N. 264 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2014
Ordinanza del 17 novembre 2014 del Tribunale di Bari nel procedimento penale a carico di Messa Alberto. Gioco e scommesse - Regime concessorio - Limitazioni all'accesso a gare nazionali per gli operatori comunitari - Modalita' di raccolta del gioco con vincita di denaro - Trattamento sanzionatorio. - Legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive), art. 4, commi 1 e 4-bis, in combinato disposto con gli artt. 88 R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) e 10, comma 9-octies, decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44; decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40 (Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, art. 2, commi 2-bis e 2-ter.(GU n.49 del 9-12-2015 )
TRIBUNALE DI BARI Seconda Sezione Penale - Rito Monocratico Il giudice Antonio Dello Preite, - letti gli atti di causa nel processo penale iscritto al n. 4348/14 R.G. Trib - n. 20638/12 R.G.N.R. a carico di MESSA Alberto, nato a Bari il 3 luglio 1991, imputato dell'art. 4, commi 1 e 4-bis legge 13 dicembre 1989 n. 401 " ... per avere, in qualita' di titolare della ditta individuale "Messa Alberto" ed in assenza di concessione e/o autorizzazione da parte dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), nonche' della licenza di P.S. di cui all'art. 88 del RD18.06.31 n. 773 (TULPS), organizzato scommesse su attivita' sportive ponendo in essere un'attivita' finalizzata ad accertare e raccogliere in Italia scommesse per eventi sportivi nazionali ed esteri. Accertato in Polignano a Mare il 19 novembre 2012 ..."; - rilevato che l'imputato personalmente ed i suoi difensori hanno richiesto la definizione con rito abbreviato, depositando documentazione e memorie difensive e che si procedeva all'acquisizione del fascicolo del PM in ottemperanza al rito prescelto; - sentite le conclusioni delle parti all'esito della discussione, Osserva In data 19 novembre 2012 personale della Guardia di Finanza della Compagnia di Monopoli (BA) procedeva al controllo dei locali dell'imputato utilizzati per la raccolta delle scommesse in via telematica e, rilevando l'assenza sia della concessione AAMS che dell'autorizzazione prevista dall'art. 88 TULPS, procedeva al sequestro preventivo di nove videoterminali utilizzati per tale attivita', inoltrando contestualmente CNR alla Procura della Repubblica per la contestazione del reato di cui alla rubrica. Dalla documentazione depositata a questo giudice, ed in particolare dal contratto del 12 settembre 2012 di affiliazione dell'imputato alla Centurionbet Ltd., bookmaker di diritto maltese, e dal provvedimento della Questura di Bari dell'11 febbraio 2013 di diniego di rilascio della licenza ex art. 88 TULPS, si rilevava che il Messa aveva chiesto l'autorizzazione per la raccolta di scommesse per conto della Centurionbet Ltd. nei locali di via delle Rimembranze, 10/12 in Polignano a Mare, dove poi successivamente era stato operato il controllo ed il successivo sequestro di cui sopra: si sottolineava che il richiedente non era titolare di concessione rilasciata dall'AAMS e che difettava dei requisiti della buona condotta perche' era stato deferito all'AG per commissione dei reati di esercizio abusivo di giuoco e scommesse in violazione dell'art. 4 legge n. 401/89 accertati il 19 settembre 2012 (e cioe' questo processo), nonche' di altre mete irregolarita' formali collegate alla presentazione dell'istanza (mancanza di bolli, della piantina planimetrica dei locali ecc.). I difensori, depositavano, inoltre, autorizzazione al Messa del 24 luglio 2012 del Comune di Polignano a Mare per l'esercizio di sala giochi. Nelle conclusioni, supportate da memorie e da documentazione, la difesa ha opposto, con l'esibizione di copiosa giurisprudenza al riguardo, la non punibilita' dell'imputato, in quanto la fattispecie penale a lui contestata deve esser disapplicata per contrasto con la normativa comunitaria chiedendo di NDP nei suoi confronti con disapplicazione dell'art. 4 legge n. 401/89 e, subordinatamente, di sospendere il processo de quo, con trasmissione, ex art. 267 del TFUE, alla Corte di Giustizia Europea per accertare: a) se gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di giustizia europea debbano essere interpretati nel senso che essi ostino ad una disciplina nazionale di cui all'art. 4 legge n. 401/89 e art. 88 TULPS nella parte in cui uno Stato membro ponga in essere una gara nazionale di affidamento di concessioni per l'esercizio di attivita' di giochi e scommesse emesso il 26 luglio 2012 e pubblicato in GU n. 88 del 30 luglio 2012 per l'affidamento in concessione di 2000 diritti per l'esercizio congiunto dei giochi pubblici ai sensi dell'art. 10, comma 9-octies decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 2012 n. 44 di durata inferiore alle precedenti, limitando l'accesso ad operatori comunitari, quali la Centurionbet Ltd. di partecipazione alla stessa in relazione all'indeterminatezza della durata di gestione del servizio, nella misura in cui non vengano revocate le precedenti concessioni dichiarate gia' illegittime dalla Corte di Giustizia Europea, violando i principi di parita' di trattamento e di effettivita' del diritto dell'Unione; b) se gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di Giustizia Europea debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disciplina nazionale di cui all'art. 4 legge n. 401/89 e art. 88 TULPS nella parte in cui vengono sanzionati penalmente soggetti a cui viene negato il rilascio di autorizzazione di cui all'art. 88 TULPS, pur avendo i requisiti di affidabilita' previsti dall'ordinamento, in quanto non in possesso di concessione per irregolarita' commesse nell'ambito di una procedura di gara per il rilascio delle stesse. Nella documentazione depositata dalla difesa era acquisita, con traduzione asseverata da giuramento, la licenza per il gioco a distanza di classe I, II e III rilasciata alla Centurionbet Limited C-44934 dalla competente Autorita' per le lotterie ed il gioco dello Stato di Malta. Inoltre, veniva depositato in copia, ricorso al TAR Lazio della Centurionbet Limited C-44934 dell'11 ottobre 2012 contro l'AAMS ed il Ministero dell'economia e delle finanze avente ad oggetto l'annullamento del bando di gara pubblicato sulla GURI del 30 luglio 2012 n. 88 e degli atti conseguenziali avente ad oggetto l'affidamento in concessione di 2000 diritti per l'esercizio congiunto dei giochi pubblici ai sensi dell'art. 10, comma 9-octies del decreto-legge n. 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 2012 n. 44. La fattispecie che ha trovato (e trova) sovente ingresso dinanzi ai tribunali penali italiani puo' essere sintetizzata come segue: l'imputato gestisce un'attivita' di raccolta di scommesse on line, in ambito nazionale ed internazionale, cosi' strutturata: il giocatore indica all'operatore la scommessa cui intende partecipare e gli consegna il denaro necessario; l'operatore provvede ad inviare, per via telematica, l'ordine ricevuto agli allibratori stranieri (c.d. bookmakers), per i quali svolge la funzione di intermediario nella raccolta delle predette scommesse. Nel corso di attivita' di controllo, agenti di Polizia Giudiziaria accertano, a seguito di perquisizione dell'esercizio commerciale, che l'imputato non dispone della concessione amministrativa e della licenza di polizia. Segue dunque il sequestro, fra l'altro, di computers, ricevute di scommesse, corrispondenza tra l'imputato ed i bookmakers, nonche' di denaro contante. Il settore delle scommesse, nel nostro ordinamento, e' oggetto di una complessa disciplina nella quale profili piu' strettamente penalistici si intrecciano, sul piano della regolamentazione, a profili di natura amministrativa: cio' si fonda, evidentemente sulla indubbia rilevanza pubblicistica della materia che incide su aspetti di rango primario quali gli interessi finanziari dello Stato e la tutela dell'ordine pubblico. In tale prospettiva il legislatore subordina l'esercizio dell'attivita' organizzata di raccolta e gestione delle scommesse alla sussistenza di un duplice requisito: l'ottenimento di un'apposita concessione da parte dello Stato (nel caso specifico si tratta dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato), all'esito della partecipazione ad una pubblica gara che prevede l'attribuzione del titolo abilitativo in favore di un numero circoscritto di soggetti e il rilascio dell'autorizzazione di polizia ai sensi dell'art. 88 TULPS. Perche' il titolo autorizzatorio possa essere conseguito dall'interessato, peraltro, debbono ricorrere due presupposti: a) da un lato che il richiedente sia in possesso dei requisiti soggettivi di cui all'art. 11 TULPS e, b) dall'altro che il soggetto esercente sia titolare della concessione di cui sopra. Ne consegue che i due requisiti sono tra loro interdipendenti posto che la mancata titolarita' della concessione in capo al richiedente preclude il rilascio dell'autorizzazione, mentre la mera circostanza che il soggetto abbia conseguito l'autorizzazione di polizia non legittima ex se alla gestione e raccolta delle scommesse. La materia e' stata di recente oggetto di nuovo intervento normativo da parte del legislatore che all'art. 2, commi 2-bis e 2-ter decreto-legge n. 40/2010 ha precisato che il gioco con vincita in denaro puo' essere raccolto dai titolari soggetti di valida concessione rilasciata dall'AAMS esclusivamente nelle sedi e con le modalita' previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalita' o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica. Inoltre la normativa citata, con disposizione interpretativa e quindi retroattiva, ha stabilito che l'art. 88 TULPS, si interpreta nel senso che la licenza ivi prevista, ove rilasciata per esercizi commerciali nei quali si svolge l'esercizio e la raccolta di giochi pubblici con vincita di danaro, e' da intendersi efficace solo a seguito di rilascio ai titolari dei medesimi esercizi di apposita concessione per l'esercizio e la raccolta di tali giochi. Pertanto, ai fini suindicati non vale piu' alcuna distinzione tra intermediari delegati e titolari, nonche' tra l'utilizzo di sistemi telematici o altro, necessitando in ogni caso la compresenza sia della concessione che dell'autorizzazione. Il regime cosi' delineato, tuttavia, deve essere armonizzato con i principi e le norme di diritto comunitario nel perseguimento di eliminare tra gli Stati membri, gli ostacoli alla libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali. Nell'ambito delle liberta' riconosciute a tal fine riconosciute ai cittadini dell'Unione Europea, particolare rilievo assumono, al riguardo la liberta' di stabilimento di cui all'art. 49 del trattato CE (gia' art. 43 trattato CE) e la libera prestazione di servizi, di cui al successivo art. 56 (gia' art. 49 trattato CE), strettamente collegate entrambe al principio di non discriminazione tra soggetti che esercitano la propria attivita' in uno Stato membro diverso da quello di origine, in cui siano stati regolarmente abilitati. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza comunitaria quello secondo cui le condizioni imposte dallo Stato di destinazione del servizio non devono aggiungersi a quelle richieste dallo Stato di stabilimento dell'impresa, atteso che il controllo dell'attivita' esercitato dal primo deve essere in linea di principio limitato al rispetto della normativa dello Stato d'origine, sul presupposto dell'equivalenza delle diverse regole nazionali vigenti negli Stati membri (c.d. home country control). Ai sensi degli artt. 51 e 52 del trattato CE, inoltre, le normative nazionali possono prevedere restrizioni di ordine soggettivo alla liberta' di stabilimento e alla libera prestazione di servizi, purche' si tratti di misure necessarie per la tutela di ordine generale e sempre che vengano rispettati i principi di coerenza e sistematicita', non discriminazione e proporzionalita', con violazione di qualsivoglia ingiustificato privilegio per gli operatori nazionali. In tal senso va infatti rimarcata l'importanza della nota sentenza Gambelli del 6 novembre 2003, procedimento C-243/01, con cui sono stati fissati i principi guida per la risoluzione della controversia. Chiamata a pronunciarsi ex art. 234 TFUE in ordine al sequestro preventivo di aziende italiane collegate ad un operatore straniero, la Corte di Giustizia ha infatti precisato che ".... la normativa statale che vieta, anche con sanzioni penali lo svolgimento di attivita' correlate alle scommesse su eventi sportivi in assenza di concessione o di autorizzazione rilasciata dallo Stato membro, costituisce una restrizione alla liberta' di stabilimento e alla libera prestazione di servizi di cui agli artt. 43 e 49 trattato CE (ora 49 e 56 trattato CE). Restrizioni a tali liberta' sono ammissibili se giustificate da esigenze imperative di interesse generale, le quali devono in ogni caso configurarsi necessarie per il conseguimento dello scopo perseguito, essere proporzionate e non discriminatorie. Spetta al giudice nazionale verificare se la normativa statale, alla luce delle sue concrete modalita' di applicazione, risponda a tali esigenze e ai relativi requisiti ...". Nonostante il successivo intervento della Corte di Cassazione a SSUU del 26 aprile 2004 n. 23271 - rv 227725, essenzialmente inteso a ribadire la piena compatibilita' della disciplina italiana con i principi di cui agli artt. 43 e 49 Trattato CE (ora 49 e 56) per le ragioni di ordine pubblico sottese al regime restrittivo, la giurisprudenza di merito ha continuato a manifestare perplessita' in ordine all'effettiva rispondenza della normativa interna alle indicazioni provenienti dall'ordinamento comunitario. Il problema si e' posto, in particolare, con riferimento alla concreta apertura del settore delle scommesse agli operatori stranieri, debitamente autorizzati nei propri paesi d'origine. Va rilevato, infatti che, originariamente, il sistema di concessione per le scommesse su manifestazioni sportive non permetteva che le concessioni fossero rilasciate in favore di societa' di capitali. Solo con la legge n. 305/02 fu superato quel sistema, oggetto di critiche da parte della Corte di Giustizia. Nonostante le novita' introdotte, tuttavia non furono indette nuove gare per il rilascio di concessioni, almeno fino alla promulgazione del decreto-legge n. 223/06, convertito nella legge n. 248/06, con cui fu data attuazione alla nuova normativa, la situazione e' rimasta sostanzialmente cristallizzata, quanto al numero ed alla tipologia dei titolari, al regime previsto in epoca anteriore alla legge finanziaria 2003. Alla luce di tali contraddizioni, su domanda di pronuncia pregiudiziale formulate ai sensi dell'art. 234 TFUE dai Tribunali di Larino e Teramo, la Corte di Giustizia e' stata nuovamente investita della questione. Nel ribadire le conclusioni gia' raggiunte con la precedente sentenza Gambelli sopra citata, la Corte ha ulteriormente ribadito che "... una normativa che vieta l'esercizio di attivita' di raccolta, di accettazione di registrazione e di trasmissione di proposte di scommesse, in particolare sugli eventi sportivi, in assenza di concessione o di autorizzazione di polizia rilasciate dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla liberta' di stabilimento nonche' alla libera prestazione dei servizi previste rispettivamente dagli artt. 43 e 49 CE (ora 49 e 56) ..." (CGE 6 marzo 2007 n. 338 - Placanica). Come di consueto spetta al giudice nazionale verificare se la normativa nazionale, in quanto limita il numero di soggetti che operano nel settore dei giochi d'azzardo, risponda realmente all'obiettivo mirante a prevenire l'esercizio delle attivita' in tale settore per fini criminali o fraudolenti. Nel procedere a tale delicato accertamento, il giudice nazionale e' tenuto, peraltro, ad uniformarsi ai seguenti principi giurisprudenziali, elaborati dalla Corte nel chiaro intento di circoscrivere i margini di discrezionalita' riservati all'apprezzamento delle Autorita' nazionali: a) in primo luogo, gli artt. 43 e 49 CE (ora 49 e 56) devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nelle cause principali, che esclude e per di piu' continua ad escludere nel settore dei giochi d'azzardo gli operatori costituiti sotto forma societa' di capitali le cui azioni sono quotate nei mercati regolamentati; b) in secondo luogo, gli artt. 43 e 49 CE (ora 49 e 56) devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nelle cause principali, che impone una sanzione penale a soggetti quali gli imputati nelle cause principali, per aver esercitato un'attivita' organizzata di raccolta di scommesse in assenza della concessione o dell'autorizzazione di polizia richieste dalla normativa nazionale allorche' questi soggetti non hanno potuto ottenere le dette concessioni o autorizzazioni a causa del rifiuto di tale Stato membro, in violazione del diritto comunitario, di concederle loro. Come si puo' vedere la sentenza Placanica non fa discendere l'incompatibilita' tra disciplina statale e disciplina comunitaria dalla mera circostanza che il legislatore italiano abbia previsto restrizioni all'attivita' di raccolta delle scommesse, purche' queste salvaguardino i principi di non discriminazione, di necessita' e di proporzione. Tuttavia, cio' che rende contraria ai principi comunitari la normativa italiana e' rappresentato, piuttosto dalle modalita' con cui il regime concessorio e' stato disciplinato e, quindi, attuato. In particolare sono tre i profili valorizzati dalla Corte di Giustizia Europea in ordine alla non conformita' del regime concessorio italiano: 1) la previsione di un numero di concessioni limitato, aspetto questo potenzialmente in contrasto con il principio di proporzionalita' ed adeguatezza, in considerazione dell'obiettivo dichiarato di prevenire l'esercizio delle attivita' in oggetto per fini criminali o fraudolenti e della contestuale scelta di ampliare il settore dei giochi e delle scommesse autorizzati dalla legge (punti 55-58); 2) la previsione di limiti ingiustificati alla partecipazione alla gara per l'aggiudicazione delle concessioni, con specifico riferimento all'esclusione delle societa' quotate con azionariato anonimo dal bando del 1999 (punti 59-61); 3) la decisione dello Stato italiano di conservare il regime di monopolio in favore di concessionari pubblici e, comunque di prorogare le concessioni gia' attribuite. Secondo la Corte, in particolare, compete in via esclusiva all'ordinamento giuridico interno individuare gli strumenti di intervento appropriati per tutelare la posizione degli operatori illegittimamente esclusi dalla partecipazione alla gara, fermo restando che, in assenza di rimedi adeguati (quali la revoca e la redistribuzione delle precedenti concessioni, ovvero la messa a concorso di in numero adeguato di nuove concessioni) la mancanza di concessione non puo' costituire oggetto di sanzioni nei confronti di tali operatori (punti 62 e ss.). Quanto al regime autorizzatorio, invece, la sentenza ne ha riconosciuto la sostanziale compatibilita' con i principi di diritto comunitario, fatta eccezione per l'ipotesi in cui il mancato rilascio dell'autorizzazione sia dipeso dall'illegittimo diniego della concessione per le ragioni in precedenza evidenziate. Le ripercussioni della sentenza Placanica sull'ordinamento italiano si sono subito fatte sentire con una pluralita' di sentenze (tra tutte Cass. Pen. Sez III 22 aprile 2008 n. 2417) in cui la Suprema Corte ha affermato che lo Stato italiano non puo' applicare sanzioni nei confronti di persone escluse dal rilascio delle autorizzazioni, di cui all'art. 88 TULPS per il solo fatto che la raccolta viene effettuata per conto di societa' con azionariato anonimo, e che non hanno potuto partecipare per tale ragione alle gare per l'attribuzione delle licenze, sebbene in possesso delle necessarie autorizzazioni per la gestione organizzata di scommesse in altro Stato membro. In tale prospettiva, il legislatore italiano, dapprima con la legge finanziaria del 2003 e poi con il decreto 223/06 (c.d. decreto Bersani) ha consentito la partecipazione alle gare per l'attribuzione di concessioni a tutte le societa' di capitali, indipendentemente dalla struttura, prevedendo l'aggiudicazione di nuovi titoli concessori. Ma anche quest'intervento non ha armonizzato la normativa italiana con i principi comunitari, poiche' tale decreto, pur prevedendo una gara ad evidenza pubblica per l'assegnazione di nuove concessioni, non ha revocato quelle gia' in essere ne' ha predisposto accorgimenti idonei a rimuovere la situazione discriminatoria nel tempo determinatasi a carico degli operatori illegittimamente esclusi. Viceversa, la nuova disciplina ha introdotto: a) limitazioni particolarmente stringenti per gli aspiranti concessionari, determinando un numero massimo di nuovi punti vendita per Comune, tenuto conto di quelli in precedenza assegnati e con l'imposizione di una distanza minima tra questi ultimi; b) vincoli all'esercizio transfrontaliero della raccolta di scommesse, predeterminando autoritativamente i palinsesti d'offerta dei nuovi servizi e vietando l'attivita' di raccolta di scommesse sportive identica a quella oggetto di concessioni rilasciate dallo Stato italiano; c) decadenze delle concessioni ed autorizzazioni, in presenza di presupposti in parte rimessi alla valutazione discrezionale dell'AAMS. Di fatto, il complesso delle disposizioni in precedenza richiamate ha finito inevitabilmente per favorire i titolari delle concessioni rilasciate in epoca anteriore, assicurando a costoro il consolidamento di posizioni indebitamente acquisite in violazione dei principi di diritto comunitario e pregiudicando in misura immotivata e significativa la posizione degli ulteriori operatori interessati ad investire nel mercato italiano. Tutto questo, evidentemente, in contrasto con i principi gia' sanciti dalla Corte di Giustizia, la quale, nel rimettere all'ordinamento giuridico interno la scelta delle modalita' procedurali volte a tutelare i diritti derivanti agli operatori dall'efficacia diretta del diritto comunitario - aveva ribadito che tali modalita' non dovevano essere meno favorevoli di quelle che riguardano soluzioni analoghe di natura esterna (principio di equivalenza) ne' devono rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettivita'). A sommesso parere di questo giudice, si e' omesso di considerare, tuttavia, che lo scopo di perseguire la possibile degenerazione criminale da un lato non puo' essere l'unico a legittimare una restrizione sotto il profilo "ordine pubblico" - che, invece, come si e' visto nell'interpretazione della Corte di giustizia, deve avere prevalenti connotati "sociali" di attenuazione degli effetti nocivi del gioco sui singoli e sulle famiglie prima ancora della repressione di eventuali forme criminali di gestione - e, dall'altro, e' comune a tanti altri settori (da quello del credito, a quello dei lavori pubblici e degli appalti, dall'assunzione al lavoro, a quello ambientale, dalla circolazione delle merci, a tanti altri) per i quali viceversa non e' previsto alcun sistema concessorio ne' tanto meno autorizzatorio ex art. 88 TULPS (licenza di pubblica sicurezza). In tanti altri settori economici permeabili alla criminalita' ben piu' di quello delle scommesse (si pensi al settore del riciclaggio dei rifiuti solidi, all'esportazione di capitali, al credito bancario, alle societa' finanziarie, alle intermediazioni, all'edilizia) non viene richiesta alcuna licenza di Ps ed il controllo soggettivo sull'idoneita' morale, laddove vi sia, viene attuato attraverso interventi pubblici ben piu' pregnanti di una semplice licenza di polizia peraltro oggi di natura meramente "autocertificativa". La Corte di Cassazione, sulla scorta delle criticita' in precedenza evidenziate, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia Europea ai sensi dell'art. 234 TFUE, palesando dubbi in merito alla compatibilita' del diritto comunitario della disciplina interna in tema di scommesse (Cass. Pen. Sez III 10 novembre 2009 n. 2993). Tali dubbi sono stati ampiamente condivisi dalla Corte di Giustizia UE, sezione IV, con la sentenza del 16 febbraio 2012 n. 72, Costa e Cifone, che ha sostanzialmente ritenuto che l'applicazione di sanzioni penali da parte dello Stato italiano nei confronti di soggetti illegittimamente esclusi dai primi bandi fosse in contrasto con gli artt. 46 e 56 del TFUE, dal momento che i nuovi bandi avevano perpetuato la precedente violazione del diritto comunitario precisando che ".... in base agli artt. 43 e 49 del trattato CE (ora 49 e 56) e secondo i principi di parita' di trattamento e di effettivita', viola il diritto dell'Unione Europea lo Stato membro che, dopo aver escluso ingiustamente una categoria di operatori dall'attribuzione di concessioni per l'esercizio di un attivita' economica, cerchi di rimediare mettendo a concorso un numero rilevante di nuove concessioni. Proteggendo pero', al contempo, le posizioni acquisite, fissando distanze minime tra gli esercizi di nuovi concessionari e quelli di operatori esistenti". Pertanto, analogo orientamento interpretativo e' stato recepito dalla Corte di Cassazione, la quale in una pluralita' di sentenze (cfr. in particolare Cass. Pen. Sez. III 23 gennaio 2013 n. 12630 e Cass. Pen. Sez. III 21 febbraio 2013 n. 17723) ha ribadito che un regime di monopolio statale che operi mediante il sistema delle concessioni puo' non confliggere con i principi del trattato CE, ma le eventuali limitazioni imposte devono rispondere a principi precisi che concernono le liberta' di insediamento e di prestazione dei servizi e devono rispondere a motivi imperativi di interesse generale con proporzionalita', non discriminazione, trasparenza e chiarezza. In assenza di questi requisiti - conformemente a quanto precisato nella sentenza Costa e Cifone - le liberta' previste dagli artt. 43 e 49 del Trattato CE (ora 49 e 56), conservano piena espansione e la disciplina nazionale in contrasto con esse deve essere disapplicata. Nel contesto normativo e giurisprudenziale, come sopra ricostruito, si colloca la vicenda relativa alla Centurionbet Ltd., alla quale l'odierno imputato e' legato da un contratto di affiliazione. Dalla documentazione prodotta, la Centurionbet Ltd. e' titolare di regolare licenza rilasciata dal governo maltese per l'attivita' di raccolta delle scommesse e, pur in assenza di una sua responsabilita' o inerzia al riguardo, essa finora non ha potuto avere accesso al mercato italiano, avendo iniziato ad operare in epoca successiva al bando del 2006, con il quale sono stati assegnati gli ultimi titoli concessori. Peraltro, la disciplina sulla base della quale questi ultimi sono stati attribuiti, appare sotto piu' profili incompatibile con l'ordinamento comunitario, venendo in rilievo al riguardo, tanto la questione della limitazione numerica e della distanza rispetto ai precedenti punti autorizzati, quanto la questione dei limiti all'esercizio transfrontaliero della raccolta delle scommesse e della decadenza dalle concessioni e autorizzazioni. Deve aggiungersi, inoltre, che la Centurionbet Ltd. ha manifestato concreto interesse a partecipare al nuovo bando di gara pubblicato il 30 luglio 2012 per l'affidamento in concessione di duemila diritti per l'esercizio congiunto dei giuochi pubblici, ai sensi dell'art. 10, comma 9-octies decreto-legge n. 16/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 44/2012, contestando tuttavia numerosi aspetti di contrasto tra la lex specialis della procedura ed il diritto comunitario, tanto da impugnare il bando con ricorso al TAR Lazio. Ebbene, gli argomenti prospettati dalla difesa (di fatto recepiti dal Consiglio di Stato, IV sezione che, con sentenza depositata il 20 agosto 2013 ha rimesso la questione in via pregiudiziale alla Corte di giustizia europea), sono pienamente condivisi da questo giudice, in specie per quanto attiene alla doglianza relativa alla durata delle nuove concessioni (tre anni in luogo dei nove anni per le concessioni attribuite in precedenza). Deve infatti rilevarsi che la previsione di una durata sensibilmente inferiore delle nuove concessioni rispetto a quelle gia' assegnate (con il fine dichiarato di riallineare il momento di scadenza delle une con le altre), sembra rispondere ad esigenze di mera organizzazione e razionalizzazione dell'attivita', senza, pero', trovare alcuna giustificazione rispetto all'obiettivo primario di assicurare il controllo su coloro che operano nel settore dei giochi d'azzardo onde prevenire l'esercizio di quelle attivita' per fini criminali o fraudolenti: obiettivo, questo, che conformemente a quanto statuito nella sentenza Placanica, appare idoneo a giustificare - a determinate condizioni - il permanere del sistema concessorio italiano. La violazione dei principi dell'ordinamento comunitario risulta in questo caso quanto mai evidente. Per un verso, infatti, si finisce concretamente per pregiudicare sul piano economico gli operatori intenzionati ad entrare nel mercato italiano mediante la partecipazione alla gara, in quanto l'esigua durata della concessione non assicura adeguati margini di guadagno se non negli ultimi mesi d'esercizio, a fronte dell'ingente investimento necessario per iniziare l'attivita'. Viceversa, risulta notevolmente rafforzata la posizione degli operatori gia' esistenti, i quali godono di una organizzazione collaudata e possono giovarsi di esperienza, know how ed investimenti pregressi (anche sotto il profilo della riduzione dei costi e dei rischi d'impresa), peraltro conseguiti grazie ad un sistema di concessioni che ne ha tutelato le posizioni in violazione dei principi di parita' di trattamento e di effettivita'. Per un altro verso, l'obiettivo in tal modo ottenuto di garantire ai precedenti titolari di concessioni, la continuita', la stabilita' finanziaria e la remunerazione degli investimenti effettuati, non puo' essere ricondotto a quei motivi imperativi di interesse generale i quali soltanto giustificano la restrizione di una liberta' fondamentale garantita dal Trattato CE, sicche' l'incompatibilita' con l'Ordinamento comunitario appare davvero indiscutibile. Altro corollario di quelle statuizioni e' che l'art. 2, commi 2-bis e 2-ter decreto-legge n. 40/2010 dove si precisa che il gioco con vincita in denaro puo' essere raccolto dai titolari soggetti di valida concessione rilasciata dall'AAMS esclusivamente nelle sedi e con le modalita' previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalita' o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica - oggi alla base di qualsiasi lavoro privato, pubblico e/o istituzionale - si pone anch'esso in antitesi con quei diritti comunitari fondamentali sopra evidenziati (nel caso di specie i videoterminali sono stati sequestrati anche forza di quelle disposizioni). Sulla base di quanto sopra argomentato non puo' dubitarsi, quindi, che il regime concessorio vigente in Italia in materia di giochi e scommesse appare in contrasto - anche con riferimento al bando da ultimo pubblicato - con i principi del Trattato relativi al diritto di stabilimento ed alla liberta' di prestazione e servizi, onde se ne imporrebbe la disapplicazione. A cio' si aggiunga che l'odierno imputato risulta aver presentato regolare richiesta di licenza ai sensi dell'art. 88 TULPS alla Questura di Bari e che i requisiti soggettivi sussistono tutti, dato che lo stesso ha ottenuto il permesso comunale di apertura di una sala giochi, e questo a dimostrazione della sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti, non potendosi prendere come riferimento il deferimento all'AG per questo processo tra i motivi di diniego dell'autorizzazione. In definitiva il mancato rilascio della licenza appare determinato unicamente dal fatto che l'imputato operi per conto di una societa' straniera priva di concessione, la Centurionbet Ltd, in quanto di fatto impossibilitata a partecipare alle gare a condizioni paritarie per le ragioni sopra evidenziate. Anche sotto tale profilo deve procedersi alla disapplicazione della normativa interna dettata in materia, appena evidenziando che, anche alla luce dell'art. 2, comma 2-ter del decreto-legge n. 40/2010 deve escludersi che l'autorizzazione possa venire rifiutata ai centri di trasmissione dati collegati con allibratori stranieri, regolarmente abilitati nel loro Paese, per la sola circostanza che il richiedente non sia titolare di concessione, ovvero agisca per conto di un soggetto privo di concessione, posto che, in parte qua, l'art. 88 TULPS pone un limite ingiustificato alle liberta' di stabilimento e di prestazione di servizi, di cui agli artt. 43 e 49 Trattato CE (ora 49 e 56) e va, per questo, disapplicato (cfr. TAR Parma, sez. I 27 marzo 2010 n. 428). Concludendo la disamina, puo' ragionevolmente affermarsi che la normativa italiana in materia di scommesse, continua a perseguire un vero e proprio monopolio fiscale - del tutto scevro da esigenze di contenimento della propensione al gioco - verso la cui salvaguardia tutta la legislazione in materia, ivi compresa quella penale, appare orientata. Lo scopo perseguito, infatti, e', piu' o meno dichiaratamente, di natura economica, volto a tutelare l'interesse, precipuo, al prelievo fiscale, di tal che appare stridente il contrasto tra finalita' economica da un lato (con conseguente attivita' di promozione pubblicitaria e di qualsiasi parossistica incentivazione merce' il moltiplicarsi delle lotterie e lo stimolo continuo della domanda) e, dall'altro, l'esigenza sociale di "ordine pubblico" in realta' comune a molteplici altre attivita' viceversa non sottoposte a licenza di Ps. Detta esigenza non sarebbe comunque salvaguardabile di fatto mediante il rilascio di detto provvedimento di polizia che ha tutt'altri, ben piu' limitati, fini. In altre parole lo Stato da un lato incentiva il gioco, non riduce ed anzi ne moltiplica le opportunita', ne' tende a moderarne gli effetti dannosi sui singoli e sulla societa' (e cio' allo scopo di conseguire generosi introiti fiscali) e, dall'altro, sottopone a restrizioni la stessa attivita' (con il sistema concessorio e di licenza) al solo scopo di prevenire una degenerazione criminale che, dunque, riconosce come plausibile. Lo Stato, dunque, incrementa, a fini economici, un settore che, avendo a che fare con ingenti flussi di denaro e con un vasto pubblico, non puo' non essere insensibile a forme di approfittamento illecito: ma se l'attivita' e' potenzialmente pericolosa per l'ordine sociale allora dovrebbe essere, coerentemente, vietata (come era in passato) e non addirittura favorita. Appare in ogni caso singolare che un'attivita' a rischio di forte degenerazione criminale, nonche' di fatto volta a depauperare i singoli e le famiglie dei propri risparmi, sia addirittura riservata allo Stato e sottoposta al regime della concessione statale: viceversa, se essa rientra nell'attivita' di mercato, potenzialmente libera nell'Unione come qualsiasi altra prestazione di servizi lecita, deve essere permessa a chiunque senza restrizioni. Non sembra dunque che le giustificazioni di "ordine pubblico" possano trovare accoglimento in una pratica espansiva dello Stato con cui viene di fatto incentivata l'attivita' di scommessa (ed anche quella di pura alea quale la lotteria) e dove il pericolo di degenerazione criminale sia risolto soltanto mediante la "canalizzazione" dei numerosissimi gestori in un regime di monopolio avente mere finalita' fiscali. L'ordine pubblico non puo' essere preso dallo Stato a pretesto per dissimulare un si-sterna autorizzatorio "chiuso" in cui lo Stato riserva a se' un'attivita' potenzialmente attrattiva di fenomeni delinquenziali e laddove il requisito unico per ottenere la concessione e' la "solidita' finanziaria" e cioe' soltanto l'aspettativa di solvibilita' del debito fiscale. Sulla scorta delle numerosissime pronunce di merito in casi analoghi a quello trattato nel presente processo e sulla base di quanto innanzi esposto, la conclusione sostanziale a cui si perviene, dunque, sarebbe quella di non applicare la legge penale nel caso di specie, cosi' come statuito dalla Corte di Giustizia Europea e dalle numerose pronunce di merito e di legittimita' su richiamate, cosi' mandando assolto l'imputato perche' il fatto non sussiste. Tuttavia, la non applicazione di una legge nazionale per contrasto con un principio comunitario, sia pure come concetto ed applicazione ormai consolidati nella prassi, non trova una sua collocazione nell'ordinamento positivo italiano, nel senso che, formalmente, non esiste alcuna disposizione normativa che autorizzi espressamente un giudice italiano a fare tanto. In altre parole, la non applicazione di una norma di diritto interno - cosi' come statuito nelle citate pronunce comunitarie e nazionali - rientra, in pratica, nelle mere facolta' discrezionali di un giudice, senza che essa subisca una formale espunzione dal corpus delle leggi, con sua conseguenziale cancellazione e, quindi, di oggettiva operativita', proprio nella contestazione ab initio di quella fattispecie criminosa. E tanto e' vero questo discorso, che, proprio in questo processo, gia' in prime cure, la difesa dell'imputato, nel richiedere il dissequestro di nove terminali, depositava copiosa memoria difensiva il 5 dicembre 2012, nella quale venivano gia' proposti tutti i rilievi in punta di fatto e di diritto, riproposti integralmente, poi, innanzi a questo giudice: cio' dimostra che nella fase giurisdizionale delle indagini preliminari, il PM che, per primo avrebbe dovuto disattendere le norme contestate oggi all'imputato (cfr. rich. arch. PM presso il Tribunale di Cosenza del 18 aprile 2014 e conseguente archiviazione del 5 maggio 2014 in proc. pen. n. 1933/14 RGNR esibita), ha, invece, non solo rigettato la richiesta di dissequestro, ma ha esercitato l'azione penale, cosi' interpretando negativamente la disapplicazione della norma cosi' come raccomandato dai giudici comunitari in casi analoghi. Ma questo dimostra, appunto, la "non cogenza" di fatto di quei pronunciamenti, come, invece, al contrario, dovrebbe formalmente essere. Una tale disfunzione, tuttavia, non puo' essere risolta dagli strumenti giurisdizionali europei che altro non possono fare se non dichiarare, come nel caso di specie, il contrasto di quella norma nazionale con i principi comunitari, sia pure con le specifiche interpretazioni e restrizioni sopra delineate. Infatti, la raccomandazione in tutte quelle sentenze sopra citate e' quella di demandare al giudice nazionale la verifica della compatibilita' della norma in oggetto, come interpretata gia' negativamente dalla Corte di Giustizia: in altre parole si chiede, forse in termini piu' familiari all'ordinamento italiano, di valutarne la "costituzionalita'". Va subito detto, tuttavia, che il reato previsto dall'art. 4, commi 1 e 4-bis, legge n. 401/89, rimane nel corpus delle leggi italiane, perche' compatibile con l'ordinamento comunitario, come affermato nella citata sentenza Placanica, ma non lo e' decisamente nelle modalita' attuative, come sopra meglio evidenziate. Va premesso che il collegamento tra fonti comunitarie e fonti interne ha avuto soluzione attraverso un lento e graduale processo evolutivo che ha visto protagonisti, in una sorta di dialogo a distanza, sia la Corte costituzionale che la Corte di Giustizia e che, alla fine, ha visto affermarsi il principio, ormai da nessuno piu' messo in discussione, del "primato" del diritto comunitario secondo cui ogni giudice nazionale deve "applicare integralmente il diritto comunitario ed i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore che successiva" (sentenza Simmenthal del 9 marzo 1978, in causa C-106/77; sentenza Costa/Enel del 15 luglio 1964; da ultimo sentenza Larsy del 28 giugno 2001, causa C-118/00). Sul punto la Corte costituzionale (sentenza n. 170/84) ha affermato a sua volta la preminenza sulle norme interne del diritto comunitario "cosi' come interpretato dalla Corte di giustizia" con il conseguente obbligo per il giudice dello Stato di disapplicare la norma lasciando il passo, nel caso singolo, all'applicazione diretta della norma comunitaria. Pur riferendosi questa pronuncia ai Regolamenti, tuttavia la successiva sentenza 113/84 la Corte costituzionale ha espressamente esteso la gerarchia delle fonti e tutto il diritto comunitario immediatamente applicabile ivi incluse, oltre naturalmente alle norme del Trattato (che sanciscono le cosiddette "quattro liberta' fondamentali"), le stesse sentenze interpretative della Corte di giustizia che risultino comunque "dichiarative" del diritto comunitario (Corte costituzionale, n. 389/89). Se queste sono le premesse, questo giudice ritiene, allora, che una formale enunciazione disapplicativa della norma interna, incompatibile con la maggior cogenza della superiore fonte comunitaria, debba essere necessariamente e preliminarmente - ai fini della certezza del diritto e della sua applicazione - oggetto di vaglio costituzionale per contrasto con tutte le disposizioni di rango primario, europee ed italiane che siano, con una formale declaratoria di incostituzionalita', sia pure anche parziale e solo in via interpretativa. Nella lunga disamina che precede, non v'e' chi non veda, oltre alla violazione di principi fondamentali comunitari sanciti negli artt. 49 e 56 CE (gia' 43 e 49), anche di quelli piu' spiccatamente interni, come di quelli riguardanti la disparita' di trattamento (Cost. art. 3), il principio di legalita' (Cost. art. 25), il diritto di iniziativa economica libera (Cost. art 41), che vanno ad incidere su posizioni penalmente rilevanti, le quali, per loro natura, debbono sottostare a rigide regole di legalita' e tassativita'. Tant'e' che, anche la Suprema Corte di Cassazione (Sez. IV penale, 18 dicembre 2013 n. 1952, ric. Di Bitetto), pronunciandosi su analogo caso per l'annullamento di un sequestro con rinvio, ha affermato che "la situazione lamentata dal ricorrente ben puo' ricondursi ad una forma di discriminazione indiretta che, se commessa con lo strumento legislativo, autorizza l'intervento della Corte costituzionale...". Questo giudice, pertanto, in via incidentale, prima di emettere la sua decisione su questo caso, ritiene d'investire d'ufficio la Corte costituzionale perche' non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale: dell'art. 4, comma 1° e 4°-bis legge 13 dicembre 1989 n. 401, in combinato disposto con gli artt. 88 TULPS, art. 10, comma 9-octies decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16 (convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 2012 n. 44 e con riferimento una gara nazionale di affidamento di concessioni per l'esercizio di attivita' di giochi e scommesse emesso il 26 luglio 2012 e pubblicato in GURI n. 88 del 30 luglio 2012 di 2000 diritti per l'esercizio congiunto dei giochi pubblici) e dell'art. 2, commi 2-bis e 2-ter decreto-legge n. 40/2010 (dove si vieta che il gioco con vincita in denaro possa essere raccolto dai titolari soggetti di valida concessione rilasciata dall'AAMS esclusivamente nelle sedi e con le modalita' previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalita' o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica) per contrasto con gli artt. 49 e 56 del Trattato CE (gia' artt. 43 e 49) e con gli artt. 3, 25 e 41 della Costituzione nella parte in cui, dovendo essere interpretati gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di giustizia europea, nel senso che essi sono ostativi ad una disciplina nazionale (art. 4 legge n. 401/89, art. 88 TULPS e art. 2, commi 2-bis e 2-ter decreto-legge n. 40/2010) nella parte in cui uno Stato membro (nello specifico l'Italia): a) ponga in essere una gara nazionale di affidamento di concessioni per l'esercizio di attivita' di giochi e scommesse (emesso il 26 luglio 2012 e pubblicato in GU n. 88 del 30 luglio 2012 per l'affidamento in concessione di 2000 diritti per l'esercizio congiunto dei giochi pubblici) ai sensi dell'art. 10, comma 9-octies decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 2012 n. 44 di durata inferiore alle precedenti, cosi' limitando l'accesso ad operatori comunitari, di partecipazione alla stessa in relazione all'indeterminatezza della durata di gestione del servizio, nella misura in cui non vengano revocate le precedenti concessioni dichiarate gia' illegittime dalla Corte di Giustizia Europea; b) disponga, inoltre (art. 2, commi 2-bis e 2-ter decreto-legge n. 40/2010) che il gioco con vincita in denaro, possa essere raccolto dai titolari soggetti di valida concessione rilasciata dall'AAMS esclusivamente nelle sedi e con le modalita' previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalita' o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica; c) vengano sanzionati penalmente soggetti a cui viene negato il rilascio di autorizzazione di cui all'art. 88 TULPS, pur avendo i requisiti di affidabilita' previsti dall'ordinamento, in quanto non in possesso di concessione per irregolarita' commesse nell'ambito di una procedura di gara per il rilascio delle stesse, in violazione dei principi di parita' di trattamento e di effettivita' del diritto dell'Unione, nonche', in tal senso, di quelli garantiti costituzionalmente dallo Stato Italiano come sopra evidenziati. Per quanto esposto sin ad ora, va accolta la richiesta di dissequestro avanzata dalla difesa, con restituzione all'avente diritto, di quanto sottoposto a procedimento cautelare preventivo dalla Guardia di Finanza il 19 dicembre 2012. Il presente processo, inoltre, deve essere sospeso in attesa della decisione della Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23, 2° comma u.p., legge 11 marzo 1953 n. 57.
P.Q.M. Il giudice, d'ufficio, in via incidentale e pregiudiziale, Letto l'art. 134 della Costituzione, nonche' l'art. 23, 3° comma, legge 11 marzo 1953 n. 87, dispone che a cura della cancelleria, siano trasmessi gli atti alla Corte Costituzionale poiche' non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1° e 4°-bis legge 13 dicembre 1989 n. 401, in combinato disposto con gli artt. 88 TULPS, art. 10, comma 9-octies decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16 (convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 2012 n. 44 e con riferimento una gara nazionale di affidamento di concessioni per l'esercizio di attivita' di giochi e scommesse emesso il 26 luglio 2012 e pubblicato in GURI n. 88 del 30 luglio 2012 di 2000 diritti per l'esercizio congiunto dei giochi pubblici) e dell'art. 2, commi 2-bis e 2-ter decreto-legge n. 40/2010 (dove si vieta che il gioco con vincita in denaro possa essere raccolto dai titolari soggetti di valida concessione rilasciata dall'AAMS esclusivamente nelle sedi e con le modalita' previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalita' o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica), per contrasto con gli artt. 49 e 56 del Trattato CE (gia' artt. 43 e 49) e con gli artt. 3, 25 e 41 della Costituzione nella parte in cui, dovendo essere interpretati gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di giustizia europea, nel senso che essi sono ostativi ad una disciplina nazionale (art. 4 legge n. 401/89, art. 88 TULPS e art. 2, commi 2-bis e 2-ter decreto-legge n. 40/2010) nella parte in cui uno Stato membro (nello specifico l'Italia): a) ponga in essere una gara nazionale di affidamento di concessioni per l'esercizio di attivita' di giochi e scommesse (emesso il 26 luglio 2012 e pubblicato in GU n. 88 del 30 luglio 2012 per l'affidamento in concessione di 2000 diritti per l'esercizio congiunto dei giochi pubblici) ai sensi dell'art. 10, comma 9-octies decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 2012 n. 44 di durata inferiore alle precedenti, cosi' limitando l'accesso ad operatori comunitari, di partecipazione alla stessa in relazione all'indeterminatezza della durata di gestione del servizio, nella misura in cui non vengano revocate le precedenti concessioni dichiarate gia' illegittime dalla Corte di Giustizia Europea; b) disponga, inoltre (art. 2, commi 2-bis e 2-ter decreto-legge n. 40/2010) che il gioco con vincita in denaro, possa essere raccolto dai titolari soggetti di valida concessione rilasciata dall'AAMS esclusivamente nelle sedi e con le modalita' previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalita' o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica; c) vengano sanzionati penalmente soggetti a cui viene negato il rilascio di autorizzazione di cui all'art. 88 TULPS, pur avendo i requisiti di affidabilita' previsti dall'ordinamento, in quanto non in possesso di concessione per irregolarita' commesse nell'ambito di una procedura di gara per il rilascio delle stesse; Letto l'art. 23, 4° comma legge 11 marzo 1953 n. 87, ordina che la presente ordinanza sia comunicata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla Presidenza del Senato della Repubblica ed alla Presidenza della Camera dei deputati, nonche', in sede, ai Presidenti di Sezione ed al Procuratore della Repubblica; Letto l'art. 23, 2° comma, legge 11 marzo 1953 n. 87, dispone la sospensione del presente processo; Letto l'art. 321, 3° comma CPP, dispone il dissequestro di quanto sequestrato in via preventiva in data 19 dicembre 2012 dalla Guardia di Finanza della Compagnia di Monopoli, con restituzione all'avente diritto. Bari, 17 novembre 2014 Il giudice: Antonio Dello Preite