N. 87 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 settembre 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 21 settembre 2015 (del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sanita' pubblica - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
  - Istituzione del registro regionale per  le  libere  dichiarazioni
  anticipate di trattamento sanitario (DAT) per favorire la  raccolta
  delle volonta' di donazione degli organi e dei  tessuti  -  Ricorso
  del Governo -  Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza
  legislativa concorrente statale in materia di sanita' pubblica  per
  contrasto con i  principi  fondamentali  posti  dalla  legislazione
  statale in  materia  -  Lesione  del  principio  di  uguaglianza  -
  Violazione della sfera di competenza legislativa esclusiva  statale
  in materia di ordinamento civile. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 10 luglio  2015,  n.  16,
  art. 1, comma 1, lett. a). 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi secondo, lett. l), e terzo. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
  - Istituzione del registro regionale per  le  libere  dichiarazioni
  anticipate di trattamento sanitario (DAT) per favorire la  raccolta
  delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti - Previsione
  che la Regione garantisce al cittadino  una  compiuta  informazione
  sugli  accertamenti  e  i  trattamenti  sanitari,  assicurando   la
  possibilita' di presentare all'Azienda per  l'assistenza  sanitaria
  territorialmente competente un atto, avente data  certa  con  firma
  autografa, contenente la dichiarazione  anticipata  della  volonta'
  della persona di essere o meno sottoposta a trattamenti sanitari in
  caso di malattia o lesione cerebrale che  cagioni  una  perdita  di
  coscienza definibile come permanente  ed  irreversibile  secondo  i
  protocolli scientifici  riconosciuti  a  livello  internazionale  -
  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della  sfera   di
  competenza legislativa concorrente statale in  materia  di  sanita'
  pubblica per contrasto con  i  principi  fondamentali  posti  dalla
  legislazione  statale  in  materia  -  Lesione  del  principio   di
  uguaglianza - Violazione  della  sfera  di  competenza  legislativa
  esclusiva statale in materia di ordinamento civile. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 10 luglio  2015,  n.  16,
  art. 1, comma 1, lett. b). 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi secondo, lett. l), e terzo. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
  - Istituzione del registro regionale per  le  libere  dichiarazioni
  anticipate di trattamento sanitario (DAT) per favorire la  raccolta
  delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti - Previsione
  che nella dichiarazione anticipata l'interessato puo' nominare  uno
  o piu' soggetti, ai fini della presente legge denominati fiduciari,
  per l'interlocuzione e il contraddittorio con il Servizio sanitario
  regionale  concernente  la  dichiarazione  anticipata  medesima   -
  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della  sfera   di
  competenza legislativa concorrente statale in  materia  di  sanita'
  pubblica per contrasto con  i  principi  fondamentali  posti  dalla
  legislazione  statale  in  materia  -  Lesione  del  principio   di
  uguaglianza - Violazione  della  sfera  di  competenza  legislativa
  esclusiva statale in materia di ordinamento civile. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 10 luglio  2015,  n.  16,
  art. 1, comma 1, lett. c). 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi secondo, lett. l), e terzo. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
  - Istituzione del registro regionale per  le  libere  dichiarazioni
  anticipate di trattamento sanitario (DAT) per favorire la  raccolta
  delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti - Previsione
  che l'Azienda per l'assistenza sanitaria  inserisce  le  DAT  nella
  banca dati e ne curi la tenuta - Ricorso del Governo  -  Denunciata
  violazione  della  sfera  di  competenza  legislativa   concorrente
  statale in materia di sanita' pubblica per contrasto con i principi
  fondamentali posti dalla legislazione statale in materia -  Lesione
  del principio di uguaglianza - Violazione della sfera di competenza
  legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 10 luglio  2015,  n.  16,
  art. 1, comma 1, lett. b) ed e). 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi secondo, lett. l), e terzo. 
(GU n.45 del 11-11-2015 )
    Ricorso del presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato codice  fiscale
n.       80224030587,       fax       06/96514000        e        Pec
roma@mailcert.avvocaturastato.it,  presso  i  cui  uffici   ex   lege
domicilia in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,  nei  confronti  della
Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia,  in  persona  del  Presidente
della  Giunta  Regionale  pro-tempore   per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale della  legge  regionale  Friuli-Venezia
Giulia  n.  16  del  10  luglio   2015,   recante   «Integrazioni   e
modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015, n.  4  (Istituzione
del registro regionale per  le  libere  dichiarazioni  anticipata  di
trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire  la  raccolta
delle volonta' di donazione degli organi e dei  tessuti»,  pubblicata
nel B.U.R. n. 16 del 15 luglio 2015, giusta  delibera  del  Consiglio
dei ministri in data 4 settembre 2015. 
    1. Con ricorso ex art. 127 della  Costituzione,  giusta  delibera
del Consiglio dei ministri in data 18 maggio 2015, il Presidente  del
Consiglio dei ministri ha impugnato la legge regionale n.  4  del  13
marzo 2015, che consta di nove articoli,  con  la  quale  la  Regione
Autonoma Friuli-Venezia Giulia ha emanato le disposizioni in tema  di
«Istituzione del  registro  regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti». 
    La legge della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia  n.  4  del
2015 citata presentava, infatti,  profili  d'incostituzionalita'  per
violazione sia dell'art. 117, secondo comma,  lett.  l),  Cost.,  per
contrasto con le regole in materia di ordinamento  civile  e  penale,
sia dell'art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con  i  principi
fondamentali  in  materia  di  tutela  della  salute,   nonche'   per
violazione del principio di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione. 
    La legge regionale n. 4/15 citata  prevede  l'istituzione  di  un
registro  regionale  che  raccolga  le  dichiarazioni  anticipate  di
volonta' relative ai trattamenti sanitari, nonche' la possibilita' di
rendere esplicita la volonta' in merito  alla  donazione  post-mortem
dei propri organi e tessuti, contestualmente al deposito nel registro
regionale delle  predette  dichiarazioni  anticipate  di  trattamento
sanitario (art. 1, commi 3 e 5). 
    In particolare, l'art. 2 della legge  regionale  n.  4/15  citata
stabilisce che il cittadino residente o che ha  eletto  domicilio  in
Friuli-Venezia Giulia puo'  richiedere  l'annotazione  della  propria
dichiarazione anticipata di  trattamento  sanitario  all'interno  del
registro regionale  (comma  1).  Inoltre  ai  suddetti  cittadini  e'
garantita la possibilita' di registrare la  dichiarazione  anticipata
di trattamento sanitario sulla propria Carta regionale  dei  servizi,
nonche' in forma codificata, sulla tessera sanitaria  (comma  2).  La
dichiarazione anticipata di trattamento e' presentata  dal  cittadino
all'Azienda per l'assistenza  sanitaria  territorialmente  competente
che la inserisce nella banca dati e  a  richiesta  della  persona  la
registra  sulla  Carta  regionale  dei  servizi  nonche'   in   forma
codificata, sulla tessera sanitaria personale (commi 3 e 4). 
    Quanto ai contenuti delle suddette dichiarazioni, l'art. 2, comma
5, prevede che esse hanno ad oggetto  «la  volonta'  del  singolo  di
essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari in caso di malattia o
lesione cerebrale che cagioni una perdita  di  coscienza  e  volonta'
definibile come  permanente  e  irreversibile  secondo  i  protocolli
scientifici riconosciuti a livello internazionale». 
    L'art.  2,  al  comma  6,  inoltre,  prevede  che   il   soggetto
dichiarante puo' rilasciare l'autorizzazione a comunicare a  chiunque
ne faccia  richiesta  o  a  determinati  soggetti  l'esistenza  della
dichiarazione anticipata di trattamento sanitario e il suo contenuto. 
    L'art. 3 disciplina la possibilita' per il cittadino di  nominare
uno o piu'  fiduciari  o  un  amministratore  di  sostegno  ai  sensi
dell'art. 408 del codice civile, con il  compito  di  controllare  il
rispetto della volonta' dal medesimo espressa nella  dichiarazione  e
di contribuire a realizzare la volonta'. 
    Sono, altresi', disciplinati all'art. 4 la validita', la revoca e
la modifica delle suddette dichiarazioni  anticipate  di  trattamento
sanitario, prevedendo che esse producono effetti dal momento  in  cui
interviene lo stato di incapacita' decisionale  del  predisponente  e
perdono  validita'  solo  su  richiesta  del  dichiarante;   possono,
inoltre, essere revocate in qualunque momento dal dichiarante. 
    All'art. 5 e' prevista l'esenzione da oneri  finanziari  inerente
la procedura  di  registrazione  della  dichiarazione  anticipata  di
trattamento. 
    L'art. 6 prevede che la banca dati  contenente  le  dichiarazioni
anticipate  di  trattamento  sia  tenuta  a  cura  dell'azienda   per
l'assistenza sanitaria e ne disciplina le modalita' di accesso. 
    L'art. 7 disciplina  le  iniziative  finalizzate  a  favorire  la
registrazione della volonta' in merito  alla  donazione  post  mortem
degli organi o tessuti. 
    Nel predetto ricorso e' stato ritenuto che essa, avente contenuto
omogeneo e recante disposizioni strettamente connesse  tra  loro,  si
configuri come costituzionalmente illegittima, in quanto esorbitante,
a   vario   titolo,   dalle    competenze    legislative    regionali
costituzionalmente riconosciute. Le disposizioni di cui  si  compone,
infatti, involgono diverse materie, a seconda dei casi riservate alla
potesta'   legislativa   esclusiva   dello   Stato   o    concorrente
Stato-Regioni, integrando, tuttavia, in quest'ultimo  caso,  principi
fondamentali  della  materia,  rimessi,  dunque,  alla   legislazione
statale. 
    2. La legge regionale n. 16/2015 indicata in  epigrafe,  composta
da un unico  articolo,  come  esplicita  lo  stesso  titolo,  apporta
modifiche e integrazioni alla citata legge regionale n.  4/2015,  con
il chiaro intento di sanare i rilievi di costituzionalita'  sollevati
dal Governo con il predetto ricorso avverso  la  legge  regionale  n.
4/15 citata. 
    Si ritiene,  tuttavia,  che  le  modifiche  apportate  dall'unico
articolo  di  cui  si  compone  la  legge  in  questione  non   siano
sufficienti a superare le censure  di  illegittimita'  costituzionale
del proposto ricorso pendente dinanzi alla Corte  Costituzionale.  La
legge regionale in esame, infatti, analogamente alla precedente legge
n. 4 del 2015 citata, prevede l'istituzione di un registro  regionale
che raccolga le dichiarazioni  anticipate  di  volonta'  relative  ai
trattamenti sanitari, nonche' la possibilita' di rendere esplicita la
volonta' in merito alla donazione post mortem  dei  propri  organi  e
tessuti contestualmente al  deposito  nel  registro  regionale  delle
predette dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario. 
    Cosi' disponendo l'intera legge regionale n. 16/15 citata, avente
contenuto omogeneo e recante disposizioni strettamente  connesse  tra
loro, e' costituzionalmente illegittima, in quanto esorbita, a  vario
titolo, dalle  competenze  legislative  regionali  costituzionalmente
riconosciute. 
    Le disposizioni di cui si compone,  infatti,  intervenendo  sulla
disciplina degli atti di disposizione del proprio corpo, attengono ai
diritti fondamentali dell'individuo, rispetto ai quali sono  evidenti
le esigenze di unitarieta' dell'ordinamento, demandate alla  potesta'
legislativa esclusiva  dello  Stato.  Dette  disposizioni,  pertanto,
invadono la competenza  esclusiva  dello  Stato  sia  in  materia  di
ordinamento civile di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lett.  l),
della Costituzione, sia in materia di  tutela  della  salute,  i  cui
principi fondamentali sono riservati alla  legislazione  statale,  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    In  linea  generale,  infatti,  occorre   evidenziare   come   la
disciplina del c.d. «fine  vita»  non  possa  avere  regolamentazioni
differenziate  sul  territorio  nazionale,   attenendo   ai   diritti
fondamentali dell'individuo,  rispetto  ai  quali  sono  evidenti  le
esigenze  di  unitarieta'  dell'ordinamento.  Essa,  dunque,  e'   da
intendersi rimessa alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la  Regione  Autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  abbia  ecceduto  dalla
propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come
si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi: 
 
1. L'art.  1,  comma  1,  lett.  a),  della  Legge  Regione  Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola gli articoli 3, 117, comma  2,
lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 1, comma 1, lettera a), della legge regionale  n.  16/2015
citata sostituisce integralmente l'art. 1 della  legge  regionale  n.
4/2015 citata, senza, tuttavia, mutarne, nella sostanza, i contenuti. 
    Resta,  infatti,  l'istituzione  del  registro  regionale   delle
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, sul quale si erano
dirette le censure del ricorso del Presidente del  Consiglio  del  18
maggio 2015. 
    In particolare, la norma regionale in esame, nell'introdurre  una
nuova formulazione del comma 2 dell'art. 1 della legge  regionale  n.
4/2015 citata, dispone che: «La Regione Autonoma, per le finalita' di
cui  al  comma  1  (1)  istituisce  un   registro   regionale   delle
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT), con  accesso
ai dati tramite la Carta regionale dei servizi, disciplinando in modo
omogeneo su  tutto  il  territorio  regionale  la  raccolta  di  tali
medesime dichiarazioni anticipate,  in  osservanza  e  in  attuazione
degli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, nonche' nel rispetto
della  normativa  in  materia  a   livello   nazionale,   europeo   e
internazionale». 
    La disposizione de qua si limita a riscrivere, usando solo parole
diverse, quanto gia' previsto dall'originaria  versione  dell'art.  1
della legge regionale n. 4/2015, il quale, al comma 3, disponeva  che
«La Regione, in attuazione di quanto previsto dagli articoli 2, 3, 13
e 32 della Costituzione, dall'art. 9 della Convenzione di Oviedo  del
4 aprile 1997, ratificata  dalla  legge  28  marzo  2001,  n.  145  e
dall'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
istituisce un registro regionale delle  dichiarazioni  anticipate  di
trattamento sanitario  (DAT),  con  accesso  ai  dati  tramite  Carta
regionale dei servizi». 
    Inoltre, il medesimo art. 1,  comma  1,  lett.  a),  della  legge
regionale n. 16/15 citata, nel riformulare il  comma  1  dell'art.  1
della legge regionale n. 4/2015 citata, non fa che parafrasare quanto
gia' disposto  dall'art.  1,  comma  1,  della  versione  originaria,
prevedendo che «la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce e
promuove la possibilita'  della  persona  di  rendere  esplicite  con
certezza le proprie determinazioni in ordine ai trattamenti sanitari,
nell'ambito del Servizio sanitario regionale e in tutte le fasi della
vita, ivi compresa quella terminale, e anche per l'ipotesi in cui  la
persona stessa non sia piu' in grado di intendere e di  volere,  fino
alla morte accertata nei modi di legge». 
    Appare  evidente,  anche  a  un  mero  confronto  letterale,   la
sostanziale invarianza di contenuti rispetto alla versione originaria
dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge regionale  n.  4/2015,  secondo
cui: «a. La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce e tutela
la vita umana quale diritto inviolabile  che  viene  garantito  anche
nella fase finale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non
sia piu' in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata
nei modi di legge. 2. La Regione  garantisce,  altresi',  il  diritto
all'autodeterminazione  della  persona  nell'accettazione  o  rifiuto
delle cure mediche per se' piu' appropriate in relazione a  tutte  le
fasi della vita, ivi compresa quella terminale.». 
    A tal riguardo, pertanto, non si possono che ribadire le  censure
di costituzionalita' gia' formulate  nel  ricorso  avverso  la  legge
regionale n. 4/15 citata sulla base della delibera del Consiglio  dei
ministri del 18 maggio 2015. 
    La disciplina introdotta dalla legge regionale n.  16/15  citata,
infatti, analogamente a  quella  regolamentata  dalla  precedente  n.
4/2015 citata, involge diverse materie, a seconda dei casi  riservate
alla  potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  o   concorrente
Stato-Regioni, integrando, tuttavia, in quest'ultimo  caso,  principi
fondamentali  della  materia,  rimessi,  dunque,  alla   legislazione
statale. 
    Come gia' rilevato in linea  generale  a  proposito  della  legge
regionale n. 4/15 citata, con le considerazioni  da  ribadirsi  anche
avverso la legge regionale n. 16/15 citata, «la disciplina  del  c.d.
"fine vita" non puo'  tollerare  regolamentazioni  differenziate  sul
territorio   nazionale,    attenendo    ai    diritti    fondamentali
dell'individuo, rispetto  ai  quali  sono  evidenti  le  esigenze  di
unitarieta' dell'ordinamento. Essa, dunque, e' da intendersi  rimessa
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.»  Assume,  peraltro,
rilievo anche nei confronti della legge in esame,  la  considerazione
del Governo, secondo cui l'istituzione di un tale  registro,  «avendo
la  finalita'  di  attribuire   certezza   giuridica   a   specifiche
situazioni, con il conseguente condizionamento dei diritti soggettivi
fondamentali, necessita di una disciplina statale che regolamenti  le
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, i loro  contenuti,
i loro limiti, le loro modalita' di manifestazione e i loro  effetti,
analogamente  a  quanto  avviene  per  i  registri  istituti   presso
pubbliche amministrazioni che certificano i  dati  identificativi  di
una persona, o la provenienza e la data di deposito di un determinato
documento, ecc. (si vedano, ad esempio, gli articoli da 449 a 445 del
codice civile per quanto riguarda gli atti di stato civile).» 
    Nel   merito,   dunque,   permangono   i   rilievi   in    ordine
all'istituzione di un registro  regionale  delle  DAT  formulati  dal
Governo nei confronti della legge regionale n. 4 del 2015. 
    Le disposizioni  della  legge  regionale  sopra  menzionate,  che
istituiscono il  registro  delle  DAT,  e  le  disposizioni  ad  esse
collegate, infatti, «sono destinate a registrare  una  tipologia  del
tutto  speciale  di  atti,  cioe'  le   dichiarazioni   di   volonta'
concernenti  il  consenso  o  dissenso  dei  cittadini   rispetto   a
determinati trattamenti sanitari. Pertanto, detto registro coinvolge,
in  primo  luogo,  la  materia  dell'ordinamento  civile,  in  quanto
attinente a vere e proprie dichiarazioni di volonta'  -  quindi  atti
manifestazione di autonomia privata - e  ai  loro  possibili  limiti,
alle loro modalita' di espressione, alla loro efficacia nel  rapporto
con i  terzi.  Si  tratta,  dunque,  di  materia  rimessa,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma,  lett.  l),  della  Costituzione,  alla
potesta' legislativa esclusiva dello Stato». 
    D'altra parte, la circostanza che nel settore delle dichiarazioni
anticipate  di  trattamento  vengano  in  rilievo   istituti   tipici
dell'ordinamento civile e' testimoniata anche dal successivo art.  1,
comma 1, lettera c), della legge n.  16/15  citata  (2)  ,  che,  nel
sostituire il comma 1 dell'art. 3 della legge n. 4/2015, prevede  che
nella dichiarazione anticipata l'interessato  possa  nominare  uno  o
piu' soggetti fiduciari, per l'interlocuzione  e  il  contraddittorio
con il Servizio  sanitario  regionale  concernente  la  dichiarazione
anticipata medesima. 
    La norma in esame e le disposizioni della legge in esame ad  esso
collegate, inoltre, attenendo all'eventuale consenso a (o rifiuto di)
determinati  trattamenti  sanitari,  incide  certamente  anche  sulla
materia «tutela della salute». 
    Come e' noto, la tutela della salute  e'  rimessa  alla  potesta'
legislativa concorrente Stato-Regioni, in virtu' dell'art. 117, terzo
comma, Costituzione. A tal riguardo, tuttavia,  si  deve  considerare
che l'eventuale previsione di atti  attraverso  i  quali  le  persone
possano  disporre  il  proprio  anticipato  consenso  o  dissenso   a
determinati  trattamenti  sanitari,  nonche'  la   previsione   delle
relative modalita' di manifestazione e degli effetti,  costituiscono,
per la loro rilevanza,  aspetti  che  certamente  integrano  principi
fondamentali della materia, non  profili  di  dettaglio  o  meramente
organizzativi. 
    La legge regionale in  esame,  pertanto,  regolamentando  profili
che, in base alla giurisprudenza costituzionale, sono da configurarsi
come attinenti ai principi fondamentali della legislazione statale in
materia di tutela della salute, eccede dalle competenze regionali, in
violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.   Cio'   vale,   in
particolare, con riferimento alla necessita' di  garantire  che  ogni
determinazione in  ordine  al  consenso  o  al  dissenso  rispetto  a
determinati trattamenti sanitari, avvenga sulla base  di  una  scelta
davvero libera, consapevole e  informata.  In  altri  termini,  nella
materia delle dichiarazioni anticipate di trattamento assume eminente
importanza il principio del «consenso informato». Anche in tal  caso,
tuttavia, la delicatezza dei profili coinvolti fa si' che la relativa
disciplina sia dettata in maniera uniforme sul territorio  nazionale,
senza  differenziazioni  che  sarebbero  certamente  suscettibili  di
incidere  sul  principio  di   uguaglianza,   sancito   dall'art.   3
Costituzione. 
    Viene in  rilievo,  a  tal  riguardo,  la  sentenza  della  Corte
Costituzionale  n.  438/2008,  che  ha  precisato  che  «il  consenso
informato [...] si configura  quale  vero  e  proprio  diritto  della
persona e trova fondamento nei principi espressi  nell'art.  2  della
Costituzione, che ne tutela e  promuove  i  diritti  fondamentali,  e
negli artt.  13  e  32  della  Costituzione,  i  quali  stabiliscono,
rispettivamente, che "la liberta' personale e'  inviolabile",  e  che
«nessuno puo' essere obbligato a un determinato trattamento sanitario
se non per disposizione di legge». 
    La Corte ha, altresi', rilevato che «il consenso informato  trova
il suo fondamento  negli  artt.  2,  13  e  32  della  Costituzione»,
sottolineandone la funzione di «sintesi di due  diritti  fondamentali
della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in
quanto, se e' vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato,
egli ha, altresi', il diritto di ricevere le  opportune  informazioni
in  ordine  alla  natura  e  ai  possibili  sviluppi   del   percorso
terapeutico cui  puo'  essere  sottoposto,  nonche'  delle  eventuali
terapie  alternative;  informazioni  che  devono   essere   le   piu'
esaurienti possibili, proprio  al  fine  di  garantire  la  libera  e
consapevole scelta da parte del paziente e,  quindi,  la  sua  stessa
liberta' personale, conformemente all'art. 32, secondo  comma,  della
Costituzione.» 
    Sulla base di tali considerazioni, ha tratto la  conclusione  che
«il  consenso  informato  deve  essere   considerato   un   principio
fondamentale in materia di tutela della salute, la cui  conformazione
e' rimessa alla legislazione statale». 
    In particolare, la Corte ha osservato come  l'individuazione  dei
soggetti legittimati al rilascio del consenso informato,  nonche'  le
modalita' con  le  quali  esso  deve  essere  prestato  e  acquisito,
costituiscono aspetti di primario rilievo dell'istituto del  consenso
informato,  non  potendosi,  dunque,  configurare  quali   norme   di
dettaglio, attuative dei  principi  fondamentali  della  legislazione
statale. 
    Si  tratta,  dunque,  di  aspetti  che  non   possono   tollerare
regolamentazioni differenziate sul territorio nazionale, in linea con
quanto statuito con la citata sentenza della Corte Costituzionale  n.
438/2008. 
    Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, pertanto,  che  l'art.
1, comma 1, lett. a), della legge regione  Friuli-Venezia  Giulia  n.
16/2015 citata violi gli articoli 3, 117, comma 2, lett. l) e  l'art.
117, comma 3, della Costituzione. 
      
2. L'art.  1,  comma  1,  lett.  a),  della  Legge  Regione  Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola gli artt.  3,  117,  comma  2,
lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    Occorre ribadire nei confronti dall'art. 1, comma  1,  lett.  a),
della legge regionale indicata in epigrafe, che riformula il comma  3
dell'art. 1 della Legge n. 4/2015 citata, le censure  gia'  formulate
avverso l'originaria formulazione dell'art. 1, comma 5,  della  legge
regionale n. 4/2015.  Esse  concernono  la  possibilita'  di  rendere
esplicita, contestualmente al deposito nel registro  regionale  delle
dichiarazioni anticipate di trattamento  sanitario,  la  volonta'  in
merito alla donazione post mortem dei propri organi e tessuti. 
    Su tali previsioni (che vanno lette  in  combinato  disposto  con
l'art. 7 della Legge n. 4/2015, rimasto vigente  e  invariato),  come
gia' rilevato a proposito dell'art. 1, comma 5, e dell'art. 7  citato
della legge regionale n. 4/15, va ribadito  che  anche  la  donazione
degli organi, oltre che attenere alla materia «tutela  della  salute»
(essendo finalizzata a curare coloro i quali necessitano degli organi
medesimi), costituisce certamente un atto di disposizione del proprio
corpo, tanto che le diverse fonti che  ne  recano  la  disciplina  si
pongono in rapporto di specialita' rispetto al  generale  divieto  di
cui all'art. 5 del codice civile. Essa, pertanto, attiene anche  alla
materia dell'ordinamento civile, rimessa, come piu'  volte  eccepito,
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 
    Va, peraltro, considerato che anche alla predetta  materia  siano
connessi i  profili  concernenti  le  modalita'  di  espressione  del
consenso alla donazione di organi, quale  atto  di  disposizione  del
proprio corpo. Anche in tal caso, dunque, assume primario rilievo  la
tematica del consenso informato, la cui disciplina, come evidenziato,
integra i principi fondamentali in materia di  tutela  della  salute,
riservati alla potesta' legislativa statale. 
    Sul punto, peraltro, va ricordato che  il  citato  art.  7  della
legge regionale n. 4/15, rimasto, come si e'  detto,  invariato,  pur
disponendo l'acquisizione delle volonta' secondo le procedure statali
gia' in corso, non prevede l'invio delle  suddette  dichiarazioni  al
Sistema informativo trapianti, come previsto dalla  legge  1°  aprile
1999, n. 91 e dal decreto del Ministro della sanita' 8 aprile 2000. 
    Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, pertanto,  che  l'art.
1, comma 1, lett. a), della legge regione  Friuli-Venezia  Giulia  n.
16/2015 citata violi gli artt. 3, 117, comma 2,  lett.  l)  e  l'art.
117, comma 3, della Costituzione. 
      
3. L'art. 1, comma 1, lett. b), n. 1, della  Legge  Regione  Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma 2,
lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    Alla  stregua  delle  precedenti  tali   considerazioni   e'   da
considerarsi illegittima anche la disposizione  di  cui  all'art.  1,
comma 1, lettera b), n. 1), della legge regionale  n.  16/15  citata,
che sostituisce il comma 3  dell'art.  2  della  legge  regionale  n.
4/2015 citata  e  che  disciplina,  appunto,  il  consenso  informato
finalizzato al rilascio delle DAT. 
    In  particolare,  nella  nuova  versione,  la   disposizione   in
argomento prevede che «3. Per le finalita' di cui ai commi 1 e  2  la
Regione garantisce  al  cittadino  una  compiuta  informazione  sugli
accertamenti e  i  trattamenti  sanitari,  nell'ambito  del  Servizio
sanitario  regionale,  assicurando  la  possibilita'  di   presentare
all'Azienda per l'assistenza sanitaria territorialmente competente un
atto,  avente  data  certa  con  firma   autografa,   contenente   la
dichiarazione anticipata della persona di essere o meno sottoposta  a
trattamenti sanitari in caso di  malattia  o  lesione  cerebrale  che
cagioni  una  perdita  di  coscienza  e  volonta'   definibile   come
permanente  e  irreversibile   secondo   i   protocolli   scientifici
riconosciuti a livello internazionale». 
    La   nuova   disposizione,    quindi,    non    si    differenzia
significativamente da quella  originaria,  risultante  dal  combinato
disposto dei commi 3 e 5  dell'art.  2  della  legge  n.  4/2015.  In
particolare, il comma 3 prevedeva che «[...] il cittadino,  acquisita
una compiuta  informazione,  presenta  all'Azienda  per  l'assistenza
sanitaria  territorialmente  competente   un   atto   contenente   la
dichiarazione anticipata di trattamento sanitario, avente data  certa
con firma autografa». 
    Il comma 5 (abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. b), n. 2)  della
legge  regionale  n.  16/2015  citata,  la  quale,   pero',   ne   fa
sostanzialmente  confluire  il  contenuto  nel  novellato  comma   3)
aggiungeva che «La dichiarazione [anticipata di  trattamento]  ha  ad
oggetto la volonta'  del  singolo  di  essere  o  meno  sottoposto  a
trattamenti sanitari in caso di  malattia  o  lesione  cerebrale  che
cagioni  una  perdita  di  coscienza  e  volonta'   definibile   come
permanente  e  irreversibile   secondo   i   protocolli   scientifici
riconosciuti a livello internazionale». 
    Non si puo' non rilevare  come  la  riformulazione  del  comma  3
dell'art. 2 introdotta dalla disposizione in esame,  non  faccia  che
parafrasare quanto gia'  previsto  dalla  versione  originaria  della
legge regionale n. 4/2015 citata. 
    Sul   punto,   dunque,    occorre    ribadire    l'illegittimita'
costituzionale della disposizione in argomento, sulla base di  quanto
sancito dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 438/2008,
che  ha  configurato  la  disciplina  del  consenso  informato   come
attinente ai principi  fondamentali  della  legislazione  statale  in
materia di tutela della salute,  rimessi  alla  potesta'  legislativa
dello Stato. 
    Tale pronuncia, peraltro, evidenzia come, laddove un  determinato
profilo, inerente ad una materia di potesta' legislativa concorrente,
sia strettamente connesso alla conformazione di diritti  fondamentali
costituzionalmente fondati - e questo e'  certamente  anche  il  caso
degli aspetti  disciplinati  dalla  legge  regionale  in  esame,  che
interviene in una materia delicata come il «fine vita» - tale profilo
assurge di per se' al rango  di  «principio  fondamentale»,  «la  cui
conformazione e' rimessa alla legislazione statale». 
    In tali casi, pertanto, come pure e' stato  rilevato,  una  legge
regionale   che   intervenisse   su   tali   profili   non    sarebbe
incostituzionale per il modo in cui li ha  disciplinati,  ma  per  il
fatto stesso di averli disciplinati. 
    Quanto all'oggetto delle DAT, prima previsto dal richiamato comma
5 dell'art. 2 della legge n. 4/2015 citata e,  in  conseguenza  delle
modifiche apportate dall'art. 1, comma 1, lett. b),  della  legge  n.
16/2015 citata, confluito nel comma 3 del medesimo art.  2,  si  deve
ribadire che esso attiene alla materia  dell'ordinamento  civile.  Le
relative disposizioni, infatti, attengono  ai  contenuti  delle  DAT,
quali vere e proprie dichiarazioni di  volonta'  -  quindi,  atti  di
manifestazione di autonomia privata - e  ai  loro  possibili  limiti,
alle loro modalita' di espressione, alla loro efficacia nel  rapporto
con i terzi. Risulta, dunque,  violato  l'art.  117,  secondo  comma,
lett. l), della Costituzione, che  attribuisce  l'ordinamento  civile
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. 
    Del resto, come osservato nel ricorso avverso la legge  regionale
n. 4 del 2015, va sottolineato come nell'ambito  delle  dichiarazioni
anticipate di trattamento "le materie «ordinamento civile» e  «tutela
della salute»  si  intersechino  inscindibilmente,  specialmente  con
riguardo  alla  definizione  degli  eventuali  limiti  al   possibile
contenuto  delle  dichiarazioni   stesse.   Tali   limiti,   infatti,
circoscrivendo le dichiarazioni di volonta' - che costituiscono, come
detto, espressione di autonomia privata -  rientrerebbero,  per  cio'
stesso, nella materia  «ordinamento  civile»,  ma  potrebbero  essere
stabiliti,  in  ipotesi,  proprio  per  finalita'  di  «tutela  della
salute». 
    La  relazione   tecnica   allegata   alla   menzionata   delibera
d'impugnativa della legge regionale n. 4 del 2015 del  Consiglio  dei
ministri del 18 maggio 2015, ricorda, a titolo di esempio, che «nella
precedente legislatura e' stato presentato, in materia, il ddl  2350,
il quale statuiva che "l'alimentazione e l'idratazione, nelle diverse
forme in cui la scienza e la tecnica possono  fornirle  al  paziente,
sono forme di  sostegno  vitale  e  fisiologicamente  finalizzate  ad
alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. Esse  non  possono
formare oggetto  di  dichiarazione  anticipata  di  trattamento».  E'
evidente come tali aspetti non possano  essere  rimessi  all'autonoma
iniziativa  delle  regioni  o,  tanto  meno,   degli   enti   locali,
necessitando, invece,  di  una  disciplina  uniforme  sul  territorio
nazionale. 
    Alla luce delle precedenti  considerazioni,  deve  ritenersi  che
l'art. 1, comma 1, lett.  b),  n.  1  della  legge  regione  Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 violi l'art. 3, l'art. 117, comma 2,
lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
      
4. L'art. 1, comma 1, lett. c), della  Legge  Regione  Friuli-Venezia
Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma  2,  lett.  l)  e
l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 1, comma 1, lettera c), della legge regionale  n.  16/2015
indicata in epigrafe sostituisce il comma 1 dell'art. 3  della  Legge
n. 4/2015 citata,  prevedendo  che  «Nella  dichiarazione  anticipata
l'interessato puo' nominare  uno  o  piu'  soggetti,  ai  fini  della
presente  legge  denominati  fiduciari,  per  l'interlocuzione  e  il
contraddittorio con il Servizio sanitario  regionale  concernente  la
dichiarazione anticipata medesima». La versione  originaria  di  tale
disposizione, invece, prevedeva che «Nella  dichiarazione  anticipata
di trattamento sanitario il soggetto interessato puo' nominare uno  o
piu' fiduciari o un amministratore di sostegno ai  sensi  dell'  art.
408 del codice civile con il compito di controllare il rispetto della
volonta' dal medesimo espressa nella dichiarazione e di contribuire a
realizzarne la volonta'». 
    Come e' facile rilevare, le modifiche apportate alla disposizione
originaria sono di modesta portata e non ne mutano  la  sostanza.  La
differenza principale consiste nell'aver eliminato la possibilita' di
nominare un amministratore  di  sostegno,  lasciando  la  figura  del
fiduciario. 
    Gia' con riferimento alla legge  regionale  n.  4/15  citata,  la
delibera  del  Consiglio  dei  ministri  del  18  maggio  2015  aveva
rilevato, ancora una volta, la violazione della potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in quanto, in
particolare,   «ai   sensi   dell'art.   408   del   codice   civile,
l'amministratore di  sostegno  puo'  essere  designato  dallo  stesso
interessato,   in   previsione   della   propria   eventuale   futura
incapacita',   "mediante   atto   pubblico   o   scrittura    privata
autenticata". Orbene,  le  dichiarazioni  anticipate  di  trattamento
previste dalla legge regionale in esame non configurano ne'  un  atto
pubblico ne' una scrittura privata autenticata; il che e' sufficiente
a rilevare, anche sotto questo profilo, la lesione  della  competenza
statale in materia di ordinamento civile.». 
    L'aver eliminato la figura dell'amministratore  di  sostegno  non
appare sufficiente a superare la  censura  di  costituzionalita',  in
primo luogo, perche'  la  disposizione  riformulata,  attenendo  alle
modalita' per far valere nei confronti dei terzi i  contenuti  di  un
atto, quale la DAT, che, per i  motivi  sopra  illustrati,  non  puo'
essere previsto da una legge regionale ed e', comunque, investito  da
illegittimita' consequenziale (essendo a monte illegittima la  stessa
istituzione del registro delle DAT e la disciplina di queste ultime). 
    In secondo luogo, perche', come illustrato sopra,  al  punto  1),
anche la figura dei fiduciari - che permane nel testo  riformulato  -
non e' prevista dalla normativa  vigente  statale,  che,  invece,  fa
riferimento all'istituto della rappresentanza. Sotto questo  profilo,
dunque,  la  norma  regionale  in  questione  sembra  configurare  un
istituto  giuridico   non   meglio   definito,   quale   quello   del
«fiduciario»,  che  ha  evidenti  analogie  con   la   rappresentanza
disciplinata dal codice civile, senza, tuttavia, seguirne il  regime,
in quanto resta, comunque, distinta da  quest'ultima.  Non  puo'  che
ribadirsi, pertanto, la lesione della potesta' legislativa  esclusiva
statale in materia di ordinamento  civile,  in  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lett. l). 
    Alla luce delle precedenti  considerazioni,  deve  ritenersi  che
l'art.  1,  comma  1,  lett.  c)   della   legge   regione   Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 violi l'art. 3, l'art. 117, comma 2,
lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
      
5.  L'art.  1,  comma  1,  lett.  b)  ed  e)  della   legge   regione
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma 2,
lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    La  disciplina  contenuta  nella  legge  regionale  indicata   in
epigrafe e in particolare le lettere b), ed e), dell'art. 1, comma 1,
che sostituiscono, rispettivamente, l'art. 2, comma 3,  e  l'art.  6,
comma 2,  della  legge  regionale  n.  4/2015  e  che  prevedono  che
l'azienda per l'assistenza sanitaria inserisca  le  DAT  della  banca
dati e ne curi la tenuta, coinvolgono anche direttamente  la  materia
della protezione dei dati personali ed hanno importanti  implicazioni
sulla stessa e sulla  tutela  della  riservatezza,  che  -come  noto-
rientrano nell'ambito dell'ordinamento civile, che e' riservato  alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117,
comma 2, lett. l), Cost. (cfr., per tutte, la  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 271/2005). 
    Come noto, detta competenza e' stata esercitata  dal  legislatore
statale segnatamente attraverso il decreto  legislativo  n.  196/2003
(Codice in materia di protezione  dei  personali,  in  presieguo:  il
«Codice»). 
    In proposito, va evidenziato che, da un  lato,  la  tipologia  di
informazioni  contenute  nella  DAT   e'   per   la   maggior   parte
esplicitamente collegata a dati sanitari ed a  informazioni  relative
alla  salute;  dall'altro,  che  la  DAT  trascende   inevitabilmente
l'ambito prettamente sanitario e  finisce  per  coinvolgere  delicati
aspetti della vita umana di carattere etico, religioso, filosofico  e
di altro genere. 
    Sotto entrambi i menzionati profili,  pertanto,  la  DAT  implica
anche il trattamento di dati sensibili, tra i quali sono ricompresi i
dati idonei a rivelare «le convinzioni religiose,  filosofiche  e  di
altro genere» dell'individuo, «nonche'  i  dati  personali  idonei  a
rivelare lo stato salute» (cfr. l'art. 4,  comma  1,  lett.  d),  del
Codice). 
    Per operare il trattamento di dati personali, comuni e sensibili,
implicato  dalla  DAT  occorre  che  il  trattamento  inerisca   allo
svolgimento  delle   funzioni   istituzionali   delle   aziende   per
l'assistenza sanitaria (art. 18, comma 2, del Codice) e che una norma
di rango  statale  individui  le  finalita'  di  rilevante  interesse
pubblico alla base dello stesso, secondo  quanto  previsto  dall'art.
20, comma 1, del Codice. 
    Ne' appare possibile effettuare l'individuazione della  rilevante
finalita' di intesse pubblico con un  regolamento  regionale  (a  cui
rinvia l'art. 9 della legge regionale n. 4/15 citata),  occorrendo  a
tal  fine  una  fonte  di  rango  statale;  la  normativa  secondaria
regionale puo' svolgere un ruolo di tipo  integrativo,  disciplinando
differenti profili del trattamento, come l'individuazione dei tipi di
dati e di operazioni eseguibili, nel caso in cui  il  trattamento  da
parte  del  soggetto  pubblico  (qui,  le  aziende  per  l'assistenza
sanitaria) riguardi dati sensibili (cfr. art 20, comma 2, Codice). 
    Secondo quanto stabilito dalla Corte con la  richiamata  sentenza
n. 271/2005, infatti, il predetto  art.  20,  comma  2,  del  Codice,
ammette «solo l'integrazione delle prescrizioni  legislative  statali
che siano incomplete in relazione al trattamento di dati sensibili da
parte di pubbliche amministrazioni (poiche' non determinano  tipi  di
dati sensibili e di operazioni eseguibili) operata  tramite  appositi
regolamenti a cura dei soggetti che  ne  effettuano  il  trattamento,
seppure in conformita'  al  parere  espresso  dal  Garante  ai  sensi
dell'art. 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo.  In  questi
ambiti possono quindi  essere  adottati  anche  leggi  e  regolamenti
regionali, ma solo in quanto e nella misura in cui cio'  sia  appunto
previsto legislazione statale. 
    Ne' valgono a fugare i dubbi di un  possibile  contrasto  con  il
dettato costituzionale le affermazioni presenti nella legge regionale
circa l'«osservanza della normativa statale, europea e internazionale
sul  trattamento  dei  dati  personali  e  sulla   protezione   della
riservatezza» (cfr. art. 1, comma 1, lett. b,  n.  3),  e  lett.  e),
della legge regionale n.  16/15  citata,  quando,  invece,  la  legge
regionale stessa in concreto contraddice sotto molteplici profili  la
legislazione statale  vigente  in  materia  di  protezione  dei  dati
personali  (nonche'  le  stesse  direttive  europee   che   ne   sono
all'origine) (cfr. la sentenza della Corte cost. n. 271/2005). 
    Allo stato, la materia  della  DAT  non  trova  disciplina  nella
legislazione statale; risultano solo presentati in Parlamento  alcuni
disegni di Legge il cui esame, peraltro, non e' stato ancora  avviato
(AS 433 e AC 1432,  entrambi  recanti  «Disposizioni  in  materia  di
consenso informato  e  di  dichiarazioni  anticipate  di  trattamento
sanitario»). 
    Pertanto, in assenza di disposizioni statali che includano tra  i
compiti istituzionali delle aziende sanitarie tale specifica funzione
e  che  affermino  la  rilevante  finalita'  di  interesse   pubblico
perseguita, la legge regionale in esame contrasta con  la  disciplina
ed i principi della legislazione statale in materia di protezione dei
dati personali, con specifico riferimento, quali «norme  interposte»,
alle disposizioni del Codice indicate in motivazione e viola pertanto
l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. 
    Per tutti  i  suddetti  motivi,  e'  da  ritenere  che  la  legge
regionale n. 16/2015 violi, nel suo complesso,  l'art.  117,  secondo
comma, della Costituzione, per contrasto con i principi  fondamentali
della legislazione statale in materia di tutela della salute, nonche'
l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l)  della  Costituzione,  per
interferenza con la potesta' legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di ordinamento civile. 
    In particolare l'interferenza con la materia  ordinamento  civile
e' resa evidente dalla circostanza che la legge regionale n. 16/2015,
analogamente alla legge regionale n. 4/2015, prevede una  particolare
categoria di atti espressione di autonomia privata,  quali,  appunto,
le dichiarazioni anticipate di trattamento, disciplinandone: 
    i contenuti e l'oggetto (ovvero la  volonta'  della  persona  «di
essere o meno sottoposta a trattamenti sanitari in caso di malattia o
lesione cerebrale che cagioni una perdita  di  coscienza  e  volonta'
definibile come  permanente  e  irreversibile  secondo  i  protocolli
scientifici riconosciuti a livello internazionale» - art. 1, comma 1,
lett. b), n. 1); 
    le modalita' con cui possono essere portate a conoscenza di terzi
(prevedendo   che   «il   soggetto   dichiarante   puo'    rilasciare
l'autorizzazione a comunicare a chiunque  ne  faccia  richiesta  o  a
determinati soggetti l'esistenza della  dichiarazione  anticipata  di
trattamento o anche del suo contenuto [...]» - art. 1, comma 1, lett.
b), n. 3); 
    la validita',  la  revoca  e  la  modifica  (prevedendo  che  «Le
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario sono rilasciate per
il momento in cui intervenga lo stato di incapacita' decisionale  del
predisponente e non possono essere modificate o revocate  se  non  su
richiesta  del  dichiarante,  non  necessitando  comunque  di  alcuna
conferma successiva al rilascio» - art. 1, comma 1, lett. d); 
    la  possibilita'  per  il  cittadino  di  nominare  uno  o   piu'
fiduciari, per l'interlocuzione e il contraddittorio con il  Servizio
sanitario regionale concernente la dichiarazione anticipata  medesima
- art. 1, comma 1, lett. c). 
    Si tratta, dunque, di una disciplina che, attenendo ai contenuti,
ai limiti e alle modalita' di esternazione  di  atti  tipicamente  di
autonomia privata, in quanto concernenti la disposizione del  proprio
corpo mediante l'adesione o meno a determinati trattamenti  sanitari,
rientra, inequivocabilmente, nella materia  dell'ordinamento  civile,
che  e'  riservata,  in  via  esclusiva,  alla  potesta'  legislativa
statale. 
    Come gia' rilevato dal Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015,
con riferimento alla determinazione di impugnare la  legge  regionale
n. 4/15 citata, dunque, "anche sotto questo profilo e' illuminante la
giurisprudenza costituzionale. Viene in rilievo, in  particolare,  la
sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2006,  che  ha  dichiarato
l'incostituzionalita',     per     interferenza     nella     materia
dell'ordinamento civile, di una norma della regione Toscana, la quale
prevedeva che «Ciascuno ha diritto di designare la persona a cui  gli
operatori sanitari devono riferirsi per riceverne il  consenso  a  un
determinato trattamento terapeutico, qualora l'interessato  versi  in
condizione  di  incapacita'  naturale  e  il  pericolo  di  un  grave
pregiudizio alla sua salute o alla sua integrita' fisica  giustifichi
l'urgenza e indifferibilita' della decisione». 
    La medesima legge  regionale  disciplinava  il  procedimento  per
rendere operative le relative dichiarazioni di volonta'.  Orbene,  la
Corte Costituzionale, nel giudicare tale legge regionale, ha  sancito
che  «la  Regione  ha  cosi'  disciplinato  la  possibilita'  per  il
soggetto, in vista di un'eventuale e futura situazione di incapacita'
naturale e al ricorrere delle condizioni  indicate  dall'art.  7,  di
delegare ad altra persona, liberamente  scelta,  il  consenso  ad  un
trattamento sanitario. Cosi' operando  il  legislatore  regionale  ha
ecceduto  dalle  proprie  competenze,  regolando   l'istituto   della
rappresentanza che rientra  nella  materia  dell'ordinamento  civile,
riservata allo Stato, in via esclusiva, dall'art. 117, secondo comma,
lettera l), della Costituzione». 
    Si tratta, come si vede,  di  fattispecie  del  tutto  analoga  a
quella disciplinata dalla legge della regione Autonoma Friuli-Venezia
Giulia n. 4/2015, anche come  riformulata  dalla  Legge  n.  16/2015,
rispetto alla quale, pertanto, non possono che permanere i rilievi di
incostituzionalita' gia' espressi e sopra riportati. 

(1) «La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce  e  promuove
    la possibilita' della persona di rendere esplicite  con  certezza
    le proprie determinazioni  in  ordine  ai  trattamenti  sanitari,
    nell'ambito del Servizio sanitario regionale e in tutte  le  fasi
    della vita, ivi compresa quella terminale, e anche per  l'ipotesi
    in cui la persona stessa non sia piu' in grado di intendere e  di
    volere, fino alla morte accertata nei modi di legge».., 

(2) «Il comma 1 dell'art. 3 e'  sostituito  dal  seguente:  1.  nella
    dichiarazione anticipata l'interessato puo' nominare uno  o  piu'
    soggetti ai fini della presente legge denominati  fiduciari,  per
    l'interlocuzione e il contraddittorio con il  Servizio  sanitario
    regionale concernente la dichiarazione anticipata medesima». 
 
                              P. Q. M. 
 
    Per i suesposti motivi si conclude perche' la Legge della Regione
Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16  del  10  luglio  2015,  recante
«Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015,  n.
4 (Istituzione del registro regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei  tessuti»,
avente  contenuto  omogeneo  e  recante   disposizioni   strettamente
connesse tra loro e, comunque, gli articoli specificamente indicati e
le  disposizioni  ad  essi  collegate  indicate  in  epigrafe,  siano
dichiarati costituzionalmente illegittimi. 
    Si produce l'attestazione della deliberazione del  Consiglio  dei
ministri del 4 settembre 2015. 
      Roma, 11 settembre 2015 
 
                   L'Avvocato dello Stato PALMIERI