N. 14 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2016

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 7 marzo 2016 (della Regione Friuli-Venezia Giulia) . 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2016  -
  Monitoraggio e ricognizione delle risorse del Fondo di rotazione di
  cui all'art. 5 della legge n. 183 del  1987,  gia'  destinate  agli
  interventi del Piano di Azione Coesione (PAC), non  ancora  oggetto
  di impegni giuridicamente  vincolanti  rispetto  ai  cronoprogrammi
  approvati. 
- Legge 28 dicembre 2015, n. 208 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2016)"), art. 1, commi 109 e 110. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2016  -
  Contributo alla finanza pubblica delle  Regioni  e  delle  Province
  autonome di Trento e di Bolzano pari a 3.980 milioni  di  euro  per
  l'anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni  2018
  e 2019. 
- Legge 28 dicembre 2015, n. 208 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2016)"), art. 1, comma 680, periodi 4 e 5. 
(GU n.15 del 13-4-2016 )
    Ricorso  della  Regione   Friuli-Venezia   Giulia   (cod.   fisc.
80014930327; P. Iva 00526040324), in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale pro tempore Avv.  Debora  Serracchiani,  autorizzata
con deliberazione della Giunta regionale n. 293 del 25 febbraio  2016
(doc. 1), rappresentata e difesa - come  da  procura  a  margine  del
presente atto -  dall'avv.  prof.  Giandomenico  Falcon  (cod.  fisc.
FLCGDM45C06L736E)     di     Padova     (fax     049-8776503,     PEC
giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it), con domicilio eletto in
Roma presso l'Ufficio di  rappresentanza  della  Regione,  in  Piazza
Colonna, 355. 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 commi 109,
110 e 680, periodi 4 e 5  della  legge  28  dicembre  2015,  n.  208,
Disposizioni per la formazione del  bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita'  2016),  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 30 dicembre 2015, n. 302, Suppl. ord. n. 70, 
    per violazione: 
        degli articoli 3, 5 e 97, 116, 117, primo comma, e 120  della
Costituzione; 
        degli articoli 118 e 119 Cost., in combinato  con  l'art.  10
della legge cost. n. 3 del 2001; 
        dell'art 8 della legge cost. 1 del 1963 (Statuto speciale) in
combinato con gli articoli 4, 5 e 6 sempre della legge  cost.  1  del
1963; 
        degli articoli 48, 49, 50 e 63 sempre della legge cost. n.  1
del 1963; 
        dell'accordo del 23 ottobre 2014 e dell'art. 1, comma 512 e i
commi ivi richiamati, della legge n. 190 del 2014; 
        dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009; 
        dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012; 
        nonche' dell'autonomia finanziaria e organizzativa regionale,
del principio della certezza delle entrate e dei principi pattizio  e
di leale  collaborazione,  per  i  profili  e  nei  modi  di  seguito
illustrati. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    Premessa. 
    Il presente ricorso si riferisce  ad  alcune  disposizioni  della
legge 28 dicembre 2015, n. 208, Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2016).  Precisamente,  si  tratta  da  un  lato  del  comma  110,  in
connessione con il 109, dall'altro del comma 680, periodi 4 e 5. 
    La ricorrente Regione ritiene che  entrambi  presentino  elementi
costituzionalmente illegittimi e lesivi  della  propria  autonomia  e
sfera finanziaria. 
    Trattandosi di questioni diverse, conviene esporre  distintamente
per ciascuna di esse gli elementi  di  fatto  e  di  diritto  che  le
caratterizzano, in relazione ai quali la ricorrente Regione chiede  a
codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale   la    dichiarazione    di
illegittimita' costituzionale. 
I.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,   comma   110,   in
collegamento con il comma 109. 
    I commi 109 e 110 dell'art. 1 della legge 208 del 2015 riguardano
i fondi destinati al Piano di Azione Coesione (PAC).  Essi  prevedono
un monitoraggio e una ricognizione delle risorse non  ancora  oggetto
di  impegni  giuridicamente  vincolanti  rispetto  ai  cronoprogrammi
approvati (comma 109) e, soprattutto,  all'esito  della  ricognizione
predetta, una riallocazione delle risorse disponibili per  destinarle
al finanziamento dell'esonero contributivo in favore  dei  datori  di
lavoro privati nelle regioni Abruzzo, Molise,  Campania,  Basilicata,
Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna (comma 110). 
    La Regione Friuli-Venezia Giulia, titolare di una quota parte  di
tali  risorse,  ritiene  che  la  loro  sottrazione  alla  precedente
destinazione sia costituzionalmente illegittima. 
    Conviene premettere che il Piano di Azione Coesione (PAC) e'  uno
strumento di programmazione avviato dal Governo italiano d'intesa con
la Commissione Europea, mediante l'accordo sottoscritto il 7 novembre
2011, per accelerare  l'attuazione  dei  programmi  cofinanziati  dai
Fondi strutturali 2007-2013 e per recuperare i  ritardi  nell'uso  di
detti fondi strutturali. 
    Il Piano definisce un'azione di cooperazione  rafforzata  tra  le
autorita' europee, il Governo nazionale e le amministrazioni centrali
e, soprattutto, regionali, e prevede la costituzione di un Gruppo  di
azione con il compito di seguire i Piani di  Azione  Coesione,  quale
nuova modalita' di cooperazione rafforzata tra lo Stato membro  e  la
Commissione europea. 
    L'accordo  non  fissa  termini  perentori  per  l'utilizzo  delle
risorse e non ne prevede la revoca in caso di superamento  dei  tempi
previsti,  tanto  meno  in  riferimento  a  specifici   termini   per
l'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti. 
    Per assicurare il pieno e tempestivo utilizzo fondi  PAC,  l'art.
4, comma 3, del d.-l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito nella legge 9
agosto 2013, n. 99, ha previsto  che  il  Gruppo  di  azione  proceda
periodicamente, in collaborazione con le amministrazioni interessate,
alla verifica dello stato di avanzamento  dei  singoli  interventi  e
alle conseguenti rimodulazioni del Piano che si rendessero necessarie
a seguito dell'attivita' di monitoraggio,  anche  mediante  eventuali
riprogrammazioni. 
    Sulla  base  di  tali  regole  generali,  nel  2012  la   Regione
Friuli-Venezia Giulia ha concordato  con  il  Governo  l'adesione  al
Piano di Azione Coesione, confermata dal Presidente della Regione con
nota del 7 dicembre 2012. 
    La Commissione europea, in data 14 giugno 2013,  ha  acconsentito
ad una modifica del Programma operativo  regionale  (POR)  del  Fondo
Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) a favore della riprogranimazione
delle stesse per le iniziative del Programma Operativo regionale  del
Fondo  Sociale  Europeo  (FSE)  sul  programma   esterno   parallelo,
richiedendo  che  la  Regione  procedesse  ad  un'unica  notifica  di
modifica del POR FESR. 
    Il complesso degli  interventi  del  Piano  regionale,  approvato
dalla Giunta regionale con  delibera  del  21  marzo  2014,  n.  515,
esprime il notevole impegno finanziario di oltre 67 milioni di  euro,
derivanti  dalla  riduzione  della  quota  nazionale  del  Fondo   di
rotazione (ex lege n. 185 del 1987) del Programma "POR FESR  20072013
Obiettivo Competitivita'  regionale  e  occupazione  Friuli-  Venezia
Giulia": in gran parte dalla quota nazionale, ma  anche  dalla  quota
della Regione e degli Enti Locali. 
    Nel contenuto, il Piano in parte prosegue iniziative gia' avviate
nel quadro del Programma operativo regionale (POR) del Fondo  Europeo
di Sviluppo Regionale,  in  parte  finanzia  iniziative  nuove.  Esso
prevede diverse "azioni",  ciascuna  destinata  al  perseguimento  di
importanti obiettivi di politica  sociale,  quali:  il  rafforzamento
della competitivita' e dell'innovazione delle imprese  attraverso  la
promozione della progettualita' e  dell'imprenditoria  e  occupazione
giovanile e femminile; il rafforzamento  della  competitivita'  delle
imprese  regionali  e  del  loro  grado  di   internazionalizzazione;
promozione della creazione di nuove reti di impresa e  consolidamento
di quelle esistenti; la promozione dell'Agenda Digitale  nei  diversi
settori;  le  misure  di  Politica  Attiva  finalizzata  a   favorire
l'inserimento lavorativo  dei  giovani,  a  promuoverne  il  successo
formativo e professionale,  ad  attivare  i  giovani  disoccupati  ed
emarginati dal sistema scolastico e formativo (i cosiddetti  "giovani
NEET"); la nascita di nuove imprese, con  particolare  attenzione  ai
settori  innovativi  e   con   specifica   attenzione   e   priorita'
all'imprenditorialita' femminile. 
    Il finanziamento del Piano e' gia' stato una prima volta  ridotto
dal legislatore statale. Precisamente, l'art.  1,  comma  122,  della
legge 23 dicembre 2014, n.  190  (legge  di  stabilita'  2015),  come
modificato dall'art. 7, comma 9-sexies, d.-l. 19 giugno 2015, n.  78,
convertito nella legge  6  agosto  2015,  n.  125,  ha  previsto  una
"riprogrammazione"  delle  risorse  del  Fondo  di   rotazione   gia'
destinate agli interventi  del  Piano  di  azione  coesione  che  dal
sistema di monitoraggio del Dipartimento  della  Ragioneria  generale
dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze  risultassero
non ancora impegnate. La legittimita' di tale disposizione  e'  stata
contesta da tre Regioni con i ricorsi in via principale nn.  32/2015,
35/2015 e 41/2015 R.R, tuttora pendenti. 
    A causa di tale intervento  la  programmazione  della  ricorrente
Regione  ha  gia'  dovuto  subire  una  rilevante   riduzione   degli
interventi programmati. 
    Gli   stessi   fondi   sono   ora   oggetto   di   una    seconda
"riprogrammazione", disposta dalla disciplina qui impugnata. 
    Infatti il comma 109  dell'art.  1  della  1.  n.  208  del  2015
stabilisce che "entro  il  31  marzo  2016  si  provvede  [...]  alla
ricognizione delle risorse del Fondo di rotazione di cui  all'art.  5
della legge 16 aprile 1987, n. 183, gia'  destinate  agli  interventi
del Piano di Azione Coesione (PAC)  non  ancora  oggetto  di  impegni
giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati" e che
"a tal fine, le  amministrazioni  titolari  di  interventi  del  PAC,
approvati alla data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,
inviano al sistema di monitoraggio nazionale,  entro  il  31  gennaio
2016, i dati relativi alle risorse impegnate e  pagate  per  ciascuna
linea di intervento". 
    Sin qui sembra trattarsi di un semplice monitoraggio. 
    Tuttavia, il successivo comma 110 prevede che  «con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro  il  30  aprile
2016 di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e  con
il Ministro del lavoro  e  delle  politiche  sociali  e'  determinato
l'ammontare delle risorse disponibili in esito alla  ricognizione  di
cui  al  comma  109  ed  e'  disposto  l'utilizzo  delle  stesse  per
l'estensione dell'esonero contributivo di cui ai commi 178 e 179 alle
assunzioni a tempo indeterminato effettuate nell'anno 2017 in  favore
dei datori di lavoro privati, operanti nelle regioni Abruzzo, Molise,
Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna». 
    Il complesso delle disposizioni dei commi 109  e  110  e'  dunque
preordinato non al monitoraggio, ma  alla  revoca  di  fondi  gestiti
dalla Regione Friuli-Venezia Giulia per gli interventi  previsti  dal
PAC nelle materie di sua competenza. Precisamente, la riduzione delle
risorse del PAC e' prevista dal comma 110 (che e'  percio'  l'oggetto
primario delle presente impugnazione),  ma  gli  stessi  obblighi  di
comunicazione e il relativo monitoraggio di cui  al  comma  109  sono
funzionali all'operazione di cui al comma  successivo,  e  quindi  si
pongono in posizione accessoria e servente rispetto al comma 110.  Si
noti che  le  comunicazioni  e  il  monitoraggio  funzionali  ad  una
riprogrammazione "ordinaria" degli interventi PAC sono gia'  previsti
in via generale dall'art. 4, comma 3, del 28 giugno 2013, n. 76. 
    Le disposizioni impugnate, dunque,  sono  collegate  e  nel  loro
insieme lesive delle competenze della Regione ed  illegittime  per  i
motivi che seguono. 
I.1. Violazione dell'autonomia finanziaria garantita  dagli  articoli
48, 49 e 50 dello  Statuto  e  dall'art.  119  Cost.  Violazione  del
principio  consensuale  e,  in  subordine,  del  principio  di  leale
collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.). 
    Come sopra esposto, il Piano  azione  coesione  della  ricorrente
Regione e' frutto - sulla base di un  accordo  generale  tra  Governo
italiano e Commissione europea - di uno specifico accordo tra Governo
italiano  e  la  Regione,  a  sua  volta  oggetto  di  notifica  alla
Commissione europea. 
    Esso  costituisce  una  forma  di  finanziamento  della  Regione,
pienamente rientrante nel quadro previsto dagli articoli 48, 49 e  50
dello Statuto e dall'art. 119 Cost. In particolare, l'art.  50  dello
statuto prevede che "per provvedere  a  scopi  determinati,  che  non
rientrano nelle funzioni normali della Regione, e per  la  esecuzione
di programmi organici di sviluppo" lo Stato possa assegnare  ad  essa
speciali contributi. 
    Il finanziamento del Piano azione  coesione,  una  volta  deciso,
entra a costituire  parte  della  complessiva  finanza  regionale,  e
l'accordo  tra  il  Governo  e  la  Regione  per  tale  finanziamento
costituisce  applicazione  del  principio  consensuale  che  regge  i
rapporti tra il Friuli-Venezia Giulia,  quale  regione  ad  autonomia
differenziata, e lo Stato. 
    Tale principio, fondato su  una  pluralita'  di  regole  previste
dallo statuto, tra le quali la procedura concordata per la  revisione
delle regole del Titolo IV (art. 63, quinto  comma)  e  la  procedura
prevista  per  le  norme  di  attuazione  (art.  65),  e'  pienamente
affermato nella legislazione, in particolare nell'art. 27 della legge
basilare n. 42  del  2009  e  riconosciuto  dalla  giurisprudenza  di
codesta ecc.ma Corte costituzionale: si vedano, tra le piu' recenti e
importanti, le sentenze nn. 19 e 155 del 2015. 
    La revoca unilaterale di tale fmanziamento  contraddice  in  modo
palese tale principio. 
    Se anche non si ritenesse  operante  tale  principio,  la  revoca
delle risorse prevista dai commi 109 e  110  violerebbe  comunque  il
principio di leale collaborazione (art. 120, secondo  comma,  Cost.),
in collegamento  con  l'art.  50  dello  Statuto:  il  quale  prevede
l'assegnazione di fondi alla Regione, ma non prevede  certamente  che
tale assegnazione possa  essere  poco  dopo  revocata  ad  nutum,  in
assenza di qualunque forma di interlocuzione con la Regione. 
I.2. Violazione dell'art. 3 Cost., per violazione  del  principio  di
ragionevolezza, dell'affidamento e di certezza del diritto, dell'art.
97, primo comma, Cost.,  per  contrasto  con  il  principio  di  buon
andamento  e  di   programmazione   delle   risorse   finanziarie   e
dell'attivita' amministrativa; violazione dell'art. 117, primo comma,
Cost. 
    Come si e' illustrato, il Piano di Azione Coesione costituisce un
progetto di utilizzazione di fondi europei, nazionali e regionali,  e
dunque un progetto che si inserisce in un sistema  di  programmazione
pluriennale finanziaria di medio-lungo periodo. 
    La  sottrazione  di  tali  finanziamenti,  frutto  di   un'azione
combinata tra Unione europea, Stato, Regione e comunita' locali, alla
propria destinazione e alla comunita' regionale appare  irragionevole
e  contraria  al  principio  di   buon   andamento   della   pubblica
amministrazione, perche' essa si pone in frontale contraddizione  con
lo stesso principio  di  programmazione,  componente  essenziale  del
principio di buon andamento. 
    La  norma  lede  poi  il  principio  dell'affidamento,  anch'esso
radicato nell'art. 3 Cost., perche' la Regione  e  la  sua  comunita'
territoriale sono  privati  di  risorse  sulle  quali  esse  potevano
legittimamente contare. 
    Viene cosi' interrotto in settori delicati  l'esercizio  gia'  in
corso di funzioni amministrative e di  azioni  di  politica  sociale.
L'impossibilita'  di  completare   i   programmi   rende   priva   di
razionalita' anche la parte gia' svolta,  frustrando  la  complessiva
azione regionale e la generale produttivita' della spesa. 
    In ogni caso, la sottrazione di una rilevante misura  di  risorse
toglie  certezza  ed  equilibrio  all'intera   gestione   finanziaria
regionale. 
    Tanto maggiore e' poi il difetto di ragionevolezza in quanto  nel
momento di approvazione della nuova  destinazione  delle  risorse  la
reale possibilita' di tale utilizzo non e' neppure certa, dato che la
stessa disposizione conclude stabilendo  che  la  sua  efficacia  "e'
subordinata all'autorizzazione della  Commissione  europea  ai  sensi
dell'art.  108,  paragrafo  3,   del   Trattato   sul   funzionamento
dell'Unione europea". 
    In altre parole, mentre l'effetto distruttivo della  disposizione
sulla gestione dei Piani di azione coesione  e'  immediato  e  sicuro
(non potendosi ovviamente continuare nella realizzazione di  progetti
per i quali non  vi  sia  certezza  di  finanziamento),  il  presunto
effetto  utile  della  nuova  destinazione  e',   nel   testo   della
disposizione, incerto, dovendosi per la sua realizzazione ottenere il
consenso della Commissione europea. 
    La previsione collide anche con il principio della  certezza  del
diritto, radicato sia nell'art. 3  Cost.  sia  nel  diritto  europeo,
vincolante ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost., trattandosi di
fattispecie  condizionata  dagli  obblighi  europei,   in   relazione
all'intervenuto  accordo  con  la  Commissione  europea  sulla  nuova
destinazione dei fondi e alle regole sulla riprogrammazione contenute
nell'art. 33 regolamento (CE)  n.  1083/2006  del  Consiglio  dell'11
luglio 2006, recante "Disposizioni  generali  sul  Fondo  europeo  di
sviluppo  regionale,  sul  Fondo  sociale  europeo  e  sul  Fondo  di
coesione", in attuazione degli articoli 176 e 177 TFUE. 
    Il contrasto delle  norme  impugnate  con  i  predetti  parametri
costituzionali ridonda sull'esercizio  di  competenze  costituzionali
della Regione, perche' condiziona l'esercizio funzioni amministrative
della ricorrente nelle materie ad essa attribuite dallo statuto (art.
16, in combinato con gli articoli 4, 5 e 6) o dall'art. 118 Cost., in
combinazione con l'art. 10  della  legge  cost.  n.  3  del  2001,  e
segnatamente nelle materie  interessate  dagli  interventi  del  PAC,
quali la organizzazione regionale; l'urbanistica; i trasporti locali;
il sostegno alle imprese e all'occupazione; i porti.  Tale  contrasto
inoltre si ripercuote, ledendola,  sull'autonomia  finanziaria  della
Regione, come e' evidente anche da quanto  si  e'  esposto  al  punto
precedente. 
    Va rilevato che la disposizione del comma 109 presenta margini di
ambiguita' nella parte in cui si  riferisce  a  risorse  "non  ancora
oggetto   di   impegni   giuridicamente   vincolanti   rispetto    ai
cronoprogrammi approvati", potendo essere intesa  sia  nel  senso  di
imporre  la  revoca  dei  fondi  ancora  non   oggetto   di   impegni
giuridicamente vincolanti pur nel rispetto dei  cronoprogramrni,  sia
nel senso di dispone la revoca dei soli  fondi  per  i  quali  vi  e'
ritardo rispetto al cronoprogramma. 
    Ma se pure lo si intendesse in questo secondo  e  piu'  ristretto
significato, non verrebbe meno la  lesione  dei  parametri  indicati.
Infatti,  comunque  la  disposizione  determinerebbe  la  revoca  del
finanziamento in modo generalizzato e senza una valutazione specifica
in  ordine  alla  responsabilita'   e   gravita'   del   ritardo,   e
sull'interesse pubblico alla prosecuzione del programma, in relazione
al suo stato di avanzamento e al suo rilievo. 
II. Illegittimita' costituzionale del comma 680, nella parte  in  cui
prevede alla Regione Friuli-Venezia Giulia  contributi  alla  finanza
pubblica diversi da quelli concordati o non concordati. 
    Il comma 680 regola il contributo  alla  finanza  pubblica  delle
regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. 
    Il primo periodo della  disposizione  fissa  tale  contributo  in
termini  globali  per  il  complesso   delle   autonomie   regionali,
stabilendolo in 3.980 milioni di euro per  l'anno  2017  e  in  5.480
milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019. Dati gli importi
globali, sempre secondo il primo periodo, i contributi delle  singole
autonomie dovrebbero essere stabiliti «in sede di  autocoordinarnento
dalle regioni e province autonome medesime, da  recepire  con  intesa
sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,  le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,  entro  il  31
gennaio di ciascun anno». 
    Il secondo periodo dispone per il caso che non si  sia  raggiunta
l'intesa  nei  termini  previsti.  Provvede  allora  con  decreto  il
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  "previa  deliberazione  del
Consiglio  dei  ministri,  entro  venti  giorni  dalla  scadenza  dei
predetti termini". Con tale decreto i diversi importi "sono assegnati
ad ambiti di spesa ed attribuiti  alle  singole  regioni  e  province
autonome, tenendo anche conto della popolazione residente e del  PIL,
e  sono  rideterminati  i  livelli  di  finanziamento  degli   ambiti
individuati e le modalita' di acquisizione  delle  risorse  da  parte
dello Stato, considerando anche le risorse destinate al finanziamento
corrente del Servizio sanitario nazionale". 
    Il  terzo  periodo  riguarda  le  sole  autonomie   speciali,   e
stabilisce il principio secondo il quale "fermo restando il  concorso
complessivo di cui  al  primo  periodo,  il  contributo  di  ciascuna
autonomia speciale e' determinato previa intesa  con  ciascuna  delle
stesse".  Dunque,  le  autonomie  speciali  da  un  lato  partecipano
all'autocoordinamento  generale  previsto  dal  primo   periodo,   ma
dall'altro concordano la propria quota con lo Stato. 
    Il  quarto  periodo  si  riferisce  di  nuovo  all'insieme  delle
autonomie regionali ("le regioni e le province autonome di  Trento  e
di Bolzano"). Esso prevede che esse assicurino "il finanziamento  dei
livelli essenziali di assistenza come eventualmente rideterminato  ai
sensi del presente comma e dei  commi  da  681  a  684  del  presente
articolo e dell'art. 1, commi da 400 a 417, della legge  23  dicembre
2014, n. 190". 
    Il quinto periodo contiene una disposizione finale, riferita alla
sola regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome di Trento e
di Bolzano, e dispone che in relazione ad  esse  "l'applicazione  del
presente comma avviene nel rispetto dell'Accordo sottoscritto tra  il
Governo e i predetti enti in data 15 ottobre  2014,  e  recepito  con
legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il  concorso  agli  obiettivi  di
finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413  dell'art.  1  della
medesima legge". 
    In  conseguenza  di  tale  insieme  di  disposizioni  la  Regione
Friuli-Venezia Giulia si trova a dover sopportare, oltre alla propria
quota degli oneri previsti dal primo periodo, gli oneri previsti  dal
quarto periodo. Infatti, i richiamati commi  "da  400  a  417,  della
legge 23 dicembre 2014, n. 190" comprendono -  in  particolare  nella
Tabella di cui al  comma  400,  richiamato  anche  dal  comma  401  -
consistenti contribuzioni della Regione. 
    Pertanto, la presente impugnazione si rivolge in primo  luogo  al
quarto periodo,  nella  parte  in  cui  esso  richiede  alla  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  contribuzioni  non  previste  nel  Protocollo
d'intesa tra lo Stato e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia per
la revisione del Protocollo del 29 ottobre 2010 e per la  definizione
dei rapporti finanziari negli  esercizi  2014-2017,  del  23  ottobre
2014,  o  comunque,  per  annualita'  successive  al  2017,  richiede
contribuzioni non concordate. 
    Si rivolge in secondo luogo al quinto  periodo,  non  per  quanto
esso dice, ma per quanto esso non dice, omettendo  di  stabilire  che
anche in relazione al Friuli-Venezia Giulia  l'attuazione  del  comma
680 avviene nei termini dell'accordo appena menzionato. 
    La disposizione secondo  la  quale  "le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e  di  Bolzano  assicurano  il  finanziamento  dei
livelli essenziali di assistenza come eventualmente rideterminato  ai
sensi del presente comma e dei  commi  da  681  a  684  del  presente
articolo e dell'art. 1, commi da 400 a 417, della legge  23  dicembre
2014, n. 190" e' in primo luogo  costituzionalmente  illegittima  per
violazione del principio pattizio che permea la  disciplina  rapporti
finanziari tra lo  Stato  e  le  autonomie  speciali,  principio  che
codesta ecc.ma Corte ha riportato alle norme che prevedono  procedure
concordate sia per la revisione della parte finanziaria dello statuto
di autonomia, sia per l'adozione delle norme  di  attuazione,  e  che
trova conferma nell'art. 27 della legge n. 42 del 2009. 
    Esso esige che le limitazioni  alla  piena  disponibilita'  delle
risorse che lo stesso statuto assegna alla Regione  per  il  regolare
esercizio delle sue funzioni, in forza tra l'altro degli articoli  49
ss., siano concordate mediante una negoziazione basata  sui  principi
di solidarieta' e di leale collaborazione. 
    Il Protocollo d'intesa stipulato nel  2014  e'  ispirato  a  tali
principi, e chiaramente prevede e  individua  le  regole  finanziarie
destinate  a  regolare  i  rapporti   finanziari   tra   la   Regione
Friuli-Venezia Giulia e lo Stato nel periodo 2014-2017. 
    Secondo l'art. 2, punto 5, del Protocollo "lo Stato e la  Regione
si impegnano a rinegoziare, entro il 30 giugno 2017, il contenuto del
Protocollo d'intesa sottoscritto  il  29  ottobre  2010  nella  parte
relativa al contributo a carico della Regione di cui agli articoli  3
e 6 della predetta intesa per le annualita' successive al 2017" 
    Per quanto  riguarda  il  contributo  alla  finanza  pubblica  in
termini di saldo netto da finanziare, l'art. 3 del  Protocollo,  dopo
aver definito l'apporto della Regione per il  periodo  2014-1017  con
riferimento alla legislazione  vigente  alla  data  dell'accordo,  al
comma  5  stabilisce  che,  decorso  tale  quadriennio,  "le   parti,
attraverso nuove intese, definiscono il nuovo quadro delle  relazioni
finanziarie per il successivo quadriennio». 
    A fronte di quanto concordato, la Regione  Friuli-Venezia  Giulia
ha rinunciato al contenzioso pendente davanti a codesta ecc.ma  Corte
costituzionale in relazione a tutte le questioni finanziarie  aperte,
e ha maturato, ex art. 3 e 5 Cost. , un  legittimo  affidamento  alla
stabilita' di tali rapporti. 
    Risulta dunque evidente che la statuizione unilaterale  da  parte
statale di contribuzioni difformi da quelle appena concordate  (quali
quelle previste dal richiamo ai commi 400 e 401 della  legge  n.  190
del  2014),  o  non  concordate,  viola   il   quadro   ordinamentale
costituzionale dei rapporti finanziari tra  lo  Stato  e  la  Regione
Friuli-Venezia Giulia e viola i principi  e  metodi  di  legislazione
conformi alle esigenze dell'autonomie prescritti dall'art. 5 Cost. 
    La   stessa   disposizione   e'   poi   affetta   da    specifica
irragionevolezza,   ancora   in   violazione   dell'art.   3    della
Costituzione.  Infatti,  il  rispetto  dei  livelli   essenziali   di
assistenza e' gia' compreso  nella  definizione  e  nel  riparto  del
contributo previsto dal primo periodo del comma 680, ne' i richiamati
(per le autonomie speciali) commi da 400  a  417  dell'art.  1  della
legge n. 190 del 2014 prevedono alcuna eventuale riderteminazione  di
tali livelli: sicche' il significato della disposizione  e  la  reale
destinazione dei fondi ai quali i  commi  richiamati  si  riferiscono
rimane indefinito, al di la' del  dato  quantitativo  del  contributo
richiesto alla Regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Di qui la complessiva incongruita' della disposizione. 
    La disposizione del quinto  periodo  costituisce  attuazione  dei
principi sopra esposti, e in particolare del  principio  consensuale,
basato  sulla  solidarieta'  e  sulla   leale   collaborazione,   con
riferimento alle relazioni finanziarie tra lo Stato  e  le  autonomie
della Regione Trentino-Alto Adige. 
    La Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene che,  nel  rispetto  del
quadro ordinamentale costituzionale delle relazioni  finanziarie  tra
essa e lo Stato, il medesimo trattamento debba essere assegnato  agli
accordi da essa sottoscritti, e in particolare al Protocollo d'intesa
sopra illustrato. 
    Il quinto periodo appare dunque  costituzionalmente  illegittimo,
nella parte in cui non assegna alla Regione Friuli-Venezia Giulia  il
medesimo trattamento, con riferimento allo specifico accordo  con  lo
Stato da essa concluso. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Per le esposte ragioni, la Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  come
sopra  rappresentata  e   difesa,   chiede   voglia   codesta   Corte
costituzionale dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
1, comma 109, comma 110 e comma 680, quarto e quinto  periodo,  nelle
parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. 
        Padova, 28 febbraio 2016 
 
                   Prof. avv. Giandomenico Falcon 
 
    Allegati 
    1. Deliberazione della Giunta regionale n. 293  del  25  febbraio
2016.