N. 309 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 luglio 2015

Ordinanza del 20 luglio 2015 del Tribunale  amministrativo  regionale
per il  Lazio  sul  ricorso  proposto  da  Soc.  Agricola  Fotosolara
Bonnanaro Srl contro Ministero dello sviluppo  economico,  Presidenza
del Consiglio dei ministri e GSE -  Gestore  dei  servizi  energetici
Spa. . 
 
Energia - Interventi  sulle  tariffe  incentivanti  dell'elettricita'
  prodotta da impianti fotovoltaici - Previsione, a decorrere dal  1°
  gennaio 2015, che la tariffa incentivante  per  l'energia  prodotta
  dagli  impianti  di  potenza  nominale  superiore  a  200   KW   e'
  rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base di  una  delle  tre
  opzioni indicate nel decreto-legge censurato. 
- Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni  urgenti  per  il
  settore  agricolo,  la  tutela   ambientale   e   l'efficientamento
  energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio  e
  lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle
  tariffe  elettriche,  nonche'  per  la  definizione  immediata   di
  adempimenti derivanti dalla  normativa  europea),  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, art.  26,  comma
  3. 
(GU n.52 del 30-12-2015 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  14762  del  2014,  proposto  dalla  Soc  Agricola
Fotosolara  Bonnanaro  Srl,  rappresentata  e  difesa  dagli   avv.ti
Francesco Saverio  Marini,  Andrea  Sticchi  Damiani,  con  domicilio
eletto presso lo studio dell'avv. Francesco Saverio Marini  in  Roma,
Via dei Monti Parioli, 48; 
    Contro: 
    Ministero dello sviluppo economico, Presidenza del Consiglio  dei
Ministri,  rappresentati  e   difesi   per   legge   dall'Avvocatura,
domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
    Gse - Gestore dei Servizi Energetici Spa; 
    Per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia: 
    del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17  ottobre
2014,  recante  "Modalita'  per  la   rimodulazione   delle   tariffe
incentivanti   per   l'energia   elettrica   prodotta   da   impianti
fotovoltaici, in attuazione dell'art.  26,  comma  3,  lett.  b)  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n.  91,  convertito  con  modificazioni
nella legge n. 116/2014, mediante il quale sono stati  individuati  i
criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi; 
    delle "istruzioni operative  per  gli  interventi  sulle  tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi  dell'art.
26 della legge n. 116/2014 (c.d. Legge competitivita')"  nella  parte
in cui prevedono la  rimodulazione  degli  incentivi  spettanti  agli
impianti fotovoltaici  con  potenza  nominale  superiore  ai  200  kw
secondo una delle tre opzioni previste dall'art.  26,  comma  3,  del
decreto-legge 24 giugno 2014 n.  91  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116; 
    per l'accertamento: 
    del diritto della ricorrente a non esercitare nessuna  delle  tre
opzioni di riduzione dell'incentivo riconosciuto per la produzione di
energia elettrica da impianto solare fotovoltaico, previste dall'art.
26, comma 3, lett. b)  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91,
convertito con modificazioni nella legge n. 116/2014, 
    del conseguente diritto a conservare le  condizioni  contrattuali
stabilite  nella  Convenzione   stipulata   con   il   GSE   per   il
riconoscimento  delle  tariffe  incentivanti  per  la  produzione  di
energia elettrica da impianti solari fotovoltaici; 
    nonche'  per  la  concessione  di  idonee  misure  cautelari  che
consentano alla ricorrente di non esercitare alcuna delle tre opzioni
previste dall'art. 26, comma 3, del d.l. n. 91/2014  conv.  legge  n.
116/2014 senza incorrere nell'acquiescenza rispetto  all'applicazione
dell'opzione c); 
    nonche' per il risarcimento dei  danni  subiti  e  subendi  dalla
ricorrente, da determinarsi in corso  di  causa  o  da  quantificarsi
anche in via equitativa dal Collegio. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  dello
sviluppo economico e di Presidenza del Consiglio dei ministri; 
    Relatore nell'udienza  pubblica  del  giorno  19  marzo  2015  la
dott.ssa Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                                Fatto 
 
    Con ricorso, notificato alle amministrazioni in  epigrafe  il  14
novembre 2014 e depositato il successivo  27  novembre,  la  societa'
ricorrente, titolare di un impianto fotovoltaico con potenza nominale
superiore a 200 kw, il  quale  fruisce  delle  tariffe  incentivanti,
previste dal DM 19 febbraio 2007, riconosciute in base all'art. 7 del
d.lgs.  n.  387/2003,  secondo  le  modalita'  previste  in  apposita
convenzione di diritto privato  stipulata  con  il  GSE,  propone  il
presente    gravame    con    il    quale,    previo     accertamento
dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3, del d.l. n.
91/2014, come modificato dalla legge n. 116/2014, chiede: 
    l'annullamento del decreto del Ministro dello sviluppo  economico
del 17 ottobre 2014, recante "Modalita' per  la  rimodulazione  delle
tariffe incentivanti per l'energia  elettrica  prodotta  da  impianti
fotovoltaici, in attuazione dell'art.  26,  comma  3,  lett.  b)  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n.  91,  convertito  con  modificazioni
nella legge n. 116/2014, mediante il quale sono stati  individuati  i
criteri e le  percentuali  di  rimodulazione  degli  incentivi  e  le
"Istruzioni operative per gli interventi sulle  tariffe  incentivanti
relative agli impianti fotovoltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della
legge n. 116/2014 (c.d. Legge competitivita')"; 
    l'accertamento  dell'illegittimita'  dell'obbligo  imposto   alla
ricorrente  di  esercitare  una  delle  tre  opzioni   di   riduzione
dell'incentivo riconosciuto per la produzione di energia elettrica da
impianto solare fotovoltaico, previste dall'art. 26, comma  3,  lett.
b)  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91,   convertito   con
modificazioni nella legge n. 116/2014; 
    l'accertamento  del  conseguente  diritto  della   ricorrente   a
conservare le condizioni  contrattuali  stabilite  nella  Convenzione
stipulata con il GSE per il riconoscimento delle tariffe incentivanti
per  la  produzione  di  energia   elettrica   da   impianti   solari
fotovoltaici; 
    l'accertamento dell'insussistenza del potere del GSE di applicare
automaticamente l'opzione c) di cui all'art. 26, comma 3, del d.l. n.
91/2014 conv. legge n. 116/2014, nel caso in cui  la  ricorrente  non
provveda a comunicare quale opzione intende esercitare  entro  il  30
novembre 2014; 
    il risarcimento dei danni subiti e subendi,  da  determinarsi  in
corso di causa  o  da  quantificarsi  anche  in  via  equitativa  dal
Collegio. 
    La  ricorrente  chiede  al  Tribunale,  in  via  preliminare,  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  26,
comma  3,  del  d.l.  n.  91/2014,  conv.  legge  n.  116/2014,   per
violazione: 
    degli  artt.  3  e  41  Cost.  e  del  principio  del   legittimo
affidamento; 
    degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. in relazione alle norme e ai
principi comunitari ed internazionali; 
    dell'art. 117,  comma  1,  Cost.  in  relazione  all'art.  1  del
Protocollo addizionale n. 1 della CEDU; 
    dell'art. 77 Cost. 
    Il  Ministero  dello  sviluppo  economico  e  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri si sono costituiti e, con memoria,  depositata
il 15 dicembre 2014 eccepiscono l'inammissibilita' della  domanda  di
mero  accertamento  e   controdeducono   sulla   legittimita'   della
disposizione di cui all'art. 26, d.l. n. 91/2014. 
    Alla pubblica udienza del 19  marzo  2015  il  ricorso  e'  stato
trattenuto in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. Con separata sentenza parziale, ai sensi dell'art. 33 comma 1,
del codice del processo amministrativo, il Tribunale ha  definito  le
questioni  pregiudiziali  relative  alla  giurisdizione  del  giudice
amministrativo ed all'ammissibilita' dell'azione di accertamento. 
    Con la presente ordinanza il Tribunale solleva  la  questione  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  26,  comma  3,  del  d.l.  n.
91/2014, convertito nella legge n. 116/2014, il  quale  ha  previsto,
per i soli impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a  200
kW, come quelli di cui e' titolare la ricorrente, la rideterminazione
degli incentivi in  misura  ridotta  rispetto  a  quelli  attualmente
praticati in base alle convenzioni stipulate dalla ricorrente con  il
GSE ed ancora in corso, per violazione degli artt. degli artt. 3 e 41
e del principio del legittimo affidamento; 11 e 117, comma  1,  Cost.
in relazione alle norme e ai principi comunitari  ed  internazionali;
dell'art. 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 1 del  Protocollo
addizionale n. 1 della CEDU; dell'art. 77 Cost. 
    Oggetto della domanda proposta con il ricorso  e'  l'accertamento
del diritto della ricorrente a non esercitare nessuna  delle  opzioni
previste dalla norma censurata, mantenendo le  condizioni  tariffarie
previste dalle convenzioni  in  essere,  nonche'  l'annullamento  dei
provvedimenti emanati in attuazione dell'art. 26, comma  3,  d.l.  n.
91/2014, previa rimessione alla Corte costituzionale della  questione
di legittimita' della disposizione citata. 
    L'art.   26   citato,   rubricato   "Interventi   sulle   tariffe
incentivanti dell'elettricita' prodotta  da  impianti  fotovoltaici",
ha, infatti, previsto che " A  decorrere  dal  1°  gennaio  2015,  la
tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza
nominale superiore a 200 kW e' rimodulata, a  scelta  dell'operatore,
sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al  GSE  entro
il 30 novembre 2014: 
    a) la tariffa e' erogata per un periodo di  24  anni,  decorrente
dall'entrata in esercizio  degli  impianti,  ed  e'  conseguentemente
ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione  indicata  nella
tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
    b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa
e'  rimodulata  prevedendo  un  primo  periodo  di  fruizione  di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; 
    c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa
e' ridotta di una quota percentuale dell'incentivo riconosciuto  alla
data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua
del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantita': 
    1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
    2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
    3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 900 kW. 
    In assenza  di  comunicazione  da  parte  dell'operatore  il  GSE
applica l'opzione di cui alla lettera c)". 
    2. In punto di rilevanza, il Tribunale ritiene che  la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art.  26  del  d.l.  n.  91/2014,
convertito  nella  legge  n.   116/2014,   sia   pregiudiziale   alla
risoluzione della controversia. 
    La domanda proposta in giudizio ha, infatti, ad oggetto: 
    a)  l'annullamento  del  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo
economico del 17 ottobre 2014, emanato in applicazione  dell'art.  26
comma 3 d. l. n. 91/2014, con cui sono stati individuati i criteri  e
le percentuali di rimodulazione degli incentivi, e delle  "Istruzioni
operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli
impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014"
pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito internet in data 03/11/2014; 
    b) l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle  tre
opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di  energia
elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26 comma 3° lettere a), b)
e c) d.l.  n.  91/2014,  del  diritto  di  conservare  le  condizioni
contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con  il  G.S.E.  e
dell'insussistenza del  potere  del  G.S.E.  di  applicare  l'opzione
prevista dall'art. 26 comma 3° lettera c) citato nel caso di  mancato
esercizio, entro  il  30  novembre  2014,  delle  opzioni  di  scelta
previste dalla disposizione in esame. 
    In ordine alla domanda di accertamento questo Tribunale,  con  la
sentenza  parziale  sopra  menzionata,  si   e'   pronunciato   sulla
ammissibilita'  della  stessa,  trattandosi  di  tecnica  di   tutela
consentita  dalla  natura  di  diritto  soggettivo  della  situazione
giuridica azionata ed identificabile nella pretesa all'incentivo come
quantificato  nelle  convenzioni  "di  diritto  privato"   menzionate
dall'art. 24, comma 2, lett. b) del decreto legislativo n. 28/2011. 
    L'azione di accertamento deve,  peraltro,  ritenersi  ammissibile
anche nel caso in cui la posizione giuridica fosse da qualificarsi di
interesse legittimo, ove la predetta tecnica di  tutela  rappresenti,
come nel caso sub judice,  l'unica  idonea  a  garantire  una  tutela
adeguata ed efficace (cfr. Ad. Pl. 15/2011). 
    Nella fattispecie in esame l'interesse e' quello di rimuovere  un
pregiudizio derivante, non dall'incertezza, ma da  una  modificazione
della realta' giuridica e la tutela richiesta comporta una  ulteriore
attivita' giuridica e materiale. 
    L'ipotesi rientra  nell'ambito  delle  azioni  costitutive  o  di
accertamento-costitutive alle quali ha fatto riferimento la Corte  di
cassazione, con ordinanza  n.  12060/2013,  quando  ha  sollevato  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  delle  norme  elettorali
accolta dalla Corte costituzionale con la sentenza 1/2014. 
    La Cassazione, con argomentazioni che si  adattano  perfettamente
al caso in oggetto, ha affermato che "ci sono  leggi  che  creano  in
maniera  immediata  restrizioni  dei  poteri  o  doveri  in  capo   a
determinati soggetti, i quali nel momento  stesso  in  cui  la  legge
entra in vigore si trovano gia' pregiudicati da esse,  senza  bisogno
dell'avverarsi di un fatto che trasformi l'ipotesi legislativa in  un
concreto  comando.  In  tali  casi  l'azione  di  accertamento   puo'
rappresentare   l'unica   strada   percorribile   per    la    tutela
giurisdizionale di  diritti  fondamentali  di  cui,  altrimenti,  non
sarebbe possibile una tutela ugualmente efficace e diretta". 
    Nella fattispecie all'esame di  questo  Tribunale  l'esigenza  di
tutela giurisdizionale e' qualificata  dal  fatto  che  la  posizione
della  ricorrente  viene  incisa  da  una  vera  e  propria  legge  -
provvedimento e sono tali, secondo la  giurisprudenza  costituzionale
(tra le altre Corte cost. n. 275/2013),  quelle  le  che  «contengono
disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze n. 154  del
2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero «incidono su un numero
determinato e limitato di destinatari» (sentenza n. 94 del 2009), che
hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n.
270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e  n.
2 del 1997), «anche  in  quanto  ispirate  da  particolari  esigenze»
(sentenze n. 270 del 2010 e  n.  429  del  2009),  e  che  comportano
l'attrazione alla sfera legislativa «della disciplina  di  oggetti  o
materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa»  (sentenze
n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)". 
    Sempre  in  relazione   alla   rilevanza   della   questione   di
legittimita' costituzionale va evidenziato che, oltre alla domanda di
accertamento, la  ricorrente  ha  proposto  una  domanda  caducatoria
avente ad oggetto atti emanati in attuazione  dell'art.  26  d.l.  n.
91/2014  (la  cui  conformita'  alla  Costituzione  e'   oggetto   di
contestazione) che nella fattispecie  riveste  ruolo  e  funzione  di
norma   legittimante   l'esercizio    del    potere    amministrativo
estrinsecatosi con l'adozione degli atti impugnati. 
    In  quest'ottica  deve  essere  precisato  che   il   legislatore
dell'emergenza, con l'art. 26 del d.l. n.  91/2014,  non  attribuisce
all'amministrazione nessun margine di  apprezzamento  del  sacrificio
imposto  ai  privati  che  hanno  stipulato  le  convenzioni  per  la
produzione di energia a tariffa agevolata,  fissando,  con  norma  di
legge primaria, anche le modalita' con le quali operare le  riduzioni
tariffarie spettanti a destinatari ben  individuati  (i  titolari  di
impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 KW),  cosi'
rendendo  meramente  applicativi  i   provvedimenti   con   i   quali
l'Amministrazione redigera' le Tabelle contenenti i  coefficienti  di
rimodulazione e le Istruzioni Operative. 
    In nessun caso, ovvero qualunque sia l'opzione  prescelta  ed  il
contenuto dell'attivita' amministrativa affidata dal  legislatore  al
Ministro  dello  sviluppo  economico,  verranno  meno  le   riduzioni
tariffarie peggiorative rispetto  alle  agevolazioni  previste  nelle
convenzioni in essere. 
    Pur  prevedendo  tre  distinte  opzioni,  riservate  al  titolare
dell'impianto e da esercitare entro il 30 novembre 2014, in  tutti  i
casi  ivi  previsti  il  regime  incentivante  che  spetterebbe  alla
ricorrente  sarebbe  peggiore  di  quello  attualmente   in   essere,
destinato, prima dell'introduzione di tale previsione, a regolare  il
rapporto fino alla scadenza. 
    L'opzione sub a) prevede che l'incentivo  venga  erogato  per  un
periodo di 24, contro  gli  attuali  20,  ma  in  misura  ridotta  in
percentuale variabile in ragione del  periodo  residuo  (25%  il  12°
anno, il 23% il 13°, fino al 17% il 19°). 
    Il prolungamento per quattro anni non compensa della decurtazione
dell'incentivo per il residuo periodo tutti quegli impianti che hanno
un lungo periodo residuo (15-12), senza considerare  che  l'incentivo
e' commisurato alla  vita  media  degli  impianti  e  che  nel  tempo
aumentano i costi per il mantenimento in efficienza degli stessi. 
    L'opzione sub  b)  e'  parimenti  peggiorativa  ove  prevede  una
riduzione della tariffa per un primo periodo ed  un  pari  incremento
nel secondo, atteso che il rendimento di tali impianti nei primi anni
di attivita' e' sensibilmente maggiore. 
    L'opzione sub c) e' manifestamente peggiorativa  laddove  prevede
un  taglio  dal  6%  all'8%  per  il  residuo   periodo   di   durata
dell'incentivazione. 
    Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile  alla  posizione
di   parte   ricorrente,    consegue    all'immediata    operativita'
dell'obbligo, imposto dall'art. 26  comma  3°  d.l.  n.  91/2014,  di
scelta di uno dei tre regimi peggiorativi previsti dalla norma. 
    Dal momento che la lesione consegue alla mera entrata  in  vigore
della   norma,   che   non   necessita   per   la   sua    attuazione
dell'intermediazione del potere amministrativo del  Ministero  o  del
Gestore, ove e'  previsto  che,  nell'ipotesi  di  mancato  esercizio
dell'opzione, agli operatori economici si applica la rimodulazione di
cui alla lettera c) del terzo comma dell'art. 26 d.l. n. 91/2014,  la
norma e' autoapplicativa. 
    Anche l'intervento del GSE, previsto dalla disposizione in esame,
e' finalizzato alla sola quantificazione in concreto, con riferimento
alle   percentuali   di   riduzione   gia'   fissate   dalla   norma,
dell'incentivo risultante  dall'opzione  sub  c),  applicata  in  via
imperativa dalla  legge,  senza  lasciare  margini  ad  una  autonoma
manifestazione di volonta' nella sua applicazione. 
    La norma  censurata,  inoltre,  per  il  suo  contenuto  univoco,
specifico ed immediatamente lesivo degli interessi economici dei suoi
destinatari non si  presta  in  alcun  modo  ad  una  interpretazione
costituzionalmente orientata, imponendo la rimessione della questione
alla Corte costituzionale al fine  di  valutarne  la  conformita'  al
canone di ragionevolezza e non arbitrarieta'. 
    Per quanto sopra osservato, pertanto, la questione e' rilevante. 
    3. Quadro normativo relativo all'incentivazione della  produzione
elettrica da fonte solare. 
    In ordine alla non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale,  occorre  preliminarmente  esporre   il
quadro normativo nel quale iscrivere la disposizione di cui  all'art.
26 del decreto-legge n. 91/2014 -  contenente  "Disposizioni  urgenti
per il settore agricolo, la  tutela  ambientale  e  l'efficientamento
energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo
sviluppo delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle
tariffe  elettriche,  nonche'  per  la   definizione   immediata   di
adempimenti derivanti dalla normativa  europea"  -  convertito  nella
legge n. 116/2014. 
    La norma in oggetto si inserisce nell'ambito  della  legislazione
nazionale  e  sovranazionale  di  promozione  dello  sviluppo   della
produzione di energia da fonte rinnovabile. 
    Quest'ultima, legata come e' al  miglioramento  delle  condizioni
ambientali  e   climatiche,   non   confinabili   all'interno   della
regolamentazione dei singoli stati, prende le mosse  dagli  obiettivi
fissati da Protocollo di Kyoto, firmato nel dicembre 1997, ratificato
dall'Italia con legge n. 120 del 2002 ed approvato con decisione  del
Consiglio 2002/358/CE del 25 aprile 2002. 
    3.1 Il Protocollo di Kyoto. 
    Il protocollo impegnava gli Stati  firmatari  ad  adempiere  agli
impegni di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni di
gas serra (in media dell'8% per l'Europa entro il 2012), mediante  la
promozione  e  la  maggiore  utilizzazione   di   forme   energetiche
rinnovabili. 
    3.2 Le Direttive comunitarie. 
    Il  legislatore  europeo,  con  la  dir.  n.  2001/77/CE   (sulla
"promozione dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel  mercato  interno  dell'elettricita'"),  ha,  quindi,
riconosciuto "la necessita' di promuovere in via prioritaria ( tali )
fonti poiche' queste contribuiscono alla protezione  dell'ambiente  e
allo  sviluppo  sostenibile",  potendo  "inoltre  creare  occupazione
locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire
alla sicurezza degli approvvigionamenti e  permettere  di  conseguire
piu' rapidamente gli obiettivi di Kyoto" (cons. 1). 
    Di conseguenza, l'UE interviene  attraverso  l'assegnazione  agli
Stati  membri  di  "obiettivi  indicativi  nazionali  di  consumo  di
elettricita' prodotta da fonti energetiche rinnovabili", con  riserva
di  proporre  "obiettivi  vincolanti"   in   ragione   dell'eventuale
progresso rispetto all'"obiettivo indicativo  globale"  del  12%  del
consumo interno lordo  di  energia  nel  2010  (cons.  7),  ferma  la
possibilita' per ciascuno Stato membro di individuare "il regime piu'
rispondente alla sua particolare situazione"  per  il  raggiungimento
degli "obiettivi generali dell'intervento" (cons. 23). 
    In  coerenza  con  tali  finalita',  la  direttiva   all'art.   3
conferisce agli Stati membri la possibilita' di  stabilire  specifici
"regimi di sostegno", demandando alla Commissione: i)  per  un  verso
(par. 1) la  valutazione  della  coerenza  di  questi  ultimi  con  i
principi in materia di aiuti di Stato (artt. 87  e  88  Trattato  CE,
oggi  artt.  107  e  108  Trattato  UE),  "tenendo  conto  che   essi
contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli  6
e 174 del Trattato"; ii) per altro verso (par. 2),  la  presentazione
(entro il 27.10.2005) di una relazione sull'esperienza maturata e  di
un'eventuale "proposta relativa a un quadro comunitario" per i regimi
di sostegno, nonche' prevedere per i  regimi  nazionali  di  sostegno
periodi di transizione sufficienti di almeno sette anni  e  mantenere
la fiducia degli investitori". 
    Con  la  successiva  dir.  n.  2009/28/CE  ("promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE") il  legislatore
comunitario,  intendendo  procedere   attraverso   l'indicazione   di
"obiettivi nazionali obbligatori" per il raggiungimento di una  quota
pari al 20% di consumo di energia da fonti rinnovabili entro il  2020
(cons.  13)  -  obiettivi  aventi  la  "principale  finalita'",  come
precisato al cons. 14,  di  "creare  certezza  per  gli  investitori,
nonche' stimolare  lo  sviluppo  costante  di  tecnologie  capaci  di
generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile.  [...]"
-  e  ravvisata  ulteriormente  la  necessita',  stanti  le   diverse
condizioni iniziali, di tradurre l'anzidetto  "obiettivo  complessivo
comunitario"  in  obiettivi  individuali  per  ogni   Stato   membro,
"procedendo ad un'allocazione giusta e adeguata che tenga conto della
diversa situazione di  partenza  e  delle  possibilita'  degli  Stati
membri,  ivi  compreso  il  livello  attuale  dell'energia  da  fonti
rinnovabili e il mix energetico" (cons. 15), prende specificamente in
considerazione i regimi di sostegno nazionali. 
    Nel rilevare che: i diversi potenziali  in  materia  dei  singoli
stati membri e i diversi regimi nazionali di sostegno; la maggioranza
"applica regimi di sostegno che accordano sussidi solo all'energia da
fonti rinnovabili prodotta sul loro  territorio";  "per  il  corretto
funzionamento dei regimi di sostegno nazionali e' essenziale che  gli
Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi
regimi in funzione dei loro diversi potenziali", riafferma  che  "uno
strumento  importante  per  raggiungere  l'obiettivo  fissato   dalla
presente direttiva consiste nel garantire il  corretto  funzionamento
dei regimi di  sostegno  nazionali,  come  previsto  dalla  direttiva
2001/77/CE, al fine di  mantenere  la  fiducia  degli  investitori  e
permettere agli Stati membri di elaborare misure  nazionali  efficaci
per conformarsi al suddetto obiettivo [...]" (cio' anche in vista del
coordinamento tra le misure di "sostegno transfrontaliero all'energia
da fonti rinnovabili" e i regimi di sostegno nazionale  (considerando
25). 
    L'art.  3  individua  pertanto  gli  "obiettivi  e  [le]   misure
nazionali  generali  obbligatori  per  l'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili" (quello per l'Italia e' pari al 17%; cfr.  Tabella  All.
I, parte A) e  rimarca  la  possibilita'  per  gli  Stati  membri  di
utilizzare, tra l'altro, i regimi di sostegno (par. 3), definiti  dal
precedente  art.  2,  par.  2,  lett.  k),  nei   seguenti   termini:
"strumento, regime o meccanismo  applicato  da  uno  Stato  membro  o
gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l'uso  delle  energie  da
fonti rinnovabili riducendone i costi,  aumentando  i  prezzi  a  cui
possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia
di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato  di  dette
energie. Cio' comprende, ma non in via esclusiva, le sovvenzioni agli
investimenti, le esenzioni o  gli  sgravi  fiscali,  le  restituzioni
d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo  in  materia  di  energie
rinnovabili, compresi quelli che usano certificati verdi, e i  regimi
di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto
e le sovvenzioni". 
    3.3 Il recepimento delle Direttive in Italia: I Conti Energia. 
    3.3.1. Con il d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 e'  stata  recepita
in  Italia  la  direttiva  2001/77   ed   introdotte   varie   misure
incentivanti. 
    L'art. 7 del citato d.lgs. contiene disposizioni  specifiche  per
il solare e demanda a "uno o  piu'  decreti"  interministeriali  (del
Ministro  delle  attivita'  produttive,  d'intesa  con  il   Ministro
dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio  e  d'intesa  con  la
Conferenza unificata) la definizione dei "criteri" di  incentivazione
(comma 1). 
    Per l'elettricita'  prodotta  mediante  conversione  fotovoltaica
della fonte solare, le modalita' per la  determinazione  dell'entita'
dell'incentivazione, prevedono una specifica tariffa incentivante, di
importo  decrescente  e  di  durata  tali  da  garantire   una   equa
remunerazione dei costi di investimento e di esercizio". 
    I decreti ministeriali adottati in base all'art. 7, noti  con  la
denominazione  di  "conti  energia",  sono  identificati  con  numero
ordinale progressivo in relazione alle versioni via via succedutesi: 
        I°  conto  energia  (dd.mm.  28.7.2005  e  6.2.2006,  recanti
distinzione delle tariffe in  relazione  alla  potenza  nominale,  se
superiore o non a 20 kW; le "tariffe decrescenti" sono  stabilite  in
dipendenza  dell'anno  in  cui  la  domanda  di   incentivazione   e'
presentata); 
    II°  conto  energia  (d.m.  19.2.2007,  che  introduce  ulteriori
incentivazioni per gli impianti integrati  architettonicamente  e  un
premio per quelli abbinati a un uso efficiente dell'energia); 
    [11.4.2008 (relativo agli impianti solari termodinamici, che  non
adottano la tecnologia fotovoltaica)] 
    III° conto energia (d.m. 6.8.2010, nelle cui premesse si  ravvisa
la necessita' di  "intervenire  al  fine  di  aggiornare  le  tariffe
incentivanti, alla luce della positiva  decrescita  dei  costi  della
tecnologia fotovoltaica, al fine di rispettare il principio  di  equa
remunerazione dei costi" ex art. 7 d.lgs.  n.  387  del  2003  e  "di
stimolare  l'innovazione  e   l'ulteriore   riduzione   dei   costi",
attraverso una "progressiva diminuzione [di dette tariffe] che, da un
lato, miri ad un allineamento graduale verso gli attuali costi  delle
tecnologie e che, dall'altro,  mantenga  stabilita'  e  certezza  sul
mercato"). 
    In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione
e' stabilita in venti anni,  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in
esercizio dell'impianto (cfr. artt. 5, comma 2, e 6,  commi  2  e  3,
d.m. 28.7.2005,; art. 6 d.m. 19.2.2007, che precisa  come  il  valore
della tariffa sia "costante in moneta corrente" per tutto il  periodo
ventennale; artt. 8, 12 e 14 d.m. 6.8.2010; l'art. 2, comma 1,  lett.
c, di quest'ultimo decreto da' la definizione della "data di  entrata
in esercizio"). 
    3.3.2 Con il successivo d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, in attuazione
della delega di cui all'art. 17, comma 1, legge 4 giugno 2010, n.  96
(l. comunit. 2009), e' stata poi recepita la dir. 2009/28. 
    Individuati all'art. 3 gli "obiettivi  nazionali",  prevede,  per
quanto qui rileva, che "la quota  complessiva  di  energia  da  fonti
rinnovabili sul consumo finale lordo di  energia  da  conseguire  nel
2020 e' pari a 17 per cento" (comma 1), obiettivo da perseguire  "con
una progressione temporale coerente con le indicazioni dei  Piani  di
azione nazionali per le  energie  rinnovabili  predisposti  ai  sensi
dell'articolo 4 della direttiva 2009/28/CE" (comma 3). 
    Ai regimi di sostegno e' dedicato il Titolo V,  aperto  dall'art.
23 sui "principi generali", ai sensi del quale: 
        "1 (...) La nuova disciplina stabilisce  un  quadro  generale
volto  alla  promozione  della  produzione  di   energia   da   fonti
rinnovabili  e  dell'efficienza  energetica  in  misura  adeguata  al
raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 3,  attraverso  la
predisposizione di criteri e strumenti  che  promuovano  l'efficacia,
l'efficienza, la  semplificazione  e  la  stabilita'  nel  tempo  dei
sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo  l'armonizzazione
con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione  degli  oneri
di sostegno specifici in capo ai consumatori. 
    2. Costituiscono ulteriori principi generali  dell'intervento  di
riordino  e  di  potenziamento  dei  sistemi  di  incentivazioni   la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.". 
    Il Capo  II  (artt.  da  24  a  26)  concerne  specificamente  la
produzione da fonti rinnovabili. 
    L'art. 24  delinea  i  "meccanismi  di  incentivazione"  per  gli
impianti che entrino in esercizio dopo il 31.12.2012 (comma 1). 
    Esso individua al comma 2, tra gli  altri,  i  seguenti  "criteri
generali": "a)  l'incentivo  ha  lo  scopo  di  assicurare  una  equa
remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; b)  il  periodo
di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile  convenzionale
delle specifiche tipologie  di  impianto  e  decorre  dalla  data  di
entrata in esercizio dello stesso; c) l'incentivo resta costante  per
tutto il periodo di diritto e puo' tener conto del  valore  economico
dell'energia  prodotta;  d)  gli  incentivi  sono  assegnati  tramite
contratti di diritto privato fra il GSE e  il  soggetto  responsabile
dell'impianto,   sulla   base   di   un    contratto-tipo    definito
dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui  al  comma  5;
[...]". 
    L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo  al  comma  1,
che  la  produzione  da  impianti  entrati  in  esercizio  entro   il
31.12.2012 e' "incentivata con i  meccanismi  vigenti  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, con i correttivi  di  cui  ai
commi successivi". 
    I commi 9 e 10 dettano i "correttivi" per gli impianti  da  fonte
solare, mentre il successivo  comma  11,  lett.  b),  n.  3,  dispone
l'abrogazione (a far  tempo  dall'1.1.2013)  dell'art.  7  d.lgs.  n.
387/03 cit. "fatti salvi i diritti acquisiti". 
    In particolare: 
    il comma 9 sancisce l'applicabilita' del III conto (d.m. 6.8.2010
cit.) alla produzione degli impianti  fotovoltaici  "che  entrino  in
esercizio entro il 31 maggio 2011"; 
    il comma 10, per gli impianti con data di  entrata  in  esercizio
successiva all'1.6.2011 -  e  fatte  salve  le  previsioni  dell'art.
2-sexies d.l. 25 gennaio 2010, n. 3 (conv. con modif. dalla legge  22
marzo 2010, n. 41) che ha esteso l'operativita'  del  II  conto  agli
impianti ultimati entro il 31.12.2010 purche' entrassero in esercizio
entro  il  30.6.2011  -,  ha  demandato  la  disciplina  del   regime
incentivante a un d.m. (del Ministro  dello  sviluppo  economico,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare, sentita la Conferenza unificata), da adottare sulla  base
dei seguenti principi: "a) determinazione di  un  limite  annuale  di
potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che  possono
ottenere le tariffe incentivanti;  b)  determinazione  delle  tariffe
incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle  tecnologie
e dei costi di impianto  e  degli  incentivi  applicati  negli  Stati
membri dell'Unione europea; c) previsione di tariffe  incentivanti  e
di quote differenziate sulla base della natura dell'area  di  sedime;
d)  applicazione  delle  disposizioni  dell'articolo  7  del  decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]". 
    In attuazione del comma 10 sono stati  adottati  gli  ultimi  due
conti energia: 
        IV conto (d.m. 5.5.2011), di cui giova richiamare: l'art.  1,
comma 2, secondo cui "[...]  il  presente  decreto  si  applica  agli
impianti fotovoltaici che entrano in esercizio in data successiva  al
31 maggio  2011  e  fino  al  31  dicembre  2016,  per  un  obiettivo
indicativo di potenza installata a livello nazionale di circa  23.000
MW, corrispondente  ad  un  costo  indicativo  cumulato  annuo  degli
incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro";  nonche'  l'art.  2,
comma 3: "al raggiungimento del minore dei valori di costo indicativo
cumulato annuo di cui all'art.  1,  comma  2,  [...]  possono  essere
riviste le modalita' di incentivazione di cui  al  presente  decreto,
favorendo in ogni caso l'ulteriore sviluppo del settore"; 
        V conto (d.m. 5.7.2012), il cui art. 1 prevede: 
    comma 1: che in attuazione dell'art. 25, comma 10, cit. (e tenuto
conto di quanto stabilito dal IV conto all'art.  2,  comma  3,  cit.)
esso  disciplina  le  modalita'  di  incentivazione  "da   applicarsi
successivamente al raggiungimento di  un  costo  indicativo  cumulato
annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro"; 
    comma 2: che l'Autorita' per l'energia elettrica  e  il  gas  (di
seguito, Aeeg o anche Aeegsi) "[...] individua  la  data  in  cui  il
costo indicativo cumulato annuo degli incentivi  [...]  raggiunge  il
valore  di  6  miliardi  di  euro  l'anno"  (precisando  al  comma  3
l'applicabilita' delle modalita' incentivanti ivi  previste  "decorsi
quarantacinque  giorni  solari  dalla  data  di  pubblicazione  della
deliberazione di cui al comma"); 
    comma 5: che lo stesso d.m. "cessa di applicarsi, in  ogni  caso,
decorsi trenta giorni solari dalla data di raggiungimento di un costo
indicativo cumulato di 6,7 miliardi di euro l'anno"  (data  parimenti
individuata dall'Aeeg). 
    L'Aeeg ha dato atto del raggiungimento di tale "costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi": 
    i) al 12.7.2012, quanto al valore di  6  miliardi  di  euro,  con
conseguente applicazione delle modalita' incentivanti del V° conto  a
decorrere dal 27.8.2012 (delib. 12.7.2012, n. 292/2012/R/EFR,  pubbl.
in pari data nel sito internet Aeeg); 
    ii) al 6.6.2013, quanto al valore di 6,7 miliardi  di  euro,  con
conseguente cessazione degli effetti del V conto al 6.7.2013" (delib.
6.6.2013, n. 250/2013/R/EFR, pubbl. in pari data nel sito internet). 
    Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti  aventi  data
di entrata in esercizio successiva al 7.7.2013. 
    Giova infine precisare che anche il IV e il V conto, analogamente
ai tre precedenti,  fissano  in  venti  anni  il  periodo  di  durata
dell'incentivazione (artt. 12, 16 e 18 d.m.  5.5.2011;  art.  5  d.m.
5.7.2012). 
    In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti,  i
vari conti energia hanno operato per i seguenti periodi: 
        I conto: 19 settembre 2005 - 30 giugno 2006; 
    II conto: 13 aprile 2007 - 31 dicembre 2010; 
    III conto: 1° gennaio 2011 - 31 maggio 2011 (cinque mesi anziche'
i 3 anni originariamente  previsti,  ossia  fino  a  tutto  il  2013,
sebbene  con  tariffe  inferiori   a   seconda   dell'annualita'   di
riferimento; cfr. artt. 1 e 8 d.m. 6.8.2010 e art. 25, comma 9 d.lgs.
n. 28/2011); 
    IV conto: 1° giugno 2011 - 26 agosto 2012; 
    V conto: 27 agosto 2012 - 6 luglio 2013. 
    Quanto  allo  strumento  giuridico  disciplinante  gli  specifici
rapporti di incentivazione, l'art. 24, comma 2, lett. d),  d.lgs.  n.
28/2011 cit.,  ha  stabilito,  come  si  e'  visto,  che  le  tariffe
incentivanti siano assegnate "tramite contratti  di  diritto  privato
fra il GSE e il soggetto  responsabile  dell'impianto  [...]",  sulla
base  di  un  "contratto-tipo"  definito  dall'Aeeg  (gli  schemi  di
"contratti-tipo"   predisposti   dal   GSE   sono   stati   approvati
dall'Autorita' con delib. 6.12.2012,  n.  516/2012/R/EFR,  pubbl.  in
pari data nel sito internet istituzionale). 
    La disposizione, direttamente riferibile al IV e al V  conto,  ha
tuttavia portata ricognitiva della situazione venutasi a  determinare
durante la vigenza dei primi tre conti,  in  relazione  ai  quali  il
Gestore risulta avere concesso i  benefici  attraverso  "convenzioni"
con gli interessati (cfr. in proposito, con riferimento al III conto,
l'art. 13, all. A, delib. Aeeg ARG/elt n.  181/2010  del  20.10.2010,
pubbl.  sul  sito  Aeeg  il  25.10.2010,  recante  previsione   della
redazione di uno schema tipo di convenzione). 
    Si tratta di atti aventi la medesima natura. 
    Tanto la "convenzione" quanto il  "contratto"  hanno  infatti  lo
scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto
responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei  rapporti
concessori,  nei  quali  accanto  al  provvedimento  di   concessione
l'amministrazione concedente e il privato  concessionario  concludono
un contratto (c.d. accessivo)  per  la  disciplina  delle  rispettive
obbligazioni. 
    3.3.3 Il contenzioso relativo al passaggio dal  Terzo  al  Quarto
Conto Energia. 
    L'entrata in vigore dell'art. 25, commi 9 e 10, d.lgs. n. 28/2011
e l'introduzione del IV conto (per gli impianti con data  di  entrata
in esercizio successiva al 31.5.2011) hanno dato origine a una  serie
di controversie aventi a oggetto, in  estrema  sintesi,  l'anticipata
cessazione degli effetti del III conto. 
    A) Con piu' pronunce di questa Sezione le azioni  proposte  dagli
interessati sono state respinte, poiche', per quanto  qui  interessa,
le contestate innovazioni riguardavano impianti non ancora entrati in
esercizio (v., ex multis, sentt. 13 febbraio 2013, n. 1578, conf.  in
appello, 26 marzo 2013, nn. 3134, 3139, 3141, 3142,  3144;  2  aprile
2013, nn. 3274 e 3276, confermate da Cons. Stato, sez. VI,  8  agosto
2014, n. 4233, e, rispettivamente, n. 4234). 
    Piu'  precisamente,  e'  stata  esclusa  l'integrazione   di   un
affidamento tutelabile sul  rilievo  della  portata  non  retroattiva
della  nuova  disciplina,  diretta  a  regolamentare  l'accesso  agli
incentivi  "soltanto  rispetto  agli  impianti  che  ancora  non   ne
fruiscano" 
    Si affermo', in tale occasione, che: "l'ammissione al  regime  di
sostegno non sortisce dal possesso del titolo  amministrativo  idoneo
alla realizzazione dell'impianto (che pure costituisce  un  requisito
essenziale a questo fine), ma dall'entrata in esercizio dell'impianto
medesimo, vale a dire dalla sua effettiva realizzazione  e  messa  in
opera"; "il d.lgs. n. 28/2011 dispone  per  l'avvenire,  individuando
quale discrimen  temporale  per  l'applicazione  delle  nuove  regole
l'entrata in esercizio al 31.5.2011 e disciplinando il  passaggio  al
Quarto conto attraverso la previsione  di  tre  periodi":  il  primo,
inteso a consentire l'accesso agli incentivi di  tutti  gli  impianti
entrati  in  esercizio  entro  il  31.8.2011,  al  fine  di  tutelare
l'affidamento  degli  operatori  che  avessero  quasi   ultimato   la
realizzazione degli impianti sotto il  vigore  del  Terzo  conto;  il
secondo,  dall'1.9.2011  al  31.12.2012,  in  cui  l'accesso  avviene
attraverso l'iscrizione nei registri; il terzo, a  regime,  dal  2013
sino alla cessazione del Quarto conto. 
    Muovendo dalla considerazione che  nell'ambito  delle  iniziative
pubbliche di promozione di specifici settori economici e'  necessario
identificare,  "sulla  base  di  elementi  dotati   di   apprezzabile
certezza, pena l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione
di possibili discriminazioni", "un momento  nel  quale  l'aspettativa
del privato si consolida  e  acquisisce  consistenza  giuridica",  e'
stata  riconosciuta  la   correttezza   dell'individuazione   di   un
"discrimen ancorato alla data di entrata in esercizio dell'impianto",
scelta da ritenere giustificata alla luce delle  caratteristiche  del
sistema incentivante in esame, "fondato sulla distinzione tra la (pur
complessa) fase di predisposizione  dell'intervento  impiantistico  e
quella (altrettanto se non piu' complessa) di sua messa in opera. 
    Ed e' questo secondo momento (l'entrata in esercizio, appunto)  a
rappresentare il fatto costitutivo del diritto  alla  percezione  dei
benefici, "cio' che si spiega alla luce della generale finalita'  del
regime di sostegno (produzione di energia  da  fonte  rinnovabile)  e
dell'esigenza,  a  tale  scopo   strumentale,   che   le   iniziative
imprenditoriali si traducano in azioni concrete ed effettive". 
    Si e' rilevato che in quelle ipotesi "piu' che  l'interesse  alla
conservazione di un assetto che ha  prodotto  effetti  giuridicamente
rilevanti" venivano in rilievo scelte imprenditoriali  effettuate  in
un momento nel quale le stesse, a giudizio di  chi  le  compiva,  "si
sarebbero  rivelate  foriere  di  flussi  reddituali  positivi",  non
risultando in concreto ravvisabili elementi tali da deporre nel senso
dell'immutabilita'   del   contributo   pubblico   al   settore    in
considerazione. 
    "Cio' in quanto le autorita' pubbliche hanno reputato di  ovviare
a una situazione di inefficienza del mercato (market  failure)  (...)
attraverso l'attivazione di specifici meccanismi  di  redistribuzione
delle risorse, individuati all'esito della consueta  ponderazione  di
tutti gli interessi in  rilievo,  ivi  inclusi  quelli  di  cui  sono
portatori, a es., gli utenti di energia elettrica (che attraverso  la
componente A3 della bolletta finanziano in larga misura gli incentivi
[...]) o anche i produttori da fonti convenzionali"  (cfr.  sent.  13
agosto 2012, n. 7338). 
    Ed e' stata esclusa la dedotta lesione del legittimo  affidamento
degli operatori alla stregua dell'orientamento  della  giurisprudenza
europea  e  della  disamina  degli  elementi  di  fatto  in  concreto
rilevanti, attestanti, in  sintesi,  una  situazione  di  esubero  di
"offerta"   di   produzione   da   fotovoltaico   (c.d.   "boom   del
fotovoltaico") in presenza di una consistente diminuzione  dei  costi
(con particolare riferimento alle componenti base degli impianti). 
    Sotto questo profilo, e' stata richiamata la sentenza della Corte
di  giustizia  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,  Plantanol,
concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale
per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito: 
    a)  che  il  principio  di  certezza  del  diritto  non   postula
l'"assenza di modifiche legislative", richiedendo "piuttosto  che  il
legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli  operatori
economici  e  preveda,  eventualmente,  adattamenti  all'applicazione
delle nuove norme giuridiche" (punto 49); 
    b) che la possibilita' di far  valere  la  tutela  del  legittimo
affidamento e' bensi' "prevista  per  ogni  operatore  economico  nel
quale   un'autorita'   nazionale   abbia   fatto   sorgere    fondate
aspettative", ma non "qualora  un  operatore  economico  prudente  ed
accorto sia in grado di  prevedere  l'adozione  di  un  provvedimento
idoneo a ledere i suoi interessi" (nel caso in cui  il  provvedimento
venga  adottato);  in  tale  prospettiva,  inoltre,  "gli   operatori
economici  non  possono   fare   legittimamente   affidamento   sulla
conservazione di una situazione esistente che puo' essere  modificata
nell'ambito  del  potere  discrezionale  delle  autorita'  nazionali"
(punto 53),  spettando  al  giudice  nazionale,  in  una  valutazione
globale  e  in  concreto  delle  pertinenti   circostanze   fattuali,
stabilire se l'impresa ricorrente disponga "come operatore prudente e
accorto, [...] di elementi sufficienti per consentirle di  aspettarsi
che il regime di esenzione fiscale  di  cui  trattasi  fosse  abolito
prima  della  data  iniziale  prevista  per  la  sua  scadenza",  non
sussistendo - giova ribadire - preclusioni derivanti dai canoni della
certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento  (punti
67 e 68). 
    Questo Tribunale ha poi escluso la lesione dei suddetti  principi
di legittimo affidamento e di certezza del diritto, alla  luce  delle
recenti notevoli modifiche subite negli anni piu' recenti dal settore
con riduzione dei costi delle componenti ed aumento progressivo delle
potenze installate. 
    In tale contesto  un  operatore  "prudente  ed  accorto"  avrebbe
dovuto essere consapevole delle possibili  evoluzioni  normative,  in
virtu' della intrinseca mutevolezza dei regimi di  sostegno  e  delle
modalita'  con  le  quali  sono  stati  articolati  falle   autorita'
pubbliche nazionali fin dal Primo Conto  Energia,  vale  a  dire  per
periodi limitati e con ripetuti interventi a breve distanza  (quattro
in cinque anni dal luglio  2005  all'agosto  2010),  e  del  prossimo
raggiungimento  della  "grid  parity"  degli  impianti   fotovoltaici
rispetto a quelli convenzionali. 
    B. Il Consiglio di Stato ha condiviso  tale  impostazione  (nelle
sentenze d'appello sinora intervenute) negando la sussistenza  di  un
"legittimo affidamento tutelabile", atteso che nel  caso  portato  al
suo esame non si  controverteva  di  "provvedimenti  e  diritti  gia'
legittimamente acquisiti sulla base della normativa anteriore" e  non
risultando  che  l'amministrazione  pubblica  avesse  "orientato   le
societa' ricorrenti verso comportamenti negoziali che altrimenti  non
avrebbero tenuto". 
    Ne' e'  stata  riscontrata  la  sussistenza  di  un  investimento
meritevole di  essere  salvaguardato,  posto  che  "la  rimodulazione
legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa  ma  conosciuta
dagli operatori (accorti) del  settore  come  in  itinere  (la  nuova
direttiva comunitaria e' infatti del 2009)". 
    Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che mancassero "i
fondamentali causali di un legittimo e ragionevole  affidamento,  non
essendo infatti intervenuta in vicenda nessuna inosservanza da  parte
della pubblica amministrazione statale della disciplina comunitaria e
nazionale  ovvero  alcuna  condotta,  omissiva   o   commissiva,   in
violazione di una specifica norma dalla  materia  di  settore  posta,
oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e
di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme  la  volonta'
di legge" (cosi' Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2014,  n.  4233  e  n.
4234). 
    Sempre  sulla  medesima  questione,  il  Consiglio  di  Stato  ha
disatteso la prospettazione  degli  operatori  sulla  portata  lesiva
delle innovazioni reputando manifestamente infondate le questioni  di
legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme  del  d.lgs.
n. 28/2011, "dovendosi ritenere che la violazione  del  diritto  alla
iniziativa economica, cosi' come dei principi di buon andamento e  di
parita' di trattamento, si concretino solo allorquando la nuova norma
incida  in  modo  peggiorativo  su  aspettative   qualificate,   gia'
pervenute, pero', ad un livello di consolidamento  cosi'  elevato  da
creare un affidamento costituzionalmente protetto alla  conservazione
di quel trattamento, tale da prevalere su vincoli di  bilancio  e  di
buona  amministrazione  o  sulla  revisione  prevista  di  precedenti
politiche economiche pubbliche". 
    Cio' sul rilievo che la disciplina del IV  conto  "non  tocca  le
iniziative gia' avviate (quelle per cui gli impianti sono entrati  in
esercizio al 31 maggio 2011) e introduce una ragionevole  distinzione
tra le diverse situazioni di fatto, operando  una  distinzione  sulla
base della data di entrata in esercizio degli impianti [...]" (cosi',
da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2015, n. 1043). 
    Del pari il  Giudice  d'appello  ha  confermato  le  pronunce  di
reiezione delle domande avanzate da alcuni soggetti destinatari degli
incentivi del V conto dirette  a  ottenere  l'applicazione  del  IV°,
rilevando altresi': 
    l'impossibilita' di invocare  le  tutela  dei  "diritti  quesiti"
accordata dall'art. 25, comma 11, d.lgs.  n.  28/2011,  perche'  (tra
l'altro) "nella specie, il diritto  non  era  sorto",  rientrando  la
disciplina sopravvenuta nel rischio d'impresa nel momento in  cui  il
'boom del fotovoltaico' si e' espresso in  un  numero  di  iniziative
verosimilmente superiore a quello previsto dai  soggetti  pubblici  e
dagli stessi operatori privati del settore"; 
    l'infondatezza della doglianza  in  ordine  alla  "retroattivita'
della imposizione patrimoniale introdotta con l'art. 10, comma 4, del
d.m. 5 luglio 2012" a far tempo dall'1.1.2011 e a carico di  tutti  i
soggetti beneficiari delle incentivazioni (ai fini  della  "copertura
degli oneri di gestione, verifica e controllo in capo  al  GSE"),  in
quanto "l'impianto era gia' entrato in esercizio, ma esso non  godeva
ancora di alcun incentivo, cosicche' sarebbe improprio  dire  che  la
norma  vada  a  modificare  in  peggio   una   situazione   giuridica
consolidata" (cosi', ex aliis, Cons. Stato, sez, IV, 29 gennaio 2015,
n. 420, confermativa della sentenza di  questa  Sezione  14  novembre
2013, n. 9749). 
    3.4. I successivi interventi del legislatore nazionale. 
    Dopo la cessazione dei conti energia il legislatore nazionale  e'
intervenuto nuovamente sul settore, dapprima col d.l. n.  145/2013  e
poi con il d.l. oggi in esame. 
    3.4.1. Il d.l. n. 145/2013: lo "spalma-incentivi volontario". 
    Con il d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, c.d. "Destinazione  Italia"
("Interventi urgenti di avvio del piano 'Destinazione Italia', per il
contenimento   delle   tariffe   elettriche   e    del    gas,    per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015", convertito in legge, con modif., dalla legge 21  febbraio
2014, n. 9), il  legislatore  nazionale  introduce  all'art.  1  (tra
l'altro) "disposizioni per la  riduzione  dei  costi  gravanti  sulle
tariffe elettriche", prevedendo, "al fine di contenere l'onere  annuo
sui prezzi e sulle tariffe elettriche degli  incentivi  alle  energie
rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel  medio-lungo
termine dagli esistenti impianti" (commi da 3 a 5) un  meccanismo  di
rimodulazione degli incentivi, tale  che  "i  produttori  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti  che  beneficiano
di  incentivi  sotto  la  forma   di   certificati   verdi,   tariffe
omnicomprensive  ovvero  tariffe  premio  possono,  per  i   medesimi
impianti, in misura alternativa: a) continuare a  godere  del  regime
incentivante spettante per il periodo di diritto  residuo  [...];  b)
optare  per  una  rimodulazione  dell'incentivo  spettante,  volta  a
valorizzare l'intera vita utile dell'impianto" e  con  un  incremento
del periodo dell'incentivazione di 7 anni. 
    La relazione illustrativa (rel. al d.d.l. di conversione del d.l.
n. 91/2014, sub art. 23, A.S. n. 1541) spiega: 
    che "l'articolo contiene una serie di  interventi  finalizzati  a
ridurre in  modo  strutturale  il  costo  dell'energia  elettrica  in
Italia, (...) Senza effetti retroattivi su contratti gia' stipulati e
senza effetti depressivi sull'andamento degli investimenti, la  norma
incide su aspetti specifici dove e' possibile ridurre  la  spesa,  in
continuita' con quanto gia' varato dal Governo nel precedente decreto
'del fare'"; 
    che "il terzo intervento (commi da 3 a 6) introduce uno strumento
volontario, attivato dai singoli operatori, per distribuire nel tempo
una parte degli oneri  economici  per  l'incentivazione  delle  fonti
rinnovabili elettriche e  valorizzare  l'intera  vita  tecnica  degli
impianti, senza penalizzare gli investimenti gia' effettuati. 
    Si tratta in sostanza del c.d. "spalma-incentivi volontario"  per
come definito dalla stessa relazione illustrativa. 
    3.4.2 Il d.l. n. 91/2014: lo "spalma-incentivi obbligatorio". 
    Da ultimo e' stato adottato il d.l. 24 giugno 2014, n.  91,  c.d.
"decreto  Competitivita'",  recante  "Disposizioni  urgenti  per   il
settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico
dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e  lo  sviluppo
delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche, nonche'  per  la  definizione  immediata  di  adempimenti
derivanti dalla normativa europea" (pubbl. nella G.U. n. 144  del  24
giugno 2014, in vigore  dal  25.6.2014),  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014,  n.  116  (in  vigore  dal
21.8.2014). 
    L'art.  26,  oggi  in  esame,  reca  "interventi  sulle   tariffe
incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici" (la
disposizione,  introdotta  con  il  d.l.,  e'   stata   profondamente
modificata nel corso dell'iter di conversione). 
    Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere  suddiviso  in
quattro parti. 
i) ambito applicativo e finalita' (comma 1). 
    "1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi e  favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di  supporto  alle  energie  rinnovabili,  le  tariffe
incentivanti  sull'energia  elettrica  prodotta  da  impianti  solari
fotovoltaici,  riconosciute  in  base  all'articolo  7  del   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'articolo  25,  comma  10,
del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate secondo  le
modalita' previste dal presente articolo." 
    L'intervento si rivolge ai percettori delle tariffe  incentivanti
riconosciute in base ai conti energia ed  e'  ispirato  alla  duplice
finalita' di "ottimizzare  la  gestione  dei  tempi  di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi", cui  e'  collegato  il  comma  2,  e  di
"favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili". 
ii) modalita' di erogazione (comma 2). 
    "2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi
energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui  al  comma  1,
con rate mensili costanti, in misura  pari  al  90  per  cento  della
producibilita' media annua stimata  di  ciascun  impianto,  nell'anno
solare di produzione ed effettua il  conguaglio,  in  relazione  alla
produzione effettiva, entro il 30  giugno  dell'anno  successivo.  Le
modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla
pubblicazione del  presente  decreto  e  approvate  con  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico.". 
    La norma introduce, a far  tempo  dall'1.7.2014,  un  sistema  di
erogazione  delle  tariffe   incentivanti   secondo   il   meccanismo
acconti-conguaglio (acconto del 90% della "producibilita' media annua
stimata di ciascun impianto" nell'anno di produzione, da  versare  in
"rate mensili costanti", e  "conguaglio",  basato  sulla  "produzione
effettiva",  entro  il  30.6  dell'anno  successivo   a   quello   di
produzione). 
    A tale comma e' stata data attuazione col d.m. 16.10.2014 (pubbl.
nella G.U. n. 248 del 24.10.2014). 
iii) rimodulazione (comma 3). 
    Il comma 3 contiene le disposizioni  oggetto  di  censura,  sopra
riportate, delineando la disciplina sostanziale della  rimodulazione,
stabilendone l'operativita' a decorrere dall'1.1.2015. 
iii.1) L'ambito soggettivo  di  applicazione  e'  piu'  ristretto  di
quello contemplato dal comma 1, venendo  presi  in  considerazione  i
soli "impianti di potenza nominale superiore a 200 kW". 
    L'art. 22-bis, comma 1, d.l. 12 settembre 2014,  n.  133  (conv.,
con modif., dalla  legge  11  novembre  2014,  n.  164),  ha  operato
un'ulteriore   restrizione,   esonerando   dall'applicazione    delle
disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 gli "impianti  i  cui  soggetti
responsabili erano [alla data di entrata in  vigore  della  legge  di
conversione del d.l. n. 91/2014] enti locali o scuole". 
iii.2) La norma concede agli  operatori  la  possibilita'  di  optare
entro il 30.11.2014 fra tre modalita' alternative: 
    lett. a): estendere la durata dell'incentivazione sino a 24  anni
(decorrenti  dalla  data  di  entrata  in  esercizio  dell'impianto),
applicando le riduzioni indicate nella tabella di cui all'All.  2  al
d.l. n. 91/2014, sulla base di una proporzione inversa  tra  "periodo
residuo" (dell'incentivazione) e  "percentuale  di  riduzione".  Sono
previsti 8 scaglioni di "periodo residuo", a partire  da  "12  anni",
cui corrisponde una riduzione del 25%, sino a "19 anni e oltre",  cui
corrisponde una riduzione del 17%; 
    lett. b): ferma la durata  ventennale  dell'incentivazione,  essa
viene suddivisa in due "periodi", il primo dei quali "di fruizione di
un incentivo ridotto rispetto all'attuale" e il secondo "di fruizione
di un incentivo incrementato in ugual misura". 
    Secondo   la   disposizione,   le   relative   percentuali    (di
rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro l'1.10.2014  "in
modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi  titolo
all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno  per
il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe
vigenti". 
    A tale previsione e' stata data attuazione con il d.m. 17.10.2014
(pubbl. nella G.U. n. 248 del 24.10.2014, entrato in vigore il 25.10;
cfr. art. 2), che all'all. 1 ha indicato l'algoritmo per  determinare
l'entita' della rimodulazione; 
    lett. c): ferma  la  durata  ventennale  dell'incentivazione,  si
applica una  riduzione  "dell'incentivo  riconosciuto  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, per  la  durata  residua  del
periodo  di  incentivazione"  secondo  percentuali   determinate   in
relazione alla potenza (6% per  gli  impianti  con  potenza  nominale
maggiore di 200 e inferiore a 500  kW;  7%  per  quelli  con  potenza
superiore a 500 e inferiore a 900 kW; 8% per gli impianti con potenza
superiore a 900 kW). 
    In caso di mancato esercizio della  scelta,  la  legge  prescrive
l'applicazione di questa terza ipotesi sub c). 
    iv) misure di "accompagnamento" (commi 5-12). 
    Un altro  blocco  di  disposizioni  introduce  alcune  misure  di
"accompagnamento": 
        iv.1) finanziamenti bancari (comma 5): 
          ai sensi  del  comma  5,  il  "beneficiario  della  tariffa
incentivante di cui ai commi 3 e  4  puo'  accedere  a  finanziamenti
bancari per un importo massimo pari alla differenza  tra  l'incentivo
gia' spettante al 31 dicembre 2014 e  l'incentivo  rimodulato";  tali
finanziamenti     "possono     beneficiare,     cumulativamente     o
alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con  il  sistema
bancario, di provvista dedicata o di garanzia  concessa  dalla  Cassa
depositi e prestiti S.p.A." (CDP); a sua volta, l'esposizione di  CDP
e' garantita dallo Stato [...] secondo criteri e modalita'  stabiliti
con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia  e
delle finanze". 
    A tale disposizione e' stata data attuazione col d.m.  29.12.2014
(pubbl. nella G.U. n. 17 del 22.1.2015), che stabilisce, tra l'altro,
all'art. 1, che "e'  garantita  dallo  Stato  l'esposizione"  di  CDP
"rappresentata  da  crediti  connessi  ad  operazioni  di   provvista
dedicata o di garanzia, per i  finanziamenti  bancari  a  favore  dei
beneficiari della tariffa incentivante", ai sensi del menzionato art.
26, comma 5 (comma 1) e che la  garanzia  dello  Stato,  "concessa  a
titolo oneroso [...] diretta, incondizionata, irrevocabile e a  prima
richiesta" (comma 2), copre fino all'80% dell'ammontare. 
    iv.2) adeguamento della durata dei titoli (comma 6): 
        in riferimento all'opzione sub lett. a), "Le  regioni  e  gli
enti locali adeguano, ciascuno per  la  parte  di  competenza  e  ove
necessario, alla durata  dell'incentivo  come  rimodulata  [...],  la
validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per
la costruzione e l'esercizio degli  impianti  fotovoltaici  ricadenti
nel campo di applicazione del presente articolo"; 
    iv.3) "acquirente selezionato" (commi da 7 a 10, 12 e 13): 
        la  misura  concerne  tutti  "i  beneficiari   di   incentivi
pluriennali,  comunque  denominati,  per  la  produzione  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili" - non solo, dunque, i  produttori  da
energia solare - ,  i  quali  "possono  cedere  una  quota  di  detti
incentivi, fino ad un massimo dell'80 per  cento,  ad  un  acquirente
selezionato tra i primari operatori finanziari europei" (comma 7). 
    L'"acquirente selezionato" subentra ai beneficiari "nei diritti a
percepire gli  incentivi",  "salva  la  prerogativa"  di  Aeggsi  "di
esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti" per
un importo definito dalla stessa disposizione  (comma  8:  "a  fronte
della corresponsione di un importo pari alla rata  annuale  costante,
calcolata sulla base di  un  tasso  di  interesse  T,  corrispondente
all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per  l'acquisto  dei
diritti di un arco temporale analogo a  quello  riconosciuto  per  la
percezione degli incentivi"). 
    Essa  demanda  poi  all'AEEG:  i)  la   definizione   (entro   il
19.11.2014)  delle  inerenti  modalita'  attuative,   attraverso   la
definizione del sistema per gli acquisti e la  cessione  delle  quote
(comma 9); ii) la destinazione "a riduzione della componente A3 degli
oneri di sistema", "nel rispetto di specifici indirizzi", dettati con
decreto  del  Ministro  dello  sviluppo  economico,   dell'"eventuale
differenza  tra  il  costo  annuale   degli   incentivi"   acquistati
dall'acquirente selezionato e l'importo annuale determinato ai  sensi
del comma 8. 
    Tali provvedimenti non risultano ancora emanati. 
    L'art. 26 prevede ancora: 
    al comma 12, che "alle quote di incentivi cedute ai  sensi  delle
disposizioni di cui al comma 9 non si applicano,  a  decorrere  dalla
data di cessione, le misure di rimodulazione di cui al comma 3"; 
    al comma 13, che "l'efficacia delle disposizioni di cui ai  commi
da 7 a 12  e'  subordinata  alla  verifica  da  parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea". 
    iv.4) Infine, con il comma  11  viene  demandato  al  Governo  di
"assumere  ogni  iniziativa  utile  a  dare  piena  esecuzione   alle
disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con  il
sistema bancario per semplificare il recesso totale  o  parziale  dei
soggetti  beneficiari  di  incentivi  pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati". 
    Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato  nel  proprio
sito istituzionale le "Istruzioni operative per gli interventi  sulle
tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici"  (con  data
3.11.2014), recanti precisazioni sulle modalita' di applicazione  del
nuovo meccanismo. 
    3.4.3 Gli effetti dell'art. 26, comma  3,  del  decreto-legge  n.
91/2014. 
    Come si e' visto, le previsioni dell'art. 26, comma  3,  incidono
sugli incentivi percepiti, in base alle convenzioni stipulate con  il
GSE in attuazione dei vari conti energia, dai titolari degli impianti
fotovoltaici aventi potenza superiore a 200 kW. 
    Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari
della  norma  costituisce  una  percentuale  ridotta   dei   soggetti
percettori dei benefici. 
    Dalle  difese  dell'amministrazione  risulta   che   gli   stessi
costituirebbero una percentuale di  circa  il  4%  del  totale  degli
impianti incentivati (ca.  9.000  su  ca.  198.000),  destinatari  di
benefici pari al 60% della spesa totale per l'incentivazione (ca. 4,3
mld/anno su ca. 6,8 mld/anno). 
    Dai dati  pubblicati  dal  GSE  nel  proprio  sito  istituzionale
risulta peraltro un  numero  maggiore  di  impianti  incentivati  (al
31.7.2014 m 550.785 impianti, per  una  potenza  complessiva  di  ca.
17,731 MW, dei quali 12.264 con potenza superiore a 200 kW; cfr. sito
internet GSE, sezione "Conto Energia" - "Risultati incentivazione"  -
"Totale dei risultati"). 
    Sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni  del  comma  3
impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome
definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando  un  effetto
novativo sugli elementi della durata  o  dell'importo  delle  tariffe
incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei
costi di transazione  derivanti  dalla  necessita'  di  adeguare  gli
assetti in essere alla nuova situazione. 
    E infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di  cui  alla
lett. c), avente chiara portata negativa: 
    l'allungamento della durata divisata dalla lett. a) (estensione a
24 anni con proporzionale riduzione delle  quote  annuali),  oltre  a
comportare una differita  percezione  degli  incentivi,  di  per  se'
(notoriamente) pregiudizievole, non puo' non incidere  sui  parametri
iniziali dell'investimento, impattando anche sui  costi  dei  fattori
produttivi (si pensi a es. alle attivita' di  gestione,  alla  durata
degli eventuali finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la
disponibilita' delle  aree,  delle  assicurazioni,  ecc.),  ferma  la
necessita'   del   parallelo   adeguamento   dei   necessari   titoli
amministrativi (cfr. comma 6); 
    la  lett.  b)  determina  una  riduzione  degli  importi  per  il
quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di  "almeno  600
milioni" di euro per l'ipotesi di adesione all'opzione di  tutti  gli
interessati)  e  un  incremento  nel  periodo   successivo   (secondo
l'algoritmo definito col d.m.  17.10.2014):  poiche'  l'incentivo  e'
funzione  della  produzione,  il  fisiologico  invecchiamento   degli
impianti, assoggettati nel corso  del  tempo  a  una  diminuzione  di
produttivita', determina la non recuperabilita'  dei  minori  importi
relativi  al  periodo  2015-2019,  attraverso  gli  incrementi  delle
tariffe riferibili al periodo  successivo  (nel  quale  gli  impianti
stessi hanno minore efficienza); 
    4. Esaurito il quadro ordinamentale nel  quale  si  iscrivono  le
disposizioni di cui all'art.  26,  comma  3,  del  d.l.  n.  91/2014,
convertito  nella   legge   n.   116/2014,   ove   ha   previsto   la
rideterminazione degli incentivi, per gli  impianti  fotovoltaici  di
potenza superiore ai 200 kw, in  misura  ridotta  rispetto  a  quelli
attualmente praticati in base alle convenzioni attualmente in essere,
la questione di legittimita'  costituzionale  non  e'  manifestamente
infondata sotto i profili di seguito analizzati. 
    4.1. Violazione degli  artt.  3  e  41  Cost.:  irragionevolezza,
sproporzione e violazione del legittimo affidamento. 
    Il comma 3 dell'art. 26 d.l. n. 91/2014 risulta in contrasto  con
gli artt. 3 e  41  Cost.  laddove  incide  ingiustificatamente  sulle
consolidate  posizioni  di  vantaggio,  riconosciute  da  negozi   di
"diritto privato" e sul  legittimo  affidamento  dei  fruitori  degli
incentivi. 
    4.1.1) La questione rientra nel tema  dei  limiti  costituzionali
alle leggi di modificazione dei  rapporti  di  durata  e  della  c.d.
retroattivita' impropria,  quale  attributo  delle  disposizioni  che
introducono  "per  il  futuro  una  modificazione  peggiorativa   del
rapporto di durata", con riflessi negativi "sulla posizione giuridica
gia' acquisita dall'interessato" (C. cost. sent. n. 236/2009). 
    La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato  come  nella
propria  giurisprudenza  sia  ormai  "consolidato  il  principio  del
legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,  che  costituisce
elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo'  essere  leso
da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in   regolamento
irrazionale di situazioni sostanziali  fondate  su  leggi  anteriori"
(sent. n. 236/2009 cit. e  giurispr.  ivi  richiamata):  "nel  nostro
sistema costituzionale non e' affatto interdetto  al  legislatore  di
emanare  disposizioni  le  quali  vengano  a  modificare   in   senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti  di  durata,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il  limite
imposto  in  materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,   della
Costituzione). Unica condizione essenziale e' che  tali  disposizioni
non  trasmodino  in  un  regolamento  irrazionale,  frustrando,   con
riguardo a situazioni sostanziali  fondate  sulle  leggi  precedenti,
l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da  intendersi
quale  elemento  fondamentale  dello  Stato  di  diritto"  (sent.  n.
64/2014, che cita la sent. n. 264 del 2005, e  richiama  ,  in  senso
conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del 2009). 
    In applicazione  di  questa  pacifica  massima  -  integrata  dal
riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia  dell'Unione
europea secondo cui  "una  mutazione  dei  rapporti  di  durata  deve
ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo  «improvviso
e imprevedibile»  senza  che  lo  scopo  perseguito  dal  legislatore
imponga l'intervento (sentenza del 29 aprile 2004, in cause  C-487/01
e C-7/02)" (cosi' sent. n. 64/2014  cit.)  -  la  Corte  ha,  a  es.,
escluso  l'incostituzionalita'  di   una   normativa   diretta   alla
"variazione  dei  criteri  di   calcolo   dei   canoni   dovuti   dai
concessionari di beni demaniali" (con lo  scopo  di  consentire  allo
Stato una maggiorazione delle entrate e  di  rendere  i  canoni  piu'
equilibrati rispetto a quelli pagati a favore di  locatori  privati),
sul rilievo che  tale  effetto  non  era  "frutto  di  una  decisione
improvvisa ed arbitraria del legislatore", ma  si  inseriva  "in  una
precisa linea evolutiva nella disciplina dell'utilizzazione dei  beni
demaniali" (sent. n. 302/2010; v. anche sent. n. 64/2014, in  cui  e'
stata   giudicata   "non   irragionevole   l'opzione   normativa   di
rideterminazione del canone sulla base di fasce di utenza commisurate
alla potenza nominale degli impianti  di  derivazione  idroelettrica,
sulla quale si e' assestato nel tempo il legislatore provinciale allo
scopo di attuare un maggiore prelievo  al  progredire  della  risorsa
sottratta all'uso della collettivita', nell'ottica della piu'  idonea
preservazione delle risorse idriche", alla  luce,  tra  l'altro,  del
"dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento  normativo
sospettato di illegittimita' costituzionale"). 
    Cosi' come ha, al contrario,  (sentenza  C.  cost.  n.  236/2009)
ritenuto incostituzionale la disposizione introduttiva della graduale
riduzione e finale abolizione del periodo di fuori ruolo del  docenti
universitari (art. 2,  comma  434,  legge  n.  244/07),  ravvisandone
l'irragionevolezza, all'esito del "necessario bilanciamento"  tra  il
perseguimento della finalita' avuta di mira dalla norma "e la  tutela
da riconoscere al legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,
nutrito da quanti,  sulla  base  della  normativa  previgente,  hanno
conseguito una situazione sostanziale consolidata" (cio' alla luce di
una serie di elementi fattuali, quali  le  caratteristiche  di  detta
posizione  giuridica,  "concentrata  nell'arco   di   un   triennio",
interessante "una categoria di docenti numericamente ristretta",  non
produttiva di "significative ricadute sulla  finanza  pubblica",  non
rispondente "allo scopo di  salvaguardare  equilibri  di  bilancio  o
altri aspetti di pubblico interesse"  e  neppure  potendosi  definire
"funzionale  all'esigenza  di  ricambio  generazionale  dei   docenti
universitari", con  sacrificio  pertanto  "ingiustificato  e  percio'
irragionevole,   traducendosi   nella   violazione   del    legittimo
affidamento - derivante da un formale provvedimento amministrativo  -
riposto nella possibilita' di portare a termine, nel tempo  stabilito
dalla legge, le funzioni loro conferite e, quindi,  nella  stabilita'
della posizione giuridica acquisita"). 
    Del pari, con sentenza n. 92 del 2013, la Corte costituzionale ha
accolto la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  38,
commi 2, 4, 6 e 10  del  decreto-legge  30  settembre  2003  n.  269,
contenente "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo  e  per  la
correzione  dell'andamento  dei  conti  pubblici",  convertito,   con
modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326. 
    In tale occasione la Corte,  dopo  avere  richiamato  la  propria
giurisprudenza in materia di legittimita' delle  norme  destinate  ad
incidere su rapporti di durata, ha ricordato che cio' che rileva  e',
non soltanto "il generico affidamento  in  un  quadro  normativa  dal
quale  scaturiscano  determinati   diritti,   ma   quello   specifico
affidamento in un fascio di  situazioni  (giuridiche  ed  economiche)
iscritte in un rapporto convenzionale regolato  iure  privatorum  tra
pubblica amministrazione" ed una determinata  categoria  di  soggetti
(nella fattispecie  erano  i  titolari  di  aziende  di  deposito  di
vetture) secondo una specifica disciplina in ossequio alla  quale  le
parti hanno raggiunto l'accordo e assunto le rispettive obbligazioni. 
    La Corte continua affermando che "l'affidamento  appare  qui,  in
altri termini, rivolto non tanto alle astratte norme  regolative  del
rapporto o alla relativa loro sicurezza quanto piuttosto al  concreto
contenuto dell'accordo e dei reciproci e  specifici  impegni  assunti
dalle parti al momento della stipula della convenzione. 
    Da  cio'  consegue  che  il  vaglio   di   ragionevolezza   della
trasformazione a cui sono assoggettati i rapporti  negoziali  di  cui
alla disposizione denunciata deve  avvenire  non  sul  piano  di  una
astratta ragionevolezza della  volonta'  normativa  quanto  piuttosto
"sul terreno della ragionevolezza  complessiva  della  operazione  da
apprezzarsi nel quadro di un altrettanto ragionevole  contemperamento
degli interessi che risultano nella  specie  coinvolti,  al  fine  di
evitare che "una generalizzata esigenza di contenimento della finanza
pubblica   possa   risultare   sempre    e    comunque,    e    quasi
pregiudizialmente, legittimata a  determinare  la  compromissione  di
diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi,  sia
individuali, sia anche collettivi". 
    La conclusione e' che "la disposizione retroattiva, specie quanto
determini  effetti  pregiudizievoli  rispetto  a   diritti   soggetti
perfetti che trovino la loro base in rapporti  di  durata  di  matura
contrattuale o convenzionale - pubbliche o private che siano le parti
contraenti - deve dunque essere assistita da  una  "causa"  normativa
adeguata: intendendosi per tale una funzione della  norma  che  renda
"accettabilmente " penalizzata la posizione del titolare del  diritto
compromesso, attraverso contropartite intrinseche allo stesso disegno
normativo e che valgano a bilanciare le posizioni delle parti." 
    Piu' in generale, sul tema dell'efficacia retroattiva delle leggi
la Corte ha reiteratamente affermato che il divieto di retroattivita'
non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25
Cost., ben potendo il legislatore emanare norme retroattive  "purche'
la retroattivita' trovi  adeguata  giustificazione  nell'esigenza  di
tutelare principi, diritti e  beni  di  rilievo  costituzionale,  che
costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse  generale»,
ai sensi della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU)" e con una  serie  di  limiti  generali,
"attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi  costituzionali,
di altri fondamentali valori di civilta' giuridica,  posti  a  tutela
dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra  i  quali
vanno   ricompresi   il   rispetto   del   principio   generale    di
ragionevolezza,  che  si   riflette   nel   divieto   di   introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario" (sentt. 160/2013 e 209/2010). 
    Tali conclusioni non si discostano  (e  anzi  sembrano  permeate)
dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia
sull'operativita' del principio  di  legittimo  affidamento  (cui  e'
sotteso quello della certezza del diritto)  nel  campo  dei  rapporti
economici, in relazione al  quale  e'  stato  elaborato  il  criterio
dell'operatore economico "prudente e accorto": la possibilita' di far
valere la tutela del legittimo affidamento e'  bensi'  "prevista  per
ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto
sorgere fondate aspettative", ma non "qualora un operatore  economico
prudente ed accorto sia  in  grado  di  prevedere  l'adozione  di  un
provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi" (nel caso in  cui  il
provvedimento venga adottato); in  tale  prospettiva,  inoltre,  "gli
operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla
conservazione di una situazione esistente che puo' essere  modificata
nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali" (cfr.
punto 53, sent. C. giust.  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,
Plantanol, cit.). 
    Per completezza, si  puo'  sottolineare  come  nell'ambito  della
disciplina  generale  del  procedimento  amministrativo   lo   stesso
legislatore nazionale abbia da ultimo conferito valenza pregnante  al
principio dell'affidamento. 
    Basti considerare le rilevanti innovazioni apportate  alla  legge
n. 241/90 dal d.l. 12 settembre 2014, n.  133  (conv.  in  legge  con
modif., dalla legge  11  novembre  2014,  n.  164),  recante  "Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive". 
    Con l'art. 25, comma 1, lett.  b-ter),  di  detto  d.l.  (lettera
aggiunta dalla legge di  conversione)  e'  stato  infatti  modificato
l'art. 21-quinquies, comma 1, legge n. 241/90 cit., sulla "revoca del
provvedimento", nel duplice senso: a) di circoscrivere il presupposto
del  "mutamento  della  situazione  di  fatto",  che  per  la   nuova
disposizione deve essere "non prevedibile  al  momento  dell'adozione
del  provvedimento";  b)  di  precludere,  nell'ipotesi   di   "nuova
valutazione  dell'interesse  pubblico  originario",  la  revoca   dei
provvedimenti  (a  efficacia  durevole)  di  "autorizzazione   o   di
attribuzione di vantaggi economici". 
    Cio'  che  costituisce  un  significativo  passo  nell'articolato
processo di emersione della centralita' del  principio  di  sicurezza
giuridica  (ne'  sembrando  fuori  luogo   pretendere   che   analogo
atteggiamento,  prescritto   dal   legislatore   per   le   autorita'
amministrative, sia tenuto dallo stesso legislatore, sia pure con gli
ovvi  accorgimenti  derivanti   dalla   diversita'   delle   inerenti
prerogative). 
    Tanto premesso, ritiene il  Collegio  che  in  capo  ai  soggetti
titolari  di   impianti   fotovoltaici,   fruitori   delle   relative
incentivazioni pubbliche in forza  di  contratto  stipulato  col  GSE
(previo riconoscimento delle condizioni per  l'erogazione  attraverso
specifico  provvedimento  ammissivo),  sussista  una   posizione   di
legittimo affidamento nei sensi innanzi precisati,  non  essendo  mai
emersi nel corso  del  tempo  elementi  alla  stregua  dei  quali  un
operatore "prudente e accorto" avrebbe potuto prevedere,  al  momento
di chiedere gli incentivi e di decidere se far entrare  in  esercizio
il proprio impianto, l'adozione da parte delle autorita' pubbliche di
misure lesive del diritto agli incentivi. 
    Come desumibile dalla precedente rassegna normativa, nel contesto
internazionale di favore per le fonti rinnovabili e in adesione  alle
indicazioni  provenienti  dall'ordinamento  europeo,  il  legislatore
nazionale ha consentito la nascita  e  favorito  lo  sviluppo  di  un
settore di attivita' economica  ritenuto  particolarmente  importante
per i fini della stessa Unione  europea,  approntando  un  regime  di
sostegno connotato sin dalla sua genesi dalla "stabilita'", nel senso
che  gli  incentivi  dei  conti  energia,  una  volta   riconosciuti,
sarebbero rimasti invariati per l'intera durata del rapporto. 
    Questa  caratteristica  si  ricava  anzitutto   dal   cambio   di
impostazione consistito nel passaggio da obiettivi  indicativi  (dir.
2001/77)   a   obbligatori   (dir.   2009/28)   e   dalla    conferma
dell'autorizzazione agli Stati  membri  circa  il  ricorso  a  misure
incentivanti per ovviare  all'assenza  di  iniziativa  da  parte  del
mercato (regimi di sostegno). 
    Per parte sua,  il  legislatore  italiano  ha  mostrato  piena  e
convinta adesione agli indirizzi sovranazionali, conferendo specifico
risalto  alla  promozione  della  produzione  energetica   da   fonti
rinnovabili e, in particolare, dalla fonte solare. 
    Sin dal d.lgs.  n.  387/03,  nonostante  la  non  obbligatorieta'
dell'obiettivo nazionale, e' stato delineato un  regime  di  sostegno
ispirato al rispetto di criteri quale l'"equa remunerazione dei costi
di investimento e di esercizio" (art. 7, comma 2, lett. d), tanto che
i primi tre conti energia hanno chiaramente enucleato l'immutabilita'
per vent'anni dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. 
    Il d.lgs. n. 28/2011 ha amplificato la percezione  di  stabilita'
nei sensi anzidetti, individuando: 
    a) all'art. 23, tra i "principi generali" dei regimi di  sostegno
alle fonti rinnovabili: "la predisposizione di  criteri  e  strumenti
che  promuovano  [...]  la  stabilita'  nel  tempo  dei  sistemi   di
incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione  con  altri
strumenti di analoga finalita' e la riduzione degli oneri di sostegno
specifici in capo ai consumatori" (enf. agg.; comma 1);  nonche'  "la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle  fonti  rinnovabili  e  dell'efficienza  energetica"
(enf. agg.; comma 2). 
    b) all'art. 24,  tra  i  "criteri  generali"  dei  meccanismi  di
incentivazione, quelli indicati al comma 2,  lettere  b),  c)  e  d),
secondo cui, rispettivamente, "il periodo di diritto all'incentivo e'
pari alla vita media utile convenzionale delle  specifiche  tipologie
di  impianto"  (il  principio  si   collega   a   quello   dell'"equa
remunerazione dei costi di investimento e di  esercizio",  confermato
dalla precedente lett. a),"l'incentivo resta costante  per  tutto  il
periodo di diritto" e "gli incentivi sono assegnati tramite contratti
di  diritto  privato  fra  il  GSE   e   il   soggetto   responsabile
dell'impianto" (enf. agg.). 
    c) all'art. 25,  comma  11,  recante  clausola  di  salvezza  dei
"diritti acquisiti". 
    Ed  e'  significativo  che  il  legislatore   delegato   utilizzi
ripetutamente i termini "diritto" (all'incentivo) o "diritti". 
    Ne' decampa dalla linea d'azione  sinora  esaminata  il  d.l.  n.
145/2013 cit., adottato successivamente alla  conclusione  dei  conti
energia e dunque in un contesto nel quale il novero  dei  destinatari
delle incentivazioni era ormai definito (o in via di definizione). 
    Tale provvedimento, pur muovendo  dalla  ritenuta  "straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare  misure"  (tra  le  altre)  "per  il
contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali
di progresso e opportunita' di arricchimento economico,  culturale  e
civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della  competitivita'  delle
imprese" (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine  di  "contenere
l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche  degli  incentivi
alle energie rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel
medio-lungo termine dagli esistenti impianti", ha tuttavia introdotto
meccanismi di tipo facoltativo e dunque  non  pregiudizievoli  per  i
fruitori degli incentivi. 
    In questa prospettiva, sia gli interventi divisati  ex  ante,  in
corso di vigenza dei conti energia, dal d.lgs. n. 28/2011 (anticipata
cessazione del III° conto, in una all'immanente temporaneita' di  IV°
e V° conto, la cui operativita' e' stata collegata, come si e' visto,
al raggiungimento di specifici obiettivi), sia  quelli  previsti  dal
d.l. n. 145/2013 ex post,  ossia  dopo  la  chiusura  del  regime  di
sostegno, dimostrano come il legislatore abbia comunque preservato il
"sinallagma" tra incentivi e iniziative in corso. 
    E infatti il c.d. "boom del fotovoltaico", sotteso alle  inerenti
determinazioni delle autorita' pubbliche, per quanto riconducibile al
parametro di esercizio della discrezionalita' consistente nel  "tener
conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione  delle  tecnologie
delle fonti rinnovabili" ex art. 23, comma 2, d.lgs. n.  28/2011,  e'
stato affrontato con misure operanti pro futuro, perche'  applicabili
a impianti non ancora entrati  in  esercizio  (come  attestato  dalle
riferite vicende giudiziali relative al passaggio  dal  III°  al  IV°
conto),  mentre  sono  state  accuratamente  evitate  scelte   aventi
efficacia pro praeterito tempore. 
    In altri termini, anche l'anticipata cessazione del  III°  conto,
ancorche'  abbia  prodotto  effetti  negativi  nei  confronti   degli
investitori  che  avessero  intrapreso  attivita'  preliminari   alla
realizzazione della propria iniziativa, non ha messo  in  discussione
il "patto" stipulato con gli interessati, salvaguardando la posizione
dei titolari degli incentivi e consentendo a  ciascun  operatore  non
ancora   "contrattualizzato"   di   ponderare    consapevolmente    e
adeguatamente il merito  economico  della  propria  iniziativa  e  di
assumere le conseguenti determinazioni. 
    E' pertanto possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art.  26,
comma 3, in esame al  "diritto  all'incentivo"  e  al  principio  del
legittimo affidamento degli operatori (stante  l'imprevedibilita'  da
parte di un soggetto "prudente ed accorto", titolare di un  incentivo
ventennale a seguito dell'adesione a uno  dei  conti  energia,  delle
modificazioni in pejus del rapporto). 
    4.1.2. Le precedenti considerazioni  non  paiono  superate  dagli
elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art.
26 abbia dato  vita  a  un  "regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate su leggi anteriori"  (quale  aspetto  sintomatico
dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della
ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. 
    L'art. 23 d.l. n. 91/2014, rubricato  "Riduzione  delle  bollette
elettriche a favore dei clienti forniti in media e  bassa  tensione",
prevede quanto segue: 
        "1. Al fine di pervenire a una piu' equa distribuzione  degli
oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici,  i
minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da  24  a  30  del
presente  decreto-legge,  laddove  abbiano  effetti   su   specifiche
componenti tariffarie, sono destinati alla  riduzione  delle  tariffe
elettriche dei clienti di energia elettrica in media  tensione  e  di
quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW,
diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 
    2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri  tariffari
conseguenti dall'attuazione dell'articolo 1, commi  da  3  a  5,  del
decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni,
in legge 21 febbraio 2014 n. 9. 
    3. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente  decreto-legge,  l'Autorita'  per  l'energia
elettrica,  il  gas  e  il  sistema  idrico  adotta  i  provvedimenti
necessari ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2, garantendo che i
medesimi  benefici  siano  ripartiti  in  modo  proporzionale  tra  i
soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i  benefici  previsti
agli stessi commi 1  e  2  non  siano  cumulabili  a  regime  con  le
agevolazioni  in  materia  di  oneri  generali  di  sistema,  di  cui
all'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.". 
    Ora, non sono certo contestabili gli  scopi  avuti  di  mira  dal
legislatore, che intende "pervenire a  una  piu'  equa  distribuzione
degli  oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di  consumatori
elettrici", distribuendo tra costoro "i minori  oneri  per  l'utenza"
generati anche dalle  misure  dell'art.  26  e,  in  ultima  analisi,
alleggerendo i costi dell'energia elettrica per i "clienti  [...]  in
media tensione e [...] in  bassa  tensione  con  potenza  disponibile
superiore  a  16,5   kW,   diversi   dai   clienti   residenziali   e
dall'illuminazione pubblica". 
    Sennonche', tale obiettivo -  oltre  a  non  sembrare  del  tutto
consonante con la finalita'  specificamente  declinata  dal  comma  1
dell'art. 26 nel senso di "favorire una migliore sostenibilita' nella
politica di supporto alle energie  rinnovabili",  non  risultando  in
particolare chiaro il nesso tra tale "migliore sostenibilita'"  e  la
"piu' equa distribuzione degli oneri tariffari" tra gli utenti  -  e'
perseguito  attraverso  una  "leva"  che  consiste  in  un'operazione
redistributiva irragionevole e sproporzionata. 
    Il reperimento delle necessarie risorse  finanziarie  e'  infatti
attuato attraverso una modificazione unilaterale e  autoritativa  dei
rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se'  la  proporzionalita'
rispetto all'obiettivo avuto di mira dal  legislatore,  tenuto  conto
del rango e della natura degli scopi del regime  di  sostegno  (basti
por mente all'evocazione, da parte della dir.  2001/77,  delle  norme
del Trattato UE sulla  tutela  dell'ambiente),  e  che  comunque  non
appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e
ss.), con ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    Quanto ai  "finanziamenti  bancari"  (comma  5),  e'  sufficiente
rilevare - in disparte gli aspetti  collegati  all'onerosita'  per  i
beneficiari dei meccanismi  ipotizzati  e  ai  costi  di  transazione
comunque derivanti dall'impalcatura giuridico-finanziaria  dei  nuovi
contratti - che la garanzia dello Stato non  copre  l'intero  importo
dell'eventuale operazione finanziaria  (sino  all'80%  dell'ammontare
dell'"esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della  banca"
o della "somma liquidata da CDP alla banca garantita") e che comunque
si tratta di "finanziamenti" non automatici (residuando uno spazio di
apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono  a
es. essere soggetti "economicamente e finanziariamente sani", e circa
il "merito di credito"; cfr. artt. 1 e 2 d.m. 29.12.2014). 
    Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della  durata  dei
titoli  autorizzatori  (comma  6),  che  costituisce  piuttosto   una
conseguenza   necessitata   della   protrazione   del   periodo    di
incentivazione oltre i venti anni nel caso di scelta dell'opzione  di
cui al comma 3, lett. a). 
    Quanto  all'"acquirente  selezionato"  (commi  da  7  a  12),  va
osservato come lo stesso  legislatore  attribuisca  alla  misura  una
portata solo eventuale, tenuto conto dell'art. 26, comma 13,  che  ne
subordina  l'efficacia  "alla  verifica  da   parte   del   Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea". 
    Verifica tanto piu' stringente alla luce del relativo  ambito  di
applicazione, non riservato ai soli produttori da  fonte  solare,  ma
esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia
da fonti rinnovabili. 
    In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente
il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni  attuative  (si
pensi, a es., al comma 9,  lett.  d,  che  demanda  all'Autorita'  di
"stabilire i criteri e le procedure per determinare la quota  annuale
costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto di cessione
da parte di ciascun soggetto beneficiario, tenendo conto anche  della
tipologia e della localizzazione degli impianti"), anche qui e' posto
un limite quantitativo agli  incentivi  cedibili  (80%),  mentre  non
paiono disciplinate le  conseguenze  sui  rapporti  di  finanziamento
eventualmente accesi dai produttori (i quali, attraverso la cessione,
intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). 
    La possibilita' di  un  recesso  anticipato  del  produttore  dal
contratto di finanziamento sembra in effetti presa in  considerazione
dal comma 11, che reca pero'  un  impegno  generico  per  il  Governo
("assumere  ogni  iniziativa  utile  a  dare  piena  esecuzione  alle
disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con  il
sistema bancario per semplificare il recesso totale  o  parziale  dei
soggetti  beneficiari  di  incentivi  pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati"). 
    4.1.3  Da  quanto  detto,  e  all'esito  del  bilanciamento   tra
l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione dei  diritti  dei
fruitori delle agevolazioni, emerge l'irragionevolezza e l'assenza di
proporzionalita', ai sensi dell'art. 3 Cost., delle  norme  dell'art.
26 comma 3 d. l. n. 91/2014, come convertito dalla legge n. 116/2014,
apparendo  altresi'  violato  anche  l'art.  41  Cost.,   alla   luce
dell'irragionevole   effetto   della   frustrazione   delle    scelte
imprenditoriali   attraverso   la   modificazione   degli    elementi
costitutivi  dei  rapporti  in  essere  come   contrattualizzati   o,
comunque, gia' negoziati. 
    Cio' in quanto, riassuntivamente: 
    il sistema degli incentivi perde  la  sua  stabilita'  nel  tempo
nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e  predeterminato  in
una convenzione o contratto di  diritto  privato  (art.  24  comma  2
lettera D d.lgs. n. 28/2011); 
    gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; 
    viene meno l'equa remunerazione degli investimenti effettuati; 
    il periodo di tempo per la percezione  dell'incentivo,  invariato
nella misura complessiva, viene  prolungato  indipendentemente  dalla
vita media convenzionale degli impianti (lett. a); l'incentivo non e'
piu' costante per tutto il  periodo  di  diritto,  ma  si  riduce  in
assoluto  per  tutto  il  periodo  residuo  (lett.  c)  o  varia   in
diminuzione nell'ambito del  ventennio  originario  di  durata  della
convenzione (lett. a) o per cinque anni (lett. b). 
    4.2 Il comma 3 viola  inoltre  l'art.  117,  comma  1,  Cost.  in
relazione, quali norme interposte, all'art. 1, Prot.  addizionale  n.
1, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (di cui e'  stata  autorizzata  la  ratifica  e
disposta l'esecuzione con legge 4 agosto 1955, n. 848) e all'art.  6,
par. 3, Trattato UE, che introduce nel diritto dell'Unione "in quanto
principi generali", i "diritti fondamentali" garantiti dall'anzidetta
Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo detto art. 1 - che  afferma  il  principio  di  "protezione
della proprieta'", ammettendo al  contempo  l'adozione  delle  misure
legislative "ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei  beni  in
modo conforme all'interesse generale" - conferisce  protezione  anche
ai diritti di credito (e alle aspettative legittime;  v.,  ex  plur.,
Maurice c. Francia [GC], del 6 ottobre 2005, n. 11810/03, parr. 63  e
ss.), reputando ammissibili le "interferenze"  (ingerenze)  da  parte
della pubblica autorita' in presenza di un interesse  generale  (cfr.
Arras e altri c. Italia, n. 17972/07, 14 febbraio 2012  e  14  maggio
2012, final, parr. 77-79: 78.). 
    In questa prospettiva, l'ingerenza costituita  dalla  sottrazione
di parte dei crediti spettanti ai  produttori  di  energia  in  forza
delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed  e'
in contrasto con il principio  di  proporzionalita',  non  risultando
l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato  dalla  finalita'  di
diminuire le tariffe elettriche in  favore  di  alcune  categorie  di
consumatori. 
    4.3 Ulteriore violazione degli artt. 3 e 41 Cost.: disparita'  di
trattamento ed ulteriori profili di irragionevolezza e sproporzione. 
    E' dubbia la costituzionalita' dell'art. 26,  comma  3,  d.l.  n.
91/2014, rispetto all'art. 3 Cost., eventualmente anche in  relazione
all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede che la rimodulazione si
applichi soltanto agli "impianti di potenza nominale superiore a  200
kW"  (recte:  ai  soggetti  fruitori  di  tariffe  incentivanti   per
l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 
    4.3.1)  Tale  restrizione  del  campo  applicativo  comporta   la
creazione,  all'interno  dell'insieme  dei  titolari  degli  impianti
fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte  in
base alla "potenza  nominale"  (dell'impianto),  destinatarie  di  un
trattamento differenziato. 
    A dire della parte pubblica le ragioni di tale  scelta  sarebbero
da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i  soggetti  incisi
dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale  (4%)  del
totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari al 60% della
spesa totale per  l'incentivazione  (ca.  4,3  mld/anno  su  ca.  6,8
mld/anno). 
    In disparte l'esattezza del dato numerico, questa  considerazione
non integra tuttavia un profilo idoneo  a  sorreggere  la  contestata
differenziazione di  trattamento  e,  in  particolare,  il  deteriore
trattamento disposto per quelli di  maggiori  dimensioni,  occorrendo
tener  conto  delle  modalita'   di   funzionamento   delle   tariffe
incentivanti. 
    La relativa entita' dipende infatti dalla  quantita'  di  energia
prodotta, sicche' e'  evenienza  del  tutto  normale,  e  insita  nel
sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita'  produttiva,
fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di
benefici piu' che proporzionale rispetto al loro numero. 
    In altri termini, nel regime  di  sostegno  delineato  dai  conti
energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero
dei produttori, con la  conseguenza  che  misure  dirette  a  colpire
soltanto alcuni di  costoro  sortiscono  l'effetto  di  differenziare
posizioni giuridiche omogenee. 
    Le precedenti considerazioni dimostrano al  contempo  l'ulteriore
irragionevolezza delle misure, foriere di  un  trattamento  deteriore
per alcuni produttori in assenza di  adeguata  causa  giustificativa,
non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico  poste  a
base della distinzione. 
    La  sussistenza  dei  vizi  innanzi  indicati   pare   avvalorata
dall'ulteriore esonero disposto dall'art. 22-bis, comma  1,  d.l.  n.
133/14 cit. in favore degli  impianti  i  cui  soggetti  responsabili
erano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione  del
d.l. n. 91/2014, "enti locali o scuole", norma che infatti  opera  un
distinguo  fondato  sulla  peculiare  qualita'  dei  percettori   dei
benefici, indipendentemente dalla quantita' di energia prodotta. 
    4.3.2) Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento
degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica   da   fonti
rinnovabili diverse dal solare. 
    Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in  considerazione
anche   tali   soggetti   nella   parte   relativa    all'"acquirente
selezionato". 
    Sennonche',  non  si  comprendono  le   ragioni   del   deteriore
trattamento dei  produttori  da  fonte  solare  rispetto  agli  altri
percettori di incentivi parimenti finanziati dagli utenti  attraverso
i cc.dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento  delle
componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 
    4.3.3) La creazione di categorie differenziate determina anche un
vulnus alla concorrenza e una lesione della  liberta'  di  iniziativa
economica ex art.  41  Cost.  dei  produttori  di  energia  elettrica
destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un  contesto
economico connotato dal sostegno  pubblico,  vedono  pregiudicata  la
possibilita' di operare sul mercato a parita' di condizioni  con  gli
altri produttori da fonte solare e, piu',  in  generale,  di  energia
rinnovabile. Sotto questo profilo, pertanto, risultano lesi gli artt.
3 e 41 Cost.. 
    5.4. Violazione art. 77 Cost. 
    Secondo  la  Corte  costituzionale  "la   preesistenza   di   una
situazione  di  fatto  comportante  la  necessita'  e  l'urgenza   di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
dell'adozione di tale atto, la cui mancanza  configura  un  vizio  di
legittimita' costituzionale del medesimo, che  non  e'  sanato  dalla
legge di conversione" (sent. n. 93 del 2011). 
    Essa precisa anche che il relativo sindacato "va  [...]  limitato
ai casi di  «evidente  mancanza»  dei  presupposti  di  straordinaria
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma,  Cost.  o
di  «manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'   della   relativa
valutazione»". 
    Ai  fini  della  relativa  indagine  la  Corte  ha  rimarcato  la
centralita' dell'elemento  dell'"evidente  estraneita'"  della  norma
censurata rispetto alla materia disciplinata  da  altre  disposizioni
del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita,  dovendo   risultare   una
"intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni straordinarie venutesi a determinare" (sent. n. 22/2012,
nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). 
    Cio' in quanto "l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto  o
alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico  tra  la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  «i
provvedimenti provvisori con forza di legge»" ex art. 77  Cost.,  con
l'ulteriore precisazione che "il presupposto del «caso» straordinario
di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto  al  provvedimento
inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito  di  intrinseca
coerenza, anche se articolato  e  differenziato  al  suo  interno"  e
ponendosi "la scomposizione atomistica della condizione di  validita'
prescritta dalla Costituzione [...] in contrasto  con  il  necessario
legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso»  che  lo
ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie  di
norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale" (Corte  cost.
n. 22/2012). 
    In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art.  15,
comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che "pur non avendo, in se'  e
per se', rango costituzionale,  e  non  potendo  quindi  assurgere  a
parametro di legittimita'  [...],  costituisce  esplicitazione  della
ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone
il collegamento dell'intero decreto-legge al  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza
previa delegazione da parte del Parlamento" (sent. n. 22/2012). 
    Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1 della  legge  n.
400/88,  i  decreti-legge  sono  presentati  per  l'emanazione   "con
l'indicazione, nel  preambolo,  delle  circostanze  straordinarie  di
necessita' e di urgenza che ne giustificano  l'adozione",  mentre  il
comma 3 sancisce che "i decreti devono contenere misure di  immediata
applicazione e il loro contenuto deve essere  specifico,  omogeneo  e
corrispondente al titolo", il dubbio di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3 d.l. n. 91/2014, insorge in  relazione  alla  circostanza
che, pur rinvenendosi nel titolo del d.l. n. 91/2014  il  riferimento
al "rilancio e [al]lo sviluppo delle imprese" e al "contenimento  dei
costi  gravanti  sulle  tariffe  elettriche",   nel   preambolo   del
provvedimento non si rinviene tuttavia esplicitazione di tali punti. 
    Risulta,  infatti,  presa  in  considerazione   unicamente   (con
riguardo alla  materia  in  esame)  "la  straordinaria  necessita'  e
urgenza di adottare disposizioni volte a superare  alcune  criticita'
ambientali, alla immediata mitigazione del  rischio  idrogeologico  e
alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con  semplificazioni
procedurali, promuovendo  interventi  di  incremento  dell'efficienza
energetica negli usi  finali  dell'energia  nel  settore  pubblico  e
razionalizzando le procedure in materia di impatto  ambientale"  (gli
altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria  necessita'
e urgenza di  adottare  "disposizioni  finalizzate  a  coordinare  il
sistema   dei   controlli   e   a   semplificare    i    procedimenti
amministrativi",  di   "prevedere   disposizioni   finalizzate   alla
sicurezza alimentare dei cittadini", di  adottare  "disposizioni  per
rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante  dell'economia
nazionale, e  la  competitivita'  del  medesimo  settore  [...]",  di
adottare  "disposizioni  per  semplificare  i  procedimenti  per   la
bonifica e la messa in  sicurezza  dei  siti  contaminati  e  per  il
sistema di  tracciabilita'  dei  rifiuti,  per  superare  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in
materia   ambientale,   dall'appartenenza   dell'Italia    all'Unione
europea"). 
    Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I "misure per
la crescita economica") e in 3 capi  ("disposizioni  urgenti  per  il
rilancio del settore agricolo"; "disposizioni urgenti per l'efficacia
dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione  di
procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi
derivanti  dall'appartenenza   all'unione   europea";   "disposizioni
urgenti per le imprese"). 
    L'art. 26 e' contenuto nel capo III, "disposizioni urgenti per le
imprese", insieme a una serie di  articoli  omogenei  (da  23  a  30)
effettivamente al tema della "piu'  equa  distribuzione  degli  oneri
tariffari fra le diverse categorie di consumatori  elettrici"  (cosi'
l'art. 23 cit., che individua gli artt. da 24 a 30  quali  generatori
di "minori oneri per l'utenza"), ma in un contesto di  norme  tra  di
loro del tutto eterogenee (cfr. artt. 18 e seguenti). 
    Appare dunque  carente  l'elemento  finalistico  richiesto  dalla
Corte  costituzionale,  non  sembrando  ravvisabile   "l'intento   di
fronteggiare situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che
richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti  quindi  a
materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare  rimedi
urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare". 
    Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono  "di
immediata applicazione", come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n.
400/88,  essendo  sufficiente   considerare   le   menzionate   norme
sull'"acquirente  selezionato"  e  sul  recesso  dai   contratti   di
finanziamento (commi da 7 a 12). 
    Tanto   premesso,   il   Collegio   ritiene   rilevanti   e   non
manifestamente infondate le esposte questioni  di  costituzionalita',
relative all'applicazione del comma 3 dell'art. 26  d.l.  n.  91/2014
agli impianti di produzione di energia  elettrica  da  fonte  solare,
aventi potenza superiore a 200 kW, che fruiscano di incentivazioni in
atto ai sensi dei Conti Energia. 
    Il giudizio e' di conseguenza sospeso  per  la  rimessione  delle
questioni suddette all'esame  della  Corte  costituzionale,  mandando
alla Segreteria di trasmettere  alla  Corte  la  presente  ordinanza,
unitamente al ricorso, di  notificarla  alle  parti  in  causa  e  al
Presidente del Consiglio  dei  ministri  nonche'  di  comunicarla  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza
Ter), 
    visti gli artt. 134 Cost., 1 L. Cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e  23
legge 11 marzo 1953, n. 87, 
    dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3  del  decreto-legge
n. 91/2014, convertito in legge, con modificazioni,  dalla  legge  n.
116/2014, in relazione agli articoli 3, 11, 41, 77  e  117,  comma  1
della Costituzione, nonche'  1,  Protocollo  Addizionale  n.  1  alla
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali e 6, paragrafo 3, Trattato  UE  secondo  quanto
specificato in motivazione; 
    dispone la sospensione del presente giudizio; 
    ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, unitamente alla prova delle previste comunicazioni  e
notificazioni; 
    ordina che, a cura della Segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti del giudizio e al Presidente del Consiglio  dei
ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del
Senato della Repubblica. 
 
    Cosi' deciso in Roma nelle camere  di  consiglio  dei  giorni  19
marzo 2015, 8 maggio 2015, con l'intervento dei magistrati: 
 
        Giuseppe Daniele, Presidente; 
        Michelangelo Francavilla, Consigliere; 
        Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore. 
 
                       Il Presidente: Daniele 
 
 
                                               L'Estensore: Verlengia