N. 34 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 dicembre 2015

Ordinanza del 17 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale
per il Piemonte sul  ricorso  proposto  da  Top  Ten  House  Srl  (in
liquidazione) contro il Comune di Gaiola. 
 
Giustizia amministrativa - Riordino  del  processo  amministrativo  -
  Domanda  di  risarcimento  del  danno  per  lesione  di   interessi
  legittimi - Termine di decadenza di 120  giorni  -  Decorrenza  dal
  momento in cui si e' verificato il fatto  ovvero  dalla  conoscenza
  del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo
  44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per
  il riordino del processo amministrativo), art. 30, comma 3. 
(GU n.9 del 2-3-2016 )
 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIEMONTE 
                          (Sezione Seconda) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 663 del 2013, proposto da: Top Ten House S.r.l. (in
liquidazione), rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Galgani, con
domicilio eletto presso la Segreteria del Tribunale in Torino,  corso
Stati Uniti, 45; 
    Contro Comune di Gaiola,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.ti
Teresio Bosco e Carlo Vaira, con domicilio eletto presso il primo  in
Torino, via Susa, 40; 
    Per la condanna del Comune di Gaiola al risarcimento  del  danno,
in    conseguenza    dell'illegittimo    esercizio     dell'attivita'
amministrativa relativa al procedimento di rilascio dei  permessi  di
costruire per la costruzione di un nuovo complesso residenziale; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2015 il dott.
Savio Picone e uditi per le parti i difensori  come  specificato  nel
verbale; 
 
                                Fatto 
 
    I. Con contratto preliminare  del  16  aprile  2010  e  con  atto
notarile di compravendita del 31 maggio 2011, la societa'  ricorrente
ha acquistato dai sig.ri Enrica  Colombo,  Livio  Colombo  e  Luciana
Colombo un terreno edificabile di superficie pari a circa  5.058  mq,
catastalmente individuato alle particelle nn.  163,  164  e  165  del
foglio n. 3 C.T., situato in zona urbanistica ZC5 secondo il  vigente
piano regolatore del Comune di Gaiola. 
    In data 22 settembre 2010, i sig.ri Colombo hanno  presentato  al
Comune istanza di approvazione del piano esecutivo convenzionato  per
la  costruzione  di  un  nuovo  complesso  a  schiera,  a  prevalente
destinazione residenziale (per sette unita' immobiliari) ed in  parte
commerciale (per  due  nuovi  locali  al  piano  terreno).  Il  piano
attuativo e' stato approvato dal Comune con deliberazione  consiliare
8 aprile 2011, n. 13. La  convenzione  tra  il  Comune  ed  i  sig.ri
Colombo e' stata stipulata in data 13 maggio 2011. 
    La  ricorrente  Top   Ten   House   S.r.l.   frattanto   divenuta
proprietaria dei terreni, ha  richiesto  al  Comune  il  rilascio  di
distinti permessi di costruire per la  realizzazione  degli  immobili
residenziali. Con il permesso gratuito  n.  22/2011  del  14  ottobre
2011, il Comune  ha  autorizzato  la  realizzazione  delle  opere  di
urbanizzazione primaria nel compatto;  con  i  permessi  onerosi  nn.
13/2011, 14/2011  e  15/2011  del  4  novembre  2011,  il  Comune  ha
autorizzato  (sui  lotti  C  -  D  -  E)  la  costruzione  di   ville
residenziali e la realizzazione della strada privata di  collegamento
con la viabilita' pubblica. 
    La societa' ricorrente ha iniziato i lavori il giorno  2  gennaio
2012, ma ha dovuto immediatamente interromperli per l'ordine  verbale
di sospensione del Capo Cantoniere, poi confermato dall'A.N.A.S.  con
nota scritta del  29  marzo  2012,  nella  quale  e'  stata  ribadita
l'impossibilita' di assentire l'avvio delle opere in quanto  "per  la
sistemazione dell'innesto della strada  comunale  con  la  S.S.  231,
dovra' essere predisposta relativa istanza  tesa  all'ottenimento  di
autorizzazione, previa sottoscrizione di convenzione ANAS/Comune". 
    Preso  atto  dell'invalidita'  dei   permessi   rilasciati   alla
ricorrente, il Comune di Gaiola ha trasmesso  all'A.N.A.S.  l'istanza
di nulla-osta in data 11 maggio 2012. La convenzione tra A.N.A.S.  ed
il Comune e' stata sottoscritta il 7 febbraio  2013  e  trasmessa  in
copia alla societa' ricorrente in data 24 aprile 2013. 
    Tuttavia, i lavori di costruzione degli immobili residenziali non
hanno mai piu' avuto inizio. 
    II. La ricorrente Top Ten House S.r.l., che  e'  stata  posta  in
liquidazione dal 19 giugno 2013, agisce per la condanna del Comune di
Gaiola al risarcimento del danno. 
    Afferma, a tal fine, che il  permesso  di  costruire  n.  22/2011
sarebbe illegittimo per violazione dell'art. 20 del d.P.R. n. 380 del
2001,  avendo  il  Comune  omesso  di  acquisire  il  preventivo   ed
obbligatorio  assenso  dell'A.N.A.S.  all'allargamento  della  strada
comunale sfociante sulla S.S. n. 231 (al km 7+200). Tale  circostanza
avrebbe concretamente impedito l'avvio dei  lavori  per  piu'  di  un
anno, fino al momento  della  sottoscrizione  della  convenzione  tra
A.N.A.S. e Comune. 
    Lamenta,  inoltre,  che  il   Comune   avrebbe   illegittimamente
ritardato l'approvazione del  piano  esecutivo  convenzionato  ed  il
rilascio dei permessi di costruire, aggravando in modo ingiustificato
gli adempimenti progettuali e trascurando  di  quantificare  l'esatto
importo degli oneri di urbanizzazione. Nel ritardo andrebbe computato
anche il tempo occorso per il conseguimento  postumo  del  nulla-osta
A.N.A.S., pervenuto soltanto il 24 aprile 2013. 
    Su tale premessa, la ricorrente chiede la condanna del Comune  al
ristoro del danno emergente (pari ed euro  136.877,35  per  costi  di
progettazione) e del lucro cessante (quantificato in euro  520.000,00
di mancati ricavi dalle vendite delle  unita'  immobiliari).  Chiede,
inoltre, il riconoscimento del danno all'immagine e della perdita  di
chances contrattuali. 
    III. Si e' costituito il Comune di Gaiola, depositando  documenti
e chiedendo il rigetto della domanda. 
    Alla pubblica udienza del 10 giugno 2015 la causa e'  passata  in
decisione. 
    Con ordinanza ai sensi dell'art.  73,  terzo  comma,  cod.  proc.
amm., il Collegio ha rilevato d'ufficio la possibile tardivita' della
domanda risarcitoria (in relazione al termine  di  centoventi  giorni
stabilito dall'art. 30, terzo comma, cod. proc. amm.) ed ha assegnato
alle parti trenta giorni  per  il  deposito  di  ulteriori  deduzioni
difensive. 
    Sia la societa' ricorrente che l'Amministrazione  hanno  prodotto
memorie. 
    Alla camera di consiglio del 14 ottobre 2015 la  causa  e'  stata
decisa. 
 
                               Diritto 
 
1. La normativa processuale. 
    Per quanto qui rileva, l'art. 30, terzo comma,  cod.  proc.  amm.
stabilisce che la domanda di risarcimento del danno  per  lesione  di
interessi  legittimi  deve  essere  proposta  "entro  il  termine  di
decadenza di centoventi giorni decorrente dal momento in cui il fatto
si e' verificato ovvero dalla  conoscenza  del  provvedimento  se  il
danno deriva direttamente da questo". 
    Per il risarcimento del danno da ritardo  nella  conclusione  del
procedimento, il quarto comma dell'art. 30 stabilisce che il  termine
di   centoventi   giorni   "non   decorre   fintanto   che    perdura
l'inadempimento" e che, in ogni caso, esso inizia a decorrere  quando
e' trascorso un anno dalla scadenza del termine per provvedere. 
2. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Il ricorso e' stato notificato al Comune di  Gaiola  in  data  11
luglio 2013. 
    Con la richiamata ordinanza n. 1055/2015,  il  Collegio  ha  gia'
prospettato alle parti la questione di irricevibilita' del ricorso. 
    Ed infatti: 
        la ricorrente  lamenta  di  non  aver  potuto  costruire  gli
immobili residenziali, autorizzati con i permessi  di  costruire  nn.
13/2011,  14/2011  e  15/2011  del  4  novembre  2011,  per   effetto
dell'ordine di sospensione lavori impartito  dall'A.N.A.S.,  motivato
sulla carenza del nulla-osta al collegamento con la viabilita' di sua
competenza; 
        la convenzione tra il Comune  e  l'A.N.A.S.  e'  sopraggiunta
soltanto il 24  aprile  2013,  quando  ormai  la  fattibilita'  e  la
convenienza dell'intervento edilizio erano  venute  meno,  tanto  che
pochi mesi dopo la  societa'  e'  stata  posta  in  liquidazione  per
l'ingente esposizione debitoria; 
        il  pregiudizio   patrimoniale.   deve   essere   causalmente
ricollegato ai titoli abilitativi illegittimi, rilasciati dal  Comune
in difetto  del  preventivo  parere  favorevole  dell'A.N.A.S.  sulla
viabilita' di collegamento con i  lotti  edificatoti,  in  violazione
dell'art. 20, terzo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 (ai  cui  sensi
compete  al  responsabile  del  procedimento   l'acquisizione   degli
eventuali pareri ed assensi di altre Amministrazioni); 
        il danno, nei suoi elementi  essenziali,  si  e'  prodotto  e
manifestato all'atto della sospensione dei lavori del 2 gennaio  2012
ovvero, al piu' tardi, con la nota confermativa  del  29  marzo  2012
inviata dall'A.N.A.S. alla Top Ten  House  S.r.l.  ed  al  Comune  di
Gaiola; 
        il ricorso risulta proposto ben oltre il termine decadenziale
di centoventi giorni,  decorrente  dalla  conoscenza  del  vizio  dei
permessi di costruire (id est: la carenza del  preventivo  nulla-osta
A.N.A.S.) che, come si e' visto, risale al 29 marzo 2012. 
    Sebbene  competa  al  Collegio  la  qualificazione  della   causa
petendi,  non  puo'  qui  trascurarsi  che  la  parte  ricorrente  ha
formulato la domanda risarcitoria in modo disorganico, sia  nell'atto
introduttivo che nelle memorie  conclusive,  cumulando  nella  stessa
azione  la  domanda  di  risarcimento  del  danno  da   provvedimento
illegittimo (si veda il primo motivo di diritto,  alle  pagg.  13-ss.
del ricorso) con la domanda di risarcimento del danno da ritardo  (si
veda alle pagg.  16-ss.  del  ricorso,  con  alterni  riferimenti  al
ritardo nell'approvazione del  piano  esecutivo  ed  al  ritardo  nel
rilascio dei permessi di costruire). 
    Ai fini della questione di costituzionalita', viene senz'altro in
rilievo la domanda risarcitoria fondata sull'invalidita' dei permessi
di costruire, rispetto alla  quale  dovrebbe  applicarsi  il  termine
decadenziale breve di centoventi giorni ex art. 30, terzo comma, cod.
proc. amm. decorrente "dal giorno in cui il fatto si e'  verificato".
Nella fattispecie in esame, il dies a quo coincide con la sospensione
dei lavori disposta dall'A.N.A.S. a causa della mancata  acquisizione
del nulla-osta. 
    Secondo la tesi di parte ricorrente,  la  simultanea  domanda  di
risarcimento del danno  da  ritardo  sarebbe  invece  tempestiva,  in
quanto il procedimento di  rilascio  dei  permessi  di  costruire  si
sarebbe perfezionato soltanto con la convenzione tra l'A.N.A.S ed  il
Comune, stipulata il 7 febbraio 2013 e comunicata il 24 aprile  2013.
Perdurando l'inerzia del Comune  fino  a  tale  momento,  il  ricorso
risulterebbe notificato entro il  termine  di  centoventi  giorni  ai
sensi del quarto comma dell'art. 30 cod. proc. amm. 
    Ma il Collegio osserva, seppure al solo  fine  di  dimostrare  la
rilevanza della questione di incostituzionalita',  che  tale  domanda
appare destinata: 
        ad una pronuncia di inammissibilita'  ed  irricevibilita'  in
relazione  al   ritardo   nell'approvazione   del   piano   esecutivo
convenzionato, che era  stato  proposto  dai  precedenti  proprietari
sig.ri Colombo, non dalla societa' Top Ten House  S.r.l.,  e  che  e'
stato approvato dal Comune in data 8 aprile 2011, prima dell'acquisto
dei terreni da parte della ricorrente; 
        ad  analoga  pronuncia  di   irricevibilita'   in   relazione
all'asserito ritardo nel rilascio dei permessi di costruire,  che  e'
avvenuto in  data  4  novembre  2011,  mentre  il  ricorso  e'  stato
notificato al Comune di Gaiola in data 11 luglio 2013; 
        sotto altro profilo, ad una pronuncia di inammissibilita', in
quanto il rilascio da parte del Comune di un titolo edilizio  viziato
(per  carenza  del   preventivo   nulla-osta   spettante   ad   altra
Amministrazione) non puo' essere assimilato  al  mero  ritardo  nella
conclusione  del  procedimento,  sulla  base  di  un'indebita  fictio
sostanziale e processuale volta ad eludere il termine decadenziale; 
        ad una pronuncia di rigetto nel merito, poiche' dai fatti  di
causa  emerge  che  l'evento  dannoso,  consistente  nel   definitivo
fallimento  dell'operazione  immobiliare  intrapresa  dalla  societa'
ricorrente,  si  e'  verificato  allorquando  l'A.N.A.S.  ha  vietato
l'inizio dei lavori, indipendentemente dal ritardo procedimentale che
era maturato fino a quel momento. 
    In  definitiva,  la  domanda  risarcitoria   e'   meritevole   di
apprezzamento nella sola parte in cui verte  sull'illegittimita'  dei
permessi di costruite nn. 13/2011, 14/2011 e  15/2011,  provvedimenti
ampliativi della sfera giuridica della societa' ricorrente, la  quale
non li ha  impugnati  ma  lamenta  un  rilevante  danno  patrimoniale
scaturito proprio dal vizio che ha attinto quei  permessi  e  che  ha
impedito,  per  oltre  un   anno,   l'esecuzione   delle   opere   di
urbanizzazione previste nel compatto edificatorio. 
    Cosi'   articolata,   la   domanda   dovrebbe   essere   dichiara
irricevibile ai sensi dell'art, 30, terzo  comma,  cod.  proc.  amm.,
norma che e' sospetta di incostituzionalita' per le  ragioni  che  si
espongono di seguito. 
3. Sulla non manifesta infondatezza della questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    3.1. In  primo  luogo,  l'art.  30  cod.  proc.  amm.  appare  in
contrasto   con   il   principio   del   giusto   processo   sancito,
nell'ordinamento europeo e nazionale: 
        a) dall'art. 47 della Carta dei diritti UE,  secondo  cui  ad
ogni individuo, i cui diritti e le cui liberta' garantiti dal diritto
dell'Unione  siano  stati  violati,  spetta  un  "ricorso  effettivo"
dinanzi ad un giudice; 
        b) dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea  dei  diritti
dell'uomo, secondo cui ogni persona ha diritto ad un "processo  equo"
e ad un "ricorso effettivo" dinanzi ad una magistratura nazionale; 
        c) dall'art. 111, primo comma,  della  Costituzione,  secondo
cui la giurisdizione si attua mediante il "giusto processo"  regolato
dalla legge. 
    Dai convergenti principi del diritto europeo e della Costituzione
italiana discende la necessita' che il processo amministrativo, da un
punto di  vista  strutturale,  debba  garantire  l'imparzialita'  del
giudice, la parita' delle parti ed il contraddittorio; e da un  punto
di vista  funzionale  e  sostanziale,  per  quanto  qui  maggiormente
rileva, debba assicurare una tutela piena ed effettiva del ricorrente
nei confronti della pubblica amministrazione. 
    Nell'accezione funzionale, il processo e'  giusto  se  offre  una
garanzia di adeguate  forme  di  tutela  della  situazione  giuridica
soggettiva fatta valere dal ricorrente. La dottrina ha  sottolineato,
al riguardo, che  nell'ambito  delle  tradizioni  di  common  law  il
principio anglosassone del due process of law e' storicamente servito
ad assicurare non soltanto le garanzie di legalita'  procedurale,  ma
anche e soprattutto un equo  trattamento  per  tutti  gli  individui,
proibendo  discriminazioni  ingiustificate  e  normative  processuali
irragionevoli, allo scopo di offrire tutela effettiva a  chiunque  si
rivolga al giudice. 
    L'art. 47 della Carta dei diritti UE, secondo  la  giurisprudenza
comunitaria, costituisce la riaffermazione del  principio  di  tutela
giurisdizionale  effettiva,  un  principio   generale   del   diritto
dell'Unione che deriva dalle tradizioni  costituzionali  comuni  agli
Stati membri e che e' stato poi sancito dagli articoli 6 e  13  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (cfr., tra molte: Corte  Giust.  UE,  sent.  28
febbraio 2013, C-334/12, Reexamen). 
    Cosi',  in  osservanza  del  principio  di   cooperazione   leale
stabilito dall'art. 4 del Trattato sul funzionamento dell'Unione,  le
modalita' procedurali dei ricorsi  non  devono  rendere  praticamente
impossibile  o  eccessivamente  difficile  l'esercizio  dei   diritti
conferiti    dall'ordinamento    giuridico     dell'Unione.     Dalla
giurisprudenza della Corte emerge che le esigenze di equivalenza e di
effettivita' valgono sia sul piano  della  designazione  dei  giudici
competenti a conoscere delle azioni,  sia  per  quanto  riguarda  "la
definizione delle modalita'  procedurali  che  reggono  tali  azioni"
(cfr. Corte Giust. UE, sent. 18 marzo 2010, C317/08,  Alassini;  Id.,
sent. 27 giugno 2013, C-93/12, ET Agrokonsulting). 
    Nel giusto processo  amministrativo,  l'interesse  legittimo  del
ricorrente si trasforma nell'istanza di una piena ed effettiva tutela
dell'aspettativa  legittima  sorta  nel   rapporto   instaurato   con
l'amministrazione pubblica. 
    In tal senso, appare preferibile una lettura non riduttiva  della
portata del primo comma dell'art. 111 della Costituzione  che,  anche
per il processo amministrativo, ne  riconosca  appieno  il  carattere
innovativo e non meramente ricognitivo di  principi  gia'  ricavabili
dal coordinamento logico di previgenti norme costituzionali, cosi' da
sottoporre al vaglio del  canone  del  giusto  processo  i  caratteri
specifici di ogni singola  disciplina  processuale,  valorizzando  la
forza precettiva del principio per il quale solo un  processo  giusto
costituisce idonea attuazione della funzione giurisdizionale. 
    Il Collegio sospetta che l'art. 30, terzo comma, cod. proc. amm.,
nella parte in cui assoggetta al brevissimo termine  decadenziale  di
centoventi giorni  la  proponibilita'  dell'azione  risarcitoria  nei
confronti della pubblica  amministrazione,  da  parte  di  chi  abbia
sofferto una lesione del proprio interesse  legittimo,  si  ponga  in
contrasto con il principio del giusto processo sancito dall'art. 111,
primo comma, della Costituzione, nonche' (per  il  tramite  dell'art.
117, primo comma, della Costituzione) con il diritto ad  un  processo
equo e ad un ricorso effettivo sancito dall'art. 47 della  Carta  dei
diritti UE e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo. 
    La previsione di un singolare e  ristretto  termine  decadenziale
configura, infatti, un privilegio  per  la  pubblica  amministrazione
responsabile di  un  illecito;  determina,  sul  piano  della  tutela
giurisdizionale,  una  rilevante   discriminazione   tra   situazioni
soggettive sostanzialmente analoghe, dipendente dalla  qualificazione
giuridica di diritto soggettivo o interesse legittimo che il  giudice
amministrativo  e'  chiamato  a  compiere  nella  specifica   vicenda
sottoposta  al  suo  esame;  non  appare  giustificata  da   esigenze
oggettive di stabilita' e  certezza  delle  decisioni  amministrative
assunte nell'interesse pubblico (sulla nozione di "motivi  imperativi
di interesse generale" che possono giustificare norme processuali  di
favore per la pubblica autorita', altrimenti configgenti con l'art. 6
della Convenzione: Corte cost., sent. 4 luglio  2013,  n.  170  e  la
giurisprudenza ivi richiamata). 
    Di  recente,  la  Corte  di  Giustizia  e'   stata   chiamata   a
pronunciarsi  sulla  questione  "se  il   diritto   dell'Unione,   in
particolare i principi generali dell'equivalenza e  dell'effettivita'
... debba  essere  interpretato  nel  senso  che  esso  osta  ad  una
normativa nazionale per  effetto  della  quale  una  domanda  diretta
all'accertamento di violazioni  della  disciplina  di  aggiudicazione
degli appalti pubblici deve essere presentata entro il termine di sei
mesi dalla stipulazione del contratto, laddove  l'accertamento  della
violazione costituisca il presupposto non solo per la declaratoria di
nullita' del contratto,  bensi'  anche  ai  fini  della  proposizione
dell'azione risarcitoria". La  Corte  ha  rilevato,  per  quanto  qui
interessa, che "per quanto riguarda il principio di effettivita',  va
sottolineato che il grado di  esigenza  della  certezza  del  diritto
relativa alle condizioni  della  ricevibilita'  dei  ricorsi  non  e'
identico a seconda che si tratti di ricorsi per risarcimento danni  o
di ricorsi diretti a privare un contratto dei  suoi  effetti"  ed  ha
concluso per l'illegittimita' della normativa processuale  austriaca,
nella  parte  in   cui   assoggetta   la   proposizione   dell'azione
risarcitoria ad un termine di decadenza di sei  mesi  dalla  data  di
aggiudicazione dell'appalto (cfr. Corte Giust. UE, sent. 26  novembre
2015, C-166/14, MedEval). 
    3.2. Gli illustrati profili, riguardanti l'ingiustificato  favore
per  la  posizione  della   pubblica   amministrazione   responsabile
dell'illecito, nonche' la potenziale  disparita'  di  trattamento  di
situazioni  soggettive  ugualmente  meritevoli  di  tutela   (diritto
soggettivo - interesse legittimo) sottoposte, dalla norma  censurata,
ad  un  regime  processuale  sensibilmente  diseguale   (prescrizione
ordinaria  -  decadenza  breve),  inducono  a  ravvisare   anche   la
violazione del principio di uguaglianza proclamato dall'art. 3  della
Costituzione. 
    3.3. Sotto altro profilo, l'art. 30 cod.  proc.  amm.  appare  in
contrasto con il  principio  di  generalita'  ed  effettivita'  della
tutela   giurisdizionale   che   e'   sancito,   per   il    processo
amministrativo, dagli artt. 24, primo e secondo comma, e 113, primo e
secondo comma, della Costituzione. 
    La tutela giurisdizionale costituzionalmente garantita  non  puo'
consistere semplicemente nella possibilita' di proporre  una  domanda
ad un giudice. L'art. 24 della Costituzione costituisce  la  garanzia
di effettivita' che  alle  singole  situazioni  sostanziali  protette
dall'ordinamento corrispondano forme  di  tutela  omogenee,  tali  da
assicurare la soddisfazione agli interessi materiali dei quali quelle
situazioni  sono  espressione.   Vi   e',   pertanto,   una   stretta
correlazione tra il riconoscimento sostanziale di un dititto o di  un
interesse giuridicamente protetto  e  la  possibilita'  di  una  loro
tutela piena nel processo, mediante un'adeguata gamma di strumenti di
realizzazione giurisdizionale. 
    E' nota la ratio posta alla  base  della  previsione  di  termini
decadenziali brevi, per l'azione di annullamento di atti  emanati  da
autorita' pubbliche e da soggetti privati: l'esigenza di certezza del
diritto e di stabilita' dei rapporti giuridici, connessa  al  rilievo
che  l'atto  pone  un  assetto  di  interessi  rilevante  sul   piano
superindividuale. 
    Il bilanciamento fra il diritto degli interessati ad agire per la
caducazione dell'atto e  l'interesse  a  definire  sollecitamente  la
relativa vicenda, per non esporre ad un  tempo  lungo  la  sorte  del
rapporto giuridico  rilevante  per  una  collettivita'  di  soggetti,
consente di individuare il punto di equilibrio nella previsione di un
termine di impugnazione a pena di decadenza,  purche'  detto  termine
sia ragionevole e non renda eccessivamente difficile l'esercizio  del
diritto. 
    Tuttavia, come e' stato condivisibilmente osservato in  occasione
della  rimessione  alla  Corte   di   analoga   questione,   l'azione
risarcitoria dovrebbe porsi  al  di  fuori  di  questa  problematica,
poiche' l'esposizione dell'autore dell'illecito (pubblico o  privato)
al rischio della condanna non incide, di regola, sulla  dinamica  dei
rapporti giuridici  di  cui  lo  stesso  soggetto  e'  titolare,  ne'
determina incertezza delle posizioni giuridiche correlate,  rilevando
piuttosto  sul  piano  della  reintegrazione  patrimoniale  e   dello
spostamento di ricchezza conseguente all'illecita (in questi termini:
TAR Sicilia, Palermo, sez. I, ord. 7 settembre 2011, n. 1628). 
    Il  legislatore  avrebbe  potuto  imporre  un  limite   temporale
differenziato all'esercizio dell'azione  risarcitoria  nei  confronti
della pubblica amministrazione, ontologicamente  compatibile  con  la
natura del rimedio, attraverso l'individuazione di un congruo termine
prescrizionale. 
    Infatti, mentre  la  prescrizione  ha  per  oggetto  un  rapporto
(azione o diritto sostanziale) che per effetto di essa si estingue ed
e' legata all'inerzia del titolare del diritto, la decadenza  ha  per
oggetto un atto che per effetto di essa non puo' piu' essere compiuto
ed esprime un'esigenza di certezza del diritto  cosi'  categorica  da
essere tutelata indipendentemente dalla  possibilita'  di  agire  del
soggetto  interessato.  Appare  arduo  ravvisare,   in   materia   di
risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche amministrazioni,
un'esigenza costante generalizzata di  stabilita'  dei  rapporti  che
implichi  una  compressione  tanto  significativa  del  diritto   del
cittadino danneggiato di azionare relativi rimedi. 
    All'indomani dell'approvazione  del  nuovo  codice  di  rito,  la
dottrina  ha  diffusamente  denunciato  che  la   disciplina   recata
dall'art.  30  risponde  ad  una  logica  compromissoria,   volta   a
conciliare le opposte posizioni  emerse  nella  giurisprudenza  della
Corte di Cassazione ed in quella del Consiglio di  Stato,  in  merito
alla nota e dibattuta questione della  pregiudiziale  amministrativa.
Il legislatore  avrebbe  cosi'  previsto  la  teorica  proponibilita'
dell'azione risarcitoria autonoma, assoggettandola pero' ad un  breve
termine di decadenza (coincidente con il termine di centoventi giorni
previsto per la proponibilita'  del  ricorso  straordinario  al  Capo
dello Stato), pervenendo al risultato pratico di assimilare, quanto a
condizioni  di  accesso,  la  tutela   impugnatoria   e   la   tutela
risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione. 
    Non  pare  estraneo  a  tale  scelta   l'esplicito   suggerimento
formulato dalla Corte di Cassazione, proprio in relazione  all'annosa
questione della pregiudiziale di annullamento,  nei  termini  che  si
trascrivono: "Il diritto civile presenta, da noi, in campo societario
una specifica  disciplina  della  invalidita'  delle  delibere  delle
societa' di capitali. Dove e' negata la legittimazione all'azione  di
annullamento ed e' data l'azione di danni (art. 2377,  quarto  comma,
cod. civ.), il termine per proporre la domanda di risarcimento non e'
diverso da quello  dell'azione  di  impugnazione  (art.  2377,  sesto
comma). Vi e' dunque,  la  specifica  previsione  di  un  termine  di
esercizio per l'azione di danno  ...  Nelle  ordinanze  del  2006  le
sezioni unite hanno osservato che e' certo nella  disponibilita'  del
legislatore  disciplinare  la  tutela  delle  situazioni   soggettive
assoggettando a termini di decadenza l'esercizio dell'azione, come si
e' visto quando ha  assoggettato  in  campo  societario  al  medesimo
termine l'azione di impugnazione e quella di  risarcimento  spettante
ai soci non legittimati all'esercizio della prima.  Ma  si  e'  anche
osservato che una norma siffatta oggi manca" (cosi' Cass. civ.,  sez.
un., sent. 23 dicembre 2008, n. 30254). 
    Senza  indugiare  oltre  sulla  sua  genesi  storica,  il  regime
decadenziale introdotto dall'art. 30, terzo comma,  cod.  proc.  amm.
appare irragionevole ed ingiustificato, avendo riguardo al  risultato
pratico della compressione del diritto del cittadino  danneggiato  di
agire per risarcimento nei confronti dell'amministrazione. 
    Ne' il sospetto di incostituzionalita' puo' essere fugato per  la
sola constatazione che il  legislatore  ha  assoggettato  ad  analoga
disciplina nel codice civile, l'azione  risarcitoria  riguardante  le
delibere societarie. 
    Il profilo di irragionevolezza, ad avviso del  Collegio,  attiene
sia alla previsione di un termine stabilito a pena di  decadenza,  al
di fuori dei presupposti legittimanti una cosi' incisiva compressione
dell'esercizio del diritto e senza la possibilita' di  conciliare  la
delimitazioni  temporale  con  il  piu'   favorevole   regime   della
prescrizione,  sia  brevita'  del  termine  che  e'  pari  ad  appena
centoventi giorni. 
    Ma  la  possibile  violazione  degli  artt.  24   e   113   della
Costituzione configura anche per altra via. 
    Come e' noto, la  giurisprudenza  della  Corte  ha  compiutamente
ricostruito il sistema delle tutele del cittadino nei confronti della
pubblica amministrazione, a partire della sentenza n. 204  del  2004,
ove si e' affermato che il rimedio risarcitorio  e'  inscindibilmente
legato in relazione di complementarieta', a  quello  caducatorio:  la
tutela costituzionale dell'interesse legittimo e' soddisfatta solo se
il titolare puo' chiedere, oltre all'annullamento  del  provvedimento
lesivo, il risarcimento per equivalente del  danno  che  traguardi  e
completi  gli  effetti  del  giudicato  di   annullamento.   L'azione
risarcitoria e' dunque costituzionalmente necessaria. Si  riporta  di
seguito il passaggio piu' importante della motivazione: "Va  premesso
che la dichiarazione di incostituzionalita' non investe in alcun modo
- nonostante i rimettenti ne adducano il disposto  a  sostegno  delle
loro censure - l'art. 7 della legge n. 205 del 2000,  nella  pale  in
cui (lettera c) sostituisce l'art. 35 del d.lgs. n. 80 del  1998:  il
potere riconosciuto al  giudice  amministrativo  di  disporre,  anche
attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento  del
danno  ingiusto  non  costituisce  sotto  alcun  profilo  una   nuova
'materia' attribuita alla sua giurisdizione, bensi' uno strumento  di
tutela  ulteriore,  rispetto  a  quello  classico  demolitorio   (e/o
conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al  cittadino  nei
confronti della  pubblica  amministrazione.  L'attribuzione  di  tale
potere non soltanto appare conforme alla piena  dignita'  di  giudice
riconosciuta dalla Costituzione al Consiglio di Stato ... ma anche, e
soprattutto, essa affonda le sue radici nella previsione dell'art. 24
Cost., il quale, garantendo alle situazioni soggettive devolute  alla
giurisdizione amministrativa piena ed effettiva tutela,  implica  che
il giudice sia munito di adeguati poteri; e certamente il superamento
della regola (avvenuto,  peraltro,  sovente  in  via  pretoria  nelle
ipotesi olim di  giurisdizione  esclusiva),  che  imponeva,  ottenuta
tutela  davanti  al  giudice  amministrativo,  di  adire  il  giudice
ordinario, con i relativi gradi di giudizio, per vedersi riconosciuti
i diritti patrimoniali consequenziali e l'eventuale risarcimento  del
danno ... costituisce null'altro che attuazione del precetto  di  cui
all'art. 24 Cost. (Corte cost., seni. 6 luglio 2004, n. 204). 
    La Corte ha ribadito e sviluppato il principio  nella  successiva
sentenza n. 191 del 2006: laddove la legge costruisce il risarcimento
del danno, ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario
e giudice amministrativo, come strumento di tutela,  essa  non  viola
alcun precetto costituzionale e costituisce, al contrario, attuazione
del precetto dell'art. 24 della Costituzione,  laddove  questo  esige
che la tutela giurisdizionale sia  effettiva  e  sia  resa  in  tempi
ragionevoli. 
    Tuttavia, vi e' che la  concentrazione  dei  rimedi  in  capo  al
giudice  amministrativo  non  dovrebbe  avvenire  al   prezzo   della
introduzione  di  condizioni  di  accesso   alla   tutela   oltremodo
restrittive.  Se  l'attribuzione  alla  giurisdizione  amministrativa
della cognizione dell'azione  risarcitoria,  coerente  alla  pienezza
della tutela in  termini  ragionevoli,  comporta  come  contropartita
l'introduzione di un regime decadenziale che,  derogando  al  termine
prescrizionale   quinquennale   del    diritto    comune,    comprime
significativamente le condizioni per l'esercizio dell'azione,  appare
contraddetta la finalita' stessa  della  previsione  dello  strumento
risarcitorio accanto a  quello  caducatorio  nel  sistema  di  tutela
dell'interesse legittimo. In altre parole, appare cosi'  contraddetta
l'esigenza costituzionale di pienezza ed effettivita' della tutela. 
    La complementarieta' dei rimedi evocata dalla  Cotte,  a  partite
dalla sentenza n. 204 del 2004, conserva il  proprio  significato  di
garanzia se si mantiene la  diversita'  strutturale  degli  stessi  e
delle corrispondenti tecniche di tutela.  Se  invece  si  equiparano,
quanto ai termini di esercizio,  il  rimedio  risarcitorio  e  quello
caducatorio, la complementarieta' finisce per ridursi ad  un'astratta
petizione di principio, poiche' la tutela dell'interesse legittimo si
esaurisce nella possibilita' di contestare entro un breve termine  di
decadenza la legittimita' del provvedimento, a fini caducatori ovvero
a fini risarcitori. La richiamata  giurisprudenza  costituzionale  si
era formata, infatti, in presenza di una disciplina di diritto comune
del  termine  per  la  proposizione  dell'azione   risarcitoria   nei
confronti della pubblica amministrazione. 
    Ne discende, dopo  l'introduzione  della  norma  processuale  qui
censurata, la necessita' di sollevare il quesito circa la  perdurante
attualita' di quelle considerazioni, in  punto  di  conformita'  allo
standard di tutela posto dall'art. 24 della Costituzione. 
4. Conclusioni. 
    Il Collegio, per le ragioni sopra esposte, solleva  questione  di
costituzionalita' dell'art. 30, terzo comma, cod. proc. amm., laddove
stabilisce che la domanda di risarcimento del danno  per  lesione  di
interessi  legittimi  deve  essere  proposta  "entro  il  termine  di
decadenza di centoventi giorni decorrente dal momento in cui il fatto
si e' verificato ovvero dalla  conoscenza  del  provvedimento  se  il
danno deriva direttamente da questo", per violazione: 
        dell'art. 111, primo comma, della Costituzione, nonche'  (per
il tramite dell'art. 117, primo comma, della Costituzione)  dell'art.
47 della Carta dei diritti UE e dagli artt 6 e 13  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo; 
        dell'art. 3 della Costituzione; 
        degli artt. 24, primo e secondo comma, e 113, primo e secondo
comma della Costituzione. 
    Resta sospesa ogni decisione sul ricorso in epigrafe, dovendo  la
questione essere demandata al giudizio della Corte costituzionale. 
 
                               P. Q .M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per  il  Piemonte  (Sezione
Seconda); 
    Visti gli artt. 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1  e  23  della
legge 11 marzo 1953, n. 87, riservata ogni altra pronuncia  in  rito,
nel merito e sulle spese, ritenuta  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la  questione  di  costituzionalita'  dell'art.  30,  terzo
comma, del codice del processo amministrativo (approvato  con  d.lgs.
n. 104 del 2010) in relazione agli  artt.  3,  24,  primo  e  secondo
comma, 111, primo comma, 113,  primo  e  secondo  comma,  117,  primo
comma, della  Costituzione,  (e  tramite  quest'ultimo  in  relazione
all'art. 47 della Carta dei diritti UE ed agli artt.  6  e  13  della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo); 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio in corso; 
    Ordina che, a cura della Segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri e
sia comunicata alla Presidenza del Senato della  Repubblica  ed  alla
Presidenza della Camera dei Deputati. 
    Cosi' deciso in Torino, nella camera di consiglio del  giorno  14
ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: 
        Vincenzo Salamone, Presidente; 
        Savio Picone, Primo Referendario, Estensore; 
        Antonino Masaracchia, Primo Referendario. 
 
                  Il Presidente: Vincenzo Salamone 
 
 
                                            L'estensore: Savio Picone