N. 291 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 giugno 2015

Ordinanza del 23 giugno  2015 del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da Ray Way Spa, RAI - Radiotelevisione Italiana Spa,  contro
Roma Capitale, Regione Lazio, Provincia di Roma. 
 
Edilizia e urbanistica - Prevista possibilita' per il Comune di  Roma
  di istituire un contributo straordinario nella misura  massima  del
  66 per  cento  del  maggior  valore  immobiliare  realizzabile  per
  valorizzazioni immobiliari  previste  dallo  strumento  urbanistico
  generale. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e   di   competitivita'   economica),
  convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n.  122,
  art. 14, comma 16, lett. f). 
(GU n.50 del 16-12-2015 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) 
 
    Ha pronunciato la presente ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
Costituzionale sul ricorso numero di registro generale 1367 del 2012,
proposto da: Rai Way S.p.A., Rai  -  Radiotelevisione  Italiana  Spa,
entrambe rappresentate e difese dagli avv.ti Giuseppe Lavitola, Maria
Enrica Cavalli, con domicilio eletto presso Lavitola Studio Legale in
Roma, Via Costabella, 23; 
    Contro Roma Capitale,  Regione  Lazio,  Provincia  di  Roma,  non
costituiti in giudizio, per la  riforma  della  sentenza  del  T.A.R.
Lazio - Roma: Sezione II  bis  n.  05887/2011,  resa  tra  le  parti,
concernente adozione del piano regolatore generale del Comune di Roma
-   nuova   destinazione   fabbricati   -   imposizione    contributo
straordinario. 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2015 il  Cons.
Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Maria Enrica Cavalli. 
Svolgimento del Processo. 
    Con ricorso straordinario originariamente proposto al Capo  dello
Stato, e successivamente  trasposto  innanzi  al  Tar  Lazio  Sezione
Seconda  Bis  (n.  9986/2008)  a  seguito  di  atto  di   opposizione
notificato dal Comune di Roma in data 18 settembre 2008, RAI S.p.a. e
RAI  Way  S.p.a.,  societa'  questa  controllata  dalla  stessa  RAI,
chiedevano l'annullamento dei provvedimenti relativi all'adozione del
piano regolatore generale del Comune di Roma. 
    In particolare le ricorrenti lamentavano  l'illegittimita'  della
previsione del contributo straordinario di cui al combinato  disposto
degli artt. 102 comma 5 e 20 comma  3  N.T.A.,  nella  parte  in  cui
assoggettano   le   "valorizzazioni"   urbanistiche   frutto    della
pianificazione, a  contributo  straordinario,  deducendo  la  carenza
della necessaria base legislativa, nonche' (con  successiva  memoria)
censure di incostituzionalita' dell'art. 14 comma 16 lett.  f)  della
Legge n. 122/2010 - nelle more del giudizio di primo grado entrata in
vigore -  per  violazione  degli  artt.  3,  23,  53,  47,  97  della
Costituzione. Il Tar  Lazio  Sezione  Seconda  Bis  con  sentenza  n.
5887/2011 dichiarava inammissibile il  ricorso  per  "carenza  di  un
interesse attuale e concreto  a  proporre  l'impugnazione  in  esame,
posto che il pregiudizio lamentato potra' in  futuro  verificarsi  in
modo del tutto eventuale e  aleatorio,  solo  qualora  le  ricorrenti
effettivamente dismettano le aree e le stesse vengano successivamente
adibite ad  una  delle  specifiche  utilizzazioni  che  impongono  il
contributo straordinario, divenendo solo in tal caso apprezzabile  il
loro decremento di valore economico-commerciale, allo stato del tutto
ipotetico ed eventuale". In sintesi, ad avviso del giudice  di  prime
cure, pur non potendo essere  ritenute  manifestamente  infondate  le
questioni  di  costituzionalita'  sollevate,  le  stesse  risultavano
precluse, in base al parametro della rilevanza, dalla  necessita'  di
definire previamente le eccezioni di  inammissibilita'  sollevate  da
parte resistente. 
    Con appello notificato in data  13  febbraio  2012,  le  societa'
ricorrenti denunciavano violazione e/o falsa  applicazione  dell'art.
100 c.p.c. sostenendo: da un lato  che  la  dismissione  delle  aree,
presupposto  applicativo  della  norma  impugnata,  costituirebbe  un
passaggio certo ed obbligato per le  ricorrenti,  e  dall'altro,  che
l'interesse all'impugnazione sussisterebbe anche nel caso in  cui  il
pregiudizio non si sia ancora verificato,  ma  si  abbia  la  elevata
probabilita' e/o certezza del suo verificarsi in futuro. Le  societa'
appellanti  riproponevano  altresi'  le  censure  di   illegittimita'
costituzionale  dell'art.  14  comma  16  lett.  f)  della  Legge  n.
122/2010,  attraverso  il  quale  il  legislatore   statale   avrebbe
asseritamente inteso fornire  copertura  legislativa  all'imposizione
del contributo straordinario di urbanizzazione introdotto dal  Comune
di Roma con il nuovo piano regolatore  generale.  Con  tale  norma  -
secondo  le  appellanti  -  si  sarebbe  sostanzialmente   sanato   e
ratificato, riproducendone il contenuto, cio' che il Comune  di  Roma
aveva determinato in sede di N.T.A. (art. 20  comma  3).  Infine,  le
ricorrenti   denunciavano   anche   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 17 comma 1 lett. g) della Legge n. 164/2014  (c.d.  Sblocca
Italia)  il  quale,  ferma  restando  la   salvezza   delle   diverse
disposizioni  delle  legislazioni   regionali   e   degli   strumenti
urbanistici generali, avrebbe aggiunto ai criteri gia'  previsti  per
la determinazione degli oneri di urbanizzazione, anche un criterio di
valutazione del  maggior  valore  generato  su  aree  o  immobili  in
variante urbanistica, in deroga o con cambio  di  destinazione  d'uso
che si porrebbe, ad avviso delle parti appellanti, in  contrasto  con
gli artt. 3,23 e 53 Costituzione nella parte in cui: 
        a) sono fatte salve le diverse previsioni regionali  e  degli
strumenti urbanistici generali; 
        b)   e'   rimessa   all'illimitata   discrezionalita'   dell'
Amministrazione Comunale stabilire di volta  in  volta  la  specifica
misura del contributo da applicare in concreto. 
    La causa e' stata trattenuta in decisione alla  pubblica  udienza
del 5 maggio 2015. 
Motivi della decisione. 
    Ritiene  il  collegio  che  sussistano  i  presupposti   per   la
rimessione degli  atti  alla  Corte  costituzionale  in  ordine  alla
legittimita' dell' art. 14 comma 16 lett. f) della legge n. 122/2010. 
    1. La questione e' rilevante. 
    1.1. In proposito si anticipa che l'eccezione di inammissibilita'
proposta in prime cure dagli enti resistenti,  accolta  dal  TAR,  ed
avversata a mezzo del gravame in decisione, e' infondata, in aderenza
alla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato. 
    E' noto che l'interesse ad agire, individuato  quale  presupposto
dell'azione, dall'art. 100 c.p.c., da  sempre  applicabile  anche  al
processo amministrativo, ora  anche  in  virtu'  del  rinvio  esterno
operato  dall'art.  39,  comma  1,  c.p.a.  e'  scolpito  nella   sua
tradizionale   definizione   di   "concreto   bisogno    di    tutela
giurisdizionale",  nel  senso  che,  il  ricorso  al   giudice   deve
presentarsi  come  indispensabile  per  porre  rimedio  alla  lesione
(azioni demolitorie, risarcitorie e d'adempimento), alla sua minaccia
(azioni  inibitorie),  od  anche  alla  negazione   della   posizione
giuridica vantata dall'amministrato (azione atipica di accertamento):
e'  dunque  espressione   di   economia   processuale,   manifestando
l'esigenza che il ricorso alla giustizia rappresenti  extrema  ratio;
da  qui  i  suoi  caratteri  essenziali  costituiti  dalla  serieta',
concretezza ed attualita' o elevata probabilita'  della  lesione  (ex
multis Cons. Stato Sez. V, 02-04-2014, n. 1572). 
    Nel caso di specie, le appellanti  assumono  che  la  dismissione
delle aree cui fara' seguito il mutamento di destinazione oggetto  di
contributo  straordinario,  costituisce  un   passaggio   sicuro   ed
obbligato talche',  la  lesione  derivante  dalle  norme,  oltre  che
concreta, e' suscettibile di verificarsi  con  un  elevato  grado  di
probabilita' nel prossimo futuro. 
    In  proposito  precisano,  per  quanto  riguarda   il   complesso
immobiliare in loc. Prato Smeraldo,  che  nell'Accordo  di  Programma
stipulato in data 8.8.2003, nel quadro delle  disposizioni  di  legge
vigenti, tra il  Ministero  delle  Comunicazioni  e  la  Rai  per  il
passaggio delle trasmissioni radiotelevisive alla tecnologia digitale
terrestre, e' espressamente previsto all'art. 9 che i servizi rivolti
agli italiani all'estero  debbano  essere  svolti  "con  strumenti  e
sistemi di piu' evoluta tecnologia  anche  multimediale,  diversi  da
quelli attualmente utilizzati, con facolta' di alienare  le  aree  in
cui questi ultimi sono localizzati, destinandone in tutto o in  parte
i proventi al finanziamento del progetto di cui al presente accordo e
alle fonti in esso richiamate" (tanto cio' sarebbe vero che il centro
in localita' Prato Smeraldo ha cessato il servizio per  gli  italiani
all'estero in onde corte  gia'  dal  30.9.2007);  per  quanto  invece
riguarda il complesso sito in loc. Santa  Palomba,  il  contratto  di
servizio stipulato tra il Ministero delle Comunicazioni e la  Rai  in
data 23.01.2003 prevede, all'art. 18, la  riduzione  dei  servizi  in
onda media ad un'unica rete, che trasmetta programmi delle  tre  reti
radiofoniche nazionali. Obbligo questo, richiamato anche all'art.  10
del ricordato Accordo di Programma che testualmente dispone: "Ai fini
dell'approvazione  del  piano  di  riduzione  della  modulazione   di
ampiezza in onda media che la concessionaria  del  servizio  pubblico
radio televisivo e' tenuta a presentare ai sensi dell'art. 18,  comma
3, del Contratto, il Ministero tiene conto  anche  delle  forme  piu'
idonee a potenziare il servizio con altre tecniche trasmissive  ed  a
ridurre al minimo il grado di modulazione di ampiezza in  onda  media
da parte della concessionaria pubblica". 
    Proprio in considerazione dell'anzidetta  certa  dismissione  nel
quadro di progressivo trasferimento dei servizi svolti con tecnologia
tradizionali, su nuovi vettori, le societa'  RAI  WAY  S.p.A.  e  RAI
S.p.A. a suo tempo avevano formulato osservazioni  al  Nuovo  PRG  di
Roma affinche' le due  aree  sopra  citate  fossero  assoggettate,  a
seguito  della  dismissione,  a  strumento   urbanistico   attuativo,
chiedendo,  per  Prato  Smeraldo,  una  destinazione  prevalentemente
residenziale e, per Santa Palomba, una destinazione commerciale  e  a
servizi. 
    Le osservazioni sono state parzialmente accolte  sicche',  l'art.
102, in particolare, il quinto comma,  ha  previsto  il  riuso  della
edificazione dismessa con le seguenti destinazioni d'uso: 
        a) commerciali e servizi (a CU/b e CU/m); 
        b) turistico-ricettive limitatamente a  "strutture  ricettive
alberghiere ed extra-alberghiere"; 
        c) produttive, in misura  non  inferiore  al  30%  della  SUL
dismessa. 
    Tuttavia   la   norma   in   questione    ha    previsto    anche
l'assoggettamento a contributo straordinario di cui all'art. 20 delle
stesse NTA, per la SUL destinata alle funzioni di cui alle lett. a) e
b) innanzi richiamate, escluse le destinazioni "servizi alle persone"
e "attrezzature collettive". 
    Non v'e' dubbio che  la  previsione  sia  immediatamente  lesiva,
nella  misura  in  cui  incide,  sin  da  subito,  sulla  convenienza
economica delle programmate operazioni di  dismissione,  tra  l'altro
poste a base delle osservazioni al PRG proposte dalle due societa', e
prese espressamente e specificatamente in considerazione dalle  norme
tecniche  impugnate  aventi  proprio  ad  oggetto  il  "riuso   della
edificazione dismessa". 
    1.2. Quanto sopra non e' ancora  sufficiente  per  comprovare  la
rilevanza della questione ai fini della proposizione della  questione
di costituzionalita', poiche' e'  onere  del  collegio,  secondo  gli
insegnamenti della Corte costituzionale, indicare, una volta  che  il
gravame e' stato ritenuto ammissibile in  relazione  alle  condizioni
dell'azione, anche quali siano motivi per i quali la norma  di  legge
contestata sia ritenuta rilevante ai fini della decisione nel merito. 
    Invero, pur potendo affermarsi -  come  gia'  questa  Sezione  ha
fatto (Cons. Stato Sez. IV, 13-07-2010, n. 4545) -  che  disposizioni
quali quelle contestate,  costituiscano  espressione  della  potesta'
conformativa del territorio nell'esercizio della propria attivita' di
pianificazione  concretizzatasi  attraverso  il  ricorso  a   modelli
privatistici e consensuali, ex art. 11 legge  241/90,  e'  del  tutto
evidente, per l'ambito di applicazione, il periodo di sua emanazione,
ed i specifici contenuti, che l'art. 14, comma 16, lettera  f)  della
Legge n. 122/2010 debba esser inteso  quale  "copertura"  legislativa
del contributo straordinario  in  contestazione,  ossia  quale  norma
emanata al preciso scopo di legittimare ex  post  la  previsione  del
contributo straordinario da parte del Comune di Roma. 
    Una volta che la legge e' intervenuta  a  disciplinare  istituti,
previamente sperimentati, in ragione della mancanza della stessa,  su
base consensuale,  il  giudice  non  puo'  ritenere  la  nuova  fonte
irrilevante,  ininfluente  o  superflua,  ma   deve   rivalutare   la
fattispecie alla luce dell'innovazione ordinamentale, vieppiu' quando
- com'e' nel caso di specie - l'innovazione disciplini e  tipizzi  un
potere amministrativo generale, individuandolo nei  suoi  presupposti
applicativi, nelle sue condizioni di esercizio  e  nei  suoi  limiti,
conferendogli un'efficacia potenziale che prescinde dalla ricerca del
consenso. 
    Tale disposizione normativa,  specificatamente  dedicata  a  Roma
capitale, testualmente prevede: "in considerazione della specificita'
di Roma  quale  Capitale  della  Repubblica,  e  fino  alla  compiuta
attuazione di quanto previsto ai sensi dell'art.  24  della  legge  5
maggio 2009, n. 42, per garantire l'equilibrio  economico-finanziario
della gestione ordinaria, il Comune di Roma puo' adottare le seguenti
apposite misure: 
    ... 
        f) contributo straordinario nella misura massima del  66  per
cento del  maggior  valore  immobiliare  conseguibile,  a  fronte  di
rilevanti  valorizzazioni  immobiliari   generate   dallo   strumento
urbanistico generale, in  via  diretta  o  indiretta,  rispetto  alla
disciplina previgente per la realizzazione di finalita'  pubbliche  o
di  interesse  generale,  ivi  comprese  quelle  di  riqualificazione
urbana, di tutela ambientale, edilizia e  sociale.  Detto  contributo
deve essere destinato alla realizzazione  di  opere  pubbliche  o  di
interesse generale ricadenti nell'ambito di intervento cui accede,  e
puo' essere in parte volto anche a finanziare la spesa  corrente,  da
destinare  a  progettazioni  ed  esecuzioni  di  opere  di  interesse
generale,  nonche'  alle  attivita'  urbanistiche  e   servizio   del
territorio.  Sono  fatti  salvi,  in  ogni  caso,  gli   impegni   di
corresponsione di contributo straordinario gia' assunti  dal  privato
operatore in  sede  di  accordo  o  di  atto  d'obbligo  a  far  data
dall'entrata in vigore dello strumento urbanistico generale vigente". 
    Che la  nuova  norma  sia  diretta  a  conferire  base  legale  e
caratteristiche autoritative ad un  potere  (quello  dell'imposizione
patrimoniale  conseguente  a  conformazioni   vantaggiose   per   gli
interessi privati), innanzi esercitato esclusivamente a  mezzo  della
ricerca del consenso, emerge chiaramente proprio dall'ultimo  periodo
della stessa, nella parte in cui sono fatti salvi (solo e  soltanto),
"gli impegni  di  corresponsione  di  contributo  straordinario  gia'
assunti dal privato operatore in sede di accordo o di atto  d'obbligo
a  far  data  dall'entrata  in  vigore  dello  strumento  urbanistico
generale vigente". 
    Dunque, al di la degli impegni gia' assunti dal privato  a  mezzo
di  un  accordo  gia'  formalizzato,  le  procedure  urbanistiche  di
valorizzazione citate dalla norma - e solo quelle - ancora in itinere
sono ormai disciplinate dalla norma citata, ed alla  luce  di  questa
devono essere giudicate. 
    1.3.  Deve  darsi  altresi'  rilievo  ad   un'ulteriore   vicenda
normativa, questa volta interessante l'intero  territorio  nazionale:
la legge n. 164/2014 (Sblocca Italia) che ha introdotto il contributo
straordinario di urbanizzazione In particolare,  l'art.  17  comma  1
lett. g) nel modificare l'art. 16 comma 4 del D.P.R. n. 380/2001,  ha
aggiunto ai criteri gia' previsti per la determinazione  degli  oneri
di urbanizzazione, anche  un  criterio  di  valutazione  del  maggior
valore generato su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga
o con cambio di destinazione d'uso. 
    La nuova norma  dispone  che:  "tale  maggior  valore,  calcolato
dall'Amministrazione  comunale,  venga  suddiviso   in   misura   non
inferiore al 50% tra il Comune e  la  parte  privata  ed  erogato  da
quest'ultima   al   Comune   stesso   sotto   forma   di   contributo
straordinario, che  attesta  l  'interesse  pubblico,  in  versamento
finanziario,  vincolato  a  specifico  centro   di   costo   per   la
realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto
in cui ricade l'intervento, cessioni di aree o immobili da  destinare
a servizi di pubblica utilita', edilizia residenziale sociale o opere
pubbliche". 
    Il successivo comma 4-bis dell'art. 16  del  D.P.R.  n.  380/2001
introdotto dal nuovo numero 3-bis della lettera  g)  della  legge  n.
164/2014,  fa  salve  le  diverse  disposizioni  delle   legislazioni
regionali e, ai fini che qui interessano, degli strumenti urbanistici
generali. 
    Conseguentemente, e' fatto salvo l'art. 20 delle N.T.A. del Nuovo
P.R.G. di  Roma,  che  ha  introdotto  il  contributo  straordinario.
Soprattutto, ed a maggior ragione in quanto norma speciale, e'  fatto
implicitamente salvo l'art. 14, comma 16, lettera f) della  Legge  n.
122/2010. 
    2. Oltre che rilevante la questione di  costituzionalita'  appare
anche non manifestamente infondata per violazione degli artt. 3,  23,
53 e 97 cost. 
    2.1. Giova preliminarmente precisare che non v'e' possibilita' di
un'interpretazione costituzionalmente orientata, essendo qualsivoglia
approccio esegetico inibito dal  carattere  perentorio  della  norma,
nonche' dalla mancanza nell'ordinamento di norme e principi, anche in
materia perequativa, la cui tenuta costituzionale si possa dire certa
al punto consentire di colmare le lacune  o  emendare  le  norme  con
l'ausilio dell'analogia. 
    2.2.  Di   seguito   si   espongono   i   motivi   di   possibile
incostituzionalita': 
        a) Violazione dell'art. 23 cost. 
    La misura individuata dalla legge  e'  finalizzata  a  "garantire
l'equilibrio  economico-finanziario  della  gestione  ordinaria   del
Comune  di  Roma"  ed  e'  denominata   "contributo   straordinario".
Quest'ultimo consegue a nuove previsioni urbanistiche  ispirate  alla
realizzazione di finalita' pubbliche o  di  interesse  generale  (ivi
comprese quelle di riqualificazione  urbana,  di  tutela  ambientale,
edilizia e sociale) dalle quali  derivi,  in  via  diretta  od  anche
indiretta, un incremento di valore  per  le  aree  interessate  dalla
modifiche urbanistiche citate. 
    Non c'e' dubbio che, secondo lo schema della norma, le previsioni
urbanistiche citate sono  e  rimangono  il  frutto  del  tradizionale
potere  pianificatorio.  Cio'  che  muta   rispetto   all'ordinamento
previgente e' che, ove le finalita' della pianificazione siano quelle
indicate, e gli effetti siano economicamente stimabili in termini  di
incremento di valore dell'immobile interessato dalla  pianificazione,
il proprietario di quest'ultimo e'  soggetto  all'imposizione  di  un
contributo straordinario nella misura massima del 66  per  cento  del
maggior valore immobiliare conseguibile. 
    Si tratta chiaramente di una  prestazione  patrimoniale  imposta,
seppur   collegata   ad   un   beneficio   derivante   dall'attivita'
istituzionale dell'ente che tale prestazione impone, e  cio'  seconda
la logica tipica della contribuzione in materia edilizia. 
    Del  resto  la  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale   ha
allargato la nozione di "prestazione patrimoniale imposta", ai  sensi
dell'art. 23 della Costituzione, sino a ricondurvi anche  prestazioni
di natura non tributaria, e aventi funzione di corrispettivo, quando,
per i caratteri e il regime giuridico dell'attivita' resa,  sia  pure
su richiesta del privato, a fronte della prestazione patrimoniale  e'
apparso prevalente l'elemento della imposizione legale (cfr.  ad  es.
sentenze n. 55 del 1963, n. 72 del 1969, n. 127 del 1988, n. 236  del
1994, n. 215 del 1998). 
    Assodato  che  trattasi  di  prestazione  patrimoniale   imposta,
occorre  dunque  verificare  se  sia  rispettato  l'art.   23   della
Costituzione, nell'interpretazione che ne ha dato la Corte. 
    In proposito, la Corte ha chiarito, anche di recente, che se  per
un verso e' indubbio che la riserva di legge di cui all'art. 23 della
Costituzione  abbia  carattere  relativo,  nel   senso   che   lascia
all'autorita' amministrativa consistenti margini di regolazione delle
fattispecie, essa, per altro verso  "non  relega  tuttavia  la  legge
sullo sfondo, ne' puo' costituire giustificazione sufficiente per  un
rapporto  con  gli  atti  amministrativi  concreti  ridotto  al  mero
richiamo  formale  ad  un   prescrizione   normativa   "in   bianco",
genericamente   orientata   ad   un   principio-valore,   senza   una
precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell'azione
amministrativa  limitativa  della  sfera  generale  di  liberta'  dei
cittadini" (sentenza n. 115 del 2011 e, da ultimo, sentenza 15 maggio
2015, n. 83 ). 
    I particolare, la  Corte  ha  affermato  che  per  rispettare  la
riserva relativa di cui all'art. 23 Cost., e' quanto meno  necessaria
la preventiva determinazione di  "sufficienti  criteri  direttivi  di
base  e  linee  generali   di   disciplina   della   discrezionalita'
amministrativa" (sentenze n.  350  del  2007  e  n.  105  del  2003),
richiedendo in particolare che "la concreta entita' della prestazione
imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi  legislativi  che
riguardano l'attivita' dell'amministrazione"  (sentenze  n.  190  del
2007 e n. 115 del 2011), e specificando che "e' pur possibile  che  i
criteri direttivi, di natura oggettiva o tecnica, atti a vincolare la
determinazione    quantitativa    dell'imposizione,    si    desumano
dall'insieme della disciplina considerata e cio' puo' verificarsi, in
particolare,   quando   la   prestazione   imposta   costituisca   il
corrispettivo  di  un'attivita'   il   cui   valore   economico   sia
determinabile sulla base di criteri tecnici, e il corrispettivo debba
per legge essere  determinato  in  riferimento  a  tale  valore"(cfr.
sentenze n. 72 del 1969, n. 507 del 1988, 83 del 2015, cit.). 
    La Corte - ancora - in alcuni casi ha valorizzato l'esistenza  di
elementi o moduli procedimentali  considerati  idonei  a  restringere
l'ambito  di   discrezionalita'   dell'amministrazione   escludendone
l'arbitrio (cfr., da ultimo, sentenza n. 215 del 1998,  nonche',  con
riguardo alla materia dei c.d. diritti sanitari, sentenza n. 180  del
1996), 
    Le riportate coordinate costituzionali  -  negli  anni  tracciate
dalla Corte  -  non  appaiono,  invero,  rispettate  dalla  norma  in
valutazione. 
    Infatti, la norma censurata, individuando il fatto rilevatore  di
capacita' contributiva nel maggior valore immobiliare conseguibile  a
fronte  di  rilevanti  valorizzazioni  immobiliari   generate   dallo
strumento urbanistico generale, in via diretta o indiretta,  rispetto
alla disciplina previgente, pone criteri vaghi ed imprecisi (vaga  e'
la nozione di "rilevanti valorizzazioni immobiliari" e imprecisata e'
la  riferibilita'  di  tali   valorizzazioni   a   fatti   generatori
"indiretti") inidonei a delimitare la discrezionalita' dell'autorita'
amministrativa nell' esercizio del potere impositivo. 
    Inesistenti  sono  poi  i   criteri   in   ordine   al   quantum.
L'indicazione di una misura  massima  del  66%,  solo  apparentemente
costituisce una limitazione idonea a limitare la potesta',  ove  solo
si consideri che  essa  e'  percentuale  cosi'  elevata  da  lasciare
all'amministrazione un margine amplissimo (da 0  a  66%)  in  cui  la
fissazione dell'aliquota  risulta  lasciata  totalmente  alla  libera
determinazione dell'ente, in  assenza  di  qualsivoglia  parametro  o
criterio. 
    Ne'  sono  previsti  meccanismi  di  consultazione,  procedimenti
partecipativi, o pareri obbligatori dai  quali  possa  scaturire  una
qualche   indicazione   vincolante   od   orientativa,   frutto    di
partecipazione. 
        b) Altri elementi depongono per la  violazione,  sotto  altro
profilo dell'art. 23 Cost. ove  letto  alla  luce  del  principio  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 e dei principi  di  imparzialita'  e
buon andamento di cui all'art. 97 cost. 
    La particolare gravosita' dell'imposizione  patrimoniale  non  si
spiega se non con riferimento  al  principio  della  derivazione  del
beneficio dall'esercizio del potere amministrativo  di  conformazione
della proprieta': l'ente e' legittimato a chiedere  una  somma  cosi'
alta perche'  essa  e',  in  definitiva,  il  frutto  di  una  previa
attivita' amministrativa dell'ente, creativa di un plus valore ancora
piu' rilevante. La somma, tuttavia, non puo' essere il "prezzo" della
valorizzazione,  per  ovvie  ragioni  di   preservazione   e   tutela
dell'effettivita' dell'interesse  pubblico  perseguito  a  mezzo  del
potere di  pianificazione,  e  con  esso  dell'imparzialita'  e  buon
andamento dell'amministrazione: principi che  non  ammettono  che  le
finalita' di una corretta pianificazione possano cedere il  passo  ad
un pianificazione "lucrativa". L'obbligazione pecuniaria  citata,  ha
un senso solo se  connessa  al  principio  di  perequazione.  Poiche'
l'amministrazione nel perseguimento di  una  corretta  ed  imparziale
pianificazione del futuro assetto del territorio, genera, per  alcuni
proprietari, rilevanti valorizzazioni rispetto ad altri, e' equo  che
i proprietari beneficiati restituiscano, quanto  meno  in  parte,  il
plus valore a favore  del  territorio,  cosi'  che  anche  gli  altri
proprietari ne possano indirettamente  beneficiare.  Le  esigenze  di
restituzione,  in  sintesi,  devono   essere   quelle   proprie   dei
proprietari non beneficiati, in funzione perequativa, non gia' quelle
dell'amministrazione quale compenso o contributo per  la  generazione
del beneficio. 
    Se cosi' e', allora e' evidente che la norma e'  incostituzionale
nella parte in cui consente di destinare  promiscuamente  il  gettito
derivante dal contributo straordinario, non solo "alla  realizzazione
di opere pubbliche o  di  interesse  generale  ricadenti  nell'ambito
dell'intervento cui accede" ma, anche ed in parte (in misura, invero,
nient'affatto  precisata  dalla  norma),  a  "finanziare   la   spesa
corrente, da destinare a progettazioni  ed  esecuzioni  di  opere  di
interesse generale, nonche' alle attivita'  urbanistiche  e  servizio
del territorio". La formula e' cosi' ampia  e  vaga  da  legittimare,
nella  sostanza,  la  generica  utilizzabilita'   del   gettito   per
qualsivoglia esigenza del Comune di Roma, ove si consideri ad es. che
potrebbero rientrare nella spesa corrente di Roma Capitale anche  gli
oneri del personale amministrativo e le  spese  generali  in  qualche
modo correlate al "servizio del territorio". 
        c) Violazione dell'art. 53 Cost. 
    La norma censurata sembra porsi altresi' in contrasto con  l'art.
53 Costituzione. Nella giurisprudenza della Corte  costituzionale  si
e' dato risalto all'esigenza che il collegamento tra fatto rivelatore
di capacita' contributiva e tributo sia effettivo e non  apparente  o
fittizio. Aspetto della effettivita' e' l'attualita' della  capacita'
contributiva: il tributo, nel momento in cui trova applicazione, deve
colpire  una  capacita'  contributiva  in  atto,  non  una  capacita'
contributiva futura. 
    La norma in esame, invece, identifica  il  fatto  imponibile  nel
maggior valore  immobiliare  "conseguibile"  e  non  gia'  in  quello
effettivamente conseguito,  prescindendo  dal  concreto  sfruttamento
edilizio  del  terreno  e  cosi'  trascurando  che  il   proprietario
"beneficiato" dall'incremento di valore potrebbe non avere intenzione
di sfruttare le potenzialita' edilizie, ne' di vendere l'immobile  ad
altri che possano farlo. 
    Il pagamento anticipato  rispetto  al  presupposto  concretamente
generante ricchezza avrebbe potuto essere preteso -  in  ossequio  ai
puntuali insegnamenti  della  Corte  costituzionale  -  solo  con  il
rispetto di determinate condizioni: 
        a) che l'obbligo di versamento non  sia  incondizionato  (con
possibilita' del contribuente  di  non  versare  se  prevede  di  non
produrre reddito); 
        b) che al prelievo  anticipato  si  saldi  la  previsione  di
meccanismi di riequilibrio (Corte Cost. n. 77/1967). 
    Requisiti che invece il legislatore non ha previsto nel  caso  di
specie. 
        d) Violazione degli artt. 3 e 53 cost. sotto altri profili. 
    d.1) Il contributo in questione risulta ancora in  contrasto  con
il combinato disposto degli artt.  53  e  3  Costituzione,  ovverosia
sotto il profilo del principio di eguaglianza tributaria in  base  al
quale  a  situazioni  uguali  devono  corrispondere   uguali   regimi
impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse  un  trattamento
tributario differenziato. 
    La disposizione  in  esame  differenzia,  senza  fornire  criteri
oggettivi  che  possano  fornire  sufficiente  giustificazione,   tra
titolare di aree valorizzate  "rilevantemente"  e  titolari  di  aree
edificabili valorizzate, anche se "non rilevantemente",  sottoponendo
solo i primi a gravosa imposizione patrimoniale e consentendo  invece
ai secondi il pieno ed esclusivo godimento  della  rendita  generata,
con esenzione totale dall'imposizione. 
    d.2)  La  norma  e'  discriminatoria  anche  sotto   il   profilo
dell'ambito applicativo e dei contenuti della previsione  urbanistica
"valorizzante".  Essa  genera  obbligazioni  pecuniarie  in  funzione
tendenzialmente  perequativa  solo  per  le   ipotesi   di   varianti
finalizzate alla realizzazione di finalita' pubbliche o di  interesse
generale, ivi comprese quelle di riqualificazione urbana,  di  tutela
ambientale, edilizia e sociale, che ovviamente  comportino  rilevante
valorizzazione   in   favore   del   proprietario,   e   del    tutto
irragionevolmente non le genera invece per le varianti o per i  nuovi
piani che siano semplicemente ispirate ad una logica  di  fisiologica
espansione urbanistica. 
    d.3) Crea ancora sperequazione tra soggetti  gia'  oggettivamente
beneficiati dalle previsioni del Piano urbanistico  "originario,  che
rimangono fuori dall'ambito di applicazione della legge e  continuano
a godere integralmente della rendita, e  soggetti  interessati  dalle
varianti o dal nuovo piano che, per  cio'  solo,  sono  obbligati  al
contributo, anche e paradossalmente in favore degli altri proprietari
originariamente beneficiati. 
    Conclusivamente, vanno dichiarate rilevanti, e non manifestamente
infondate le questioni di legittimita' costituzionale riguardanti  14
comma 16 lett. f)  della  legge  n.  122/2010  per  contrasto,  sotto
diversi e concorrenti profili, con gli artt. 3,  23,  53,  97  Cost.,
secondo quanto in premessa specificato. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta); 
    Visti gli artt. 134 Cost.; 1 legge cost. 9 febbraio 1948,  n.  1,
23 legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 14  comma  16  lett.  f)  della
legge n. 122/2010 per violazione, sotto diversi profili, dell'art.  3
23, 53, 97 Cost., secondo quanto in premessa specificato; 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio; 
    Ordina che a cura della  Segreteria  della  Sezione  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nella  camera  di  consiglio  del  giorno  5
maggio 2015 con l'intervento dei magistrati: 
        Goffredo Zaccardi, Presidente; 
        Raffaele Potenza, Consigliere; 
        Silvestro Maria Russo, Consigliere; 
        Antonio Bianchi, Consigliere; 
        Giulio Veltri, Consigliere, Estensore. 
 
                       Il Presidente: Zaccardi 
 
 
                                                  L'Estensore: Veltri