N. 17 SENTENZA 19 gennaio - 2 febbraio 2016

Giudizio sull'ammissibilita' dei referendum. 
 
Attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione  di  idrocarburi  in
  zone di mare entro dodici miglia marine - Divieti  ed  esenzioni  -
  Richiesta di abrogazione referendaria. 
- Decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
  ambientale), art. 6,  comma  17,  terzo  periodo,  come  sostituito
  dall'art. 1, comma 239,  della  legge  28  dicembre  2015,  n.  208
  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e  pluriennale
  dello Stato - legge di stabilita' 2016). 
(GU n.5 del 3-2-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
  
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  ammissibilita',  ai  sensi  dell'art.  2,  primo
comma,  della  legge  costituzionale  11  marzo  1953,  n.  1  (Norme
integrative della Costituzione concernenti la  Corte  costituzionale)
della richiesta di referendum popolare per  l'abrogazione  del  comma
17, terzo periodo, dell'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152 (Norme in materia ambientale), come sostituito dal  comma  239
dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2016), limitatamente alle seguenti parole: «per la  durata
di  vita  utile  del  giacimento,  nel  rispetto  degli  standard  di
sicurezza e di salvaguardia ambientale», giudizio iscritto al n.  168
del registro referendum. 
    Viste le ordinanze del 26 novembre 2015, con la  quale  l'Ufficio
centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione,
ha dichiarato conforme a  legge  la  richiesta  originaria  e  del  7
gennaio 2016 con la quale lo stesso Ufficio centrale  ha  riformulato
il quesito e la denominazione; 
    udito nella camera di consiglio del 19 gennaio  2016  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Stelio Mangiameli per i delegati dei  Consigli
regionali delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto,
Calabria, Liguria, Campania e Molise, Stefania Valeri per il delegato
del Consiglio regionale  della  Regione  Abruzzo  e  per  la  Regione
Abruzzo e gli avvocati dello Stato Andrea Fedeli e Vincenzo  Nunziata
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 26 novembre 2015, l'Ufficio centrale per il
referendum,  costituito  presso  la  Corte  di  cassazione  ai  sensi
dell'art. 12 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum
previsti  dalla  Costituzione  e  sulla  iniziativa  legislativa  del
popolo), ha dichiarato legittima la richiesta di referendum  popolare
abrogativo  presentata   dai   Consigli   regionali   delle   Regioni
Basilicata, Marche,  Puglia,  Sardegna,  Abruzzo,  Veneto,  Calabria,
Liguria, Campania e Molise sul seguente quesito: «Volete voi che  sia
abrogato l'art. 6, comma 17, del decreto legislativo 3  aprile  2006,
n. 152, "Norme in materia ambientale", come sostituito dall'art.  35,
comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, "Misure urgenti per
la crescita del Paese", convertito, con modificazioni, dalla legge  7
agosto  2012,   n.   134,   limitatamente   alle   seguenti   parole:
"procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n.
9 del 1991 in corso alla  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori  e
concessori conseguenti e connessi, nonche'  l'efficacia  dei";  "alla
medesima data, anche ai fini  della  esecuzione  delle  attivita'  di
ricerca, sviluppo  e  coltivazione  da  autorizzare  nell'ambito  dei
titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e  dei  procedimenti
autorizzatori  e  concessori  conseguenti  e  connessi.  Le  predette
attivita' sono autorizzate previa sottoposizione  alla  procedura  di
valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e  seguenti
del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un
raggio di dodici miglia dalle  aree  marine  e  costiere  interessate
dalle attivita' di cui al primo periodo, fatte salve le attivita'  di
cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto  2004,  n.
239,  autorizzate,  nel  rispetto  dei  vincoli  ambientali  da  esso
stabiliti,  dagli  uffici  territoriali  di  vigilanza   dell'Ufficio
nazionale  minerario  per  gli  idrocarburi  e  le  georisorse,   che
trasmettono copia delle relative autorizzazioni  al  Ministero  dello
sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e  della  tutela  del
territorio e del mare"?». 
    2.- L'Ufficio centrale per il referendum ha attribuito al quesito
la seguente denominazione: «Sesta richiesta referendaria. Divieto  di
attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione  di  idrocarburi  in
zone di mare entro dodici miglia marine. Abrogazione della  norma  di
esenzione da tale divieto per i procedimenti concessori in  corso  al
26 agosto 2010  e  per  i  procedimenti  autorizzatori  e  concessori
conseguenti e connessi a titoli abilitativi». 
    3.-  Il   Presidente   della   Corte   costituzionale,   ricevuta
comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum,
fissava, per la conseguente deliberazione, la camera di consiglio del
13 gennaio 2016. Di tale  fissazione  veniva  data  comunicazione  ai
delegati dei Consigli regionali  delle  Regioni  Basilicata,  Marche,
Puglia, Sardegna, Abruzzo,  Veneto,  Calabria,  Liguria,  Campania  e
Molise  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  ai  sensi
dell'art. 33, secondo comma, della legge n. 352 del 1970. 
    La richiesta di referendum veniva iscritta nel relativo  registro
al n. 168. 
    4.- Con ordinanza del  7  gennaio  2016,  comunicata  alla  Corte
costituzionale  nella  medesima  data,  l'Ufficio  centrale  per   il
referendum ha premesso che, successivamente  alla  propria  ordinanza
del 26 novembre 2015, e' intervenuto lo ius superveniens di cui  (per
quanto attiene alla suddetta sesta richiesta  referendaria)  all'art.
1, comma 239, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
di stabilita' 2016), che prevede:  «All'articolo  6,  comma  17,  del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,  il  secondo  e  il  terzo
periodo  sono  sostituiti  dai  seguenti:  «Il  divieto  e'  altresi'
stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di
costa lungo l'intero perimetro costiero  nazionale  e  dal  perimetro
esterno delle suddette aree marine  e  costiere  protette.  I  titoli
abilitativi gia' rilasciati sono fatti salvi per la  durata  di  vita
utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza  e  di
salvaguardia ambientale.  Sono  sempre  assicurate  le  attivita'  di
manutenzione finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario  alla
sicurezza degli impianti e  alla  tutela  dell'ambiente,  nonche'  le
operazioni finali di ripristino ambientale». 
    Ha  affermato,  quindi,  che,  in  ragione  della  sopravvenienza
normativa, era necessario accertare se tali modifiche imponessero  ad
esso Ufficio di dichiarare che le operazioni referendarie non avevano
piu' corso (ai sensi dell'art. 39  della  legge  n.  352  del  1970),
ovvero  se  il  quesito  referendario  si  trasferiva   sulla   nuova
disposizione legislativa, ove quest'ultima non avesse  modificato  il
contenuto normativo essenziale del precetto. 
    Pertanto,  l'Ufficio  centrale  per  il  referendum  operava   un
raffronto tra: 
    - gli originari secondo e terzo periodo del comma 17 dell'art. 6,
del d.lgs. n. 152 del 2006, come sostituito dall'art.  35,  comma  1,
del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dall'art.  1,
comma 1, della legge n. 134 del 2012; 
    -  le  medesime  disposizioni,  quali  risultanti  dall'eventuale
accoglimento della richiesta referendaria in esame; 
    -  le  suddette  disposizioni,  come  modificate  dal  comma  239
dell'art. 1, della legge n. 208 del 2015. 
    All'esito di tale raffronto, l'Ufficio centrale per il referendum
ha ritenuto che lo ius superveniens, nel sostituire  la  disposizione
oggetto della richiesta referendaria, oltre ad avere  abrogato  parte
degli originari secondo e terzo periodo del comma 17 dell'art. 6  del
d.lgs. n. 152 del 2006, ha introdotto una modificazione della  durata
dei titoli abilitativi gia' rilasciati, commisurandola al periodo «di
vita utile  del  giacimento»,  prevedendo,  quindi,  una  sostanziale
proroga dei titoli abilitativi gia' rilasciati, ove  «la  vita  utile
del giacimento» superi la durata stabilita nel titolo. 
    Afferma, quindi, l'Ufficio centrale per il referendum  che  detta
nuova  disciplina  non  modificava  su  detto  punto,  il   contenuto
normativo essenziale del precetto oggetto di richiesta referendaria e
che, pertanto, ricorreva l'ipotesi di cui all'art. 39 della legge  n.
352  del  1970,  come   risultante   dalla   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 68 del 1978. 
    Ha proceduto, quindi alla riformulazione del quesito nei seguenti
sensi: «Volete voi  che  sia  abrogato  l'art.  6,  comma  17,  terzo
periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152,  "Norme  in
materia ambientale", come sostituito dal comma 239 dell'art. 1  della
legge 28 dicembre 2015, n. 208 "Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2016)" limitatamente alle seguenti parole: "per  la  durata  di  vita
utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza  e  di
salvaguardia ambientale"?», e ha riformulato anche  la  denominazione
della richiesta  referendaria:  «Divieto  di  attivita'  prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di  mare  entro  dodici
miglia marine. Esenzione da tale divieto  per  i  titoli  abilitativi
gia' rilasciati. Abrogazione della previsione che tali  titoli  hanno
la durata della vita utile del giacimento». 
    5.- Il  7  gennaio  2016,  i  Consigli  regionali  delle  Regioni
Basilicata, Marche,  Puglia,  Sardegna,  Abruzzo,  Veneto,  Calabria,
Liguria, Campania, Molise  hanno  depositato,  nella  cancelleria  di
questa Corte, memoria con la quale, non essendo  a  conoscenza  delle
determinazioni assunte dall'Ufficio centrale  per  il  referendum  in
ragione della sopravvenienza normativa, chiedevano  il  rinvio  della
camera di consiglio gia' fissata per il 13 gennaio 2016. 
    6.- In data 8 gennaio  2016,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  ha   depositato,   nella   cancelleria   di   questa   Corte,
un'articolata memoria con la quale ha dedotto l'inammissibilita'  del
quesito referendario, come trasferito dall'Ufficio  centrale  per  il
referendum con l'ordinanza del 7 gennaio 2016. 
    In particolare, la difesa dello Stato espone quanto  di  seguito,
in sintesi, riportato. 
    L'intervento legislativo, che ha inteso contemperare  l'interesse
pubblico all'approvvigionamento delle  risorse  energetiche,  con  la
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, non e'  elusivo  del  quesito
referendario ed e' coerente con l'obiettivo dello stesso. 
    Premessa la dubbia  ammissibilita'  del  quesito  originario,  il
nuovo  quesito   darebbe   luogo   all'abrogazione   di   una   norma
costituzionalmente  necessaria  e  difetterebbe  dei   requisiti   di
omogeneita' e chiarezza. 
    La possibilita' che il giacimento possa essere sfruttato oltre la
durata dei titoli abilitativi e' solo  un  mera  ipotesi,  mentre  il
nuovo quesito farebbe venire meno la  parte  della  disposizione  che
salvaguarda la tutela  ambientale,  in  conformita'  agli  artt.  41,
secondo comma, e 32 della Costituzione, in contrasto con la  volonta'
dei proponenti. 
    Ne' il vuoto normativo, che si creerebbe, potrebbe essere colmato
con la reviviscenza della legislazione previgente. 
    Il quesito, come  trasferito,  avrebbe  scarsa  chiarezza  e  non
sarebbe univoco. Se la ratio  del  quesito  e'  garantire  la  tutela
ambientale, tale ratio sarebbe  contraddetta  dall'abrogazione  della
disposizione che preserva gli standard di sicurezza e di salvaguardia
ambientale, con disorientamento dell'elettore. 
    L'esito referendario non avrebbe solo un effetto  abrogativo,  ma
un effetto manipolativo  e  propositivo  rispetto  alla  legislazione
vigente,  volendosi  ottenere  la   reviviscenza   della   disciplina
giuridica alla  quale  erano  sottoposti,  in  precedenza,  i  titoli
abilitativi gia' rilasciati. 
    7.-  In  data  11  gennaio  2016  il   Presidente   della   Corte
costituzionale disponeva il rinvio della camera di  consiglio  al  19
gennaio 2016. 
    8.- In data 12 gennaio 2016, la Regione Abruzzo, in  persona  del
Presidente della Giunta regionale, previa delibera della  stessa,  ha
depositato memoria con la quale ha  chiesto,  in  ragione  dello  ius
superveniens, dichiararsi la cessazione dell'oggetto del contendere. 
    9.-  In  data  15  gennaio  2016,  e'  stata   depositata   nella
cancelleria di questa Corte, memoria  dei  Consigli  regionali  delle
Regioni  Basilicata,  Marche,  Puglia,  Sardegna,  Abruzzo,   Veneto,
Calabria, Liguria, Campania, Molise, per l'ammissibilita' del quesito
proposto  come  trasferito  con  ordinanza   del   7   gennaio   2016
dell'Ufficio centrale per il referendum. Alla memoria veniva allegata
la revoca, da parte del delegato effettivo  del  Consiglio  regionale
della  Regione  Abruzzo,  della  procura  alle  liti  a   suo   tempo
rilasciata, atteso che le modifiche  normative  sopravvenute  avevano
sostanzialmente mutato le disposizioni alla base della  richiesta  di
referendum. 
    Nella memoria, in particolare, si assume che il  quesito  attuale
corrisponde alle intenzioni dei promotori di limitare per  il  futuro
la durata temporale dei titoli minerari. 
    Ne'  si  sarebbe  in  presenza  dell'abrogazione  di  una   legge
costituzionalmente  necessaria  in  quanto,  a  parte   il   corretto
inquadramento giuridico, non si produrrebbe alcun vuoto normativo. 
    Il  quesito  non  sarebbe  affetto  da  scarsa  chiarezza  o  non
univocita', come prospettato dalla difesa dello  Stato  con  riguardo
alla abrogazione, oltre che della previsione «per la durata  di  vita
utile del giacimento», dell'inciso «nel rispetto  degli  standard  di
sicurezza e di salvaguardia ambientale». 
    Tale abrogazione,  infatti,  non  implica  che  le  attivita'  in
questione non siano piu' sottoposte agli standard di sicurezza  e  di
salvaguardia  ambientale,  perche'  il   rispetto   della   normativa
ambientale  di  settore,  europea  e  nazionale  (sono   citate,   in
particolare, la legge 9  gennaio  1991,  n.  9,  recante  «Norme  per
l'attuazione  del   nuovo   Piano   energetico   nazionale:   aspetti
istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e
geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali», il d.lgs.  n.  152
del 2006, e la direttiva 12 giugno 2013 del Parlamento europeo e  del
Consiglio n. 2013/30/UE (Direttiva sulla sicurezza  delle  operazioni
in mare nel settore degli idrocarburi e  che  modifica  la  direttiva
2004/35/CE), a  prescindere  da  qualunque  espresso  richiamo,  deve
intendersi sempre presupposta e da applicare rispetto  alle  predette
attivita'. D'altro canto,  caducato  l'an,  non  avrebbe  piu'  senso
l'inciso che disciplina il quomodo. La stessa ratio  era  ravvisabile
anche nel quesito originario. 
    Non   sarebbe,   altresi',   prospettabile   un   disorientamento
dell'elettore  atteso  che   il   quesito   trasferito   non   lascia
sopravvivere disposizioni prive di contenuto  normativo  autonomo  e,
pertanto, ridondanti, e pone  in  evidenza  l'obiettivo  di  incidere
sull'elemento temporale e non su quello ambientale. 
    Non sussisterebbe  un  effetto  manipolativo,  ne'  una  presunta
legificazione del termine  di  durata,  atteso  che  i  provvedimenti
amministrativi  vengono  adottati  nel  rispetto   della   disciplina
vigente. 
    Ne', sarebbe condivisibile la deduzione dell'Avvocatura  generale
dello Stato su un effetto di reviviscenza, atteso  che  l'abrogazione
referendaria esclude la proroga ex lege dei titoli  abilitativi  gia'
rilasciati. 
    Infine, si osserva che garantire a tempo  indeterminato  per  uno
stesso  concessionario  l'estrazione  di   idrocarburi   sarebbe   in
contrasto con la direttiva 30 maggio 1994 del  Parlamento  europeo  e
del Consiglio n. 94/22/CE  (Direttiva  relativa  alle  condizioni  di
rilascio  e  di  esercizio  delle  autorizzazioni  alla  prospezione,
ricerca e  coltivazione  di  idrocarburi),  attuata  con  il  decreto
legislativo 25 novembre 1996,  n.  625  (Attuazione  della  direttiva
94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di  esercizio  delle
autorizzazioni  alla   prospezione,   ricerca   e   coltivazione   di
idrocarburi). 
    10.- L'Avvocatura generale dello Stato, in data 15 gennaio  2016,
ha depositato, nella cancelleria di questa Corte, ulteriore  memoria,
ripercorrendo le argomentazioni gia'  svolte  per  l'inammissibilita'
del quesito referendario. 
    La difesa dello Stato ribadisce che, in conformita' con l'intento
perseguito dai  promotori  del  referendum,  le  modifiche  normative
introdotte mirano a garantire la massima tutela delle aree  marine  e
costiere protette, nonche' della fascia di mare compresa nelle dodici
miglia del perimetro esterno di tali aree  e  dalla  linea  di  costa
lungo l'intero perimetro nazionale. 
    Dissente, quindi, dal pur autorevole avviso espresso dall'Ufficio
centrale  per  il  referendum,  che  ha  ritenuto  di   disporre   la
trasposizione del quesito referendario sulla nuova disciplina. 
    Con riguardo  al  limite  che  l'istituto  referendario  incontra
rispetto  alle  leggi  costituzionalmente  necessitate,  deduce   che
l'abrogazione in via referendaria dell'art. 6, comma 17,  del  d.lgs.
n. 152 del 2006, nella parte in cui fa  salvi  i  titoli  abilitativi
gia' rilasciati per la  durata  di  vita  utile  del  giacimento,  si
porrebbe, altresi', in  contrasto  con  il  principio  del  legittimo
affidamento del titolare del provvedimento concessorio,  che  secondo
la giurisprudenza costituzionale trova riconoscimento negli artt.  3,
41, primo  comma,  42,  terzo  comma,  Cost.,  presentando,  inoltre,
rilevanza  comunitaria,  e  dovendo  pertanto  essere  assunto  quale
parametro costituzionale interposto ex art. 117, primo comma, Cost. 
    Dopo aver richiamato la disciplina di  settore  (in  particolare,
con riguardo all'istituto della  proroga:  art.  29  della  legge  21
luglio  1967,  n.  613  ,  recante  «Ricerca  e  coltivazione   degli
idrocarburi  liquidi  e  gassosi  nel  mare  territoriale   e   nella
piattaforma continentale e modificazioni alla legge 11 gennaio  1957,
n. 6, sulla  ricerca  e  coltivazione  degli  idrocarburi  liquidi  e
gassosi»; art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 625 del 1996; art. 9, comma
8, della legge n. 9 del 1991), rileva il carattere propositivo e  non
abrogativo del quesito referendario,  non  conforme,  pertanto,  alla
giurisprudenza costituzionale,  in  quanto  lo  stesso  restituirebbe
efficacia alla disciplina previgente, mentre  il  recente  intervento
normativo ha superato il regime della prorogabilita', facendo salvi i
titoli  gia'  rilasciati  per  l'intera  durata  di  vita  utile  del
giacimento. 
    11.- In data 15 gennaio 2016 ha  depositato  memoria  la  Regione
Abruzzo in persona del delegato effettivo  del  Consiglio  regionale,
con allegata revoca del mandato alle  liti  conferito  al  precedente
difensore e procura alle liti a nuovo difensore. 
    Dopo aver ripercorso lo ius superveniens, ha  chiesto  che  venga
dichiarata la cessazione dell'oggetto del contendere, atteso  che  la
nuova  disciplina,  diversamente  da  quanto  ritenuto   dall'Ufficio
centrale  per  il  referendum,  ha  mutato  il  contenuto   normativo
essenziale del precetto oggetto della richiesta referendaria, con  la
conseguenza che non poteva operarsi il trasferimento della  richiesta
medesima  nella  nuova  previsione  legislativa.  Per  effetto  della
novella normativa si e'  prodotto,  in  via  ordinaria,  il  medesimo
effetto abrogativo che si sarebbe prodotto in via  referendaria,  con
soddisfazione delle prerogative della Regione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- In via preliminare, si deve rilevare  che,  nella  camera  di
consiglio del 19 gennaio 2016, questa Corte ha disposto di dare corso
all'illustrazione  orale  delle  memorie  depositate   dai   Consigli
regionali delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto,
Calabria, Liguria,  Campania  e  Molise,  e  dalla  Regione  Abruzzo,
limitatamente alla rappresentanza del Consiglio regionale, atteso che
la Giunta regionale non ha  potere  rappresentativo  in  ordine  alla
proposizione  del  referendum  abrogativo,  in  ragione   di   quanto
stabilito dall'art. 29 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme  sui
referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa
del popolo), nonche' dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    2.- Il presente giudizio ha  ad  oggetto  l'ammissibilita'  della
richiesta di referendum popolare dichiarata legittima  con  ordinanza
del  26  novembre  2015  dell'Ufficio  centrale  per  il  referendum,
costituito presso la Corte di cassazione, e come  trasferita  con  la
successiva ordinanza del 7 gennaio 2016. 
    Con quest'ultima ordinanza, l'Ufficio centrale per il  referendum
ha disposto che la «richiesta referendaria, concernente il  comma  17
dell'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme  in
materia ambientale), come sostituito dal comma  1  dell'art.  35  del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per  la  crescita
del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
n.  134,  sia  trasferita  sul  medesimo  comma  17,  terzo  periodo,
dell'art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, come sostituito,  da  ultimo,
dal comma 239 dell'art. 1  della  legge  28  dicembre  2015,  n.  208
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  -  legge  di  stabilita'   2016),   con   la   seguente
denominazione ed  il  seguente  quesito:  a)  «Divieto  di  attivita'
prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in  zone  di  mare
entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto  per  i  titoli
abilitativi gia' rilasciati. Abrogazione della  previsione  che  tali
titoli hanno la durata della vita utile del giacimento»;  b)  «Volete
voi che sia abrogato l'art. 6, comma 17, terzo periodo,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152,  "Norme  in  materia  ambientale",
come sostituito dal comma 239 dell'art. 1  della  legge  28  dicembre
2015, n. 208 "Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di  stabilita'  2016)",  limitatamente
alle seguenti parole: "per la durata di vita  utile  del  giacimento,
nel  rispetto  degli  standard  di  sicurezza   e   di   salvaguardia
ambientale"?». 
    3.- L'Ufficio centrale per il referendum ha ritenuto che  lo  ius
superveniens, nel sostituire la disposizione oggetto della  richiesta
referendaria, oltre ad avere abrogato parte degli originari secondo e
terzo periodo del comma 17 dell'art. 6 del d.lgs. n.  152  del  2006,
abbia  introdotto  una  modificazione   della   durata   dei   titoli
abilitativi gia' rilasciati, commisurandola al periodo «di vita utile
del giacimento», prevedendo, quindi, una «sostanziale» proroga  degli
stessi ove «la vita utile del giacimento» superi la durata  stabilita
nel titolo. 
    Ha affermato, quindi, che la nuova  disciplina  non  modifica  il
contenuto normativo essenziale  del  precetto  oggetto  di  richiesta
referendaria e che, pertanto, ricorre l'ipotesi di  cui  all'art.  39
della legge n. 352 del 1970, quale risulta dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 68 del 1978. 
    4.- La pronuncia e' in effetti coerente con la giurisprudenza  di
questa  Corte,  secondo  cui,  qualora  nel  corso  del  procedimento
referendario la disciplina oggetto del quesito sia modificata, spetta
all'Ufficio centrale per il referendum accertare se l'intenzione  del
legislatore sia diversa  rispetto  alla  precedente  regolamentazione
della materia. Difatti, se tale intenzione  rimane  «fondamentalmente
identica, malgrado le innovazioni formali o di  dettaglio  che  siano
state apportate dalle Camere, la corrispondente  richiesta  non  puo'
essere  bloccata,  perche'  diversamente  la  sovranita'  del  popolo
(attivata  da  quella  iniziativa)  verrebbe  ridotta  ad  una   mera
apparenza» (citata sentenza n. 68 del 1978). 
    4.1.- Non possono trovare,  quindi,  ingresso  le  prospettazioni
della difesa dello Stato e  della  Regione  Abruzzo  in  persona  del
delegato effettivo del Consiglio regionale relative al  trasferimento
del quesito referendario, che esulano dal giudizio di ammissibilita'. 
    5.-  A  questa  Corte  compete  verificare  che  non   sussistano
eventuali ragioni di inammissibilita' sia indicate, o  rilevabili  in
via sistematica, dall'art. 75,  secondo  comma,  della  Costituzione,
attinenti alle disposizioni oggetto  del  quesito  referendario;  sia
relative  ai  requisiti  concernenti  la  formulazione  del   quesito
referendario, come desumibili dall'interpretazione logico-sistematica
della Costituzione (sentenze n. 174 del 2011, n. 137 del 1993, n.  48
del 1981 e n. 70 del 1978):  omogeneita',  chiarezza  e  semplicita',
completezza, coerenza, idoneita' a  conseguire  il  fine  perseguito,
rispetto della natura ablativa dell'operazione referendaria. Si  puo'
ricordare, in proposito, che «la richiesta referendaria e' atto privo
di motivazione e,  pertanto,  l'obiettivo  [...]  del  referendum  va
desunto  [...]  esclusivamente  dalla  finalita'   "incorporata   nel
quesito", cioe' dalla finalita'  obiettivamente  ricavabile  in  base
alla sua formulazione ed  all'incidenza  del  referendum  sul  quadro
normativo di riferimento» (sentenza n. 24 del 2011). 
    Va,   inoltre,   richiamata   l'importanza   che   assume   anche
l'univocita' del quesito  e  cioe'  l'evidenza  del  fine  intrinseco
dell'atto abrogativo (sentenza  n.  47  del  1991),  dovendosi  dalle
stesse norme di cui si propone  l'abrogazione  trarre  con  chiarezza
«una matrice razionalmente unitaria» (sentenze n. 25 del 1981 e n. 16
del 1978),  un  criterio  ispiratore  fondamentalmente  comune  o  un
principio, la cui eliminazione o  permanenza  viene  fatta  dipendere
dalla risposta del corpo elettorale (citata sentenza n. 47 del  1991,
sentenze n. 65, n. 64 e n. 63 del 1990; n. 28, n.  26  e  n.  22  del
1981). 
    6.- Non si ritiene che vi sono tali ragioni di  inammissibilita',
ne', in particolare, che sono  fondate  le  contrarie  prospettazioni
dell'Avvocatura generale dello Stato. 
    6.1.-  Il   quesito   referendario,   anzitutto,   non   comporta
l'introduzione di  una  nuova  e  diversa  disciplina.  Esso  infatti
produce un effetto di mera abrogazione della disposizione oggetto del
quesito riformulato, in vista del chiaro ed univoco risultato di  non
consentire che il divieto stabilito nelle zone di mare  in  questione
incontri deroghe ulteriori quanto alla durata dei titoli  abilitativi
gia' rilasciati. 
    6.2.- Egualmente infondato  l'ulteriore  rilievo  dell'Avvocatura
generale dello Stato secondo cui il quesito sarebbe privo di coerenza
in quanto, nella formulazione accolta dall'Ufficio  centrale  per  il
referendum, comporta anche l'abrogazione  dell'inciso  relativo  alla
salvaguardia ambientale, in contrasto con  la  finalita'  stessa  del
referendum. 
    Difatti, a prescindere dal problema interpretativo  sollevato  ex
adverso, e secondo cui tale norma di salvaguardia  sarebbe  collegata
alla proroga e quindi rimarrebbe comunque priva di oggetto, una volta
che questa fosse abrogata, quel che  conta  e'  che  la  salvaguardia
ambientale e' oggetto di una apposita disciplina normativa, anche  di
origine comunitaria. 
    7.- Va considerato a parte, infine, il  rilievo  contenuto  nella
seconda memoria dell'Avvocatura generale dello Stato e formulato  nei
termini di violazione del principio di divieto di abrogazione in  via
referendaria di norme «costituzionalmente necessitate», in quanto  il
quesito, se accolto, comporterebbe  la  lesione  del  "diritto"  alla
proroga delle concessioni petrolifere maturato dai titolari e  quindi
del loro legittimo affidamento. 
    In realta', al di la' della formula impropriamente usata,  quello
che viene prospettato e' un vizio di legittimita' costituzionale e in
quanto tale il suo esame e' inammissibile in questa sede. 
    7.1.- Come gia' affermato nella sentenza n. 251 del 1975,  questo
giudizio, per la sua struttura articolata in piu' fasi consecutive ma
consequenziali e funzionalmente unitarie e, per  la  peculiarita'  di
tale  funzione,  consistente  nel  controllo   di   regolarita'   del
procedimento di abrogazione referendaria, ha un oggetto  specifico  e
limitato. 
    Esso,  pertanto,  non  puo'  estendersi  alla  valutazione  della
legittimita' costituzionale della normativa conformata dall'eventuale
accoglimento del quesito, verifica che  non  puo'  che  competere  ai
giudizi a cio' appositamente deputati. 
    8.- Cosi' delimitato l'ambito del presente giudizio,  il  quesito
referendario, nella formulazione risultante dal trasferimento operato
dall'Ufficio  centrale,  rispetta  i  limiti  espressamente  indicati
dall'art.   75   Cost.   o    comunque    desumibili    sulla    base
dell'interpretazione       logico-sistematica        dell'ordinamento
costituzionale. In particolare non riguarda alcuna delle  materie  di
cui tale articolo prevede l'esclusione; non ha contenuto propositivo,
si presenta come unitario ed univoco e possiede i necessari requisiti
di chiarezza ed omogeneita'. 
    Il quesito referendario, come  trasferito  dall'Ufficio  centrale
per il referendum, deve ritenersi pertanto ammissibile. 
      
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  ammissibile  la  richiesta   di   referendum   popolare
dichiarata legittima con ordinanza del 26 novembre 2015  dell'Ufficio
centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione,
e come trasferita con ordinanza  del  7  gennaio  2016  dello  stesso
Ufficio centrale per il referendum, per l'abrogazione del  comma  17,
terzo periodo, dell'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.
152 (Norme in materia ambientale),  come  sostituito  dal  comma  239
dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2016) limitatamente alle seguenti parole: «per  la  durata
di  vita  utile  del  giacimento,  nel  rispetto  degli  standard  di
sicurezza e di salvaguardia ambientale». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 2016. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI