N. 21 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 novembre 2015

Ordinanza del 5 novembre 2015 del Tribunale amministrativo  regionale
per la Lombardia sul  ricorso  proposto  da  Cerutti  Rosanna  contro
Comune di Paderno Dugnano, Asnaghi Flavio e Regione Lombardia. 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia  -  Previsione
  che, in relazione  agli  interventi  di  ristrutturazione  edilizia
  oggetti della sentenza della Corte costituzionale n. 309 del  2011,
  i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre  2011,
  nonche' le denunce di  inizio  attivita'  esecutive  alla  medesima
  data, devono considerarsi titoli validi ed efficaci fino al momento
  della  dichiarazione  di  fine  lavori,   a   condizione   che   la
  comunicazione di inizio lavori risulti  protocollata  entro  il  30
  aprile 2012. 
- Legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure  per  la
  crescita, lo sviluppo e l'occupazione), art. 17, comma 1. 
(GU n.7 del 17-2-2016 )
 
       IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA 
                          (Sezione Seconda) 
 
    Ha  pronunciato  la  presente  sentenza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1818 del 2012, proposto da: 
        Rosanna Cerutti, rappresentata  e  difesa  dagli  avv.  Maria
Sala, Claudio Sala, Elvezio  Bortesi,  con  domicilio  eletto  presso
Maria Sala in Milano, V. Hoepli 3; 
    Contro  Comune  di  Paderno  Dugnano,  rappresentato   e   difeso
dall'avv. Monica Modolo, con domicilio eletto presso Monica Modolo in
Milano, c/o Segreteria Tar Milano; 
    Nei confronti di: 
    Flavio Asnaghi,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.  Giampaolo
Pucci, Silvia Forte, con domicilio eletto presso Gianpaolo  Pucci  in
Milano, Via F.lli Bronzetti, 3; 
    Regione Lombardia; 
    Per l'annullamento: 
    del  provvedimento  del  Comune  di  Paderno   Dugnano,   Settore
Pianificazione del Territorio, prot. 25093 del 15 maggio 2012 a mezzo
del quale e' stata confermata «la validita' del permesso di costruire
n. 11/10, proprietario sig.  Flavio  Asnaghi,  alla  luce  di  quanto
previsto dalla l.r. n. 7/2012, art. 17, comma 1»; 
    di ogni altro atto preordinato, presupposto,  consequenziale  e/o
comunque connesso, ivi compreso il suddetto permesso di costruire  n.
11/10 rilasciato al sig. Flavio Asnaghi. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune  di  Paderno
Dugnano e di Flavio Asnaghi; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  14  ottobre  2015  il
dott. Mario Mosconi e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    I - In ordine alla vicenda di cui in  epigrafe  giova,  per  ogni
profilo, riportare integralmente l'intero contenuto  della  ordinanza
di questa Sezione II (n. 1588 del 20 giugno 2013 - R.O.C.C. 260), con
cui, al tempo, venne rimessa alla Corte costituzionale  la  questione
di costituzionalita' (o meno) relativa al 1° comma dell'art. 17 della
l.r. della Lombardia n. 7 del 18 aprile 2012: 
        «1.  La  sig.ra  Rosanna  Cerutti,  odierna  ricorrente,   e'
proprietaria di un immobile situato  sul  territorio  del  Comune  di
Paderno Dugnano. 
    2. L'immobile confina con un'area di proprieta' del  sig.  Flavio
Asnaghi il quale, in data 9 novembre 2010, ha ottenuto  dal  predetto
Comune il rilascio di un permesso di  costruire  per  procedere  alla
ristrutturazione di un edificio ivi insistente. 
    3.  La  ricorrente,  in   data   7   marzo   2012,   ha   rivolto
all'Amministrazione istanza di  autotutela  riguardante  il  suddetto
titolo edilizio. 
    4. Il Comune di Paderno Dugnano, con atto del 15 maggio 2012,  ha
respinto l'istanza confermando la validita' del permesso di costruire
rilasciato. 
    5. Avverso tale atto ed avverso il citato permesso  di  costruire
e' diretto il ricorso in esame. 
    6. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al  gravame,  il
Comune di  Paderno  Dugnano  ed  il  controinteressato,  sig.  Flavio
Asnaghi. 
    7. La Sezione, con ordinanza n.  1188  del  24  agosto  2012,  ha
accolto l'istanza cautelare. 
    8. In prossimita' dell'udienza  di  discussione  del  merito,  le
parti costituite hanno  depositato  memorie,  insistendo  nelle  loro
conclusioni. 
    9. Tenutasi la pubblica udienza in data 3 aprile 2013,  la  causa
e' stata trattenuta in decisione. 
    10. Come anticipato, con il ricorso in esame, viene impugnato  il
provvedimento con il quale il Comune di Paderno Dugnano  ha  respinto
l'istanza di annullamento in autotutela di un permesso  di  costruire
rilasciato per la realizzazione di un intervento di  ristrutturazione
di un edificio ubicato su di un'area attigua a quella  di  proprieta'
della ricorrente. Viene altresi' impugnato il permesso di  costruire,
a suo tempo rilasciato al controinteressato. 
    11. L'intervento oggetto del titolo edilizio  avrebbe  consentito
la demolizione e la ricostruzione dell'edificio  con  sagoma  diversa
rispetto a quella originaria. 
    12. Secondo  la  parte  ricorrente  l'illegittimita'  del  titolo
edilizio dipenderebbe proprio da quest'ultimo elemento,  non  essendo
ammissibili,   a   suo    dire,    interventi    classificati    come
ristrutturazione che comportino la demolizione e la ricostruzione  di
manufatti senza il rispetto della sagoma originaria. 
    13.  Nell'istanza  di  autotutela,  peraltro,  l'interessata   ha
invocato la sentenza della Corte costituzionale 21 novembre  2011  n.
309, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale
delle disposizioni contenute  nell'art.  27,  comma  1,  lettera  d),
ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12/2005,  come
interpretato dall'art. 22 della legge della Regione Lombardia  n.  7/
2010, il quale definisce ristrutturazione edilizia gli interventi  di
demolizione  e  ricostruzione  senza  il  vincolo  della  sagoma.  In
particolare, tali disposizioni sono state  ritenute  dalla  Corte  in
contrasto con il principio fondamentale stabilito dall'art. 3,  comma
1, lettera  d),  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
380/2001, il quale esclude che possa parlarsi di ristrutturazione nel
caso in cui la ricostruzione dell'immobile sia  effettuata  senza  il
vincolo di sagoma, con conseguente violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione. 
    14.   Con   il    provvedimento    di    rigetto    dell'istanza,
l'Amministrazione intimata ha rilevato che,  nonostante  l'intervento
della Corte costituzionale, l'annullamento del permesso di  costruire
a  suo  tempo  rilasciato  al  controinteressato  non  poteva  essere
disposto; e cio' in ragione del sopravvenuto art.  17,  primo  comma,
della l.r. n. 7/2012, in forza del quale i titoli edilizi riguardanti
gli interventi oggetto della suindicata pronuncia,  rilasciati  prima
del  30  novembre  2011  e  per  i  quali  sia   stata   protocollata
comunicazione di inizio lavori prima  del  30  aprile  2012,  debbono
ritenersi comunque validi. 
    15. L'interessata, nel proprio ricorso,  sostiene  che  la  norma
regionale  da  ultimo  citata  sia,  e   debba   essere   dichiarata,
incostituzionale per contrasto con l'art. 136 Cost. e  per  contrasto
con il principio di retroattivita' delle sentenze emanate dalla Corte
costituzionale. 
    16. Prima di affrontare i profili di costituzionalita', dai quali
dipende, per come sara' spiegato, l'esito del giudizio,  e'  tuttavia
necessario ricostruire il quadro  normativo  e  giurisprudenziale  di
riferimento. 
    17. In base alla definizione  data  dall'art.  27,  primo  comma,
lettera d) della l.r. 11 marzo 2005 n. 12, sono  ricompresi  fra  gli
interventi  di  ristrutturazione  edilizia  anche  quegli  interventi
consistenti nella  demolizione  e  ricostruzione  parziale  o  totale
dell'edificio nel rispetto della volumetria preesistente. 
    18. La norma, a differenza dell'art. 3, primo comma, lettera  d),
del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380, non
richiede  espressamente  che  la  ricostruzione  debba  avvenire  nel
rispetto della sagoma originaria. 
    19. La giurisprudenza di questo Tribunale  aveva  proposto  (cfr.
tribunale amministrativo regionale  Lombardia  Milano,  sez.  II,  16
gennaio 2009 n. 153) una  interpretazione  armonizzatrice  delle  due
disposizioni, stabilendo che anche  per  la  normativa  regionale  il
rispetto della sagoma fosse requisito imprescindibile ai  fini  della
definizione di ristrutturazione edilizia; e che la mancata  esplicita
previsione in tal senso da parte della legislazione regionale dovesse
considerarsi lacuna colmabile attraverso l'applicazione  della  norma
statale. 
    20. Questa giurisprudenza e' stata pero' sconfessata dall'art. 22
della l.r. 5 febbraio 2010 n. 7 (recante  "Interpretazione  autentica
dell'art. 27, comma 1, lettera d)  della  legge  regionale  11  marzo
2005, n. 12 «Legge per il  governo  del  territorio»),  il  quale  ha
espressamente previsto che, per la  legislazione  lombarda,  ai  fini
della definizione  di  ristrutturazione  edilizia,  la  ricostruzione
dell'edificio e' da intendersi senza vincolo di sagoma. 
    21.  Come  gia'  anticipato,  queste  disposizioni   sono   state
censurate  dalla  Corte  costituzionale,  la  quale,   partendo   dal
presupposto  che  l'edilizia  costituisce  materia  di   legislazione
concorrente ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., con sentenza 21 -
23 novembre 2011, n. 309, ha affermato  che  le  disposizioni  recate
dalla normativa statale in materia di definizione  e  classificazione
degli interventi edilizi costituiscono  norme  di  principio;  e  che
quindi la legislazione regionale non puo' discostarsi da  esse  senza
scontare il contrasto con la predetta norma costituzionale. 
    22. Applicando le  statuizioni  contenute  nella  sentenza  della
Corte costituzionale il ricorso  potrebbe  essere,  quindi,  accolto,
giacche' con esso l'interessata lamenta proprio  che  il  Comune,  in
applicazione della normativa regionale  dichiarata  incostituzionale,
abbia  assentito   un   intervento   di   ristrutturazione   edilizia
consistente nella demolizione e ricostruzione di un edificio senza il
rispetto della sagoma originaria. 
    23. Nel suddetto  quadro  legislativo  si  e'  tuttavia  inserito
l'art. 17, comma 1, della l.r. 18 aprile 2012 n. 7, in base al  quale
«In relazione agli interventi di  ristrutturazione  edilizia  oggetto
della sentenza della Corte costituzionale del 21  novembre  2011,  n.
309, al fine  di  tutelare  il  legittimo  affidamento  dei  soggetti
interessati, i permessi di costruire  rilasciati  alla  data  del  30
novembre 2011 (...) devono considerarsi  titoli  validi  ed  efficaci
fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione  che
la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata  entro  il  30
aprile 2012». 
    24. Questa norma, come si vede, dichiara testualmente «validi  ed
efficaci» i titoli edilizi riguardanti gli interventi  oggetto  della
succitata  sentenza  n.  309/2011,  e   cioe'   gli   interventi   di
ristrutturazione consistenti nella demolizione e ricostruzione  senza
vincolo  di  sagoma,  a  condizione:  1)  che  il  titolo  sia  stato
rilasciato prima del 30 novembre 2011; 2)  che  la  comunicazione  di
inizio lavori sia stata protocollata prima del 30 aprile 2012. 
    25.   Il    Collegio    si    e'    interrogato,    innanzitutto,
sull'interpretazione da dare alla norma, per stabilire se di essa  si
potesse  dare  una  lettura  costituzionalmente  orientata,  tale  da
escludere la rilevanza della sollevata questione ed evitare un rinvio
il cui esito appariva altrimenti scontato. 
    26.  Si  sarebbe  potuto,  infatti,  ritenere   che,   con   tale
disposizione, il legislatore  lombardo  avesse  semplicemente  inteso
affermare la persistente efficacia, sino a rimozione  giurisdizionale
o  amministrativa,  dei  titoli   rilasciati;   e   cio'   nonostante
l'intervento della Corte costituzionale sulle norme  cui  essi  danno
applicazione. 
    27. Letta cosi' la norma non avrebbe affermato nulla di  piu'  di
quanto la dottrina pacificamente  sostiene  in  ordine  agli  effetti
delle sentenze della  Corte,  che  nonostante  l'effetto  retroattivo
delle sue  pronunce  non  travolge  ne'  i  rapporti  conclusi  e  le
situazioni ormai consolidate ne', ex  se,  i  provvedimenti  adottati
dall'amministrazione in base alla norma dichiarata  incostituzionale.
L'effetto  delle  sentenze  della  Corte  che  rimuovono   le   norme
incostituzionali implica infatti che, in tutte le situazioni in cui i
provvedimenti emessi (legittimamente) prima della  caducazione  della
norma sottostante continuino a produrre effetti (non  inerendo  a  un
rapporto concluso), l'amministrazione ha il dovere di intervenire  in
autotutela e di rimuoverli, poiche' il principio di affidamento,  che
pure e' un valore costituzionalmente garantito, cessa di essere  tale
nello stesso momento in cui esso non poggia piu' su atti legittimi. 
    28. Se alla norma in questione si fosse data questo  significato,
pervero  assai  riduttivo,  sterilizzandola  da  ogni   volonta'   di
intervenire per sanare tutti gli  abusi  commessi  prima  e  dopo  la
pronuncia della Corte, la conclusione avrebbe potuto essere nel senso
che,  avendo  l'amministrazione  intimata   richiamato   tale   norma
indicandola espressamente come l'ostacolo all'esercizio del potere di
autotutela, il Collegio avrebbe definito il  giudizio  annullando  il
provvedimento impugnato per il vizio (ove dedotto) di violazione  e/o
erronea applicazione di detta norma. 
    29. Questo esito non e' invece possibile,  con  tutto  quanto  ne
consegue ai fini della rilevanza della questione di costituzionalita'
che si verra' esponendo, perche' l'interpretazione costituzionalmente
aderente  in  precedenza  profilata  si  scontra,  a   giudizio   del
Tribunale,, con due argomenti ineludibili quanto dirimenti. 
    30. Il primo e' di carattere letterale:  come  visto,  l'art.  17
cit. non si limita a predicare l'efficacia dei titoli  rilasciati  ma
anche la loro validita' (la norma afferma testualmente che i permessi
di costruire debbono intendersi  «validi  ed  efficaci»)  sottendendo
quindi che essi sono intangibili per l'amministrazione che intendesse
intervenire in autotutela. 
    31.  Il  secondo  argomento  si  basa  su   criteri   logici   di
interpretazione, ed in particolare sul  principio  secondo  il  quale
occorre dare alla legge,  se  possibile,  un  significato  utile.  In
proposito  si  osserva  che,  ove  la  previsione,  come  gia'  sopra
rilevato, si limitasse  a  rimarcare  la  persistente  efficacia  dei
titoli rilasciati, la stessa dovrebbe considerarsi del tutto  inutile
posto che,  gia'  per  costante  insegnamento  giurisprudenziale,  la
dichiarazione  di  incostituzionalita'  di  una  legge  non  travolge
automaticamente  il  provvedimento  che  ne  da'  applicazione  (cfr.
Consiglio di Stato, ad plen. , 8 aprile 1983 n. 8). 
    32. Va peraltro osservato che questa  interpretazione  limitativa
non e' stata minimamente seguita  dall'Amministrazione  intimata,  la
quale ha ritenuto che l'art. 17, comma primo, della l.r.  n.  7/2012,
lungi dal limitarsi a confermare l'efficacia del titolo  in  concreto
rilasciato, avesse effetto  paralizzante  sull'esercizio  dei  propri
poteri di autotutela e per questa sola ragione ha respinto  l'istanza
della ricorrente. 
    33. Occorre quindi, perche' altro non resta, esaminare la seconda
opzione ermeneutica. 
    34. Orbene, se per dare un diverso  senso  alla  norma,  si  deve
ritenere, come ha fatto il Comune di Paderno Dugnano, che  la  stessa
sia volta ad evitare  l'annullamento  dei  titoli  ormai  rilasciati,
allora e' chiaro che,  indipendentemente  dalle  modalita'  con  tale
effetto si realizza, il suo  significato  e  la  sua  efficacia  deve
intendersi nel senso della  volonta'  del  legislatore  regionale  di
sanare il titolo edilizio rilasciato in spregio alla  (o  per  meglio
dire privando di efficacia la)  declaratoria  di  incostituzionalita'
contenuta nella sentenza n. 309/2011. 
    35. Cosi' argomentando altro non puo' ritenersi  se  non  che  il
legislatore regionale, con l'art. 17,  comma  primo,  della  l.r.  n.
7/2012,  abbia  voluto  sanare  ex  post,  in  via   legislativa,   i
provvedimenti divenuti illegittimi a seguito della suddetta pronuncia
di    incostituzionalita',     impedendo     quindi,     non     solo
all'amministrazione   ma   anche   al   giudice,   di    pronunciarne
l'annullamento. 
    36. Tale interpretazione, peraltro e' anche la piu'  aderente  al
dato letterale della norma atteso che, come gia' rilevato, la  stessa
afferma testualmente che i titoli  rilasciati  prima  della  sentenza
della Corte (sia pure a determinate condizioni) debbono  considerarsi
«validi». 
    37. Seguendo questa impostazione si  potrebbe  prospettare  anche
una lettura della norma, utile  ai  soli  fini  della  prospettazione
della non manifesta rilevanza della questione  di  costituzionalita',
per cui la volonta' del legislatore regionale non fosse tanto  quella
di introdurre un'ipotesi di  sanatoria  ex  lege,  quanto  quella  di
intervenire  surrettiziamente  sul  potere  di  autotutela  riservato
all'autorita' amministrativa, formulando una valutazione astratta  di
prevalenza dell'interesse  del  privato  al  mantenimento  in  essere
dell'atto rilasciato su quello pubblico  volto  al  ripristino  della
legalita' violata. 
    38. La disposizione in esame inciderebbe,  in  questo  caso,  con
effetti paralizzanti, solo sul potere  di  autotutela.  Ma  l'effetto
paralizzante  non  sarebbe  provocato   dalla   sanatoria   dell'atto
illegittimo (che conserverebbe la propria  illegittimita'  e  sarebbe
per cio' annullabile in sede  giurisdizionale)  ma  dalla  suindicata
astratta valutazione di prevalenza dell'interesse privato  su  quello
pubblico  volto  all'annullamento;  il  che   si   dedurrebbe   dando
significativo rilievo all'inciso «al fine di  tutelare  il  legittimo
affidamento dei soggetti interessati», contenuto nell'art. 17,  comma
primo, della l.r. n. 7/2012. 
    39.   Illustrato   in   tal   modo   il   quadro   normativo    e
giurisprudenziale di riferimento, il Collegio  deve  osservare  come,
seguendo la seconda delle opzioni ermeneutiche sopra  proposte  (come
detto la prima non  regge,  se  non  alle  condizioni  forzate  sopra
descritte), la questione di legittimita' costituzionale del  suddetto
art. 17,  comma  primo,  della  l.r.  n.  7/2012  sia,  all'evidenza,
rilevante e non manifestamente infondata. 
    40.  Prima  di  procedere  oltre  occorre,  pero',   un'ulteriore
precisazione. Poiche'  come  gia'  detto,  il  Collegio  ritiene  che
l'interpretazione piu' aderente al dato  letterale  e,  dunque,  piu'
plausibile  dell'art.  17  sia  quella  che   attribuisce   ad   esso
(direttamente o indirettamente) effetti  sananti,  le  argomentazioni
che verranno sviluppate  nel  prosieguo  muoveranno  dal  presupposto
ovvio che  si  segua  questa  interpretazione.  In  alcuni  specifici
passaggi si dara' peraltro  conto  delle  questioni  che  si  pongono
qualora  si  ritenga  che  la   disposizione   abbia   solo   effetto
paralizzante del potere di autotutela. 
    41. Cio'  premesso,  per  cio'  che  concerne  il  profilo  della
rilevanza si osserva quanto segue. 
    42. Come anticipato, con l'atto di archiviazione del procedimento
di  autotutela  qui  impugnato,  il  Comune  di  Paderno  Dugnano  ha
consentito  la  realizzazione  di   una   ristrutturazione   edilizia
consistente nella demolizione e ricostruzione di un edificio senza il
rispetto del vincolo di sagoma. 
    43. Applicando la normativa  in  vigore  prima  dell'introduzione
dell'art. 17 cit., come  risultante  a  seguito  della  pronuncia  di
incostituzionalita', il ricorso sarebbe stato, quindi, accolto. 
    44.  Applicando  invece  quest'ultima  disposizione  il   ricorso
dovrebbe essere respinto posto che, nel caso concreto, il permesso di
costruire qui avversato e' stato rilasciato in  data  9  aprile  2011
(dunque  prima  del  30  novembre  2011),  ed  essendo  la   relativa
comunicazione di inizio lavori stata protocollata in data  14  luglio
2011 (dunque prima del 30 aprile 2012). Da  qui  la  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale ad essa afferente. 
    45. Prima di procedere  oltre  il  Collegio  ritiene,  nondimeno,
opportuno formulare due ulteriori considerazioni. 
    46.  La  prima  riguarda  l'inciso   «fino   al   momento   della
dichiarazione di fine lavori», contenuto nel ridetto art.  17,  comma
1, della legge n. 7/2012. 
    47. Tale inciso, anche se interpretato nel senso (per la  verita'
poco comprensibile) che la validita' e l'efficacia del  provvedimento
vengano meno una volta ultimati i lavori, non  e'  decisivo  ai  fini
della soluzione della  presente  controversia,  posto  che  nel  caso
concreto la comunicazione di fine  lavori,  al  momento  di  rilascio
degli atti impugnati, non era ancora intervenuta.  L'effetto  sanante
(o paralizzante sul  potere  di  autotutela)  della  disposizione  e'
dunque ancora operante; con la conseguenza che,  in  applicazione  di
essa, questo  giudice  dovrebbe  comunque  disporre  il  rigetto  del
ricorso. 
    48. La seconda considerazione  si  ricollega  alle  eccezioni  di
tardivita' ed inammissibilita' sollevate dalle parti resistenti. 
    49. Queste sostengono invero che il ricorso, nella parte  in  cui
si rivolge avverso il permesso di costruire, sarebbe irricevibile per
tardivita' della notifica; e che lo stesso ricorso,  nella  parte  in
cui si rivolge avverso l'atto di rifiuto dell'esercizio del potere di
autotutela, sarebbe inammissibile in quanto diretto  contro  un  atto
meramente confermativo del precedente titolo edilizio. 
    50. Tale eccezione potrebbe considerarsi decisiva ai  fini  della
rilevanza della questione  posto  che:  a)  secondo  una  consolidata
giurisprudenza del giudice amministrativo, le  pronunce  della  Corte
costituzionale che  colpiscono  le  norme  applicate  dalla  pubblica
amministrazione nell'esercizio dei  propri  poteri  autoritativi  non
incidono sui rapporti esauriti; b)  devono  considerarsi  esauriti  i
rapporti  regolati  da  provvedimenti  divenuti   inoppugnabili   per
decorrenza  dei  termini  di   impugnazione   giurisdizionale   (cfr.
Consiglio di Stato, ad. plen n. 8/1983 cit.);  c)  e  che  quindi  il
rigetto  del  presente  ricorso  potrebbe  essere  disposto  anche  a
prescindere dall'applicazione della  norma  contenuta  nell'art.  17,
comma 1, della l.r. n. 7/2012, ove si ritenesse che il  rapporto  fra
p.a. e controinteressato  sia,  nel  caso  concreto,  definitivamente
disciplinato dal permesso di costruire  n.  11/2010,  ormai  divenuto
inoppugnabile e, dunque,  immune  alle  statuizioni  contenute  nella
sentenza della Corte costituzionale n. 309/2011. 
    51. Ritiene tuttavia il Collegio che la regolazione del  rapporto
fra  p.a.  e  controinteressato,  nel  caso  concreto,  non  si   sia
cristallizzata nel succitato permesso di costruire; e cio' in  quanto
il Comune, a seguito dell'istanza della  ricorrente,  ha  avviato  un
procedimento  di  annullamento  in  autotutela  del  titolo  edilizio
rilasciato,   culminato   con   l'adozione   del   provvedimento   di
archiviazione, anch'esso avversato in questa sede. 
    52. Attraverso il nuovo procedimento  l'autorita'  amministrativa
ha quindi rinnovato l'istruttoria, nel corso della quale  sono  stati
valutati elementi in precedenza non presi in  considerazione,  ed  in
particolare sono state per  la  prima  volta  affrontate  proprio  le
questioni di legittimita' connesse alla compatibilita' costituzionale
delle disposizioni  regionali  che  ascrivono  alla  categoria  della
ristrutturazione edilizia interventi di demolizione  e  ricostruzione
senza il vincolo di sagoma. 
    53. Il  Comune,  invero,  invece  di  rilevare  l'inutilita'  del
riesame,   stante   l'ininfluenza   della   sentenza   della    Corte
costituzionale sul permesso di costruire rilasciato e ormai  divenuto
inoppugnabile, ha delibato la questione giungendo alla conclusione di
non annullare l'atto in ragione del sopravvenuto dettato  legislativo
(significativo  in  proposito  e'  l'atto  di  avviso  di  avvio  del
procedimento inoltrato al controinteressato, nella parte  in  cui  il
Comune  manifesta  esplicitamente  l'intenzione   di   stabilire   se
sussistano i presupposti per esercitare il potere  di  autotutela  in
ragione  dell'intervenuta  sentenza  di   incostituzionalita'   delle
disposizioni che disciplinavano l'intervento). 
    54. Ne consegue che, in esito al suddetto procedimento, e'  stato
adottato  un  provvedimento  che  non  puo'  considerarsi   meramente
confermativo  del  precedente  permesso  di  costruire:  tale   atto,
difatti,   pur   confermando,    attraverso    l'archiviazione    del
procedimento,  il  contenuto  dispositivo  del  precedente,  fa  cio'
muovendo da nuove valutazioni ed in applicazione  di  una  normativa,
l'art. 17, comma 1, della l.r. n. 7/2012 , che all'epoca di  adozione
del primo provvedimento non era neppure in vigore e che ha consentito
di ritenere la validita' di un provvedimento altrimenti  suscettibile
di di declaratoria di illegittimita'. 
    55.  Il  provvedimento  di  archiviazione  del  procedimento   di
autotutela va dunque qualificato come atto di natura sostanziale  con
cui, mediante la formulazione di nuove valutazioni espresse  in  seno
ad una rinnovata  istruttoria,  si  e'  affermata  la  validita'  del
permesso di costruire a suo tempo rilasciato e si e', di conseguenza,
confermato il suo contenuto dispositivo. 
    56. In tale contesto non  puo'  negarsi  la  sussistenza  di  una
sopravvenuta manifestazione di volonta' dell'Ente che si  aggiunge  a
quella originaria e che concorre con  la  prima  nel  determinare  la
regolazione  del  rapporto  intercorrente  con  il  controinteressato
destinatario del titolo edilizio. Come detto, l'atto  in  parola  non
puo' pertanto considerarsi meramente confermativo del precedente. 
    57. Il rinnovato  esercizio  del  potere  ha  dunque  riaperto  i
termini di impugnazione. Ne discende che, ai fini che  qui  rilevano,
il rapporto fra p.a. e controinteressato non puo' dirsi esaurito  (il
provvedimento di archiviazione  del  procedimento  di  autotutela  e'
stato infatti ritualmente impugnato); e che,  quindi,  il  rigetto  o
l'accoglimento  del  ricorso  stesso  non   possono   che   dipendere
dall'applicazione del ridetto art. 17, comma  primo,  della  l.r.  n.
7/2012. 
    58.  Tutto  il  ragionamento  sin  qui  svolto,  si  fonda,  come
anticipato, sul presupposto che si segua l'interpretazione  dell'art.
17 preferita dal Collegio; tuttavia anche qualora si ritenga  che  la
suddetta norma abbia effetti meramente  paralizzanti  sul  potere  di
autotutela le conclusioni non muterebbero. 
    59.  Va  invero  osservato  che,   secondo   la   giurisprudenza,
l'intervenuta inoppugnabilita' del provvedimento non  impedisce  alla
pubblica  amministrazione  di  annullare   l'atto   illegittimo   per
sopravvenuta  dichiarazione  di   incostituzionalita'   della   norma
applicata nell'esercizio  del  potere:  l'inoppugnabilita'  determina
dunque l'esaurimento del rapporto solo  nei  confronti  del  privato,
interessato ad ottenere  l'annullamento  del  provvedimento  in  sede
giurisdizionale, ma non nei confronti della pubblica  amministrazione
che,    una    volta    intervenuta    la    sentenza    dichiarativa
dell'illegittimita' costituzionale, puo' sempre esercitare  i  propri
poteri di autotutela non soggetti a  limiti  temporali  di  decadenza
(cfr. Consiglio di Stato,  sez.  VI,  9  giugno  2003  n.  3458;  TAR
Calabria Catanzaro, sez. II, 17 novembre 2007 n. 1721). 
    60.  In  proposito  va  peraltro  soggiunto  che,  in   base   ad
un'opinione dottrinale, il potere di annullamento in autotutela di un
titolo edilizio non potrebbe piu' esercitarsi quando i  lavori  siano
ultimati, giacche' in tal  caso  il  rapporto  dovrebbe  considerarsi
esaurito. Tale principio tuttavia non opera nel caso di specie  posto
che,  come  anticipato,  all'epoca   di   emanazione   dell'atto   di
archiviazione del procedimento di  autotutela,  i  lavori  non  erano
ancora stati ultimati. 
    61. Da tutto cio' consegue che, anche se si volesse ritenere che,
nella fattispecie concreta, il predetto  atto  di  archiviazione  del
procedimento non abbia valenza di atto  sostanziale  di  conferma  di
validita' del permesso di costruire  rilasciato  (come  sopra  si  e'
sostenuto), ma abbia valenza di atto di  rifiuto  dell'esercizio  del
potere  di  autotutela,  anche  in  questo  caso  la   questione   di
legittimita' costituzionale conserverebbe rilevanza, posto  che  tale
rifiuto  e'  stato  opposto   alla   ricorrente   esclusivamente   in
applicazione della disposizione di  cui  all'art.  17,  comma  primo,
della l.r. n. 7/2012, al quale dunque anche questo  giudice  dovrebbe
dare applicazione per rigettare il ricorso. 
    62.  Va  pertanto  ribadita  la  rilevanza  della  questione   di
legittimita' costituzionale riguardante la suddetta norma. 
    63. Puo' ora passarsi  all'esame  del  profilo  inerente  la  non
manifesta infondatezza, in ordine al quale si  svolgono  le  seguenti
considerazioni. 
    64. Ritiene innanzitutto il Collegio che l'art. 17, comma  primo,
della l.r. n. 7/2012 possa essere in contrasto con l'art. 136,  comma
primo, Cost. e con l'art. 1 della  legge  costituzionale  9  febbraio
1948 n. 1. 
    65. In base all'art. 136  della  Costituzione  «quando  la  Corte
dichiara l'illegittimita' costituzionale di una norma di legge  o  di
atto avente forza di legge, la norma cessa  di  avere  efficacia  dal
giorno successivo alla pubblicazione della decisione». 
    66. Analoga disposizione e'  contenuta  nell'art.  30,  comma  3,
della legge 11 marzo 1953 n. 87. 
    67. La giurisprudenza della  Corte  costituzionale  ha  insegnato
che, nonostante la loro non chiarissima formulazione, la disposizioni
suindicate debbono interpretarsi, avuto anche  riguardo  al  disposto
dell'art. 1 della legge costituzionale 9  febbraio  1948  n.  1,  nel
senso  che  l'intervenuta  dichiarazione  di  incostituzionalita'  ha
effetti erga omnes  e  retroattivi  che  si  dispiegano  su  tutti  i
rapporti giuridici, salvo il limite  invalicabile  del  giudicato,  e
salvo altresi' il limite derivante da situazioni giuridiche  comunque
divenute irrevocabili: la dichiarazione  di  illegittimita'  colpisce
dunque la norma fin dalla sua origine, eliminandola dall'ordinamento,
ricalcandosi cosi' un fenomeno analogo a quello che  si  verifica  in
caso di annullamento degli atti giuridici (cfr. Corte  costituzionale
sentenza 25 marzo 1970 n. 49; id. sentenza 15 dicembre 1966 n. 127). 
    68.  In  applicazione  dell'art.  136  della   Costituzione,   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni  di
cui all'art. 27, primo comma, lettera d) della l.r. 11 marzo 2005  n.
12 ed all'art. 22 della l.r. 5 febbraio 2010 n.  7,  pronunciata  con
sentenza n. 309/2011, dovrebbe dunque valere anche per il passato. 
    69. Senonche', come visto, con l'art. 17, comma primo, della l.r.
n. 7/2012, il legislatore lombardo ha dettato  una  disposizione  che
appare in contrasto con gli illustrati principi, stabilendo  che  «In
relazione agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto  della
sentenza della Corte costituzionale del 21  novembre  2011,  n.  309,
(...) i permessi di costruire rilasciati alla data  del  30  novembre
2011 (...) devono considerarsi titoli  validi  ed  efficaci  fino  al
momento della dichiarazione di fine lavori ...»; e stabilendo quindi,
nella sostanza, che, in base a  questa  norma,  la  dichiarazione  di
incostituzionalita' non rileva per i  titoli  edilizi  rilasciati  in
epoca anteriore alla pubblicazione della suindicata sentenza. 
    70.  Con  la  disposizione  in  esame,  si  e'  dunque   prevista
un'ipostesi di sanatoria legislativa diretta  ad  emendare  i  titoli
rilasciati prima della pubblicazione della sentenza n.  309/2011  dal
vizio derivante dell'essere tali  atti  applicativi  di  disposizioni
dichiarate incostituzionali. 
    71. Sembra pertanto sussistere il contrasto con i citati articoli
136 della Costituzione e 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948
n. 1. 
    72. Il Collegio ritiene inoltre che  possa  anche  profilarsi  il
contrasto con l'art. 117, comma terzo, della Costituzione. 
    73. Difatti, nel sancire la validita' dei permessi  di  costruire
rilasciati anteriormente al 30 novembre 2011, l'art. 17, comma primo,
della l.r. n. 7/2012 interviene, nella  sostanza,  ancora  una  volta
sulla disciplina inerente  la  definizione  e  classificazione  degli
interventi  edilizi  (materia,  come  detto,  ritenuta  dalla   Corte
riconducibile a quelle di  legislazione  concorrente),  ribadendo  la
possibilita'  di  ascrivere  alla  categoria  delle  ristrutturazioni
interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione  di  edifici
senza vincolo di  sagoma,  e  cio'  perlomeno  con  riferimento  agli
interventi i cui titoli autorizzativi siano stati rilasciati entro la
predetta data. 
    74. Sembra pertanto che la normativa denunciata sia in  contrasto
con la normativa statale di principio contenuta  nell'art.  3,  comma
primo, lettera d) del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  6
giugno 2001 n. 380 (che, come detto, impone invece  il  rispetto  del
limite di sagoma), e ripeta per cio' il vizio di violazione dell'art.
117, comma terzo, Cost. gia' rilevato con la sentenza n. 309/2011. 
    75. Da ultimo il Collegio  osserva  che,  ove  si  ritenesse  che
l'art. 17, comma 1, della l.r. n. 7/2012, abbia valenza non  gia'  di
norma sanante  ma  di  norma  meramente  paralizzante  il  potere  di
autotutela (come sopra precisato) possa, in tal caso,  profilarsi  un
evidente contrasto con l'art. 97 della Costituzione. 
    76. Si deve invero osservare che la  Regione,  con  la  succitata
disposizione, ha compresso il potere  di  autotutela  riservato  alle
autorita' comunali, impedendo loro di intervenire sui titoli  edilizi
gia' rilasciati per rendere conforme  l'attivita'  di  trasformazione
del territorio alle disposizioni normative vigenti nell'ordinamento. 
    77. Tale compressione si pone  in  antitesi  con  i  principi  di
legalita' buon andamento della pubblica amministrazione sanciti dalla
suddetta norma costituzionale (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez.
IV, 26 febbraio  2013  n.  1186),  in  quanto  sacrifica  in  maniera
aprioristica  i  suddetti  valori  senza  richiedere  una  preventiva
concreta comparazione degli interessi coinvolti nel  procedimento  di
autotutela;   comparazione   invece   normalmente    richiesta    per
giustificare il mantenimento in essere di provvedimenti non  conformi
a legge. Esempio emblematico di questo  ultroneo  sacrifico  potrebbe
essere  dato  proprio  dal  caso  in  esame,  nel  quale  l'autorita'
amministrativa ha ritenuto di non potere esercitare il proprio potere
di autotutela nonostante la fase  esecutiva  dell'attivita'  edilizia
assentita fosse ferma  alla  fase  iniziale  e,  dunque,  non  ancora
cristallizzato in capo al privato quell'affidamento che, in astratto,
giustifica il mantenimento in essere di un titolo illegittimo. 
    78. In  conclusione,  ritiene  questo  Giudice  rilevante  e  non
manifestatamente   infondata    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 17, comma primo, della l.r.  n.  7/2012,  in
riferimento agli articoli 136, comma primo, della  Costituzione  e  1
della  legge  costituzionale  9  febbraio  1948  n.  1,  nonche'  con
riferimento agli  articoli  117,  comma  terzo,  e  97  della  stessa
Costituzione.» 
    II - In esito  a  quanto  sopra,  come  integralmente  riportato,
veniva adottata dalla Corte costituzionale l'ordinanza n. 35  del  12
marzo 2015 con la quale sono stati rinviati i relativi atti a  questo
remittente Giudice al fine di scrutare le attualita' della  rilevanza
della detta questione alla stregua  dell'intervento  del  legislatore
statale che, con il decreto-legge n. 69  del  21  giugno  2013  (e.c.
98/13) - tramite il contenuto dell'art.  30  -,  ha  tolto  di  mezzo
l'obbligo, gia' disposto  dall'art.  3,  1°  comma  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  380  del   2001,   del   rispetto,
nell'attivita' edilizia connesse  alla  cd.  ristrutturazione,  della
sagoma strutturale in essere precedentemente. 
    II.1 - Sicche' ed in necessaria sintesi, la sagoma preesistente -
ovviamente  nell'ambito  della  suddetta   attivita'   specifica   di
trasformazione materiale dell'esistente - non rileva ora, come per il
passato, quale elemento che, se non rispettato, finiva  coll'allocare
l'opus   «rifatto»   tra   le   nuove   costruzioni;   cio'   secondo
giurisprudenza costante e del tutto consolidata. 
    II.2 - In buona sostanza il detto rinvio a questo Giudice  e'  il
risultato di tale intervento normativo statale che, nello  specifico,
altrimenti cosi' finisce col ridefinire  solo  sostantivi  di  specie
analoghi a quelli di cui all'art. 27, 1° c., lettera D) della l.r. n.
12 del 2005. 
    III - Rileva cosi', per altro aspetto, il fatto che  tale  ultima
articolata normativa regionale sia stata annullata,  nella  parte  in
cui il legislatore regionale stesso non aveva previsto, al  tempo  ed
in modo esplicito, l'obbligo del rispetto delle  sagome  preesistenti
nelle  cd.  ristrutturazioni:  tutto   cio'   rafforzando   poi   con
interpretazione autentica tramite l'art. 22 della l.r. n. 7 del 2010.
In tale modo tuttavia provocando il rinvio inerente di questo Giudice
alla Corte costituzionale che ha poi preso  posizione  con  la  detta
sentenza  n.  309  del  2011.  La  quale  ultima  ha   sancito   come
incostituzionale la citata norma regionale di  cui  all'art.  27,  1°
comma, lettera D, della legge Lombardia n. 12 del 2005. 
    IV - Nel proseguo il medesimo legislatore regionale ha, tuttavia,
approvato la l.r. citata sub I del 2012, la quale ha determinato, nel
corso della presente causa, il diverso rinvio  alla  Corte  ut  supra
delinato ancora sub 1 (l.r. n. 7 del 2012 art. 17). 
    V - Da quanto illustrato e riportato ne consegue la necessita' di
scrutare se vi sia ancora rilevanza della inerente questione, proprio
alla  luce  degli  apporti  normativi  statali  di  cui   al   citato
decreto-legge n. 69 del 2013. 
    VI - A tale ultimo specifico riguardo si osserva che il contenuto
statuitivo di cui all'art.  30  del  decreto-legge  n.  69  del  2003
(entrata in vigore il 22 giugno 2013),  non  ha  portata  retroattiva
intanto in quanto da luogo ad una diversa composizione funzionale del
concetto di ristrutturazione si ampliarne, in modo del  tutto  nuovo,
il contenuto materiale. 
    Parimenti si puo' escludere che tale norma  statale  proprio  per
evidenti   ragioni   lessicali,   assuma   le   caratteristiche    di
interpretazione autentica. Del  resto  basta  rifarsi  alla  sentenza
della Corte costituzionale n. 209 del 2011. 
    VI - I -  Inoltre  la  giurisprudenza  amministrativa  ha  sempre
escluso che  le  attivita'  di  ristrutturazione  edilizia  potessero
legittimamente dar luogo ad una struttura  materiale  del  tutto  non
conforme a quella sagoma edilizia  in  essere  prima  dell'intervento
materiale finale. 
    VI - II - Inoltre questo stesso Giudice ha piu' volte escluso che
la detta nuova normativa statale del 2013,  sopra  menzionata,  fosse
veicolo di interpretazione autentica dell'art. 3 comma 1 del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (sentenza n. 617  del
2015 e n. 720 del 2015). La ratio legis  di  tale  ultimo  intervento
statale e' poi ben noto ed e' anche dovuto a circostanze  particolari
di  profilo  economico  e  sociale:  quand'anche  per  necessita'  di
semplificazione. 
    VII - Da tutto cio'  consegue  la  persistente  attualita'  della
rilevanza della questione al tempo veicolata con l'ordinanza n.  1588
del 2013. 
    VII - I - D'altro canto  non  e'  possibile  per  questo  Giudice
conferire ex se alla sentenza della Corte n. 309 del 2011 una portata
tale da determinare la disapplicazione della norma di cui all'art. 17
della l.r. n.  7  del  2012  che,  nella  sostanza,  finisce  con  lo
sterilizzare ratione temporis - la portata di tale medesima  sentenza
della Corte. 
    VIII - Le ragioni della attualita'  della  rilevanza  di  specie,
vanno cosi' ritrovate e rinvenute in quelle  stesse  sopra  delineate
con l'ordinanza n. 1588 del 2013. Analogo riferimento puo' declinarsi
con riguardo alla gia' scrutata manifestata infondatezza.  Del  resto
l'ostacolo normativo e', anche ad oggi, insormontabile. 
    IX - E solo il caso di ricordare che tutte le eccezioni postulate
come ostacolo ad una trattazione di merito specifico, sono state gia'
superate e disattese. 
    X - E da tutto cio' ancora la sospensione del  presente  giudizio
con ritrasmissione degli atti relativi alla On. Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    I -  Il  Tribunale  Amministrativo  Regionale  per  la  Lombardia
(Sezione Seconda) dichiara  ancora  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  17,
comma primo, della l.r. n. 7/2012, in riferimento agli articoli  136,
comma primo, della Costituzione e  1  della  legge  costituzionale  9
febbraio 1948 n. 1, nonche' con riferimento agli articoli 117,  comma
terzo e 97 della stessa Costituzione. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio. 
    Ordina  la  immediata  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordine che, a cura della segretaria della  Sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa e  al  presidente  della
giunta regionale della  Lombardia  e  comunicata  al  presidente  del
consiglio regionale della Lombardia. 
    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa. 
    Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio  del  giorno  14
ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: 
        Mario Mosconi, Presidente, Estensore; 
        Giovanni Zucchini, Consigliere; 
        Stefano Celeste Cozzi, primo referendario. 
 
                  Il Presidente, estensore: Mosconi