N. 99 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 22 ottobre 2015  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana -  Previsione  che
  gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione e  le
  altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti  al  S.I.I.
  sono di proprieta' degli enti locali. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 1, comma 2, lett. c). 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana -  Previsione  che
  l'Assemblea territoriale delibera, su proposta del medesimo ATO, la
  costituzione di  sub-ambiti  -  Previsione  che  i  Comuni  possono
  provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica  del  servizio
  idrico, in forma associata  anche  attraverso  la  costituzione  di
  sub-ambiti,  facenti  parte  dello   stesso   Ambito   territoriale
  ottimale. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), artt. 3, comma 3, lett. i), e 4, comma
  7. 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Norme in materia
  di affidamento del S.I.I. - Affidamento in house della gestione del
  S.I.I. senza previsione di un  termine  -  Previsione  del  termine
  massimo di nove anni  per  l'affidamento  della  gestione  mediante
  procedure di evidenza pubblica. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 4, comma 2. 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Affidamento  del
  S.I.I.  ai  privati  -  Previsione  dell'affidamento  all'esito  di
  procedure di evidenza pubblica, previa  verifica,  da  parte  delle
  Assemblee territoriali, della sussistenza di condizioni di migliore
  economicita' dell'affidamento, rispetto alle ipotesi di affidamento
  in house. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 4, comma 3. 
Acque e acquedotti  -  Norme  della  Regione  Siciliana  -  S.I.I.  -
  Previsione  dell'affidamento   a   privati   della   gestione   con
  imposizione a  carico  dell'affidatario  degli  oneri  relativi  ad
  eventuali   varianti   -   Prevista    risoluzione    di    diritto
  dell'affidamento per gravi disservizi e prevista  applicazione  del
  pagamento di penali. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 4, comma 4, lett. a). 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana  -  Affidamento  a
  privati della gestione del S.I.I. mediante  procedure  ad  evidenza
  pubblica ulteriori e piu' rigorose rispetto a quelle  previste  per
  l'affidamento in house. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 4, comma 4. 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Servizio  idrico
  integrato - Previsione che per i disservizi  di  cui  al  comma  4,
  lett. b), prodotti dalle gestioni interamente pubbliche, le tariffe
  a carico degli utenti sono proporzionalmente ridotte. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 4, comma 6. 
Acque e  acquedotti  -  Norme  della  Regione  Siciliana  -  Prevista
  possibilita' per i Comuni di gestire in forma diretta e pubblica il
  S.I.I., in forma associata, anche ai sensi dell'art. 30 del  d.lgs.
  n. 267/2000. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 4, comma 7. 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Previsione che i
  Comuni possono gestire in forma singola e  diretta  il  S.I.I.  nei
  casi  in  cui  la   gestione   associata   del   servizio   risulti
  antieconomica. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 4, comma 8. 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Previsione che i
  Comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti nonche' i
  Comuni delle isole minori ed i Comuni di cui al comma 6 dell'art  1
  della l.reg. n. 2/2013, possono gestire in forma singola e  diretta
  il S.I.I. nei casi  in  cui  la  gestione  associata  del  servizio
  risulti anti economica - Previsione che  i  finanziamenti  previsti
  per l'adeguamento degli impianti di depurazione delle reti  idriche
  siano destinati anche ai Comuni di cui al comma 6 dell'art. 1 della
  l.reg. n. 2/2013. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), artt. 4, comma 8, e 9, comma 1. 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Servizio  idrico
  integrato - Previsione che il Fondo di solidarieta'  ivi  istituito
  sia alimentato, per il primo anno, attraverso le risorse  derivanti
  dal Servizio  idrico  integrato  e,  successivamente,  mediante  un
  accantonamento a carico del gestore, nella misura pari allo 0,2 per
  cento del fatturato complessivo annuo. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 4, comma 12. 
Acque e acquedotti - Norme della Regione Siciliana - Servizio  idrico
  integrato - Regime transitorio - Previsione  che  le  funzioni  dei
  commissari straordinari e  liquidatori  della  soppressa  Autorita'
  d'ambito sono prorogate e che gli stessi  continuano  ad  avvalersi
  del personale in servizio presso le stesse con costi a carico della
  tariffa del servizio idrico. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 5, comma 2. 
Acque e acquedotti - Norme della Regione  Siciliana  -  Personale  in
  servizio presso  le  Autorita'  d'Ambito  Ottimale  provenienti  da
  amministrazioni pubbliche  -  Previsto  transito,  unitamente  alle
  funzioni, alle Assemblee territoriali idriche con oneri  finanziari
  a carico dei proventi derivanti dalla tariffa del S.I.I.  -  Rinvio
  ad un decreto assessoriale per le  modalita'  di  ripartizione  dei
  predetti oneri a carico dei soggetti gestori del S.I.I.. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 7, comma 3. 
Acque e acquedotti - Norme della  Regione  Siciliana  -  Attribuzione
  alla Giunta regionale del compito  di  definire  ed  approvare,  su
  proposta delle Assemblee territoriali idriche, i modelli  tariffari
  del ciclo idrico relativi all'acquedotto e alla fognatura, compreso
  quello gestito da Siciliacque S.p.A.. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina  in
  materia di risorse idriche), art. 11. 
(GU n.1 del 7-1-2016 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato, nei  confronti  della
Regione Sicilia, in persona del Presidente pro tempore, con  sede  in
Palermo piazza Indipendenza, 21 - Palazzo d'Orleans - cap 90129; 
    Per la dichiarazione della  illegittimita'  costituzionale  della
legge della Regione Sicilia dell'11 agosto 2015,  n.  19,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia 21 agosto 2015, n. 34,
S.O. n. 29, recante: «Disciplina  in  materia  di  risorse  idriche»,
limitatamente all'art. 1, comma 2, lettera c); all'art. 3,  comma  3,
lettera i); all'art. 4, commi 2, 3, 4, 6, 7,  8  e  12;  all'art.  5,
comma 2; all'art. 7, comma 3;  in  via  consequenziale,  all'art.  9,
comma 1, e infine all'art. 11. 
    La legge della Regione Sicilia n. 19/2015, recante «Disciplina in
materia  di  risorse  idriche»  presenta  profili  di  illegittimita'
costituzionale e  viene  impugnata,  ai  sensi  dell'art.  127  della
Costituzione, per  i  motivi  di  seguito  evidenziati,  che  saranno
preceduti dalla ricostruzione della linea di demarcazione che  separa
l'ambito competenziale tra Stato e Regioni in tema di servizio idrico
integrato nonche' da una breve  ricognizione  dei  principi  e  della
ratio che sorreggono la legge della Regione siciliana n. 19 del 2015. 
Premessa. 
I) Il riparto delle competenze tra  Stato  e  Regioni  nelle  materie
oggetto della legge regionale impugnata. 
    Il servizio idrico integrato (di seguito anche SII)  rientra,  da
un punto  di  vista  materiale,  nell'ambito  dei  «servizi  pubblici
locali», affidati dall'art. 117, quarto comma, Cost., alla competenza
regionale residuale. Tuttavia gia' da diversi anni codesta Ecc. Corte
ha  riconosciuto  allo  Stato  importanti  e  pervasivi   titoli   di
intervento sul settore che sono in grado di rappresentare altrettanti
limiti alla potesta' legislativa regionale. In particolare, lo  Stato
puo' vantare al riguardo i  titoli  di  intervento  costituiti  dalla
«tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»  e  della  «tutela  della
concorrenza» [art. 117, secondo comma, lettere s) ed  e)  Cost.].  La
giurisprudenza costituzionale riferisce a tali titoli  di  intervento
vasti e numerosi aspetti della disciplina del  SII.  In  particolare,
sono ascritti alla «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»: 
        i)  «i  criteri  dell'uso  delle  acque,  in  relazione  alla
finalita' di evitare sprechi,  favorire  il  rinnovo  delle  risorse,
garantire i diritti delle generazioni future e tutelare, tra l'altro,
"la vivibilita' dell'ambiente"» (sentenza n. 246 del 2009); 
        ii) le norme volte a garantire il  «risparmio  della  risorsa
idrica» (sentenza n. 246 del 2009); 
        iii) gli aspetti fondamentali dell'assetto organizzativo  del
SII e l'allocazione delle competenze sulla gestione: in  tale  campo,
in particolar modo  le  norme  che  affidano  all'Autorita'  d'ambito
territoriale ottimale queste competenze, poiche' tale scelta «serve a
razionalizzare l'uso delle risorse idriche e  le  interazioni  e  gli
equilibri fra le diverse componenti  della  "biosfera"  intesa  "come
"sistema" [...] nel suo aspetto dinamico (sentenze n. 168  del  2008,
n. 378 e n. 144 del 2007)» (sentenza n. 246 del 2009, par. 12.2.  del
c.i.d.; cfr. anche la sentenza n. 325 del 2010); 
        iv) le norme concernenti il sistema di tariffazione,  con  la
determinazione «delle tipologie dei costi che la tariffa e' diretta a
recuperare», poiche'  «attraverso  la  determinazione  della  tariffa
nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato,
infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perche' ha  inteso
perseguire la finalita' di  garantire  la  tutela  e  l'uso,  secondo
criteri di solidarieta', delle  risorse  idriche,  salvaguardando  la
vivibilita' dell'ambiente  e  "le  aspettative  ed  i  diritti  delle
generazioni future a fruire di  un  integro  patrimonio  ambientale"»
(sentenze n. 246 del 2009, n. 29 del 2010, n. 67 del 2013  e  n.  142
del 2015). 
    Sono invece ascritti al titolo di competenza statale esclusiva in
materia di «tutela della concorrenza» i seguenti profili: 
        i) le norme concernenti «il superamento della  frammentazione
della gestione delle risorse idriche attraverso  l'individuazione  di
un'unica Autorita'  d'ambito,  allo  scopo  (...)  di  consentire  la
razionalizzazione del mercato, con la  determinazione  della  tariffa
del servizio secondo un meccanismo di price cap, diretto a  garantire
la concorrenzialita' e l'efficienza delle prestazioni»  (sentenza  n.
264 del 2009); 
        ii) le  norme  poste  «al  fine  di  ottenere  un  equilibrio
economico-finanziario  della  gestione  e  di  assicurare  all'utenza
efficienza ed affidabilita' del servizio (art. 151, comma 2,  lettere
c, d, e)»,  tramite  la  determinazione  della  tariffa  «secondo  un
meccanismo  di  price  cap  (...),  diretto   ad   evitare   che   il
concessionario unico abusi della sua  posizione  dominante  (sentenze
nn. 335 e 51 del 2008)» (sentenza n. 246  del  2009;  cfr.  anche  le
sentenze n. 29 del 2010, n. 325 del 2010, n. 67 del 2013  e  142  del
2015); 
        iii) l'attivita' pianificatoria riguardante l'ambito ottimale
in  quanto  «strettamente  funzionale  alla  gestione  unitaria   del
servizio» (cfr., ad es. sentenza n. 246 del 2009 e  sentenza  n.  142
del 2010); 
        iv) la disciplina delle forme di gestione e  affidamento  del
servizio (sentenza n. 264 del 2009). 
II) Il riparto della competenza legislativa in  materia  di  SII  nel
caso della Regione siciliana. 
    Il quadro sopra delineato riguarda in prima  battuta  le  Regioni
ordinarie. Circa la sua applicabilita' anche alle  Regioni  speciali,
alla luce dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, deve
osservarsi quanto segue. 
    Sul punto rilevano alcune  sentenze  della  Corte  costituzionale
concernenti la Regione Valle  d'Aosta  e  la  Provincia  autonoma  di
Trento (sentenze n. 142 del 2015 e n. 233 del 2013). Le decisioni  in
questione hanno evidenziato come  gli  approdi  della  giurisprudenza
costituzionale   sopra   menzionata    non    sono    «immediatamente
trasponibil(i)» alle suddette autonomie speciali, in  quanto  dotate,
in tema di SII,  di  competenza  legislativa  esclusiva  in  base  ai
rispettivi statuti (nonche' della relativa competenza amministrativa,
in virtu' del principio del parallelismo). 
    In particolare, alla Provincia di Trento e' stata riconosciuta la
titolarita' della potesta' legislativa esclusiva nella materia de qua
in virtu' delle clausole  statutarie  concernenti  le  materie  degli
«acquedotti  e  lavori  pubblici  di  interesse  provinciale»,  della
«assunzione e gestione di  servizi  pubblici»,  dell'«urbanistica»  e
delle «opere idrauliche» (sentenza n. 233  del  2013).  Alla  Regione
Valle d'Aosta la medesima competenza e' stata riconosciuta in  virtu'
delle  clausole  concernenti  le  materie  dei  «lavori  pubblici  di
interesse regionale», dell' «urbanistica», delle  «acque  minerali  e
termali», nonche' delle «acque pubbliche destinate ad irrigazione  ed
uso domestico» (sentenza n. 142 del 2015). 
    Analogamente a quanto  appena  evidenziato,  anche  alla  Regione
siciliana non puo' non riconoscersi una competenza esclusiva in  tema
di SII, in virtu' della potesta' legislativa primaria  riconosciutale
dall'art.  14   del   relativo   Statuto   speciale   nelle   materie
dell'«urbanistica» (lettera f), dei «lavori pubblici,  eccettuate  le
grandi  opere  pubbliche  di  interesse  prevalentemente   nazionale»
(lettera g), nonche' delle «acque  pubbliche,  in  quanto  non  siano
oggetto di opere pubbliche di interesse nazionale» (lettera i). 
    La rilevata circostanza esclude,  dunque,  che  possa  senz'altro
applicarsi il riparto di competenza in tema di  SII  sopra  delineato
dalla  giurisprudenza  costituzionale  in  relazione   alle   Regioni
ordinarie anche alla Regione siciliana, poiche'  alla  medesima  deve
essere riconosciuta una competenza primaria statutariamente  prevista
su tale settore.  Tale  ultima  considerazione,  tuttavia,  non  vale
evidentemente ad affermare  che  la  menzionata  competenza  primaria
possa esplicarsi senza alcun limite,  dovendo  viceversa  rispettare,
oltre che, in generale, i precetti costituzionali, le c.d. «norme  di
grande riforma economico-sociale» poste  dallo  Stato  nell'esercizio
delle proprie competenze legislative (cfr., per lo Statuto siciliano,
l'art. 14, comma 1, che discorre di «riforme agrarie e  industriali»:
sulla soggezione della potesta' primaria della Regione siciliana alle
norme di grande riforma economico-sociale cfr., ad es.,  le  sentenze
n. 21 del 1978, n. 385 del 1991 e n. 153 del 1995).  In  tale  senso,
del resto, depone chiaramente la gia' menzionata sentenza n. 142  del
2015, nella quale si respinge la censura  statale  avverso  la  norma
della Regione Valle d'Aosta che prevedeva la  competenza  regolatoria
della Giunta in materia di tariffa  per  violazione  delle  norme  di
grande  riforma  economico-sociale  in  quanto  essa  si  limitava  a
precisare che tale competenza «deve essere  esercitata  dalla  Giunta
"nel rispetto dei principi europei e statali vigenti in materia"». Da
cio'  la  conclusione  del  Giudice  delle  leggi  secondo  la  quale
«l'organo regionale e' (...) tenuto  a  conformarsi  alle  direttrici
della metodologia tariffaria statale, con  la  conseguenza  che,  per
tale via, risulta salvaguardato l'interesse statale a una regolazione
stabile e idonea a garantire gli investimenti necessari, un  servizio
efficiente e di qualita', nonche' la tutela degli utenti finali».  Il
rigetto della questione, dunque, si fonda sul necessario rispetto, da
parte  dell'organo  regionale  competente  ad  esercitare  i   poteri
regolatori in materia  tariffaria,  delle  norme  di  grande  riforma
economico-sociale dettate dallo Stato, ed in  particolare  di  quelle
volte a garantire la «regolazione  stabile»  del  settore  capace  di
assicurare «gli investimenti necessari», l'efficienza del servizio, e
la «tutela degli utenti finali». 
    In sintesi, la Regione siciliana risulta dotata della  competenza
legislativa a regolare il SII, ma deve esercitare tale competenza nel
rispetto delle norme di grande  riforma  economico-sociale  stabilite
dalla legislazione dello Stato. Tra queste ultime, per quel  che  qui
e'  di  piu'  prossimo  interesse,  rilevano   quelle   poste   dalla
legislazione   statale   in   tema   di   «tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema» e di «tutela della concorrenza»,  innanzi  tutto  in
relazione  alle  direttrici  della  metodologia  tariffaria  -   come
esplicitamene riconosce la citata sentenza n.  142  del  2015  -  ma,
evidentemente, anche in relazione ad altri ambiti. 
III) L'ulteriore limite, per il legislatore regionale,  del  rispetto
delle norme del diritto dell'Unione europea. 
    La normativa regionale de  qua,  evidentemente,  deve  rispettare
anche  le  norme  del  diritto  dell'Unione  europea  concernenti  il
servizio idrico  e  l'utilizzazione  della  risorsa  idrica,  la  cui
violazione comporterebbe la lesione degli articoli 11  e  117,  primo
comma, Cost. 
    Al riguardo,  rileva  soprattutto  la  direttiva  2000/60/CE,  la
quale, per quel che qui piu' specificamente  rileva,  stabilisce  che
«gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei  costi
dei servizi idrici, compresi  i  costi  ambientali  e  relativi  alle
risorse, prendendo in considerazione l'analisi  economica  effettuata
in base all'allegato III e, in  particolare,  secondo  il  principio:
"chi inquina paga"» (Considerando n. 38), prevedendo  inoltre  che  i
medesimi  provvedono  a  «che  le  politiche  dei  prezzi  dell'acqua
incentivino adeguatamente gli utenti a usare le  risorse  idriche  in
modo  efficiente  e  contribuiscano  in  tal  modo   agli   obiettivi
ambientali  della  presente  Direttiva»,  nonche'  ad  «un   adeguato
contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari
settori  di  impiego  dell'acqua,  suddivisi  almeno  in   industria,
famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica  effettuata
secondo l'allegato III e tenendo conto  del  principio  "chi  inquina
paga"» (art. 9, comma 1). 
    Si noti peraltro che il principio del recupero dei costi  risulta
fondamentale, nell'impianto della direttiva, per tutte  le  attivita'
di utilizzo idrico (cfr. art. 2, punto 39, art. 5 e all. III). 
IV) La conformazione generale del  servizio  idrico  integrato  nella
legge della Regione siciliana n. 19 del 2015. 
    L'obiettivo dichiarato della legge in esame e' quello di definire
principi per la tutela, il governo  pubblico  e  partecipativo  della
gestione delle acque, il conseguimento dell'equilibrio idrologico del
suolo contrastando il rischio frane ed alluvioni, nonche' il processo
di desertificazione, in modo tale da garantire un uso  della  risorsa
rispettoso dei criteri di sostenibilita', solidarieta',  trasparenza,
equita' sociale ed efficacia (art. 1, comma 2). In questo quadro,  la
scelta politica che qualifica l'intervento legislativo e'  quella  di
considerare l'acqua un «bene comune  pubblico  non  assoggettabile  a
finalita' lucrative in quanto risorsa pubblica  limitata,  essenziale
ed insostituibile per la vita e per  la  comunita',  di  alto  valore
ambientale,  culturale  e  sociale»,  ritenendo  altresi'   che   «la
disponibilita' e l'accesso all'acqua potabile ed all'acqua necessaria
per  il  soddisfacimento  dei  bisogni  collettivi  costituiscono  un
diritto umano, individuale  e  collettivo,  non  assoggettabile  alle
ragioni di mercato» (art. 1, comma 1). 
    In coerenza con le  scelte  appena  richiamate,  la  legge  della
Regione siciliana n. 19 del 2015  individua  i  principi  che  devono
ispirare  la  governance  e  la  pianificazione  dell'utilizzo  della
risorsa idrica  e,  in  conseguenza,  disciplina  la  gestione  della
risorsa e l'erogazione dei  relativi  servizi.  Nello  specifico,  la
legge regionale n. 19/2015 in esame, oltre a  disciplinare  l'assetto
territoriale ed organizzativo del servizio idrico integrato (art. 3),
ne  disciplina  l'affidamento,  in  via  transitoria   e   definitiva
(articoli 4 e 5), oltre che i modelli tariffari (art. 11)  e  dispone
in merito alla proprieta' delle infrastrutture  idriche  e  dotazioni
patrimoniali afferenti al SII (art. 1, comma 2, lettera c). Per  quel
che qui e' di piu' prossimo interesse, la legge  regionale  siciliana
stabilisce quanto segue. 
I. L'autorita' di governo del SII. 
    In merito all'assetto  territoriale  ed  organizzativo  del  SII,
l'art. 3, commi 1 e 2, stabilisce  che  l'Assessorato  regionale  per
l'energia e per i servizi di pubblica utilita' individui  «in  numero
di 9» gli Ambiti territoriali ottimali (ATO), coincidenti con le zone
omogenee dei bacini idrografici o con  i  preesistenti.  Si  prevede,
inoltre, la costituzione, in ogni ATO, di  un'Assemblea  Territoriale
Idrica dotata di personalita' giuridica  di  diritto  pubblico  e  di
autonomia amministrativa, contabile e tecnica, composta  dai  sindaci
dei Comuni appartenenti all'Ambito  i  quali  eleggono  tra  loro  il
Presidente dell'Assemblea. A  questo  organismo  sono  affidate,  dal
successivo comma 3 dell'art. 3, le funzioni di governo del  servizio.
Risulta tuttavia consentita, al fine di salvaguardare le forme  e  le
capacita'  gestionali  esistenti,  procedere  alla  costituzione   di
sub-ambiti, entro i quali siano i Comuni a provvedere  alla  gestione
diretta, in forma associata, del servizio (art. 4, comma 7). 
II. L'affidamento del servizio. 
    L'affidamento  del  SII   avviene,   a   cura   delle   Assemblee
territoriali idriche, o secondo la formula dell'in  house,  o  -  nel
caso in cui in  tal  modo  sia  possibile  conseguire  condizioni  di
migliore  economicita'  del  servizio,  all'esito  di  procedure   di
evidenza pubblica (art. 4, commi 1-3) - con la previsione di clausole
particolarmente rigorose, da stabilire necessariamente  nel  bando  a
pena di nullita', a carico dell'affidatario (art.  4,  comma  4).  In
sintesi, emerge dalle disposizioni  in  esame  un  chiaro  favor  per
l'affidamento in house del servizio. Vengono inoltre previsti casi in
cui e' fatto salvo l'affidamento diretto ulteriori rispetto a  quello
di cui  all'art.  147  del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,
concernenti i Comuni montani con meno di 1000 abitanti (art. 4, commi
7 e 8 e art. 5, comma 6). 
III. Tariffa, quantitativo minimo e fondo di solidarieta'. 
    La legge regionale n. 19 del 2015 prevede  che  il  servizio  sia
finanziato  secondo  meccanismi  tariffari  (art.  4,  comma  1).   I
caratteri  della  tariffa  sono  definiti  dall'art.  11,  il   quale
riproduce, in gran parte, le disposizioni contenute nell'art. 154 del
decreto legislativo n. 152 del 2006, prevedendo tra l'altro:  a)  che
la  tariffa,  in  tutte  le   sue   componenti,   ha   carattere   di
corrispettivo; b) che deve essere assicurata la  copertura  integrale
dei costi  di  investimento  e  di  esercizio;  c)  che  deve  essere
rispettato  il  principio  chi  inquina  paga.  A  fianco   di   tali
prescrizioni, e' inoltre reperibile quella secondo cui «la tariffa e'
ridotta in una misura pari al 50  per  cento»  nel  caso  in  cui  la
risorsa idrica non sia utilizzabile ai fini alimentari. 
    L'art. 4, comma 12, prevede invece la costituzione di  un  «Fondo
di solidarieta' a sostegno dei soggetti meno  abbienti»,  alimentato,
per il primo anno, attraverso le risorse derivanti dalla  tariffa,  e
successivamente a mezzo di accantonamenti a carico del gestore  nella
misura dello 0,2  per  cento  del  fatturato  annuo.  Nei  limiti  di
capienza di tale fondo e', infine, prevista l'erogazione  giornaliera
di un quantitativo minimo vitale di 50 litri  per  persona  anche  in
caso di morosita'. 
V) La questione della rilevanza economica  del  SII:  la  scelta  del
legislatore regionale alla luce della giurisprudenza costituzionale. 
    Risulta evidente che  la  scelta  del  legislatore  siciliano  si
caratterizza soprattutto per la chiara esclusione della  possibilita'
di remunerare  il  capitale  di  rischio  e  di  realizzare  profitti
attraverso la gestione del SII. Da tale scelta politica  qualificante
l'intero intervento legislativo discendono tutti  i  piu'  importanti
aspetti di maggior dettaglio della normativa regionale. 
    A questo riguardo - anche alla  luce  del  referendum  abrogativo
nazionale celebratosi il 12  e  il  13  giugno  2011,  nonche'  della
giurisprudenza costituzionale successiva -  non  pare  sia  possibile
escludere in radice che il legislatore regionale possa  compiere  una
scelta di tal genere. Come accennato, peraltro, in  tema  la  Regione
siciliana dispone di una competenza legislativa esclusiva, mentre  le
Regioni ordinarie possono vantare la competenza legislativa residuale
in materia di «servizi pubblici locali» in base all'art. 117,  quarto
comma,  Cost.  Cio'  non  toglie,  tuttavia,  che,   nella   concreta
conformazione del servizio, il legislatore regionale debba  adeguarsi
alle specifiche prescrizioni dettate dalle norme  statali  di  grande
riforma economico-sociale, ed in particolare a quelle posta in  vista
della «tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema»  (art.  117,  secondo
comma, lettera s), e della  «tutela  della  concorrenza»  (art.  117,
secondo comma, lettera s). 
    Quanto ai limiti  posti  in  virtu'  di  tale  ultimo  titolo  di
intervento  statale  («tutela  della  concorrenza»),   tuttavia,   e'
necessaria qualche precisazione. Codesta Ecc.ma Corte,  gia'  con  la
sentenza n. 272 del 2004, ha chiarito che questi limiti dispiegano  i
propri effetti nei confronti della legislazione regionale in tema  di
servizi pubblici locali, solo ove essi siano organizzati in  modo  da
essere caratterizzati  da  «rilevanza  economica».  Probabilmente  in
ragione  dell'intento  di  sottrarsi  all'applicazione  delle   norme
proconcorrenziali il  Legislatore  siciliano  -  oltre  ad  escludere
esplicitamente le  finalita'  lucrativa  nella  gestione  del  SII  -
qualifica quest'ultimo come «servizio pubblico  locale  di  interesse
generale»,  omettendo   l'aggettivo   «economico»   che   invece   e'
riscontrabile negli articoli 14 e 106  del  TFUE,  nei  quali  si  fa
menzione - appunto - di «servizi di interesse economico  generale»  e
non di servizi di interesse generale. 
    In effetti, ove si prenda  in  considerazione  la  giurisprudenza
amministrativa,  la  sussistenza  del   requisito   della   rilevanza
economica, da valutare in concreto e non solo  in  astratto,  dipende
dalla possibilita' che  dalla  gestione  del  servizio  si  producano
ricavi e come tale sia contendibile  sul  mercato  dei  servizi.  Sul
punto si tende ad adottare, dunque, un criterio che tiene conto delle
peculiarita' del  caso  concreto,  quali  l'effettiva  struttura  del
servizio,  le  concrete  modalita'  del  suo  espletamento,  i   suoi
specifici connotati economico-organizzativi, la natura  del  soggetto
chiamato ad espletarlo, la disciplina normativa del  servizio  (Cons.
Stato, sez. VI, 18  dicembre  2012,  n.  6488).  Alla  luce  di  tale
definizione, il SII cosi' come configurato dalla legge della  Regione
siciliana n. 19 del 2015 non sembrerebbe essere caratterizzato  dalla
rilevanza economica. 
    Codesta Ecc.ma Corte, tuttavia, nella nota sentenza  n.  325  del
2010, ha fatto propria una definizione ben piu' ampia  della  nozione
di «rilevanza  economica».  Tale  requisito,  secondo  la  menzionata
decisione della  Corte  costituzionale,  sussiste  ove  ricorrano  le
seguenti condizioni: «a) che l'immissione del servizio possa avvenire
in  un  mercato  anche  solo  potenziale,  nel  senso  che  (...)  e'
condizione sufficiente che il gestore possa immettersi in un  mercato
ancora non esistente, ma che abbia effettive possibilita' di  aprirsi
e di accogliere, percio', operatori che agiscano secondo  criteri  di
economicita'; b) che l'esercizio dell'attivita'  avvenga  con  metodo
economico, nel senso che essa, considerata nella sua globalita', deve
essere svolta in vista quantomeno della copertura, in un  determinato
periodo di tempo, dei costi mediante i ricavi  (di  qualsiasi  natura
questi siano, ivi compresi gli  eventuali  finanziamenti  pubblici)».
Ebbene, alla luce di tale criterio - ovviamente dirimente, alla  luce
della sua provenienza, ai fini della valutazione  della  legittimita'
costituzionale della normativa in oggetto -  non  vi  e'  dubbio  che
anche il SII come configurato  dalla  legge  regionale  in  esame  e'
caratterizzato da «rilevanza economica». E' sufficiente, al riguardo,
il richiamo all'art. 11, comma 1, ai sensi del quale  la  tariffa  e'
determinata «in modo tale che sia assicurata la  copertura  integrale
dei costi di investimento e di esercizio, secondo  il  principio  del
recupero dei costi e secondo  il  principio  chi  inquina  paga».  In
considerazione di quanto appena  esposto,  e'  necessario  concludere
che, in base ai principi sopra menzionati affermati da codesta Ecc.ma
Corte, le norme della legge della Regione siciliana n. 19  del  2015,
pur se dettate in un ambito di  competenza  esclusiva  di  tale  ente
territoriale, devono rispettare le prescrizioni dettate  dallo  Stato
non solo in nome della «tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema»,  ma
anche in vista della «tutela della concorrenza», in quanto  norme  di
grande riforma economico-sociale. In tale senso depone del  resto  la
sentenza di codesta Ecc.ma  Corte  n.  187  del  2011,  la  quale  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una norma regionale che
esplicitamente escludeva la qualificazione del SII quale  servizio  a
rilevanza economica. 
    Alla luce  di  tali  premesse,  sussistono  numerosi  profili  di
illegittimita' costituzionale in relazione: A) alle norme in  materia
di affidamento del servizio idrico integrato (in particolare,  l'art.
4, commi 2,  3,  4,  7  e  8);  B)  alle  norme  che  determinano  la
frammentazione gestionale dell'ambito territoriale ottimale (art.  3,
comma 3, lettera i), art. 4, commi 7 e 8 e,  in  via  consequenziale,
art. 9, comma 1); C) alle norme in materia  di  tariffe  e  Fondo  di
solidarieta' (art. 11, art. 5, comma 2, art.  7,  comma  3;  art.  4,
comma 6 e comma 12); D) alle norme in  materia  di  proprieta'  delle
reti (art. 1, comma 2, lettera c). 
    La legge della Regione Sicilia n. 19/2015, con  riferimento  agli
articoli sopra indicati viene quindi impugnata per i seguenti 
 
                               Motivi: 
 
A) Norme in materia di affidamento del servizio. 
    1) Art. 4, commi 2 e 3  della  legge  della  Regione  Sicilia  n.
19/2015 per violazione dell'art.  3,  comma  1,  Costituzione  e  del
principio di eguaglianza-ragionevolezza, dell'art. 14, comma 1, dello
Statuto speciale della Regione siciliana nonche' dell'art. 117, comma
secondo, lettere e) ed s) Costituzione, in riferimento agli  articoli
119, e 154 del decreto legislativo n. 152 del  2006  e  all'art.  10,
comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70,  conv.
in legge 12 luglio 2011, n. 106 nonche' in riferimento agli  articoli
149-bis e 151, comma 2, del decreto legislativo n.  152  del  2006  e
ancora per violazione dell'art. 11  e  dell'art.  117,  primo  comma,
Costituzione, in riferimento  agli  articoli  14  e  106  TFUE  e  al
principio di pari trattamento tra impresa pubblica e impresa  privata
nonche' con riferimento all'art. 9 e  al  Considerando  n.  38  della
direttiva 2000/60/CE. 
    1.1. L'art. 4, nella parte in cui non prevede, al comma 2,  alcun
termine per  l'affidamento  in  house  della  gestione  del  servizio
idrico, mentre prevede, al comma 3, un termine massimo di  nove  anni
per l'affidamento  della  gestione  mediante  procedura  di  evidenza
pubblica, oltre a violare l'art. 3, comma 1, Cost. e il principio  di
eguaglianza-ragionevolezza in esso sancito, eccede  dalle  competenze
di cui all'art. 14, comma 1, dello  Statuto  speciale  della  Regione
siciliana contrastando con l'art. 117, comma secondo, lettere  e)  ed
s), Cost., in riferimento  agli  articoli  119,  e  154  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006 e all'art. 10, comma 14, lettera d),  del
decreto-legge n. 70 del 2011, nonche' in  riferimento  agli  articoli
149-bis e 151, comma 2, del decreto  legislativo  n.  152  del  2006.
Inoltre, la disposizione censurata viola gli articoli 11 e 117, primo
comma, Cost., in riferimento  agli  articoli  14  e  106  TFUE  e  al
principio di pari trattamento tra impresa pubblica e impresa privata.
Le citate disposizioni determinano una disparita' di trattamento  tra
situazioni analoghe, che contrastano con il richiamato  principio  di
eguaglianza-ragionevolezza,  oltre  che  con  i   principi   di   non
discriminazione sanciti dal diritto europeo in materia di affidamenti
[e recentemente ribaditi dall'art. 19,  comma  1,  lettera  c)  della
legge delega n. 124 del 2015]. La normativa  statale  in  materia  di
affidamenti, con finalita' di tutela della concorrenza, da una  parte
non ammette discriminazioni in base alla natura - pubblica,  mista  o
privata - del soggetto affidatario (art. 149-bis, decreto legislativo
n. 152 del 2006); dall'altra attribuisce all'Autorita' per  l'energia
elettrica ed il gas e il sistema idrico [di seguito anche AEEGSI;  v.
art. 151, comma 2, lettera d), decreto legislativo n. 152  del  2006]
il compito di predispone la convenzione tipo di  gestione,  definendo
in questa sede  anche  «la  durata  dell'affidamento,  non  superiore
comunque a trenta anni». 
    Nel rendere possibili affidamenti in house a tempo indeterminato,
la disposizione contrasta anche con le norme secondo cui il  servizio
deve essere organizzato in modo da garantire il  recupero  dei  costi
(art. 119 e art. 154  del  decreto  legislativo  n.  152/2006).  Come
evidenziato anche dalla Autorita' per l'energia elettrica, il gas  ed
il sistema idrico nel  documento  di  consultazione  nell'ambito  del
procedimento  avviato  con  la  deliberazione  26   settembre   2013,
412/2013/R/1DR, infatti, «la  durata  dell'affidamento  (...)  e'  un
elemento fondamentale per determinare la possibilita' di recupero dei
costi, inclusi quelli di investimento». Poiche' il principio  di  non
discriminazione  tra  imprese  pubbliche  e  imprese  private  e   il
principio del recupero dei costi  sono  di  derivazione  comunitaria,
dunque, risultano violati anche gli articoli 11 e 117,  primo  comma,
Cost. (con riferimento all'art. 9  e  al  Considerando  n.  38  della
direttiva 2000/60/CE). Risultano violati, inoltre, gli  articoli  14,
comma 1, dello Statuto della Regione siciliana, e 117, secondo comma,
lettere e) ed s), dato che il principio del  recupero  dei  costi  e'
stato fatto proprio, con finalita' di "tutela della concorrenza" e di
"tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", dagli articoli  119  e  154
del decreto legislativo n. 152 del 2006 e  dall'art.  10,  comma  14,
lettera d), del decreto-legge n. 70 del  2011,  e  costituisce  senza
dubbio un norma di grande riforma economico-sociale. 
    1.2. Il medesimo art.  4,  comma  2,  della  legge  siciliana  n.
19/2015, nella parte in cui non  prevede  che  gli  enti  di  diritto
pubblico cui e' possibile affidare la gestione  del  servizio  idrico
integrato svolgano la loro  attivita'  in  prevalenza  nei  confronti
dell'ente affidante, presenta profili  di  incostituzionalita'  anche
per violazione dell'art. 14, comma 1, dello  Statuto  speciale  della
Regione siciliana e dell'art. 117, comma 2,  lettera  e),  Cost.,  in
riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006,
nonche' degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost., in riferimento  agli
articoli 14 e 106 TFUE. 
    La  disposizione  censurata,  in  particolare,  non  rispetta  le
condizioni   stabilite   dal   diritto   dell'Unione   europea    per
l'affidamento in house. Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  di
Giustizia UE, infatti, per procedere all'affidamento in house,  oltre
ai necessari requisiti del c.d. «controllo analogo»  e  del  capitale
totalmente  pubblico,  previsti  dalla  disposizione  de  qua,   deve
ricorrere anche un ulteriore requisito consistente  nella  prevalenza
dell'attivita'  dell'affidatario  nei  confronti   l'ente   affidante
(sentenze 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixencfr, e 18
novembre  1999,  causa  C-107/98,  Teckal).  In  altre   parole,   le
prestazioni del primo devono essere destinate in  via  principale  ed
esclusiva all'ente  di  riferimento  e,  conseguentemente,  le  altre
attivita' devono avere carattere marginale e sussidiario. 
    La   mancata   previsione    di    tale    requisito    determina
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2,  per  contrasto
con le norme del diritto dell'Unione europea piu' sopra menzionate  -
con conseguente violazione degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost.  -
nonche' con l'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152  del  2006,
che a quelle norme, a fini di tutela della concorrenza, fa  esplicito
rinvio - con la conseguente violazione dell'art. 14, comma  1,  dello
Statuto speciale della Regione siciliana e dell'art.  117,  comma  2,
lettera e), Cost. 
    1.3. L'art. 4, comma 3, secondo cui  l'affidamento  del  servizio
idrico integrato all'esito di  procedure  di  evidenza  pubblica  «ha
luogo previa verifica, da parte delle Assemblee territoriali idriche,
della   sussistenza   di   condizioni   di   migliore    economicita'
dell'affidamento rispetto alle ipotesi» di affidamento c.d. in house,
e' incostituzionale per  violazione  dell'art.  14,  comma  1,  dello
Statuto speciale della  Regione  siciliana  e  dell'art.  117,  comma
secondo, lettera e),  Cost.,  in  riferimento  all'art.  149-bis  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, nonche' degli articoli 11 e 117,
primo comma, Cost., in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE. 
    Tale disposizione  costruisce  chiaramente  -  insieme  a  quelle
contenute nei commi 4 e 7 del medesimo art. 4, prese  in  esame  piu'
avanti - un regime di favore  per  l'affidamento  in  house  rispetto
all'affidamento tramite procedura di evidenza  pubblica,  dovendo  il
soggetto affidante che sceglie quest'ultimo assolvere ad uno speciale
onere motivazionale. Si tratta di una previsione che contrasta con le
norme del diritto dell'Unione  europea  a  tutela  del  principio  di
libera concorrenza, per le quali l'affidamento in  house  -  come  ha
rilevato codesta Ecc.ma Corte  nella  sentenza  n.  325  del  2010  -
rappresenta   una   «eccezione   rispetto   alla   regola    generale
dell'affidamento  a  terzi   mediante   gara»,   ossia   una   strada
perseguibile, anche alla luce  dell'art.  106,  comma  2,  del  TFUE,
quando cio' sia reso necessario dal perseguimento degli obblighi  del
servizio pubblico. Al riguardo sovvengono le affermazioni di  codesta
Ecc.ma Corte  che  con  la  recente  sentenza  n.  32  del  2015,  ha
precisato,  come  anche  a  seguito   dell'abrogazione   referendaria
dell'art. 23-bis  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  non  possa
«condividersi l'assunto  (...)  in  base  al  quale  l'applicabilita'
diretta del diritto comunitario non porrebbe  limiti  all'affidamento
in house del servizio idrico,  giacche',  secondo  l'insegnamento  di
questa Corte, il sistema normativo interno basato sull'art.  113  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento degli enti locali), come modificato dall'art. 14 del
decreto-legge 30 settembre 2003, n.  269  (Disposizioni  urgenti  per
favorire lo sviluppo e per la  correzione  dell'andamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 24 novembre 2003, n. 326, induce a  ritenere  che  «i  casi  di
affidamento in house, quale modello  organizzativo  succedaneo  della
(vietata) gestione  diretta  da  parte  dell'ente  pubblico,  debbono
ritenersi eccezionali e tassativamente previsti» (sentenza n. 325 del
2010)». 
    Per queste ragioni l'art. 4, comma 3, nei limiti sopra precisati,
viola,  oltre  gli  articoli  11  e  117,  primo  comma,  Cost.   (in
riferimento agli articoli 14 e  106  TFUE,  cui  l'art.  149-bis  del
decreto legislativo n. 152 del  2006,  indirettamente  rinvia)  anche
l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e l'art. 14,  comma  1,
dello Statuto speciale della Regione siciliana. 
    2) Art. 4, comma 4, lettera a) della legge della Regione  Sicilia
n. 19/2015 per  violazione  dell'art.  14,  comma  1,  dello  Statuto
speciale della Regione Sicilia e gli  articoli  11  e  117,  primo  e
secondo comma, lettere e) ed s), della  Costituzione  in  riferimento
agli articoli 119 e 154, comma 1, nonche' 151 decreto legislativo  n.
152 del 2006; agli articoli 2, lettera e), e 3, comma 1,  lettera  c)
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del  20  luglio
2012 e all'art. 10, comma 11 e comma 14, del decreto-legge 13  maggio
2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106. 
    L'art. 4, comma 4, lettera  a),  stabilisce,  solo  nel  caso  di
affidamento  a  privati,  l'invarianza  delle  condizioni  economiche
dell'affidamento, ponendo a carico dell'affidatario anche «gli  oneri
relativi ad eventuali varianti, per qualsiasi causa  necessarie,  ove
funzionali all'espletamento del servizio»; alla lettera  b),  prevede
la risoluzione di diritto del  contratto  di  affidamento  per  gravi
disservizi (interruzione del servizio per piu' di quattro giorni  con
incidenza su almeno il 2 per cento della popolazione) e il  pagamento
di penali «ove qualsiasi interruzione  anche  di  diversa  natura  si
protragga per piu' di un giorno». 
    Tali  previsioni,  nel  porre  a  carico  dell'affidatario   ogni
variazione economica che possa intervenire nel periodo di affidamento
per qualsiasi causa, anche non imputabile al gestore, contrastano con
il principio, di derivazione comunitaria (art. 14,  TFUE;  art.  9  e
Considerando n. 38 direttiva 2000/60/CE), di copertura dei costi e di
equilibrio economico finanziario della  gestione;  pertanto,  violano
l'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale e gli articoli 11  e  117,
primo e secondo comma,  lettere  e)  ed  s),  della  Costituzione  in
riferimento agli articoli 119 e 154, comma 1, decreto legislativo  n.
152 del 2006; agli articoli 2, lettera e), e 3, comma 1,  lettera  c)
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del  20  luglio
2012 e l'art. 10, comma 11 e comma 14, del decreto-legge  n.  70  del
2011, che recepiscono il suddetto principio. 
    La disposizione  censurata  collide,  inoltre,  con  l'art.  151,
decreto  legislativo  152/06,  il  quale  attribuisce  all'AEEGSI  il
compito di definire, nell'ambito della convenzione tipo, «le  penali,
le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni  di  risoluzione
secondo i principi del codice civile» (lettera o) e «i criteri  e  le
modalita' di applicazione  delle  tariffe  determinate  dall'ente  di
governo dell'ambito e  del  loro  aggiornamento  annuale,  anche  con
riferimento alle diverse categorie di utenze» (lettera e). 
    3) Art. 4, comma 4 della legge della Regione Sicilia  n.  19/2015
per violazione dell'art. 3, comma 1, Costituzione e del principio  di
eguaglianza-ragionevolezza, degli articoli 11, 117, comma 1,  e  117,
comma 2, lettera e) Costituzione nonche' dell'art. 14, comma 1, dello
Statuto speciale della Regione  siciliana,  in  riferimento  all'art.
149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006. 
    Lo stesso art. 4, comma 4, nella parte in cui prevede  condizioni
per l'affidamento del SII  tramite  procedure  di  evidenza  pubblica
ulteriori  e  piu'  rigorose   rispetto   a   quelle   previste   per
l'affidamento cosiddetto in  house,  e'  incostituzionale  anche  per
violazione  dell'art.  3,  comma  1,  Cost.  e   del   principio   di
eguaglianza-ragionevolezza, dell'art.  14,  comma  1,  dello  Statuto
speciale della Regione siciliana e dell'art. 117,  comma  2,  lettera
e), Cost., in riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo n.
152 del 2006, nonche' degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost. 
    La disposizione censurata, infatti, determina una  disparita'  di
trattamento tra  situazioni  analoghe,  in  violazione  dell'art.  3,
Cost., e del principio di eguaglianza-ragionevolezza in esso sancito,
nonche' una chiara situazione di favore per l'affidamento  in  house.
In   particolare,   la   norma   rende    eccessivamente    difficile
l'organizzazione di un servizio in grado di recuperare  efficacemente
i costi nell'ambito di una gestione (massima)  cosi'  breve,  minando
cosi' l'effettivita' del ricorso all'affidamento  mediante  procedure
concorsuali,  in  violazione  delle  norme  del  diritto  dell'Unione
europea rilevanti  sul  punto,  gia'  piu'  sopra  richiamate,  degli
articoli 11 e 117, primo  e  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  e
dell'art.  14,  comma  1,  dello  Statuto  speciale   della   Regione
siciliana. 
    4) Art. 4, comma 7, della legge della Regione Sicilia n.  19/2015
per violazione dell'art. 14, comma 1, dello  Statuto  speciale  della
Regione  siciliana  e  dell'art.  117,  comma  secondo,  lettera  e),
Costituzione, in riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo
n. 152 del 2006, nonche'  degli  articoli  11  e  117,  primo  comma,
Costituzione, in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE. 
    L'art. 4, comma 7, nella parte in cui prevede che i  Comuni,  «al
fine di salvaguardare le forme e le capacita' gestionali  esistenti»,
possano «provvedere alla gestione in forma  diretta  e  pubblica  del
servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell'art. 30  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267», e' incostituzionale  per
violazione dell'art.  14,  comma  1,  dello  Statuto  speciale  della
Regione siciliana e dell'art. 117, comma secondo, lettera e),  Cost.,
in riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo  n.  152  del
2006, nonche' degli  articoli  11  e  117,  primo  comma,  Cost.,  in
riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE. 
    Tale  norma  presenta  profili  di  incostituzionalita'  sia   in
relazione  alle  modalita'  di  affidamento  del  servizio,  sia   in
relazione   alla   frammentazione   dell'unicita'   della    gestione
nell'ambito. In questa sede viene in considerazione il primo dei  due
profili, rinviando la trattazione del secondo profilo nel  motivo  6)
di seguito illustrato. 
    L'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152  del  2006  precisa
che l'affidamento del servizio  deve  avvenire  in  una  delle  forme
«previste dall'ordinamento  europeo»,  nonche'  nel  rispetto  «della
normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici
locali a rete  di  rilevanza  economica».  La  disposizione  conferma
(codificandola in una norma di diritto positivo) l'impostazione della
giurisprudenza costituzionale, identificando le forme di gestione del
SII  in  quelle  stabilite  dall'Unione   europea.   Il   riferimento
all'«ordinamento europeo» implica che le forme di  gestione  del  SII
siano da individuare: a) nell'affidamento del servizio con  procedura
di evidenza pubblica, nel  rispetto  dei  principi  del  Trattato  di
funzionamento dell'Unione europea; b) nell'affidamento del servizio a
societa' mista il cui socio privato sia scelto mediante procedura  ad
evidenza  pubblica;  c)  nell'affidamento  del  servizio  a  soggetto
interamente pubblico in house,  purche'  l'affidatario  disponga  dei
requisiti individuati dalla giurisprudenza dell'Unione europea.  Cio'
esclude dunque la possibilita' della gestione diretta  del  servizio,
consentita invece dalla norma de qua. 
    Da quanto appena precisato deriva la violazione dell'art  149-bis
del decreto legislativo n. 152 del 2006, posta dallo Stato in  virtu'
del titolo della «tutela della concorrenza», e quindi degli  articoli
117, secondo comma, lettera e) e 14, comma  1,  dello  Statuto  della
Regione siciliana. Dal contrasto con  norme  di  diritto  dell'Unione
europea deriva, inoltre, la violazione degli articoli 11 e 117, primo
comma, Cost. In via consequenziale ex art. 27 della legge n.  87  del
1953, si  ritiene  che  debba  essere  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo anche l'art. 5,  comma  6,  della  legge  regionale,  che
prevede che «nelle more  dell'espletamento  delle  procedure  di  cui
all'art. 4, i  comuni  afferenti  ai  disciolti  Ambiti  territoriali
ottimali  presso  i  quali  non  si  sia  determinata  effettivamente
l'implementazione sull'intero territorio di pertinenza della gestione
unica  di  cui  all'art.  147,  comma  2,  lettera  b),  del  decreto
legislativo n. 152/2006 e successive modifiche  e  integrazioni,  con
deliberazione motivata da assumere entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge,  possono  adottare  le  forme
gestionali del comma 7 dell'art. 4». 
    5) Art. 4, comma 8, della legge della Regione Sicilia n.  19/2015
per violazione dell'art. 14, comma 1, dello  Statuto  speciale  della
Regione  siciliana  e  dell'art.  117,  comma  secondo,  lettera  e),
Costituzione, in riferimento all'art. 149-bis del decreto legislativo
n. 152 del 2006, nonche'  degli  articoli  11  e  117,  primo  comma,
Costituzione, in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE. 
    L'art. 4, comma 8, nella parte in cui prevede che  i  Comuni  «di
cui al comma 6 dell'art. 1 della legge regionale 9 gennaio  2013,  n.
2, possono gestire in forma singola e diretta il  servizio  integrato
nei  casi  in  cui  la  gestione  associata  del   servizio   risulti
antieconomica», per violazione dell'art. 14, comma 1,  dello  Statuto
speciale della Regione siciliana  e  dell'art.  117,  comma  secondo,
lettera e),  Cost.,  in  riferimento  all'art.  149-bis  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006, nonche' degli articoli 11 e  117,  primo
comma, Cost., in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE. 
    La disposizione presenta profili di illegittimita' costituzionale
sia  per  quel  che  riguarda  l'effetto  di  «frammentazione»  della
gestione  nell'ambito  ottimale  che  determina,   come   si   vedra'
successivamente nel motivo 7), sia per quel che concerne le modalita'
di affidamento. 
    In particolare, la norma  contrasta  con  le  norme  del  diritto
dell'Unione europea  concernenti  le  modalita'  di  affidamento  del
servizio, nonche' con l'art. 149-bis del decreto legislativo  n.  152
del 2006, che a queste ultime esplicitamente rinvia,  secondo  quanto
specificato al motivo  4)  precedente.  Da  cio'  la  violazione  dei
parametri costituzionali sopra indicati per le considerazioni innanzi
illustrate che si intendono qui integralmente richiamate. 
B) Norme in materia di frammentazione dell'ambito ottimale. 
    6) Art. 3, comma 3, lettera i) e art. 4,  comma  7,  della  legge
della Regione Sicilia n. 19/2015 per violazione dell'art.  14,  comma
1, dello Statuto speciale della Regione siciliana  e  dell'art.  117,
comma 2, lettere e) ed s), Cost., in riferimento agli  articoli  147,
149-bis e 172 del decreto legislativo n.  152  del  2006  e  all'art.
3-bis, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138  del
2011, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148. 
    L'art. 3, comma 3, lettera  i),  in  base  al  quale  l'Assemblea
territoriale «delibera, su proposta  dei  comuni  facenti  parte  del
medesimo ATO, la costituzione di sub-ambiti», e l'art.  4,  comma  7,
nella parte in cui prevede che  i  Comuni  possano  «provvedere  alla
gestione in forma diretta e pubblica del servizio  idrico,  in  forma
associata (...), anche attraverso la costituzione di  sub-ambiti,  ai
sensi dell'art. 3, comma 3, lettera i), facenti  parte  dello  stesso
Ambito territoriale ottimale», sono incostituzionali  per  violazione
dell'art. 14, comma 1, dello Statuto speciale della Regione siciliana
e dell'art. 117, comma 2, lettere e) ed  s),  Cost.,  in  riferimento
agli articoli 147, 149-bis e 172 del decreto legislativo n.  152  del
2006 e all'art. 3-bis, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge n. 138  del
2011, convertito in legge n. 148 del 2011. 
    Le  disposizioni  impugnate,  consentendo  la   costituzione   di
sub-ambiti, si pongono in contrasto con i principi fondamentali della
legislazione statale in materia di «tutela della  concorrenza»  e  di
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».  La  legislazione  statale,
nelle norme del Codice  dell'ambiente  sopra  richiamate  e  all'art.
3-bis del decreto-legge n. 138/2011, convertito in legge n.  148  del
2011, mira ad assicurare l'unicita' della gestione per ciascun ambito
territoriale ottimale e l'integrazione - verticale  e  orizzontale  -
dei  servizi,  superando  la  frammentazione  gestionale  determinata
dall'esistenza delle  resilienti  gestioni  comunali  (di  dimensioni
inadeguate rispetto alla mole di investimenti necessari,  soprattutto
per uscire dalle numerose procedure d'infrazione aperte nei confronti
dell'Italia e riferite alla  Regione  siciliana)  che  la  disciplina
regionale mira a confermare. Si tratta di principi che  vincolano  il
legislatore regionale, come affermato dalla Corte costituzionale, con
la recente sentenza n. 32 del 12 marzo 2015. 
    Piu' in  particolare,  l'art.  147  del  decreto  legislativo  n.
152/2006, dispone che i servizi idrici siano «organizzati sulla  base
degli ambiti  territoriali  ottimali  definiti  dalle  Regioni»,  nel
rispetto (tra gli altri) dei seguenti  principi:  i)  garanzia  dello
svolgimento del servizio «secondo criteri di efficienza, efficacia ed
economicita'»; ii) «unicita' della gestione»; iii) «adeguatezza delle
dimensioni gestionali,  definita  sulla  base  di  parametri  fisici,
demografici, tecnici». 
    L'art. 3-bis, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011  prevede
che  a  tutela  della  concorrenza  e   dell'ambiente,   le   regioni
definiscano il perimetro degli ambiti o bacini territoriali  ottimali
e  omogenei  in  modo  da  consentire  economie   di   scala   e   di
differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza  del  servizio  e
istituendo o designando gli enti di governo degli  stessi.  Il  comma
1-bis prevede che le funzioni di organizzazione dei servizi  pubblici
locali a rete di  rilevanza  economica,  di  scelta  della  forma  di
gestione, di affidamento della gestione e  relativo  controllo  siano
esercitate unicamente dagli enti di governo  degli  ambiti  o  bacini
territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai  sensi  del
comma 1 dello stesso art. 3-bis. 
    L'art. 149-bis,  al  comma  1,  afferma  che  l'ente  di  governo
dell'ambito delibera la forma di gestione nel rispetto del  principio
di unicita' della gestione per ciascun ambito territoriale  ottimale.
Al comma 2 lo stesso articolo fa riferimento  al  «gestore  unico  di
ambito» e prevede che il servizio idrico integrato  sia  gestito  dal
soggetto affidatario  «su  tutto  il  territorio  degli  enti  locali
ricadenti   nell'ambito   territoriale   ottimale».   Il    principio
dell'unicita' della gestione e' ulteriormente ribadito all'art.  172,
che regola le «gestioni esistenti». 
    Il principio di unicita'  della  gestione  nell'ambito  ottimale,
posto dalle disposizioni appena richiamate, e' evidentemente  violato
dalle  disposizioni  impugnate,  che  consentono   l'istituzione   di
sub-ambiti in modo del tutto slegato dai principi che la legislazione
statale pone per la modulazione degli ambiti. La «salvaguardia  delle
forme e delle capacita' gestionali esistenti»  cui  e'  orientata  la
disposizione impugnata, infatti, non e' necessariamente coerente  con
i  criteri  di  «efficienza,  efficacia   ed   economicita'»   e   di
«adeguatezza delle dimensioni  gestionali,  definita  sulla  base  di
parametri fisici, demografici, tecnici» cui rinvia il menzionato art.
147. 
    Si noti infine che il comma 2-bis dell'art.  147  prevede,  quale
unica possibile eccezione al principio  di  unicita'  della  gestione
nell'ambito, l'ipotesi secondo la quale  quest'ultimo  «coincida  con
l'intero territorio regionale»: nel qual caso e' possibile,  «ove  si
renda necessario  al  fine  di  conseguire  una  maggiore  efficienza
gestionale  ed  una  migliore  qualita'  del  servizio   all'utenza»,
procedere alla  costituzione  di  sub-ambiti.  Risulta  evidente  che
l'art. 4, comma 7, della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015
si pone del tutto al di fuori di tale previsione. 
    7) Art. 4, comma 8, e, in via consequenziale, art.  9,  comma  1,
della legge della Regione Sicilia n. 19/2015 per violazione dell'art.
14, comma  1,  dello  Statuto  speciale  della  Regione  siciliana  e
dell'art.  117,  comma  2,  lettere  e)  ed  s),   Costituzione,   in
riferimento agli articoli 147 e 149-bis del  decreto  legislativo  n.
152  del  2006  nonche'  degli  articoli  11  e  117,  primo   comma,
Costituzione, in riferimento agli articoli 14 e 106 TFUE. 
    L'art. 4, comma 8, della legge della Regione siciliana n. 19  del
2015  prevede  quanto  segue:  «I  comuni  montani  con   popolazione
inferiore a 1.000 abitanti nonche' i comuni delle isole minori  ed  i
comuni di cui al comma 6 dell'art. 1 della legge regionale 9  gennaio
2013, n. 2 possono gestire in forma singola  e  diretta  il  servizio
idrico integrato nei casi in cui la gestione associata  del  servizio
risulti  antieconomica».  Tale  disposizione  presenta   profili   di
illegittimita' costituzionale sia per quel che riguarda l'effetto  di
«frammentazione» della gestione nell'ambito ottimale  che  determina,
sia per quel che concerne le modalita' di affidamento. In questa sede
viene  in  rilievo  tale  secondo  profilo  mentre  si   rimanda   la
trattazione del primo profilo al superiore motivo 5). 
    L'art. 147, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006,
nel disciplinare i casi  di  eccezione  all'unicita'  della  gestione
nell'ambito ottimale, fa salve «le gestioni del  servizio  idrico  in
forma autonoma esistenti nei comuni montani con popolazione inferiore
a 1.000 abitanti istituite ai sensi del comma 5  dell'art.  148».  La
norma regionale de qua, come si e' visto,  aggiunge  a  tale  ipotesi
quella dei Comuni delle isole minori  e  quella  dei  comuni  di  cui
all'art. 1, comma 6, della legge regionale n. 2 del 2013. 
    Nessun  problema  di  costituzionalita'  sembra  porsi   per   lo
specifico riferimento ai Comuni delle isole minori, dal  momento  che
la relativa previsione pare estendere la ratio che sostiene la  norma
eccezionale prevista per i Comuni montani di minori dimensioni. 
    Diverse  sono  invece  le  considerazioni  che  suscita   l'altra
previsione, che estende la richiamata eccezione ai «i comuni che  non
hanno  consegnato  gli  impianti  ai  gestori  del  servizio   idrico
integrato, continuano la gestione diretta» (art. 1,  comma  6,  della
legge regionale siciliana n. 2  del  2013).  Tale  previsione  appare
completamente estranea  alla  ratio  dell'eccezione  stabilita  dalla
norma statale, e dunque in irrimediabile contrasto con  la  medesima.
Il contrasto si determina anche in relazione alle norme  del  diritto
dell'Unione europea  concernenti  le  modalita'  di  affidamento  del
servizio, nonche' con l'art. 149-bis del decreto legislativo  n.  152
del 2006, che a queste  ultime  esplicitamente  rinvia.  Da  cio'  la
violazione dei parametri costituzionali sopra indicati. 
    In ogni caso, determina una  violazione  dei  parametri  indicati
piu' sopra l'estensione della deroga regionale siciliana ai «casi  in
cui  la  gestione  associata  risulti  antieconomica»,  da   valutare
discrezionalmente pro futuro, a  fronte  di  una  previsione  statale
concernente le sole gestioni gia' «esistenti». 
    Di qui, l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  4,  comma  8,
della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015,  nella  parte  in
cui prevede che i Comuni «di cui al comma 6 dell'art. 1  della  legge
regionale 9 gennaio 2013, n. 2, possono gestire in  forma  singola  e
diretta il servizio integrato nei casi in cui la  gestione  associata
del servizio risulti antieconomica»,  per  violazione  dell'art.  14,
comma 1, dello Statuto speciale della Regione siciliana  e  dell'art.
117, comma secondo, lettera e), Cost., in riferimento  agli  articoli
147, comma 2-bis e 149-bis del decreto legislativo n. 152  del  2006,
nonche' degli articoli 11 e 117, primo comma, Cost.,  in  riferimento
agli articoli 14 e 106 TFUE. 
    Merita di essere evidenziato, inoltre, che  l'art.  9,  comma  1,
della legge regionale de  qua  pare  affetto  da  una  illegittimita'
costituzionale consequenziale rispetto a quella  appena  evidenziata.
Tale disposizione, infatti, prevede che i «finanziamenti previsti per
l'adeguamento degli impianti di depurazione delle reti idriche» siano
destinati anche «ai comuni di cui all'art. 1, comma  6,  della  legge
regionale 9 gennaio del 2013, n. 2». 
    Infatti, una volta esclusa la possibilita' di gestione del SII da
parte di  questa  categoria  dei  comuni,  in  seguito  all'auspicato
accoglimento della questione da ultimo prospettata,  dovrebbe  essere
dichiarata l'illegittimita' consequenziale ex art. 27 della legge  n.
87 del 1953, della norma da ultimo evocata, in relazione  al  profilo
evidenziato. 
    Pertanto,   la   disposizione   regionale   in   esame    risulta
costituzionalmente illegittima solo nella parte in  cui  prevede  che
«(...) i comuni di cui all'art. 1, comma 6, della legge  regionale  9
gennaio del 2013, n. 2» possono gestire in forma singola e diretta il
servizio integrato nei «casi in cui  la  gestione  associata  risulti
antieconomica» in  quanto  eccezioni  non  previste  dalla  normativa
statale. 
C) Norme sulla tariffa e sul fondo di solidarieta'. 
    8) Art. 11, art. 5, comma 2, e art. 7, comma 3 della legge  della
Regione Sicilia n. 19/2015 per violazione  dell'art.  117,  comma  2,
lettere e) ed s), della Costituzione nonche' dell'art. 14,  comma  1,
dello Statuto speciale della Regione siciliana, in  riferimento  agli
articoli 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del decreto legislativo n.
152/06, e l'art. 10, comma 14, del decreto-legge 13 maggio  2011,  n.
70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106 (in combinato disposto
con l'art. 21, comma 19, del 6 dicembre 2011, n. 201,  convertito  in
legge 22 dicembre 2011, n.  214  e  con  l'art.  3  del  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012 nonche' 2, comma
12, legge n. 481 del 1995). 
    L'art.  11  attribuisce  alla  Giunta  regionale  il  compito  di
definire  e  approvare,  su  proposta  delle  Assemblee  territoriali
idriche, i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all'acquedotto
e alla fognatura «sulla base di quanto  disposto  dall'art.  154  del
decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152,  ossia  che  la  tariffa
costituisce il corrispettivo del  servizio  idrico  integrato  ed  e'
determinata dalla  qualita'  della  risorsa  idrica  e  del  servizio
fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita'  dei
costi di gestione delle opere e dei costi di gestione delle  aree  di
salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi  di  funzionamento
delle Assemblee territoriali idriche, in modo che sia  assicurata  la
copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio  secondo
il principio del recupero dei  costi  e  secondo  il  principio  "chi
inquina paga"». L'ultima parte della disposizione, inoltre, individua
direttamente uno dei criteri a  cui  deve  attenersi  la  Giunta  nel
determinare la tariffa prevedendo che «in  relazione  al  livello  di
qualita' della risorsa idrica ovvero nei casi in cui la stessa non e'
utilizzabile per fini alimentari, la tariffa e' ridotta in una misura
pari al 50 per cento». 
    L'art. 5, comma 2, che disciplina il regime transitorio,  prevede
che le funzioni  dei  commissari  straordinari  e  liquidatori  delle
soppresse  Autorita'  d'ambito  sono  prorogate  e  che  gli   stessi
continuano ad avvalersi del personale in servizio  presso  le  stesse
«con costi a carico della tariffa del servizio idrico». 
    L'art. 7, comma 3, nel prevedere che  il  personale  in  servizio
delle  Autorita'  d'ambito  territoriali  ottimali   proveniente   da
pubbliche amministrazioni transita, unitamente  alle  funzioni,  alle
Assemblee territoriali idriche, pone i relativi  oneri  finanziari  a
carico dei proventi  derivanti  dalla  tariffa  del  servizio  idrico
integrato, rimandando ad un  decreto  assessoriale  le  modalita'  di
ripartizione dei predetti oneri a carico  dei  soggetti  gestori  del
servizio idrico integrato. 
    Tali previsioni,  attribuendo  all'amministrazione  regionale  il
potere di definire i criteri per la determinazione delle tariffe  del
SII e di  approvare  le  tariffe  medesime,  violano  il  riparto  di
competenze stabilito dall'art. 117, comma 2, lettere e) ed s),  della
Costituzione,  atteso  che  la  materia  relativa  ai   criteri   per
l'individuazione delle componenti di costo e  per  la  determinazione
delle tariffe per i servizi idrici e all'approvazione delle stesse e'
espressione della competenza esclusiva dello Stato  di  cui  all'art.
117, comma 2, lettere e  (tutela  della  concorrenza)  ed  s  (tutela
dell'ambiente). 
    Codesta Ecc.ma Corte, infatti, ha chiarito  che  le  regioni  non
possono legiferare in materia di determinazione delle tariffe  per  i
servizi idrici (v. ex multis sentenze n. 246/09, n. 307/09, n. 29/10,
n. 142/10 e n. 67/13), atteso che «dall'interpretazione  letterale  e
sistematica degli articoli 154, 155 e 161 del decreto legislativo  n.
152 del 2006 si desume che la determinazione della tariffa,  relativa
ai servizi idrici  per  i  vari  settori  di  impiego  dell'acqua  e'
ascrivibile alla materia della tutela dell'ambiente e a quella  della
tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva
dello Stato» e che «le disposizioni regionali impugnate  riservino  a
tali enti un'attivita' di approvazione  e  modulazione  che,  invece,
dalle norme statali interposte, in particolare  dall'art.  10,  comma
14, del decreto-legeg n. 70 del 2011, risulta riservata  allo  Stato,
nell'esercizio  delle  proprie  competenze  in  materia   di   tutela
dell'ambiente e di tutela della concorrenza». 
    Gli articoli 154, commi 2 e  4,  e  161,  comma  4,  del  decreto
legislativo n. 152/06, e l'art. 10, comma 14,  del  decreto-legge  13
maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011,  n.  106  (in
combinato disposto con l'art. 21, comma 19, del 6 dicembre  2011,  n.
201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 e con l'art. 3  del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  20  luglio  2012),
dunque,   sono   pacificamente   qualificati   dalla   giurisprudenza
costituzionale come norme-parametro  interposte,  la  cui  violazione
determina dunque indirettamente la violazione dell'art. 117 Cost. (ex
multis, sentenza 29 del 2010, c.i.d., punto 1). 
    A  normativa  vigente  spetta  dunque  allo  Stato  -  che  nella
fattispecie  ha  attribuito   il   relativo   potere   amministrativo
all'Autorita' per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico  (v.
art. 10, comma  14,  decreto-legge  n.  70/11;  art.  21,  comma  19,
decreto-legge n. 201/11; art. 3 decreto del Presidente del  Consiglio
dei ministri 20 luglio 2012; art. 2, comma 12, legge n.  481/1995)  -
la  funzione  di  «predispo[rre]  il   metodo   tariffario   per   la
determinazione, con riguardo a  ciascuna  delle  quote  in  cui  tale
corrispettivo  si  articola,  della  tariffa  del   servizio   idrico
integrato, sulla base della valutazione  dei  costi  e  dei  benefici
dell'utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto,  in  conformita'
ai principi  sanciti  dalla  normativa  comunitaria,  sia  del  costo
finanziario della fornitura  del  servizio  che  dei  relativi  costi
ambientali e delle risorse, affinche' sia  pienamente  realizzato  il
principio del recupero dei costi ed il principio "chi  inquina  paga"
(...)» (art. 10,  comma  14,  decreto-legge  n.  70/11),  nonche'  il
compito di "e) approva[re] le  tariffe  predisposte  dalle  autorita'
competenti", verificando dunque  ex  post  il  rispetto  dei  criteri
tariffari dalla stessa definiti. 
    Ad ulteriore  asseverazione  di  quanto  sopra  esposto,  occorre
sottolineare  che  il  decreto-legge  n.  201/2011,  convertito   con
modificazioni nella legge n. 214/2011, nell'attribuire  all'Autorita'
«le funzioni attinenti alla regolazione e al  controllo  dei  servizi
idrici», ha precisato che tali funzioni  «vengono  esercitate  con  i
medesimi  poteri  attribuiti  all'Autorita'  stessa  dalla  legge  14
novembre  1995,  n.  481»  (art.  21,  comma  19,  decreto-legge   n.
201/2011). 
    Ebbene, le disposizioni della legge  n.  481/1995,  legge  quadro
sulla regolazione economica indipendente in Italia, devono  ritenersi
certamente, peraltro al pari di quelle  del  decreto-legge  n.  70/11
(con particolare riferimento all'art. 10,  comma  11  e  ss.)  e  del
decreto-legge n. 201/2011  (con  particolare  riguardo  all'art.  21,
comma  19),  norme  di   grande   riforma   economico-sociale   della
Repubblica, al cui rispetto e' chiamata anche la  Regione  Siciliana,
nell'esercizio delle proprie  competenze  legislative  esclusive,  ai
sensi dell'art. 14 del proprio Statuto speciale. A conferma di  cio',
il chiaro disposto dell'art. 1, comma 1, della legge n. 481/1995, che
individua le finalita' dell'azione delle  Autorita'  indipendenti  di
regolazione  nella  necessita'  di  garantire  la  «promozione  (...)
dell'efficienza nel settore dei servizi di  pubblica  utilita'  (...)
nonche' adeguati livelli  di  qualita'  nei  servizi  medesimi  (...)
assicurandone  la  fruibilita'  e  la  diffusione  in  modo  omogeneo
sull'intero territorio nazionale,  definendo  un  sistema  tariffario
certo, trasparente e basato su criteri  predefiniti,  promuovendo  la
tutela degli interessi di utenti e consumatori». 
    L'esercizio dei  poteri  di  regolazione  indipendente  intestati
all'Autorita' e' infatti funzionale a garantire livelli minimi  delle
prestazioni  e   dei   servizi   pubblici   «sull'intero   territorio
nazionale», livelli minimi per il cui rispetto e raggiungimento  sono
previsti specifici poteri di regolazione e controllo a  tutela  degli
utenti,  compreso  l'importante  potere  di  irrogare  sanzioni   nei
confronti  di  tutti  gli  esercenti  i  servizi   che   si   rendono
responsabili di  violazioni  della  regolazione  o  di  comportamenti
lesivi  dei  diritti  degli  utenti  (art.  2,  comma  20,  legge  n.
481/1995). 
    Per i motivi suesposti, le disposizioni censurate, nella parte in
cui attribuiscono alla Giunta Regionale  il  compito  di  definire  e
approvare   i   modelli   tariffari   del   ciclo   idrico   relativi
all'acquedotto e alla fognatura violano le competenze esclusive dello
Stato  in  materia  di  tutela  della   concorrenza   e   di   tutela
dell'ambiente previste dall'art. 117,  comma  2,  lettere  e)  e  s),
Cost.,  invadendo  la  potesta'   del   medesimo   in   ordine   alla
determinazione delle tariffe per i servizi idrici tramite la  lesione
delle menzionate norme interposte. 
    Ne'  si  puo'  ritenere  che  le  disposizioni  censurate   siano
legittime alla luce della  circostanza  che  la  Regione  Sicilia  si
configura come una regione a statuto speciale. 
    Da una parte, infatti, non si rinviene  nello  Statuto  regionale
una disposizione che stabilisca o  fondi  la  competenza  legislativa
esclusiva della Regione per la disciplina della  materia  tariffaria,
strettamente connessa alla tutela della concorrenza e  dell'ambiente,
come conferma  la  circostanza  che  in  Sicilia  ha  sempre  trovato
applicazione la disciplina statale in materia di determinazione delle
tariffe del SII (con particolare  riferimento  al  Metodo  Tariffario
Normalizzato di cui  al  DM  1°  agosto  1996  e,  ancora  prima,  ai
provvedimenti del  CIPE).  Dall'altra,  in  subordine  rispetto  alla
censura principale in  precedenza  formulata  -  nella  pur  denegata
ipotesi in cui si ritenesse che alla Regione Siciliana debbano essere
riconosciute  particolari  forme   di   autonomia   in   materia   di
determinazione della tariffa in  coerenza  con  quanto  affermato  da
codesta Ecc.ma Corte in relazione alla Regione autonoma Valle d'Aosta
(sentenza n. 142  del  2015)  -  la  disposizione  impugnata  sarebbe
comunque  illegittima  nella  parte  in  cui  non   prevede   che   i
provvedimenti regionali debbano comunque «conformarsi alle direttrici
della metodologia tariffaria statale», come prescritto  dalla  citata
sentenza n. 142 del 2015, all'imprescindibile fine di assicurare «una
regolazione stabile e idonea a garantire gli investimenti  necessari,
un servizio efficiente e di qualita', nonche' la tutela degli  utenti
finali». 
    La legge regionale impugnata, infatti, omette di prevedere, nello
spirito di quanto evidenziato dal Giudice delle leggi, il  necessario
rispetto, da parte  dei  provvedimenti  regionali,  delle  direttrici
della metodologia tariffaria statale definita dell'AEEGSI,  in  forza
degli articoli 10, comma 14, decreto-legge n. 70/11;  21,  comma  19,
decreto-legge n. 201/11; 3,  comma  1,  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 20 luglio 2012; nonche' 2, comma 12, legge  n.
481/1995. 
    Occorre sottolineare, peraltro,  che  il  riconoscimento  di  una
competenza esclusiva della Regione in materia di determinazione delle
tariffe del  SII,  potrebbe  generare  gravi  effetti  critici  sulla
finanza pubblica. 
    Si potrebbe  sostenere,  infatti,  che  nei  bienni  2012/2013  e
2014/2015 gli utenti abbiano erroneamente versato ai gestori del  SII
- in maggioranza enti pubblici o s.p.a. partecipate da enti  pubblici
- tariffe calcolate in base a provvedimenti dell'AEEGSI risultati poi
improduttivi di effetti per difetto assoluto di attribuzione. 
    Se si accede, infatti, alla tesi secondo  cui  la  materia  della
determinazione  delle  tariffe  del  SII  rientra  nella   competenza
legislativa esclusiva regionale ex art.  14  dello  Statuto,  occorre
allora rilevare  che  fino  all'adozione  della  legge  regionale  n.
19/2015 la materia e' stata regolata in Sicilia  dall'art.  69  della
legge regionale n. 10/1999, nella parte in cui ha previsto (comma  2,
lettera h), che  «ove  non  gia'  disciplinato  da  specifiche  norme
regionali, si applicano le disposizioni di cui alla legge  5  gennaio
1994, n. 36 e successive modifiche ed integrazioni». Dunque,  facendo
propria la prospettiva esegetica sottesa alla legge regionale  n.  19
del 2015, nel  territorio  della  Regione  avrebbero  dovuto  trovare
applicazione, in materia di tariffe del SII, anche per le  annualita'
in parola, le disposizioni e i provvedimenti attuativi della legge n.
36/1994 (poi trasposta  nel  decreto  legislativo  n.  152/2006)  ivi
compreso il Metodo Tariffario Normalizzato di cui  al  DM  1°  agosto
1996 - peraltro poi inciso dall'abrogazione referendaria ad opera del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica   n.   116/2011   -   non
riscontrandosi  alcuna  disposizione  regionale  che   abbia   inteso
estendere   alla   Sicilia   l'efficacia   delle   disposizioni   del
decreto-legge n. 70/2011, del decreto-legge n. 201/2011 e del decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri  20  luglio  2012,  da  cui
derivano i poteri dell'Autorita' nel settore. 
    Cio' potrebbe generare rilevanti  richieste  di  restituzione  di
quanto   erroneamente   versato,   in   forza    dei    provvedimenti
dell'Autorita', per i bienni 2012/2013 e 2014/2015. 
    Inoltre, aderendo alla tesi suesposta risulterebbe che  ad  oggi,
nelle more dell'adozione, da parte della Giunta regionale, del  nuovo
modello tariffario, non sarebbe possibile individuare con certezza la
tariffa  applicabile  nel  territorio   regionale,   posto   che   la
disposizione impugnata non precisa quali norme siano applicabili fino
all'approvazione  del/i  modello/i  tariffario/i  regionale/i  e  che
contestualmente lo Stato sarebbe  privo  del  potere  di  normare  la
materia poiche' rientrante nella competenza esclusiva  regionale.  Da
cio' deriverebbe anche la possibilita', per gli utenti siciliani,  di
contestare il pagamento delle tariffe ad oggi erroneamente  applicate
in forza dei provvedimenti dell'AEEGSI. 
    Ad aggravare tale situazione vi e' la circostanza che la  Regione
Siciliana si configura oggi come la porzione di  territorio  italiano
maggiormente  interessata  dalle  procedure  di  infrazione  pendenti
contro l'Italia in materia di depurazione delle  acque  reflue  prima
del rilascio nei corpi idrici, per mancato  rispetto  degli  standard
ambientali  stabiliti  a  livello  europeo  (cfr.  Documento  per  la
consultazione 339/2013/R/idr e, in particolare, la  Tav.  3  (pag.10)
recante la «Localizzazione degli agglomerati per i quali l'Italia  e'
stata condannata con sentenza 19 luglio 2012 in causa C-565/10»). 
    Ebbene,  una  situazione  di  incertezza  e  vuoto  normativo   e
regolatorio,  quale  quella  causata  dalla  disposizione  impugnata,
potrebbe rendere  ancor  piu'  difficoltosa  la  realizzazione  degli
investimenti    necessari    al    superamento    delle    criticita'
infrastrutturali poste alla base della procedura di  infrazione,  con
conseguenti  condanne  contro  l'Italia,  stimate  in  circa  500/700
milioni di euro. 
    Si  segnala  infine  che   l'impossibilita'   di   applicare   la
regolamentazione  dell'Autorita'   sul   territorio   della   Regione
Siciliana priva gli utenti di  quella  Regione  delle  tutele  e  dei
livelli minimi  delle  prestazioni  previsti  per  tutti  gli  utenti
presenti in Italia, anche tenendo conto che, come chiarito da codesta
Ecc.ma  Corte  (sentenza  n.  41   del   2013),   «l'istituzione   di
un'Autorita'  indipendente  e'  tesa  a  ridurre  le  criticita'  che
potrebbero  derivare  dalla  commistione,  in  capo   alle   medesime
amministrazioni, di ruoli tra loro  incompatibili,  introducendo  una
distinzione tra soggetti regolatori e soggetti regolati». 
    9) Art. 11 della legge  della  Regione  Sicilia  n.  19/2015  per
violazione dell'art. 117, comma 2, lettere e) ed s),  Costituzione  e
dell'art.  14,  comma  1,  dello  Statuto  speciale   della   Regione
siciliana, in riferimento agli articoli 119, 141,  comma  2,  e  154,
comma 1, del decreto legislativo n. 152  del  2006,  e  all'art.  10,
comma 14, lettera d),  del  decreto-legge  13  maggio  2011,  n.  70,
convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, nonche' degli articoli 11
e 117, comma 1, Costituzione, in riferimento al Considerando n. 38  e
all'art. 9 della direttiva 2000/60/CE. 
    In tema di tariffa  del  SII  l'art.  11  della  legge  regionale
siciliana n. 19 del 2015 prevede quanto segue: «La Giunta  regionale,
su proposta delle Assemblee territoriali idriche, approva  i  modelli
tariffari del ciclo idrico relativi all'acquedotto ed alla fognatura,
compreso quello gestito da Siciliacque S.p.A., sulla base  di  quanto
disposto dall'art. 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
ossia che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico
integrato ed e' determinata dalla qualita' della risorsa idrica e del
servizio  fornito,  delle  opere  e  degli   adeguamenti   necessari,
dell'entita' dei costi  di  gestione  delle  opere  e  dei  costi  di
gestione delle aree di salvaguardia, nonche' di una quota  parte  dei
costi di funzionamento delle Assemblee territoriali idriche, in  modo
che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e
di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il
principio "chi inquina paga". In relazione  al  livello  di  qualita'
della risorsa idrica  ovvero  nei  casi  in  cui  la  stessa  non  e'
utilizzabile per fini alimentari, la tariffa e' ridotta in una misura
pari al 50 per cento. Tutte  le  quote  delle  tariffe  del  servizio
idrico integrato hanno natura di corrispettivo». 
    Tale  disposizione,  in  gran  parte,  riproduce   il   contenuto
dell'art. 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006.  Ciononostante
alcuni  aspetti  risultano   incostituzionali   e   percio'   vengono
impugnati, nei termini di seguito precisati. 
    Sul  punto  e'  comunque  opportuno  premettere  che,   come   ha
evidenziato codesta Ecc.ma Corte in relazione ad analoga norma  della
Valle d'Aosta, la competenza in materia  tariffaria  dovra'  comunque
essere esercitata dalla Regione in conformita' «alle direttrici della
metodologia tariffaria  statale»  (sentenza  n.  142  del  2015).  La
legittimita' dell'esercizio in concreto  del  potere  conferito  alla
giunta regionale e' dunque  subordinata  alla  conformita'  a  queste
ultime. 
    Per illustrare la questione  di  legittimita'  costituzionale  e'
necessario muovere dall'art. 141, comma 2, del decreto legislativo n.
152 del 2006, ai sensi del quale «il  servizio  idrico  integrato  e'
costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione
e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di  depurazione
delle acque  reflue,  e  deve  essere  gestito  secondo  principi  di
efficienza, efficacia  ed  economicita',  nel  rispetto  delle  norme
nazionali e comunitarie». Tale norma colloca dunque con certezza,  in
modo inderogabile, il servizio di depurazione nell'ambito del SII (si
veda, al riguardo, anche la  delibera  dell'Autorita'  per  l'energia
elettrica  il  gas  e  il  sistema  idrico  27  dicembre   2013,   n.
642/2013/R/IDR). 
    Il successivo art. 154 prevede che : «La tariffa  costituisce  il
corrispettivo del servizio idrico integrato ed e' determinata tenendo
conto della qualita' della risorsa idrica  e  del  servizio  fornito,
delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei costi  di
gestione  delle  opere,  e  dei  costi  di  gestione  delle  aree  di
salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi  di  funzionamento
dell'ente di governo dell'ambito,  in  modo  che  sia  assicurata  la
copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio  secondo
il principio del recupero dei  costi  e  secondo  il  principio  "chi
inquina paga". Tutte le  quote  della  tariffa  del  servizio  idrico
integrato  hanno  natura  di  corrispettivo».  Da  cio'   si   desume
chiaramente che la tariffa deve comprendere necessariamente una quota
a titolo di corrispettivo anche per il servizio  di  depurazione  (in
tema cfr. sentenza n. 335 del 2008). 
    La disposizione normativa regionale di cui all'art.  11,  invece,
prevede modelli tariffari che  escludono  il  segmento  del  servizio
idrico relativo alla depurazione, disponendo che «la Giunta regionale
(...)  approv(i)  modelli  tariffari  del   ciclo   idrico   relativi
all'acquedotto ed alla fognatura». Tale conclusione  potrebbe  essere
avvalorata dall'autonoma considerazione che la legge n. 15  del  2015
fa del servizio di depurazione, all'art. 27,  comma  3,  lettera  e),
attribuendo la competenza all'organizzazione del  relativo  servizio,
in via sussidiaria, ai liberi consorzi di comuni, senza fare menzione
alcuna degli ulteriori servizi che compongono il SII. L'art. 11 della
legge regionale impugnata, se interpretato nel senso di escludere  il
servizio di depurazione dall'insieme dei servizi il  cui  costo  deve
essere recuperato mediante la tariffa, appare dunque in contrasto: 
        i) con gli articoli 119, 141, comma 2, e 154,  comma  1,  del
decreto legislativo  n.  152  del  2006,  che  pongono  il  principio
dell'intero recupero dei costi in relazione a tutti  i  segmenti  del
SII, nonche' il principio «chi inquina paga», e con l'art. 10,  comma
14, lettera d), del decreto-legge n.  70  del  2011,  che  impone  il
rispetto  dei  suddetti  principi  nella   definizione   del   metodo
tariffario, con conseguente  violazione  degli  articoli  117,  comma
secondo, lettere e) ed s), e 14, primo  comma,  dello  Statuto  della
Regione siciliana; 
        ii) con la direttiva 2000/60/CE (ed in  particolare  del  suo
Considerando n. 38 e del suo  art.  9),  che  pone,  nell'ambito  del
diritto dell'UE, i principi del recupero integrale dei costi  e  «chi
inquina paga», con conseguente violazione degli articoli  11  e  117,
primo comma, Cost. 
    Da quanto sopra esposto,  l'art.  11,  comma  1,  primo  periodo,
risulta illegittimo nella parte in cui  non  prevede  che  la  Giunta
regionale approvi modelli tariffari  del  ciclo  idrico  relativi  ai
servizi di depurazione oltre che quelli  relativi  all'acquedotto  ed
alla fognatura. 
    10) Art. 11 e art. 4, comma 6, della legge della Regione  Sicilia
n. 19/2015 per  violazione  dell'art.  14,  comma  1,  dello  Statuto
speciale della Regione siciliana e dell'art. 117, comma 2, lettere e)
ed s), Costituzione, in riferimento  agli  articoli  119  e  154  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, e all'art. 10, comma 14, lettera
d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in  legge  12
luglio 2011, n. 106, nonche'  degli  articoli  11  e  117,  comma  1,
Costituzione, in riferimento all'art. 9 della direttiva 2000/60/CE, e
al Considerando n. 38 della medesima. 
    Oltre che per i motivi esposti ai punti precedenti, l'art. 11  e'
affetto da incostituzionalita' anche nella parte in cui  prevede  che
«in relazione al livello di qualita' della risorsa idrica ovvero  nei
casi in cui la stessa non e' utilizzabile  per  fini  alimentari,  la
tariffa e' ridotta in una misura pari  al  50  per  cento».  Analoghi
profili di incostituzionalita' viziano anche  la  previsione  di  cui
all'art. 4, comma 6, secondo cui «per i disservizi di cui al comma 4,
lettera b), prodotti dalle gestioni interamente pubbliche, le tariffe
a carico degli utenti sono proporzionalmente ridotte». 
    Le disposizioni censurate, lette in combinato  disposto  con  gli
articoli 1, commi 1  e  2,  lettera  c),  e  4,  commi  1  e  2,  che
stabiliscono il principio della  non  assoggettabilita'  a  finalita'
lucrative della gestione delle risorse idriche,  violano  l'art.  14,
comma 1, dello Statuto speciale della Regione siciliana, l'art.  117,
comma 2, lettere e) ed s), Cost., in riferimento agli articoli 119  e
154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ed  all'art.  10,  comma
14, lettera d),  del  decreto-legge  n.  70  del  2011,  nonche'  gli
articoli 11 e 117, comma 1, Cost., in riferimento  all'art.  9  della
direttiva 2000/60/CE, e al Considerando n. 38 della medesima. 
    Per effetto delle norme (articoli 1, commi 1 e 2, lettera  c),  e
4, commi 1 e 2)  che  escludono  esplicitamente  qualunque  finalita'
lucrativa  nella  gestione  della  risorsa   idrica,   le   riduzioni
tariffarie previste dalle disposizioni impugnate contrastano  con  il
principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici,  sancito
all'art. 119, decreto legislativo n. 156/2006,  e  ribadito  all'art.
154, decreto legislativo n. 152 del 2006, secondo cui la tariffa deve
assicurare la «copertura integrale dei costi  di  investimento  e  di
esercizio secondo il principio del recupero dei costi  e  secondo  il
principio "chi inquina paga"». 
    Inoltre, contrastano con quanto disposto dall'art. 10, comma  14,
lettera d), decreto-legge n. 70 del 2011, concernente  i  criteri  di
predisposizione del metodo tariffario. 
    Una   lettura   sistematica   delle   norme    vigenti    conduce
necessariamente alla conclusione secondo la quale il principio  della
integrale copertura dei costi abbia carattere fondamentale e non  sia
in alcun modo derogabile nella determinazione  della  tariffa.  Esso,
infatti, oltre ad essere posto anche dalla direttiva  2000/60/CE,  e'
certamente volto al fine di «evitare  sprechi,  favorire  il  rinnovo
delle  risorse,  garantire  i  diritti  delle   generazioni   future»
(sentenza n. 246 del 2009). 
    Il pur importante principio della modulazione  della  tariffa  in
ragione della qualita' della risorsa,  anch'esso  previsto  dall'art.
154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, deve  essere  coordinato
con tale conclusione. Esso  dunque  potra'  (e  dovra')  operare,  in
relazione ai casi in cui la cattiva qualita' della  risorsa  non  sia
responsabilita'  del  gestore,  solo  ove  il  modello  concretamente
prescelto per la gestione  del  SII  consenta  la  remunerazione  del
capitale di rischio e il perseguimento di finalita' lucrative. 
    La legge della Regione siciliana de qua,  avendo  optato  per  un
modello di gestione che esclude in radice la generazione di qualunque
profitto, non puo' prevedere la riduzione  del  50  per  cento  della
tariffa  ove  la  risorsa  idrica  non  sia  utilizzabile  per   fini
alimentari anche in assenza di qualunque responsabilita' del gestore,
poiche' in tal  caso  viene  ad  essere  violato,  evidentemente,  il
fondamentale principio della copertura dei costi. Di qui, dunque,  la
violazione dei parametri costituzionali sopra indicati. 
    Analoghi profili di illegittimita' costituzionale si  riscontrano
in relazione all'art. 4, comma 6, che  prevede  riduzioni  tariffarie
«per i disservizi di cui al  comma  4,  lettera  b),  prodotti  dalle
gestioni interamente pubbliche», riferendosi anche a  disservizi  non
addebitabili a  responsabilita'  del  gestore.  Anche  in  tal  caso,
infatti, e' palese la violazione del principio del recupero dei costi
relativi ai servizi idrici. 
    11) Art. 4, comma  12,  della  legge  della  Regione  Sicilia  n.
19/2015 per violazione dell'art. 14, comma 1, dello Statuto  speciale
della Regione siciliana e dell'art. 117, comma 2, lettere e)  ed  s),
Costituzione, in riferimento agli articoli  119  e  154  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006 ed all'art. 10, comma 14, lettera d), del
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in  legge  12  luglio
2011, n. 106, nonche' degli articoli 11 e 117, comma 1, Costituzione,
in  riferimento  all'art.  9  della  direttiva   2000/60/CE,   e   al
Considerando n. 38 della medesima. 
    L'art. 4, comma 12, nella parte in cui prevede che  il  Fondo  di
solidarieta', ivi istituito,  sia  alimentato  «per  il  primo  anno,
attraverso le risorse derivanti dalla  tariffa  del  servizio  idrico
integrato», e successivamente «mediante un  accantonamento  a  carico
del gestore, nella misura pari  allo  0,2  per  cento  del  fatturato
complessivo annuo», e' incostituzionale per violazione dell'art.  14,
comma 1, dello Statuto speciale della  Regione  siciliana,  dell'art.
117, comma 2, lettere e) ed s), Cost., in riferimento  agli  articoli
119 e 154 del decreto legislativo n. 152 del  2006  ed  all'art.  10,
comma 14, lettera d), del decreto-legge n. 70 del 2011, nonche' degli
articoli 11 e 117, comma 1, Cost., in riferimento  all'art.  9  della
direttiva 2000/60/CE, e al Considerando n. 38 della medesima. 
    L'art. 4, comma  12,  prevede  la  istituzione  di  un  Fondo  di
solidarieta' a sostegno dei  soggetti  meno  abbienti,  destinato  ad
essere alimentato «per il primo anno, attraverso le risorse derivanti
dalla tariffa  del  servizio  idrico  integrato»,  e  successivamente
«mediante un accantonamento a carico del gestore, nella  misura  pari
allo 0,2 per cento del fatturato complessivo annuo». 
    Da tali disposizioni risulta dunque evidente  che  la  tariffa  -
unica fonte  di  approvvigionamento  economico  del  gestore  -  dove
servire anche a costituire ed alimentare il fondo  in  questione.  Di
conseguenza, la medesima dovrebbe essere determinata anche in ragione
del finanziamento del Fondo di solidarieta', considerato alla stregua
di un costo del servizio per la gestione del  rischio  di  morosita'.
Tale circostanza, tuttavia, sembra contraddetta  dall'art.  11  della
legge n.  19/2015,  che  prevede  una  determinazione  della  tariffa
esclusivamente in ragione dei costi vivi del servizio,  al  netto  di
quanto occorre per finanziare  il  Fondo.  Dalla  disposizione  cosi'
interpretata, deriverebbe l'inadeguatezza della  medesima,  al  netto
degli accantonamenti per  finanziare  il  Fondo  di  solidarieta',  a
realizzare  una  effettiva  integrale  copertura   dei   costi,   con
conseguente violazione dei parametri costituzionali sopra indicati. 
D) Norme sulla proprieta' delle reti. 
    12) Art. 1, comma  2,  lettera  c),  della  legge  della  Regione
Sicilia n. 19/2015 per violazione degli  articoli  3,  comma  1;  42,
comma 3; 117, commi 1 e 2, lettera  l),  Costituzione,  dell'art.  14
dello Statuto  della  Regione  siciliana  e  dell'art.  1  del  primo
protocollo CEDU. 
    L'art. 1, comma 2, lettera c), secondo cui  «gli  acquedotti,  le
reti fognarie, gli impianti di depurazione e le altre  infrastrutture
e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato (...)
sono proprieta' degli enti locali», determina  effetti  espropriativi
generalizzati nei confronti dei beni che, alla data della entrata  in
vigore della disposizione, siano in proprieta' di privati  e  quindi,
eccedendo dalle competenze statutarie, viola gli articoli 3, comma 1;
42, comma 3; 117, commi 1 e 2, lettera l),  Cost.,  e  l'art.  1  del
primo protocollo CEDU. 
    Si tratta di una previsione che viola: 
        a) l'art. 3, comma 1, e 42, terzo comma, Cost., nella  misura
in cui  la  generalizzazione  e  la  indeterminatezza  degli  effetti
espropriativi rendono impossibile valutare se sussistano i «motivi di
interesse generale» in ciascuno dei casi coinvolti che soli, ai sensi
dell'art.  42,  terzo   comma,   Cost.,   possono   giustificare   un
provvedimento espropriativo, caratterizzando in tal modo la norma  in
questione  in  senso  profondamente  irragionevole,   in   violazione
dell'art. 3, primo comma, Cost; 
        b) il  provvedimento  (legislativo)  espropriativo,  in  ogni
caso, non prevede alcun indennizzo, in violazione dell'art. 42, terzo
comma, Cost., nonche' dell'art. 1 del  Primo  Protocollo  addizionale
alla CEDU, e dunque in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost. 
        c) la norma, inoltre, conformando il diritto  di  proprieta',
esorbita dal limite del diritto privato posto  alle  leggi  regionali
siciliane, violando la competenza oggi  riconosciuta  al  legislatore
statale in materia di «ordinamento civile», dovendosi interpretare la
materia «espropriazione» di  cui  all'art.  14  dello  Statuto  della
Regione  siciliana  come   riferita   esclusivamente   agli   aspetti
amministrativistici del tema, al piu'  comprensivi  della  disciplina
inerente la determinazione dell'indennita' di esproprio. 
    In relazione a quanto esposto da  ultimo,  e'  vero  che  codesta
Ecc.ma Corte (sentenza n. 95 del 1966)  ha  ritenuto  -  in  tema  di
usufrutto - la citata disposizione dello Statuto regionale  siciliano
in grado di legittimare norme direttamente espropriative,  in  quanto
non  incidenti  sui  regimi  giuridici   del   diritto   oggetto   di
traslazione. 
    Tale pronuncia, tuttavia, non pare possa  suscitare  dubbi  sulla
fondatezza della questione di legittimita' costituzionale in  parola;
e cio' non solo per la precedente sentenza  n.  49  del  1961,  nella
quale codesta Ecc.ma Corte ha affermato che  la  normativa  regionale
che destina «i terreni  (...)  a  qualsiasi  titolo  appartenenti  al
patrimonio  degli  "enti  pubblici"»  ad   «enfiteusi   perpetua   ai
lavoratori agricoli, che in atto li  coltivano»,  contrasta  «con  la
legislazione statale in materia di contratti agrari, che non  prevede
la conversione ex lege di detti contratti in enfiteusi perpetua». 
    La norma regionale in esame, invero, esorbita dalle  attribuzioni
derivanti  dall'art.  14  dello  Statuto  siciliano,   che   riguarda
esclusivamente gli  aspetti  amministrativistici  dell'espropriazione
invadendo  cosi'  la  competenza  esclusiva  legislatore  statale  in
materia  di  «ordinamento  civile».  La  norma  censurata,  pertanto,
risulta costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede che
«gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione  e  le
altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti  al  servizio
idrico integrato (...) sono proprieta' degli enti locali». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Per le ragioni esposte, il Presidente del Consiglio dei ministri,
come sopra rappresentato e difeso, chiede che  codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale  voglia  dichiarare   costituzionalmente   illegittimi
l'art. 1, comma 2, lettera c); l'art. 3, comma 3, lettera i);  l'art.
4, commi 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 12; l'art. 5, comma 2; all'art. 7,  comma
3; l'art. 9, comma 1, nonche' l'art. 11  della  legge  della  Regione
Sicilia dell'11 agosto 2015, n. 19. 
    Con  l'originale  notificato  del  presente  atto  si  depositano
l'estratto della determinazione del Consiglio  dei  ministri  del  20
ottobre 2015 con allegata relazione del Dipartimento per  gli  affari
regionali, le autonomie e lo sport. 
      Roma, 20 ottobre 2015 
 
            L'avvocato dello Stato: Pio Giovanni Marrone