N. 252 SENTENZA 18 novembre - 3 dicembre 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Istituzione dell'Imposta  Comunale
  Unica (IUC) - Salvezza della disciplina per l'applicazione dell'IMU
  - Dotazione del Fondo di solidarieta' comunale. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge  di  stabilita'
  2014), art. 1, commi 639, 703 e 730. 
-   
(GU n.49 del 9-12-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
639, 703 e 730, della legge 27 dicembre 2013,  n.  147  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e provinciale  dello  Stato  -
Legge di stabilita'  2014),  promosso  dalla  Regione  siciliana  con
ricorso notificato il 25 febbraio 2014, depositato in cancelleria  il
5 marzo 2014 ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  4  novembre  2015  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato Beatrice Fiandaca per  la  Regione  siciliana  e
l'avvocato dello Stato Wally Ferrante per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione siciliana, con ricorso iscritto al n. 17 del  reg.
ric. del 2014, ha impugnato, tra gli altri, l'art. 1, commi 639,  703
e 730, della legge 27 dicembre 2013,  n.  147  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2014), in riferimento agli artt. 14, lettera o), 36, 37  -
in relazione all'art. 2 del decreto del Presidente  della  Repubblica
26 luglio 1965, n. 1074 (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  della
Regione siciliana in materia finanziaria) - e 43  del  regio  decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della
Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 2, nonche' in riferimento agli artt. 81, 119, quarto  comma,
della Costituzione ed  all'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), ed al principio di leale collaborazione. 
    Il comma 639 prevede che «E' istituita l'imposta  unica  comunale
(IUC). Essa si basa su due presupposti impositivi, uno costituito dal
possesso di immobili e collegato alla loro natura e valore e  l'altro
collegato all'erogazione e alla fruizione di servizi comunali. La IUC
si  compone  dell'imposta  municipale  propria   (IMU),   di   natura
patrimoniale,  dovuta  dal  possessore  di   immobili,   escluse   le
abitazioni principali, e di una componente riferita ai  servizi,  che
si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI),  a  carico
sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, e nella tassa
sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi  del  servizio  di
raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore». 
    Il comma 703 prevede che «L'istituzione della IUC lascia salva la
disciplina per l'applicazione dell'IMU». 
    Il comma 730 prevede che «Dopo il comma 380-bis  dell'articolo  1
della legge 24 dicembre 2012,  n.  228,  sono  inseriti  i  seguenti:
"380-ter. Per le medesime finalita' di cui al comma 380, a  decorrere
dall'anno 2014: 
    a) la dotazione del Fondo di  solidarieta'  comunale  e'  pari  a
6.647.114.923,12 euro per l'anno 2014 e a 6.547.114.923,12  euro  per
gli anni 2015 e successivi, comprensivi di 943 milioni di euro  quale
quota del gettito di cui alla lettera f) del comma 380. La  dotazione
del predetto Fondo per ciascuno degli anni considerati e'  assicurata
per  4.717,9  milioni  di  euro  attraverso  una  quota  dell'imposta
municipale propria,  di  spettanza  dei  comuni,  di  cui  al  citato
articolo 13 del decreto-legge n. 201 del  2011.  Corrispondentemente,
nei predetti esercizi e' versata all'entrata del bilancio statale una
quota di pari importo dell'imposta municipale propria,  di  spettanza
dei comuni. Con la legge di assestamento o con  appositi  decreti  di
variazione del Ministro dell'economia e delle finanze, sono  adottate
le  variazioni  compensative  in  aumento  o  in  diminuzione   della
dotazione  del  Fondo  di  solidarieta'  comunale  per  tenere  conto
dell'effettivo  gettito  dell'imposta  municipale  propria  derivante
dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D.
Al fine di incentivare il  processo  di  riordino  e  semplificazione
degli  enti  territoriali,  una  quota  del  fondo  di   solidarieta'
comunale, non inferiore, per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, a
30 milioni di  euro,  e'  destinata  ad  incrementare  il  contributo
spettante alle unioni di comuni ai sensi dell'articolo 53, comma  10,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e una quota non inferiore a  30
milioni  di  euro  e'  destinata,  ai  sensi  dell'articolo  20   del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ai comuni istituiti a  seguito  di
fusione; 
    b) con decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto  con
il Ministro dell'interno,  previo  accordo  da  sancire  in  sede  di
Conferenza Stato-citta' e autonomie locali, da emanare  entro  il  30
aprile 2014 per  l'anno  2014  ed  entro  il  31  dicembre  dell'anno
precedente a quello di riferimento per gli anni  2015  e  successivi,
sono stabiliti i criteri di formazione e  di  riparto  del  Fondo  di
solidarieta' comunale, tenendo anche conto, per i singoli comuni: 
    1) di quanto previsto dai numeri 1), 4), 5) e 6) della lettera d)
del comma 380; 
    2) della soppressione  dell'IMU  sulle  abitazioni  principali  e
dell'istituzione della TASI; 
    3) dell'esigenza di limitare  le  variazioni,  in  aumento  e  in
diminuzione, delle risorse disponibili ad aliquota  base,  attraverso
l'introduzione di un'appropriata clausola di salvaguardia; 
    c) in caso di mancato accordo,  il  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri di cui alla lettera  b)  e'  comunque  emanato
entro i quindici giorni successivi; 
    d) con il medesimo  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri di cui alla lettera b), puo' essere incrementata la quota di
gettito dell'imposta municipale propria di spettanza comunale di  cui
alla lettera a). A seguito dell'eventuale emanazione del  decreto  di
cui al periodo precedente,  e'  rideterminato  l'importo  da  versare
all'entrata del bilancio dello Stato. L'eventuale differenza positiva
tra tale nuovo importo e  lo  stanziamento  iniziale  e'  versata  al
bilancio statale,  per  essere  riassegnata  al  fondo  medesimo.  Il
Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato  ad  apportare,
con  propri  decreti,  le  occorrenti  variazioni  di  bilancio.   Le
modalita' di versamento al bilancio dello Stato sono determinate  con
il medesimo  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri.
380-quater.  Con  riferimento  ai  comuni  delle  regioni  a  statuto
ordinario,  il  10  per  cento  dell'importo  attribuito  ai   comuni
interessati a titolo di Fondo di  solidarieta'  comunale  di  cui  al
comma 380-ter e' accantonato per essere redistribuito, con il decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri di cui alla lettera b)  del
medesimo  comma  380-ter,  tra  i  comuni  medesimi  sulla  base  dei
fabbisogni standard approvati dalla  Commissione  tecnica  paritetica
per l'attuazione del federalismo fiscale di cui all'articolo 4  della
legge 5 maggio 2009, n. 42, entro il 31 dicembre dell'anno precedente
a quello di riferimento. Per  la  quota  del  Fondo  di  solidarieta'
comunale attribuita con il criterio di cui al periodo precedente  non
operano i criteri di cui alla lettera b) del predetto comma 380-ter". 
    1.1.-  Premette  la  Regione  che  tutte   le   norme   impugnate
comporterebbero, «pur se  a  vario  titolo»  (mediante  un  ulteriore
concorso della Regione alla finanza pubblica, o la riserva allo Stato
di gettito di spettanza regionale),  effetti  negativi  sul  bilancio
regionale, andando a  sommarsi  alle  gia'  precedenti  riduzioni  di
risorse subite dalla Regione negli ultimi anni,  e  tali  da  rendere
impossibile lo svolgimento delle funzioni regionali. 
    Al riguardo la ricorrente richiama quanto osservato  dalla  Corte
dei conti,  in  sede  di  parifica  del  Rendiconto  per  l'esercizio
finanziario  2012,  laddove  si  era  evidenziato   che   il   totale
complessivo delle entrate aveva subito un decremento del 7 per cento,
in netta contrapposizione al dato nazionale, (in aumento del 2,8  per
cento) e che una  significativa  incidenza  sul  gettito  complessivo
delle entrate, doveva attribuirsi alle riserve ed agli accantonamenti
operati dallo Stato (pari a complessivi  914  milioni  di  euro)  per
effetto di numerose  disposizioni  legislative,  alcune  delle  quali
intervenute in corso  d'esercizio,  che  hanno  previsto  un  maggior
concorso delle Regioni agli obiettivi di finanza pubblica. 
    Premette la Regione siciliana di aver gia'  impugnato  l'art.  13
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per
la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici),
convertito con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  22
dicembre 2011 n. 214, con ricorso iscritto al n.  39  del  reg.  ric.
2012 (non ancora deciso al momento della  proposizione  del  presente
ricorso), con il quale aveva lamentato la  violazione  delle  proprie
prerogative  statutarie  avvenuta   con   le   modalita'   istitutive
dell'imposta municipale propria (IMU). 
    Evidenzia in proposito la  ricorrente  che  il  legislatore,  pur
ricomprendendo l'IMU nella nuova Imposta  comunale  unica  (IUC),  fa
salva la vigente disciplina e dispone quindi la dotazione  del  Fondo
di solidarieta' comunale  e,  corrispondentemente,  prevede  che  una
quota di pari importo dell'IMU, di spettanza dei Comuni, sia  versata
all'entrata del bilancio dello Stato. Secondo la Regione siciliana le
modifiche successivamente introdotte non avrebbero eliso i profili di
illegittimita'  censurati   (ad   esempio,   si   rammenta   che   la
neointrodotta deducibilita' dell'IMU ai fini della determinazione del
reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di  arti  e
professioni  nella  misura  del  20  per  cento,   comporterebbe   la
sottrazione di ulteriori risorse al bilancio regionale). 
    Pertanto, la conferma della vigenza del  predetto  sistema,  gia'
denunciato come lesivo dell'autonomia regionale, induce la ricorrente
a riproporre le censure gia' a suo tempo articolate. 
    Rammenta al riguardo che gli artt. 13 e 14 del d.l.  n.  201  del
2011, in quanto immediatamente applicabili  alla  Regione  siciliana,
violerebbero l'art.  43  dello  statuto  -  che  attribuisce  ad  una
commissione paritetica la determinazione delle norme di attuazione  -
ed il principio di leale collaborazione esplicitato  dalle  procedure
di cui all'art. 27 della legge  5  maggio  2009,  n.  42  (Delega  al
Governo  in   materia   di   federalismo   fiscale,   in   attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione), il cui previo esperimento  non
e' stato previsto. 
    Inoltre, l'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 violerebbe gli  artt.
36 e 37 dello statuto e  2  delle  norme  di  attuazione  in  materia
finanziaria, in quanto l'IMU,  entrata  che  si  sostiene  priva  del
carattere della novita', e' imposta in parte sostitutiva  di  tributi
di spettanza regionale mentre il suo gettito, anche per detta  parte,
viene attribuito ai Comuni e, pro quota, riservato  allo  Stato,  con
conseguente  depauperamento  delle   finanze   della   ricorrente   e
squilibrio tra i complessivi bisogni regionali ed i mezzi  per  farvi
fronte.  Risulterebbe  altresi'  violato  il   principio   di   leale
collaborazione. 
    Nel prevedere e disciplinare - anche in presenza di modifiche  in
aumento o in diminuzione disposte dai Comuni - la riserva  all'erario
di una quota del gettito dell'IMU, il comma 11  del  citato  art.  13
determinerebbe altresi' un depauperamento delle casse  comunali,  con
conseguenti oneri per la Regione  siciliana,  che  dovrebbe  assumere
ulteriori e diverse competenze rispetto a quelle di cui all'art.  14,
lettera o), dello statuto senza esperimento della  procedura  di  cui
all'art. 43 dello stesso. Di qui la violazione  di  detti  parametri.
Inoltre, risulterebbe violato l'art. 119,  quarto  comma,  Cost.,  in
quanto lo Stato, dopo aver trasferito ai  Comuni  risorse  regionali,
finirebbe per riappropriarsene,  sottraendole  loro  senza  prevedere
misure idonee a far fronte agli ammanchi, onerando la  Regione  della
contribuzione alla finanza degli enti locali. 
    Analoghe censure vengono mosse all'art. 13, comma 17, del d.l. n.
201 del 2011, salvo precisarsi che gli artt. 81, 119,  quarto  comma,
Cost. e 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 sarebbero violati
in quanto ne' la  Regione  ne'  i  Comuni  potrebbero  esercitare  le
proprie funzioni in ragione  della  carenza  di  risorse  finanziarie
determinata dalla disposizione. 
    Infine, l'art. 14,  comma  13-bis,  del  d.l.  n.  201  del  2011
violerebbe gli artt. 119, quarto comma, e 81 Cost. nonche' l'art.  10
della legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto la riduzione  dei
trasferimenti determinata dalla norma lederebbe le attribuzioni degli
enti locali, gravati dall'onere di fornire un contributo  all'erario,
con  riverbero  negativo  sulla   Regione,   che   dovrebbe   farsene
corrispondentemente carico. Inoltre, sarebbero violati gli artt.  14,
lettera  o),  e  43  dello  statuto,  in  mancanza  di  vaglio  della
Commissione paritetica sulle  nuove  funzioni  attribuite  ai  comuni
siciliani. 
    La  ricorrente  ribadisce  che  l'immediata  applicabilita'  alla
Regione  siciliana,  senza  il  previo  esperimento  delle  modalita'
attuative di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009, risulterebbe
in palese violazione dell'art. 43 dello statuto e  del  principio  di
leale collaborazione che dovrebbe  informare  tutti  i  rapporti  fra
Stato e Regioni (si richiama la sentenza n. 64 del 2012, laddove  era
stata riconosciuta  l'operativita'  della  clausola  di  salvaguardia
degli statuti speciali). 
    Ne' in contrario, secondo la Regione  siciliana,  la  circostanza
che nel suo evolversi la disciplina di tale tributo sia  sempre  piu'
orientata  ad  assicurarne  il  gettito  ai   Comuni   eliderebbe   o
diminuirebbe il pregiudizio che la sua applicazione arrecherebbe alla
Regione. 
    Resterebbero infatti,  come  disposizioni  dotate  di  lesivita',
quella che continua a riservare allo Stato il gettito derivante dagli
immobili ad uso  produttivo  classificati  nel  gruppo  catastale  D,
calcolato ad aliquota standard  dello  0,76  per  cento,  nonche'  la
previsione secondo la quale meta' dell'IMU di  spettanza  dei  Comuni
siciliani  e'  versata  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato  per
alimentare il Fondo di solidarieta' Comunale, non potendosi  ritenere
quindi superato il rischio, ad avviso della ricorrente, che i  Comuni
siciliani possano non disporre delle risorse loro necessarie. 
    Per tale aspetto secondo la  Regione  siciliana  le  disposizioni
impugnate violerebbero altresi' l'art. 119, quarto comma, Cost. anche
con riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001,
e dell'art. 81 Cost., in quanto non solo la Regione ma pure i  Comuni
non possono esercitare le proprie funzioni  per  carenza  di  risorse
finanziarie. 
    Parimenti le previsioni impugnate violerebbero l'art. 14, lettera
o),  dello  statuto  d'autonomia  laddove  attribuisce  alla  Regione
ulteriori competenze (relative al finanziamento  degli  enti  locali)
ascrivibili alla citata previsione  statutaria  e  non  riconducibili
alla medesima Regione senza  alcuna  determinazione  da  parte  della
Commissione paritetica di cui all'art. 43 dello statuto. 
    In ogni caso, resterebbe indubbio che la sottrazione di quote  di
gettito  di  spettanza  regionale,  oggi   confermata   dalle   norme
impugnate, comporterebbe  la  violazione,  oltre  che  del  principio
pattizio, degli artt. 36 e 37 dello statuto e delle relative norme di
attuazione di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, secondo  le
quali spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate  tributarie
da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali
riscosse  nell'ambito  del  suo  territorio,  dirette  o   indirette,
comunque denominate ad  eccezione  di  quelle  riservate  allo  Stato
(entrate sui tabacchi, accise sulla produzione, lotto  e  lotterie  a
carattere nazionale). L'IMU infatti - si prosegue - non presenterebbe
carattere di  novita',  in  quanto  sostitutiva  di  (componenti  di)
tributi di  spettanza  regionale  oltre  che  dell'ICI  di  spettanza
comunale. 
    Per effetto di tali disposizioni la Regione sostiene di subire un
depauperamento delle proprie finanze atto  a  provocare  un  notevole
squilibrio «tra complessivi bisogni regionali  e  insieme  dei  mezzi
finanziari per farvi fronte» (sono richiamate le sentenze n. 152  del
2011 e n.  94  del  2004),  integrando  anche  per  tale  profilo  la
violazione dell'art. 119, quarto comma, Cost. anche  con  riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, e dell'art.  81
Cost. 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato. 
    In relazione alle disposizioni impugnate osserva  preliminarmente
la difesa erariale che tali previsioni,  prorogando  quanto  previsto
dall'art. 13 del d.l. n. 201  del  2011  in  materia  di  istituzione
dell'IMU, gia' impugnate dalla medesima ricorrente con ricorso n.  39
del  2012,  dovrebbero  essere  trattate  dalla  Corte  in  un  unico
contesto. 
    L'interveniente   eccepisce   comunque   l'inammissibilita'   del
ricorso, in quanto le censure sarebbero formulate  in  senso  vago  e
generico. Nel merito ritiene  che  esse  siano  infondate  in  quanto
trattasi di  un  tributo  proprio  derivato  che  lo  Stato  potrebbe
istituire nell'ambito delle proprie  competenze,  mentre,  in  merito
alla riserva allo Stato del gettito relative agli immobili produttivi
di cui alla categoria catastale "D", calcolato all'aliquota  standard
dello 0,76 per cento, che solo in questa sede viene  censurata  dalla
Regione siciliana, osserva la difesa erariale che in tale caso  viene
attribuita  allo  Stato  una  parte  delle  risorse  che  in  difetto
sarebbero di pertinenza dei Comuni, sicche' non vi  sarebbero  motivi
di doglianza per la Regione, trattandosi di un tributo attribuito  ai
Comuni, mentre le riserve  erariali  concernono  l'attribuzione  allo
Stato di proventi aggiuntivi di tributi cui la Regione partecipa. 
    In ogni caso, conclude il Presidente del Consiglio dei  ministri,
la Regione  non  avrebbe  assolutamente  dimostrato  che  tali  norme
producano una riduzione delle risorse regionali al punto da  alterare
il rapporto tra i complessivi bisogni regionali ed i mezzi  necessari
per farvi fronte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione siciliana ha impugnato, tra gli altri,  l'art.  1,
commi  639,  703  e  730,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2014), in  riferimento  agli  artt.
14, lettera o), 36, 37 - in relazione  all'art.  2  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  26  luglio  1965,  n.  1074  (Norme  di
attuazione  dello  Statuto  della  Regione   siciliana   in   materia
finanziaria) - e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946,  n.
455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana),  convertito
dalla legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  2,  nonche'  in
riferimento agli artt. 81, 119, quarto comma, della Costituzione e 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione), ed al principio  di  leale
collaborazione. 
    La Regione si duole  innanzitutto  dell'istituzione  dell'imposta
comunale  unica  (IUC)  perche'  essa  farebbe  salva   comunque   la
precedente disciplina in materia di IMU; di seguito,  poi,  riproduce
le censure gia' mosse contro l'art. 13 del decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della  legge  22  dicembre  2011,  n.  214  nel
ricorso iscritto al n. 39 del reg. ric. 2012 (non  ancora  deciso  al
momento della proposizione del presente  ricorso),  nel  quale  aveva
lamentato la violazione delle proprie prerogative statutarie avvenuta
con le modalita' istitutive dell'imposta municipale propria (IMU). 
    La ricorrente sostiene inoltre che con le  suddette  disposizioni
lo Stato, sottraendo risorse finanziarie ai Comuni,  farebbe  gravare
sulla Regione l'onere di nuove e diverse competenze senza  il  previo
esperimento  delle  procedure  di  cui  all'art.  43  dello  statuto,
arrecando una grave ripercussione  sul  bilancio  regionale  tale  da
rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni proprie. 
    Richiama quanto affermato  dalla  Corte  dei  conti  in  sede  di
parifica del Rendiconto per l'esercizio finanziario 2012, secondo  la
quale il bilancio regionale avrebbe subito  mancati  accertamenti  in
entrata pari ad oltre 900 milioni di euro  per  effetto  delle  varie
discipline che imponevano riserve  ed  accantonamenti  operati  dallo
Stato sul gettito delle entrate di spettanza regionale. 
    Con particolare riguardo al comma 730  la  Regione  siciliana  fa
presente che detta norma produrrebbe effetti sostanzialmente ablativi
nei confronti dei Comuni siciliani per  quanto  riguarda  il  gettito
dell'IMU che viene acquisito al Fondo di  solidarieta'  comunale.  Da
cio' deriverebbe un grave depauperamento degli enti locali  siciliani
ed inoltre, a seguito di  tale  depauperamento,  la  Regione  sarebbe
costretta a garantire  un'integrazione  delle  risorse  a  favore  di
questi ultimi per evitare gravi squilibri finanziari ai loro bilanci.
Cio'  si  rifletterebbe  sull'equilibrio  finanziario  della   stessa
Regione, che non potrebbe attingere al gettito IMU  contrariamente  a
quanto spetterebbe secondo le norme dello statuto invocate. 
    2.- Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi 639 e 703, della legge n.  147  del  2013,  in  riferimento  ai
menzionati parametri sono inammissibili. 
    Tali  disposizioni  si   limitano   a   prevedere   l'istituzione
dell'imposta comunale unica  (IUC)  ed  a  confermare  la  precedente
disciplina  in  materia  di  imposta  municipale  unica   (IMU).   La
ricorrente  non  chiarisce  in   alcun   modo   per   quale   ragione
l'istituzione  di  tale  imposta  si  porrebbe  in  contrasto  con  i
parametri invocati, limitandosi a riprodurre argomentazioni  presenti
in precedenti ricorsi aventi ad oggetto disposizioni diverse anche se
accomunate dalla stessa materia della  fiscalita'  territoriale.  Per
queste censure quindi il ricorso non raggiunge «quella soglia  minima
di chiarezza e completezza cui e' subordinata l'ammissibilita'  delle
impugnative in via principale (ex plurimis, sentenza n. 312 del 2013»
(sentenze n. 88 del 2014 e n. 215 del 2015; sull'inammissibilita' del
ricorso laddove la motivazione si risolva in un rinvio per relationem
ad altre impugnative, sentenza n. 19 del 2015). 
    3.- Le censure rivolte all'art. 1, comma 730, della legge n.  147
del 2013 sono in parte inammissibili e in parte non fondate. 
    3.1.- Sono inammissibili per genericita' le  questioni  sollevate
in riferimento agli  artt.  37  e  43  dello  statuto  della  Regione
siciliana ed all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 e al principio di
leale collaborazione. 
    Le  prospettazioni  della   ricorrente   sono   accomunate   alle
precedenti  dal  carattere  assolutamente  generico,  per  quel   che
riguarda il riferimento ai parametri sopraindicati.  In  particolare,
non viene affatto precisato perche'  una  disposizione  afferente  al
funzionamento del Fondo di solidarieta' comunale sarebbe lesiva delle
prescrizioni statutarie relative all'accertamento dei  redditi  delle
imprese industriali e commerciali  e  perche'  il  funzionamento  del
suddetto Fondo, che  presenta  un  carattere  applicativo  in  ambito
nazionale, debba essere condizionato dalle norme di attuazione  dello
statuto siciliano. 
    3.2.- Devono essere invece ritenute ammissibili le  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 730,  della  legge  n.
147 del 2013 in riferimento agli artt. 119, quarto comma, e 81 Cost.,
e agli artt. 14,  lettera  o),  e  36  dello  statuto  della  Regione
siciliana  dal  momento  che  la  Regione  sostiene  che  la  propria
autonomia finanziaria sarebbe lesa  dalla  disciplina  del  Fondo  di
solidarieta',  in  quanto   questa   inciderebbe   direttamente   sul
fabbisogno finanziario della Regione stessa ed anche  indirettamente,
per via del preteso depauperamento degli enti  locali  siciliani,  in
relazione al quale - per effetto della competenza di cui all'art. 14,
lettera o), dello statuto -  la  ricorrente  dovrebbe  intervenire  a
sostegno. 
    3.3.- Sebbene ammissibili, tali censure non sono fondate. 
    E' opportuno in proposito  ricordare  che,  per  quanto  riguarda
l'attuazione  della  riforma  della  fiscalita'  territoriale   delle
autonomie speciali ex art. 27  della  legge  5  maggio  2009,  n.  42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,  in  attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione), questa Corte ha dichiarato che
«non risulta rispettato da parte dello Stato il metodo pattizio sotto
il profilo sia procedurale che sostanziale» poiche'  «la  riforma  in
materia  di  federalismo  fiscale  non  puo'  [...]  comprimere,  con
modalita'  indirette  e  senza   contraddittorio   in   ordine   alla
sostenibilita' delle stesse, le condizioni particolari  di  autonomia
previste dai rispettivi statuti». A tal fine, pur dovendosi  ritenere
l'impossibilita' «per  questa  Corte  di  esercitare  una  supplenza,
dettando relazioni finanziarie alternative a  quelle  adottate  dallo
Stato in  difformita'  dallo  schema  costituzionale  precedentemente
richiamato  [...]  le  stesse  autonomie  speciali  sono,   comunque,
titolari di un potere di iniziativa per un esame  partecipe,  insieme
allo Stato, delle questioni di comune rilevanza in tema di  relazioni
finanziarie  ed  alla  conseguente  evoluzione  normativa  in   senso
conforme ai canoni costituzionali» (sentenza n. 155 del 2015). 
    Con  la  censura  in  esame,  tuttavia,  non  viene  colpita   la
disciplina fiscale dell'IMU bensi' quella del Fondo  di  solidarieta'
comunale che - in quanto sostitutivo dei trasferimenti  statali  agli
enti  locali  -  riguarda  le  modalita'   di   finanziamento   della
generalita' dei Comuni in ambito nazionale (ad  eccezione  di  quelli
ricadenti nel territorio delle Regioni autonome Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste e Friuli-Venezia Giulia e delle Province autonome di Trento e
di Bolzano). 
    Sotto questo profilo, se e'  vero  che  l'IMU  di  spettanza  dei
Comuni siciliani viene  sottratta  agli  stessi  per  essere  versata
all'entrata del bilancio dello Stato al fine di alimentare  il  Fondo
di solidarieta' comunale, tale partecipazione e'  tuttavia  correlata
ad una simmetrica  partecipazione  dei  Comuni  stessi  alle  risorse
affluite in detto Fondo.  Cio'  risulta  con  chiarezza  dai  plurimi
provvedimenti  attuativi  in  tema  di  ripartizione  del  Fondo   di
solidarieta' comunale ed in particolare dai  decreti  del  Presidente
del Consiglio dei ministri 13 novembre 2013, 1° dicembre  2014  e  10
settembre 2015. 
    Tenuto conto  di  tale  articolazione  bidirezionale  dei  flussi
finanziari afferenti all'IMU  (che  caratterizza  sia  le  Regioni  a
statuto ordinario, sia la Regione siciliana, sia la Regione  autonoma
Sardegna),  la  ricorrente  non  fornisce  la  prova   dell'incidenza
negativa della disposizione impugnata sul bilancio  dei  suoi  Comuni
ne' su quello proprio. Tale prova non viene dedotta  ne'  in  termini
macroeconomici,  cioe'   di   saldi   complessivi   delle   relazioni
finanziarie tra Fondo di solidarieta'  e  Comuni  siciliani,  ne'  in
termini di sproporzione tra il gettito IMU versato  da  singoli  enti
locali e la quota agli stessi ridistribuita dal Fondo. 
    Proprio  in  relazione  a  questioni  in  materia  di   relazioni
finanziarie con lo Stato promosse  dalla  Regione  siciliana,  questa
Corte ha avuto modo di  precisare  «che  nel  settore  della  finanza
pubblica allargata le partite creditorie e debitorie  afferenti  alle
relazioni tra enti pubblici [...] debbano  essere  rappresentate  nei
rispettivi  bilanci  in  modo  preciso,   simmetrico,   speculare   e
tempestivo [...]. Tuttavia, l'assenza di tali elementi e la  negativa
incidenza  sulla  sana  gestione  finanziaria  non   possono   essere
lamentate  senza  una  puntuale   individuazione   delle   componenti
economiche e contabili assunte a riferimento della  doglianza.  Sotto
questo profilo, e' onere indefettibile del ricorrente allegare  [...]
gli elementi finanziari [...] i quali  non  possono  essere  soltanto
affermati bensi' debbono essere puntualmente documentati [...] se del
caso  richiedendo  alla  parte   resistente,   ove   non   altrimenti
reperibili,  i  dati  finanziari  analitici  correlati   ai   profili
disfunzionali censurati» (sentenza n. 246 del 2012). 
    Se e' fuor di  dubbio  che  lo  Stato  possa,  nell'ambito  delle
manovre di finanza  pubblica,  disporre  in  merito  alla  disciplina
sostanziale delle risorse  di  competenza  degli  enti  territoriali,
anche determinando riduzioni della  loro  disponibilita'  finanziaria
«purche' appunto non tali da produrre  uno  squilibrio  incompatibile
con le esigenze complessive della spesa» (sentenza n. 138 del  1999),
le censure regionali rivolte al preteso  depauperamento  non  possono
essere accolte poiche' non forniscono prova di una grave  alterazione
nel rapporto tra complessivi bisogni dell'ente territoriale  e  mezzi
finanziari per farvi fronte (in senso conforme, ex plurimis, sentenze
n. 23 del 2014 e n. 29 del 2004). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse con il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 639 e 703, della legge 27  dicembre
2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge di  stabilita'  2014),  promosse,  in
riferimento agli artt. 14, lettera o), 36, 37 - in relazione all'art.
2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074
(Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria) - e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946,  n.
455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana),  convertito
dalla legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  2,  nonche'  in
riferimento agli artt. 81, 119, quarto comma, della Costituzione e 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione) ed al  principio  di  leale
collaborazione, dalla Regione siciliana con il ricorso in epigrafe; 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 730, della legge n. 147  del  2013,
promosse in riferimento agli  artt.  37  e  43  dello  statuto  della
Regione siciliana e all'art. 2 del d.P.R.  n.  1074  del  1965  e  al
principio di leale collaborazione, dalla  Regione  siciliana  con  il
ricorso in epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 730, della legge n. 147  del  2013,
promosse, in riferimento agli artt. 119, quarto comma, e 81  Cost.  e
agli  artt.  14,  lettera  o),  e  36  dello  statuto  della  Regione
siciliana, dalla Regione siciliana con il ricorso in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 novembre 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 dicembre 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI