N. 5 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 febbraio 2016

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 23 febbraio 2016 (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri) . 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Liguria - Modifiche alla
  legge regionale n. 49 del  2009  recante  "Misure  urgenti  per  il
  rilancio dell'attivita' edilizia  e  per  la  riqualificazione  del
  patrimonio  urbanistico-edilizio"  -  Attribuzione  all'Ente  Parco
  della   facolta'    di    individuare,    attraverso    un'apposita
  deliberazione, le aree del territorio del parco in cui e' possibile
  effettuare interventi di ampliamento e di mutamento di destinazione
  d'uso - Previsione che l'approvazione delle varianti da parte della
  Regione e' comprensiva del contestuale rilascio dell'autorizzazione
  paesaggistica regionale. 
- Legge della Regione Liguria 22 dicembre 2015, n. 22 [Modifiche alla
  legge regionale 3 novembre 2009,  n.  49  (Misure  urgenti  per  il
  rilancio dell'attivita' edilizia  e  per  la  riqualificazione  del
  patrimonio urbanistico-edilizio)], artt. 6, comma 3, 7, comma 6,  e
  8, comma 4. 
(GU n.10 del 9-3-2016 )
    Ricorso per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (c.f.
80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente  in
carica, rappresentata e difesa per mandato  ex  lege  dall'Avvocatura
Generale dello  Stato  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  (C.F.
80224030587), presso i cui uffici  ha  domicilio  in  Roma,  via  dei
Portoghesi       n. 12       (fax       0696514000       -        PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente; 
    Contro la Regione Liguria in persona del Presidente della  Giunta
Regionale attualmente in carica, resistente; 
    Per l'impugnazione  e  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
degli articoli 6, comma 3, 7 comma  6,  e  8  comma  4,  della  legge
regionale Liguria 22 dicembre 2015, n. 22,  recante  «Modifiche  alla
legge regionale 3  novembre  2009,  n.  49  (Misure  urgenti  per  il
rilaneio  dell'attivita'  edilizia  e  per  la  riqualificazione  del
patrimonio urbanistico edilizio»), pubblicata sul BUR n.  22  del  23
dicembre 2015. 
    La Regione Liguria ha approvato ed emanato la  legge  n.  22/2015
con cui in dodici articoli ha introdotto  modifiche  alla  precedente
legge regionale n. 49/2009 in materia edilizia e urbanistica. 
    Ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri, alcune  di
queste nuove norme sono in contrasto con la  Costituzione  in  quanto
invadono indebitamente la sfera di competenza esclusiva  dello  Stato
in materia di pianificazione paesaggistica, competenza che come  noto
lo Stato ha esercitato con il decreto legislativo n. 42/2004  (Codice
dei beni culturali e del paesaggio). 
    Altre norme, invece, pur appartenendo alla competenza legislativa
regionale, non rispettano i principi fondamentali dettati dallo Stato
nella specifica materia, e dunque si pongono ugualmente in  contrasto
con i criteri di riparto previsti dalla Costituzione. 
    Con il presente atto, pertanto, la Presidenza del  Consiglio  dei
ministri  deve   impugnare   la   legge   regionale   in   questione,
limitatamente alle norme in epigrafe indicate, per il seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6,  comma  3  della  legge
regionale 22 dicembre 2015, n. 22 per contrasto con l'art. 117, comma
2, lettera s) della Costituzione. 
    L'art. 6,  comma  3,  che  modifica  l'art.  5,  comma  3,  della
precedente legge regionale n. 49/2009, dispone che «per  gli  edifici
ricadenti nel territorio dei parchi si applica la disciplina relativa
agli interventi di ampliamento e di mutamento di  destinazione  d'uso
stabilita nei relativi piani, salva la facolta' di ogni Ente Parco di
individuare  con  apposita  deliberazione  comportante  variante   al
vigente  piano  del  Parco  le  aree  in  cui  sono  applicabili   le
disposizioni degli articoli 3, 3-bis e 4, fermo restando il  rilascio
del prescritto nulla-osta da parte dell'Ente Parco per  ogni  singolo
intervento, nonche' le esclusioni di cui ai corrimi 1 e 2». 
    La  disposizione  attribuisce  all'Ente  Parco  la  facolta'   di
individuare, attraverso  una  apposita  deliberazione,  le  aree  del
territorio del parco in cui e'  possibile  effettuare  interventi  di
ampliamento e di mutamento di destinazione d'uso. Detta deliberazione
costituisce automaticamente «variante al piano del Parco». 
    La norma si presenta incostituzionale sotto diversi profili. 
    In primo luogo, contrasta con l'art. 12, commi 3 e 6, della legge
n. 394/1991 («Legge quadro sulle aree protette») che,  in  attuazione
degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi
internazionali, detta i principi fondamentali per l'istituzione e  la
gestione delle aree naturali protette, al  fine  di  garantire  e  di
promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione
del patrimonio naturale del paese. La tutela dei valori  naturali  ed
ambientali nonche' storici, culturali, antropologici tradizionali nel
territorio del Parco e' affidata  all'Ente  parco  ed  e'  perseguita
attraverso lo strumento del piano per il parco, il quale suddivide il
territorio sulla base del grado di protezione. 
    La formulazione della disposizione censurata, nel  prevedere  che
tale disciplina si applichi in modo generico ai «parchi», includendo,
quindi, anche i parchi nazionali (Parco nazionale delle Cinque Terre)
opera in carenza di competenza, disciplinando la materia  delle  aree
protette nazionali afferenti alla materia dell'ambiente,  che  l'art.
117, comma 2, lettera s), Cost.  riserva  alla  competenza  esclusiva
statale. 
    La  disciplina  regionale  introdotta  con  le  norme   censurate
contrasta  con  alcune  norme   che   la   legge   statale,   emanata
nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva dello Stato  in
materia, ha posto a presidio della tutela ambientale. 
    Ai sensi dell'art. 12, comma 3, della legge n. 394 del 1991:  «Il
piano e'  predisposto  dall'Ente  parco  entro  diciotto  mesi  dalla
costituzione dei suoi organi (...). La Comunita' del parco  partecipa
alla defmizione dei criteri riguardanti la predisposizione del  piano
del parco indicati dal consiglio direttivo del parco  ed  esprime  il
proprio parere sul piano stesso. Il piano,  approvato  dal  consiglio
direttivo, e' adottato dalla regione entro  novanta  giorni  dal  suo
inoltro da parte dell'Ente parco». 
    Il successivo comma 4, prevede, altresi', che il  piano  adottato
e' depositato per quaranta giorni presso le sedi  dei  comuni,  delle
comunita'  montane  e  delle  regioni  interessate  e  chiunque  puo'
prenderne visione ed estrarne  copia.  Entro  i  successivi  quaranta
giorni e' possibile  presentare  osservazioni  scritte,  sulle  quali
l'Ente parco esprime il proprio parere  entro  trenta  giorni.  Entro
centoventi giorni dal ricevimento  di  tale  parere,  la  regione  si
pronuncia sulle osservazione presentate e, d'intesa con l'Ente parco,
per quanto concerne le riserve integrali, riserve generali  orientate
e aree di protezione, e d'intesa, oltre che con l'Ente  parco,  anche
con i comuni interessati per quanto concerne le  aree  di  promozione
economica e sociale, emana il provvedimento d'approvazione. 
    Ai sensi  del  comma  6  del  medesimo  articolo:  «Il  piano  e'
modificato con la stessa procedura necessaria alla  sua  approvazione
ed e' aggiornato con identica modalita' almeno ogni dieci anni.». 
    La  disposizione  regionale  censurata,  nel  prevedere  che   la
deliberazione dell'Ente Parco comporti automaticamente  una  variante
al piano del parco, deroga illegittimamente alla  procedura  prevista
dalla normativa nazionale, la quale richiede che venga applicata, nel
caso di modifiche al piano, la medesima procedura necessaria alla sua
approvazione. 
    Nella parte in cui la medesima disposizione regionale si  applica
ai parchi regionali, si pone in contrasto, altresi' con la disciplina
dei parchi naturali regionali contenuta all'art. 25, comma  2,  legge
n. 394/1991. 
    Il piano per il parco  rappresenta  lo  strumento  di  attuazione
delle  finalita'  anche  dei  parchi  naturali  regionali.  Ai  sensi
dell'art.  22,  comma  1,  lettera  b),  della  legge  n.   394/1991,
costituiscono  principi  fondamentali  «la  pubblicita'  degli   atti
relativi all'istituzione dell'area protetta e  alla  definizione  del
piano per il parco di cui all'articolo 25». 
    L'art. 25, al comma 2, dispone che «il  piano  per  il  parco  e'
adottato dall'organismo di gestione del parco ed e'  approvato  dalla
regione. (...)». 
    Pertanto, la regione non puo' prevedere modalita'  procedimentali
che  si  discostino  in  peius   dalle   norme   fondamentali   della
legislazione statale. 
    Alla luce del quadro normativo nazionale, dunque, anche il  piano
per il  parco  regionale  deve  essere  adottato  dall'Ente  parco  e
approvato dalla regione. Nel caso di varianti, in  considerazione  di
quanto previsto dall'art. 22, trovera' applicazione  il  citato  art.
12, comma 6 che richiede che venga applicata, nel caso  di  modifiche
al piano, la medesima procedura necessaria alla sua approvazione. 
    Dal combinato disposto degli articoli sopra citati, deriva che la
disposizione  regionale  censurata   deroga   illegittimamente   alla
procedura nazionale, violando l'art. 117, comma 2, lettera s)  Cost.,
in riferimento agli articoli 12, comma 6, 22, comma  1,  lettera  b),
25, comma 2 della legge n. 394/1991. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma  3,  della  legge
regionale 22 dicembre 2015, n. 22  per  contrasto  con  l'art.  1171,
comma 1 della Costituzione. 
    La   medesima   disposizione   regionale   sopra   censurata   e'
costituzionalmente illegittima per altro verso, anche in  riferimento
all'art.  117,  comma  1,  Cost.,  per  violazione  della   direttiva
2001/42/CE, concernente la valutazione ambientale strategica, nonche'
in  riferimento  all'art.  117,  comma  2,  lettera  s),  Cost.,  per
violazione  degli  art.  5,  comma  1,  lettera  l),  e  6,   decreto
legislativo n. 152/2006. 
    Secondo la  direttiva  2001/42/CE,  concernente  «la  valutazione
degli effetti di determinati piani e programmi  sull'ambiente»,  sono
sottoposti a valutazione ambientale strategica i piani ed i programmi
che possono avere effetti significativi sull'ambiente (art.  3,  par.
1). 
    La  valutazione  ambientale  strategica  e'  volta  ad  integrare
considerazioni di natura ambientale nell'ambito della elaborazione  e
adozione di strumenti di pianificazione e programmazione che  possono
avere effetti significativi sull'ambiente, con lo scopo di assicurare
un elevato livello di protezione dell'ambiente  e  di  promuovere  lo
sviluppo sostenibile (art. 1, direttiva 2001/42/CE). 
    In adempimento agli obblighi europei, il  nostro  ordinamento  ha
previsto l'assoggettamento a VAS anche delle modifiche ai  piani.  Ai
sensi dell'art. 5, comma 1, lettera d), del  decreto  legislativo  n.
152/2006, per modifica  si  intende:  «La  variazione  di  un  piano,
programma, impianto o progetto approvato, compresi,  nel  caso  degli
impianti e dei progetti, le variazioni delle loro  caratteristiche  o
del loro funzionamento, ovvero un  loro  potenziamento,  che  possano
produrre effetti sull'ambiente». L'art.  6,  decreto  legislativo  n.
152/2006 prevede che tutti i piani e i programmi  che  possono  avere
impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio  culturale  sono
assoggettati alla VAS, salvo le esclusioni previste dal comma 4 e  12
dello stesso articolo. In applicazione di  queste  norme  la  VAS  e'
esclusa solo per particolari tipi di piani e programmi tassativamente
elencati e solo per le varianti riguardanti singoli progetti. 
    Ne consegue che, la variante al piano del parco,  ancorche'  gia'
approvato, deve essere  sottoposta  a  VAS  nel  caso  in  cui  possa
«produrre effetti sull'ambiente». 
    La automatica esclusione della variante al piano dalla disciplina
della  VAS,  disposta  dalla  norma  regionale   impugnata,   dunque,
determina un palese vulnus alla tutela  approntata  dalle  richiamate
norme nazionali, in riferimento all'art. 117,  comma  1,  Cost.,  per
violazione della direttiva  2001/42/CE,  concernente  la  valutazione
ambientale strategica, nonche' in riferimento all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., per violazione degli articoli 5,  comma  1,
lettera l), e 6 del decreto legislativo n. 152/2006. 
    Infine,   la   disposizione   censurata   presenta   profili   di
incostituzionalita' anche  in  riferimento  all'art.  117,  comma  1,
Cost.,  per  violazione  della  direttiva  92/43/CEE  concernente  la
valutazione d'incidenza; nonche' in riferimento all'art.  117,  comma
2, lettera s), Cost., per violazione dell'art. 6, comma 2, lettera b)
del decreto legislativo n. 152/2006 e dell'art. 5,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 357/1997. L'art. 3, par. 2, lettera b)
della direttiva 42/2001/CE stabilisce che la VAS viene effettuata per
tutti i piani e programmi «b) per  i  quali,  in  considerazione  dei
possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione  ai
sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE». 
    L'art. 6, paragrafo  3  della  direttiva  da  ultimo  citata,  in
riferimento alle zone speciali di  conservazione  della  rete  Natura
2000, prevede  che  «Qualsiasi  piano  o  progetto  non  direttamente
connesso e necessario alla gestione  del  sito  ma  che  possa  avere
incidenze significative su tale sito, singolarmente o  congiuntamente
ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione
dell'incidenza che ha sul sito,  tenendo  conto  degli  obiettivi  di
conservazione  del  medesimo.  Alla  luce  delle  conclusioni   della
valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4,  le
autorita' nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano  o
progetto  soltanto  dopo  aver  avuto  la  certezza  che   esso   non
pregiudichera' l'integrita' del sito in causa e, se del caso,  previo
parere dell'opinione pubblica». 
    Il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre  1997,  n.
357,  «Regolamento  recante  attuazione  della  direttiva   92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat naturali  e  semi-naturali,
nonche' della flora e della fauna selvatiche»,  dispone  all'art.  5,
comma 2, che «i proponenti di piani territoriali,  urbanistici  e  di
settore, ivi compresi i piani agricoli  e  faunistico-venatori  e  le
loro varianti, predispongono, secondo i contenuti di cui all'allegato
G, uno studio per individuare e valutare gli  effetti  che  il  piano
puo' avere sul sito, tenuto conto degli  obiettivi  di  conservazione
del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale  da  sottoporre
alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di  piani  di
rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e  della  tutela  del
territorio  e,  nel   caso   di   piani   di   rilevanza   regionale,
interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle  province
autonome competente». 
    Si deve, infine, evidenziare che, ai sensi dell'art. 6, comma  2,
lettera b) del decreto legislativo n. 152/2006 «in considerazione dei
possibili impatti sulle finalita' di conservazione dei siti designati
come zone di protezione speciale per la conservazione  degli  uccelli
selvatici e quelli classificati come siti di  importanza  comunitaria
per la protezione degli habitat naturali e della flora e della  fauna
selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi
dell'articolo  5  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  8
settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni». 
    Pertanto,  la  disposizione  regionale,  nel  prevedere  che   la
deliberazione dell'Ente Parco comporti automaticamente  una  variante
al piano del  parco,  contrasta  con  la  normativa  di  riferimento,
relativamente all'art. 117, comma  1,  Cost.,  per  violazione  della
direttiva 92/43/CEE concernente la valutazione  d'incidenza,  nonche'
in  riferimento  all'art.  117,  comma  2,  lettera  s),  Cost.,  per
violazione dell'art. 6, comma 2, lettera b), decreto  legislativo  n.
152/2006 e dell'art. 5, del decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 357/1997. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma  3,  della  legge
regionale 22 dicembre 2015, n. 22 per contrasto con l'art. 117, comma
2, lettera s) della Costituzione. 
    La   disposizione   contenuta   all'art.   6,   comma    3,    e'
incostituzionale anche sotto un diverso profilo,  in  particolare  in
quanto risulta invasiva della potesta' legislativa esclusiva  statale
in materia di tutela del paesaggio. 
    La norma censurata, infatti, dopo aver abrogato, al comma  1,  la
disposizione (art. 5, comma 1, lettera g, della  legge  regionale  n.
49/2009) che prevedeva l'esclusione degli  ampliamenti  previsti  dal
piano casa  del  2009  per  gli  interventi  edilizi  «ricadenti  nel
territorio  del  Parco  nazionale  delle  Cinque  Terre,  del   Parco
regionale di Portofmo, del Parco naturale regionale di Portovenere  e
del Parco naturale regionale di Montemarcello Magra»,  stabilisce  la
possibilita' di applicare le agevolazioni previste dalla legge  anche
nel territorio  dei  parchi,  facendo  salvo  espressamente  solo  il
rilascio del nulla  osta  da  parte  degli  Enti  Parco,  senza  fare
menzione dell'autorizzazione paesaggistica prevista per i parchi - in
quanto soggetti a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 142, comma
1, lettera f), decreto legislativo n. 42/2004 - dall'art. 146,  comma
1, decreto legislativo n. 42/2004. Non  prevedendo  espressamente  la
necessita'  di  ottenere  l'autorizzazione   paesaggistica   per   la
realizzazione degli interventi edilizi in argomento, la  disposizione
regionale censurata contrasta le richiamate norme del Codice dei beni
culturali e del paesaggio e quindi viola l'art. 117, comma 2, lettera
s) della Costituzione, invadendo la  potesta'  legislativa  esclusiva
statale in materia di tutela del paesaggio. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 6, e dell'art. 8,
comma 4, della legge regionale 22 dicembre 2015, n. 22 per  contrasto
con  l'art.  97  e  con  l'art.  117,  comma  2,  lettera  s)   della
Costituzione. 
    L'art. 7, comma 6 (che modifica art. 6, comma 4, ultimo  periodo,
legge regionale n. 49/2009) e l'art. 8, comma 4 (che modifica  l'art.
7,  comma  4,  legge  regionale  n.  49/2009),  nel   prevedere   che
l'approvazione della variante da parte della Regione «e'  comprensiva
del   contestuale    rilascio    dell'autorizzazione    paesaggistica
regionale», contrastano con i principi generali in tema di  tipicita'
degli atti amministrativi (e, dunque, con l'art. 97  Cost.),  poiche'
attribuiscono alla variante il potere di  incidere  sugli  effetti  e
sull'ambito applicativo di un  altro  e  diverso  atto  autorizzativo
(l'autorizzazione paesaggistica), introducendo un atto (atipico)  che
appare del tutto estraneo al sistema del diritto amministrativo  (gli
atti di approvazione delle varianti sono atti a contenuto generale  -
attenendo a strumenti di pianificazione dei quali, dunque,  condivide
la  natura  giuridica  -  regolati   da   presupposti   e   procedure
differenti). 
    Inoltre, le disposizioni censurate,  introducendo  una  sorta  di
«nuova» e  «atipica»  figura  di  autorizzazione  paesaggistica,  non
prevista dal Codice dei beni culturali e  del  paesaggio  di  cui  al
decreto legislativo n. 42/2004, contrastano  con  la  Parte  III  del
suddetto Codice relativa ai beni paesaggistici e, in particolare, con
l'art.  146,  comma   4,   che   stabilisce   che   «L'autorizzazione
paesaggistica costituisce atto autonomo  e  presupposto  rispetto  al
permesso di costruire o agli altri titoli  legittimanti  l'intervento
urbanistico-edilizio». Pertanto, violano l'art. 117, comma 2, lettera
s),  della  Costituzione,  che  riserva  allo   Stato   la   potesta'
legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio. 
    Le censure sopra riportate devono essere considerate  anche  alla
luce della natura straordinaria del «piano casa»,  infatti  le  norme
regionali  in  esame,  consentendo  di   realizzare   interventi   di
ampliamento  degli  edifici  esistenti  in  deroga   agli   strumenti
urbanistici, «fino all'inserimento  nel  piano  urbanistico  comunale
vigente o nel piano urbanistico comunale da adottare», potrebbe porsi
in  contraddizione  con  il  principio  della  vincolativita'   degli
strumenti urbanistici (art. 4,  legge  n.  1150/1942),  al  quale  e'
possibile derogare solo in via eccezionale e straordinaria nei limiti
previsti dall'art. 5, comma 9, del decreto-legge  n.  70/2011.  Anche
laddove  fosse   fatta   salva   la   necessita'   della   preventiva
autorizzazione  paesaggistica  per  ciascun  intervento   progettato,
dunque, l'estensione  delle  ulteriori  agevolazioni  previste  dalla
legge in esame senza limiti temporali  alle  aree  naturali  protette
(sottoposte a vincolo paesaggistico ex lege), potrebbe determinare un
abbassamento del livello di tutela del paesaggio, con la possibilita'
concreta di ulteriore edificazione in ambiti territoriali  di  pregio
paesaggistico,   tale   da   compromettere   gravemente   i    valori
paesaggistici protetti. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Per tutte le esposte ragioni, la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri come sopra rappresentata  e  difesa  conclude  affinche'  la
Corte costituzionale voglia accogliere  il  presente  ricorso  e  per
l'effetto  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  delle  norme
della legge della Regione Liguria 22 dicembre 2015, n. 22 in epigrafe
elencate  e  nel  presente   atto   specificamente   censurate,   per
l'accertato loro contrasto con l'art. 97 e con l'art. 117, comma 1, e
comma 2 lettera s), della Costituzione. 
 
      Roma, 19 febbraio 2016 
 
                L'Avvocato dello Stato: Marco Corsini