N. 45 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 agosto 2015

Ordinanza del 3 agosto 2015 del  Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto  da  Soc.  Est  Italia  Srl  contro
Ministero dello sviluppo  economico,  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, GSE - Soc. Gestore dei servizi energetici Spa.. 
 
Energia - Interventi  sulle  tariffe  incentivanti  dell'elettricita'
  prodotta da impianti fotovoltaici - Previsione, a decorrere dal  1°
  gennaio 2015, che la tariffa incentivante  per  l'energia  prodotta
  dagli  impianti  di  potenza  nominale  superiore  a  200   KW   e'
  rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base di  una  delle  tre
  opzioni indicate nel decreto-legge censurato. 
- Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni  urgenti  per  il
  settore  agricolo,  la  tutela   ambientale   e   l'efficientamento
  energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio  e
  lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle
  tariffe  elettriche,  nonche'  per  la  definizione  immediata   di
  adempimenti derivanti dalla  normativa  europea),  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, art.  26,  comma
  3. 
(GU n.10 del 9-3-2016 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    Ha pronunciato la presente  ordinanza  sul  ricorso  di  registro
generale n. 14291 del 2014, integrato da  motivi  aggiunti,  proposto
da: «Soc Est  Italia  S.r.l.»,  rappresentato  e  difeso  dall'avvedi
Saverio Sticchi Damiani, con domicilio  eletto  presso  Maria  Grazia
Perulli in Roma, via Federico Rosazza n. 32, contro  Ministero  dello
sviluppo  economico,   Presidenza   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentati e difesi  per  legge  dall'Avvocatura,  domiciliata  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12; Soc. Gestore dei  servizi  energetici
GSE S.p.a.; per l'annullamento, previa sospensiva: 
        a) del decreto del Ministro dello sviluppo economico  del  17
ottobre 2014, recante «Modalita' per la rimodulazione  delle  tariffe
incentivanti   per   l'energia   elettrica   prodotta   da   impianti
fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26, comma  3,  lettera  b)  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11  agosto  2014,  n.  116»,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale - serie generale - n. 248 del 24 ottobre 2014, mediante  il
quale  sono  stati  individuati  i  criteri  e  le   percentuali   di
rimodulazione degli incentivi  per  l'energia  prodotta  da  impianti
fotovoltaici; 
        b) il correlativo accertamento del diritto della ricorrente a
non esercitare alcuna delle tre opzioni di  riduzione  dell'incentivo
riconosciuto per la  produzione  di  energia  elettrica  da  impianto
solare fotovoltaico, previste dall'art. 26, comma 3, lettere a), b) e
c),  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, e a conservare  le
condizioni contrattuali stabilite nelle Convenzioni stipulate con  il
G.S.E., senza che quest'ultimo possa applicare l'opzione c) nel  caso
in cui la  ricorrente  non  eserciti,  entro  il  30  novembre  2014,
l'opzione  di  scelta  fra  una  delle   alternative   di   riduzione
dell'incentivo riconosciuto per la produzione di energia elettrica da
impianto  solare  fotovoltaico,  stabilite  dall'art.  26,  comma  3,
lettere a), b) e c), del medesimo atto normativo. 
    Per il risarcimento dei danni subiti  e  subendi  dalla  societa'
ricorrente, da determinarsi in corso  di  causa  o  da  quantificarsi
anche in via equitativa dal Collegio; 
        c) con atto di motivi aggiunti  delle  «Istruzioni  operative
per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli  impianti
foto  voltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della  legge  n.  116/2014
(cosiddetto  legge  «Competitivita'»),  pubblicate  dal  G.S.E.   sul
proprio sito Internet in data 3 novembre 2014; 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  dello
sviluppo economico e di Presidenza del Consiglio dei ministri; 
    Relatore nell'udienza  pubblica  del  giorno  19  marzo  2015  la
dott.ssa Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale; 
 
                              In fatto 
 
    L'odierna ricorrente e' proprietaria di un impianto di produzione
di energia elettrica da fonte fotovoltaica della potenza nominale  di
7,56 MW, ubicato in territorio del  comune  di  Torre  Santa  Susanna
(Brindisi), giusta autorizzazione  unica  n.  504/2009,  che  fruisce
delle tariffe  incentivanti  riconosciute  in  base  all'art.  7  del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e  all'art.  25,  comma
10, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. 
    In particolare, l'impianto in  questione  e'  suddiviso  in  otto
sottocampi   i   quali   usufruiscono   delle   menzionate    tariffe
incentivanti, in virtu' di otto apposite convenzioni stipulate con il
GSE, una per ciascun sottocampo, di cui sette in data 19 marzo 2012 e
una in data 22 marzo 2012 per una tariffa riconosciuta ai  sensi  del
decreto ministeriale 19 febbraio 2007 (Secondo conto energia) e della
delibera dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas n.  90/2007,
pari a 0,3460 €/kWh. 
    Con ricorso e con i successivi motivi aggiunti la  societa'  «Est
Italia S.r.l.» ha chiesto l'annullamento delle «Istruzioni  operative
per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli  impianti
fotovoltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della  legge   n.   116/2014
(cosiddetto «Legge competitivita'»)» emanate dal GSE e pubblicate sul
relativo sito Internet in data 3 novembre 2014; nonche'  del  decreto
del Ministro dello sviluppo economico del 17  ottobre  2014,  recante
«Modalita'  per  la  rimodulazione  delle  tariffe  incentivanti  per
l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in  attuazione
dell'art. 26, comma 3, lettera b) del decreto-legge 24  giugno  2014,
n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014,  n.
116, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale  -  n.  248
del 24 ottobre 2014 e delle relative tabelle redatte e pubblicate dal
GSE; ha inoltre chiesto l'accertamento del diritto di non  esercitare
alcuna delle tre  opzioni  di  rimodulazione  dell'incentivo  per  la
produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall'art.  26,
comma terzo, lettere a), b) e  c)  decreto-legge  n.  91/2014,  e  la
condanna delle parti resistenti al risarcimento dei danni. 
    Esposti gli argomenti a sostegno dell'ammissibilita'  dell'azione
di  accertamento   e   illustrata   la   natura   provvedimentale   e
autoapplicativa dell'art. 26,  comma  3,  decreto-legge  n.  91/2014,
parte ricorrente ha  denunciato  l'illegittimita'  costituzionale  di
questa disposizione per contrasto con gli articoli 3 e 41 Cost.; 11 e
117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 1 Prot.  addiz.  CEDU;
11  e  117,  primo  comma,  Cost.,   in   relazione   agli   obblighi
internazionali   derivanti   dal   Trattato   sulla   Carta   europea
dell'energia; 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione ai contenuti
della direttiva 2009/28/CE (conss. 14 e 25 e articoli 23 e 24 decreto
legislativo n. 28/2011); 77 Cost. 
    Il  Ministero  dello  sviluppo  economico  e  la  Presidenza  del
Consiglio dei  ministri,  costituitisi  con  atto  depositato  il  1°
dicembre 2014, hanno  eccepito  l'inammissibilita'  delle  domande  e
concluso per la reiezione del gravame. 
    All'udienza pubblica del 19 marzo 2015, in vista della  quale  le
parti resistenti hanno  depositato  memorie,  il  giudizio  e'  stato
discusso e trattenuto in decisione. 
 
                             In diritto 
 
    Con separata sentenza non  definitiva,  decisa  in  pari  data  e
pubblicata, sono state respinte le eccezioni di rito sollevate  dalle
parti resistenti e sono state disattese alcune questioni  prospettate
dalla parte ricorrente. 
    Per  la  disamina  delle  rimanenti   doglianze   e'   necessario
sottoporre in via pregiudiziale l'art. 26, comma 3, decreto-legge  n.
91/2014 al giudizio della Corte  costituzionale,  secondo  quanto  si
passa a dire (nei numeri da 1 a 3 si  dara'  conto  del  contesto  di
riferimento, nel n. 4 della rilevanza e infine, nel n.  5  della  non
manifesta infondatezza). 
    1. Quadro normativo relativo all'incentivazione della  produzione
elettrica da fonte solare. 
    1.1. Le direttive europee. 
    La produzione  di  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  e'
obiettivo rilevante delle politiche energetiche e ambientali europee. 
    Essa trova collocazione nel contesto di favore sancito a  livello
internazionale dal Protocollo di Kyoto (Protocollo  alla  Convenzione
quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, fatto  a  Kyoto
l'11 dicembre 1997,  di  cui  e'  stata  autorizzata  la  ratifica  e
disposta l'esecuzione con legge 1° giugno 2002, n.  120;  cfr.  anche
art. 11, comma 5,  decreto  legislativo  n.  79/1999  nella  versione
anteriore  alle  modificazioni  di  cui  al  decreto  legislativo  n.
28/2011; in Europa, il protocollo e' stato  approvato  con  decisione
del Consiglio 2002/358/CE  del  25  aprile  2002),  il  cui  art.  2,
paragrafo 1, lettera a), del Protocollo impegna le parti  contraenti,
«nell'adempiere  agli  impegni  di  limitazione  quantificata  e   di
riduzione delle emissioni [...], al fine di  promuovere  lo  sviluppo
sostenibile», ad  applicare  o  elaborare  «politiche  e  misure,  in
conformita' con la sua situazione nazionale, come: [...] iv) Ricerca,
promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione  di  forme  energetiche
rinnovabili [...]». 
    Con la direttiva n. 2001/77/CE  (sulla  «Promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno  dell'elettricita'»)  il  legislatore  europeo,  riconosciuta
«[...] la necessita'  di  promuovere  in  via  prioritaria  le  fonti
energetiche   rinnovabili,   poiche'   queste   contribuiscono   alla
protezione  dell'ambiente  e  allo  sviluppo  sostenibile»,   potendo
«inoltre creare occupazione locale, avere un impatto  positivo  sulla
coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti
e permettere di conseguire piu' rapidamente gli obiettivi  di  Kyoto»
(cons. 1, che sottolinea ulteriormente la necessita' di «garantire un
migliore sfruttamento di questo potenziale  nell'ambito  del  mercato
interno  dell'elettricita'»),  ha  affermato  chiaramente   che   «la
promozione   dell'elettricita'   prodotta   da   fonti    energetiche
rinnovabili e' un obiettivo altamente  prioritario  a  livello  della
Comunita'  [...]»  (cons.  2;  come  tale,  essa  costituisce  «parte
importante del pacchetto di  misure  necessarie  per  conformarsi  al
protocollo di Kyoto [...]») e ha ritenuto di  intervenire  attraverso
l'assegnazione agli Stati membri di «obiettivi  indicativi  nazionali
di  consumo   di   elettricita'   prodotta   da   fonti   energetiche
rinnovabili», con  riserva  di  proporre  «obiettivi  vincolanti»  in
ragione dell'eventuale progresso rispetto  all'«obiettivo  indicativo
globale» del 12% del consumo interno lordo di energia nel 2010 (cons.
7), ferma la possibilita' per ciascuno Stato  membro  di  individuare
«il regime piu' rispondente alla sua particolare situazione»  per  il
raggiungimento degli «obiettivi generali dell'intervento» (cons. 23). 
    Cio' al dichiarato fine di «garantire una  maggiore  penetrazione
sul mercato, a medio  termine  dell'elettricita'  prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili» e ribadendo «gli impegni  nazionali  assunti
nel contesto degli  obblighi  in  materia  di  cambiamenti  climatici
contratti dalla Comunita' a titolo del protocollo di  Kyoto»  (conss.
numeri 5 e 6). 
    In  coerenza  con  tali  premesse,  la   direttiva   2001/77   ha
individuato all'art. 3 i menzionati «obiettivi indicativi  nazionali»
e ha  conferito  agli  Stati  membri  la  possibilita'  di  stabilire
specifici «regimi di sostegno», demandando alla Commissione: 
        al paragrafo 1,  la  valutazione  della  coerenza  di  questi
ultimi con i principi in materia di aiuti di Stato (articoli 87 e  88
Trattato CE, oggi articoli 107 e 108 Trattato UE), «tenendo conto che
essi  contribuiscono  a  perseguire  gli  obiettivi  stabiliti  negli
articoli 6 e 174 del Trattato» (si tratta  delle  disposizioni  sulla
tutela dell'ambiente e sulla politica ambientale; cfr. oggi  articoli
11 e 191 Trattato UE); 
        al paragrafo 2, la presentazione di una relazione  (entro  il
27 ottobre 2005) sull'esperienza maturata (e sul «successo,  compreso
il  rapporto  costo-efficacia,  dei  regimi  di  sostegno  [...]  nel
promuovere il consumo di elettricita' prodotta da  fonti  energetiche
rinnovabili in conformita' con  gli  obiettivi  indicativi  nazionali
[...]) e di un'eventuale «proposta relativa a un quadro  comunitario»
per i regimi di sostegno tale da: 
          «a)   contribuire   al   raggiungimento   degli   obiettivi
indicativi nazionali; 
          b) essere compatibile con i principi  del  mercato  interno
dell'elettricita'; 
          c) tener conto delle caratteristiche  delle  diverse  fonti
energetiche rinnovabili, nonche' delle  diverse  tecnologie  e  delle
differenze geografiche; 
          d) promuovere efficacemente l'uso delle  fonti  energetiche
rinnovabili, essere semplice e al tempo stesso per  quanto  possibile
efficiente, particolarmente in termini di costi; 
          e) prevedere per i regimi nazionali di sostegno periodi  di
transizione sufficienti di almeno sette anni e mantenere  la  fiducia
degli investitori». 
    La direttiva n. 2009/28/CE («Promozione dell'uso dell'energia  da
fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva  abrogazione  delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE»)  compie  l'annunciato  cambio  di
passo,  avendo  il  legislatore  comunitario  ritenuto  di  procedere
attraverso l'indicazione agli Stati membri  di  «obiettivi  nazionali
obbligatori» per il raggiungimento  di  una  quota  pari  al  20%  di
consumo di energia entro il 2020 (cons. 13);  tali  obiettivi  hanno,
come precisato al cons. 14,  la  «principale  finalita'»  di  «creare
certezza per gli investitori nonche' stimolare lo  sviluppo  costante
di tecnologie capaci di generare energia a partire da  ogni  tipo  di
fonte rinnovabile. [...]». 
    In questa nuova prospettiva - e  ravvisata  la  necessita',  alla
luce delle diverse  condizioni  iniziali,  di  «tradurre  l'obiettivo
complessivo comunitario del 20% in  obiettivi  individuali  per  ogni
Stato membro, procedendo ad  un'allocazione  giusta  e  adeguata  che
tenga conto della diversa situazione di partenza e delle possibilita'
degli Stati membri, ivi compreso il livello attuale  dell'energia  da
fonti rinnovabili e il  mix  energetico»  (cons.  15),  la  direttiva
prende  specificamente  in  considerazione  i  regimi   di   sostegno
nazionali. 
    Segnatamente, il cons. 25 (nel rilevare  che  «gli  Stati  membri
hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile e  diversi
regimi  di  sostegno  all'energia  da  fonti  rinnovabili  a  livello
nazionale», che la maggioranza di essi «applica  regimi  di  sostegno
che accordano sussidi solo all'energia da fonti rinnovabili  prodotta
sul loro territorio» e che «per il corretto funzionamento dei  regimi
di sostegno nazionali e' essenziale  che  gli  Stati  membri  possano
controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi  in  funzione
dei loro diversi potenziali») riconosce che «uno strumento importante
per raggiungere l'obiettivo fissato dalla presente direttiva consiste
nel garantire  il  corretto  funzionamento  dei  regimi  di  sostegno
nazionali, come previsto  dalla  direttiva  2001/77/CE,  al  fine  di
mantenere la fiducia degli investitori e permettere agli Stati membri
di elaborare misure nazionali efficaci per  conformarsi  al  suddetto
obiettivo [...]» (cio' anche in vista del coordinamento tra le misure
di «sostegno transfrontaliero all'energia da fonti rinnovabili»  e  i
regimi di sostegno nazionale). 
    L'art.  3  individua  pertanto  gli  «obiettivi  e  [le]   misure
nazionali  generali  obbligatori  per  l'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili» (quello per  l'Italia  e'  pari  al  17%;  cfr.  tabella
allegato I, parte A) e rimarca la possibilita' per gli  Stati  membri
di utilizzare, tra l'altro, i regimi di sostegno (par.  3),  definiti
dal precedente art. 2, paragrafo 2, lettera k), nei seguenti termini:
«strumento, regime o meccanismo  applicato  da  uno  Stato  membro  o
gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l'uso  delle  energie  da
fonti rinnovabili riducendone i costi,  aumentando  i  prezzi  a  cui
possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia
di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato  di  dette
energie. Cio' comprende, ma non in via esclusiva, le sovvenzioni agli
investimenti, le esenzioni o  gli  sgravi  fiscali,  le  restituzioni
d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo  in  materia  di  energie
rinnovabili, compresi quelli che usano certificati verdi, e i  regimi
di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto
e le sovvenzioni». 
    1.2. Il recepimento delle direttive in Italia: i cosiddetti conti
energia. 
    1.2.1. La direttiva 2001/77 e'  stata  recepita  con  il  decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che in attuazione della  delega
di cui all'art. 43 legge 1° marzo  2002,  n.  39  (legge  comunitaria
2001), ha offerto il quadro di riferimento generale per la promozione
delle «fonti energetiche rinnovabili o fonti  rinnovabili»  (art.  1,
comma 1, lettera a), introducendo varie misure incentivanti. 
    Per quel che oggi rileva, la produzione di energia  elettrica  da
fonte solare e' specificamente presa in  considerazione  dall'art.  7
(«Disposizioni specifiche per il solare»), che ha demandato a «uno  o
piu'  decreti»  interministeriali  (del  Ministro   delle   attivita'
produttive, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei
«criteri» di incentivazione (comma 1). 
    La delega all'autorita' governativa e' assai ampia. 
    La disposizione sancisce infatti (comma 2, lettere da a) a g) che
detti «criteri» stabiliscano («senza  oneri  per  il  bilancio  dello
Stato e nel rispetto della normativa comunitaria vigente»): 
        a)  «i  requisiti  dei  soggetti  che   possono   beneficiare
dell'incentivazione»; 
        b)  «i  requisiti  tecnici  minimi  dei  componenti  e  degli
impianti»; 
        c) «le condizioni per  la  cumulabilita'  dell'incentivazione
con altri incentivi»; 
        d)   le   modalita'   per   la   determinazione    dell'entit
dell'incentivazione. Per l'elettricita' prodotta mediante conversione
fotovoltaica della  fonte  solare  prevedono  una  specifica  tariffa
incentivante, di importo decrescente e di durata  tali  da  garantire
una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio»; 
        e) «un obiettivo della potenza nominale da installare»; 
        f) «il limite massimo della potenza elettrica  cumulativa  di
tutti gli impianti che possono ottenere l'incentivazione»; 
        g) l'eventuale «utilizzo dei certificati verdi» ex  art.  11,
comma 3, decreto legislativo n. 79/1999 (enf. agg.). 
    I decreti ministeriali adottati in base a detto art. 7 sono  noti
con la denominazione di  «conti  energia»  e  sono  identificati  con
numero ordinale  progressivo  in  relazione  alle  versioni  via  via
succedutesi: 
        primo conto (decreti ministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio
2006, recanti distinzione delle tariffe  in  relazione  alla  potenza
nominale, se superiore o non a 20 kW; le «tariffe  decrescenti»  sono
stabilite in dipendenza dell'anno in cui la domanda di incentivazione
e' presentata); 
        secondo conto (decreto ministeriale  19  febbraio  2007,  che
introduce  ulteriori  incentivazioni  per  gli   impianti   integrati
architettonicamente  e  un  premio  per  quelli  abbinati  a  un  uso
efficiente dell'energia); 
        terzo conto (decreto ministeriale 6 agosto  2010,  nelle  cui
premesse  si  ravvisa  la  necessita'  di  «intervenire  al  fine  di
aggiornare  le  tariffe  incentivanti,  alla  luce   della   positiva
decrescita dei  costi  della  tecnologia  fotovoltaica,  al  fine  di
rispettare il principio di equa remunerazione dei costi» ex  art.  7,
decreto legislativo n. 387 del 2003 e «di stimolare  l'innovazione  e
l'ulteriore riduzione dei costi», revisione delle tariffe da  attuare
«tramite una progressiva diminuzione [di dette tariffe]  che,  da  un
lato, miri ad un allineamento graduale verso gli attuali costi  delle
tecnologie e che, dall'altro,  mantenga  stabilita'  e  certezza  sul
mercato»). 
    In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione
e' stabilita in venti anni,  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in
esercizio dell'impianto (cfr. articoli 5, comma 2, e 6, commi 2 e  3,
decreto ministeriale 28 luglio 2005, art. 6 decreto  ministeriale  19
febbraio 2007, che precisa come il valore della tariffa sia «costante
in moneta corrente» per tutto il periodo ventennale; articoli 8, 12 e
14 decreto ministeriale 6 agosto 2010). 
    1.2.2. La direttiva 2009/28 e'  stata  recepita  con  il  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in attuazione della  delega  di  cui
all'art. 17, comma 1, legge 4 giugno 2010, n. 96  (legge  comunitaria
2009). 
    Individuate all'art. 1 le «finalita'» («il presente  decreto,  in
attuazione della direttiva 2009/28/CE  e  nel  rispetto  dei  criteri
stabiliti dalla legge 4 giugno 2010, n. 96, definisce gli  strumenti,
i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario  e
giuridico, necessari per il raggiungimento degli  obiettivi  fino  al
2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti  rinnovabili
sul consumo finale lordo di energia e di quota di  energia  da  fonti
rinnovabili  nei  trasporti.  [...]»),  l'art.   3   stabilisce   gli
«obiettivi nazionali», prevedendo, per quanto  qui  rileva,  che  «la
quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo  finale
lordo di energia da conseguire nel 2020  e'  pari  a  17  per  cento»
(comma 1), obiettivo da perseguire «con  una  progressione  temporale
coerente con le indicazioni dei Piani  di  azione  nazionali  per  le
energie rinnovabili predisposti ai sensi dell'art. 4 della  direttiva
2009/28/CE» (comma 3). 
    Ai regimi di sostegno e' dedicato il titolo V,  aperto  dall'art.
23 sui «principi generali» - capo I, ai sensi del quale: 
    «1. Il presente titolo ridefinisce la disciplina  dei  regimi  di
sostegno  applicati  all'energia  prodotta  da  fonti  rinnovabili  e
all'efficienza energetica attraverso il riordino ed il  potenziamento
dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce
un quadro generale volto alla promozione della produzione di  energia
da fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in misura  adeguata
al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art.  3,  attraverso  la
predisposizione di criteri e strumenti  che  promuovano  l'efficacia,
l'efficienza, la  semplificazione  e  la  stabilita'  nel  tempo  dei
sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo  l'armonizzazione
con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione  degli  oneri
di sostegno specifici in capo ai consumatori. 
    2. Costituiscono ulteriori principi generali  dell'intervento  di
riordino  e  di  potenziamento  dei  sistemi  di  incentivazioni   la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.». 
    Il capo II (articoli da  24  a  26)  concerne  specificamente  la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. 
    L'art. 24  delinea  i  «meccanismi  di  incentivazione»  per  gli
impianti che entrino in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 (comma 1),
individuando  al  comma  2,  tra  gli  altri,  i  seguenti   «criteri
generali»: 
        «a)  l'incentivo  ha  lo  scopo  di   assicurare   una   equa
remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; 
        b) il periodo di diritto  all'incentivo  e'  pari  alla  vita
media utile convenzionale delle specifiche tipologie  di  impianto  e
decorre dalla data di entrata in esercizio dello stesso; 
        c) l'incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto
e puo' tener conto del valore economico dell'energia prodotta; 
        d) gli incentivi sono assegnati tramite contratti di  diritto
privato fra il GSE e il soggetto  responsabile  dell'impianto,  sulla
base di  un  contratto-tipo  definito  dall'Autorita'  per  l'energia
elettrica e il gas, entro tre mesi dalla data di  entrata  in  vigore
del primo dei decreti di cui al comma 5; [...]». 
    L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo al comma 1 che
la produzione da impianti entrati in esercizio entro il  31  dicembre
2012 e' «incentivata con i meccanismi vigenti alla data di entrata in
vigore del presente  decreto,  con  i  correttivi  di  cui  ai  commi
successivi». 
    I commi 9 e 10 dettano i «correttivi» per gli impianti  da  fonte
solare, mentre il successivo comma 11,  lettera  b),  n.  3,  dispone
l'abrogazione, a far tempo dal 1° gennaio 2013, dell'art.  7  decreto
legislativo n. 387/2003 cit. «Fatti salvi i diritti acquisiti». 
    In particolare: 
        il comma 9 sancisce l'applicabilita' del terzo conto (decreto
ministeriale 6 agosto 2010  cit.)  «alla  produzione  degli  impianti
fotovoltaici «che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011»; 
        il comma  10,  per  gli  impianti  con  data  di  entrata  in
esercizio successiva al 1° giugno 2011- e fatte salve  le  previsioni
dell'art. 2-sexies, decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3  (convertito,
con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41), che  ha  esteso
l'operativita' del secondo conto agli impianti ultimati entro  il  31
dicembre 2010 purche' entrati in esercizio entro il 30 giugno 2011  -
ha demandato la disciplina  del  regime  incentivante  a  un  decreto
interministeriale (emanato dal Ministro dello sviluppo economico,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare, sentita la Conferenza unificata), da adottare sulla  base
dei seguenti principi: 
          «a)  determinazione  di  un  limite  annuale   di   potenza
elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere
le tariffe incentivanti; 
          b) determinazione delle tariffe incentivanti  tenuto  conto
della riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto  e
degli incentivi applicati negli Stati membri dell'Unione europea; 
          c)  previsione  di  tariffe   incentivanti   e   di   quote
differenziate sulla base della natura dell'area di sedime; 
          d) applicazione delle disposizioni dell'art. 7 del  decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]». 
    In attuazione del comma 10 cit. sono stati  adottati  gli  ultimi
due conti energia: 
        quarto conto (decreto ministeriale 5  maggio  2011),  di  cui
giova richiamare: l'art. 1, comma 2, secondo cui «[...]  il  presente
decreto  si  applica  agli  impianti  fotovoltaici  che  entrano   in
esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31  dicembre
2016, per un obiettivo indicativo di  potenza  installata  a  livello
nazionale di circa 23.000 MW, corrispondente ad un  costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro»;
nonche' l'art. 2, comma 3: «al raggiungimento del minore  dei  valori
di costo indicativo cumulato annuo di cui all'art. 1,  comma  2,  con
decreto del Ministro dello sviluppo  economico  di  concerto  con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,
sentita la Conferenza unificata, possono essere riviste le  modalita'
di incentivazione di cui al presente decreto, favorendo in ogni  caso
l'ulteriore sviluppo del settore»; 
        quinto conto (decreto ministeriale 5  luglio  2012),  il  cui
art. 1 prevede: 
          comma 1: che, in attuazione dell'art. 25, comma 10, cit. (e
tenuto conto di quanto stabilito dal quarto conto all'art.  2,  comma
3,  cit.),  esso  disciplina  le  modalita'  di  incentivazione   «da
applicarsi successivamente al raggiungimento di un  costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro»; 
          comma 2: che l'Autorita' per l'energia elettrica e  il  gas
(di seguito, Aeeg o anche Aeegsi) «[...] individua la data in cui  il
costo indicativo cumulato annuo degli incentivi  [...]  raggiunge  il
valore  di  6  miliardi  di  euro  l'anno»  (precisando  al  comma  3
l'applicabilita' delle modalita' incentivanti ivi  previste  «decorsi
quarantacinque  giorni  solari  dalla  data  di  pubblicazione  della
deliberazione di cui al comma»); 
          comma 5: che  lo  stesso  decreto  ministeriale  «cessa  di
applicarsi, in ogni caso, decorsi trenta giorni solari dalla data  di
raggiungimento di un costo indicativo cumulato  di  6,7  miliardi  di
euro l'anno» (data parimenti individuata dall'Aeeg). 
    L'Aeeg ha da ultimo dato atto del raggiungimento di  tale  «costo
indicativo cumulato annuo degli incentivi»: 
        i) al 12 luglio 2012, quanto al valore di 6 miliardi di  euro
l'anno, con conseguente applicazione delle modalita' incentivanti del
quinto conto a decorrere dal 27 agosto 2012» (deliberazione 12 luglio
2012, n. 292/2012/R/EFR, pubblicata in pari data  nel  sito  Internet
Aeeg); 
        ii) al 6 giugno 2013, quanto al valore  di  6,7  miliardi  di
euro l'anno, con conseguente  cessazione  degli  effetti  del  quinto
conto  al  6  luglio  2013   (deliberazione   6   giugno   2013,   n.
250/2013/R/EFR (pubblicata in pari data nel sito Internet Aeeg). 
    Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti  aventi  data
di entrata in esercizio successiva al 7 luglio 2013. 
    Giova infine precisare che anche il quarto  e  il  quinto  conto,
analogamente ai tre precedenti, stabiliscono in venti anni la  durata
dell'incentivazione (articoli 12, 16  e  18  decreto  ministeriale  5
maggio 2011; art. 5 decreto ministeriale 5 luglio 2012). 
    In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti,  i
vari conti energia hanno operato per i seguenti periodi: 
        primo conto: 19 settembre 2005-30 giugno 2006; 
        secondo conto: 13 aprile 2007-31 dicembre 2010 (ma vedi anche
il cit. art. 2-sexies, decreto-legge n. 3/2010); 
        terzo conto: 1° gennaio  2011-31  maggio  2011  (cinque  mesi
anziche' i tre anni originariamente previsti, ossia fino a  tutto  il
2013, sebbene con tariffe  inferiori  a  seconda  dell'annualita'  di
riferimento; cfr. articoli 1 e 8 decreto ministeriale 6 agosto 2010 e
art. 25, comma 9 decreto legislativo n. 28/2011); 
        quarto conto: 1° giugno 2011-26 agosto 2012; 
        quinto conto: 27 agosto 2012-6 luglio 2013. 
    Dal quadro normativo innanzi riportato si desume,  per  quel  che
rileva, che tutte le  incentivazioni  concesse  ai  sensi  dei  conti
energia hanno durata  ventennale  e  sono  di  importo  proporzionale
all'energia prodotta. 
    1.2.3. Quanto  allo  strumento  giuridico  per  l'erogazione  dei
benefici, l'art. 24, comma 2,  lettera  d),  decreto  legislativo  n.
28/2011 cit.,  ha  stabilito,  come  si  e'  visto,  che  le  tariffe
incentivanti siano assegnate «tramite contratti  di  diritto  privato
fra il GSE e il soggetto  responsabile  dell'impianto  [...]»,  sulla
base di un «contratto-tipo» definito dall'Aeeg (enf. agg.; gli schemi
di  «contratti-tipo»  predisposti  dal  GSE  per  l'erogazione  degli
incentivi previsti per gli impianti fotovoltaici sono stati approvati
dall'Autorita' con deliberazione 6 dicembre 2012, n.  516/2012/R/EFR,
pubblicata in pari data nel sito Internet istituzionale). 
    La disposizione, direttamente riferibile al quarto  e  al  quinto
conto, ha portata ricognitiva della situazione venutasi a determinare
durante la vigenza dei primi tre conti,  in  relazione  ai  quali  il
Gestore ha proceduto attraverso la stipulazione di «convenzioni»  con
i singoli fruitori (cfr.  in  proposito,  con  riferimento  al  terzo
conto, l'art. 13, allegato A, deliberazione Aeeg ARG/elt n.  181/2010
del 20 ottobre 2010, pubblicata sul sito Aeeg  il  25  ottobre  2010,
recante previsione della redazione di uno schema tipo di convenzione;
vedi anche, nello stesso senso, i richiami alle convenzioni dei primi
tre  conti  presenti  nel  «Manuale  utente  per  la   richiesta   di
trasferimento di titolarita'» del novembre 2014, pubblicato nel  sito
Internet del GSE). 
    Si tratta di atti aventi la medesima natura. 
    Tanto la «convenzione» quanto il  «contratto»  hanno  infatti  lo
scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto
responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei  rapporti
concessori,  nei  quali  accanto  al  provvedimento  di   concessione
l'amministrazione concedente e il privato  concessionario  concludono
un  contratto  (cosiddetto  accessivo)  per   la   disciplina   delle
rispettive obbligazioni. 
    1.3. Il contenzioso relativo al passaggio dal terzo al  quarto  e
dal quarto al quinto conto. 
    L'entrata  in  vigore  dell'art.  25,  commi  9  e  10,   decreto
legislativo n. 28/2011 e l'introduzione  del  quarto  conto  per  gli
impianti aventi data di entrata in esercizio successiva al 31  maggio
2011 ha dato origine a una serie di controversie aventi a oggetto, in
estrema sintesi, l'anticipata  cessazione  degli  effetti  del  terzo
conto. 
    A) Con piu' pronunce di  questa  sezione  i  ricorsi  sono  stati
respinti,  poiche',  per  quanto  oggi   interessa,   le   contestate
innovazioni riguardavano impianti non ancora  entrati  in  esercizio,
cio' avendo consentito di  escludere  una  posizione  di  affidamento
tutelabile (vedi, ex multis, sentenze  13  febbraio  2013,  n.  1578,
conf. in appello, 26 marzo 2013, nn. 3134, 3139, 3141, 3142, 3144;  2
aprile 2013, nn. 3274 e  3276,  confermate  da  Consiglio  di  Stato,
sezione VI, 8 agosto 2014, n. 4233, e, rispettivamente, n. 4234). 
    Piu' precisamente, e' stato affermato che la nuova disciplina non
avesse  «efficacia   retroattiva,   proponendosi   di   regolamentare
l'accesso ai relativi incentivi soltanto rispetto agli  impianti  che
ancora non ne fruiscano»,  atteso  che  «l'ammissione  al  regime  di
sostegno non sortisce dal possesso del titolo  amministrativo  idoneo
alla realizzazione dell'impianto  (titolo  che  pure  costituisce  un
requisito essenziale a questo fine),  ma  dall'entrata  in  esercizio
dell'impianto medesimo, vale a dire dalla sua effettiva realizzazione
e messa in opera». 
    Si e' in particolare affermato che  «il  decreto  legislativo  n.
28/2011  dispone  per  l'avvenire,   individuando   quale   discrimen
temporale  per  l'applicazione  delle  nuove  regole   l'entrata   in
esercizio al 31 maggio 2011 e disciplinando il  passaggio  al  Quarto
conto attraverso la previsione di tre periodi», il  primo,  inteso  a
consentire l'accesso agli incentivi di tutti gli impianti entrati  in
esercizio entro il 31 agosto 2011, al fine di tutelare  l'affidamento
degli operatori che avessero quasi ultimato  la  realizzazione  degli
impianti sotto  il  vigore  del  terzo  conto;  il  secondo,  dal  1°
settembre  2011  al  31  dicembre  2012,  in  cui  l'accesso  avviene
attraverso l'iscrizione nei registri; il terzo, a  regime,  dal  2013
sino alla cessazione del quarto conto. 
    Sicche', muovendo dalla considerazione che  la  peculiare  natura
dell'azione  pubblica  volta  alla  promozione,  per   finalita'   di
carattere generale, di uno specifico settore economico attraverso  la
destinazione di risorse pubbliche, non esclude di per se' che vi  sia
«un momento nel  quale  l'aspettativa  del  privato  si  consolida  e
acquisisce consistenza giuridica» e che tale momento vada individuato
«sulla  base  di  elementi  dotati  di  apprezzabile  certezza,  pena
l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione  di  possibili
discriminazioni»,    e'    stata    riconosciuta    la    correttezza
dell'individuazione di un «discrimen ancorato alla data di entrata in
esercizio dell'impianto», scelta da ritenere giustificata  alla  luce
delle caratteristiche del sistema  incentivante  in  esame,  «fondato
sulla distinzione tra la  (pur  complessa)  fase  di  predisposizione
dell'intervento impiantistico  e  quella  (altrettanto  se  non  piu'
complessa) di sua messa in opera. Ed  e'  a  questo  secondo  momento
(l'entrata in esercizio, appunto) che occorre rivolgere  l'attenzione
per individuare il fatto costitutivo del diritto alla percezione  dei
benefici, cio' che si spiega alla luce della generale  finalita'  del
regime di sostegno (produzione di energia  da  fonte  rinnovabile)  e
dell'esigenza,  a  tale  scopo   strumentale,   che   le   iniziative
imprenditoriali si traducano in azioni concrete ed effettive». 
    E' stato pertanto rilevato come  in  quelle  ipotesi  venisse  in
esame la posizione di soggetti che  intendevano  tutelare  «piu'  che
l'interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto  effetti
giuridicamente rilevanti [...], scelte imprenditoriali effettuate  in
un momento nel  quale  le  stesse,  a  loro  giudizio,  si  sarebbero
rivelate foriere di flussi reddituali positivi»,  non  risultando  in
concreto   ravvisabili   elementi   tali   da   deporre   nel   senso
dell'immutabilita'   del   contributo   pubblico   al   settore    in
considerazione. «Cio' in quanto le autorita' pubbliche hanno reputato
di ovviare a una  situazione  di  inefficienza  del  mercato  (market
failure) attraverso l'esplicazione di attribuzioni  rientranti  nella
loro sfera (e capacita' giuridica) di diritto pubblico, vale  a  dire
attraverso l'attivazione di specifici meccanismi  di  redistribuzione
delle risorse, individuati all'esito della consueta  ponderazione  di
tutti gli interessi in  rilievo,  ivi  inclusi  quelli  di  cui  sono
portatori,  ad  esempio,  gli  utenti  di  energia   elettrica   (che
attraverso la componente A3 della bolletta finanziano in larga misura
gli incentivi [...]) o anche i  produttori  da  fonti  convenzionali»
(questa sezione ha anche affrontato il  tema  della  copertura  degli
incentivi di competenza del GSE; cfr. sentenza  13  agosto  2012,  n.
7338). 
    E'  stata  inoltre  affrontata  la  questione,  dedotta  in  quei
giudizi, della lesione del principio del legittimo affidamento  e  di
quello, ad esso sotteso, della certezza del diritto. 
    Sotto questo profilo, e' stata richiamata la sentenza della Corte
di  giustizia  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,  Plantanol,
concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale
per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito: 
        i) per un verso, che il principio di certezza del diritto non
postula l'«assenza di modifiche legislative», richiedendo  «piuttosto
che il legislatore tenga conto  delle  situazioni  particolari  degli
operatori   economici   e   preveda,    eventualmente,    adattamenti
all'applicazione delle nuove norme giuridiche»  (punto  49);  e,  per
altro verso; 
        ii) che la possibilita' di far valere la tutela del legittimo
affidamento e' bensi' «prevista  per  ogni  operatore  economico  nel
quale   un'autorita'   nazionale   abbia   fatto   sorgere    fondate
aspettative», ma non «qualora  un  operatore  economico  prudente  ed
accorto sia in grado di  prevedere  l'adozione  di  un  provvedimento
idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui  il  provvedimento
venga  adottato);  in  tale  prospettiva,  inoltre,  «gli   operatori
economici  non  possono   fare   legittimamente   affidamento   sulla
conservazione di una situazione esistente che puo' essere  modificata
nell'ambito  del  potere  discrezionale  delle  autorita'  nazionali»
(punto 53),  spettando  al  giudice  nazionale,  in  una  valutazione
globale  e  in  concreto  delle  pertinenti   circostanze   fattuali,
stabilire se l'impresa ricorrente disponesse «come operatore prudente
e  accorto,  [...]  di  elementi  sufficienti  per   consentirle   di
aspettarsi che il regime di esenzione fiscale di cui  trattasi  fosse
abolito prima della data iniziale prevista per la sua scadenza»,  non
sussistendo - giova ribadire - preclusioni derivanti dai canoni della
certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento  (punti
67 e 68). 
    In riferimento al caso allora in esame, e' stata  in  particolare
esclusa la lesione degli anzidetti  principi  generali,  non  potendo
«dubitarsi della circostanza che il settore  del  fotovoltaico  abbia
subito negli anni piu' recenti notevoli modifiche  in  ragione  cosi'
dell'andamento  dei  costi  delle   componenti   impiantistiche   (in
particolare, per effetto della forte riduzione del costo dei pannelli
solari)  come  dell'aumento  progressivo  delle  potenze   installate
(elementi che  le  deduzioni  di  parte  ricorrente  non  riescono  a
confutare)». 
    Sicche',  evidenziati  gli   elementi   relativi   alla   notoria
evoluzione del comparto, si e' ritenuto che «un operatore "prudente e
accorto" fosse ben consapevole, oltre che dell'intrinseca mutevolezza
dei regimi di sostegno, delle modalita' con  cui  questi  sono  stati
declinati dalle autorita' pubbliche nazionali sin  dal  Primo  conto,
vale a dire: 
        a) con un orizzonte temporale assai limitato  (tanto  che  da
taluni e' stata  lamentata  questa  eccessiva  brevita'  rispetto  al
termine di sette anni  contenuto  nella  direttiva  2001/77/CE;  cfr.
sedicesimo considerando e art. 4, paragrafo 2, lettere e); 
        b) con ripetuti interventi a breve distanza di tempo (quattro
in soli cinque anni, dal luglio 2005 all'agosto 2010). 
    Con la finale  affermazione  che  «un  operatore  avveduto  fosse
senz'altro in grado di percepire le mutazioni del contesto  economico
di riferimento nonche' il prossimo raggiungimento della  grid  parity
degli impianti fotovoltaici rispetto a quelli convenzionali». 
    B) Il  Consiglio  di  Stato  ha  mostrato  di  condividere  detta
impostazione, riconoscendo che «la tutela del  legittimo  affidamento
e'   principio   connaturato   allo   Stato   di   diritto   sicche',
regolamentando contro di esso, il legislatore statale viola i  limiti
della discrezionalita' legislativa (Corte costituzionale, sentenze  9
luglio 2009, n. 206,  e  8  maggio  2007,  n.  156)»,  e  negando  in
particolare  che  nella  specie  fosse  ravvisabile   un   «legittimo
affidamento  tutelabile»,  posto  che   non   si   controverteva   su
«provvedimenti e diritti gia'  legittimamente  acquisiti  sulla  base
della normativa anteriore» e non era risultato che  l'amministrazione
pubblica avesse «orientato le societa' ricorrenti verso comportamenti
negoziali che altrimenti non avrebbero tenuto». 
    Ne' e' stata  riscontrata  la  sussistenza  di  «un  investimento
meritevole  di  essere   salvaguardato   perche'   la   rimodulazione
legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa  ma  conosciuta
dagli operatori (accorti) del  settore  come  in  itinere  (la  nuova
direttiva comunitaria e' infatti del 2009)». 
    Su tali basi, il Giudice d'appello ha ritenuto che mancassero  «i
fondamentali causali di un legittimo e ragionevole  affidamento,  non
essendo infatti intervenuta in vicenda nessuna inosservanza da  parte
della pubblica amministrazione statale della disciplina comunitaria e
nazionale  ovvero  alcuna  condotta,  omissiva   o   commissiva,   in
violazione di una specifica norma dalla  materia  di  settore  posta,
oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e
di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme  la  volonta'
di legge» (cosi' Consiglio di Stato, sezione V, 8  agosto  2014,  nn.
4233 e 4234). 
    Sempre  sulla  medesima  questione,  il  Consiglio  di  Stato   -
osservato che «l'incentivo sulla produzione ha il fine  di  stimolare
la  installazione  di  impianti  fotovoltaici  con  l'effetto  e   il
vantaggio di garantire, assieme alla copertura parallela (parziale  o
totale) dei propri consumi elettrici  e  alla  vendita  di  eventuali
surplus energetici prodotti da parte dell'impianto stesso, un  minore
tempo di recupero dei costi di impianto iniziale  di  investimento  e
successivo maggiore  guadagno  (specifica  tariffa  incentivante,  di
importo  decrescente  e  di  durata  tali  da  garantire   una   equa
remunerazione dei costi di  investimento  e  di  esercizio  ai  sensi
dell'art. 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003 su menzionato)» -
ha disatteso la prospettazione degli operatori sulla  portata  lesiva
delle innovazioni - in quanto «foriere di  effetti  deleteri  per  la
tutela degli investimenti gia'  programmati  sulla  base  del  quadro
normativo previgente (terzo conto  energia),  che  doveva  estendersi
fino a  tutto  il  2012»  -  reputando  manifestamente  infondate  le
questioni di legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme
del decreto  legislativo  n.  28/2011,  «dovendosi  ritenere  che  la
violazione del diritto alla  iniziativa  economica,  cosi'  come  dei
principi di buon andamento e di parita' di trattamento, si concretino
solo allorquando la  nuova  norma  incida  in  modo  peggiorativo  su
aspettative qualificate, gia' pervenute,  pero',  ad  un  livello  di
consolidamento   cosi'   elevato    da    creare    un    affidamento
costituzionalmente protetto alla conservazione di  quel  trattamento,
tale da prevalere su vincoli di bilancio e di buona amministrazione o
sulla  revisione  prevista   di   precedenti   politiche   economiche
pubbliche». 
    Cio' sul rilievo che la disciplina del quarto conto «non tocca le
iniziative gia' avviate (quelle per cui gli impianti sono entrati  in
esercizio al 31 maggio 2011) e introduce una ragionevole  distinzione
tra le diverse situazioni di fatto, operando  una  distinzione  sulla
base della data di entrata in esercizio degli impianti [...]» (cosi',
da ultimo, Consiglio di Stato, sezione V, 3 marzo 2015, n. 1043). 
    C) Giova anche ricordare  che  sulla  base  di  un'analoga  linea
argomentativa sono state respinte le  domande  di  alcuni  operatori,
destinatari degli incentivi del  quinto  conto,  dirette  a  ottenere
l'applicazione del quarto, con le precisazioni ulteriori: 
        dell'impossibilita'  di  invocare  le  tutela  dei   «diritti
quesiti» accordata dall'art. 25, comma  11,  decreto  legislativo  n.
28/2011, sul rilievo (tra l'altro)  della  circostanza  concreta  che
«nella specie, il diritto non era sorto» (pur essendo  «comprensibile
il rammarico del soggetto che, avviata un'attivita'  imprenditoriale,
si veda modificato il quadro delle agevolazioni su cui faceva conto»,
risultato tuttavia dipendente «dalla  restrizione  strutturale  delle
risorse  disponibili»  e  che  «non  essendo  ne'  irragionevole  ne'
imprevedibile alla luce della normativa [...], rappresenta un  evento
che va riportato al rischio di impresa, nel momento in cui  il  "boom
del  fotovoltaico"  si  e'  espresso  in  un  numero  di   iniziative
verosimilmente superiore a quello previsto dai  soggetti  pubblici  e
dagli stessi operatori privati del settore»); 
        dell'infondatezza    della    doglianza    prospettante    la
«retroattivita' della imposizione patrimoniale introdotta con  l'art.
10, comma 4, del decreto ministeriale 5 luglio 2012» a far tempo  dal
1° gennaio 2011 e a carico di  tutti  i  soggetti  beneficiari  delle
incentivazioni (ai fini della «copertura  degli  oneri  di  gestione,
verifica e controllo in capo al GSE»), in quanto «l'impianto era gia'
entrato in esercizio, ma esso non godeva ancora di  alcun  incentivo,
cosicche' sarebbe improprio dire che la norma vada  a  modificare  in
peggio  una  situazione  giuridica  consolidata»  (cosi',  ex  aliis,
Consiglio di Stato, sezione IV, 29 gennaio 2015, n. 420, confermativa
della sentenza di questa sezione 14 novembre 2013, n. 9749). 
    2. I successivi interventi del legislatore nazionale. 
    Sulla  situazione  dei  conti  energia   innanzi   descritta   e'
successivamente intervenuto il legislatore  nazionale,  dapprima  col
decreto-legge n. 145/2013 e poi col decreto-legge oggi in esame. 
    2.1.  Il  decreto-legge   n.   145/2013:   lo   «spalma-incentivi
volontario». 
    Il  decreto-legge  23   dicembre   2013,   n.   145,   cosiddetto
«Destinazione  Italia»  («Interventi  urgenti  di  avvio  del   piano
"Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e
del   gas,   per   l'internazionalizzazione,   lo   sviluppo   e   la
digitalizzazione delle imprese, nonche' misure per  la  realizzazione
di  opere  pubbliche  ed  Expo  2015»),  convertito  in  legge,   con
modificazioni, dalla legge 21  febbraio  2014,  n.  9  (decreto-legge
cosiddetto «Destinazione Italia»), all'art. 1, recante (tra  l'altro)
«disposizioni per la  riduzione  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche  [...]»,  introduce  -  oltre  alla  misura  relativa   ai
cosiddetti «prezzi minimi garantiti» (comma 2) per gli  impianti  che
possono  accedere  al   regime   del   cosiddetto   ritiro   dedicato
(consistente nell'obbligo del gestore di rete di  ritirare  a  prezzo
amministrato l'energia prodotta e immessa in rete, regime  riservato,
tra gli altri, all'energia elettrica prodotta da impianti  alimentati
a fonte solare), ivi inclusi quelli fotovoltaici  incentivati  con  i
conti energia dal primo al quarto (se non accedano, quanto  a  questi
ultimi, al regime di tariffa  onnicomprensiva)  -  un  meccanismo  di
rimodulazione degli incentivi «al fine di contenere l'onere annuo sui
prezzi e  sulle  tariffe  elettriche  degli  incentivi  alle  energie
rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel  medio-lungo
termine dagli esistenti impianti» (commi da  3  a  5),  tale  che  «i
produttori di energia elettrica  da  fonti  rinnovabili  titolari  di
impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma  di  certificati
verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio possono,  per  i
medesimi impianti, in misura alternativa: 
        a) continuare a godere del regime incentivante spettante  per
il periodo di diritto residuo [...]; 
        b) optare per  una  rimodulazione  dell'incentivo  spettante,
volta a valorizzare l'intera  vita  utile  dell'impianto»  e  con  un
incremento del periodo dell'incentivazione di sette anni. 
    Si tratta del  cosiddetto  «spalma-incentivi  volontario»  (cosi'
definito nella relazione illustrativa  al  disegno  decreto-legge  di
conversione del decreto-legge n. 91/2014, sub art. 23, A.S. n.  1541,
recante illustrazione dei principi ispiratori). 
    2.2.  Il   decreto-legge   n.   91/2014:   lo   «Spalma-incentivi
obbligatorio». 
    Da ultimo e' stato adottato il decreto-legge 24 giugno  2014,  n.
91,  cosiddetto  «Decreto  competitivita'»,   recante   «Disposizioni
urgenti  per  il   settore   agricolo,   la   tutela   ambientale   e
l'efficientamento    energetico    dell'edilizia     scolastica     e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea» (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 144  del  24  giugno
2014, in vigore  dal  25  giugno  2014),  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116 (in vigore  dal  21
agosto 2014). 
    L'art.  26  concerne  «Interventi  sulle   tariffe   incentivanti
dell'elettricita'   prodotta   da    impianti    fotovoltaici»    (la
disposizione, introdotta con il decreto-legge, e' stata profondamente
modificata nel corso dell'iter di conversione). 
    Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere  suddiviso  in
quattro parti. 
    A) Ambito applicativo e finalita' (comma 1). 
    «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi e  favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di  supporto  alle  energie  rinnovabili,  le  tariffe
incentivanti  sull'energia  elettrica  prodotta  da  impianti  solari
fotovoltaici, riconosciute in base all'art. 7 del decreto legislativo
29 dicembre 2003, n. 387,  e  all'art.  25,  comma  10,  del  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate  secondo  le  modalita'
previste dal presente articolo.». 
    L'intervento e' pertanto ispirato a due finalita' -  «ottimizzare
la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione  degli  incentivi»  e
«favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili» - e si rivolge ai soggetti che beneficiano delle
tariffe incentivanti riconosciute in base ai conti energia. 
    B) Modalita' di erogazione (comma 2). 
    «2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi
energetici S.p.a. eroga le tariffe incentivanti di cui  al  comma  1,
con rate mensili costanti, in misura  pari  al  90  per  cento  della
producibilita' media annua stimata  di  ciascun  impianto,  nell'anno
solare di produzione ed effettua il  conguaglio,  in  relazione  alla
produzione effettiva, entro il 30  giugno  dell'anno  successivo.  Le
modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla
pubblicazione del  presente  decreto  e  approvate  con  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico.». 
    La norma introduce, a decorrere dal 1° luglio 2014, un sistema di
erogazione  delle  tariffe   incentivanti   secondo   il   meccanismo
acconti-conguaglio (acconto pari al 90% della  «producibilita'  media
annua stimata  di  ciascun  impianto»  nell'anno  di  produzione,  da
versare in «rate mensili costanti», e in un «conguaglio» basato sulla
«produzione effettiva»  da  operare  entro  il  30  giugno  dell'anno
successivo a quello di produzione). 
    Al meccanismo e' stata data attuazione col  decreto  ministeriale
16 ottobre 2014 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  248  del  24
ottobre 2014). 
    C) Rimodulazione (comma 3). 
    «3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante  per
l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200
kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base  di  una  delle
seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014: 
        a)  la  tariffa  e'  erogata  per  un  periodo  di  24  anni,
decorrente  dall'entrata  in  esercizio   degli   impianti,   ed   e'
conseguentemente ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione
indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
        b) fermo restando il periodo  di  erogazione  ventennale,  la
tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; (116) 
        c) fermo restando il periodo  di  erogazione  ventennale,  la
tariffa  e'  ridotta  di   una   quota   percentuale   dell'incentivo
riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per
la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le  seguenti
quantita': 
          1) 6 per cento per gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
          2) 7 per cento per gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
          3) 8 per cento per gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 900 kW. 
    In assenza  di  comunicazione  da  parte  dell'operatore  il  GSE
applica l'opzione di cui alla lettera c).». 
    Il comma 3 delinea la disciplina sostanziale della  rimodulazione
(operativa dal 1° gennaio 2015). 
    L'ambito di applicazione e' piu' ristretto di quello  contemplato
dal comma 1. 
    Sono infatti presi in considerazione i soli «impianti di  potenza
nominale superiore a 200 kW». 
    L'art. 22-bis, comma 1, decreto-legge 12 settembre 2014,  n.  133
(convertito, con modificazioni, dalla  legge  11  novembre  2014,  n.
164), ha in seguito operato un'ulteriore restrizione, prevedendo  che
«le disposizioni di cui ai commi da 3  a  6»  dell'art.  26  «non  si
applicano agli impianti i cui soggetti responsabili erano [alla  data
di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge  n.
91/2014] enti locali o scuole». 
    La norma concede agli operatori la possibilita' di  optare  entro
il 30 novembre 2014 fra tre modalita' alternative di rimodulazione: 
        lettera a) estendere la durata dell'incentivazione sino a  24
anni, decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto. 
    In tal caso si applicano  le  riduzioni  indicate  nella  tabella
allegata al decreto-legge n. 91/2014 (allegato  2),  formulata  sulla
base   di   una   proporzione   inversa   tra    «periodo    residuo»
(dell'incentivazione) e «percentuale di riduzione»; essa e' suddivisa
in 8 scaglioni annuali, a partire da «12 anni», cui  corrisponde  una
riduzione del 25%, sino a «19 anni  e  oltre»,  cui  corrisponde  una
riduzione del 17%. 
    L'art. 26, comma 4, chiarisce che le riduzioni in questione,  ove
riferite alle cosiddetto «tariffe onnicomprensive» erogate  ai  sensi
del quarto e del quinto conto  «si  applicano  alla  sola  componente
incentivante [...]»; 
        lettera b) ferma la  durata  dell'incentivazione  (20  anni),
suddividerla in due «periodi»: «un primo periodo di fruizione  di  un
incentivo ridotto rispetto all'attuale»  e  «un  secondo  periodo  di
fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura». 
    Secondo   la   disposizione,   le   relative   percentuali    (di
rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro  il  1°  ottobre
2014 «in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti». 
    A tale  previsione  e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 17 ottobre 2014 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  n.
248 del 24 ottobre 2014, entrato in vigore il 25 ottobre;  cfr.  art.
2), che all'allegato 1 ha delineato il  procedimento  matematico  per
stabilire   l'entita'   della   rimodulazione   («riducendo   e   poi
incrementando gli incentivi vigenti, comprensivi di eventuali  premi»
ex art. 1, comma 1, e disponendo la pubblicazione sul  sito  Internet
del GSE delle «tabelle dei fattori  moltiplicativi  da  applicare  ai
previgenti incentivi per il  calcolo  dell'incentivo  rimodulato,  in
funzione del periodo residuo di diritto agli incentivi,  espresso  in
anni e mesi»; art. 1, comma 3); 
        lettera c) ferma la  durata  dell'incentivazione  (20  anni),
applicare una riduzione «dell'incentivo  riconosciuto  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, per  la  durata  residua  del
periodo  di  incentivazione»,  secondo  percentuali  determinate   in
relazione alla potenza (6% per  gli  impianti  con  potenza  nominale
maggiore di 200 e inferiore a 500  kW;  7%  per  quelli  con  potenza
superiore a 500 e inferiore a 900 kW; 8% per gli impianti con potenza
superiore a 900 kW). 
    In caso di mancato esercizio della  scelta,  la  legge  prescrive
l'applicazione   di   questa   terza   modalita'   (riduzione   secca
dell'incentivo). 
    D) Misure di «accompagnamento» (commi 5-12). 
    Un altro  blocco  di  disposizioni  introduce  alcune  misure  di
«accompagnamento»: 
    D.1) finanziamenti bancari (comma 5): 
        il «beneficiario della tariffa incentivante di cui ai commi 3
e 4 puo' accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari
alla differenza tra l'incentivo gia' spettante al 31 dicembre 2014  e
l'incentivo rimodulato»; 
        tali finanziamenti «possono  beneficiare,  cumulativamente  o
alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con  il  sistema
bancario, di provvista dedicata o di garanzia  concessa  dalla  Cassa
depositi e prestiti S.p.a. (CDP)»; 
        a sua volta, «l'esposizione di CDP e' garantita  dallo  Stato
[...] secondo criteri e modalita' stabiliti con decreto di natura non
regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze.». 
    A quest'ultima disposizione e' stata data attuazione col  decreto
ministeriale 29 dicembre 2014 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 22
gennaio 2015, n. 17). 
    Questo decreto, richiamate  le  comunicazioni  della  Commissione
europea sugli aiuti di Stato (con particolare  riferimento  a  quello
concessi sotto forma di garanzie), stabilisce, tra l'altro,  che  «e'
garantita dallo Stato l'esposizione» di CDP «rappresentata da crediti
connessi ad operazioni di provvista dedicata o  di  garanzia,  per  i
finanziamenti  bancari  a  favore  dei  beneficiari   della   tariffa
incentivante» ai sensi del menzionato art. 26, comma 5 (art. 1, comma
1) e che la garanzia dello Stato, «concessa a  titolo  oneroso  [...]
diretta, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta»  (art.  1,
comma 2), copre fino all'80% dell'ammontare: 
        «di ciascuna operazione finanziaria di  provvista  effettuata
da CDP a favore di banche, economicamente  e  finanziariamente  sane,
per l'erogazione dei finanziamenti [...]. Entro tale  limite  massimo
di copertura, la garanzia dello  Stato  copre  fino  all'80  percento
dell'ammontare dell'esposizione creditizia, comprensiva di capitale e
interessi, di CDP nei confronti della banca» (comma 3); 
        «di  ciascuna  garanzia  concessa  da  CDP   a   banche   sui
finanziamenti a favore di soggetti, economicamente e finanziariamente
sani, beneficiari della tariffa incentivante, di cui al  citato  art.
26, comma 5, del decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91.  Entro  il
predetto limite, la garanzia dello Stato copre fino  all'80  percento
della somma liquidata da CDP alla banca garantita» (comma 4). 
    L'art. 2 concerne la remunerazione della garanzia e  prevede  che
CDP effettui la  «valutazione  del  merito  di  credito  di  ciascuna
esposizione  garantita  dallo  Stato»,  mentre  l'art.  3  detta   le
procedure per l'escussione della garanzia e il recupero delle somme. 
    D.2) adeguamento della durata dei titoli (comma 6): 
        per il solo caso di scelta della opzione di sub  lettera  a),
«Le regioni e gli enti locali adeguano,  ciascuno  per  la  parte  di
competenza  e  ove  necessario,  alla  durata   dell'incentivo   come
rimodulata [...], la validita'  temporale  dei  permessi  rilasciati,
comunque denominati, per la costruzione e l'esercizio degli  impianti
fotovoltaici  ricadenti  nel  campo  di  applicazione  del   presente
articolo». 
    D.3) «acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13): 
        la  misura  concerne  tutti  «i  beneficiari   di   incentivi
pluriennali,  comunque  denominati,  per  la  produzione  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili» - non solo, dunque, i  produttori  da
energia  solare  -  i  quali  «possono  cedere  una  quota  di  detti
incentivi, fino ad un massimo dell'80 per  cento,  ad  un  acquirente
selezionato tra i primari operatori finanziari europei» (comma 7). 
    L'«acquirente selezionato» subentra ai beneficiari «nei diritti a
percepire gli  incentivi»,  «salva  la  prerogativa»  di  Aeggsi  «di
esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti» per
un importo definito dalla stessa disposizione  (comma  8:  «a  fronte
della corresponsione di un importo pari alla rata  annuale  costante,
calcolata sulla base di  un  tasso  di  interesse  T,  corrispondente
all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per  l'acquisto  dei
diritti di un arco temporale analogo a  quello  riconosciuto  per  la
percezione degli incentivi»). 
    La norma demanda poi all'Aeegsi: 
        i) la definizione (entro il 19 novembre 2014) delle  inerenti
modalita' attuative, attraverso un complesso sistema per gli acquisti
e la cessione delle quote (comma 9); 
        ii) la destinazione «a riduzione della  componente  A3  degli
oneri di sistema», «nel rispetto di specifici indirizzi» dettati  con
decreto  del  Ministro  dello  sviluppo  economico,   dell'«eventuale
differenza  tra  il  costo  annuale   degli   incentivi»   acquistati
dall'acquirente selezionato e l'importo annuale determinato ai  sensi
del comma 8. 
    L'art. 26 prevede ancora: 
        al comma 12, che «alle quote di  incentivi  cedute  ai  sensi
delle disposizioni di cui al comma 9 non si  applicano,  a  decorrere
dalla data di cessione, le misure di rimodulazione di  cui  al  comma
3»; 
        al comma 13, che «l'efficacia delle disposizioni  di  cui  ai
commi da 7 a 12 e' subordinata alla verifica da parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    D.4) Infine, con il  comma  11  viene  demandato  al  Governo  di
«assumere  ogni  iniziativa  utile  a  dare  piena  esecuzione   alle
disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con  il
sistema bancario per semplificare il recesso totale  o  parziale  dei
soggetti  beneficiari  di  incentivi  pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati». 
    Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato  nel  proprio
sito istituzionale le «Istruzioni operative per gli interventi  sulle
tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici» (con data 3
novembre 2014), recanti precisazioni sulle modalita' di  applicazione
del nuovo meccanismo. 
    3. Gli effetti dell'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014. 
    Le previsioni dell'art. 26, comma  3,  incidono  sugli  incentivi
percepiti dai titolari degli  impianti  fotovoltaici  aventi  potenza
superiore a 200 kW in base alle convenzioni stipulate con il  GSE  in
attuazione dei vari conti energia. 
    Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari
della  norma  costituisce  una  percentuale  ridotta   dei   soggetti
percettori dei benefici (cfr. i dati pubblicati dal GSE  nel  proprio
sito  istituzionale  nonche',  in  riferimento  all'anno   2013,   il
«rapporto relativo all'attivita' svolta e ai risultati conseguiti»  a
seguito dell'applicazione dei conti energia, redatto e pubblicato  ai
sensi dell'art. 14, comma 1, decreto ministeriale 5 luglio 2012). 
    Sotto il profilo oggettivo, occorre precisare che ciascuna  delle
opzioni del comma 3 impatta in  senso  peggiorativo  sulla  posizione
degli  operatori  siccome   cristallizzata   nelle   convenzioni   di
incentivazione stipulate con il GSE, esplicando un  effetto  novativo
sugli elementi della durata o dell'importo delle tariffe incentivanti
o su entrambi, e tanto anche a non voler tener  conto  dei  costi  di
transazione derivanti dalla necessita' di  adeguare  gli  assetti  in
essere alla nuova situazione. 
    A parte la riduzione secca delle tariffe di cui alla lettera  c),
avente chiaro impatto negativo: 
        la   lettera   a)   opera    un'estensione    della    durata
dell'incentivazione, portata a 24 anni, con  proporzionale  riduzione
delle quote annuali. 
    In questa ipotesi e' evidente  che  l'allungamento  del  periodo,
oltre a comportare una differita percezione degli incentivi,  di  per
se'  (notoriamente)  pregiudizievole,  non  puo'  non  incidere   sui
parametri iniziali dell'investimento, impattando anche sui costi  dei
fattori produttivi (durata degli eventuali finanziamenti bancari, dei
contratti stipulati per la disponibilita' delle aree,  assicurazioni,
ecc.), ferma la necessita' del parallelo  adeguamento  dei  necessari
titoli amministrativi (cfr. comma 6); 
        la lettera b) determina una riduzione degli  importi  per  il
quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di  «almeno  600
milioni» di euro per l'ipotesi di adesione di tutti  gli  interessati
all'opzione)  e  un  incremento  nel  periodo   successivo   (secondo
l'algoritmo definito col decreto ministeriale 17 ottobre 2014). 
    La soluzione non tiene pero' conto del fisiologico invecchiamento
degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una diminuzione di
produttivita', sicche', venendo l'incentivo determinato  in  funzione
della produzione, la  riduzione  che  intervenga  in  un  periodo  di
maggiore efficienza degli impianti  stessi  (2015-2019),  non  potra'
essere compensata con gli  incrementi  delle  tariffe  riferibili  al
periodo successivo  (nel  quale  gli  impianti  stessi  hanno  minore
efficienza). 
    4. Rilevanza. 
    In ordine alla rilevanza, il Tribunale  ritiene  che  l'art.  26,
comma 3, decreto-legge n. 91/2014, della cui legittimita' si  dubita,
costituisca parametro normativo  necessario,  stante  il  tenore  dei
motivi di ricorso, ai fini della valutazione della  fondatezza  delle
domande  proposte   dalla   parte   ricorrente,   alla   luce   della
(incontestata) titolarita' di impianti di produzione  di  energia  di
potenza superiore a 200 kW che usufruisce  degli  incentivi  previsti
dagli articoli 7, decreto  legislativo  n.  387/2003  e  25,  decreto
legislativo n. 28/2011, oggetto di convenzioni stipulate con il GSE. 
    Come evidenziato nella parte in «fatto», le domande formulate nel
giudizio hanno a oggetto: 
        l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle tre
opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di  energia
elettrica fotovoltaica, previste dal ridetto art. 26,  comma  3,  con
conservazione   delle   condizioni   contrattuali   stabilite   nelle
convenzioni stipulate con  il  GSE,  nonche'  dell'insussistenza  del
potere del Gestore di  applicare  l'opzione  prevista  dall'art.  26,
comma 3, lettera c), nel caso di mancato esercizio dell'opzione entro
il 30 novembre 2014; 
        l'annullamento del  decreto  ministeriale  17  ottobre  2014,
emanato in applicazione dell'art. 26, comma 3, lettera b), recante  i
criteri e le percentuali di rimodulazione degli  incentivi,  e  delle
«Istruzioni operative per gli interventi sulle  tariffe  incentivanti
relative agli impianti fotovoltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della
legge n. 116/2014» pubblicate dal GSE nel proprio  sito  Internet  in
data 3 novembre 2014. 
    La questione di legittimita' costituzionale risulta rilevante: 
        in relazione  alla  domanda  caducatoria,  perche'  gli  atti
impugnati  sono  stati  emanati  dall'autorita'   amministrativa   in
dichiarata attuazione dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014  (la  cui
legittimita' e'  oggetto  di  contestazione)  che  nella  fattispecie
riveste il ruolo e la funzione di norma legittimante l'esercizio  del
potere amministrativo contestato in  giudizio;  peraltro,  tali  atti
sono  strumentali  alla  rimodulazione  degli   incentivi,   prevista
dall'art. 26, comma 3, e avversata da parte ricorrente; 
        ai fini della  decisione  in  ordine  alla  fondatezza  della
domanda   di    accertamento,    avente    a    oggetto    l'invocata
inapplicabilita', alle  convenzioni  in  corso  di  efficacia,  delle
rimodulazioni previste dall'art. 26, comma  3;  l'accoglimento  della
domanda presuppone infatti la non applicabilita' di tale disposizione
normativa. 
    In  ordine   all'ammissibilita'   della   predetta   domanda   di
accertamento, la stessa  e'  stata  dal  Tribunale  riconosciuta  con
sentenza non definitiva,  decisa  in  pari  data,  sulla  base  delle
seguenti argomentazioni: 
        a) l'ammissibilita' della domanda  di  accertamento  consegue
alla natura di diritto soggettivo della situazione giuridica azionata
dalle ricorrenti e identificabile nella  pretesa  all'incentivo  come
quantificato  nei  «contratti  di  diritto   privato»   espressamente
menzionati dall'art. 24, comma 2, lettera b), decreto legislativo  n.
28/2011 (si rinvia alle  precedenti  considerazioni  sull'omogeneita'
della natura giuridica delle convenzioni e dei contratti; vedi  ante,
paragrafo 1.2.3): la qualificazione in termini di diritto  soggettivo
della pretesa al mantenimento dell'incentivo e', pertanto, desumibile
dalla natura  «di  diritto  privato»  dell'atto  da  cui  promana  la
quantificazione dell'incentivo stesso; 
        b)  anche  a  volere  qualificare  la   posizione   giuridica
soggettiva della parte ricorrente come interesse legittimo,  l'azione
di accertamento deve ritenersi comunque ammissibile,  come  ha  avuto
modo di ritenere  l'Adunanza  plenaria  del  Consiglio  di  Stato  in
riferimento alle ipotesi in cui «detta tecnica di tutela sia  l'unica
idonea   a   garantire   una   protezione   adeguata   ed   immediata
dell'interesse legittimo» (presupposto che ricorre nella  fattispecie
come si avra' modo di precisare in prosieguo in  ordine  alla  natura
della  lesione  subita  da  parte  ricorrente),  a  nulla   rilevando
l'assenza di una previsione legislativa  espressa.  Impostazione  che
trova «fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla
Carta  fondamentale  al  fine  di  garantire  la  piena  e   completa
protezione dell'interesse legittimo (articoli 24, 103 e  113)»  (A.P.
n. 15/2011); 
        c) circa, poi, l'esistenza,  in  concreto,  delle  condizioni
legittimanti  l'esperibilita'  dell'azione  di  accertamento,   parte
ricorrente, sin dal momento  dell'entrata  in  vigore  dell'art.  26,
decreto-legge n. 91/2014, ha subito una lesione diretta  e  immediata
della  sua  situazione  giuridica  soggettiva  (identificabile  nella
pretesa al mantenimento dell'incentivo «convenzionato»)  per  effetto
del regime introdotto dalla disposizione in  esame;  in  particolare,
tale   pregiudizio   e'   ravvisabile   nell'immediata   operativita'
dell'obbligo di scelta - da esercitare entro il 30 novembre 2014 - di
una delle tre  opzioni  di  rimodulazione  degli  incentivi  previste
dall'art. 26 decreto-legge n. 91/2014. 
    Come gia' rilevato (vedi paragrafo 3), ciascuna delle opzioni del
comma 3 impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori
siccome definita nelle convenzioni di incentivazione,  esplicando  un
effetto novativo sugli elementi della  durata  o  dell'importo  delle
tariffe incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non  voler  tener
conto dei costi di transazione derivanti dalla necessita' di adeguare
gli assetti in essere alla nuova situazione. 
    Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile  alla  posizione
di   parte   ricorrente,    consegue    all'immediata    operativita'
dell'obbligo, imposto dall'art. 26, comma 3, cit., di scelta  di  uno
dei tre regimi peggiorativi previsti dalla norma. 
    La norma in esame, pertanto,  ha  carattere  autoapplicativo;  in
questa ottica l'intervento del GSE da  essa  divisato  serve  solo  a
quantificare  in  concreto,  in  riferimento  alle  percentuali   ivi
previste, la riduzione dell'incentivo  riconducibile  all'opzione  di
cui alla lettera c), applicata in via imperativa dalla legge,  e  non
costituisce in alcun modo  autonoma  manifestazione  di  volonta'  di
applicazione dell'opzione in esame. 
    Proprio l'esistenza di una modificazione della realta' giuridica,
peggiorativa di  quella  preesistente,  conseguente  all'introduzione
dell'obbligo vigente di scegliere entro il 30 novembre 2014 una delle
opzioni  previste  dal  comma  3,  qualifica,  in  capo  alla   parte
ricorrente, l'interesse ad agire in relazione alla proposta azione di
accertamento; 
        d) in una fattispecie simile a quella  oggetto  di  causa  la
Corte di cassazione  (ordinanza  n.  12060/2013),  nel  sollevare  la
questione di legittimita' costituzionale  di  norme  elettorali  (poi
accolta dalla Corte costituzionale con la  sentenza  n.  1/2014),  ha
avuto modo di affermare che «ci  si  allontana  dall'archetipo  delle
azioni di mero accertamento per avvicinarsi  a  quello  delle  azioni
costitutive   o   di   accertamento-costitutive»   allorche'    (come
nell'ipotesi  in  esame)  l'interesse  «e'  quello  di  rimuovere  un
pregiudizio che  invero  non  e'  dato  da  una  mera  situazione  di
incertezza ma da una  (gia'  avvenuta)  modificazione  della  realta'
giuridica  che  postula  di  essere  rimossa  mediante   un'attivita'
ulteriore, giuridica e materiale». 
    Nell'occasione la stessa Corte, con un  ragionamento  estensibile
anche alla presente fattispecie, ha avuto modo di precisare che  «una
interpretazione  della  normativa  elettorale  che,  valorizzando  la
tipicita' delle azioni previste in materia (di  tipo  impugnatorio  o
concernenti l'ineleggibilita', la decadenza o l'incompatibilita'  dei
candidati),   escludesse   in   radice   ovvero   condizionasse    la
proponibilita' di azioni come quella  qui  proposta  al  maturare  di
tempi indefiniti o al verificarsi di condizioni  non  previste  dalla
legge (come, ad esempio,  la  convocazione  dei  comizi  elettorali),
entrerebbe in conflitto con i parametri costituzionali  (art.  24,  e
art. 113, comma 2) della effettivita' e  tempestivita'  della  tutela
giurisdizionale» aggiungendo che «ci sono leggi che creano in maniera
immediata restrizioni dei poteri  o  doveri  in  capo  a  determinati
soggetti, i quali nel momento stesso in cui la legge entra in  vigore
si trovano gia' pregiudicati da esse, senza bisogno dell'avverarsi di
un fatto che trasformi l'ipotesi legislativa in un concreto  comando.
In tali casi l'azione  di  accertamento  puo'  rappresentare  l'unica
strada  percorribile  per  la  tutela  giurisdizionale   di   diritti
fondamentali di cui, altrimenti, non  sarebbe  possibile  una  tutela
ugualmente efficace e diretta»; 
        e) in relazione a tale ultimo profilo e' utile precisare  che
nella fattispecie in esame l'esigenza di  tutela  giurisdizionale  e'
qualificata dal fatto che la posizione della parte istante e'  incisa
da una vera e propria legge-provvedimento. 
    Secondo     la      giurisprudenza      costituzionale,      sono
leggi-provvedimento «quelle che «contengono  disposizioni  dirette  a
destinatari  determinati»  [...],  ovvero  «incidono  su  un   numero
determinato e limitato di destinatari» [...],  che  hanno  «contenuto
particolare  e  concreto»  [...],  «anche  in  quanto   ispirate   da
particolari esigenze» [...], e che comportano l'attrazione alla sfera
legislativa  «della  disciplina  di  oggetti  o  materie  normalmente
affidati all'autorita' amministrativa»» (cosi' C. cost. n.  275/2013,
e giurispr. ivi richiamata). 
    Queste leggi, anche  se  compatibili  con  l'assetto  dei  poteri
stabilito dalla  Costituzione,  «devono  soggiacere  ad  un  rigoroso
scrutinio  di  legittimita'  costituzionale  per   il   pericolo   di
disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare  e
derogatorio [...], con l'ulteriore precisazione che  «tale  sindacato
deve essere tanto piu' rigoroso quanto  piu'  marcata  sia  [...]  la
natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a  controllo»
(cosi', ancora, C. cost. n. 275/2013 cit.). 
    Cio' posto, al fine di qualificare nei sensi appena detti  l'art.
26,  comma  3,  decreto-legge  n.  91/2014,   il   Collegio   ritiene
significativa non soltanto la finalita' dell'intervento («ottimizzare
la gestione dei tempi di raccolta ed  erogazione  degli  incentivi  e
favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto  alle
energie rinnovabili») ma, soprattutto, il meccanismo di  operativita'
della rimodulazione degli incentivi. 
    In quest'ottica deve essere evidenziato che la norma: 
        ha un ambito applicativo limitato, in quanto concerne i  soli
titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200
kW che hanno stipulato con il GSE convenzioni in corso di  esecuzione
per l'erogazione degli incentivi; 
        disciplina puntualmente l'entita' della  rimodulazione  degli
incentivi e per la sua applicazione non necessita dell'esercizio  del
potere amministrativo, almeno per quanto concerne le opzioni  di  cui
alle lettere a) e c); 
        disciplina   direttamente   le   modalita'    di    esercizio
dell'opzione  e  la  conseguenza  riferibile  al  mancato   esercizio
dell'opzione. 
    In sostanza, l'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 finisce
con l'esercitare competenze  sostanzialmente  amministrative  perche'
non si limita a fissare un obiettivo, ma disciplina specificamente le
modalita' e l'entita' delle rimodulazioni come si  evince  dal  fatto
che  l'autorita'  amministrativa  non  e'  chiamata  ad  attuare   la
disposizione (se non limitatamente all'opzione di  cui  alla  lettera
b). 
    La qualificazione in termini di legge-provvedimento dell'art. 26,
comma   3,   cit.   costituisce   ulteriore   argomento    ai    fini
dell'ammissibilita' dell'azione di accertamento  proposta  in  questo
giudizio sia perche' gli obblighi lesivi per la parte ricorrente sono
direttamente riconducibili alla norma  primaria  sia  perche'  questo
tipo  di  azione  costituisce  il  necessario  strumento  per  potere
accedere alla tecnica di tutela  tipica  (sindacato  di  legittimita'
costituzionale) dell'atto (legge-provvedimento)  pregiudizievole  per
il destinatario. 
    Sempre in relazione alla rilevanza, il Tribunale  rileva  che  la
norma sub judice, per il suo contenuto  univoco,  non  si  presta  in
alcun  modo  a  una  interpretazione  costituzionalmente   orientata,
imponendo la rimessione della questione alla Corte costituzionale  in
relazione ai profili di possibile illegittimita' che sono di  seguito
evidenziati. 
    5. Profili di non manifesta infondatezza. 
    5.1. Violazione degli articoli 3 e  41  Cost.:  irragionevolezza,
sproporzione e violazione del principio del legittimo affidamento. 
    Il comma 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 presenta profili
di irragionevolezza e risulta di possibile incompatibilita'  con  gli
articoli 3 e  41  Cost.,  poiche'  incide  ingiustificatamente  sulle
posizioni di vantaggio consolidate (peraltro riconosciute  da  negozi
«di diritto privato»; cfr. art. 24, decreto legislativo n. 28/2011) e
sul legittimo affidamento dei fruitori degli incentivi. 
    5.1.1. La questione rientra nel tema  dei  limiti  costituzionali
alle  leggi  di  modificazione  dei  rapporti  di  durata  (e   della
cosiddetto   retroattivita'   impropria,   quale   attributo    delle
disposizioni  che  introducono  «per  il  futuro  una   modificazione
peggiorativa del rapporto di durata», con  riflessi  negativi  «sulla
posizione  giuridica  gia'  acquisita  dall'interessato»;  C.   cost.
sentenza n. 236/2009). 
    La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato  come  nella
propria giurisprudenza fosse  ormai  «consolidato  il  principio  del
legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,  che  costituisce
elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo'  essere  leso
da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in   regolamento
irrazionale   di   situazioni   sostanziali    fondate    su    leggi
anteriori»(sentenza   n.   236/2009   cit.   e   giurisprudenza   ivi
richiamata). 
    Piu' precisamente, il Giudice delle leggi ha precisato  che  «nel
nostro  sistema  costituzionale  non   e'   affatto   interdetto   al
legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare  in
senso sfavorevole per i beneficiari la  disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive,
il limite imposto in materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,
della  Costituzione).  Unica  condizione  essenziale  e'   che   tali
disposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da
intendersi  quale  elemento  fondamentale  dello  Stato  di  diritto»
(sentenza n. 64/2014, che cita testualmente la sentenza  n.  264  del
2005, e richiama, in senso conforme, le sentenze n. 236 e n. 206  del
2009). 
    E ha richiamato in proposito anche «la giurisprudenza della Corte
di  giustizia  dell'Unione  europea,  che  ha  sottolineato  che  una
mutazione dei rapporti di durata deve  ritenersi  illegittima  quando
incide sugli stessi in modo «improvviso e imprevedibile» senza che lo
scopo perseguito dal legislatore imponga l'intervento  (sentenza  del
29 aprile 2004, in cause  C-487/01  e  C-7/02)»  (cosi'  sentenza  n.
64/2014 cit.). 
    In applicazione di tali canoni la Corte ha, ad  esempio,  escluso
l'incostituzionalita'  di  un  intervento   legislativo   teso   alla
«variazione  dei  criteri  di   calcolo   dei   canoni   dovuti   dai
concessionari di beni  demaniali»  volto  ad  adeguare  i  canoni  di
godimento di beni pubblici con lo scopo di consentire allo Stato  una
maggiorazione delle entrate e di rendere i  canoni  piu'  equilibrati
rispetto a quelli pagati a favore di locatori  privati,  sul  rilievo
che tale effetto non era  «frutto  di  una  decisione  improvvisa  ed
arbitraria del legislatore», ma si inseriva  «in  una  precisa  linea
evolutiva nella disciplina  dell'utilizzazione  dei  beni  demaniali»
(sentenza n. 302/2010; vedi anche sentenza  n.  64/2014,  in  cui  e'
stata   giudicata   «non   irragionevole   l'opzione   normativa   di
rideterminazione del canone sulla base di fasce di utenza commisurate
alla potenza nominale degli impianti  di  derivazione  idroelettrica,
sulla quale si e' assestato nel tempo il legislatore provinciale allo
scopo di attuare un maggiore prelievo  al  progredire  della  risorsa
sottratta all'uso della collettivita', nell'ottica della piu'  idonea
preservazione delle risorse idriche», alla  luce,  tra  l'altro,  del
«dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento  normativo
sospettato di illegittimita' costituzionale»). 
    Al  contrario,  ha  ritenuto  non  conforme  a  Costituzione   la
disposizione  introduttiva  della   graduale   riduzione   e   finale
abolizione del periodo di fuori ruolo del docenti universitari  (art.
2, comma 434, legge n.  244/2007),  ravvisandone  l'irragionevolezza,
all'esito del «necessario bilanciamento» tra il  perseguimento  della
finalita' avuta di mira dalla norma «e la tutela  da  riconoscere  al
legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, nutrito  da  quanti,
sulla  base  della  normativa  previgente,   hanno   conseguito   una
situazione sostanziale consolidata» (cio' alla luce di una  serie  di
elementi  fattuali,  quali  le  caratteristiche  di  detta  posizione
giuridica, «concentrata nell'arco di un triennio», interessante  «una
categoria di docenti  numericamente  ristretta»,  non  produttiva  di
«significative ricadute  sulla  finanza  pubblica»,  non  rispondente
«allo scopo di salvaguardare equilibri di bilancio o altri aspetti di
pubblico  interesse»  e  neppure   potendosi   definire   «funzionale
all'esigenza di ricambio generazionale dei docenti universitari», con
sacrificio  pertanto   «ingiustificato   e   percio'   irragionevole,
traducendosi nella violazione del legittimo affidamento  -  derivante
da  un  formale  provvedimento   amministrativo   -   riposto   nella
possibilita' di portare a termine, nel tempo stabilito  dalla  legge,
le  funzioni  loro  conferite  e,  quindi,  nella  stabilita'   della
posizione giuridica acquisita»). 
    Piu' in  generale,  sul  tema  dell'efficacia  retroattiva  delle
leggi,  la  Corte  ha  piu'  volte  affermato  che  il   divieto   di
retroattivita' delle leggi  non  riceve  nell'ordinamento  la  tutela
privilegiata di cui all'art. 25 Cost.,  ben  potendo  il  legislatore
emanare norme retroattive «purche' la retroattivita'  trovi  adeguata
giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di
rilievo  costituzionale,  che   costituiscono   altrettanti   «motivi
imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU)» e con una
serie di limiti generali, «attinenti alla salvaguardia, oltre che dei
principi costituzionali, di altri  fondamentali  valori  di  civilta'
giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello  stesso
ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto  del  principio
generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario» (sentenze n. 160/2013 e n. 209/2010). 
    Tali conclusioni non si discostano  (e  anzi  sembrano  permeate)
dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia
UE sull'operativita' del principio di legittimo affidamento  (cui  e'
sotteso quello della certezza del diritto)  nel  campo  dei  rapporti
economici, in relazione alla quale e'  stato  elaborato  il  criterio
dell'operatore economico «prudente e accorto»  (o  dell'«applicazione
prevedibile»), secondo cui la possibilita' di far  valere  la  tutela
del legittimo affidamento e'  bensi'  «prevista  per  ogni  operatore
economico  nel  quale  un'autorita'  nazionale  abbia  fatto  sorgere
fondate aspettative», ma non «qualora un operatore economico prudente
ed accorto sia in grado di prevedere l'adozione di  un  provvedimento
idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui  il  provvedimento
venga  adottato);  in  tale  prospettiva,  inoltre,  «gli   operatori
economici  non  possono   fare   legittimamente   affidamento   sulla
conservazione di una situazione esistente che puo' essere  modificata
nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (cfr.
punto 53 della menzionata sentenza C. giust. 10  settembre  2009,  in
causa C-201/08, Plantanol). 
    Per completezza, si puo' sottolineare come nel campo dei rapporti
tra  privati  e  pubblica  amministrazione  lo   stesso   legislatore
nazionale abbia conferito valenza pregnante all'affidamento. 
    Si considerino le rilevanti innovazioni apportate alla  legge  n.
241/1990 dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133  (convertito  in
legge con modificazioni, dalla  legge  11  novembre  2014,  n.  164),
recante «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione
delle  opere   pubbliche,   la   digitalizzazione   del   Paese,   la
semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e
per la ripresa delle attivita' produttive». 
    Con l'art. 25, comma 1, lettera b-ter),  di  detto  decreto-legge
(lettera aggiunta  dalla  legge  di  conversione)  e'  stato  infatti
modificato l'art. 21-quinquies, comma  1,  legge  n.  241/1990  cit.,
sulla «revoca del provvedimento», nel duplice senso: 
        a) di  circoscrivere  il  presupposto  del  «mutamento  della
situazione di fatto», che per la nuova disposizione deve essere  «non
prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento»; 
        b)  di  precludere,  nell'ipotesi   di   «nuova   valutazione
dell'interesse pubblico  originario»,  la  revoca  dei  provvedimenti
«autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici» (a efficacia
durevole). 
    Cio'  che  costituisce  un  ulteriore   e   significativo   passo
nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio
di sicurezza giuridica. 
    5.1.2. Tanto  premesso,  ritiene  il  Collegio  che  in  capo  ai
soggetti titolari di impianti fotovoltaici, fruitori  delle  relative
incentivazioni pubbliche in forza di «contratto di  diritto  privato»
(ex art. 24 decreto legislativo n. 28/2011) o convenzione (avente  la
medesima natura, come  gia'  precisato)  stipulati  col  GSE  (previo
riconoscimento delle condizioni per l'erogazione attraverso specifico
provvedimento  ammissivo),  sussista  una  posizione   di   legittimo
affidamento nei sensi innanzi precisati, non essendo mai  emersi  nel
corso  del  tempo  elementi  alla  stregua  dei  quali  un  operatore
«prudente e accorto» avrebbe potuto prevedere (al momento di chiedere
gli incentivi, di decidere se far entrare  in  esercizio  il  proprio
impianto e di stipulare con il  Gestore  il  negozio  che  disciplina
l'erogazione degli incentivi) l'adozione  da  parte  delle  autorita'
pubbliche di misure lesive del diritto agli incentivi stessi. 
    La ratio dell'intervento  pubblico  nel  settore  e'  chiaramente
desumibile dalla rassegna normativa innanzi riportata: attraverso  il
meccanismo dei conti energia il legislatore  nazionale,  in  adesione
alle indicazioni di matrice  europea,  ha  consentito  la  nascita  e
favorito lo sviluppo di un settore di  attivita'  economica  ritenuto
particolarmente importante e, quel che piu' rileva, lo ha  presentato
sin  dalla  sua  genesi  con  caratteristiche  di  «stabilita'»   con
specifico riferimento (non gia' all'accesso agli incentivi, ma)  alla
circostanza che gli stessi, una volta riconosciuti, sarebbero rimasti
invariati per l'intera durata del rapporto. 
    Cio' si desume anzitutto dal contesto  internazionale  di  favore
per la produzione di energia da  fonti  rinnovabili,  tale  da  avere
determinato a  livello  europeo  l'introduzione  di  obiettivi  prima
soltanto indicativi (dir. 2011/77) ma dopo divenuti obbligatori (dir.
2009/28) e l'individuazione  di  specifici  regimi  di  sostegno  per
ovviare  all'assenza  di  iniziativa  da  parte   del   mercato   (il
legislatore  europeo  ha  cioe'  giudicato  necessario   l'intervento
pubblico di cui si tratta). 
    In secondo luogo, il legislatore nazionale ha mostrato una  piena
e  convinta  adesione  agli  indirizzi  sovranazionali  di   politica
energetica  e  in  particolare  all'obiettivo  di  promozione   della
produzione energetica da fonti rinnovabili. 
    Sin dal decreto legislativo n.  387/2003,  e  nonostante  la  non
obbligatorieta' dell'obiettivo  nazionale,  e'  stato  introdotto  un
regime di sostegno con incentivi che avrebbero dovuto,  tra  l'altro,
«garantire una equa remunerazione dei  costi  di  investimento  e  di
esercizio» (art. 7, comma 2, lettera d), tanto che i primi tre  conti
energia hanno chiaramente  enucleato  l'immutabilita'  per  vent'anni
dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. 
    All'indomani  della  determinante  connotazione  degli  obiettivi
nazionali in termini di vincolativita',  il  decreto  legislativo  n.
28/2011 ha amplificato la percezione di «stabilita'», individuando: 
        a) all'art. 23, tra i  «principi  generali»  dei  «regimi  di
sostegno applicati all'energia prodotta da fonti rinnovabili»: 
          «la predisposizione di criteri e strumenti  che  promuovano
l'efficacia, l'efficienza, la semplificazione  e  la  stabilita'  nel
tempo  dei  sistemi  di  incentivazione,  perseguendo  nel   contempo
l'armonizzazione con  altri  strumenti  di  analoga  finalita'  e  la
riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo  ai  consumatori»
(enf. agg.; comma 1); 
          «la  gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli
investimenti effettuati e la proporzionalita' agli obiettivi, nonche'
la flessibilita' della struttura dei regimi di sostegno, al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle  fonti  rinnovabili  e  dell'efficienza  energetica»
(enf. agg.; comma 2); 
        b) all'art. 24, tra  gli  specifici  «criteri  generali»  dei
meccanismi di incentivazione, quelli indicati al comma 2, lettere b),
c) e  d),  secondo  cui,  rispettivamente,  «il  periodo  di  diritto
all'incentivo e' pari  alla  vita  media  utile  convenzionale  delle
specifiche tipologie di impianto» (il principio si collega  a  quello
dell'«equa remunerazione dei costi di investimento e  di  esercizio»,
confermato dalla precedente lettera a), «l'incentivo  resta  costante
per tutto il periodo di diritto»  e  «gli  incentivi  sono  assegnati
tramite contratti di  diritto  privato  fra  il  GSE  e  il  soggetto
responsabile dell'impianto» (enf. agg.); 
        c) all'art. 25, comma 11, recante clausola  di  salvezza  dei
«diritti acquisiti». 
    Ed  e'  significativo  che  il  legislatore   delegato   utilizzi
ripetutamente i termini «diritto» (all'incentivo) o «diritti». 
    In terzo luogo, il decreto-legge n. 145/2013 ha rafforzato questo
convincimento, adottato successivamente alla conclusione del  sistema
dei conti energia e dunque in un contesto nel  quale  il  novero  dei
destinatari delle incentivazioni era ormai  definito  (o  in  via  di
definizione). 
    Tale provvedimento, pur muovendo  dalla  ritenuta  «straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare  misure»  (tra  le  altre)  «per  il
contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali
di progresso e opportunita' di arricchimento economico,  culturale  e
civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della  competitivita'  delle
imprese» (vedi preambolo), e al dichiarato duplice fine di «contenere
l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche  degli  incentivi
alle energie rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel
medio-lungo  termine  dagli  esistenti   impianti»,   ha,   tuttavia,
introdotto   meccanismi   di   tipo   facoltativo   e   dunque    non
pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. 
    In questa prospettiva, sia gli interventi divisati  ex  ante,  in
corso di vigenza  dei  conti  energia,  dal  decreto  legislativo  n.
28/2011,  quali  l'anticipata  cessazione  del  terzo  conto   e   la
connotazione di immanente temporaneita' dei due conti successivi  (la
cui  operativita'  e'  stata  collegata,  come  si   e'   visto,   al
raggiungimento  di  specifici  obiettivi  indicati   negli   inerenti
provvedimenti), sia quelli previsti dal decreto-legge n. 145/2013  ex
post, ossia dopo la chiusura del regime di sostegno, dimostrano  come
lo stesso legislatore abbia comunque preservato il  «sinallagma»  tra
incentivi e iniziative imprenditoriali in corso. 
    E infatti, l'incontestato «boom del  fotovoltaico»  sotteso  alle
inerenti  determinazioni  delle  autorita'  pubbliche,   puntualmente
elevato dall'art. 23, comma  2,  decreto  legislativo  n.  28/2011  a
parametro di esercizio della  discrezionalita'  nella  parte  in  cui
individua la finalita' di «tener conto dei meccanismi del  mercato  e
dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili»,  e'  stato
affrontato con misure operanti  pro  futuro,  perche'  applicabili  a
impianti non  ancora  entrati  in  esercizio  (come  attestato  dalle
riferite vicende giudiziali relative al passaggio dal terzo al quarto
conto),  mentre  sono  state  accuratamente  evitate  scelte   aventi
efficacia pro praeterito tempore. 
    In altri termini, anche l'anticipata cessazione del terzo  conto,
ancorche'  abbia  prodotto  effetti  negativi  nei  confronti   degli
investitori  che  avessero  intrapreso  attivita'  preliminari   allo
svolgimento della  propria  iniziativa,  non  ha  tuttavia  messo  in
discussione il «patto» stipulato con gli interessati,  consentendo  a
ciascun  operatore  non  ancora  «contrattualizzato»   di   ponderare
consapevolmente e adeguatamente il  merito  economico  della  propria
iniziativa e di assumere le conseguenti determinazioni. 
    E' pertanto possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art.  26,
comma 3, in esame al  «diritto  all'incentivo»  e  al  principio  del
legittimo affidamento, stante  l'imprevedibilita',  da  parte  di  un
soggetto «prudente e accorto», titolare di un incentivo ventennale  a
seguito dell'adesione a uno dei conti energia, delle modificazioni in
pejus del rapporto. 
    5.1.3. Le precedenti considerazioni  non  paiono  superate  dagli
elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art.
26 abbia dato  vita  a  un  «regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate su leggi anteriori»  (quale  aspetto  sintomatico
dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della
ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. 
    L'art. 23, decreto-legge n. 91/2014, rubricato  «Riduzione  delle
bollette elettriche a favore dei clienti forniti  in  media  e  bassa
tensione», prevede quanto segue: 
    «1. Al fine di pervenire a  una  piu'  equa  distribuzione  degli
oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici,  i
minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da  24  a  30  del
presente  decreto-legge,  laddove  abbiano  effetti   su   specifiche
componenti tariffarie, sono destinati alla  riduzione  delle  tariffe
elettriche dei clienti di energia elettrica in media  tensione  e  di
quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW,
diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 
    2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri  tariffari
conseguenti  dall'attuazione  dell'art.  1,  commi  da  3  a  5,  del
decreto-legge   23   dicembre   2013,   n.   145,   convertito,   con
modificazioni, in legge 21 febbraio 2014, n. 9. 
    3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata  in  vigore  della
legge di conversione  del  presente  decreto-legge,  l'Autorita'  per
l'energia  elettrica,  il  gas  e  il   sistema   idrico   adotta   i
provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione dei commi  1  e  2,
garantendo  che  i  medesimi  benefici  siano   ripartiti   in   modo
proporzionale tra i soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i
benefici previsti agli stessi commi 1 e  2  non  siano  cumulabili  a
regime con le agevolazioni in materia di oneri generali  di  sistema,
di  cui  all'art.  39  del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.  83,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.». 
    Ora, non sono certo contestabili gli scopi complessivi  avuti  di
mira  dal  legislatore,  che  intende  «pervenire  a  una  piu'  equa
distribuzione degli oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di
consumatori elettrici», distribuendo tra costoro «i minori oneri  per
l'utenza» derivanti, tra le altre, dalle misure dell'art.  26  e,  in
ultima analisi, alleggerendo i costi  dell'energia  elettrica  per  i
«clienti [...] in media  tensione  e  [...]  in  bassa  tensione  con
potenza  disponibile  superiore  a  16,5  kW,  diversi  dai   clienti
residenziali e dall'illuminazione pubblica». 
    Sennonche', tale obiettivo -  oltre  a  non  sembrare  del  tutto
consonante con la finalita'  specificamente  declinata  dal  comma  1
dell'art. 26, nel senso  di  «favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di supporto alle energie rinnovabili», non  risultando
in particolare chiaro il nesso tra la «migliore sostenibilita'  nella
politica di supporto  alle  energie  rinnovabili»  e  la  «piu'  equa
distribuzione degli oneri tariffari» tra gli utenti -  e'  perseguito
attraverso una «leva» che appare irragionevole e sproporzionata. 
    Il reperimento delle necessarie risorse  finanziarie  e'  infatti
attuato attraverso una modificazione unilaterale e  autoritativa  dei
rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se'  la  proporzionalita'
rispetto all'obiettivo avuto di mira dal  legislatore,  tenuto  conto
del rango e della natura degli scopi del regime  di  sostegno  (basti
por mente all'evocazione, da parte  della  direttiva  2001/77,  delle
norme del Trattato UE sulla tutela dell'ambiente), e che comunque non
appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e
seguenti), con ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    Quanto ai  «finanziamenti  bancari»  (comma  5),  e'  sufficiente
rilevare - in disparte gli aspetti  collegati  all'onerosita'  per  i
beneficiari dei meccanismi  ipotizzati  e  ai  costi  di  transazione
comunque derivanti dall'impalcatura giuridico-finanziaria  dei  nuovi
contratti - che la garanzia dello Stato non  copre  l'intero  importo
dell'eventuale operazione finanziaria  (sino  all'80%  dell'ammontare
dell'«esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della  banca»
o della «somma liquidata da CDP alla banca garantita») e che comunque
si tratta di «finanziamenti» non automatici (residuando uno spazio di
apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono ad
esempio essere soggetti «economicamente e finanziariamente  sani»,  e
circa  il  «merito  di  credito»;  cfr.  articoli  1  e   2   decreto
ministeriale 29 dicembre 2014). 
    Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della  durata  dei
titoli  autorizzatori  (comma  6),  che  costituisce  piuttosto   una
conseguenza necessitata - peraltro,  non  priva,  in  se',  di  costi
aggiuntivi - della protrazione del periodo di incentivazione oltre  i
venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma 3, lettera
a). 
    Quanto  all'«acquirente  selezionato»  (commi  da  7  a  12),  va
osservato come lo stesso legislatore  sia  consapevole  della  natura
solo eventuale della misura, tenuto conto dell'art. 26, comma 13, che
ne subordina  l'efficacia  «alla  verifica  da  parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    Verifica tanto piu' stringente alla luce del relativo  ambito  di
applicazione, non riservato ai soli produttori da  fonte  solare,  ma
esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia
da fonti rinnovabili. 
    In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente
il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni  attuative  (si
pensi, ad esempio, al comma 9, lettera d), che demanda  all'Autorita'
di «stabilire i criteri e  le  procedure  per  determinare  la  quota
annuale costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto  di
cessione da parte di ciascun  soggetto  beneficiario,  tenendo  conto
anche della tipologia e della localizzazione degli impianti»),  anche
qui e' posto un limite quantitativo agli  incentivi  cedibili  (80%),
mentre  non  paiono  disciplinate  le  conseguenze  sui  rapporti  di
finanziamento eventualmente  accesi  dai  produttori  di  energia  (i
quali, attraverso la cessione, intendano  monetizzare  immediatamente
l'incentivo). 
    La possibilita' di  un  recesso  anticipato  del  produttore  dal
contratto di finanziamento sembra in effetti presa in  considerazione
dal comma 11, che reca pero' un impegno per il Governo  assolutamente
generico («assumere ogni iniziativa utile  a  dare  piena  esecuzione
alle disposizioni del presente articolo,  inclusi  eventuali  accordi
con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale
dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati»). 
    5.1.4.  In  considerazione  di  quanto  detto,  e  all'esito  del
bilanciamento tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione
dei diritti dei fruitori  delle  agevolazioni,  emerge  la  possibile
irragionevolezza e la possibile assenza di proporzionalita', ai sensi
dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26, comma  3,  decreto-legge
n. 91/2014 (come  convertito  dalla  legge  n.  116/2014),  apparendo
altresi' violato anche l'art. 41 Cost., alla luce  dell'irragionevole
effetto della frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la
modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti in essere  come
contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. 
    Cio' in quanto, e riassuntivamente: 
        il sistema degli incentivi perde la sua stabilita' nel  tempo
nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e  predeterminato  in
una convenzione o contratto di diritto privato  (art.  24,  comma  2,
lettera d), decreto legislativo n. 28/2011); 
        gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; 
        viene   meno   l'equa   remunerazione   degli    investimenti
effettuati; 
        il  periodo  di  tempo  per  la  percezione   dell'incentivo,
invariato    nella    misura    complessiva,     viene     prolungato
indipendentemente  dalla  vita  media  convenzionale  degli  impianti
(lettera a); l'incentivo non e' piu' costante per tutto il periodo di
diritto, ma si riduce  in  assoluto  per  tutto  il  periodo  residuo
(lettera  c)  o  varia  in  diminuzione  nell'ambito  del   ventennio
originario di durata della convenzione (lettera a) o per cinque  anni
(lettera b). 
    5.2. Violazione degli articoli 11 e 117, primo  comma,  Cost.  in
relazione all'art. 1, Protocollo addizionale n.  1  alla  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (di cui e' stata  autorizzata  la  ratifica  e  disposta
l'esecuzione con legge 4 agosto 1955, n. 848) e all'art. 6, paragrafo
3, Trattato UE. 
    Il comma 3 dell'art. 26, decreto-legge  n.  91/2014  si  pone  in
rapporto di possibile incompatibilita' anche con gli  articoli  11  e
117, comma 1, Cost. in relazione, quali norme interposte, all'art. 1,
Protocollo addizionale n. 1, alla Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (di  cui  e'  stata
autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con  legge  4  agosto
1955, n. 848) e all'art. 6, paragrafo 3, Trattato UE,  che  introduce
nel diritto dell'Unione «in quanto  principi  generali»,  i  «diritti
fondamentali» garantiti dall'anzidetta Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo detto art. 1 - che  afferma  il  principio  di  «protezione
della proprieta'», ammettendo al  contempo  l'adozione  delle  misure
legislative «ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei  beni  in
modo conforme all'interesse generale» - conferisce  protezione  anche
ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; si veda, tra  le
altre, Maurice c. Francia [GC], del  6  ottobre  2005,  n.  11810/03,
paragrafi 63 e seguenti),  reputando  ammissibili  le  «interferenze»
(ingerenze) da parte della  pubblica  autorita'  in  presenza  di  un
interesse generale (cfr. Arras e altri c.  Italia,  n.  17972/07,  14
febbraio 2012 e 14 maggio 2012, final, paragrafi 77-79). 
    In questa prospettiva, l'ingerenza costituita  dalla  sottrazione
di parte dei crediti spettanti ai  produttori  di  energia  in  forza
delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed  e'
in contrasto con il principio  di  proporzionalita',  non  risultando
l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato  dalla  finalita'  di
diminuire le tariffe elettriche in  favore  di  alcune  categorie  di
consumatori. 
    5.3. Ulteriore violazione degli articoli 3 e 41 Cost.: disparita'
di  trattamento  ed   ulteriori   profili   di   irragionevolezza   e
sproporzione. 
    E'  dubbia  la   costituzionalita'   dell'art.   26,   comma   3,
decreto-legge n. 91/2014, rispetto all'art.  3  Cost.,  eventualmente
anche in relazione all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede  che
la rimodulazione si  applichi  soltanto  agli  «impianti  di  potenza
nominale superiore a 200 kW» (recte: ai soggetti fruitori di  tariffe
incentivanti per l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 
    5.3.1.  Tale  restrizione  del  campo  applicativo  comporta   la
creazione,  all'interno  dell'insieme  dei  titolari  degli  impianti
fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte  in
base alla «potenza  nominale»  (dell'impianto),  destinatarie  di  un
trattamento differenziato. 
    A dire della parte pubblica le ragioni di tale  scelta  sarebbero
da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i  soggetti  incisi
dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale  (4%)  del
totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari alla maggior
parte della spesa totale per l'incentivazione. 
    In disparte l'esattezza del dato numerico, questa  considerazione
non integra, tuttavia, un profilo idoneo a sorreggere  la  contestata
differenziazione di  trattamento  e,  in  particolare,  il  deteriore
trattamento disposto per quelli di  maggiori  dimensioni,  occorrendo
tener  conto  delle  modalita'   di   funzionamento   delle   tariffe
incentivanti. 
    La relativa entita' dipende infatti dalla  quantita'  di  energia
prodotta, sicche' e'  evenienza  del  tutto  normale,  e  insita  nel
sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita'  produttiva,
fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di
benefici piu' che proporzionale rispetto al relativo numero. 
    In altri termini, nel regime  di  sostegno  delineato  dai  conti
energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero
dei produttori, con la  conseguenza  che  misure  dirette  a  colpire
soltanto alcuni di  costoro  sortiscono  l'effetto  di  differenziare
posizioni giuridiche omogenee. 
    Le precedenti considerazioni dimostrano al  contempo  l'ulteriore
irragionevolezza delle misure, foriera di  un  trattamento  deteriore
per alcuni produttori in assenza di  adeguata  causa  giustificativa,
non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico  poste  a
base della distinzione. 
    La  sussistenza  dei  vizi  innanzi  indicati   pare   avvalorata
dall'ulteriore  esonero   disposto   dall'art.   22-bis,   comma   1,
decreto-legge n.  133/2014  cit.  in  favore  degli  impianti  i  cui
soggetti responsabili erano, alla data di  entrata  in  vigore  della
legge di conversione del decreto-legge n.  91/2014,  «enti  locali  o
scuole»: la norma opera infatti un distinguo fondato sulla  peculiare
qualita'  dei  percettori  dei  benefici,   indipendentemente   dalla
quantita' di energia prodotta. 
    5.3.2. Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento
degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica   da   fonti
rinnovabili diverse dal solare. 
    Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in  considerazione
anche tali soggetti nella parte relativa all'«acquirente selezionato»
(commi 7 e seguenti). 
    Sennonche',  non  si  comprendono  le   ragioni   del   deteriore
trattamento dei  produttori  da  fonte  solare  rispetto  agli  altri
percettori di incentivi, parimenti finanziati dagli utenti attraverso
i cosiddetti oneri generali di sistema (e dunque  con  il  versamento
delle componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 
    5.3.3. La creazione di categorie differenziate determina anche un
vulnus alla concorrenza e una lesione della  liberta'  di  iniziativa
economica ex art.  41  Cost.  dei  produttori  di  energia  elettrica
destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un  contesto
economico connotato dal sostegno  pubblico,  vedono  pregiudicata  la
possibilita' di operare sul mercato a parita' di condizioni  con  gli
altri produttori da fonte solare e, piu',  in  generale,  di  energia
rinnovabile. 
    Sotto questo profilo risultano pertanto lesi gli articoli 3 e  41
Cost. 
    5.4. Violazione dell'art. 77 Cost. 
    Secondo  la  Corte  costituzionale  «la   preesistenza   di   una
situazione  di  fatto  comportante  la  necessita'  e  l'urgenza   di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
dell'adozione di tale atto, la cui mancanza  configura  un  vizio  di
legittimita' costituzionale del medesimo, che  non  e'  sanato  dalla
legge di conversione» (sentenza n. 93 del 2011). 
    Essa precisa anche che il relativo sindacato «va  [...]  limitato
ai casi di  «evidente  mancanza»  dei  presupposti  di  straordinaria
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma,  Cost.  o
di  «manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'   della   relativa
valutazione»» (vedi ex plur. sentenza n. 10/2015). 
    Ai  fini  della  relativa  indagine  la  Corte  ha  rimarcato  la
centralita' dell'elemento  dell'«evidente  estraneita'»  della  norma
censurata rispetto alla materia disciplinata  da  altre  disposizioni
del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita,  dovendo   risultare   una
«intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni  straordinarie  venutesi  a  determinare»  (sentenza  n.
22/2012 nonche' sentenze nn. 128/2008 e 171/2007). 
    Cio' in quanto «l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto  o
alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico  tra  la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  «i
provvedimenti provvisori con forza di  legge»»  di  cui  all'art.  77
Cost., con l'ulteriore precisazione che «il  presupposto  del  «caso»
straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e  soltanto  al
provvedimento inteso come un tutto unitario, atto  normativo  fornito
di intrinseca coerenza, anche se articolato e  differenziato  al  suo
interno» e ponendosi «la scomposizione atomistica della condizione di
validita' prescritta dalla Costituzione [...]  in  contrasto  con  il
necessario legame tra il  provvedimento  legislativo  urgente  ed  il
«caso» che lo ha reso necessario, trasformando  il  decreto-legge  in
una  congerie  di  norme  assemblate  soltanto  da  mera   casualita'
temporale». 
    In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art.  15,
comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che «pur non avendo, in se'  e
per se', rango costituzionale,  e  non  potendo  quindi  assurgere  a
parametro di legittimita' in un  giudizio  davanti  a  questa  Corte,
costituisce esplicitazione della ratio implicita  nel  secondo  comma
dell'art. 77 Cost.,  il  quale  impone  il  collegamento  dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza,  che  ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la  funzione  legislativa  senza  previa  delegazione  da  parte  del
Parlamento» (sentenza n. 22/2012 cit., in cui e' preso in esame anche
il preambolo dell'atto sottoposto a scrutinio). 
    Ora, premesso che ai  sensi  dell'art.  15,  comma  1,  legge  n.
400/1988 cit. i decreti-legge sono presentati per  l'emanazione  «con
l'indicazione, nel  preambolo,  delle  circostanze  straordinarie  di
necessita' e di urgenza che ne giustificano  l'adozione»,  mentre  il
comma 3 sancisce che «i decreti devono contenere misure di  immediata
applicazione e il loro contenuto deve essere  specifico,  omogeneo  e
corrispondente al titolo», il dubbio di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 insorge  con  riferimento  alla
circostanza che, pur rinvenendosi nel  titolo  del  decreto-legge  n.
91/2014 il riferimento al «rilancio e [al]lo sviluppo delle  imprese»
e al «contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche»,  nel
preambolo del provvedimento non si rinviene  tuttavia  esplicitazione
di tali punti. 
    Risulta infatti presa in considerazione unicamente (con  riguardo
alla materia in esame) «la  straordinaria  necessita'  e  urgenza  di
adottare disposizioni volte a superare alcune criticita'  ambientali,
alla  immediata  mitigazione  del  rischio   idrogeologico   e   alla
salvaguardia  degli  ecosistemi,  intervenendo  con   semplificazioni
procedurali, promuovendo  interventi  di  incremento  dell'efficienza
energetica negli usi  finali  dell'energia  nel  settore  pubblico  e
razionalizzando le procedure in materia di impatto  ambientale»  (gli
altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria  necessita'
e urgenza di  adottare  «disposizioni  finalizzate  a  coordinare  il
sistema   dei   controlli   e   a   semplificare    i    procedimenti
amministrativi»,  di   «prevedere   disposizioni   finalizzate   alla
sicurezza alimentare dei cittadini», di  adottare  «disposizioni  per
rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante  dell'economia
nazionale, e  la  competitivita'  del  medesimo  settore  [...]»;  di
adottare  «disposizioni  per  semplificare  i  procedimenti  per   la
bonifica e la messa in  sicurezza  dei  siti  contaminati  e  per  il
sistema di  tracciabilita'  dei  rifiuti,  per  superare  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in
materia   ambientale,   dall'appartenenza   dell'Italia    all'Unione
europea»); 
    Il testo e' poi articolato in un titolo unico (titolo  I  «Misure
per la crescita economica») e in tre capi («Disposizioni urgenti  per
il  rilancio  del  settore  agricolo»;  «Disposizioni   urgenti   per
l'efficacia  dell'azione  pubblica  di  tutela  ambientale,  per   la
semplificazione  di  procedimenti  in  materia   ambientale   e   per
l'adempimento degli obblighi derivanti  dall'appartenenza  all'Unione
europea»; «Disposizioni urgenti per le imprese»). 
    L'art. 26 e' contenuto nel capo III, «Disposizioni urgenti per le
imprese», insieme a una serie di articoli  omogenei  (da  23  a  30),
effettivamente attinenti al tema della «piu' equa distribuzione degli
oneri tariffari fra le diverse categorie  di  consumatori  elettrici»
(cosi' l'art. 23 cit., che individua gli articoli da 24  a  30  quali
generatori di «minori oneri per l'utenza»),  ma  in  un  contesto  di
norme del tutto eterogenee (cfr. articoli 18 seguenti). 
    Appare  dunque  carente  l'elemento  finalistico,  non  sembrando
ravvisabile  «l'intento  di  fronteggiare  situazioni   straordinarie
complesse  e  variegate,  che  richiedono  interventi  oggettivamente
eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie  diverse,  ma  indirizzati
all'unico  scopo  di   approntare   rimedi   urgenti   a   situazioni
straordinarie venutesi a determinare». 
    Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono  «di
immediata applicazione», come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n.
400/1988,  essendo  sufficiente  considerare  le   menzionate   norme
sull'«acquirente  selezionato»  e  sul  recesso  dai   contratti   di
finanziamento (commi da 7 a 12). 
    Tanto   premesso,   il   Collegio   ritiene   rilevanti   e   non
manifestamente infondate le esposte questioni  di  costituzionalita',
relative all'applicazione del comma 3 dell'art. 26  decreto-legge  n.
91/2014 agli impianti di produzione di  energia  elettrica  da  fonte
solare,  aventi  potenza  superiore  a  200  kW,  che  fruiscano   di
incentivazioni in atto ai sensi dei conti energia. 
    Il giudizio e' di conseguenza sospeso  per  la  rimessione  delle
questioni suddette all'esame  della  Corte  Costituzionale,  mandando
alla Segreteria di trasmettere  alla  Corte  la  presente  ordinanza,
unitamente a copia del ricorso, di notificarla alle parti in causa  e
al Presidente del Consiglio dei ministri nonche'  di  comunicarla  ai
Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione terza
ter): 
    a) visti  gli  articoli  134  Cost.,  1  legge  costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1, e 23  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara
rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 26, comma 3, del decreto legge  n.  91/2014,
convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n.  116/2014,  in
relazione agli articoli 3, 11, 41,  77  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, nonche' 1, Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali e 6, paragrafo 3, Trattato UE secondo quanto specificato
in motivazione; 
    b) dispone la sospensione del presente giudizio; 
    c)  ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti   alla   Corte
costituzionale, unitamente alla prova delle previste comunicazioni  e
notificazioni; 
    d) ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti del giudizio e al Presidente del Consiglio  dei
ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati  e  del
Senato della Repubblica. 
 
    Cosi' deciso in Roma nelle Camere  di  Consiglio  dei  giorni  19
marzo e 8 maggio 2015, con l'intervento dei magistrati: 
 
         Giuseppe Daniele, Presidente 
         Mario Alberto di Nezza, Consigliere 
         Maria Grazia Vivarelli, Consigliere, Estensore. 
 
                       Il Presidente: Daniele 
 
 
                                               L'estensore: Vivarelli