N. 21 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 novembre 2015
Ordinanza del 5 novembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Cerutti Rosanna contro Comune di Paderno Dugnano, Asnaghi Flavio e Regione Lombardia. Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia - Previsione che, in relazione agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetti della sentenza della Corte costituzionale n. 309 del 2011, i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011, nonche' le denunce di inizio attivita' esecutive alla medesima data, devono considerarsi titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012. - Legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione), art. 17, comma 1.(GU n.7 del 17-2-2016 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA (Sezione Seconda) Ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di registro generale 1818 del 2012, proposto da: Rosanna Cerutti, rappresentata e difesa dagli avv. Maria Sala, Claudio Sala, Elvezio Bortesi, con domicilio eletto presso Maria Sala in Milano, V. Hoepli 3; Contro Comune di Paderno Dugnano, rappresentato e difeso dall'avv. Monica Modolo, con domicilio eletto presso Monica Modolo in Milano, c/o Segreteria Tar Milano; Nei confronti di: Flavio Asnaghi, rappresentato e difeso dagli avv. Giampaolo Pucci, Silvia Forte, con domicilio eletto presso Gianpaolo Pucci in Milano, Via F.lli Bronzetti, 3; Regione Lombardia; Per l'annullamento: del provvedimento del Comune di Paderno Dugnano, Settore Pianificazione del Territorio, prot. 25093 del 15 maggio 2012 a mezzo del quale e' stata confermata «la validita' del permesso di costruire n. 11/10, proprietario sig. Flavio Asnaghi, alla luce di quanto previsto dalla l.r. n. 7/2012, art. 17, comma 1»; di ogni altro atto preordinato, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso, ivi compreso il suddetto permesso di costruire n. 11/10 rilasciato al sig. Flavio Asnaghi. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Paderno Dugnano e di Flavio Asnaghi; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2015 il dott. Mario Mosconi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto e diritto I - In ordine alla vicenda di cui in epigrafe giova, per ogni profilo, riportare integralmente l'intero contenuto della ordinanza di questa Sezione II (n. 1588 del 20 giugno 2013 - R.O.C.C. 260), con cui, al tempo, venne rimessa alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' (o meno) relativa al 1° comma dell'art. 17 della l.r. della Lombardia n. 7 del 18 aprile 2012: «1. La sig.ra Rosanna Cerutti, odierna ricorrente, e' proprietaria di un immobile situato sul territorio del Comune di Paderno Dugnano. 2. L'immobile confina con un'area di proprieta' del sig. Flavio Asnaghi il quale, in data 9 novembre 2010, ha ottenuto dal predetto Comune il rilascio di un permesso di costruire per procedere alla ristrutturazione di un edificio ivi insistente. 3. La ricorrente, in data 7 marzo 2012, ha rivolto all'Amministrazione istanza di autotutela riguardante il suddetto titolo edilizio. 4. Il Comune di Paderno Dugnano, con atto del 15 maggio 2012, ha respinto l'istanza confermando la validita' del permesso di costruire rilasciato. 5. Avverso tale atto ed avverso il citato permesso di costruire e' diretto il ricorso in esame. 6. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di Paderno Dugnano ed il controinteressato, sig. Flavio Asnaghi. 7. La Sezione, con ordinanza n. 1188 del 24 agosto 2012, ha accolto l'istanza cautelare. 8. In prossimita' dell'udienza di discussione del merito, le parti costituite hanno depositato memorie, insistendo nelle loro conclusioni. 9. Tenutasi la pubblica udienza in data 3 aprile 2013, la causa e' stata trattenuta in decisione. 10. Come anticipato, con il ricorso in esame, viene impugnato il provvedimento con il quale il Comune di Paderno Dugnano ha respinto l'istanza di annullamento in autotutela di un permesso di costruire rilasciato per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione di un edificio ubicato su di un'area attigua a quella di proprieta' della ricorrente. Viene altresi' impugnato il permesso di costruire, a suo tempo rilasciato al controinteressato. 11. L'intervento oggetto del titolo edilizio avrebbe consentito la demolizione e la ricostruzione dell'edificio con sagoma diversa rispetto a quella originaria. 12. Secondo la parte ricorrente l'illegittimita' del titolo edilizio dipenderebbe proprio da quest'ultimo elemento, non essendo ammissibili, a suo dire, interventi classificati come ristrutturazione che comportino la demolizione e la ricostruzione di manufatti senza il rispetto della sagoma originaria. 13. Nell'istanza di autotutela, peraltro, l'interessata ha invocato la sentenza della Corte costituzionale 21 novembre 2011 n. 309, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni contenute nell'art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12/2005, come interpretato dall'art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7/ 2010, il quale definisce ristrutturazione edilizia gli interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma. In particolare, tali disposizioni sono state ritenute dalla Corte in contrasto con il principio fondamentale stabilito dall'art. 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, il quale esclude che possa parlarsi di ristrutturazione nel caso in cui la ricostruzione dell'immobile sia effettuata senza il vincolo di sagoma, con conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 14. Con il provvedimento di rigetto dell'istanza, l'Amministrazione intimata ha rilevato che, nonostante l'intervento della Corte costituzionale, l'annullamento del permesso di costruire a suo tempo rilasciato al controinteressato non poteva essere disposto; e cio' in ragione del sopravvenuto art. 17, primo comma, della l.r. n. 7/2012, in forza del quale i titoli edilizi riguardanti gli interventi oggetto della suindicata pronuncia, rilasciati prima del 30 novembre 2011 e per i quali sia stata protocollata comunicazione di inizio lavori prima del 30 aprile 2012, debbono ritenersi comunque validi. 15. L'interessata, nel proprio ricorso, sostiene che la norma regionale da ultimo citata sia, e debba essere dichiarata, incostituzionale per contrasto con l'art. 136 Cost. e per contrasto con il principio di retroattivita' delle sentenze emanate dalla Corte costituzionale. 16. Prima di affrontare i profili di costituzionalita', dai quali dipende, per come sara' spiegato, l'esito del giudizio, e' tuttavia necessario ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento. 17. In base alla definizione data dall'art. 27, primo comma, lettera d) della l.r. 11 marzo 2005 n. 12, sono ricompresi fra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quegli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale dell'edificio nel rispetto della volumetria preesistente. 18. La norma, a differenza dell'art. 3, primo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380, non richiede espressamente che la ricostruzione debba avvenire nel rispetto della sagoma originaria. 19. La giurisprudenza di questo Tribunale aveva proposto (cfr. tribunale amministrativo regionale Lombardia Milano, sez. II, 16 gennaio 2009 n. 153) una interpretazione armonizzatrice delle due disposizioni, stabilendo che anche per la normativa regionale il rispetto della sagoma fosse requisito imprescindibile ai fini della definizione di ristrutturazione edilizia; e che la mancata esplicita previsione in tal senso da parte della legislazione regionale dovesse considerarsi lacuna colmabile attraverso l'applicazione della norma statale. 20. Questa giurisprudenza e' stata pero' sconfessata dall'art. 22 della l.r. 5 febbraio 2010 n. 7 (recante "Interpretazione autentica dell'art. 27, comma 1, lettera d) della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 «Legge per il governo del territorio»), il quale ha espressamente previsto che, per la legislazione lombarda, ai fini della definizione di ristrutturazione edilizia, la ricostruzione dell'edificio e' da intendersi senza vincolo di sagoma. 21. Come gia' anticipato, queste disposizioni sono state censurate dalla Corte costituzionale, la quale, partendo dal presupposto che l'edilizia costituisce materia di legislazione concorrente ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., con sentenza 21 - 23 novembre 2011, n. 309, ha affermato che le disposizioni recate dalla normativa statale in materia di definizione e classificazione degli interventi edilizi costituiscono norme di principio; e che quindi la legislazione regionale non puo' discostarsi da esse senza scontare il contrasto con la predetta norma costituzionale. 22. Applicando le statuizioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale il ricorso potrebbe essere, quindi, accolto, giacche' con esso l'interessata lamenta proprio che il Comune, in applicazione della normativa regionale dichiarata incostituzionale, abbia assentito un intervento di ristrutturazione edilizia consistente nella demolizione e ricostruzione di un edificio senza il rispetto della sagoma originaria. 23. Nel suddetto quadro legislativo si e' tuttavia inserito l'art. 17, comma 1, della l.r. 18 aprile 2012 n. 7, in base al quale «In relazione agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza della Corte costituzionale del 21 novembre 2011, n. 309, al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati, i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 (...) devono considerarsi titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012». 24. Questa norma, come si vede, dichiara testualmente «validi ed efficaci» i titoli edilizi riguardanti gli interventi oggetto della succitata sentenza n. 309/2011, e cioe' gli interventi di ristrutturazione consistenti nella demolizione e ricostruzione senza vincolo di sagoma, a condizione: 1) che il titolo sia stato rilasciato prima del 30 novembre 2011; 2) che la comunicazione di inizio lavori sia stata protocollata prima del 30 aprile 2012. 25. Il Collegio si e' interrogato, innanzitutto, sull'interpretazione da dare alla norma, per stabilire se di essa si potesse dare una lettura costituzionalmente orientata, tale da escludere la rilevanza della sollevata questione ed evitare un rinvio il cui esito appariva altrimenti scontato. 26. Si sarebbe potuto, infatti, ritenere che, con tale disposizione, il legislatore lombardo avesse semplicemente inteso affermare la persistente efficacia, sino a rimozione giurisdizionale o amministrativa, dei titoli rilasciati; e cio' nonostante l'intervento della Corte costituzionale sulle norme cui essi danno applicazione. 27. Letta cosi' la norma non avrebbe affermato nulla di piu' di quanto la dottrina pacificamente sostiene in ordine agli effetti delle sentenze della Corte, che nonostante l'effetto retroattivo delle sue pronunce non travolge ne' i rapporti conclusi e le situazioni ormai consolidate ne', ex se, i provvedimenti adottati dall'amministrazione in base alla norma dichiarata incostituzionale. L'effetto delle sentenze della Corte che rimuovono le norme incostituzionali implica infatti che, in tutte le situazioni in cui i provvedimenti emessi (legittimamente) prima della caducazione della norma sottostante continuino a produrre effetti (non inerendo a un rapporto concluso), l'amministrazione ha il dovere di intervenire in autotutela e di rimuoverli, poiche' il principio di affidamento, che pure e' un valore costituzionalmente garantito, cessa di essere tale nello stesso momento in cui esso non poggia piu' su atti legittimi. 28. Se alla norma in questione si fosse data questo significato, pervero assai riduttivo, sterilizzandola da ogni volonta' di intervenire per sanare tutti gli abusi commessi prima e dopo la pronuncia della Corte, la conclusione avrebbe potuto essere nel senso che, avendo l'amministrazione intimata richiamato tale norma indicandola espressamente come l'ostacolo all'esercizio del potere di autotutela, il Collegio avrebbe definito il giudizio annullando il provvedimento impugnato per il vizio (ove dedotto) di violazione e/o erronea applicazione di detta norma. 29. Questo esito non e' invece possibile, con tutto quanto ne consegue ai fini della rilevanza della questione di costituzionalita' che si verra' esponendo, perche' l'interpretazione costituzionalmente aderente in precedenza profilata si scontra, a giudizio del Tribunale,, con due argomenti ineludibili quanto dirimenti. 30. Il primo e' di carattere letterale: come visto, l'art. 17 cit. non si limita a predicare l'efficacia dei titoli rilasciati ma anche la loro validita' (la norma afferma testualmente che i permessi di costruire debbono intendersi «validi ed efficaci») sottendendo quindi che essi sono intangibili per l'amministrazione che intendesse intervenire in autotutela. 31. Il secondo argomento si basa su criteri logici di interpretazione, ed in particolare sul principio secondo il quale occorre dare alla legge, se possibile, un significato utile. In proposito si osserva che, ove la previsione, come gia' sopra rilevato, si limitasse a rimarcare la persistente efficacia dei titoli rilasciati, la stessa dovrebbe considerarsi del tutto inutile posto che, gia' per costante insegnamento giurisprudenziale, la dichiarazione di incostituzionalita' di una legge non travolge automaticamente il provvedimento che ne da' applicazione (cfr. Consiglio di Stato, ad plen. , 8 aprile 1983 n. 8). 32. Va peraltro osservato che questa interpretazione limitativa non e' stata minimamente seguita dall'Amministrazione intimata, la quale ha ritenuto che l'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012, lungi dal limitarsi a confermare l'efficacia del titolo in concreto rilasciato, avesse effetto paralizzante sull'esercizio dei propri poteri di autotutela e per questa sola ragione ha respinto l'istanza della ricorrente. 33. Occorre quindi, perche' altro non resta, esaminare la seconda opzione ermeneutica. 34. Orbene, se per dare un diverso senso alla norma, si deve ritenere, come ha fatto il Comune di Paderno Dugnano, che la stessa sia volta ad evitare l'annullamento dei titoli ormai rilasciati, allora e' chiaro che, indipendentemente dalle modalita' con tale effetto si realizza, il suo significato e la sua efficacia deve intendersi nel senso della volonta' del legislatore regionale di sanare il titolo edilizio rilasciato in spregio alla (o per meglio dire privando di efficacia la) declaratoria di incostituzionalita' contenuta nella sentenza n. 309/2011. 35. Cosi' argomentando altro non puo' ritenersi se non che il legislatore regionale, con l'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012, abbia voluto sanare ex post, in via legislativa, i provvedimenti divenuti illegittimi a seguito della suddetta pronuncia di incostituzionalita', impedendo quindi, non solo all'amministrazione ma anche al giudice, di pronunciarne l'annullamento. 36. Tale interpretazione, peraltro e' anche la piu' aderente al dato letterale della norma atteso che, come gia' rilevato, la stessa afferma testualmente che i titoli rilasciati prima della sentenza della Corte (sia pure a determinate condizioni) debbono considerarsi «validi». 37. Seguendo questa impostazione si potrebbe prospettare anche una lettura della norma, utile ai soli fini della prospettazione della non manifesta rilevanza della questione di costituzionalita', per cui la volonta' del legislatore regionale non fosse tanto quella di introdurre un'ipotesi di sanatoria ex lege, quanto quella di intervenire surrettiziamente sul potere di autotutela riservato all'autorita' amministrativa, formulando una valutazione astratta di prevalenza dell'interesse del privato al mantenimento in essere dell'atto rilasciato su quello pubblico volto al ripristino della legalita' violata. 38. La disposizione in esame inciderebbe, in questo caso, con effetti paralizzanti, solo sul potere di autotutela. Ma l'effetto paralizzante non sarebbe provocato dalla sanatoria dell'atto illegittimo (che conserverebbe la propria illegittimita' e sarebbe per cio' annullabile in sede giurisdizionale) ma dalla suindicata astratta valutazione di prevalenza dell'interesse privato su quello pubblico volto all'annullamento; il che si dedurrebbe dando significativo rilievo all'inciso «al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati», contenuto nell'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012. 39. Illustrato in tal modo il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, il Collegio deve osservare come, seguendo la seconda delle opzioni ermeneutiche sopra proposte (come detto la prima non regge, se non alle condizioni forzate sopra descritte), la questione di legittimita' costituzionale del suddetto art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012 sia, all'evidenza, rilevante e non manifestamente infondata. 40. Prima di procedere oltre occorre, pero', un'ulteriore precisazione. Poiche' come gia' detto, il Collegio ritiene che l'interpretazione piu' aderente al dato letterale e, dunque, piu' plausibile dell'art. 17 sia quella che attribuisce ad esso (direttamente o indirettamente) effetti sananti, le argomentazioni che verranno sviluppate nel prosieguo muoveranno dal presupposto ovvio che si segua questa interpretazione. In alcuni specifici passaggi si dara' peraltro conto delle questioni che si pongono qualora si ritenga che la disposizione abbia solo effetto paralizzante del potere di autotutela. 41. Cio' premesso, per cio' che concerne il profilo della rilevanza si osserva quanto segue. 42. Come anticipato, con l'atto di archiviazione del procedimento di autotutela qui impugnato, il Comune di Paderno Dugnano ha consentito la realizzazione di una ristrutturazione edilizia consistente nella demolizione e ricostruzione di un edificio senza il rispetto del vincolo di sagoma. 43. Applicando la normativa in vigore prima dell'introduzione dell'art. 17 cit., come risultante a seguito della pronuncia di incostituzionalita', il ricorso sarebbe stato, quindi, accolto. 44. Applicando invece quest'ultima disposizione il ricorso dovrebbe essere respinto posto che, nel caso concreto, il permesso di costruire qui avversato e' stato rilasciato in data 9 aprile 2011 (dunque prima del 30 novembre 2011), ed essendo la relativa comunicazione di inizio lavori stata protocollata in data 14 luglio 2011 (dunque prima del 30 aprile 2012). Da qui la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale ad essa afferente. 45. Prima di procedere oltre il Collegio ritiene, nondimeno, opportuno formulare due ulteriori considerazioni. 46. La prima riguarda l'inciso «fino al momento della dichiarazione di fine lavori», contenuto nel ridetto art. 17, comma 1, della legge n. 7/2012. 47. Tale inciso, anche se interpretato nel senso (per la verita' poco comprensibile) che la validita' e l'efficacia del provvedimento vengano meno una volta ultimati i lavori, non e' decisivo ai fini della soluzione della presente controversia, posto che nel caso concreto la comunicazione di fine lavori, al momento di rilascio degli atti impugnati, non era ancora intervenuta. L'effetto sanante (o paralizzante sul potere di autotutela) della disposizione e' dunque ancora operante; con la conseguenza che, in applicazione di essa, questo giudice dovrebbe comunque disporre il rigetto del ricorso. 48. La seconda considerazione si ricollega alle eccezioni di tardivita' ed inammissibilita' sollevate dalle parti resistenti. 49. Queste sostengono invero che il ricorso, nella parte in cui si rivolge avverso il permesso di costruire, sarebbe irricevibile per tardivita' della notifica; e che lo stesso ricorso, nella parte in cui si rivolge avverso l'atto di rifiuto dell'esercizio del potere di autotutela, sarebbe inammissibile in quanto diretto contro un atto meramente confermativo del precedente titolo edilizio. 50. Tale eccezione potrebbe considerarsi decisiva ai fini della rilevanza della questione posto che: a) secondo una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo, le pronunce della Corte costituzionale che colpiscono le norme applicate dalla pubblica amministrazione nell'esercizio dei propri poteri autoritativi non incidono sui rapporti esauriti; b) devono considerarsi esauriti i rapporti regolati da provvedimenti divenuti inoppugnabili per decorrenza dei termini di impugnazione giurisdizionale (cfr. Consiglio di Stato, ad. plen n. 8/1983 cit.); c) e che quindi il rigetto del presente ricorso potrebbe essere disposto anche a prescindere dall'applicazione della norma contenuta nell'art. 17, comma 1, della l.r. n. 7/2012, ove si ritenesse che il rapporto fra p.a. e controinteressato sia, nel caso concreto, definitivamente disciplinato dal permesso di costruire n. 11/2010, ormai divenuto inoppugnabile e, dunque, immune alle statuizioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 309/2011. 51. Ritiene tuttavia il Collegio che la regolazione del rapporto fra p.a. e controinteressato, nel caso concreto, non si sia cristallizzata nel succitato permesso di costruire; e cio' in quanto il Comune, a seguito dell'istanza della ricorrente, ha avviato un procedimento di annullamento in autotutela del titolo edilizio rilasciato, culminato con l'adozione del provvedimento di archiviazione, anch'esso avversato in questa sede. 52. Attraverso il nuovo procedimento l'autorita' amministrativa ha quindi rinnovato l'istruttoria, nel corso della quale sono stati valutati elementi in precedenza non presi in considerazione, ed in particolare sono state per la prima volta affrontate proprio le questioni di legittimita' connesse alla compatibilita' costituzionale delle disposizioni regionali che ascrivono alla categoria della ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo di sagoma. 53. Il Comune, invero, invece di rilevare l'inutilita' del riesame, stante l'ininfluenza della sentenza della Corte costituzionale sul permesso di costruire rilasciato e ormai divenuto inoppugnabile, ha delibato la questione giungendo alla conclusione di non annullare l'atto in ragione del sopravvenuto dettato legislativo (significativo in proposito e' l'atto di avviso di avvio del procedimento inoltrato al controinteressato, nella parte in cui il Comune manifesta esplicitamente l'intenzione di stabilire se sussistano i presupposti per esercitare il potere di autotutela in ragione dell'intervenuta sentenza di incostituzionalita' delle disposizioni che disciplinavano l'intervento). 54. Ne consegue che, in esito al suddetto procedimento, e' stato adottato un provvedimento che non puo' considerarsi meramente confermativo del precedente permesso di costruire: tale atto, difatti, pur confermando, attraverso l'archiviazione del procedimento, il contenuto dispositivo del precedente, fa cio' muovendo da nuove valutazioni ed in applicazione di una normativa, l'art. 17, comma 1, della l.r. n. 7/2012 , che all'epoca di adozione del primo provvedimento non era neppure in vigore e che ha consentito di ritenere la validita' di un provvedimento altrimenti suscettibile di di declaratoria di illegittimita'. 55. Il provvedimento di archiviazione del procedimento di autotutela va dunque qualificato come atto di natura sostanziale con cui, mediante la formulazione di nuove valutazioni espresse in seno ad una rinnovata istruttoria, si e' affermata la validita' del permesso di costruire a suo tempo rilasciato e si e', di conseguenza, confermato il suo contenuto dispositivo. 56. In tale contesto non puo' negarsi la sussistenza di una sopravvenuta manifestazione di volonta' dell'Ente che si aggiunge a quella originaria e che concorre con la prima nel determinare la regolazione del rapporto intercorrente con il controinteressato destinatario del titolo edilizio. Come detto, l'atto in parola non puo' pertanto considerarsi meramente confermativo del precedente. 57. Il rinnovato esercizio del potere ha dunque riaperto i termini di impugnazione. Ne discende che, ai fini che qui rilevano, il rapporto fra p.a. e controinteressato non puo' dirsi esaurito (il provvedimento di archiviazione del procedimento di autotutela e' stato infatti ritualmente impugnato); e che, quindi, il rigetto o l'accoglimento del ricorso stesso non possono che dipendere dall'applicazione del ridetto art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012. 58. Tutto il ragionamento sin qui svolto, si fonda, come anticipato, sul presupposto che si segua l'interpretazione dell'art. 17 preferita dal Collegio; tuttavia anche qualora si ritenga che la suddetta norma abbia effetti meramente paralizzanti sul potere di autotutela le conclusioni non muterebbero. 59. Va invero osservato che, secondo la giurisprudenza, l'intervenuta inoppugnabilita' del provvedimento non impedisce alla pubblica amministrazione di annullare l'atto illegittimo per sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalita' della norma applicata nell'esercizio del potere: l'inoppugnabilita' determina dunque l'esaurimento del rapporto solo nei confronti del privato, interessato ad ottenere l'annullamento del provvedimento in sede giurisdizionale, ma non nei confronti della pubblica amministrazione che, una volta intervenuta la sentenza dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale, puo' sempre esercitare i propri poteri di autotutela non soggetti a limiti temporali di decadenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2003 n. 3458; TAR Calabria Catanzaro, sez. II, 17 novembre 2007 n. 1721). 60. In proposito va peraltro soggiunto che, in base ad un'opinione dottrinale, il potere di annullamento in autotutela di un titolo edilizio non potrebbe piu' esercitarsi quando i lavori siano ultimati, giacche' in tal caso il rapporto dovrebbe considerarsi esaurito. Tale principio tuttavia non opera nel caso di specie posto che, come anticipato, all'epoca di emanazione dell'atto di archiviazione del procedimento di autotutela, i lavori non erano ancora stati ultimati. 61. Da tutto cio' consegue che, anche se si volesse ritenere che, nella fattispecie concreta, il predetto atto di archiviazione del procedimento non abbia valenza di atto sostanziale di conferma di validita' del permesso di costruire rilasciato (come sopra si e' sostenuto), ma abbia valenza di atto di rifiuto dell'esercizio del potere di autotutela, anche in questo caso la questione di legittimita' costituzionale conserverebbe rilevanza, posto che tale rifiuto e' stato opposto alla ricorrente esclusivamente in applicazione della disposizione di cui all'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012, al quale dunque anche questo giudice dovrebbe dare applicazione per rigettare il ricorso. 62. Va pertanto ribadita la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale riguardante la suddetta norma. 63. Puo' ora passarsi all'esame del profilo inerente la non manifesta infondatezza, in ordine al quale si svolgono le seguenti considerazioni. 64. Ritiene innanzitutto il Collegio che l'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012 possa essere in contrasto con l'art. 136, comma primo, Cost. e con l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1. 65. In base all'art. 136 della Costituzione «quando la Corte dichiara l'illegittimita' costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione». 66. Analoga disposizione e' contenuta nell'art. 30, comma 3, della legge 11 marzo 1953 n. 87. 67. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha insegnato che, nonostante la loro non chiarissima formulazione, la disposizioni suindicate debbono interpretarsi, avuto anche riguardo al disposto dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, nel senso che l'intervenuta dichiarazione di incostituzionalita' ha effetti erga omnes e retroattivi che si dispiegano su tutti i rapporti giuridici, salvo il limite invalicabile del giudicato, e salvo altresi' il limite derivante da situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili: la dichiarazione di illegittimita' colpisce dunque la norma fin dalla sua origine, eliminandola dall'ordinamento, ricalcandosi cosi' un fenomeno analogo a quello che si verifica in caso di annullamento degli atti giuridici (cfr. Corte costituzionale sentenza 25 marzo 1970 n. 49; id. sentenza 15 dicembre 1966 n. 127). 68. In applicazione dell'art. 136 della Costituzione, la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. 27, primo comma, lettera d) della l.r. 11 marzo 2005 n. 12 ed all'art. 22 della l.r. 5 febbraio 2010 n. 7, pronunciata con sentenza n. 309/2011, dovrebbe dunque valere anche per il passato. 69. Senonche', come visto, con l'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012, il legislatore lombardo ha dettato una disposizione che appare in contrasto con gli illustrati principi, stabilendo che «In relazione agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza della Corte costituzionale del 21 novembre 2011, n. 309, (...) i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 (...) devono considerarsi titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori ...»; e stabilendo quindi, nella sostanza, che, in base a questa norma, la dichiarazione di incostituzionalita' non rileva per i titoli edilizi rilasciati in epoca anteriore alla pubblicazione della suindicata sentenza. 70. Con la disposizione in esame, si e' dunque prevista un'ipostesi di sanatoria legislativa diretta ad emendare i titoli rilasciati prima della pubblicazione della sentenza n. 309/2011 dal vizio derivante dell'essere tali atti applicativi di disposizioni dichiarate incostituzionali. 71. Sembra pertanto sussistere il contrasto con i citati articoli 136 della Costituzione e 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1. 72. Il Collegio ritiene inoltre che possa anche profilarsi il contrasto con l'art. 117, comma terzo, della Costituzione. 73. Difatti, nel sancire la validita' dei permessi di costruire rilasciati anteriormente al 30 novembre 2011, l'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012 interviene, nella sostanza, ancora una volta sulla disciplina inerente la definizione e classificazione degli interventi edilizi (materia, come detto, ritenuta dalla Corte riconducibile a quelle di legislazione concorrente), ribadendo la possibilita' di ascrivere alla categoria delle ristrutturazioni interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione di edifici senza vincolo di sagoma, e cio' perlomeno con riferimento agli interventi i cui titoli autorizzativi siano stati rilasciati entro la predetta data. 74. Sembra pertanto che la normativa denunciata sia in contrasto con la normativa statale di principio contenuta nell'art. 3, comma primo, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380 (che, come detto, impone invece il rispetto del limite di sagoma), e ripeta per cio' il vizio di violazione dell'art. 117, comma terzo, Cost. gia' rilevato con la sentenza n. 309/2011. 75. Da ultimo il Collegio osserva che, ove si ritenesse che l'art. 17, comma 1, della l.r. n. 7/2012, abbia valenza non gia' di norma sanante ma di norma meramente paralizzante il potere di autotutela (come sopra precisato) possa, in tal caso, profilarsi un evidente contrasto con l'art. 97 della Costituzione. 76. Si deve invero osservare che la Regione, con la succitata disposizione, ha compresso il potere di autotutela riservato alle autorita' comunali, impedendo loro di intervenire sui titoli edilizi gia' rilasciati per rendere conforme l'attivita' di trasformazione del territorio alle disposizioni normative vigenti nell'ordinamento. 77. Tale compressione si pone in antitesi con i principi di legalita' buon andamento della pubblica amministrazione sanciti dalla suddetta norma costituzionale (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 26 febbraio 2013 n. 1186), in quanto sacrifica in maniera aprioristica i suddetti valori senza richiedere una preventiva concreta comparazione degli interessi coinvolti nel procedimento di autotutela; comparazione invece normalmente richiesta per giustificare il mantenimento in essere di provvedimenti non conformi a legge. Esempio emblematico di questo ultroneo sacrifico potrebbe essere dato proprio dal caso in esame, nel quale l'autorita' amministrativa ha ritenuto di non potere esercitare il proprio potere di autotutela nonostante la fase esecutiva dell'attivita' edilizia assentita fosse ferma alla fase iniziale e, dunque, non ancora cristallizzato in capo al privato quell'affidamento che, in astratto, giustifica il mantenimento in essere di un titolo illegittimo. 78. In conclusione, ritiene questo Giudice rilevante e non manifestatamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012, in riferimento agli articoli 136, comma primo, della Costituzione e 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, nonche' con riferimento agli articoli 117, comma terzo, e 97 della stessa Costituzione.» II - In esito a quanto sopra, come integralmente riportato, veniva adottata dalla Corte costituzionale l'ordinanza n. 35 del 12 marzo 2015 con la quale sono stati rinviati i relativi atti a questo remittente Giudice al fine di scrutare le attualita' della rilevanza della detta questione alla stregua dell'intervento del legislatore statale che, con il decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013 (e.c. 98/13) - tramite il contenuto dell'art. 30 -, ha tolto di mezzo l'obbligo, gia' disposto dall'art. 3, 1° comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, del rispetto, nell'attivita' edilizia connesse alla cd. ristrutturazione, della sagoma strutturale in essere precedentemente. II.1 - Sicche' ed in necessaria sintesi, la sagoma preesistente - ovviamente nell'ambito della suddetta attivita' specifica di trasformazione materiale dell'esistente - non rileva ora, come per il passato, quale elemento che, se non rispettato, finiva coll'allocare l'opus «rifatto» tra le nuove costruzioni; cio' secondo giurisprudenza costante e del tutto consolidata. II.2 - In buona sostanza il detto rinvio a questo Giudice e' il risultato di tale intervento normativo statale che, nello specifico, altrimenti cosi' finisce col ridefinire solo sostantivi di specie analoghi a quelli di cui all'art. 27, 1° c., lettera D) della l.r. n. 12 del 2005. III - Rileva cosi', per altro aspetto, il fatto che tale ultima articolata normativa regionale sia stata annullata, nella parte in cui il legislatore regionale stesso non aveva previsto, al tempo ed in modo esplicito, l'obbligo del rispetto delle sagome preesistenti nelle cd. ristrutturazioni: tutto cio' rafforzando poi con interpretazione autentica tramite l'art. 22 della l.r. n. 7 del 2010. In tale modo tuttavia provocando il rinvio inerente di questo Giudice alla Corte costituzionale che ha poi preso posizione con la detta sentenza n. 309 del 2011. La quale ultima ha sancito come incostituzionale la citata norma regionale di cui all'art. 27, 1° comma, lettera D, della legge Lombardia n. 12 del 2005. IV - Nel proseguo il medesimo legislatore regionale ha, tuttavia, approvato la l.r. citata sub I del 2012, la quale ha determinato, nel corso della presente causa, il diverso rinvio alla Corte ut supra delinato ancora sub 1 (l.r. n. 7 del 2012 art. 17). V - Da quanto illustrato e riportato ne consegue la necessita' di scrutare se vi sia ancora rilevanza della inerente questione, proprio alla luce degli apporti normativi statali di cui al citato decreto-legge n. 69 del 2013. VI - A tale ultimo specifico riguardo si osserva che il contenuto statuitivo di cui all'art. 30 del decreto-legge n. 69 del 2003 (entrata in vigore il 22 giugno 2013), non ha portata retroattiva intanto in quanto da luogo ad una diversa composizione funzionale del concetto di ristrutturazione si ampliarne, in modo del tutto nuovo, il contenuto materiale. Parimenti si puo' escludere che tale norma statale proprio per evidenti ragioni lessicali, assuma le caratteristiche di interpretazione autentica. Del resto basta rifarsi alla sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 2011. VI - I - Inoltre la giurisprudenza amministrativa ha sempre escluso che le attivita' di ristrutturazione edilizia potessero legittimamente dar luogo ad una struttura materiale del tutto non conforme a quella sagoma edilizia in essere prima dell'intervento materiale finale. VI - II - Inoltre questo stesso Giudice ha piu' volte escluso che la detta nuova normativa statale del 2013, sopra menzionata, fosse veicolo di interpretazione autentica dell'art. 3 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (sentenza n. 617 del 2015 e n. 720 del 2015). La ratio legis di tale ultimo intervento statale e' poi ben noto ed e' anche dovuto a circostanze particolari di profilo economico e sociale: quand'anche per necessita' di semplificazione. VII - Da tutto cio' consegue la persistente attualita' della rilevanza della questione al tempo veicolata con l'ordinanza n. 1588 del 2013. VII - I - D'altro canto non e' possibile per questo Giudice conferire ex se alla sentenza della Corte n. 309 del 2011 una portata tale da determinare la disapplicazione della norma di cui all'art. 17 della l.r. n. 7 del 2012 che, nella sostanza, finisce con lo sterilizzare ratione temporis - la portata di tale medesima sentenza della Corte. VIII - Le ragioni della attualita' della rilevanza di specie, vanno cosi' ritrovate e rinvenute in quelle stesse sopra delineate con l'ordinanza n. 1588 del 2013. Analogo riferimento puo' declinarsi con riguardo alla gia' scrutata manifestata infondatezza. Del resto l'ostacolo normativo e', anche ad oggi, insormontabile. IX - E solo il caso di ricordare che tutte le eccezioni postulate come ostacolo ad una trattazione di merito specifico, sono state gia' superate e disattese. X - E da tutto cio' ancora la sospensione del presente giudizio con ritrasmissione degli atti relativi alla On. Corte costituzionale.
P.Q.M. I - Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) dichiara ancora rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma primo, della l.r. n. 7/2012, in riferimento agli articoli 136, comma primo, della Costituzione e 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, nonche' con riferimento agli articoli 117, comma terzo e 97 della stessa Costituzione. Dispone la sospensione del presente giudizio. Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordine che, a cura della segretaria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al presidente della giunta regionale della Lombardia e comunicata al presidente del consiglio regionale della Lombardia. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: Mario Mosconi, Presidente, Estensore; Giovanni Zucchini, Consigliere; Stefano Celeste Cozzi, primo referendario. Il Presidente, estensore: Mosconi