N. 247 SENTENZA 21 ottobre - 3 dicembre 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Radiotelevisione  e  servizi  radioelettrici   -   Disciplina   delle
  comunicazioni elettroniche  -  Attribuzione  all'Autorita'  per  le
  garanzie nelle telecomunicazioni di funzioni e  poteri  finalizzati
  all'attuazione della direttiva 2000/31/CE. 
- Decreto  legislativo  9  aprile  2003,  n.  70  (Attuazione   della
  direttiva  2000/31/CE  relativa  a  taluni  aspetti  giuridici  dei
  servizi della societa' dell'informazione nel mercato  interno,  con
  particolare riferimento al commercio elettronico), artt.  5,  comma
  1, 14, comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3; decreto legislativo  31
  luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e
  radiofonici), art. 32-bis, comma 3. 
-   
(GU n.49 del 9-12-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt.  5,  comma
1, 14, comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3, del decreto legislativo 9
aprile 2003, n. 70 (Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa  a
taluni aspetti giuridici dei servizi della societa' dell'informazione
nel  mercato  interno,  con  particolare  riferimento  al   commercio
elettronico) e dell'art. 32-bis, comma 3, del decreto legislativo  31
luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media  audiovisivi  e
radiofonici), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per  il
Lazio con due ordinanze del 26 settembre 2014, iscritte ai nn. 1 e  2
del registro ordinanze 2015 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visti gli atti  di  costituzione  di  ALTROCONSUMO  e  altri,  di
Confindustria Cultura Italia -  Federazione  italiana  dell'industria
culturale, della SIAE - Societa' italiana degli  autori  ed  editori,
del Nuovo IMAIE - Nuovo  istituto  mutualistico  per  la  tutela  dei
diritti degli artisti interpreti esecutori, dell'ANSO -  Associazione
nazionale stampa online e altre, nonche' gli atti di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  20  ottobre  2015  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi gli  avvocati  Alfonso  Celotto  e  Fulvio  Sarzana  di  S.
Ippolito per ALTROCONSUMO e altri, Alessandro Botto per Confindustria
Cultura Italia - Federazione italiana dell'industria culturale e  per
Nuovo IMAIE - Nuovo istituto mutualistico per la tutela  dei  diritti
degli  artisti  interpreti  esecutori,  Guido  Scorza  per   ANSO   -
Associazione nazionale  stampa  online  ed  altre,  Massimo  Luciani,
Maurizio Mandel e Aristide Police per la  SIAE  -  Societa'  italiana
degli autori ed editori, e gli avvocati dello Stato Angelo  Vitale  e
Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 26 settembre  2014  (reg.  ord.  n.  1  del
2015),  notificata   il   successivo   14   ottobre,   il   Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio ha  sollevato,  in  riferimento
agli artt. 2, 21, 24, 25,  primo  comma,  e  41  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 5, comma 1,  14,
comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile
2003, n. 70 (Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a  taluni
aspetti giuridici dei servizi della  societa'  dell'informazione  nel
mercato   interno,   con   particolare   riferimento   al   commercio
elettronico) e dell'art. 32-bis, comma 3, del decreto legislativo  31
luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media  audiovisivi  e
radiofonici). 
    Ad avviso del rimettente  le  denunciate  disposizioni  normative
consentono all'Autorita' per le garanzie nelle  comunicazioni  (d'ora
innanzi «AGCOM»), quale autorita'  amministrativa  di  vigilanza,  di
limitare la  libera  circolazione  di  un  «servizio  della  societa'
dell'informazione» e, in particolare, di  intervenire  anche  in  via
d'urgenza su attivita' quali il  trasporto  o  la  memorizzazione  di
informazioni,  attribuendole  anche   il   potere   di   emanare   le
disposizioni   regolamentari   necessarie   a    rendere    effettiva
l'osservanza dei diritti di proprieta'  intellettuale  da  parte  dei
fornitori di servizi di media. 
    Le predette  disposizioni,  tuttavia,  in  quanto  non  prevedono
«parametri idonei  a  garantire  la  necessaria  ponderazione  fra  i
diversi  diritti  costituzionali  potenzialmente  configgenti  ovvero
[...] criteri che garantiscano  che  una  tale  ponderazione  avvenga
nell'esercizio   delle   competenze   attribuite    all'AGCOM,    fin
dall'adozione del regolamento impugnato», violerebbero i «principi di
riserva  di  legge  e  di   tutela   giurisdizionale   in   relazione
all'esercizio della liberta' di  manifestazione  del  pensiero  e  di
iniziativa economica, sanciti dagli artt. 2, 21, primo e sesto comma,
24  e  41  Cost.»,  «nonche'»  i   «criteri   di   ragionevolezza   e
proporzionalita' nell'esercizio della discrezionalita' legislativa  e
[... i]l principio del giudice naturale, in  relazione  alla  mancata
previsione di garanzie e di tutele  giurisdizionali  per  l'esercizio
della liberta' di  manifestazione  del  pensiero  sulla  rete  almeno
equivalenti  a  quelle  sancite  per  la  stampa,   con   conseguente
violazione degli articoli 21, secondo, terzo e quarto comma, 24 e 25,
comma 1, della Costituzione. 
    1.1.- Piu' precisamente, il giudice  a  quo  premette  di  essere
investito del ricorso proposto da Altroconsumo e altri  contro  AGCOM
al fine di ottenere l'annullamento della delibera n. 680/13/CONS  del
12 dicembre 2013, pubblicata  sul  sito  dell'Autorita'  in  data  18
dicembre 2013, recante l'approvazione del «Regolamento in materia  di
tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e
procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9  aprile  2003,
n. 70», nonche' dell'Allegato A alla medesima delibera, contenente il
testo del regolamento approvato. 
    In primo luogo il TAR ritiene sussistente  la  legittimazione  ad
agire delle ricorrenti, in quanto la  delibera  di  approvazione  del
regolamento  impugnato,  nonostante  il  suo  carattere  generale  ed
astratto,  e'  immediatamente  lesiva   per   intere   categorie   di
destinatari,  cosi'  da   radicare   l'interesse   ad   agire   degli
appartenenti alle predette categorie e, quindi, la  legittimazione  a
ricorrere delle loro associazioni rappresentative. 
    Il giudice rimettente ritiene inoltre che, diversamente da quanto
affermato dalle ricorrenti, la lettura sistematica  e  coordinata  di
tutte le disposizioni impugnate delinea in maniera inequivocabile  la
competenza dell'AGCOM a reprimere le violazioni del diritto  d'autore
perpetrate sulle  reti  di  comunicazione  elettronica,  e  considera
altresi' infondate le censure sollevate dalle ricorrenti in ordine  a
violazioni procedurali nell'approvazione del regolamento  medesimo  e
nelle successive comunicazioni alla Commissione dell'Unione europea. 
    Parimenti destituite di fondamento vengono considerate dal TAR le
censure relative all'illegittimita' del  provvedimento  impugnato  in
quanto emanato in violazione  della  direttiva  29  aprile  2004  del
Parlamento europeo e  del  Consiglio  n.  2004/48/CE  (Direttiva  sul
rispetto dei diritti di proprieta'  intellettuale),  attuata  con  il
decreto legislativo 16 marzo 2006, n. 140 (Attuazione della direttiva
2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprieta' intellettuale)  che
conferirebbe alla sola autorita' giudiziaria  il  potere  di  emanare
provvedimenti inibitori, nonche' della direttiva 22 maggio  2001  del
Parlamento    e    del    Consiglio    n.    2001/29/CE    (Direttiva
sull'armonizzazione di taluni aspetti  del  diritto  d'autore  e  dei
diritti connessi nella societa' dell'informazione),  attuata  con  il
decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68 (Attuazione della  direttiva
2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore
e dei diritti connessi  nella  societa'  dell'informazione)  che  non
stabilirebbe regole applicabili ai prestatori  di  servizi  internet,
considerati meri intermediari, ma solo ai diretti responsabili  della
diffusione  in  rete  di  opere  protette.  Il  TAR  osserva  che  il
procedimento amministrativo  di  cui  all'impugnato  regolamento  non
riguarderebbe le violazioni primarie del  diritto  d'autore,  il  cui
accertamento  resterebbe  di  esclusiva   competenza   dell'autorita'
giudiziaria ordinaria, secondo  quanto  disposto  dalle  norme  sopra
richiamate. Esso si porrebbe, invece, quale attuazione del d.lgs.  n.
70 del 2003, che ha introdotto nell'ordinamento un doppio binario  di
tutela, amministrativa e giudiziaria, del diritto d'autore sulle reti
di comunicazione elettronica, in base  al  presupposto  che  oggi,  a
seguito del processo di dematerializzazione delle opere protette,  le
violazioni che nascono sulla rete sono sempre piu'  diffuse  rispetto
alle forme tradizionali di contraffazione e, cio'  che  piu'  rileva,
sono piu' difficili da reprimere secondo il tradizionale  modello  di
"private  enforcement",  qual  e'   quello   dell'azione   inibitoria
disciplinata dall'art.  156  della  legge  22  aprile  1941,  n.  633
(Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi  al  suo
esercizio), come modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 140  del  2006.
La repressione delle violazioni  del  diritto  di  autore  effettuate
tramite internet richiederebbe, infatti, l'introduzione di  ulteriori
meccanismi di "public  enforcement",  qual  e'  quello  affidato  dal
suddetto d.lgs. n. 70 del 2003 all'autorita' di vigilanza.  Pertanto,
la  procedura  definita  dal  regolamento  gravato  non  mirerebbe  a
definire le singole controversie tra operatori o  tra  questi  e  gli
utenti, bensi' a regolare il potere della autorita' amministrativa di
adottare  provvedimenti  inibitori   all'esito   di   «un   ordinario
procedimento amministrativo» ispirato al «principio di partecipazione
procedimentale»  secondo  modalita'  compatibili   con   le   ragioni
d'urgenza,  e  non  informato  al  piu'   pregnante   principio   del
«contraddittorio»  processuale   e   del   «giusto   processo»,   che
contraddistingue i procedimenti di natura giurisdizionale. 
    1.2.- Le considerazioni sopra sintetizzate inducono il remittente
a  ritenere  infondate  le  censure  di  merito  dedotte  avverso  il
regolamento  AGCOM  impugnato;  tuttavia,  prosegue  l'ordinanza   di
rimessione, le medesime considerazioni suscitano  dubbi  quanto  alla
legittimita' costituzionale delle leggi stesse, che costituiscono  il
fondamento legislativo del regolamento impugnato. Cio' induce il  TAR
a ritenere rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
legittimita' costituzionale delle suddette disposizioni di legge,  in
quanto  l'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale
determinerebbe l'invalidita' derivata  del  regolamento  adottato  in
base alle stesse. 
    1.3.- In punto di non manifesta infondatezza, il TAR osserva  che
il diritto d'autore, quale espressione del diritto di  proprieta'  di
cui all'art. 42 Cost.,  deve  essere  bilanciato  con  altri  diritti
fondamentali previsti in Costituzione, quali il diritto  alla  libera
informazione del gestore del sito web, dell'internet service provider
e del fornitore di servizi media audiovisivi; il diritto  di  accesso
di ogni persona alla libera informazione in rete;  il  diritto  degli
operatori economici a svolgere la propria attivita'  sulla  rete;  il
diritto alla segretezza della comunicazione intersoggettiva. Ritiene,
tuttavia, il rimettente che la Costituzione abbia posto su un diverso
piano i diritti fondamentali e le liberta' economiche, ammettendo, in
caso di conflitto, il sacrificio di quest'ultime a favore dei  primi:
in  questa  prospettiva,   le   disposizioni   di   legge   impugnate
apparirebbero costituzionalmente illegittime,  perche'  la  rimozione
dei contenuti illeciti  da  esse  consentita  sembrerebbe  ledere  le
liberta'   fondamentali   di   informazione   e   di    comunicazione
sopraindicate, posponendole  rispetto  al  diritto  del  proprietario
dell'opera d'ingegno e delle  societa'  che  percepiscono  una  quota
delle relative utilita'. 
    Il rimettente sottolinea inoltre che la Costituzione  presidia  i
diritti fondamentali con la garanzia della riserva di legge (artt. 21
e 41 Cost.) e, secondo l'espressione usata dal TAR,  la  «riserva  di
tutela giurisdizionale» (artt. 24 e 25 Cost.), mentre le disposizioni
di legge in esame sembrano determinare la violazione di  entrambe  le
predette garanzie. 
    Infatti, secondo il giudice a  quo,  la  coessenzialita'  tra  la
liberta' di espressione usata a fini informativi e la forma di  stato
democratico - che la stessa Corte  costituzionale  ritiene  implicare
«pluralita' di fonti di informazione, libero accesso  alle  medesime,
assenza di ingiustificati  ostacoli  legali,  anche  temporanei  alla
circolazione delle notizie e delle idee» (sentenza n. 105 del 1972) -
avrebbe condotto ad accentuare il carattere fondamentale dell'art. 21
Cost., inteso, secondo  l'espressione  del  rimettente  che  cita  la
sentenza n. 94 del  1977  (recte:  n.  84  del  1969),  come  «pietra
angolare della democrazia» (rectius: «dell'ordine democratico»)  e  a
considerarlo, cosi' come tutti i diritti fondamentali della  persona,
diretta emanazione del piu'  generale  diritto  alla  dignita'  della
persona umana, a base dell'art. 2 Cost., cosi' da  portare  la  Corte
costituzionale ad affermare, sin dalla sentenza n.  9  del  1965  che
tutte «le limitazioni sostanziali  di  queste  liberta'  non  possono
essere poste se non per legge [...] e devono  trovare  fondamento  in
precetti e principi costituzionali». 
    Ad avviso del  rimettente,  poi,  la  flessibilita'  del  dettato
costituzionale ha  consentito  di  arricchire  i  principi  enunciati
nell'art. 21 con quelli espressi in altre previsioni  costituzionali,
come quelli in tema di liberta' economiche, di tal che  e'  diventata
obbligata una lettura congiunta dell'art. 21 con l'art. 41 Cost., nel
quale trova sede il principio di concorrenza in senso oggettivo, come
interesse di rango costituzionale soggetto ai  limiti  dell'«utilita'
sociale», di cui al  secondo  comma,  da  attuare  attraverso  misure
ragionevoli e tali da non  realizzare  ingiustificate  disparita'  di
trattamento, in ossequio all'art. 3 Cost. Il TAR ha sottolineato come
si sia posto in questa linea di  sviluppo  l'art.  1,  comma  2,  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1  (Disposizioni  urgenti  per  la
concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e  la  competitivita'),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  24
marzo 2012, n. 27, secondo cui «[l]e  disposizioni  recanti  divieti,
restrizioni, oneri o condizioni all'accesso  ed  all'esercizio  delle
attivita' economiche sono in ogni caso interpretate ed  applicate  in
senso tassativo, restrittivo  e  ragionevolmente  proporzionato  alle
perseguite finalita' di interesse pubblico generale, alla stregua dei
principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata e'
libera secondo condizioni di piena concorrenza  e  pari  opportunita'
tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti,  i
programmi e i controlli necessari ad  evitare  possibili  danni  alla
salute,  all'ambiente,  al  paesaggio,  al  patrimonio  artistico   e
culturale, alla sicurezza,  alla  liberta',  alla  dignita'  umana  e
possibili contrasti con l'utilita' sociale,  con  l'ordine  pubblico,
con  il  sistema  tributario  e  con  gli  obblighi   comunitari   ed
internazionali della Repubblica». E' in un  simile  contesto  che  la
Corte costituzionale ha affermato  che  le  eventuali  restrizioni  e
limitazioni alla libera iniziativa economica devono trovare  puntuale
giustificazione  in  interessi  di  rango  costituzionale   o   negli
ulteriori interessi che il legislatore statale ha  previsto  all'art.
3, comma 1, del d.l. n. 1 del 2012 (sentenza n. 200 del 2012). 
    1.4.-  Il  rimettente  ha  tuttavia  ritenuto   di   approfondire
ulteriori possibili profili di illegittimita' costituzionale,  quanto
alla «non conformita' dei contenuti del diritto positivo  considerato
allo specifico  dettato  costituzionale  concernente  la  tutela  dei
diritti fondamentali» con la conseguente necessita' di  «approfondire
la questione, anche in relazione al carattere  conformativo  che,  in
tal caso, la  eventuale  sentenza  di  annullamento  produrrebbe  nei
confronti del legislatore ordinario pro tempore». 
    Sul punto il rimettente ha osservato  che  l'art.  21  Cost.,  al
primo e all'ultimo comma, pone una tutela  generale  del  diritto  di
manifestazione  del  pensiero  (oggi  declinabile  come  diritto   di
informare ed essere informati), prevedendo una riserva di  legge  per
la disciplina degli eventuali limiti; viceversa, ai commi  secondo  e
seguenti, il medesimo  art.  21  detta  una  speciale  disciplina  di
garanzia  per  la  «stampa»,  prevedendo   una   stringente   riserva
giurisdizionale per il suo eventuale sequestro,  che  puo'  avvenire,
solo nei  casi  prefissati  per  legge,  e  comunque  solo  per  atto
dell'autorita' giudiziaria o, in caso di estrema urgenza, con atto da
essa convalidato entro  48  ore.  Pur  stimando  non  estensibile  la
disciplina prevista per la «stampa» a tutti i prodotti digitali -  in
quanto  cio'  puo'  avvenire   solo   in   presenza   dei   requisiti
espressamente previsti dalla legge 7 marzo 2001, n. 62  (Nuove  norme
sull'editoria e sui prodotti editoriali  e  modifiche  alla  legge  5
agosto 1981, n. 416), cosi' come ha  riconosciuto  la  giurisprudenza
della Corte costituzionale (sentenza n. 38 del 1961) e della Corte di
cassazione (sentenze, terza sezione penale,  27  settembre  2007,  n.
39354, 12 dicembre 2008 - 10 marzo 2009, n. 10535, e  quinta  sezione
penale, 5 novembre 2013 - 5 marzo 2014, n. 10594) - cio' nondimeno il
TAR ritiene che i commi secondo e seguenti dell'art. 21  Cost.  siano
dotati di un tale «grado di prescrittivita'» da comportare un «limite
"intrinseco"  alla  discrezionalita'  del  legislatore   chiamato   a
riempire di contenuti la prevista riserva di legge» anche a fronte di
mezzi di comunicazione non immaginabili al tempo in cui fu redatto il
testo  costituzionale.  Pertanto,   il   legislatore   non   potrebbe
assicurare garanzie minori, rispetto a quelle gia'  previste  per  la
"stampa" dai commi secondo e seguenti  dell'art.  21  Cost.,  per  il
«"mezzo  di  comunicazione"  internet»,  affiancatosi  appunto   alla
"stampa" quanto al rilievo per l'esercizio delle  liberta'  civili  e
della partecipazione politica e sociale. 
    Tali considerazioni, secondo il rimettente, troverebbero conferma
nella giurisprudenza della Corte di giustizia che - con  la  sentenza
24 novembre 2011, in causa C-70/10 e con la sentenza 12 luglio  2011,
in causa C-324/09 - avrebbe previsto che  siano  (solo)  «gli  organi
giurisdizionali nazionali» a poter ingiungere  agli  intermediari  di
adottare provvedimenti  «volti  a  porre  fine  alle  violazioni  dei
diritti di proprieta' intellettuale». 
    1.5.- In conclusione, il Collegio ha ritenuto che debbano  essere
sollevate questioni di legittimita' costituzionale delle disposizioni
censurate - sulla cui base e' stata adottata  la  impugnata  delibera
dell'AGCOM recante il regolamento in materia di  tutela  del  diritto
d'autore  sulle  reti  di  comunicazione  elettronica   e   procedure
attuative - per violazione dei «principi di riserva  di  legge  e  di
tutela giurisdizionale in relazione all'esercizio della  liberta'  di
manifestazione del pensiero e di iniziativa economica, sanciti  dagli
articoli 2, 21, I [recte: primo] comma, 24 e 41  della  Costituzione,
nonche'  per  la  violazione  dei   criteri   di   ragionevolezza   e
proporzionalita' nell'esercizio della discrezionalita' legislativa  e
per la violazione del principio del giudice  naturale,  in  relazione
alla mancata previsione di garanzie e di tutele  giurisdizionali  per
l'esercizio della liberta' di manifestazione del pensiero sulla  rete
almeno equivalenti a quelle sancite per la stampa, con la conseguente
violazione degli articoli 21, secondo comma  e  seguenti,  24  e  25,
primo comma, della Costituzione». 
    2.- Con atto depositato il 26 febbraio 2015  si  sono  costituiti
ALTROCONSUMO, ASSOPROVIDER -  Associazione  provider  indipendenti  -
Confcommercio,   Movimento   difesa   del   cittadino,   ASSINTEL   -
Confcommercio - Confcommercio  associazione  nazionale  imprese  ICT,
chiedendo che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale  delle
disposizioni censurate. 
    Gli intervenienti ritengono eccessivamente limitativo dei diritti
costituzionali consentire ad AGCOM, quale  autorita'  amministrativa,
di disciplinare  interventi  repressivi  che  la  legge  sul  diritto
d'autore - segnatamente gli artt. 156, 161, 171,  171-ter  e  182-ter
della l. n. 633 del 1941 - e, prima  ancora  il  diritto  dell'Unione
europea e la  Costituzione,  riservano  al  giudice  a  tutela  della
liberta' di espressione del pensiero, della liberta' di  informazione
e della concorrenza. 
    Piu' precisamente vengono  ravvisate  due  «linee  di  violazione
costituzionale»: una per la creazione  di  un  modello  di  controllo
affidato ad AGCOM in spregio dei principi ex artt.  24  e  25  Cost.;
l'altro per la conformazione del  controllo  mediante  una  procedura
ritenuta sommaria e poco garantista, che configurerebbe una sorta  di
«censura» in violazione dell'art. 21 Cost., sulla quale gia' si erano
appuntate le critiche di diverse istituzioni internazionali di tutela
dei diritti civili, essendo l'Italia l'unico paese europeo che  aveva
in tal modo  attuato  la  direttiva  8  giugno  2000,  n.  2000/31/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a  taluni
aspetti giuridici dei servizi della  societa'  dell'informazione,  in
particolare  il  commercio  elettronico,  nel   mercato   interno   -
"Direttiva sul commercio elettronico"). 
    In particolare non sarebbero garantiti  la  partecipazione  e  il
pieno  contraddittorio  delle   parti.   Inoltre,   i   provvedimenti
repressivi, impugnabili davanti al giudice amministrativo,  di  fatto
trasferirebbero a tale giudice le controversie in materia di  diritto
d'autore in assenza di una legge che lo preveda, con violazione della
riserva di legge e di  giurisdizione  e  del  principio  del  giudice
naturale precostituito per legge, con una duplicazione e  conseguente
interferenza con le attivita' rimesse alla  giurisdizione  ordinaria,
civile e  penale  in  materia  di  diritto  d'autore.  Le  differenti
modalita' tecniche di  attuazione  dei  provvedimenti  dell'autorita'
amministrativa e giudiziaria, in  relazione  al  "blocco"  dei  siti,
dimostrerebbe poi la disfunzionalita' del sistema a "doppio  binario"
in tal modo realizzato. 
    Inoltre, consentire ad AGCOM  di  poter  oscurare  i  siti  senza
garanzie giurisdizionali, con il rischio di offrire  ad  un'autorita'
amministrativa la potesta' di selezionare i contenuti diffusi in rete
sulla  base  di  segnalazioni  unilaterali  basate  su   pretese   di
sfruttamento  economico,  rappresenterebbe   una   grave   violazione
dell'art.  21  Cost.  ed  una  seria  lesione   della   liberta'   di
informazione,   coessenziale   ad   uno   Stato   democratico,   come
dimostrerebbero alcuni casi di oscuramento di siti e contenuti,  gia'
avvenuti in  base  all'applicazione  del  regolamento  impugnato  nel
giudizio a quo. 
    3.- Con  atto  depositato  il  3  marzo  2015  si  e'  costituita
Confindustria Cultura Italia -  Federazione  italiana  dell'industria
culturale, chiedendo che le questioni  sollevate  vengano  dichiarate
inammissibili o infondate. 
    La parte privata  ritiene,  in  primo  luogo,  che  la  questione
sollevata sia manifestamente inammissibile, in quanto la questione di
legittimita' costituzionale sarebbe formulata in maniera ipotetica  e
perplessa. Contraddittoria e', poi, ritenuta l'ordinanza nella  parte
in cui, da un lato, afferma di non voler  equiparare  la  "stampa"  a
"internet" e, dall'altro,  tale  equiparazione  opera  quando  giunge
all'assolutizzazione  della  protezione  della  rete  come  mezzo  di
diffusione del pensiero  ai  sensi  dell'art.  21,  commi  secondo  e
seguenti, della Costituzione. 
    Nel merito la questione e' ritenuta non fondata, in quanto l'art.
21 Cost. tutela la libera manifestazione del  pensiero  "proprio"  e,
quindi, non potrebbe essere invocato a  tutela  della  diffusione  di
contenuti in violazione del diritto dell'autore. 
    D'altro canto, neppure sarebbe tutelabile ex art.  41  Cost.  chi
pretenda di lucrare dalla diffusione dell'opera altrui in  violazione
dei suoi diritti. 
    Ne' il diritto d'autore  potrebbe  ritenersi  tutelato  soltanto,
come reputa invece il rimettente, dall'art. 41 Cost., essendo  questo
riconducibile anche alla  tutela  apprestata  da  altre  disposizioni
della  Costituzione,  quali  gli   artt.   2   (in   quanto   diritto
inviolabile), 3, secondo comma  (in  quanto  non  ingiustificatamente
discriminabile), 4 (in quanto attivita'  che  concorre  al  progresso
materiale e spirituale della societa'), 9  (in  quanto  strumento  di
sviluppo della cultura e della tecnica),  21  (in  quanto  diretto  a
proteggere la manifestazione del pensiero), 33 (in quanto  tutela  il
libero esercizio dell'arte e della scienza) e 35 (in quanto frutto di
lavoro in una delle sue diverse forme). 
    Inoltre, l'interveniente  ritiene  che  non  potrebbe  ravvisarsi
alcuna violazione  del  diritto  alla  tutela  giurisdizionale  e  al
giudice naturale precostituito per legge, ai sensi degli artt.  24  e
25 Cost., in quanto la tutela amministrativa concessa  dall'AGCOM  si
affianca, senza sostituirla, a quella giurisdizionale. 
    Lo stesso diritto d'autore e la repressione delle sue  violazioni
in rete sono poi  ampiamente  disciplinati  dal  diritto  dell'Unione
europea, in attuazione del quale le disposizioni censurate sono state
adottate, e cio' troverebbe riscontro  anche  nelle  decisioni  della
Corte di Lussemburgo sul punto.  Ne'  potrebbe  ritenersi  sussistere
alcun contrasto tra il predetto  diritto  dell'Unione  e  i  principi
fondamentali della nostra Costituzione, con i quali invece  il  primo
e' del tutto coerente. 
    Nessuna violazione sarebbe  poi  ravvisabile  in  relazione  alla
tutela del diritto  di  espressione  apprestata  dall'art.  10  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (CEDU),  che
e' stato richiamato proprio nel "considerando" n. 41 della cosiddetta
direttiva e-commerce, sulla base della quale  e'  stato  adottato  il
sistema del "doppio binario", attuato  dalle  disposizioni  nazionali
oggi censurate. Aggiunge la parte privata che, in ogni caso,  neppure
e' stato dedotto come parametro di giudizio l'art. 117, primo  comma,
Cost., cio' che preclude  in  radice  l'esame  della  questione.  Del
resto, un sistema inibitorio di carattere amministrativo a tutela del
diritto d'autore in sede di controlli doganali  e'  apprestato  dallo
stesso diritto dell'Unione  e  in  particolare  dal  Regolamento  del
Consiglio (CE) 22 luglio 2003, n. 1383/2003 (relativo  all'intervento
dell'autorita' doganale nei confronti di merci sospettate di  violare
taluni diritti di proprieta' intellettuale e alle misure da  adottare
nei confronti di merci che violano tali diritti). 
    Parimenti insussistente dovrebbe ritenersi  la  violazione  della
riserva di legge, posto che se il regolamento  non  trovasse  il  suo
fondamento  proprio  nelle  disposizioni  di  legge   impugnate,   la
questione medesima diverrebbe irrilevante.  Inoltre,  il  sistema  "a
doppio  binario"   realizzato   attraverso   l'affiancamento   e   il
coordinamento di una tutela giurisdizionale e di  una  amministrativa
affidata all'AGCOM sarebbe preordinato proprio ad una  piu'  efficace
tutela di interessi di rango costituzionale. 
    4.- Con atto depositato il 3 marzo 2015, si e' costituita la SIAE
- Societa' italiana degli autori e degli editori,  chiedendo  che  le
questioni sollevate siano dichiarate inammissibili o infondate. 
    In  particolare,  la  parte  privata  ritiene  inammissibile   la
questione  per  difetto  di  rilevanza,  non  avendo  il   rimettente
adeguatamente motivato in ordine alla legittimazione  dei  ricorrenti
ad impugnare il regolamento. Il difetto di rilevanza sarebbe altresi'
riconducibile all'assoluta genericita' con  la  quale  il  rimettente
equipara ogni  attivita'  in  rete  alla  libera  manifestazione  del
pensiero. 
    Viene poi rilevata la contraddittorieta' dell'ordinanza  che,  da
un lato, ritiene che le disposizioni di legge  oggetto  del  presente
giudizio siano idonee ad escludere che il regolamento  impugnato  sia
illegittimo per violazione della riserva di legge e di  giurisdizione
e, dall'altro, ritiene poi che quelle medesime disposizioni di  legge
siano colpite proprio dallo stesso vizio che si e' escluso  inficiare
il regolamento impugnato. 
    La questione viene ritenuta inammissibile anche perche' formulata
in maniera perplessa, oscura e del tutto eventuale, cio' che verrebbe
confermato anche dalla scarsa corrispondenza tra la motivazione e  il
dispositivo dell'ordinanza medesima. 
    Nel merito le questioni sono ritenute infondate. 
    In  particolare  la  parte  privata  espone   analiticamente   il
fondamento legislativo del potere regolativo di AGCOM  nella  materia
in esame, dal quale dovrebbe  agevolmente  desumersi  l'insussistenza
della dedotta violazione della riserva di legge. Si  osserva  che  la
stessa giurisprudenza amministrativa ha da tempo  chiarito  che,  nei
rapporti tra fonte legislativa e regolamentare,  la  prima  non  puo'
predeterminare nel dettaglio il  contenuto  della  fonte  secondaria,
proprio per il tecnicismo del settore che ne giustifica l'intervento.
Tuttavia,  l'eventuale  indebolimento  del  principio  di  "legalita'
sostanziale" deve - ed e' stato, nel caso di specie  -  adeguatamente
controbilanciato da un corrispondente rafforzamento del principio  di
"legalita'  procedurale",  garantito  dall'accentuata  partecipazione
degli operatori  del  settore  alla  formazione  dell'atto  normativo
regolamentare:  nella  specie,  il  procedimento  che   ha   condotto
all'adozione  del  regolamento  impugnato  e'  stato  particolarmente
aperto e partecipato, come si puo' desumere dall'esame della delibera
AGCOM n. 680/13/CONS del 12 dicembre 2013, in cui si da' ampio  conto
delle posizioni espresse e della ponderazione delle stesse effettuata
dall'autorita' procedente. 
    Parimenti insussistenti  vengono  ritenute  le  violazioni  degli
ulteriori  parametri  costituzionali,  non   avendo   il   rimettente
adeguatamente  considerato  l'ampia  dimensione  costituzionale   del
diritto d'autore, non riducibile al solo art. 41 Cost., come gia'  da
tempo ha  riconosciuto  anche  la  Corte  costituzionale  (sin  dalla
sentenza n. 20 del 1978) e che ormai trova tutela anche  nel  diritto
dell'Unione europea e nel diritto internazionale. Sarebbe  la  stessa
giurisprudenza costituzionale - in particolare con la sentenza n. 108
del 1995 - a riconoscere come sia proprio  attraverso  la  protezione
del diritto d'autore che si assicura la diffusione della cultura e la
libera manifestazione del pensiero. Cio'  e',  del  resto,  affermato
anche dalla Corte di giustizia nella  sentenza  10  aprile  2014,  in
causa C-435/12, secondo cui la  diffusione  della  cultura  non  puo'
essere veramente promossa se non proteggendo rigorosamente i  diritti
degli autori e lottando contro ogni forma di violazione degli stessi,
come avverrebbe appunto, secondo il rimettente, con la  lotta  contro
la  pirateria  elettronica.  Nel  medesimo  quadro   del   resto   si
inserirebbe  anche  il  diritto  internazionale  e  segnatamente   la
Convenzione di Berna per  la  protezione  delle  opere  letterarie  e
artistiche del 9 settembre 1886, completata  a  Parigi  il  4  maggio
1896, riveduta a Berlino il 13 novembre 1908, completata a  Berna  il
20 marzo 1914 e riveduta a Roma il 2 giugno 1928, a Bruxelles  il  26
giugno 1948, a Stoccolma il 14 luglio 1967 e a Parigi  il  24  luglio
1971, alla quale la stessa Unione europea ha aderito. 
    5.- Con atto  depositato  il  3  marzo  2015  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio   dei   ministri,   assistito   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile o infondata. 
    In primo luogo, viene  evidenziata  la  contraddittorieta'  e  la
perplessita' dell'ordinanza di rimessione, segnatamente  nella  parte
in cui,  da  un  lato,  si  ritiene  che  le  disposizioni  censurate
garantiscano che il regolamento rispetti i principi della riserva  di
legge e di giurisdizione e, dall'altro, si considera che, invece,  le
disposizioni di legge impugnate siano affette da quegli stessi  vizi.
Analoga perplessita' e contraddittorieta' viene poi  ravvisata  nella
parte dell'ordinanza  in  cui  prima  si  distingue  la  "stampa"  da
"internet",  per  affermare   l'inestensibilita'   della   disciplina
normativa della prima alla seconda, e poi le si  equiparano  ai  fini
della deduzione del vizio di legittimita'. 
    Difetterebbe  inoltre  la  rilevanza  per  la  parzialita'  e  la
genericita' con la quale le questioni  sono  dedotte,  omettendo  una
esauriente valutazione del diritto dell'Unione  europea  e  qualsiasi
riferimento al diritto comparato. 
    Analogamente si deduce come il rimettente non tenga  conto  della
piu'  ampia  e  complessa  dimensione  costituzionale   del   diritto
d'autore, non riducibile al solo art. 41  Cost.,  e  che  si  radica,
invece, anche nello stesso art. 21 Cost., dato che la sua  disciplina
e' posta a tutela della stessa libera manifestazione del pensiero. 
    Oscuro risulterebbe poi il nesso istituito dal rimettente tra  le
norme censurate e l'art. 41 Cost., con riferimento  al  principio  di
concorrenza   in   senso   oggettivo   ovvero   al    principio    di
liberalizzazione. 
    Nel merito le censure sono considerate infondate. 
    Quanto alla violazione dei principi della riserva di legge  e  di
giurisdizione, si evidenzia come le  disposizioni  in  esame  debbano
essere esaminate nel piu' ampio contesto della materia.  Ad  un  tale
esame, emergerebbe con chiarezza che il d.lgs.  n.  70  del  2003  ha
introdotto  nell'ordinamento   un   "doppio   binario"   di   tutela,
complementare e non alternativa, amministrativa  e  giudiziaria,  del
diritto  d'autore  sulle  reti  di  comunicazione  elettronica,   con
recessione e  subordinazione  di  quella  amministrativa,  che  viene
archiviata in caso di instaurazione o pendenza di un giudizio davanti
alla giurisdizione  ordinaria.  Inoltre  si  osserva  che  il  citato
decreto legislativo disciplina compiutamente  gli  obblighi  gravanti
sui prestatori di servizi,  individuando  le  autorita'  che  possono
esigerne  il  rispetto,  in  piena  osservanza  quindi  dei  precetti
costituzionali dedotti. 
    Quanto alla lamentata illegittima e  sproporzionata  compressione
del diritto di libera manifestazione del pensiero ex art.  21  Cost.,
la difesa statale rimarca la natura morale e personale  dello  stesso
diritto d'autore - che non  solo  e'  ampiamente  riconosciuta  dalla
Corte costituzionale, ma anche dall'art.  27,  secondo  comma,  della
Dichiarazione universale dei diritti umani,  adottata  dall'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948  e  dall'art.  6-bis
della  citata  Convenzione  di  Berna  -  con  la  conseguenza   che,
diversamente da quanto opinato dal rimettente, la disciplina in esame
opererebbe un bilanciamento equilibrato e proporzionato  tra  diritti
aventi la stessa natura e dignita'. 
    Infine, in ordine all'estensione  delle  garanzie  specificamente
previste per la "stampa" alle comunicazioni elettroniche in rete,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  rileva  che  a  cio'  osta
l'inequivoco dettato costituzionale quale  interpretato  dalla  Corte
costituzionale, con piena adesione della Corte di cassazione, che  ha
piu' volte riservato alla stampa le  garanzie  di  cui  all'art.  21,
secondo comma e seguenti, Cost. anche dopo che erano emersi mezzi  di
comunicazione diversi dalla stampa, quali la televisione,  di  simile
ampiezza diffusiva. 
    6.- Con memoria depositata il 28 settembre 2015, ALTROCONSUMO  ha
insistito  per  l'accoglimento  della  questione  di   illegittimita'
costituzionale ovvero, in quanto  occorra,  perche'  venga  sollevata
dalla medesima Corte costituzionale, innanzi alla Corte di giustizia,
una questione pregiudiziale interpretativa ai sensi dell'art. 267 del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, avente ad oggetto  le
direttive attuate con le  leggi  censurate.  L'interveniente  ritiene
inoltre infondate  le  eccezioni  di  inammissibilita'  e  di  merito
proposte dal Presidente del Consiglio dei ministri e ha depositato un
documento contenente le osservazioni della  Commissione  europea  sul
progetto di regolamento dell'AGCOM notificatole. 
    7.- Con memoria depositata il  29  settembre  2015,  la  SIAE  ha
insistito  perche'  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile   o
infondata,   illustrando   ulteriormente   le   argomentazioni   gia'
sviluppate nell'atto di costituzione. 
    8.- Con memoria depositata il 29  settembre  2015,  Confindustria
Cultura Italia  ha  insistito  perche'  la  questione  sollevata  sia
dichiarata inammissibile o infondata. 
    In particolare, la parte privata,  nell'illustrare  ulteriormente
le argomentazioni  gia'  sviluppate  nell'atto  di  costituzione,  ha
rimarcato  che  oggetto  di  censura  nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale sono le disposizioni di legge e  non  il  regolamento,
con la conseguenza  che  le  doglianze  elaborate  in  riferimento  a
quest'ultimo esulano dal giudizio dinanzi alla Corte costituzionale. 
    In ogni caso, la medesima parte privata ha rilevato come anche il
regolamento fosse del tutto legittimo e rispettoso  dei  diritti  dei
destinatari, evidenziando altresi' come anche nell'applicazione dello
stesso nei singoli casi l'Autorita' avesse  rispettato  pienamente  i
diritti in parola. 
    9.- Con ordinanza del 26 settembre  2014  (reg.  ord.  n.  2  del
2015), notificata il successivo 17  ottobre,  il  TAR  del  Lazio  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 2, 21, 24, 25, primo comma, e 41
Cost., questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 5,  comma
1, 14, comma 3, 15, comma 2, 16, comma 3 del d.lgs. n. 70 del 2003  e
dell'art. 32-bis, comma 3, del d.lgs. n. 177 del 2005. 
    Il giudice rimettente ha premesso di essere investito del ricorso
promosso da ANSO - Associazione  nazionale  stampa  online  -  contro
AGCOM,  al  fine  di  ottenere  l'annullamento  della   delibera   n.
680/13/CONS del 12 dicembre 2013, pubblicata sul sito  dell'Autorita'
in data 18 dicembre 2013, di approvazione del «Regolamento in materia
di  tutela  del  diritto  d'autore  sulle   reti   di   comunicazione
elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo  9
aprile 2003, n. 70», nonche' dell'Allegato A alla medesima  delibera,
contenente il testo del regolamento approvato. 
    9.1.- Anche in questo caso il rimettente ha ritenuto infondate le
eccezioni della resistente in ordine alla carenza di legittimazione e
di interesse ad agire della ricorrente, trattandosi nella  specie  di
associazione che a vario titolo  rappresenta  web-tv,  micro  web-tv,
micromedia iperlocali, blog  e  video  blog,  portali  informativi  e
aggregatori di video-contenuti operanti in vari ambiti  territoriali,
imprese attive nel  settore  della  cosiddetta  «stampa  on  line»  o
statutariamente impegnati  nella  promozione,  nella  salvaguardia  e
nella difesa del diritto alla liberta' d'informazione, alle quali  e'
pertanto riconducibile un interesse collettivo e omogeneo,  immediato
e diretto, ad impugnare il  regolamento  in  epigrafe,  che  contiene
prescrizioni suscettibili di pregiudicare direttamente i  diritti  di
tutti gli associati,  anche  anteriormente  alla  impugnabilita'  del
(futuro  ed   eventuale)   singolo   atto   interdittivo   da   parte
dell'associato specificamente leso. 
    Lo stesso rimettente ha ritenuto, poi, non fondate nel merito  le
doglianze della ricorrente, in quanto il procedimento  amministrativo
delineato nel regolamento impugnato  non  risulterebbe,  in  realta',
orientato a perseguire la violazione primaria del  diritto  d'autore,
il cui accertamento rimane  di  esclusiva  competenza  dell'autorita'
giudiziaria ordinaria. 
    Ha eccettuato, tuttavia, la censura con cui la ricorrente lamenta
che il regolamento - cioe' un atto privo di forza di legge - consente
che  l'autorita'  amministrativa  disponga  una   limitazione   della
liberta'  di   comunicazione   (attiva   e   passiva)   mediante   un
provvedimento amministrativo, in contrasto con la  precedente  scelta
legislativa di riservare all'autorita' giudiziaria ordinaria, con sue
sezioni specializzate, la competenza a conoscere di ogni controversia
connessa alla violazione del diritto d'autore. Su quest'ultimo  punto
il rimettente  ha  osservato  che  quest'ultimo  motivo  di  ricorso,
relativo all'idoneita' di una procedura amministrativa a disciplinare
la compressione di diritti inviolabili  dei  cittadini,  implica  una
questione di legittimita' costituzionale, comune ad altro contenzioso
relativo all'impugnazione della  medesima  delibera  AGCOM,  pure  in
decisione nella pubblica udienza del 25 giugno 2014. 
    Il TAR ha  ritenuto  rilevante  ai  fini  della  definizione  del
giudizio a quo,  ovvero  ai  fini  della  eventuale  declaratoria  di
illegittimita' del regolamento dell'AGCOM impugnato, la «questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, e degli  artt.  14,
comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3,  del  d.lgs.  n.  70  del  2003,
nonche' del comma 3 dell'art. 32-bis del d.lgs. n. 177 del 2005, come
introdotto dall'art. 6 del d.lgs. n. 44 del 2010, sulla cui  base  e'
stata adottata la impugnata delibera n. 680/13/CONS del  12  dicembre
2013, recante  il  regolamento  in  materia  di  tutela  del  diritto
d'autore  sulle  reti  di  comunicazione  elettronica   e   procedure
attuative, e l'Allegato A alla predetta delibera, per  la  violazione
dei «principi di riserva di legge e  di  tutela  giurisdizionale»  in
relazione all'esercizio della liberta' di manifestazione del pensiero
e di iniziativa economica, sanciti dagli  articoli  2,  21,  primo  e
sesto comma, 24 e 41 della Costituzione, nonche'  per  la  violazione
dei criteri di ragionevolezza e proporzionalita' nell'esercizio della
discrezionalita' legislativa e per la violazione  del  principio  del
giudice naturale, in relazione alla mancata previsione di garanzie  e
di  tutele  giurisdizionali  per  l'esercizio   della   liberta'   di
manifestazione del pensiero sulla rete almeno  equivalenti  a  quelle
sancite per la stampa, con la conseguente violazione  degli  articoli
21, secondo, terzo e quarto  comma,  24  e  25,  primo  comma,  della
Costituzione». 
    I   motivi   di    illegittimita'    costituzionale    sviluppati
nell'ordinanza di rimessione articolano  le  medesime  argomentazioni
gia' esposte nell'ordinanza precedente (reg. ord. n. 1 del 2015). 
    10.- Con atto depositato  il  3  marzo  2015,  si  e'  costituita
Confindustria Cultura Italia, che ha  chiesto  che  le  questioni  di
legittimita'  costituzionale   siano   dichiarate   inammissibili   o
infondate, reiterando le argomentazioni di cui al corrispondente atto
depositato nel procedimento di cui al reg. ord. n. 1 del 2015. 
    11.- Con atto depositato il 3 marzo 2015, si e' costituita  Nuovo
IMAIE chiedendo che le questioni di legittimita' costituzionale siano
dichiarate inammissibili o infondate. 
    In particolare la parte privata  ha  ritenuto  che  le  questioni
dovessero essere dichiarate  inammissibili  per  il  modo  ipotetico,
perplesso e  contraddittorio  con  il  quale  le  stesse  sono  state
formulate nell'ordinanza di rimessione. 
    Nel merito, l'interveniente ha  illustrato  come  il  diritto  di
autore si  basi  su  un  fondamento  costituzionale  ben  piu'  ampio
dell'art. 41  Cost.  e  sia  ormai  riconosciuto  anche  nel  diritto
internazionale e in quello  dell'Unione  europea  e  ha  sottolineato
l'insussistenza di  qualsiasi  violazione  della  riserva  di  legge.
Parimenti infondate sono state considerate le violazioni degli  artt.
24 e 25, primo comma,  Cost.,  in  quanto  la  tutela  amministrativa
garantita da AGCOM si affiancherebbe,  senza  sostituirla,  a  quella
giurisdizionale, attraverso un sistema a  doppio  binario  consentito
dal  diritto  dell'Unione  europea,  in  armonia   con   i   principi
costituzionali interni e con l'art. 10 della CEDU  e  con  l'art.  11
della Carta europea dei diritti fondamentali. Nessun contrasto,  poi,
si potrebbe ravvisare con gli artt. 21 e  41  Cost.,  trattandosi  di
tutelare le opere da diffusioni altrui,  in  violazione  del  diritto
dell'autore. 
    12.- Con atto depositato  il  3  marzo  2015  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio   dei   ministri,   assistito   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che  le  questioni
sollevate siano dichiarate inammissibili o infondate,  reiterando  le
medesime  argomentazioni  gia'  indicate  nel   corrispondente   atto
depositato in relazione all'ordinanza di cui al reg. ord.  n.  1  del
2015. 
    13.- Con atto depositato il 3 marzo 2015 si e' costituita la SIAE
e ha chiesto che vengano  dichiarate  inammissibili  o  infondate  le
questioni  sollevate,  reiterando  le  medesime  argomentazioni  gia'
esposte nell'atto depositato in relazione  all'ordinanza  di  cui  al
reg. ord. n. 1 del 2015. 
    14.- Con atto depositato il 3 marzo 2015 si e'  costituita  ANSO,
aderendo  alle  considerazioni  del   rimettente   e   chiedendo   la
dichiarazione di illegittimita' delle disposizioni censurate. 
    15.- Con memoria depositata il 29 settembre 2015, Nuovo IMAIE  ha
insistito perche' la questione sia  dichiarata  inammissibile  o  non
fondata, ulteriormente illustrando le argomentazioni gia'  sviluppate
nell'atto di costituzione. 
    16.- Con memoria depositata il 29  settembre  2015,  la  SIAE  ha
insistito perche' la questione sia  dichiarata  inammissibile  o  non
fondata, illustrando ulteriormente le argomentazioni gia'  sviluppate
nell'atto di costituzione. 
    17.- Con memoria depositata il 29 settembre  2015,  Confindustria
Cultura Italia  ha  insistito  perche'  la  questione  sollevata  sia
dichiarata inammissibile o non fondata,  sulla  base  delle  medesime
argomentazioni gia' esaminate al precedente paragrafo 8. 
    18.- Con  memoria  depositata  il  29  settembre  2015,  ANSO  ha
insistito per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle
disposizioni censurate, illustrando ulteriormente  le  argomentazioni
gia' sviluppate nell'atto di costituzione e rimarcando l'infondatezza
delle censure sviluppate negli atti delle altre parti private  e  del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con due ordinanze di analogo tenore (reg. ord. nn. 1 e 2  del
2015),  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio   ha
sollevato, in riferimento agli artt. 2, 21, 24, 25, primo comma, e 41
della Costituzione, questioni di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 5, comma 1, 14, comma 3, 15,  comma  2,  e  16,  comma  3,  del
decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 (Attuazione della  direttiva
2000/31/CE relativa a taluni  aspetti  giuridici  dei  servizi  della
societa'  dell'informazione  nel  mercato  interno,  con  particolare
riferimento al commercio elettronico) e dell'art.  32-bis,  comma  3,
del decreto legislativo 31 luglio  2005,  n.  177  (Testo  unico  dei
servizi di media audiovisivi e radiofonici). 
    1.1.- In particolare, il TAR censura le disposizioni che,  a  suo
avviso, consentono all'Autorita' per le garanzie nelle  comunicazioni
(d'ora innanzi «AGCOM»), quale autorita' amministrativa di vigilanza,
di limitare la libera circolazione di  un  «servizio  della  societa'
dell'informazione» e,  segnatamente,  di  intervenire  anche  in  via
d'urgenza su attivita' quali il  trasporto  o  la  memorizzazione  di
informazioni,  attribuendole  anche   il   potere   di   emanare   le
disposizioni regolamentari - impugnate nei giudizi  amministrativi  a
quibus - considerate necessarie a rendere effettiva l'osservanza  dei
diritti di  proprieta'  intellettuale  da  parte  dei  prestatori  di
servizi sulle reti di comunicazione elettronica. 
    Ad  avviso  del  rimettente  tali  disposizioni  violerebbero   i
«principi  di  riserva  di  legge  e  di  tutela  giurisdizionale  in
relazione all'esercizio della liberta' di manifestazione del pensiero
e di iniziativa economica, sanciti dagli artt. 2, 21, primo  e  sesto
comma, 24  e  41  Cost.»  nonche'  i  «criteri  di  ragionevolezza  e
proporzionalita' nell'esercizio della discrezionalita'  legislativa»,
in quanto non prevedono «parametri idonei a garantire  la  necessaria
ponderazione fra  i  diversi  diritti  costituzionali  potenzialmente
configgenti ovvero  [...]  criteri  che  garantiscano  che  una  tale
ponderazione  avvenga  nell'esercizio  delle  competenze   attribuite
all'AGCOM, fin dall'adozione del regolamento impugnato». 
    Lo stesso rimettente ritiene, in aggiunta, che tali  disposizioni
violino gli «artt. 21, commi 2 e seguenti, 24 e 25,  comma  1,  della
Costituzione» con riferimento al «principio del giudice naturale», in
quanto  non  contengono  la  «previsione  di  garanzie  e  di  tutele
giurisdizionali per l'esercizio della liberta' di manifestazione  del
pensiero sulla rete  almeno  equivalenti  a  quelle  sancite  per  la
stampa». 
    La questione, oltre che  non  manifestamente  infondata,  sarebbe
rilevante, poiche' la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale
delle  disposizioni  impugnate  priverebbe  di  base   normativa   il
regolamento dell'Autorita' oggetto dei giudizi a quibus,  imponendone
l'annullamento. 
    1.2.-  Sono  intervenuti  nel   giudizio   dinanzi   alla   Corte
ALTRONSUMO,  ASSOPRIVIDER  -  Associazione  provider  indipendenti  -
Confcommercio,  Movimento  difesa  del   cittadino   e   ASSINTEL   -
Confcommercio Associazione Nazionale Imprese ICT, in  relazione  alla
prima ordinanza (reg. ord. n. 1 del  2015),  e  ANSO  -  Associazione
nazionale stampa online,  Federazione  media  digitali  indipendenti,
Open   Media   Coalition,   ricorrenti   nei    rispettivi    giudizi
amministrativi a quo - insistendo per l'accoglimento della  sollevata
questione di legittimita' costituzionale. 
    1.3.- Sono altresi' intervenuti Confindustria  Cultura  Italia  -
Federazione italiana dell'industria culturale, Nuovo  IMAIE  -  Nuovo
istituto  mutualistico  per  la  tutela  dei  diritti  degli  artisti
interpreti esecutori e SIAE  -  Societa'  italiana  degli  autori  ed
editori  -  Siae,  gia'  intervenuti  ad   opponendum   nei   giudizi
amministrativi pendenti, nonche'  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, eccependo in primo luogo l'inammissibilita' della questione
per perplessita', contraddittorieta' e oscurita' della motivazione  e
del petitum, per mancanza o insufficiente motivazione sulla rilevanza
e per mancata sperimentazione di un'interpretazione  conforme,  ferma
restando nel merito la ritenuta non fondatezza delle censure. 
    2.-  In  via  preliminare   deve   disporsi   la   riunione   dei
procedimenti, in quanto le due ordinanze del TAR sollevano  questioni
di  legittimita'  costituzionale  aventi  ad  oggetto   le   medesime
disposizioni  legislative,  deducono  la  violazione   degli   stessi
parametri costituzionali e si fondano  su  argomentazioni  del  tutto
sovrapponibili. 
    3.- Sempre in via preliminare deve osservarsi che tutte le  parti
private intervenute nel  presente  giudizio  incidentale  erano  gia'
parti dei giudizi a quibus, di tal che il loro intervento  in  questa
sede e' pienamente ammissibile (ex plurimis, sentenze n. 10 del 2015,
n. 162 del 2014, n. 237 del 2013, n. 272 del 2012, n. 304, n.  293  e
n. 118 del 2011, n. 138 del 2010 e n. 263 del 2009; ordinanze n.  240
del 2014, n. 156 del 2013 e n. 150 del 2012). 
    4.- Le questioni sollevate dal TAR, con le due ordinanze indicate
in  epigrafe,  sono  inammissibili,  in  quanto  entrambe  presentano
molteplici profili  di  contraddittorieta',  ambiguita'  e  oscurita'
nella formulazione della motivazione e del petitum. 
    4.1.-  Occorre  preliminarmente  osservare  che  le  disposizioni
censurate  non  attribuiscono  espressamente  ad  AGCOM   un   potere
regolamentare in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di
comunicazione  elettronica;  detto   potere   e',   invece,   desunto
implicitamente e in via interpretativa dallo  stesso  rimettente,  in
base ad una lettura congiunta di tutte le disposizioni impugnate. 
    L'art. 5 del  d.lgs.  n.  70  del  2003  -  di  attuazione  della
direttiva 8 giugno 2000,  n.  2000/31/CE  (Direttiva  del  Parlamento
europeo e del Consiglio  relativa  a  taluni  aspetti  giuridici  dei
servizi della societa' dell'informazione, in particolare il commercio
elettronico,  nel  mercato  interno  -   "Direttiva   sul   commercio
elettronico") - contiene una disposizione generale, recante i  motivi
per cui  l'autorita'  giudiziaria  o  gli  organi  amministrativi  di
vigilanza possono  porre  limitazioni  alla  libera  circolazione  di
servizi della societa' dell'informazione provenienti da  altro  Stato
membro. I suddetti motivi includono ragioni di: a)  ordine  pubblico,
per  l'opera  di  prevenzione,   investigazione,   individuazione   e
perseguimento di reati, in particolare la  tutela  dei  minori  e  la
lotta contro l'incitamento all'odio razziale, sessuale,  religioso  o
etnico, nonche' contro la violazione della dignita' umana; b)  tutela
della  salute  pubblica;   c)   pubblica   sicurezza,   compresa   la
salvaguardia della sicurezza e della difesa nazionale; d) tutela  dei
consumatori, ivi compresi gli investitori. 
    Gli artt. 14, comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3,  del  medesimo
d.lgs. n. 70 del 2003 si limitano a riprodurre i corrispondenti artt.
12,  13  e  14  della  citata  direttiva  n.  2000/31/CE  (cosiddetta
"direttiva e-commerce"), a cui il decreto legislativo da' attuazione.
Le tre menzionate disposizioni stabiliscono una clausola di esenzione
dalla responsabilita' di alcuni  prestatori  di  servizi  internet  -
rispettivamente quelli che offrono servizi di mere conduit, caching e
hosting - per gli illeciti compiuti dagli utenti.  L'esenzione  dalla
responsabilita'  e'  accompagnata  da  alcune  condizioni  e  da  una
clausola di salvaguardia, che «lascia impregiudicata» la possibilita'
per gli Stati membri di  attribuire  all'autorita'  giudiziaria  o  a
quella amministrativa poteri inibitori, da esercitarsi anche  in  via
d'urgenza, nei confronti dei medesimi prestatori di servizi, al  fine
di impedire o porre fine a  violazioni  di  diritti  di  terzi.  Piu'
precisamente, le citate  disposizioni  del  d.lgs.  n.  70  del  2003
prevedono, per ciascuna tipologia di internet service providers sopra
indicati, che «l'autorita' giudiziaria o quella amministrativa avente
funzioni di vigilanza puo' esigere  [...]  che  il  prestatore  [...]
impedisca o ponga fine alle violazioni commesse». 
    L'art. 32-bis del d.lgs. n. 177 del 2005, introdotto dal  decreto
legislativo  15  marzo  2010,  n.  44  (Attuazione  della   direttiva
2007/65/CE relativa  al  coordinamento  di  determinate  disposizioni
legislative,  regolamentari  e  amministrative  degli  Stati   membri
concernenti l'esercizio delle attivita' televisive) prevede un potere
regolamentare  da  esercitarsi  allo  scopo  di   rendere   effettiva
l'osservanza delle  normative  sul  diritto  d'autore  da  parte  dei
«fornitori di servizi di media  audiovisivi»  e  con  riferimento  ai
«servizi di media audiovisivi».  Quest'ultima  disposizione  prevede,
dunque, un potere regolamentare. L'ambito dei destinatari e del  tipo
di  servizio  copre,  tuttavia,  solo  una  parte  delle   situazioni
disciplinate dal  regolamento  che  viene  in  rilievo  nel  presente
giudizio, il quale riguarda, invece, dal punto di  vista  soggettivo,
anche i prestatori di servizi della societa'  dell'informazione  e  i
gestori di siti o pagine internet e, dal punto  di  vista  oggettivo,
tutti  i  servizi  da  essi  offerti  sulla  rete  di   comunicazione
elettronica. 
    4.2.- A prescindere  da  ogni  considerazione  sulla  accuratezza
della ricostruzione del  quadro  normativo  e  della  interpretazione
datane dal rimettente, e' evidente  che  nessuna  delle  disposizioni
impugnate, in se' considerata, dispone specificamente  l'attribuzione
all'autorita' di vigilanza di un potere regolamentare qual e'  quello
esercitato con  l'approvazione  del  regolamento  impugnato  nei  due
giudizi davanti al TAR. Esso e' desunto dal giudice a quo,  in  forza
di una lettura congiunta delle previsioni sopra  esaminate,  che  non
risulta coerentemente o comunque adeguatamente argomentata. 
    Cio' che piu' rileva  e'  che  il  contenuto  di  ciascuna  delle
previsioni impugnate e' per alcuni aspetti piu'  circoscritto  e  per
altri  eccedente  rispetto  all'oggetto  del  regolamento  di  AGCOM.
Sicche', considerato che la Corte giudica su norme, ma  pronuncia  su
disposizioni (sentenza n. 94 del 1996), una decisione di accoglimento
-  qual  e'  quella  richiesta  dal  primo  punto   del   dispositivo
dell'ordinanza di rimessione - non avrebbe  l'effetto  auspicato  dal
giudice  rimettente,  ma  finirebbe  per  espungere  dall'ordinamento
disposizioni che riguardano, o aspetti sostanziali  della  disciplina
delle  comunicazioni  elettroniche,  o  l'attribuzione  ad  AGCOM  di
funzioni e poteri che non solo non sono in discussione, ma che devono
essere attribuiti, conformemente a quanto  previsto  dalla  direttiva
europea. 
    4.3.-  Deve  altresi'  essere  rilevata  l'incongruenza  tra   la
motivazione  e  il  dispositivo  dell'ordinanza  di  rimessione.   Il
dispositivo si articola in due richieste. Come si e' detto, la  prima
chiede che la Corte dichiari  l'illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni censurate, con una pronuncia ablativa.  Con  la  seconda
richiesta,  il  giudice  rimettente  censura  le  disposizioni  sopra
richiamate nella parte in cui non contengono  garanzie  equiparate  a
quelle previste per la stampa dall'art. 21, secondo, terzo  e  quarto
comma, Cost. 
    A quest'ultimo  proposito  si  deve  anzitutto  rilevare  che  la
motivazione si svolge secondo un  andamento  non  coerente.  Infatti,
dapprima il giudice si sofferma sulle ragioni  che  giustificano  una
piu' esigente tutela per la stampa rispetto a quella che  assiste  la
liberta'  di  manifestazione  del  pensiero  con   altri   mezzi   di
comunicazione, tra cui internet; poi, pero', si duole della  mancanza
di una tutela, nelle comunicazioni elettroniche, di  livello  pari  a
quella prevista per la stampa: cio' che presuppone l'assimilabilita',
prima negata, delle due situazioni. 
    Peraltro, questa seconda richiesta mira ad ottenere  dalla  Corte
una pronuncia additiva, che estenda le  garanzie  della  stampa  alle
comunicazioni in rete. Tuttavia essa e' collegata alla prima - con la
quale  si  chiede,  invece,  la  pura  e  semplice  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate -  con  la
congiunzione  «nonche'»,  che  sembra   esplicitare   una   richiesta
aggiuntiva,  senza  peraltro  chiarire  se  essa  sia  alternativa  o
subordinata alla prima, prospettando a  questa  Corte  una  questione
ancipite, che non puo' superare  il  vaglio  dell'ammissibilita'  (ex
multis ordinanze n. 41 del 2015, n. 91 del 2014 e n. 265 del 2011). 
    4.4.- In definitiva, l'ordinanza nel suo  insieme  non  chiarisce
sufficientemente se intende ottenere una  pronuncia  ablativa  o  una
pronuncia additivo-manipolativa e,  per  costante  giurisprudenza  di
questa Corte (ex plurimis sentenza n. 228 del 2014; ordinanza n.  214
del  2011),  cio'  preclude  l'esame  nel  merito   della   questione
determinandone l'inammissibilita' (ex plurimis ordinanze n.  101  del
2015; n. 21 del 2011, n. 91 del 2010 e n. 269 del 2009). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale degli artt. 5, comma 1, 14, comma 3, 15,  comma  2,  e
16, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 (Attuazione
della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni  aspetti  giuridici  dei
servizi della societa' dell'informazione  nel  mercato  interno,  con
particolare riferimento al commercio elettronico) e dell'art. 32-bis,
comma 3, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo  unico
dei servizi di media audiovisivi e radiofonici),  sollevate,  con  le
ordinanze indicate in epigrafe, in riferimento agli artt. 2, 21,  24,
25,  primo  comma,   e   41   della   Costituzione,   dal   Tribunale
amministrativo regionale del Lazio. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 dicembre 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI