N. 46 ORDINANZA 10 febbraio - 3 marzo 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Fallimento e procedure  concorsuali  -  Dichiarazione  di  fallimento
  dell'imprenditore  individuale   persona   fisica   e   del   socio
  illimitatamente responsabile di societa' fallita. 
- Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del
  concordato preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
  liquidazione coatta amministrativa), artt. 1, primo comma, 5, primo
  comma, e 147, primo comma. 
-   
(GU n.10 del 9-3-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt.  1,  primo
comma, 5, primo comma, e 147, primo comma, del regio decreto 16 marzo
1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del  concordato  preventivo,
dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
amministrativa), promossi dal Tribunale ordinario di Vicenza, sezione
fallimentare, con due ordinanze del 13 giugno 2014, iscritte  ai  nn.
89 e 90 del registro  ordinanze  2015  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 21,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2015. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2016  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli. 
    Ritenuto  che  -  nella  fase  prefallimentare  di  un   giudizio
implicante la possibilita' della dichiarazione  di  fallimento  della
persona  fisica  insolvente  (resistente  in  quel  processo)  -   il
Tribunale ordinario di Vicenza, sezione fallimentare,  ha  sollevato,
con ordinanza depositata il 13 giugno 2014, questione incidentale  di
legittimita' costituzionale degli artt. 1, primo comma,  e  5,  primo
comma, del regio decreto  16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del
fallimento,   del   concordato    preventivo,    dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa), «nella parte
in cui assoggettano a fallimento l'imprenditore  individuale  persona
fisica, e non autonomamente la sola impresa individuale  intesa  come
attivita',  ovvero  alternativamente  [la   sottolineatura   e'   nel
dispositivo  dell'ordinanza]  nella  parte  in  cui  assoggettano   a
fallimento   l'imprenditore   individuale   anziche'   limitarsi    a
dichiararne  l'insolvenza,  o  a  dichiarare  soltanto   l'insolvenza
dell'impresa della persona fisica come attivita'»; 
    che, secondo  il  rimettente,  dette  disposizioni  violerebbero,
infatti, gli artt. 2, 3, commi primo e secondo, e 41, secondo  comma,
della Costituzione, in  ragione  della  «inadeguatezza  dell'uso  del
termine "fallito"», in esse riferito a colui la cui  impresa  sia  in
stato di insolvenza, trattandosi di termine che «non  e'  solo  [...]
tecnico giuridico», ma avrebbe «anche, e soprattutto,»  una  «portata
ben piu' ampia che coinvolge la  persona  nella  sua  globalita',  in
tutte le sue sfere e relazioni sociali, e nel suo piu' intimo sentire
ed amor proprio»; 
    che, in altro analogo giudizio in fase prefallimentare, la stessa
sezione del Tribunale ordinario di Vicenza, con  altra  ordinanza  in
pari  data,  ha  sollevato,  in  riferimento  ai  medesimi  parametri
costituzionali, questione di legittimita' costituzionale degli  artt.
147, primo comma, e 5, primo comma, del citato r.d. n. 267 del  1942,
«nella  parte  in   cui   determinano   il   fallimento   del   socio
illimitatamente responsabile di societa' fallita, anziche'  limitarsi
a determinarne la dichiarazione di insolvenza, in  conseguenza  della
dichiarazione di fallimento (o di insolvenza) della societa'»; 
    che, secondo il Collegio a quo (che, con riguardo alla  posizione
del socio illimitatamente responsabile,  reitera  sostanzialmente  le
argomentazioni gia' svolte nella precedente ordinanza, nei  confronti
dell'imprenditore   individuale   persona   fisica),   la   normativa
denunciata  contrasterebbe,  in  particolare,  con  il  principio  di
eguaglianza per la disparita' di trattamento, che comporterebbe,  tra
un soggetto fallibile ed un  soggetto  non  fallibile,  agli  effetti
della  «capitis  deminutio  sociale  conseguente  alla   attribuzione
dell'appellativo "fallito",  che  viene  dato  con  sentenza  ad  una
persona fisica, per l'insolvenza della sua impresa, o della  societa'
di cui e' socio illimitatamente responsabile». E sconterebbe «lo iato
di  sensibilita'  (sociale  e  giuridica)   rispetto   alla   vigente
Costituzione materiale, che piu' non tollera nel proprio sentire  che
un soggetto persona fisica debba essere  qualificato  "fallito",  sol
perche' la sua impresa commerciale (e solo essa) non abbia funzionato
a dovere, eventualmente anche per cause esterne al suo volere»; 
    che, nei due giudizi introdotti dinanzi a questa Corte,  i  quali
per connessione possono riunirsi, e' intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, che, per il tramite dell'Avvocatura  generale
dello Stato, ha identicamente concluso per l'inammissibilita'  o,  in
subordine, per la non fondatezza di entrambe le sollevate questioni. 
    Considerato che la questione  -  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 1, primo comma, e 5, primo comma, del  r.d.  n.  267  del
1942  -  sollevata  con  la  prima   ordinanza,   e'   manifestamente
inammissibile, sia per il  carattere  virtuale  della  sua  rilevanza
(solo apoditticamente affermata, in carenza di alcun, pur necessario,
previo accertamento  in  ordine  alla  sussistenza  in  concreto  dei
presupposti suscettibili di condurre alla declaratoria di  fallimento
prevista  dalla  normativa   censurata),   sia   per   il   carattere
dichiaratamente ancipite del suo petitum (per tutte, ordinanze n.  41
del 2015, n. 248 del 2014 e n. 328 del 2011); 
    che anche la questione -  di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 147, primo comma, e 5, primo comma, del medesimo  r.d.  n.  267
del 1942 - sollevata con la  seconda  ordinanza,  e',  a  sua  volta,
manifestamente  inammissibile,  per   analoga   inadeguatezza   della
motivazione  sulla  rilevanza,  oltreche'  per   il   carattere   non
obbligato, e sostanzialmente addirittura  creativo,  della  auspicata
pronunzia additiva; 
    che,  infatti,  l'obiettivo  del  mutamento   del   nomen   iuris
dell'istituto  in  questione,  che  il  rimettente  si   propone   di
conseguire  attraverso  l'incidente  di  costituzionalita'  -  seppur
apprezzabile  nella  delineata  prospettiva  di  una  piu'  sensibile
attenzione al valore  della  dignita'  della  persona  -  presuppone,
comunque,  una  valutazione,  in  ordine  alla   denominazione   piu'
appropriata di aspetti pertinenti  alla  disciplina  del  fallimento,
certamente eccentrica rispetto ai poteri del Giudice delle  leggi  ed
attinente invece proprium  delle  scelte  riservate  al  legislatore.
Come, del resto, dimostrato, de iure condendo, dal criterio direttivo
individuato dal recente schema di disegno di legge recante «Delega al
Governo per la riforma  organica  delle  discipline  della  crisi  di
impresa e dell'insolvenza», elaborato dalla Commissione  ministeriale
istituita dal Ministro della giustizia con decreto 24 febbraio  2015,
consistente proprio nella previsione della sostituzione  del  termine
«fallimento»,  con  espressioni  equivalenti,  quali  «insolvenza»  o
«liquidazione giudiziale». 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 1, primo comma,  e  5,  primo
comma, del regio decreto  16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del
fallimento,   del   concordato    preventivo,    dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta  amministrativa),  sollevata,
in riferimento agli artt. 2, 3, commi primo e secondo, e 41,  secondo
comma,  della  Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario  di  Vicenza,
sezione fallimentare, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 147, primo comma, e 5,  primo
comma, del r.d. n. 267 del 1942, sollevata, in riferimento agli artt.
2, 3, commi primo e secondo, e 41, secondo comma, della Costituzione,
dal  Tribunale  ordinario  di  Vicenza,  sezione  fallimentare,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2016. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2016. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA