con  i
candidati alla carica di Presidente della Regione. 
    Secondo il rimettente, infatti, i  seggi  in  seno  al  Consiglio
verrebbero attribuiti senza considerare il quoziente elettorale delle
varie liste concorrenti, che non rileverebbe se  non  in  modo  molto
limitato (in caso di non superamento della soglia  di  sbarramento  o
per l'applicazione dell'art. 1, comma  30,  lettera  f,  della  legge
regionale n. 17 del 2012) e al fine del riparto dei seggi all'interno
delle diverse coalizioni che ne hanno diritto. 
    1.3.1.- Sarebbe inoltre  lesiva  dell'art.  121,  secondo  comma,
Cost., la circostanza  che  la  formazione  dell'organo  assembleare,
massima espressione  democratica  regionale,  venga  determinata  dai
risultati elettorali  riguardanti  un  organo  diverso  (id  est,  il
Presidente). 
    Una  simile  distorsione,  ad  avviso  del  TAR,   non   potrebbe
giustificarsi ne' valorizzando oltremisura il collegamento effettuato
tra i candidati alla carica di Presidente e le varie liste in fase di
presentazione delle candidature; ne' per la necessita' di  assicurare
la governabilita', che potrebbe consentire solo una  parziale  deroga
al principio democratico, ma non il suo completo stravolgimento. 
    Sarebbe evidente la possibilita' di neutralizzare la competizione
elettorale relativa all'elezione dei consiglieri regionali, visto che
il premio di maggioranza viene assegnato senza prevedere  una  soglia
minima di consensi  da  raggiungere  per  potervi  accedere,  con  il
rischio di trasformare una minoranza elettorale  in  una  maggioranza
politica. 
    1.3.2.- Altrettanto irragionevole sarebbe la  mancata  previsione
di una soglia minima di  consensi  che  deve  ricevere  il  candidato
eletto Presidente ai fini dell'attribuzione del premio di maggioranza
nell'ipotesi indicata dall'art. 1, comma 24, lettera a), della  legge
elettorale regionale. 
    1.3.3.-  L'irragionevolezza  di  tale  sistema  sarebbe  altresi'
aggravata dalla possibilita' per  l'elettore  di  esprimere  il  voto
disgiunto, ossia di dare la preferenza ad  un  candidato  Presidente,
scegliendo contemporaneamente  una  lista  che  sostiene  un  diverso
candidato Presidente. 
    In  tale  evenienza,  infatti,  l'attribuzione  del   premio   di
maggioranza risulterebbe in aperta contraddizione con il  sistema  di
voto, in quanto sarebbe palesemente disattesa la scelta elettorale di
coloro che hanno inteso dare un voto disgiunto. 
    1.3.4.- Neppure potrebbe ritenersi che il  sistema  sia  comunque
coerente con l'art. 4, comma 1, lettera a), della legge  n.  165  del
2004, che impone al legislatore di individuare «un sistema elettorale
che agevoli  la  formazione  di  stabili  maggioranze  nel  Consiglio
regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze»; le  esigenze
legate alla governabilita',  infatti,  non  possono  giustificare  un
capovolgimento o una consistente alterazione dell'esito elettorale. 
    1.3.5.- Ad avviso del giudice a quo, in  definitiva,  il  sistema
elettorale  regionale  rischierebbe  di   stravolgere   la   volonta'
elettorale rispetto alle  candidature  al  Consiglio  regionale,  ben
potendo accadere che liste o coalizioni minoritarie, ove collegate ad
un candidato eletto Presidente anche con un numero  esiguo  di  voti,
ottengano  la  maggioranza  assoluta  dei  seggi,  come  si  potrebbe
verificare in caso di eccessiva frammentazione dell'elettorato  e  in
presenza di un turno unico di votazione. 
    1.4.- Quanto  alla  questione  relativa  all'art.  1,  comma  30,
lettera d), il  TAR  osserva  che  l'elemento  determinante  ai  fini
dell'applicazione della soglia di sbarramento  sarebbe  rappresentato
dal semplice collegamento della lista ad un candidato alla carica  di
Presidente che abbia ottenuto almeno il 5  per  cento  dei  voti;  di
conseguenza, la possibilita' del voto disgiunto renderebbe del  tutto
irrazionale  tale  previsione  e  stravolgerebbe   in   maniera   non
consentita il principio di uguaglianza del voto. 
    2.- Con atto depositato il 21 maggio 2014, si  e'  costituita  in
giudizio la Regione  Lombardia,  chiedendo  che  le  questioni  siano
dichiarate inammissibili e comunque infondate. 
    2.1.-   La   difesa   regionale   eccepisce   in   primo    luogo
l'inammissibilita' delle questioni in quanto  volte  all'applicazione
retroattiva, alle elezioni del 2013, di regole diverse da  quelle  in
base alle quali le forze politiche e gli elettori  hanno  formato  le
proprie scelte, distorcendo il senso dei voti dati  e  in  violazione
del principio di previa conoscibilita' delle regole di votazione. 
    Tali questioni, infatti, sono state prospettate non  in  sede  di
impugnazione del decreto prefettizio  di  indizione  delle  elezioni,
cioe' prima del loro svolgimento, ma ad elezioni svolte, in  sede  di
impugnazione  del  verbale  delle  operazioni  dell'Ufficio  centrale
elettorale, ai sensi dell'art. 130 del decreto legislativo  2  luglio
2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,
n. 69, recante  delega  al  governo  per  il  riordino  del  processo
amministrativo). 
    Pertanto, all'esito della invocata declaratoria di illegittimita'
costituzionale, l'eventuale accoglimento  del  ricorso  comporterebbe
una valutazione del risultato delle elezioni in base a regole diverse
da quelle in relazione alle quali i cittadini hanno  deciso  il  loro
voto, travisandone completamente il senso. 
    E, d'altra parte, secondo la Regione,  non  sarebbe  impedita  la
"giustiziabilita'"  della  denunciata  illegittimita'  costituzionale
della legge elettorale,  in  quanto  i  ricorrenti  avrebbero  potuto
introdurre un giudizio di  merito  corrispondente  a  quello  che  ha
portato alla sentenza n.  1  del  2014  della  Corte  costituzionale;
oppure  impugnare  dinnanzi  al  competente  giudice  il  decreto  di
indizione delle elezioni. 
    In  definitiva,  ad  avviso  della  Regione,   non   sarebbe   in
discussione la possibilita' di contestare le regole fondamentali  del
voto, ma solo che cio' avvenga dopo che esso e' stato espresso  e  al
fine  di   manipolarne   retroattivamente   l'esito.   In   sede   di
contestazione delle operazioni elettorali,  ai  sensi  dell'art.  130
codice del processo amministrativo, infatti,  sarebbe  possibile  far
valere  soltanto  una  presunta  illegittimita'   di   secondarie   e
accessorie determinazioni  procedurali  e  non  dell'impianto  stesso
della legge. 
    2.2.- Ad avviso  della  Regione,  inoltre,  la  censura  relativa
all'assegnazione di un premio di maggioranza in assenza di una soglia
minima di voti, sarebbe inammissibile per assoluta irrilevanza. 
    Il TAR, infatti, riferirebbe espressamente tale censura  all'art.
1, comma 24, lettera a), che attribuisce un premio del 55  per  cento
dei seggi del Consiglio regionale alle liste collegate  al  candidato
proclamato eletto Presidente che abbia ottenuto meno del 40 per cento
dei voti. 
    La  richiamata  disposizione,  tuttavia,  non   avrebbe   trovato
applicazione in occasione delle elezioni del 2013  e  dunque  sarebbe
del tutto irrilevante nel giudizio a  quo.  Il  candidato  Presidente
eletto, infatti, ha ottenuto il 42,81 per cento dei voti,  mentre  le
liste ad esso collegate hanno ottenuto  il  43,05  per  cento  (cosi'
assume la Regione). 
    Ai fini  dell'assegnazione  dei  seggi,  infatti,  sarebbe  stata
applicata la disposizione di cui all'art. 1, comma  24,  lettera  b),
che assegna un premio del 60 per cento dei seggi alle liste collegate
al Presidente proclamato eletto che abbia raggiunto o superato il  40
per cento dei voti validi. Cio' risulterebbe anche dal verbale  delle
operazioni dell'Ufficio centrale  regionale,  nel  quale  la  formula
relativa all'art. 1, comma 24, lettera a), e' espressamente sbarrata,
ad indicarne la non applicazione. 
    2.3.-  Secondo  la  Regione,  inoltre,  la  censura  relativa  al
collegamento del premio di maggioranza con  l'esito  delle  votazioni
per il Presidente, anziche' con quello delle elezioni per  lo  stesso
Consiglio regionale, sarebbe inammissibile per irrilevanza, in quanto
inidonea a dispiegare effetti nel caso concreto. 
    Nelle elezioni regionali del 2013, oggetto del giudizio a quo, le
liste collegate  al  candidato  proclamato  eletto  Presidente  hanno
ottenuto il 43,05 per cento dei voti (cosi' assume la Regione), cioe'
un  consenso  persino  maggiore  di  quello  ottenuto  dallo   stesso
candidato Presidente. 
    Se dunque la  legge  prevedesse  quel  collegamento  che  il  TAR
ritiene indispensabile  ai  fini  della  legittimita'  costituzionale
della disposizione, ossia il collegamento del premio  di  maggioranza
ai  voti  ottenuti  dalle  liste,  l'assegnazione   dei   seggi,   in
conseguenza  del  risultato  elettorale,  non   sarebbe   minimamente
cambiata, ne' cambierebbe qualora la  disposizione  dovesse  assumere
tale significato all'esito del giudizio costituzionale. 
    2.4.- La  Regione  eccepisce,  ancora,  l'inammissibilita'  della
questione  per  l'illegittimita'   costituzionale   della   normativa
residua. 
    All'esito  dell'eventuale  declaratoria  di  incostituzionalita',
infatti,  residuerebbe  un  sistema   elettorale   costituzionalmente
illegittimo per contrasto con l'art. 4, comma 1,  lettera  a),  della
legge n. 165 del 2004, in quanto non agevolerebbe  la  formazione  di
stabili maggioranze in Consiglio regionale. 
    2.5.- Secondo la Regione, infine, la questione relativa  all'art.
1, comma 24, sarebbe inammissibile poiche' generica e perplessa nella
valutazione sulla rilevanza. 
    Tale disposizione, infatti, disciplina due  distinte  ipotesi  di
assegnazione del premio di maggioranza, a seconda  che  il  candidato
Presidente non abbia raggiunto il 40 per cento dei voti (lettera  a),
ovvero lo abbia raggiunto o superato (lettera b). 
    Il TAR, tuttavia, non avrebbe individuato la norma rilevante  nel
caso concreto, non avrebbe correlato le censure alla specifica  norma
rilevante, non  avrebbe  individuato  le  conseguenze  dell'eventuale
accoglimento  delle  singole  censure,  non  avrebbe   esaminato   la
legittimita' costituzionale della  normativa  di  risulta  e  sarebbe
stato incerto rispetto alla richiesta di eliminazione, ovvero di mera
rimodulazione, del premio di maggioranza. 
    2.6.- Anche la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 30, lettera d),  presenterebbe,  ad  avviso  della  Regione,
diversi profili di inammissibilita'. 
    2.6.1.-  In  primo  luogo,  l'ordinanza  sarebbe   manifestamente
contraddittoria, perche' il giudice a quo, per un verso, censura tale
disposizione nella parte in cui subordina l'accesso  al  riparto  dei
seggi anche ai  voti  del  candidato  Presidente;  per  altro  verso,
tuttavia, solleva la questione  in  riferimento  all'intero  art.  1,
comma 30, lettera d), dunque con riguardo anche alla soglia del 3 per
cento legata ai voti ottenuti dalle singole liste. 
    2.6.2.- In secondo  luogo,  la  questione  sarebbe  inammissibile
perche' la Corte dovrebbe conseguentemente  scegliere  se  dichiarare
incostituzionale l'intera disposizione  censurata  o  solo  la  parte
relativa al collegamento con il candidato Presidente, cosi'  operando
una «valutazione di natura politica» che le sarebbe preclusa. 
    2.6.3.-  Infine,   la   questione   sarebbe   inammissibile   per
l'erroneita' del presupposto interpretativo da cui muove  il  giudice
rimettente per motivare la rilevanza. Ad  avviso  del  TAR,  infatti,
l'eliminazione della soglia di sbarramento consentirebbe  alle  liste
cosiddette minori, non  collegate  ad  un  candidato  Presidente,  di
essere rappresentate. 
    Secondo la Regione, tuttavia, nelle ultime elezioni la soglia  di
ingresso "fisiologica" per  le  liste  non  collegate  al  Presidente
eletto sarebbe stata di poco inferiore al 3 per cento. La  questione,
pertanto, sarebbe priva di rilevanza,  in  quanto  il  suo  eventuale
accoglimento non produrrebbe alcun mutamento nel riparto dei seggi. 
    2.7.-  Nel  merito,  la  Regione  deduce   l'infondatezza   delle
questioni. 
    2.7.1.-  Quanto  all'assenza  di  una  soglia  minima   ai   fini
dell'assegnazione  del  premio,  anche  laddove  tale  censura  fosse
riferita all'art. 1, comma 24,  lettera  b),  essa  sarebbe  comunque
infondata,  in  quanto  tale  disposizione   prevede   per   la   sua
applicazione la soglia del 40 per cento. 
    2.7.2.- Del pari  infondata  sarebbe  la  questione  relativa  al
collegamento del premio ai voti ottenuti dal Presidente,  anziche'  a
quelli delle liste collegate. Secondo  la  Regione,  infatti,  e'  la
stessa forma di  governo  regionale  prevista  dalla  Costituzione  a
esigere che  la  permanenza  in  carica  del  Consiglio  dipenda  dal
collegamento con un altro organo, come ribadito dalla sentenza  n.  2
del 2004. 
    In questo quadro, risulterebbe  pienamente  coerente  un  sistema
elettorale che assegni una maggioranza del 60 per cento al Presidente
che abbia raggiunto il 40 per cento dei consensi, e che, in tal modo,
garantisca non solo la  stabilita'  dell'indirizzo  politico,  ma  la
stessa  vita  del  Consiglio   regionale.   Essa,   invece,   sarebbe
compromessa in un assetto  istituzionale  nel  quale  il  Presidente,
privo  di  sicura  maggioranza  o   persino   in   minoranza,   fosse
nell'impossibilita' di attuare il suo programma elettorale. 
    Quanto al voto disgiunto, si tratterebbe di un fenomeno del tutto
marginale, essendo ovvio che l'elettore esprimera' il proprio voto in
modo omogeneo, come del resto e' avvenuto nelle elezioni oggetto  del
giudizio a quo, in cui le liste collegate  hanno  avuto  un  consenso
corrispondente a quello del Presidente. 
    Neppure sarebbe disattesa la scelta degli elettori,  perche'  chi
ha scelto un Presidente, sapendo bene con cio' di scegliere anche  un
esecutivo e una  maggioranza,  potrebbe  liberamente  manifestare  la
preferenza per una lista diversa, avendo in ogni caso la sicurezza di
non determinare in tal modo una situazione di ingovernabilita'. 
    D'altra parte, la piena legittimita' di un premio di  maggioranza
in Consiglio regionale del 60 per cento,  in  relazione  ad  un  capo
dell'esecutivo (nel caso, il sindaco) che abbia ottenuto  il  40  per
cento dei voti, sarebbe gia' stata rilevata dalla sentenza n. 107 del
1996 della Corte costituzionale, dalla quale  risulterebbe  anche  la
piena discrezionalita' del legislatore nello stabilire le regole (uno
o due turni, voto disgiunto o meno) nel cui  ambito  tale  premio  e'
previsto. 
    La Regione, infine, rileva che anche il sistema elettorale per le
elezioni regionali disciplinato dalla legge 17 febbraio 1968, n.  108
(Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto
normale), come modificata dalla legge 23 febbraio 1995, n. 43  (Nuove
norme  per  la  elezione  dei  consigli  delle  regioni   a   statuto
ordinario),  collegava  l'assegnazione  del  premio  di   maggioranza
all'esito dell'elezione per le liste regionali, e dunque, in realta',
all'esito  delle  elezioni  per  il  Presidente,   identificato   nel
capolista regionale. 
    Della conformita'  a  Costituzione  di  un  tale  meccanismo  non
potrebbe neppure dubitarsi, dal momento che esso  e'  stato  recepito
dall'art. 5  della  legge  costituzionale  22  novembre  1999,  n.  1
(Disposizioni concernenti l'elezione  diretta  del  Presidente  della
Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni), nelle  more
dell'adozione dei  nuovi  statuti  e  delle  nuove  leggi  elettorali
regionali. 
    2.7.3.- Infine, secondo la difesa regionale, anche  la  questione
relativa alla soglia di sbarramento sarebbe manifestamente infondata. 
    Le soglie di sbarramento, infatti, hanno lo scopo di  evitare  la
frammentazione  delle  liste  e  la   disgregazione   del   risultato
elettorale, al fine di precludere fenomeni di ingovernabilita'.  Esse
favoriscono la concentrazione  dei  candidati  in  liste  omogenee  e
significative, prevedendo un meccanismo elettorale che premia  queste
ultime e "disperde" il voto espresso in  favore  di  quelle  che  non
superino la percentuale minima. 
    Da  questo  punto  di  vista,  le  soglie  di   sbarramento   non
violerebbero  l'uguaglianza  del   voto,   perche'   tale   principio
opererebbe solo "in entrata", ossia nel momento in cui il voto  viene
espresso, e non "in uscita". 
    La scelta di non ammettere alla ripartizione dei seggi liste  che
abbiano ottenuto meno del 3 per  cento  in  tutta  la  Regione,  poi,
sarebbe conforme al principio fondamentale di cui all'art.  4,  comma
1, lettera a), della legge n. 165 del 2004, in  quanto  tenderebbe  a
premiare le liste piccole che si coalizzano, senza peraltro escludere
quelle che, comunque, raggiungano un minimo di rappresentativita'. 
    Infine, il collegamento tra le liste presentate per  le  elezioni
del  Consiglio  regionale  e  l'esito  delle  elezioni  relative   al
Presidente, corrisponderebbe pienamente al disegno costituzionale del
ruolo del Presidente eletto direttamente. 
    3.-  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  sono  costituiti  i
ricorrenti  nel  giudizio   principale,   i   quali,   nell'atto   di
costituzione e nella memoria depositata in  prossimita'  dell'udienza
pubblica,  hanno  chiesto   che   sia   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni censurate. 
    3.1.- La difesa di tali parti  private  osserva,  anzitutto,  che
alla determinazione della cifra elettorale di  maggioranza  avrebbero
concorso anche talune liste illegittimamente esentate dalla  raccolta
di firme a  sostegno.  Di  conseguenza,  il  Presidente  non  avrebbe
raggiunto il 40 per cento  dei  voti  e  le  liste  a  lui  collegate
avrebbero dovuto ottenere un premio del 55 per cento dei seggi. 
    3.2.-  Il  premio  di  maggioranza,  poi,   sarebbe   del   tutto
irragionevole perche'  non  conteggerebbe  il  seggio  attribuito  al
Presidente, pur essendo quest'ultimo annoverato tra i componenti  del
Consiglio  regionale;  e  perche'  verrebbe  attribuito   in   misura
superiore a quella necessaria ad assicurare la  maggioranza  assoluta
del  Consiglio,  privilegiando  la   governabilita'   rispetto   alla
rappresentanza politica. 
    Inoltre, in  virtu'  della  possibilita'  di  esprimere  il  voto
disgiunto,  si  determinerebbe  un'assoluta  imprevedibilita'   nella
distribuzione del premio di maggioranza, in violazione del  principio
del voto libero, personale ed uguale. 
    3.3.-  Quanto  alla  clausola  di  sbarramento,  se  ne   lamenta
l'effetto distorsivo sulla rappresentanza che si  determinerebbe  per
la sua compresenza col premio di maggioranza. 
    4.- Nel giudizio innanzi alla Corte si sono  costituiti  anche  i
controinteressati nel giudizio principale, i quali hanno chiesto  che
sia dichiarata l'inammissibilita' e l'infondatezza delle questioni. 
    Secondo la difesa di tali parti, il riferimento al  principio  di
rappresentativita' non sarebbe pertinente, poiche' l'attribuzione  di
un  premio  di  maggioranza  sarebbe  funzionale  al   principio   di
governabilita'; il sistema delineato dalla legge regionale n. 17  del
2012  sarebbe  basato  sul  voto   disgiunto   per   ciascun   ambito
territoriale, al punto che sarebbe prevista la doppia espressione del
voto; l'individuazione delle liste regionali attraverso un  capolista
preordinato  ad  assumere  il  ruolo  di  Presidente,  consentirebbe,
attraverso l'indicazione  popolare,  di  coordinare  la  disposizione
dell'art. 122 Cost., con l'esigenza di  una  stabile  governabilita'.
Infine, la soglia di accesso promuoverebbe l'integrazione politica  e
ostacolerebbe   l'eccessivo   frazionamento   dei   partiti,    senza
sacrificarne il pluralismo. 
    5.- Con una memoria  deposita  in  prossimita'  dell'udienza,  la
Regione Lombardia  ha  insistito  nelle  conclusioni  gia'  formulate
nell'atto  di  costituzione,  eccependo  altresi'  l'inammissibilita'
delle questioni sollevate dai ricorrenti, in quanto estranee al thema
decidendum fissato nell'ordinanza di rimessione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia dubita
della legittimita' costituzionale di  due  disposizioni  della  legge
della Regione Lombardia 31 ottobre 2012, n. 17 (Norme per  l'elezione
del Consiglio regionale e del Presidente  della  Regione),  relative,
rispettivamente, all'attribuzione del premio di  maggioranza  e  alla
soglia di sbarramento per accedere alla ripartizione dei seggi. 
    1.1.- In particolare, il TAR censura, in primo luogo,  l'art.  1,
comma 24, della legge regionale n. 17  del  2012,  che  assegna  alle
liste collegate  al  candidato  proclamato  eletto  Presidente  della
Regione un premio del 55 per cento dei seggi del Consiglio regionale,
se il Presidente eletto abbia ottenuto meno del 40 per cento dei voti
(lettera a); ovvero, un premio del 60 per  cento  dei  seggi,  se  il
Presidente eletto abbia raggiunto o superato il 40 per cento dei voti
(lettera b). 
    Tale disposizione sarebbe irragionevole e  in  contrasto  con  il
principio dell'uguaglianza del voto, nella parte in  cui  collega  il
premio di maggioranza ai  voti  ottenuti  dal  candidato  Presidente,
anziche' a quelli ottenuti dalle liste a lui collegate. 
    Ne risulterebbe vulnerato anche l'art. 121, secondo comma,  della
Costituzione,  in  quanto  la  formazione  del  Consiglio   regionale
dipenderebbe dai risultati elettorali del Presidente. 
    In particolare, l'attribuzione  del  premio  di  maggioranza,  in
mancanza di una soglia minima di consensi da raggiungere per  potervi
accedere, rischierebbe di trasformare  una  minoranza  elettorale  in
maggioranza consiliare. 
    Peraltro, nell'ipotesi indicata dalla  lettera  a)  dell'art.  1,
comma 24, sarebbe irragionevole anche la mancata previsione, ai  fini
del premio, di una soglia minima di consensi  che  deve  ricevere  il
candidato eletto Presidente. 
    Il sistema elettorale, inoltre, sarebbe ancora piu' incoerente in
relazione alla possibilita' offerta all'elettore di esprimere il voto
disgiunto. In tale evenienza, infatti, l'attribuzione del  premio  di
maggioranza risulterebbe in aperta contraddizione con le modalita' di
voto, in quanto sarebbe palesemente disattesa la scelta elettorale di
coloro   che   hanno   votato   per   un   candidato   Presidente   e
contemporaneamente per una lista che sostiene un Presidente diverso. 
    Infine, ad avviso del TAR,  tale  sistema  non  sarebbe  coerente
neppure con il principio fondamentale di cui  all'art.  4,  comma  1,
lettera a), della legge  2  luglio  2004,  n.  165  (Disposizioni  di
attuazione  dell'articolo  122,  primo  comma,  della  Costituzione),
perche'  le  esigenze  legate  alla  governabilita'  non   potrebbero
ribaltare o alterare in maniera consistente l'esito elettorale. 
    1.2.- Il TAR censura, altresi', l'art. 1, comma 30,  lettera  d),
della medesima legge regionale n. 17 del 2012,  che,  ai  fini  della
ripartizione dei seggi, esclude le liste provinciali  il  cui  gruppo
abbia ottenuto nell'intera Regione meno del 3 per cento dei voti,  se
non e' collegato a  un  candidato  Presidente  che  abbia  conseguito
almeno il 5 per cento. 
    Di conseguenza, anche in questo caso, la  possibilita'  del  voto
disgiunto e' fonte di irrazionalita' e di incoerenza e  stravolge  in
maniera non consentita il principio di uguaglianza del voto. 
    2.- In  ordine  alle  modalita'  di  instaurazione  del  presente
giudizio  di  costituzionalita',  va  osservato  che   le   questioni
sollevate davanti a  questa  Corte  sono  insorte  nel  corso  di  un
giudizio volto all'annullamento, in  parte  qua,  del  verbale  delle
operazioni  elettorali  dell'Ufficio  centrale   elettorale   e   dei
presupposti verbali degli Uffici centrali circoscrizionali, ai  sensi
dell'art.  130  del  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.   104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo). 
    Come e' stato recentemente  chiarito,  ancorche'  in  riferimento
all'elezione  dei  membri  del  Parlamento  europeo,  i  profili   di
legittimita' costituzionale di una normativa elettorale «ben  possono
pervenire  al  vaglio  di   questa   Corte   attraverso   l'ordinaria
applicazione del meccanismo incidentale, nell'ambito di  un  giudizio
principale promosso a tutela del diritto di voto, passivo  o  attivo,
avente ad oggetto la vicenda elettorale e,  in  particolare,  i  suoi
risultati» (sentenza n. 110 del 2015). 
    D'altra parte, lo stesso  TAR  rimettente,  con  motivazione  non
implausibile, non ha ritenuto che il ricorso fosse inammissibile  per
essere  stato  impugnato  il  verbale  delle  operazioni  elettorali,
anziche' il decreto prefettizio  di  indizione  dei  comizi,  ne'  ha
ritenuto che la contestazione delle operazioni elettorali,  ai  sensi
dell'art.  130  cpa,  impedisca  di   sollevare   la   questione   di
costituzionalita'  delle   norme   che   regolano   il   procedimento
elettorale. Non rientra, peraltro,  tra  i  poteri  di  questa  Corte
quello di sindacare, in sede di ammissibilita',  la  sussistenza  dei
presupposti del giudizio a quo,  a  meno  che  questi  non  risultino
manifestamente e incontrovertibilmente carenti, ovvero la motivazione
della loro esistenza sia manifestamente  implausibile  (ex  plurimis,
sentenza n. 200 del 2014). 
    Pertanto, poiche' le  odierne  questioni  di  legittimita'  della
legge  elettorale  lombarda  sono   state   correttamente   sollevate
nell'ambito di un giudizio volto all'impugnazione dei risultati delle
elezioni per il Consiglio regionale e il  Presidente  della  Regione,
questa Corte non puo' non procedere al loro esame. 
    3.- La prima questione  riguarda  l'assegnazione  del  premio  di
maggioranza. 
    Il  TAR  lamenta  che  la  disposizione  che  lo   prevede,   nel
subordinarne l'attribuzione ai voti del Presidente, anziche' a quelli
delle liste a lui collegate, in difetto peraltro di una soglia minima
di voti ad esse riferibile (soglia che nell'ipotesi di  cui  all'art.
1, comma 24, lettera a, manca anche rispetto ai consensi ottenuti dal
Presidente) e per di piu' con la possibilita' di  esprimere  un  voto
disgiunto, stravolgerebbe del tutto la volonta' del corpo  elettorale
rispetto  alle  candidature  al  Consiglio  regionale,  ben   potendo
accadere che liste o coalizioni assolutamente  minoritarie  ottengano
la maggioranza assoluta dei seggi, purche' collegate ad un  candidato
eletto Presidente, anche con un numero esiguo di voti. 
    3.1.- La questione e' inammissibile. 
    Come risulta dal verbale delle  operazioni  elettorali,  infatti,
nelle elezioni regionali del 24 e 25 febbraio 2013, a fronte  di  una
percentuale del 42,81 per cento di voti ottenuta dal candidato eletto
Presidente, le liste a lui collegate hanno conseguito  il  43,07  per
cento dei suffragi, raccogliendo un consenso  che  le  ha  portate  a
superare la stessa soglia fissata per il Presidente. 
    Dunque, nella sua applicazione al caso concreto, la  disposizione
censurata non  ha  prodotto  alcuno  degli  effetti  incostituzionali
paventati dal rimettente: la maggioranza assoluta dei seggi, infatti,
non e' stata attribuita ad una  coalizione  votata  da  una  frazione
minuscola  dell'elettorato;  il  Presidente  a  cui  le  liste  erano
collegate non e' risultato eletto con un numero esiguo di  voti;  ne'
il voto disgiunto ha comportato voti per le liste collegate inferiori
a quelli del Presidente. 
    In  ragione  di  cio'  la  questione  risulta  essere   meramente
ipotetica, e pertanto non rilevante (ex plurimis,  ordinanza  n.  128
del 2015). Di qui la sua inammissibilita'. 
    4.- La seconda questione riguarda la soglia di sbarramento. 
    4.1.-  Non  e'  fondata  l'eccezione  di  inammissibilita'  della
questione,   sollevata   dalla   Regione,   per    contraddittorieta'
dell'ordinanza di rimessione. 
    In realta', il giudice a quo ritiene che  il  nesso  tra  i  voti
ottenuti dalle liste e i voti del Presidente sia determinante ai fini
dell'operativita' dell'intero meccanismo della soglia di  sbarramento
e dunque, correttamente, estende all'intera disposizione il sollevato
dubbio di costituzionalita'. 
    4.1.1.- Parimenti non fondata  e'  la  conseguente  eccezione  di
inammissibilita' relativa  alla  natura  politica  della  scelta  che
sarebbe rimessa a questa Corte  sull'oggetto  della  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale (se l'intera disposizione  censurata  o
solo la parte relativa al collegamento con il Presidente). 
    4.1.2.-  Quanto  al  difetto  di  rilevanza,  non  e'  vero   che
dall'eventuale accoglimento della  questione  non  deriverebbe  alcun
mutamento nel riparto dei seggi, poiche', come nota il rimettente, in
base  alla  disciplina  contestata  la   lista   del   «Partito   dei
pensionati», che ha avuto lo 0,94 per cento dei voti, ha ottenuto  un
seggio perche' collegata al  Presidente  eletto,  mentre  e'  rimasta
esclusa dal riparto la lista del «Centro Popolare Lombardo»,  che  ha
conseguito l'1,18 per  cento  dei  voti,  ma  non  era  collegata  al
candidato eletto Presidente. 
    4.2.- Nel merito, la questione non e' fondata in  riferimento  ad
alcuno dei parametri evocati. 
    La previsione di soglie di sbarramento e quella  delle  modalita'
per la loro applicazione, infatti, sono tipiche manifestazioni  della
discrezionalita'   del   legislatore   che   intenda    evitare    la
frammentazione della  rappresentanza  politica,  e  contribuire  alla
governabilita'. 
    Si tratta di un fine non arbitrario, che  lo  stesso  legislatore
statale ha perseguito con l'art. 7 della legge 23 febbraio  1995,  n.
43 (Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a  statuto
ordinario), laddove  ha  previsto  una  disciplina  della  soglia  di
sbarramento analoga a quella oggetto del presente giudizio. 
    Quanto al censurato collegamento tra l'operativita' della  soglia
e il risultato  elettorale  del  candidato  Presidente,  esso  appare
coerente  con  la  forma  di   governo   regionale   prevista   dalla
Costituzione per il caso del Presidente eletto direttamente, la quale
valorizza il vincolo che lega il Consiglio  regionale  al  Presidente
eletto in forza del principio del simul stabunt, simul cadent. 
    D'altra  parte,  questa  Corte  ha  sottolineato  il   nesso   di
complementarita' e integrazione tra  forma  di  governo  regionale  e
legge  elettorale,  affermando  che   «la   legge   elettorale   deve
armonizzarsi con la  forma  di  governo,  allo  scopo  di  fornire  a
quest'ultima strumenti adeguati di equilibrato funzionamento sin  dal
momento della costituzione degli organi della  Regione,  mediante  la
preposizione dei titolari alle singole cariche» (sentenza  n.  4  del
2010). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1,  comma  24,  della  legge  della  Regione
Lombardia 31 ottobre 2012, n. 17 (Norme per l'elezione del  Consiglio
regionale e del Presidente della Regione), sollevata, in  riferimento
agli artt. 3, 48, secondo comma, 51, 121, secondo comma, e 122  della
Costituzione, in relazione all'art. 4, comma  1,  lettera  a),  della
legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo
122, primo comma, della Costituzione), dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Lombardia con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  30,  lettera  d),  della  medesima
legge  della  Regione  Lombardia  n.  17  del  2012,  sollevata,   in
riferimento agli artt. 3, 48, secondo comma, 51, 121, secondo  comma,
e 122 Cost., in relazione all'art. 4,  comma  1,  lettera  a),  della
legge n. 165 del 2004, dal TAR Lombardia con l'ordinanza indicata  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 settembre 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI