N. 22 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 novembre 2015
Ordinanza del 10 novembre 2015 del Tribunale di Asti nel procedimento penale a carico di B.T. e C.C.L.. Processo penale - Notificazioni - Elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio - Mancata previsione della notifica personale all'imputato dell'atto introduttivo del giudizio penale - Codice di procedura penale, artt. 161 e 163.(GU n.7 del 17-2-2016 )
IL TRIBUNALE DI ASTI Sezione penale Ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale (Art. 23 legge n. 87/1953). Nell'ambito del procedimento penale 2644/2014 r.g.n.r. sottoposto all'attenzione di questo Giudice, i due imputati, in data 17 aprile 2014, venivano identificati dalla Polizia Giudiziaria in qualita' di persone sottoposte alle indagini in ordine al reato di cui all'art. 624 codice penale nonche' invitati ex art. 161 codice di procedura penale a dichiarare o eleggere domicilio. A fronte di tale invito, i due eleggevano il proprio domicilio presso il Difensore d'ufficio contestualmente nominato dalla Polizia procedente, stante il difetto di nomina di un difensore di fiducia. In sede dibattimentale in data 29 maggio 2015, in assenza. degli imputati resi edotti del processo a proprio carico mediante notifica del decreto di citazione a giudizio al solo difensore d'ufficio, questo Giudice, quantunque «costretto» a procedere a mente dell'art. 420-bis comma 2 codice di procedura penale alla luce della formale elezione di domicilio avutasi, riservava nondimeno la proposizione di apposita questione di legittimita' costituzionale. Alla stregua dei parametri di cui agli articoli 3, 21, 24, 111, 117 Cost., 14 Patto Internazionale sui diritti civili e politici, 6 CEDU, chi scrive dubita infatti della legittimita' costituzionale degli articoli 161 comma 1 e 163 c.p.p., nella parte in cui non prevedono la notifica personale dell'atto introduttivo del giudizio penale, quantomeno nell'ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio. Ad avviso dello scrivente, l'analisi delle questione non puo' che prendere le mosse dall'intervento legislativo di cui alla legge n. 67/2014. L'art. 420-bis comma 2 c.p.p., nella versione ad oggi risultante a seguito di tale intervento, statuisce: «Salvo quanto previsto dall'art. 420-ter, il giudice procede altresi' in assenza dell'imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonche' nel caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso e' a conoscenza del procedimento o si e' volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o atti del medesimo.». Il legislatore del 2014, nell'intento di conformare la legislazione interna ai dettami della Corte di Strasburgo in punto equo processo in absentia, ha dunque individuato talune fattispecie normative ritenute sintomatiche di una conoscenza procedimentale idonea a legittimare il prosieguo. Ci si riferisce qui, in particolare, all'espressione legislativa di cui all'art. 420-bis comma 2 codice di procedura penale relativa «[al]l'imputato che abbia dichiarato o eletto domicilio nel corso del procedimento». La predetta espressione si riconnette evidentemente, sotto il profilo logico-normativo, alla disposizione di cui l'art. 161 comma l codice di procedura penale nell'ambito della quale risulta possibile discriminare, da una parte, ipotesi che non destano perplessita', ove lette alla luce del novellato comma 2 dell'art. 420-bis c.p.p.: nulla quaestio, infatti, ove si verta nelle ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore di fiducia ovvero di dichiarazione di domicilio seguita poi da notifica, se non personale, quantomeno alla stregua delle indicazioni di cui all'art. 157 c.p.p. Dall'altra parte, e' possibile enucleare almeno due ipotesi, altamente problematiche e frequentissime nella prassi giudiziaria, che la generica espressione «che abbia dichiarato e eletto domicilio nel corso del procedimento» appare «trascinare» con se', consentendo il prosieguo del processo in absentia in condizioni, ad avviso di questo Giudice, convenzionalmente «critiche». La prima - qui non rilevante ma suscettibile di analoghi dubbi di costituzionalita' - e' costituita dalla dichiarazione di domicilio in un certo luogo, poi seguita da irreperibilita' del dichiarante al primo successivo tentativo di notifica, in un contesto di difesa non fiduciaria. Ipotesi questa che legittima dapprima la notifica all'imputato presso il difensore ex art. 161 comma 4 codice di procedura penale e successivamente, in sede processuale, il prosieguo del processo alla luce della richiamata espressione di cui all'art. 420-bis comma 2 c.p.p. La seconda ipotesi, di cui qui si denuncia la criticita', e' costituita dall'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio nominato dalla Polizia Giudiziaria all'atto del primo intervento della persona sottoposta alle indagini. Nella fenomenologia giudiziaria, l'elezione - e la dichiarazione - di domicilio ai fini delle notificazioni ex art. 161 codice di procedura penale e' atto che ha luogo, nella totalita' dei casi, in un momento di gran lunga antecedente rispetto a quello di inizio del processo, processo sovente tenuto a distanza di anni e talora dinanzi ad Autorita' Giudiziaria diversa, per le piu' svariate ragioni processuali, rispetto a quella inizialmente titolare del procedimento. Alla stregua del novellato art. 420-bis comma 2 c.p.p., il legislatore del 2014 riconnette dunque all'elezione di domicilio tout court, l'idoneita' a legittimare il prosieguo del successivo, instaurando processo, ritenendola sintomatica di una conoscenza procedimentale rilevante. Pur avendole questo Giudice ipotizzate in precedenti occasioni di decisione, melius re perpensa il «sistema» non appare suscettibile di letture ortopediche convenzionalmente orientate, atteso che l'espressione «che abbia eletto domicilio» e' formula generica, comprensiva di tutte le ipotesi sottostanti l'istituto dell'elezione di domicilio. Con la conseguenza che un eventuale ricorso alla tecnica interpretativa c.d. della dissociazione, nel tentativo di sottrarre dall'ambito applicativo dell'art. 420-bis comma 2 codice di procedura penale talune fattispecie concrete, costituirebbe, forse, operazione ermeneutica di correttezza dubbia. In definitiva, l'espressione scrutinata sembra imporre al Giudice, in modo inappellabile, di proseguire il processo a carico dell'imputato in presenza di un'elezione di domicilio presso il Difensore d'ufficio e di successive e formalmente regolari notifiche all'imputato presso lo stesso dell'avviso dell'udienza. Il tutto come esattamente avvenuto nel caso di specie. La violazione dell'art. 3 Cost. Un preliminare apprezzamento, in punto ragionevolezza ex art. 3 Cost., appare gia' consentito. L'art. 420-bis comma 2 codice di procedura penale appare infatti accomunare, sotto il profilo del valore processuale, fattispecie tra loro assai eterogenee, alcune delle quali, al massimo grado di garanzia, hanno riguardo a ipotesi di conoscenza personale e diretta dell'avviso dell'udienza mentre altre - come la fattispecie in esame - recano teoricamente con se' l'eventualita' di una conoscenza del processo del tutto legale e fittizia. In questi termini, gia' sul piano intrinseco e senza riferimento alcuno a parametri esterni, l'elezione di domicilio (presso il difensore d'ufficio) appare ipotesi eccentrica rispetto alle altre, come ad es., in particolare, il «caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza». Quest'ultima fattispecie integra infatti una conoscenza processuale perfetta e l'assimilare alla stessa l'elezione di domicilio (presso il difensore d'ufficio) non puo' che destare perplessita' in punto ragionevolezza. La violazione degli articoli 117 Cost. e 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali Sul piano estrinseco, la distonia non puo' che divenire ancor piu' evidente ed aggravare il gia' evidenziato pregiudizio ex art. 3 Cost. Pare a chi scrive che l'art. 6 Convenzione EDU, cosi' come interpretato dalla relativa Corte, individui il perno logico del c.d. diritto dell'imputato alla partecipazione al processo non tanto nell'informazione circa accertamenti e/o indagini di polizia giudiziaria in corso, in ordine a scarsamente precisate violazioni della legge penale bensi' nella possibilita', quanto piu' concreta ed effettiva possibile, di avere cognizione del momento e del luogo del processo, ossia del vaglio giurisdizionale della specifica accusa formulata dinanzi ad un giudice terzo e imparziale. In altri termini, dal quadro CEDU e' dato evincere, in termini sufficientemente univoci, come il contenuto informativo rilevante ai fini di un equo processo in absentia, sia rappresentato da una dettagliata accusa da una parte e giorno e luogo del trial dall'altra. E non si vede come possa essere altrimenti, poiche' e' proprio sul terreno del processo che l'interazione dell'accusato assume il massimo valore di requisito fondamentale di equita' procedurale. Solo quindi la cognizione effettiva di luogo, giorno e ora del processo permette poi di inferire, dalla successiva assenza fisica sulla scena, una rinuncia implicita a comparire ai fini di un legittimo prosieguo (in ordine alla debita informazione della data del processo quale indefettibile presupposto logico per inferire una rinuncia implicita a comparire vd. C.edu (dec.), Bohein c. Italia, 22/05/2007; C.edu (dec.), Battisti c. Francia, 12/12/2006; C.edu (dec.), Zaratin c. Italia, 23/11/2006; C.edu (dec.), Booker c. Italia, 14/09/2006; C.edu (dec.), Ivanciuc c. Romania, 08/09/2005; Craxi c. Italia, 05/12/2002, §70). La violazione degli articoli 21 e 111 Cost. Le coordinate di Strasburgo permettono ulteriori ordini di considerazioni. Il primo riguarda il quantum di informazione fornito in sede di invito ad eleggere il domicilio. Trattasi invero di un valore informativo, in punto accusa penale e coordinate spazio-temporali dell'Autorita' Giudiziaria procedente, praticamente nullo, risolvendosi l'informazione fornita all'indagato nella mera indicazione dell'articolo di legge penale asseritamente violato o poco piu'. Se cosi' e', appare evidente come l'informazione fornita risulti ben lungi dall'integrare la debita informazione di cui al diritto pretorio CEDU, idonea a legittimare l'inferenza di una volontaria rinuncia a comparire. In primis poiche' non contiene alcuna coordinata del processo - ovviamente ancora da instaurare - e in secondo luogo poiche' l'informazione fornita nella prassi corrente appare lontana dal soddisfare quella completa base giuridica e fattuale degli addebiti mossi, necessaria ai fini del ritenere l'equita' della procedura (sul ruolo determinante dell'atto di imputazione in punto equita' della procedura. vd. per tutte C.edu, Kamasinski c. Austria, 19.12.1989, § 79). Di converso, l'informazione fornita in tal sede appare invero concretizzare quella conoscenza processuale vaga e indiretta ritenuta insufficiente dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (C.edu, Somogyi c. Italia, 18.05.2004, §75; C.edu, T. c. Italia, 12.10.1992, § 28). Se il quantum informativo risulta lontano dai parametri CEDU, residua, a parere di questo Giudice, la problematica del valore ascrivibile alla successiva, mancata attivazione da parte dell'imputato. Una volta eletto il domicilio presso il Difensore d'ufficio l'indagato/imputato assume infatti, ex art. 161 comma l c.p.p., l'obbligo di informare l'Autorita' Giudiziaria circa i mutamenti del domicilio stesso nonche' l'onere di monitorare attivamente l'andamento del procedimento/processo e, cio' che piu' rileva, di informarsi circa accusa specifica elevata a proprio carico nelle sue processuali coordinate spazio-temporali. Appare dunque necessario stabilire se l'inerzia in tal senso dell'imputato costituisca ragion sufficiente per affermare la rinuncia volontaria al proprio diritto a comparire e a difendersi. Ad avviso di questo Giudice, se appare possibile appellarsi ad un principio di responsabilita' ai fini del ritenere la validita' di molteplici atti processuali notificati presso il domicilio eletto, non pare invece che la medesima conclusione possa ritenersi valida con riferimento all'atto fondamentale del processo penale, ossia all'atto introduttivo del processo. Non pare infatti consentito attribuire rilevanza alla considerazione secondo cui la notifica presso il difensore d'ufficio fornisce, ogni caso, un'informazione completa che l'imputato, secondo un principio di responsabilita', sarebbe tenuto a fare propria. Trattasi di una declinazione del libero arbitrio di pura forma che non tiene conto del fatto che il contenuto normativo dell'art. 161 codice di procedura penale e' materia tecnica, per pratici addetti ai lavori e non facilmente intellegibile dalla stragrande maggioranza degli imputati, spesso stranieri. Imputati che il reale significato di quella disposizione ignorano, specie con riferimento alla particolare implicazione processuale secondo cui, una volta eletto domicilio, nessun avviso personale verra' mai piu' dato. Proprio questa implicazione giuridica, di carattere tutt'altro che evidente all'uomo medio, non permette di superare quel particolare vaglio pretorio secondo cui prima di poter affermare che un imputato ha rinunciato per facta concludentia a uno dei diritti di cui all'art. 6 CEDU, deve essere stabilito che egli potesse ragionevolmente prevedere le conseguenze della propria condotta (vd. C.edu, Zaichenko c. Russia, 18.02.2010, § 40; C.edu, Panovits c. Cipro, 11.12.2008, §68; Talat Tunc c. Turchia, 27.03.2007, § 59; (dec.), Jones c. Regno Unito, 09.09.2003). Ma cosi' non pare affatto nella fattispecie in analisi poiche' appare del tutto ragionevole, ragionando alla stregua dell'indagato «medio», l'attendersi una vocatio in ius personale, specie quando cio' avviene a distanza di anni, come purtroppo e' regola nel panorama italiano. La violazione dell'art. 24 Cost. Ad avviso di chi scrive dunque, la rilevanza attribuita dal legislatore del 2014 alla dichiarazione o elezione di domicilio appare fondata su una logica - gia' sussistente ante 2014 e che pervade l'intero sistema processuale penale - di obblighi e oneri informativi facenti capo all'indagato/imputato. Logica che, ad avviso di chi scrive, non e' affatto giustificata dai dati dell'ordinamento giuridico-positivo sovraordinati. L'art. 111 Cost. statuisce: «la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel piu' breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico;». L'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali statuisce che «In particolare ogni accusato ha diritto di: a) essere informato, nel piu' breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa formulata a suo carico;». L'art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici statuisce al comma 3: «Ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, come minimo delle garanzie: a) ad essere informato sollecitamente e in modo circostanziato, in una lingua a lui comprensibile, della natura e dei motivi dell'accusa a lui rivolta;». Orbene. Quale che sia l'angolo visuale e pur nella considerazione di tutti i significati kelsenianamente tollerabili dalle disposizioni citate, a sommesso avviso di questo Giudice il significato risultante dalle disposizioni richiamate e' univoco nel delineare non un tenue diritto di informarsi bensi' un assai piu' pregnante diritto all'informazione ex art. 21 Cost., evidente presupposto necessario del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e nel pieno solco della copiosa giurisprudenza costituzionale sul valore democratico dell'informazione latamente intesa. Se di diritto all'informazione si tratta, speculare e' dunque un correlativo obbligo di informare in capo allo Stato in grado di garantire adeguatamente e in maniera effettiva i diritti protetti dall'art. 6 (cfr. sul punto C.edu, Artico c. Italia, 13.05/1980, § 33 e ss). Quanto al modo in cui l'imputato deve essere informato della natura e della causa delle accuse che gli sono mosse, questo Giudice non ignora come la Corte europea abbia avuto occasione di affermare che l'art. 6, § 3 a) non impone forme particolari (vd. C.edu, Drassich c. Italia, 11.12.2007, § 34; C.edu, Dallos c. Ungheria, 1.03.2001, § 47; GC, Pelissier e Sassi c. Francia, 25.03.1999, § 53). Tale affermazione appare tuttavia quantomeno ridimensionata da quella - parimenti contenuta nella giurisprudenza di' Strasburgo - secondo la quale l'informazione sull'accusa costituisce atto giuridico di importanza tale da dover rispondere a condizioni di forma e di sostanza idonee a garantire un esercizio effettivo dei diritti dell'imputato. Con esclusione, pertanto, della sufficienza convenzionale di una conoscenza vaga e indiretta degli addebiti (vd. C.edu, GC, Sejdovic c. Italia, 1.03.2006, §99; C.edu, Somogyi c. Italia, 18.05.2004, §75; C.edu, T. c. Italia, 12.10.1992, § 28). Chi scrive non ignora altresi' che la Convenzione europea dei diritti dell'uomo non vieta la notifica dell'avviso dell'udienza al difensore e non anche personalmente all'imputato. Cionondimeno, in tale ipotesi occorre prestare una particolare diligenza nel valutare se il ricorrente abbia volontariamente rinunciato a comparire (cosi' vd. C.edu, Yavuz c. Austria, 27.05.2004, § 49-52.). Se cosi' e' e se dunque una diligenza particolare e' gia' dovuta in astratto, nella fattispecie in. analisi l'inserirsi della notifica dell'avviso di udienza presso il domicilio eletto, in un contesto di difesa ufficiosa - priva quindi di quel piu' forte vincolo insito nella difesa fiduciaria - aumenta esponenzialmente livello di criticita' costituzionale e convenzionale insito in un'elezione di domicilio effettuata presso un difensore sconosciuto, e sovente da parte di persone con competenze linguistiche limitate. Peraltro, la difesa tecnica assicurata da un difensore d'ufficio e' stata ripetutamente presa in considerazione dai Giudici di Strasburgo, secondo i quali mentre la nomina di un difensore di fiducia induce a ritenere una conoscenza procedimental-processuale sufficientemente idonea a legittimare il prosieguo - vd. C.edu, Booker c. Italia 14.09.2006 - non altrettanto puo' dirsi qualora la difesa sia assicurata da un difensore d'ufficio (vd. C.edu, Pititto c. Italia, 12/06/2007, §§ 69-70; sull'impossibilita' di ritenere i diritti di difesa sempre e comunque garantiti in caso di difesa d'ufficio vd. altresi' C.edu, Campbell e Fell c. Regno Unito, 28/06/1984, §§ 99 nonche' C.edu, Pititto c. Italia, 12/06/2007 §§ 69-70). Ma vi e' di piu'. L'avvocato d'ufficio - afferma la Corte - potrebbe sempre ammalarsi, incorrere in un impedimento duraturo o sottrarsi ai propri obblighi (vd. C.edu, Artico c. Italia, 13/05/1980, § 33); inoltre un avvocato puo' difficilmente assistere il proprio cliente in assenza di contatti con quest'ultimo (cosa che puo' avvenire ove il difensore d'ufficio rappresenti un imputato di cui si ignori il domicilio di fatto, vd. C.edu, Campbell e Fell c. Regno Unito, 28/06/1984, § 99). Ne' potrebbe imputarsi al contumace ignaro del processo nei suoi confronti una negligenza per omissione di contattare il legale che gli e' stato assegnato (vd. C.edu, Celik c. Turchia, 23/09/2004; (dec.) Kimmel c. Italia, 02/09/2004, relative a ipotesi in cui i ricorrenti erano a conoscenza della procedura e degli estremi dei difensori). D'altro canto, e a chiusura sul punto, se e' vero che il diritto penale rappresenta quella branca del diritto in cui si discute di liberta' personale, ne discende, a parere di questo Giudice, la stretta necessita' di un avviso, parimenti personale, di accusa, data e luogo del processo nell'ambito del quale l'accusa medesima verra' vagliata in contraddittorio. Se e' consentito a questo punto dell'argomentazione l'esprimere una considerazione lato sensu politica, deve rilevarsi che se la finalita' della legge n. 67/2014 era, oltreche' la conformazione alle indicazione di Strasburgo, quella di evitare - mediante il meccanismo ex art. 420-quater codice di procedura penale della sospensione dei processi penali instaurati nei confronti dei c.d. fantasmi, imputati di cui si disconosce sorte, ubicazione e sovente le esatte generalita' - un ulteriore appesantimento della gia' affaticata macchina processuale italiana, non puo' che constatarsi, a sommesso avviso di chi scrive, il fallimento di tale obiettivo. Nella prassi giudiziaria, la mancanza assoluta di (meramente) formale elezione o dichiarazione di domicilio - che dunque legittimerebbe, nella contemporanea assenza di altre fattispecie, la sospensione del processo - costituisce infatti ipotesi di rara verificazione statistica. Con la conseguenza che imputati di fatto ignari del processo a proprio carico nonche' ubicati chissa' dove, forse all'estero e forse anche deceduti - ma che anni prima hanno formalmente dichiarato o eletto domicilio - continuano ad essere processati, con una conseguente e continua produzione di titoli con possibilita' di esecuzione assai dubbie. Le conseguenze costituzionali dell'argomentazione svolta, ove ritenuta corretta, appaiono a chi scrive piu' che evidenti. Se in ragione di quanto esposto sussiste, nell'ambio della fattispecie «incriminata», una violazione del diritto all'informazione sull'accusa penale risultante dal combinato disposto di cui agli artt. 21, 111 e 117 Cost. in relazione all'art. 6 CEDU, il diritto di difesa ex art. 24 Cost. ne esce non solo pesantemente violato bensi' annichilito in ogni suo aspetto, in modo tale da ridurre a mero flatus vocis ogni prerogativa difensiva. Oltre al pregiudizio del relativo nucleo essenziale del fornire la propria versione dei fatti, del difendersi personalmente, dell'interrogare o far interrogare i testimoni a carico, dello scegliere un rito piuttosto che un altro, vengono evidentemente, di fatto, disconosciuti tutti gli ulteriori diritti che concorrono a delineare l'equita' convenzionale del processo penale. Si pensi ad es., a mero titolo esemplificativo, all'impossibilita' dell'Autorita' giudiziaria di verificare compiutamente la comprensione da parte dell'imputato della lingua in cui gli addebiti vengono formulati, esigenza tanto piu' pregnante quanto piu' elevata e' la gravita delle condotte contestate (cfr. sul punto C.edu, GC, Hermi c. Italia, 18.10.2006, § 71). Alla luce di quanto esposto, ritiene questo Giudice necessario l'intervento di questa ecc.ma Corte al fine di ricondurre il sistema a coerenza.
P.Q.M. Visto l'art. 23 legge n. 87/1953; Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza; Rimette gli atti di causa alla Corte costituzionale, affinche' la stessa voglia esaminare la costituzionalita' dell'art. 161 e 163 codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono la notifica personale dell'atto introduttivo del giudizio penale, quantomeno nell'ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio e alla stregua dei parametri di cui agli articoli 2, 3, 21, 24, 111, 117 Cost., 14 Patto internazionale sui diritti civili e politici, 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali nei termini indicati e argomentati nella parte motiva. Sospende il giudizio in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria: gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale; la presente ordinanza sia comunicata al Procuratore della Repubblica di Asti e al Procuratore generale presso la Corte d'appello; la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri; la presente ordinanza sia notificata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Manda alla cancelleria per quanto di competenza. Asti, 10 novembre 2015 Il giudice: Corato