N. 230 SENTENZA 7 ottobre - 11 novembre 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero extracomunitario - Pensione di invalidita' civile per sordi
  e  indennita'  di  comunicazione  -  Concessione   subordinata   al
  requisito della titolarita' della carta di soggiorno. 
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria
  2001), art. 80, comma 19. 
-   
(GU n.46 del 18-11-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  80,  comma
19, della legge  23  dicembre  2000,  n.  388  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2001), promosso dal Tribunale  ordinario  di  Milano,  in
funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra  J.D.P.
e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza
del 12 dicembre 2014, iscritta al n. 33 del registro ordinanze 2015 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  11,  prima
serie speciale, dell'anno 2015. 
    Udito nella camera di consiglio del 7  ottobre  2015  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 12 dicembre 2014, il Tribunale ordinario di
Milano,  in  funzione  di  giudice  del  lavoro,  ha  sollevato,   in
riferimento agli  artt.  2,  3,  10,  32  e  38  della  Costituzione,
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  80,  comma  19,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2001), «nella parte in cui subordina al requisito  della  titolarita'
della carta di soggiorno la  concessione  agli  stranieri  legalmente
soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di invalidita'
civile per sordi e della indennita' di comunicazione». 
    Premette il giudice a quo che J.D.P.  ha  convenuto  in  giudizio
l'Istituto   nazionale   della   previdenza   sociale   (INPS)    per
l'accertamento del diritto all'indennita' di  comunicazione  ed  alla
pensione di invalidita'  civile  per  sordi,  puntualizzando  che  il
ricorrente  e'  stato  riconosciuto  sordo   «senza   necessita'   di
revisione» dall'apposita Commissione medica; in sede  amministrativa,
peraltro, l'INPS aveva negato le provvidenze richieste in  quanto  il
richiedente non risultava «titolare di carta di soggiorno o  permesso
di soggiorno di lungo periodo». 
    Risultando il ricorrente sicuramente in  possesso  dei  requisiti
per conseguire i benefici richiesti, l'unico ostacolo  alla  relativa
concessione  sarebbe  rappresentato  dalla  disposizione  oggetto  di
censura,  che  subordina  il  riconoscimento  delle  provvidenze   in
questione, per l'appunto, alla titolarita' della carta di soggiorno -
ora permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo -,  la
quale, a sua volta, presuppone il possesso da almeno cinque  anni  di
un permesso di soggiorno in corso di validita'. 
    Richiamata  la  sentenza  di  questa  Corte  n.  11  del  2009  e
sottolineato come, nella situazione di specie, l'INPS abbia resistito
insistendo    nel    valorizzare    l'assenza,     in     capo     al
richiedente,«quantomeno del requisito  del  soggiorno  in  Italia  da
almeno 5 anni», il giudice a  quo  riporta,  altresi',  ampi  stralci
della sentenza n. 187 del 2010, segnalando come, alla luce di  questa
giurisprudenza,  il  requisito  individuato  come  rilevante  per   i
cittadini extracomunitari sia, in definitiva, il legale soggiorno nel
territorio dello Stato: il quale requisito -  si  sottolinea  -  «non
attiene alla stabilita' della condizione, ma  all'effettivita'  della
stessa in senso sostanziale». 
    Risulterebbero di conseguenza violati gli artt. 2, 3, 10, 32 e 38
Cost., in quanto la disposizione censurata si porrebbe  in  contrasto
con le «norme poste a tutela  del  diritto  alla  salute  nonche'  in
relazione  al  principio  di  non  discriminazione  degli   stranieri
regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale». 
    Ne'  sarebbe  possibile   un'interpretazione   costituzionalmente
orientata o un'applicazione estensiva delle pronunce di questa  Corte
«gia' espresse per altre prestazioni»; cosi' come  andrebbe  «esclusa
la possibilita' di ravvisare un contrasto ai sensi  dell'articolo  14
CEDU, trattandosi di  norma  di  principio  senza  efficacia  diretta
nell'ordinamento». 
    2.- Nel giudizio non vi e' stata costituzione  di  parti  ne'  vi
sono stati interventi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Milano, in funzione di giudice  del
lavoro, solleva, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 32  e  38  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  80,
comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2001), «nella parte in cui subordina al  requisito  della
titolarita' della carta di soggiorno la  concessione  agli  stranieri
legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione  di
invalidita' civile per sordi e della indennita' di comunicazione». 
    Dopo aver richiamato e  riportato  la  giurisprudenza  di  questa
Corte - secondo cui, nei casi in cui si versi in tema di  provvidenze
destinate a fronteggiare esigenze  di  sostentamento  della  persona,
qualsiasi discriminazione  tra  cittadini  e  stranieri  regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, fondata su requisiti diversi
dalle  condizioni  soggettive  per  essere  ammessi,  «finirebbe  per
risultare in contrasto con il principio sancito  dall'art.  14  della
Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo»,  per  come  in   piu'
occasioni interpretato dalla Corte di Strasburgo (sentenza n. 187 del
2010) -, il giudice a quo deduce che la limitazione  derivante  dalla
disposizione censurata risulterebbe  adottata  «in  violazione  delle
norme poste a tutela del diritto alla salute nonche' in relazione  al
principio  di  non  discriminazione  degli   stranieri   regolarmente
soggiornanti sul territorio nazionale». 
    2.- La questione e' fondata. 
    2.1.-  Come  puntualmente   rammentato   dallo   stesso   giudice
rimettente,  questa  Corte  ha  gia'  avuto  numerose  occasioni   di
occuparsi, sotto diverse angolature ed in  riferimento  a  differenti
misure di carattere assistenziale, delle limitazioni previste per gli
stranieri extracomunitari regolarmente  soggiornanti  nel  territorio
dello Stato, derivanti dalla disposizione ora  nuovamente  censurata:
secondo questa l'assegno sociale  e  le  provvidenze  economiche  che
costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in
materia di servizi sociali, sono concessi agli stranieri soltanto  se
titolari della "carta di soggiorno", ora permesso di soggiorno UE per
soggiornanti di lungo periodo (decreto legislativo 8 gennaio 2007, n.
3, recante «Attuazione  della  direttiva  2003/109/CE  relativa  allo
status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di  lungo  periodo»),
per il cui rilascio viene, fra l'altro,  richiesto  il  possesso,  da
almeno  cinque  anni,  di  un  permesso  di  soggiorno  in  corso  di
validita'. 
    La lunga serie delle relative decisioni ha preso avvio con alcune
pronunce che si occupavano dei limiti di reddito imposti ai cittadini
extracomunitari al fine di poter fruire della carta di soggiorno.  In
particolare, con la sentenza n. 306  del  2008,  la  disposizione  in
esame venne dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte  in
cui escludeva che l'indennita' di accompagnamento per inabilita' - di
cui all'art. 1 della legge 11 febbraio 1980,  n.  18  (Indennita'  di
accompagnamento agli invalidi civili totalmente  inabili)  -  potesse
essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perche' non
in possesso dei  requisiti  di  reddito  per  ottenere  la  carta  di
soggiorno. Identica soluzione venne poi adottata con la  sentenza  n.
11 del 2009, in riferimento  alla  pensione  di  inabilita',  di  cui
all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione  in  legge
del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore  dei  mutilati
ed invalidi civili). 
    In  entrambe  le  occasioni,  la  Corte   ritenne   irragionevole
subordinare l'attribuzione di prestazioni assistenziali  al  possesso
di un determinato livello minimo di reddito. 
    Con la sentenza n. 187 del 2010 - diffusamente evocata,  come  si
e' accennato, dal giudice  a  quo  -  la  Corte  ha  poi  iniziato  a
censurare    la    disposizione    sotto    il    diverso    versante
dell'ingiustificata  discriminazione  nei  confronti  dei   cittadini
extracomunitari in riferimento alle diverse tipologie di  provvidenze
volta a volta prese in considerazione. 
    Con  la  richiamata  sentenza,  infatti,  la  disposizione  venne
dichiarata  costituzionalmente  illegittima  nella   parte   in   cui
subordinava al requisito del possesso della carta  di  soggiorno  (e,
quindi, delle condizioni  di  durata  della  permanenza  per  poterla
ottenere) l'assegno mensile di invalidita' di cui all'art.  13  della
richiamata legge n. 118 del 1971. 
    Fece seguito la sentenza  n.  329  del  2011,  con  la  quale  la
disposizione venne, ancora una volta,  dichiarata  costituzionalmente
illegittima in relazione all'indennita' di frequenza di cui  all'art.
1 della legge 11 ottobre  1990,  n.  289 (Modifiche  alla  disciplina
delle indennita' di accompagnamento di cui alla L. 21 novembre  1988,
n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza  economica
agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e  istituzione
di un'indennita' di frequenza per i minori invalidi). Nel  frangente,
la   Corte   sottolineo'   la    vasta    gamma    degli    interessi
costituzionalmente  protetti  che  venivano  coinvolti:   la   tutela
dell'infanzia e della salute, nonche' le garanzie da assicurare  alle
persone disabili e ancora  la  salvaguardia  di  condizioni  di  vita
accettabili per il contesto familiare in cui il  minore  disabile  si
trova inserito, insieme all'esigenza di agevolare il futuro  ingresso
dello stesso minore nel mondo del  lavoro  e  la  sua  partecipazione
attiva alla vita sociale. Da qui, la violazione dell'art. 117,  primo
comma, Cost., in relazione al principio di non discriminazione di cui
all'art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva  con  la  legge  4  agosto
1955, n. 848, nonche' la violazione dei principi di uguaglianza e dei
diritti all'istruzione, alla salute ed al lavoro, tanto piu' gravi in
quanto riferiti a minori in condizioni di disabilita'. 
    Con la sentenza  n.  40  del  2013,  l'identica  declaratoria  di
illegittimita'   costituzionale   fu   pronunciata   in   riferimento
all'indennita' di accompagnamento di  cui  all'art.  1  della  citata
legge n. 18 del 1980 ed alla pensione di inabilita' di  cui  all'art.
12 della legge n. 118 del 1971, gia' richiamata,  trattandosi,  anche
in  questo  caso,  di  provvidenze  destinate  a  favorire   soggetti
portatori di menomazioni fortemente invalidanti, la cui  attribuzione
era  dunque  destinata  a  soddisfare  diversi  valori   di   risalto
costituzionale, e con una particolare  evocazione  del  principio  di
solidarieta' di cui all'art. 2 Cost. 
    Da ultimo, con la sentenza n. 22 del  2015,  la  disposizione  e'
stata dichiarata  costituzionalmente  illegittima  -  per  violazione
degli artt. 2, 3 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art.  14
della CEDU e all'art. 1 del relativo Primo Protocollo  addizionale  -
con riguardo alla pensione di invalidita' - di cui all'art.  8  della
legge 10 febbraio 1962, n. 66 (Nuove disposizioni relative  all'Opera
nazionale per i ciechi civili) - e alla speciale indennita' in favore
dei ciechi parziali, di cui all'art.  3,  comma  1,  della  legge  21
novembre 1988, n. 508 (Norme integrative  in  materia  di  assistenza
economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti). Si
osservo' che la specificita' dei connotati invalidanti delle  persone
non  vedenti  rendeva  ancora  piu'  arduo,   rispetto   alle   altre
invalidita', subordinare la fruizione del beneficio al possesso della
carta di soggiorno, cioe'  a  un  requisito  di  carattere  meramente
temporale, del tutto  incompatibile  con  la  indifferibilita'  e  la
pregnanza dei relativi bisogni. 
    2.2.- Alla luce degli evocati principi, l'epilogo della questione
all'esame non puo' non consistere in un identico  esito  demolitorio:
la natura, infatti, e  la  funzione  della  pensione  di  invalidita'
civile per sordi - di cui alla legge 26 maggio 1970, n. 381  (Aumento
del contributo ordinario dello Stato a favore dell'Ente nazionale per
la protezione e l'assistenza ai sordomuti e delle misure dell'assegno
di  assistenza  ai  sordomuti),  come  successivamente  modificata  e
integrata, tra l'altro, dalla legge 20 febbraio 2006,  n.  95  (Nuova
disciplina in favore dei minorati auditivi) (che, all'art.  1,  comma
1,  ha  disposto  la  sostituzione,  nelle  disposizioni  legislative
vigenti, del termine «sordomuto» con il termine  «sordo»)  -  nonche'
dell'indennita' di comunicazione, di cui alla richiamata legge n. 508
del 1988, impongono di estendere alla situazione di specie  la  ratio
decidendi posta a base delle predette pronunce, per cio' che  attiene
alla  riconoscibilita'   delle   provvidenze   anche   ai   cittadini
extracomunitari regolarmente permanenti nel territorio  dello  Stato,
ancorche'  non  in  possesso  del  permesso  di  soggiorno   UE   per
soggiornanti di lungo periodo. 
    Si  tratta,  infatti,  anche  in  questo  caso,  di   prestazioni
economiche peculiari, che si fondano sull'esigenza di assicurare - in
una dimensione costituzionale orientata verso  la  solidarieta'  come
dovere inderogabile (art. 2 Cost.), verso la tutela del diritto  alla
salute anche nel senso dell'accessibilita' ai mezzi piu'  appropriati
per garantirla (art. 32 Cost.), nonche' verso la  protezione  sociale
piu' ampia e sostenibile (art. 38 Cost.) - un ausilio  in  favore  di
persone svantaggiate, in quanto affette da  patologie  o  menomazioni
fortemente invalidanti  per  l'ordinaria  vita  di  relazione  e,  di
conseguenza, per le capacita' di lavoro e di sostentamento; beneficii
erogabili, quanto alla pensione, in presenza di condizioni reddituali
limitate, tali, percio', da configurare la medesima  come  misura  di
sostegno per le indispensabili necessita' di una vita dignitosa. 
    La discriminazione che la disposizione de  qua  irragionevolmente
opera  nei  confronti  dei   cittadini   extracomunitari   legalmente
soggiornanti, con l'attribuzione di un non proporzionato rilievo alla
circostanza della durata della permanenza legale nel territorio dello
Stato,  risulta,  d'altra  parte,  in  contrasto  con  il   principio
costituzionale - oltre che convenzionale - di eguaglianza sostanziale
(art. 3 Cost.): essa, infatti, appare idonea a compromettere esigenze
di tutela che, proprio in  quanto  destinate  al  soddisfacimento  di
bisogni primari delle  persone  invalide,  appaiono  per  se'  stesse
indifferenziabili e indilazionabili sulla base di  criteri  meramente
estrinseci o formali; sempre che, naturalmente,  venga  accertata  la
sussistenza degli altri requisiti richiesti per il riconoscimento del
beneficio  e  sempre  che  -  nell'ottica  della   piu'   compatibile
integrazione  sociale  e  della  prevista  equiparazione,  per  scopi
assistenziali, tra cittadini  e  stranieri  extracomunitari,  di  cui
all'art. 41 del d.lgs. 25 luglio 1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero) - il  soggiorno  di  questi  ultimi
risulti, oltre che regolare, non episodico ne' occasionale. 
    Su queste basi, la disposizione denunciata va, dunque, dichiarata
costituzionalmente illegittima. 
    Deve da ultimo, ma non per ultimo, formularsi l'auspicio  che  il
legislatore,  tenendo   conto   dell'elevato   numero   di   pronunce
caducatorie adottate da questa Corte a proposito  della  disposizione
ora nuovamente censurata, provveda ad  una  organica  ricognizione  e
revisione della disciplina, ad evitare, tra l'altro, che il ripetersi
di  interventi  necessariamente  frammentari,  e  condizionati  dalla
natura   stessa   del   giudizio    incidentale    di    legittimita'
costituzionale, possa avere riverberi negativi sul piano della tutela
dell'eguaglianza sostanziale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma  19,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2001), nella parte in cui subordina al  requisito  della  titolarita'
della carta di soggiorno la  concessione  agli  stranieri  legalmente
soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di invalidita'
civile per sordi e della indennita' di comunicazione. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 novembre 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI