N. 19 ORDINANZA 13 gennaio - 2 febbraio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo  amministrativo  -  Controversie  in  tema  di  agevolazioni
  finanziarie - Giurisdizione. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo
  44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per
  il riordino  del  processo  amministrativo),  art.  133,  comma  1,
  lettera b). 
-   
(GU n.5 del 3-2-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 133,  comma
1, lettera  b),  del  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.  104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale  per
la Puglia, sezione staccata di Lecce, nel procedimento  vertente  tra
Perfetto srl e il Ministero dello sviluppo economico,  con  ordinanza
del 9 dicembre 2014, iscritta al n. 99 del registro ordinanze 2015  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  22,  prima
serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 13 gennaio  2016  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
    Ritenuto che con ordinanza del  9  dicembre  2014,  il  Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3,  24,  76  e  111   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 133,
comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), nella parte in cui non  devolve  alla  giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo anche le questioni relative alla
concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari; 
    che il giudice rimettente e' chiamato a  decidere  in  ordine  al
ricorso volto all'annullamento del  decreto  ministeriale  4  gennaio
2013, n. 5, con il quale il  Ministro  dello  sviluppo  economico  ha
disposto la revoca dei precedenti decreti 14 agosto 1998, n. 54282  e
12 febbraio 2002, n. 109471; in particolare, con il primo di essi era
stato  concesso  in  via  provvisoria  alla  societa'  ricorrente  un
contributo in conto capitale, ai sensi della legge 18 dicembre  1992,
n. 488 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 22  ottobre
1992, n. 415, recante modifiche alla legge 1° marzo 1986, n.  64,  in
tema  di  disciplina  organica  dell'intervento   straordinario   nel
Mezzogiorno e norme per l'agevolazione delle  attivita'  produttive);
con il successivo decreto, tale contributo era  stato  confermato  in
via definitiva; 
    che, a sostegno del provvedimento di revoca  del  contributo,  e'
stata addotta una pluralita' di ragioni ed in relazione a ciascuna di
esse  si  imporrebbe  l'applicazione  dei  criteri  di   riparto   di
giurisdizione elaborati dalla giurisprudenza delle Corti superiori al
fine di individuare il giudice che possa  conoscere  di  ciascuna  di
esse; 
    che, osserva il  rimettente,  in  applicazione  di  tali  criteri
occorrerebbe  dunque  distinguere  gli  atti  incidenti  su  vantaggi
attribuiti dall'amministrazione, a  seconda  che  essi  attengano  al
momento genetico del rapporto, ovvero all'evoluzione dello stesso e -
in questa seconda ipotesi - a seconda che l'attivita'  amministrativa
sia vincolata o discrezionale; 
    che, in particolare,  le  controversie  relative  agli  atti  che
incidono sul momento genetico spettano alla  cognizione  del  giudice
amministrativo, in quanto - a fronte di tale intervento - sussiste un
interesse legittimo; viceversa, l'atto che influisce  sull'evoluzione
del rapporto incide sulla pretesa ad ottenere la prestazione  e  tale
pretesa e' qualificabile come interesse legittimo, se l'incisione  e'
operata   dall'amministrazione   a   seguito   di   una   valutazione
discrezionale, ovvero come diritto soggettivo,  se  l'amministrazione
adotti un atto vincolato (Corte di cassazione, sezioni unite  civili,
sentenze 25 gennaio 2013, n. 1776, 21 novembre 2011, n.  24409  e  19
maggio 2008, n. 12641); 
    che, ad avviso del giudice a quo, siffatto intreccio fra  diritti
soggettivi ed interessi legittimi avrebbe portato  il  legislatore  a
prevedere - con l'art.  5  della  legge  6  dicembre  1971,  n.  1034
(Istituzione   dei   tribunali   amministrativi   regionali)   -   la
giurisdizione esclusiva  del  giudice  amministrativo  nella  materia
delle concessioni di beni e di servizi  pubblici,  tranne  che  nelle
ipotesi espressamente previste («controversie concernenti indennita',
canoni ed altri corrispettivi»), nelle quali l'intreccio e'  escluso;
il fine perseguito  sarebbe  stato  quello  di  permettere  l'agevole
individuazione del giudice fornito  di  giurisdizione,  evitando  una
«diseconomia giudiziaria», in coerenza  con  l'obiettivo  del  giusto
processo, consacrato nell'art. 111 Cost.; 
    che, pertanto, avrebbe portata innovativa l'art. 12 della legge 7
agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di   procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi),
che qualifica come concessioni le «sovvenzioni,  contributi,  sussidi
ed ausili  finanziari  e  l'attribuzione  di  vantaggi  economici  di
qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati»; 
    che, pur potendosi annoverare il denaro nella categoria dei beni,
cio' non consentirebbe di  ricondurre  i  rapporti  di  finanziamento
nell'ambito delle concessioni di beni pubblici, le  quali  comportano
l'uso temporaneo da  parte  del  concessionario  di  detti  beni  per
finalita' di  pubblico  interesse;  nei  rapporti  di  finanziamento,
invece, il soggetto finanziato acquisisce  la  piena  proprieta'  del
denaro che gli viene erogato, eventualmente  assumendo  l'obbligo  di
restituirlo ad una determinata scadenza; 
    che, d'altra parte, il carattere eccezionale della  giurisdizione
esclusiva non ne consente l'applicazione al di la' dei casi  previsti
dalla legge; tale estensione, ad avviso del giudice a  quo,  potrebbe
trarre fondamento proprio nell'art. 12 della legge n. 241  del  1990,
il quale costituirebbe «norma sulla giurisdizione», ricomprendendo le
sovvenzioni di denaro pubblico all'interno delle concessioni di  beni
pubblici; 
    che, tuttavia, tale percorso ermeneutico non e'  stato  condiviso
dalla giurisprudenza delle  Corti  superiori  che,  con  orientamento
consolidato, hanno escluso che le controversie relative  alla  revoca
di  sovvenzioni  in  denaro  pubblico  rientrino  nell'ambito   della
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; 
    che infatti, prima la Corte di cassazione, e in seguito anche  il
Consiglio di Stato, hanno affermato che le controversie  in  tema  di
agevolazioni   finanziarie   sono   attribuite   alla   giurisdizione
amministrativa se riferite al momento genetico del  rapporto,  ovvero
se - pur riguardando il momento funzionale - l'amministrazione  abbia
adottato un provvedimento discrezionale; spettano, invece, al giudice
ordinario le controversie relative al momento funzionale,  se  l'atto
che incide sulla posizione del privato consegue  all'inadempimento  e
ha natura vincolata; 
    che, in applicazione di tali criteri, nel caso all'esame del  TAR
rimettente, al giudice amministrativo spetterebbe la cognizione della
controversia in riferimento a due dei sei motivi di  revoca  posti  a
fondamento dell'atto, mentre il  ricorso  sarebbe  inammissibile  con
riferimento agli altri quattro motivi del medesimo provvedimento; 
    che d'altra  parte,  trattandosi  di  questioni  delle  quali  il
giudice conosce in via principale, sarebbe esclusa la possibilita'  -
ai sensi dell'art. 8 del codice  del  processo  amministrativo  -  di
conoscere degli altri motivi del provvedimento in via incidentale; 
    che sarebbe da escludere, altresi', un'interpretazione  dell'atto
impugnato come entita'  unica,  non  scomponibile  in  ragione  della
molteplicita' delle ragioni poste a base  dell'unica  determinazione;
cio'  porterebbe,  infatti,   ad   un'«evidente   aporia   costituita
dall'assenza di tutela che nella specie l'ordinamento assicurerebbe»,
in   relazione   all'interesse    al    giudizio    e    all'utilita'
complessivamente ricavabile dallo stesso; 
    che la rilevanza  della  questione  viene,  quindi,  «determinata
dall'ostacolo  che  la  norma   sospettata   di   incostituzionalita'
costituisce  in  ordine  alla  formulazione,  da  parte  del  giudice
amministrativo, di un giudizio piu' ampio, nel quale  si  concentrino
le tutele esperibili e che investa di conseguenza  tutte  le  ragioni
poste  a  base  del  provvedimento  impugnato,  sortendo  un  effetto
totalmente demolitorio o totalmente validativo»; 
    che, in particolare, la disposizione sulla quale si  appuntano  i
dubbi di costituzionalita' del rimettente e'  l'art.  133,  comma  1,
lettera b), del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui -  secondo
il  diritto  vivente  costituito  dall'interpretazione  delle   Corti
superiori - non ricomprende nell'ambito delle  concessioni  di  beni,
rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice  amministrativo,
le agevolazioni finanziarie, cioe' le concessioni di denaro pubblico; 
    che  la  questione  sarebbe  non  manifestamente  infondata,   in
riferimento agli artt. 24 e 111  Cost.,  in  quanto  la  disposizione
impugnata, escludendo dall'ambito della giurisdizione  esclusiva  del
giudice amministrativo le controversie in tema di  diritti,  relative
alle agevolazioni finanziarie, si porrebbe in contraddizione  con  il
principio costituzionale del giusto processo, sotto il profilo  della
concentrazione delle tutele; 
    che la stessa disposizione violerebbe, altresi', il principio  di
ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost., in quanto costringerebbe  ad
adire due giudici e a  coltivare  due  giudizi  per  rimuovere  dalla
realta' giuridica un solo atto; 
    che il giudice a quo denuncia, inoltre, la  violazione  dell'art.
76  Cost.,  in  quanto  la  disposizione  censurata  si  porrebbe  in
contrasto con i criteri direttivi di  cui  all'art.  44  della  legge
delega 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico,
la semplificazione, la competitivita' nonche' in materia di  processo
civile), laddove il legislatore ha individuato -  come  obiettivo  da
perseguire - la finalita' di «assicurare la snellezza, concentrazione
ed  effettivita'  della  tutela,  anche  al  fine  di  garantire   la
ragionevole durata del processo» (art. 44, comma 2, lettera a), e  di
«disciplinare le azioni e le funzioni del giudice: 1) riordinando  le
norme vigenti sulla giurisdizione del giudice  amministrativo,  anche
rispetto alle altre giurisdizioni» (art.  44,  comma  2,  lettera  b,
numero 1); 
    che  nel  giudizio  di  costituzionalita'   e'   intervenuto   il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile e comunque infondata; 
    che  in  via  preliminare,  la   difesa   statale   ha   eccepito
l'inammissibilita'   della   questione,   evidenziando   che    nella
fattispecie in esame i motivi in base ai quali e' stata  disposta  la
revoca attengono alla fase procedimentale di verifica  dei  requisiti
per  l'attribuzione  provvisoria  del  contributo;  in   tale   fase,
l'amministrazione sarebbe stata indotta in errore, avendo concesso il
finanziamento in contrasto  con  l'interesse  pubblico  dalla  stessa
tutelato; pertanto, con il provvedimento di revoca, l'amministrazione
non avrebbe inciso su situazioni di diritto  soggettivo,  sanzionando
l'inadempimento del privato alle obbligazioni assunte per ottenere la
sovvenzione, ma avrebbe  invece  inciso  su  posizioni  di  interesse
legittimo, esercitando il generale potere di autotutela pubblicistico
fondato  sul   riesame   della   legittimita'   o   dell'opportunita'
dell'iniziale   provvedimento   di   attribuzione   provvisoria   del
contributo e sulla valutazione dell'interesse pubblico connesso; 
    che, pertanto, ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, la
controversia in esame apparterrebbe comunque alla cognizione del  TAR
rimettente e la questione  di  legittimita'  costituzionale  sarebbe,
quindi, inammissibile per difetto del requisito della rilevanza; 
    che, d'altra parte, osserva la difesa statale, in  considerazione
dell'assoluta   discrezionalita'   di   cui   gode   il   legislatore
nell'attribuzione al giudice amministrativo di «particolari materie»,
ai sensi dell'art. 103  Cost.,  la  scelta  di  lasciare  al  giudice
ordinario la cognizione dei  diritti  soggettivi,  in  materie  nelle
quali sono altresi' configurabili interessi  legittimi,  non  sarebbe
censurabile sotto il  profilo  della  irragionevolezza  «estrinseca»;
ne', d'altra parte,  potrebbe  essere  invocato  il  principio  della
concentrazione  delle  tutele   di   fronte   a   un   unico   plesso
giurisdizionale in quanto nella giurisprudenza costituzionale, ed  in
particolare nella sentenza n. 204 del 2004,  tale  principio  sarebbe
richiamato  in  relazione  alla   diversa   questione   dei   diritti
patrimoniali consequenziali; 
    che,   inoltre,   non   sarebbe   ammissibile    una    pronuncia
manipolativo-additiva, che conferisca al  giudice  amministrativo  la
giurisdizione sui diritti soggettivi in materie  non  indicate  dalla
legge; 
    che,  d'altra  parte,  non  sarebbe  ravvisabile  la   denunciata
violazione dell'art. 24  Cost.,  il  quale  e'  volto  ad  assicurare
l'effettivita' della tutela giurisdizionale e «la completa parita'  e
originarieta' dei due ordini di giurisdizione», affidando la concreta
distribuzione degli affari tra gli stessi alle  scelte  discrezionali
del legislatore; 
    che, infine,  quanto  alla  denunciata  violazione  dell'art.  76
Cost., la delega di  cui  alla  legge  n.  69  del  2009,  in  quanto
concernente  il  riordino  ed  il  riassetto  normativo,   imporrebbe
un'interpretazione restrittiva dei poteri  innovativi  attribuiti  al
legislatore delegato, i quali devono essere strettamente orientati  e
funzionali alle  finalita'  stabilite  dalla  legge  delega,  con  la
conseguente esclusione di interventi non strettamente necessari  alla
ricomposizione sistematica  perseguita  con  l'azione  di  riassetto;
pertanto, al legislatore  delegato  non  sarebbero  stati  attribuiti
poteri cosi' ampi, da consentirgli di introdurre innovazioni  «al  di
fuori di ogni vincolo alla  propria  discrezionalita'  esplicitamente
individuato dalla legge-delega» (sentenza n. 293 del 2010). 
    Considerato che, con ordinanza del 9 dicembre 2014, il  Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3,  24,  76  e  111   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 133,
comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), nella parte in cui non  devolve  alla  giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo anche le questioni relative alla
concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari; 
    che,  in  via  preliminare,  va  rilevata  l'infondatezza   della
eccezione  di  inammissibilita'  della  questione,  per  difetto   di
rilevanza, sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato; 
    che,  in  particolare,  la  difesa   statale   ritiene   che   la
controversia in  esame  attenga  a  requisiti  che  sono  oggetto  di
verifica  nella  fase  procedimentale  che   precede   l'attribuzione
provvisoria  del  contributo;  con   il   provvedimento   di   revoca
l'amministrazione avrebbe inciso su posizioni di interesse legittimo,
esercitando il generale potere di  autotutela  pubblicistico  fondato
sul riesame  della  legittimita'  o  dell'opportunita'  dell'iniziale
attribuzione  del  contributo  e  sulla  valutazione   dell'interesse
pubblico connesso; secondo questa prospettazione, la controversia  in
esame apparterrebbe - comunque e per intero - alla cognizione del TAR
rimettente; 
    che il giudizio a quo ha per oggetto l'impugnazione dell'atto  di
revoca della concessione di un contributo statale; per la definizione
di tale giudizio, il rimettente e' tenuto a fare  applicazione  della
regola di riparto elaborata dalla giurisprudenza di legittimita',  in
base alla quale egli  si  ritiene  titolare  della  giurisdizione  in
relazione ad alcuni soltanto dei motivi di revoca  addotti  dall'atto
impugnato e delle connesse posizioni giuridiche soggettive; 
    che, a fondamento della  questione  sottoposta  a  questa  Corte,
viene   dedotta   una   oggettiva   situazione   di    non    agevole
distinguibilita' tra posizioni di diritto  soggettivo  e  d'interesse
legittimo, in materia di concessione di agevolazioni finanziarie;  da
cio' discende la necessita'  di  fare  applicazione  dei  criteri  di
riparto  elaborati  dalla  giurisprudenza  sulla  base   del   tenore
letterale della disposizione censurata, la quale  effettivamente  non
comprende, nell'ambito  della  giurisdizione  esclusiva  del  giudice
amministrativo,  le  controversie  relative   alla   concessione   di
sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari; 
    che, pertanto,  la  sussistenza  del  requisito  della  rilevanza
appare sorretta da una motivazione non implausibile e l'eccezione  di
inammissibilita'  sollevata  dalla   difesa   statale   deve   essere
disattesa; 
    che, d'altra parte, il rimettente - dato atto del fallimento  del
tentativo di pervenire al medesimo risultato in  via  interpretativa,
in quanto tale percorso non e' stato condiviso  dalla  giurisprudenza
delle Corti superiori - evidenzia che solo una pronuncia della Corte,
che individui nella giurisdizione amministrativa la  sede  di  tutela
dei diritti e interessi oggetto dei provvedimenti in esame,  potrebbe
risolvere  in  via  definitiva  la  questione;  attraverso  l'agevole
individuazione  del  giudice  fornito  di   giurisdizione,   verrebbe
eliminato, infatti, il vulnus ai parametri costituzionali; 
    che  il  petitum  del  rimettente  e'  dichiaratamente  volto  ad
ottenere  una  pronuncia  additiva,  che  estenda   le   ipotesi   di
giurisdizione esclusiva di cui all'art. 133, comma 1, lettera b), del
d.lgs. n. 104 del 2010, sino a  ricomprendervi  la  cognizione  delle
controversie relative alla concessione  di  sovvenzioni,  contributi,
sussidi e ausili finanziari; 
    che, tuttavia, l'addizione  invocata  dal  rimettente  non  tiene
conto della previsione di cui all'art. 103 Cost., laddove  stabilisce
che sia la legge ad indicare le «particolari materie» nelle quali  e'
attribuita agli organi di giustizia amministrativa  la  giurisdizione
per la tutela, nei confronti della  pubblica  amministrazione,  degli
interessi legittimi e dei diritti soggettivi; 
    che, al riguardo, questa Corte ha gia' ritenuto inammissibile una
pronuncia  additiva,  come  quella  invocata  nel  caso   in   esame,
affermando  che  «Se  [...]  l'introduzione  di  un  nuovo  caso   di
giurisdizione esclusiva puo' essere effettuata solo da  una  legge  -
come prescrive l'art. 103, primo comma, Cost.,  e  nel  rispetto  dei
principi e dei limiti fissati dalla  sentenza  n.  204  del  2004  di
questa Corte - risulta inammissibile il  petitum  posto  dal  giudice
rimettente, che si risolve nella sostanza  [...]  nella  richiesta  a
questa Corte di introdurre essa stessa, con  una  sentenza  additiva,
tale nuovo  caso,  che  puo'  invece  essere  frutto  di  una  scelta
legislativa non costituzionalmente obbligata» (sentenza  n.  259  del
2009); 
    che, anche nel caso in esame, la riserva  legislativa  in  ordine
alla   delimitazione   della   giurisdizione   esclusiva    determina
l'inammissibilita' del petitum, essendo rimessa alla discrezionalita'
del  legislatore  l'estensione  della  giurisdizione  esclusiva   del
giudice amministrativo, nell'ambito  di  un  ventaglio  di  possibili
soluzioni, nessuna delle quali costituzionalmente imposta; 
    che, sotto un diverso profilo, la motivazione  dell'ordinanza  di
rimessione non spiega le ragioni per le quali il denunciato vulnus di
costituzionalita'  possa,  e   debba,   essere   eliminato   mediante
l'attrazione nella giurisdizione  del  giudice  amministrativo  delle
controversie  relative  a  diritti  in  materia  di  concessioni   di
contributi e sovvenzioni; il petitum del rimettente non  e',  quindi,
supportato da elementi che consentano di ritenere che quella invocata
sia l'unica scelta costituzionalmente compatibile e necessitata; 
    che anche tale carenza nell'impianto motivazionale dell'ordinanza
di rimessione si riflette in  ulteriore  motivo  di  inammissibilita'
della  questione,  derivante  dall'inesistenza   di   una   soluzione
costituzionalmente obbligata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art.  133,  comma  1,  lettera  b),  del  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli
artt.  3,  24,  76  e   111   della   Costituzione,   dal   Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione  staccata  di  Lecce,
con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2016. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI