N. 108 SENTENZA 18 aprile - 20 maggio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Istruzione  pubblica  -  Assistenti  amministrativi   incaricati   di
  svolgere le mansioni superiori di direttore dei servizi generali ed
  amministrativi -  Ius  superveniens  modificativo  del  sistema  di
  computo del relativo compenso. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge  di  stabilita'
  2013), art. 1, commi 44 e 45. 
-   
(GU n.21 del 25-5-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuseppe FRIGO; 
Giudici :Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 44
e 45, della legge 24 dicembre  2012,  n.  228  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2013), promosso dal  Tribunale  ordinario  di  Torino,  in
funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra  D.F.A.
e il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca  con
ordinanza del 25 febbraio 2015,  iscritta  al  n.  132  del  registro
ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 27, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 2016  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice  del
lavoro, con ordinanza del 25 febbraio 2015, iscritta al  n.  132  del
registro ordinanze del 2015, ha sollevato questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 44 e 45, della  legge  24  dicembre
2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2013),  in  riferimento
agli artt. 3 e 117 della Costituzione (quest'ultimo in relazione agli
artt. 1 e 2 della direttiva  27  novembre  2000,  n.  2000/78/CE  del
Consiglio, che stabilisce  un  quadro  generale  per  la  parita'  di
trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro). 
    Espone il  giudice  a  quo  che  la  ricorrente,  dipendente  del
Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,  e'
inquadrata nell'area B del contratto collettivo nazionale  di  lavoro
(CCNL) del comparto "Scuola", nel profilo professionale di assistente
amministrativo,  e'  titolare  della  seconda   posizione   economica
orizzontale prevista dall'accordo nazionale del 25 luglio 2008  e  si
trova nella fascia  retributiva  28-34  anni.  Da  anni  la  medesima
svolge, su sua richiesta, le  mansioni  superiori  di  direttore  dei
servizi generali ed amministrativi (DSGA), appartenente all'area D, e
per tale compito essa percepisce un compenso aggiuntivo  ("indennita'
di funzioni superiori"), che troverebbe la  propria  fonte  normativa
nell'art. 52, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni  pubbliche),  nell'art.  24  del   CCNL   "Ministeri"
1998-2001 e nell'art. 28 del CCNL "Scuola"  1998-2001  ed  esige,  in
linea  di  fatto,  la  vacanza  di  posto  in  organico  o  l'assenza
dell'incaricato, con diritto alla conservazione del posto. In data 10
settembre 2012 la ricorrente stipulava con  il  dirigente  scolastico
dell'istituto  scolastico  in  cui  prestava  servizio  un  contratto
individuale a tempo determinato, che prevedeva per l'anno  scolastico
2012/2013 (dal 1° settembre 2012 al 31 agosto 2013) quanto segue:  a)
l'attribuzione dell'incarico di svolgere mansioni superiori di  DSGA;
b)  la  percezione  per  tale  motivo  dell'indennita'  di   funzioni
superiori,  pari  alla  differenza  tra  il   livello   iniziale   di
inquadramento del  DSGA  ed  il  livello  iniziale  di  inquadramento
dell'assistente  amministrativo,  seconda  posizione  (euro  3.755,82
annue, piu' il rateo di tredicesima),  nonche'  alla  differenza  tra
l'indennita' di direzione  -  quota  fissa  DSGA  -  ed  il  compenso
individuale accessorio spettante in relazione al proprio  profilo  di
assistente amministrativo (euro 774,00). Tale compenso  previsto  nel
contratto individuale, riferisce il Tribunale  rimettente,  le  viene
pero' ora totalmente  negato,  sulla  base  di  quanto  previsto  dal
sopravvenuto art. 1, comma 45 (e comma 44 cui rinvia  il  comma  45),
della legge n. 228 del 2012, il quale stabilisce che «La liquidazione
del compenso per l'incarico di cui al comma 44 e' effettuata ai sensi
dell'art. 52, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
in misura pari alla differenza tra il  trattamento  previsto  per  il
direttore dei servizi generali  amministrativi  al  livello  iniziale
della progressione economica e quello complessivamente  in  godimento
dell'assistente amministrativo incaricato». Per effetto del  richiamo
al comma 44 deve intendersi che l'incarico considerato dal  comma  45
sia  quello  dell'assistente  amministrativo  di  svolgere   mansioni
superiori per  l'intero  anno  scolastico  con  decorrenza  dall'anno
scolastico 2012-2013. 
    Evidenzia il giudice a quo che, in conseguenza  dell'applicazione
di tale norma,  il  compenso  pattuito  tra  l'amministrazione  e  la
ricorrente viene azzerato totalmente, pur permanendo a  carico  della
stessa  l'obbligo  di  svolgimento  delle  mansioni   superiori.   La
ricorrente pertanto ha chiesto al  giudice  del  lavoro  la  condanna
dell'amministrazione convenuta al pagamento dell'importo previsto nel
contratto individuale del 1° settembre 2012, avendo essa  svolto  nel
periodo dal 1° settembre 2012 al 31 agosto 2013 le mansioni superiori
di DSGA. Il tutto, previa, se del  caso,  rimessione  alla  Corte  di
giustizia  dell'Unione  europea  della  questione  di  compatibilita'
dell'art. 1, commi 44 e 45, della legge n.  228  del  2012,  con  gli
artt. 1 e 2 della direttiva comunitaria n. 2000/78/CE; ovvero  previa
rimessione alla Corte costituzionale della questione di  legittimita'
costituzionale delle medesime disposizioni in riferimento agli  artt.
3, 36 e 117 Cost. L'amministrazione convenuta ha chiesto a sua  volta
il rigetto  della  domanda  azionata  e,  quanto  alla  questione  di
legittimita' costituzionale, ha rilevato che la  norma  impugnata  e'
stata adottata sulla base  di  preminenti  esigenze  di  contenimento
della spesa pubblica, originate dalla crisi finanziaria in  atto,  di
portata tale da determinare una minaccia alla  stabilita'  dei  conti
pubblici; come tale essa dovrebbe  ritenersi  conforme  ai  parametri
costituzionali desumibili dagli artt. 81 e 97 Cost. 
    Il Tribunale di Torino, ha premesso di non  ritenere  sussistenti
le condizioni per una diretta disapplicazione, da parte del  giudice,
della normativa nazionale, per contrasto con quella europea,  ne'  di
ritenere opportuno investire della questione la Corte di giustizia. 
    Osserva  il  rimettente  che  e'  pacifico  in  causa   che,   in
conseguenza dell'applicazione dell'art. 1, commi 44 e 45, della legge
n. 228 del 2012, il compenso  pattuito  tra  l'amministrazione  e  la
ricorrente venga azzerato totalmente, pur permanendo a  carico  della
stessa  l'obbligo  di  svolgimento  delle  mansioni  superiori.  Cio'
sarebbe spiegabile con la  rilevante  anzianita'  di  servizio  della
ricorrente (28 anni nell'anno scolastico 2012/2013) e, quindi,  della
retribuzione dalla medesima percepita in  riferimento  all'anzianita'
conseguita. L'azzeramento del compenso lamentato dalla ricorrente, in
conseguenza dello ius superveniens,  si  produrrebbe  per  tutti  gli
assistenti  amministrativi  incaricati  di   svolgere   le   mansioni
superiori di DSGA (dal livello B al livello C), purche' essi  abbiano
un'anzianita'  di  servizio  superiore  ai  21  anni.  Chiarisce   il
rimettente  che  tale  azzeramento  del  compenso  si   produce,   in
particolare, per avere  la  nuova  legge  introdotto  un  sistema  di
computo della cosiddetta indennita' di funzioni superiori diverso  da
quello sancito dall'art. 52, comma 4, del d.lgs. n. 165 del  2001,  e
sulla scorta di esso dai CCNL del comparto pubblico, nella specie dal
CCNL Scuola, che faceva corrispondere il compenso alla differenza tra
il trattamento iniziale  del  livello  superiore  ed  il  trattamento
iniziale  del  livello  di  appartenenza  e,  cioe',   tra   elementi
retributivi tra loro omogenei. L'art. 1, commi 44 e 45,  della  legge
n.  228  del  2012,  diversamente,  introdurrebbe  una   regola   che
utilizzerebbe,  anziche'  parametri  economici   omogenei,   elementi
eterogenei: la retribuzione iniziale del  DSGA  e,  per  l'assistente
amministrativo, la retribuzione  complessiva  in  godimento  e  cioe'
quella determinata dall'anzianita' di servizio. Secondo il giudice  a
quo, l'irrazionalita' del criterio disomogeneo previsto da tale norma
sarebbe di tutta evidenza: in caso  di  assegnazione  alle  superiori
mansioni di DSGA, man mano che sale l'anzianita' di servizio e quindi
il relativo trattamento dell'assistente  amministrativo,  verrebbe  a
decrescere in pari tempo e proporzionalmente l'indennita' di funzioni
superiori. Osserva il Tribunale di  Torino  che  agli  estremi  della
vicenda  lavorativa  dell'assistente  amministrativo  incaricato   di
svolgere mansioni superiori  (estremi  rappresentati  dal  minimo  di
anzianita' e dal massimo di anzianita' del lavoratore incaricato)  la
situazione  diverrebbe  paradossale:   chi   ha   minore   anzianita'
percepirebbe un'indennita' elevata, destinata pero' con  il  tempo  a
decrescere;  chi  ha   invece   un'anzianita'   elevata   riceverebbe
un'indennita' ridotta, che per i piu' anziani sarebbe  pari  a  zero,
come  nel  caso  della  ricorrente.  Per  tali  motivi,  secondo   il
rimettente, la norma, avuto  riguardo  agli  effetti  che  determina,
apparirebbe del tutto irrazionale ed in contrasto con l'art. 3 Cost.,
il quale esige che la legge, ferma l'incontestabile  discrezionalita'
delle  scelte  legislative,  debba  pero'  rispondere  a  criteri  di
razionalita', nel senso che non possa metter  capo  e  dar  luogo  ad
effetti paradossali. Vulnerato sarebbe, altresi', secondo il  giudice
a quo, l'art. 117, primo comma, Cost., che sancisce  l'obbligo  della
legge di conformarsi al diritto dell'Unione europea,  avuto  riguardo
agli artt. 1 e 2 della direttiva  n.  2000/78/CE:  i  lavoratori  con
maggiore anzianita' verrebbero infatti discriminati rispetto a quelli
di minore anzianita', in caso di conferimento di  mansioni  superiori
di DSGA. 
    Ne', secondo il rimettente, avrebbe alcuna rilevanza ed incidenza
nella presente vicenda il fatto  (evidenziato  dall'  amministrazione
convenuta in memoria) che la ricorrente rivesta la seconda  posizione
di cui  all'Accordo  nazionale  25  luglio  2008  (rectius:  «Accordo
Nazionale  tra  il  Ministero  dell'istruzione,   della   ricerca   e
dell'universita'   e   le   Organizzazioni   sindacali    concernente
l'attuazione dell'articolo 2 della sequenza contrattuale - ex art. 62
CCNL/2007 - sottoscritta il 25 luglio 2008» e che in forza  dell'art.
4, punto 1, di esso il lavoratore in tale posizione «e'  tenuto  alla
sostituzione del DSGA»: osserva in proposito il giudice a quo che una
cosa sarebbe la sostituzione del DSGA temporaneamente assente,  altra
cosa l'incarico stabile di assumere mansioni superiori per vacanza di
posto in organico o per assenza duratura di  lavoratore  con  diritto
alla conservazione del posto. Tale seconda  situazione,  che  sarebbe
poi quella di causa, non potrebbe mai consentire per il Tribunale  di
Torino un totale azzeramento dell'emolumento  spettante  (e  ritenuto
dovuto dallo stesso art. 1, commi 44 e 45, citato) per lo svolgimento
delle mansioni superiori previste nel contratto, con il risultato  di
elidere il nesso di corrispettivita' del negozio, sbilanciandolo  dal
lato del creditore delle prestazioni lavorative,  il  quale  verrebbe
esonerato dal pagamento del  corrispettivo,  comunque  dovuto.  Senza
considerare, conclude  il  rimettente,  che  nel  calcolo  di  quanto
spettante a titolo di indennita' di funzioni superiori (e  cioe'  nel
raffronto tra retribuzione del DSGA e dell'assistente), il  contratto
individuale 1° settembre 2012 concluso dalla ricorrente  gia'  teneva
conto del corrispettivo per la seconda posizione da  essa  rivestita;
il che evidenzierebbe, ulteriormente, secondo il medesimo, gli  esiti
irrazionali cui darebbe luogo,  nel  caso  in  esame,  l'applicazione
della normativa denunciata. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  deducendo  l'infondatezza  delle  questioni   sollevate   dal
Tribunale di Torino. Osserva l'interveniente che la  norma  impugnata
si inserisce nella  manovra  di  contenimento  della  spesa  pubblica
dovuta all'eccezionale situazione economica  internazionale  ed  alla
necessita' di raggiungimento degli  obiettivi  di  finanza  pubblica,
laddove, tra gli obiettivi concordati in sede europea, vi era appunto
la riduzione della spesa del pubblico impiego. 
    La difesa statale rammenta in proposito la  lettera  della  Banca
centrale europea a firma congiunta di  Mario  Draghi  e  Jean  Claude
Trichet del 5 agosto 2011. Richiama, poi, l'ordinanza 14 luglio  1990
n. 299 [rectius: ordinanza n. 299 del 1999] con la quale questa Corte
dichiaro' manifestamente infondate le  censure  di  costituzionalita'
dell'art. 7, comma 3, del decreto-legge 19  settembre  1992,  n.  384
(Misure urgenti in materia di previdenza, di sanita'  e  di  pubblico
impiego,   nonche'    disposizioni    fiscali),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 14 novembre 1992, n.
438. Si tratterebbe, quindi, della necessita' di  effettuare  manovre
correttive di finanza pubblica  mediante  l'adozione  di  misure  che
attengono direttamente al rapporto di impiego, chiedendo sacrifici ai
dipendenti di tutti i settori della pubblica amministrazione (sia  in
regime privatistico che pubblicistico), senza distinzioni. 
    Nel merito, sostiene il Presidente del Consiglio dei ministri che
la  norma  impugnata   sarebbe   espressione   di   una   valutazione
discrezionale del legislatore, non priva di ragionevolezza. La norma,
anche in ossequio ai canoni di buon  andamento  di  cui  all'art.  97
Cost. e di contenimento dei costi, verrebbe  a  ridurre  l'indennita'
quanto piu' alto sia in concreto il trattamento economico goduto  dal
dipendente pubblico destinato a svolgere le  mansioni  superiori.  La
scelta legislativa sarebbe  quindi  quella  di  ridurre  l'indennita'
quanto piu' il dipendente goda gia' di un trattamento  economico  che
si avvicina maggiormente a quello previsto per il livello iniziale di
inquadramento del DSGA, ed in tale scelta si  dovrebbe  rinvenire  la
ratio della norma. 
    Con riguardo  al  dedotto  contrasto  con  l'art.  117  Cost.  in
relazione agli artt. 1 e 2 della direttiva n.  2000/78/CE,  evidenzia
il Presidente del Consiglio dei ministri che tale direttiva mirerebbe
a stabilire un quadro generale di lotta alle discriminazioni  fondate
sulla religione, sulle convinzioni personali, gli handicap, l'eta'  o
le tendenze sessuali, mentre  nel  caso  di  specie  la  disposizione
censurata non parrebbe animata da alcun intento discriminatorio,  ne'
essa si fonderebbe sul criterio dell'eta', ma piuttosto su quello del
trattamento economico in concreto goduto: elemento, questo,  ritenuto
idoneo a giustificare una riduzione della indennita'  goduta  per  le
mansioni superiori. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice  del
lavoro,  ha  proposto  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 1, commi 44 e 45, della legge  24  dicembre  2012,  n.  228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2013), in riferimento agli artt.  3
e 117 della Costituzione (quest'ultimo in relazione agli artt. 1 e  2
della direttiva 27 novembre 2000, n. 2000/78/CE  del  Consiglio,  che
stabilisce un quadro  generale  per  la  parita'  di  trattamento  in
materia di occupazione e di condizioni di lavoro). 
    La questione e' stata sollevata nell'ambito del giudizio promosso
da una dipendente del Ministero dell'istruzione,  dell'universita'  e
della ricerca, con qualifica di assistente amministrativo,  la  quale
svolgeva su domanda funzioni superiori di reggenza di  direttore  dei
servizi  generali  ed  amministrativi  (DSGA)  presso   un   istituto
scolastico. Per tale incarico la dipendente aveva  stipulato  con  il
dirigente scolastico in data 1° settembre 2012 -  come  era  avvenuto
per gli anni precedenti - un contratto individuale di lavoro  per  il
periodo 1° settembre 2012-31 agosto 2013 che prevedeva la  percezione
dei compensi aggiuntivi indicati dall'art. 52 del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165 (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro
alle dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche)  e  dall'art.  69
(Indennita' di  funzioni  superiori  e  di  reggenza)  del  contratto
collettivo nazionale di lavoro (CCNL) 1994-1997, sottoscritto in data
4 agosto 1995. Tale ultima disposizione stabiliva al primo comma  che
«Al personale docente incaricato  dell'ufficio  di  presidenza  o  di
direzione, e al docente vicario, che sostituisce a tutti gli  effetti
il capo d'istituto per un periodo superiore a  quindici  giorni,  nei
casi di assenza o impedimento, nonche' all'assistente amministrativo,
che  sostituisce  il  Direttore  amministrativo  o  il   responsabile
amministrativo, negli stessi casi, e' attribuita, per l'intera durata
dell'incarico  o  della  sostituzione,   una   indennita'   pari   al
differenziale dei relativi livelli iniziali di inquadramento». 
    Il combinato disposto dei commi 44 e 45 dell'art. 1  della  legge
di  stabilita'  per  il   2013   stabilisce   che   gli   «assistenti
amministrativi incaricati di svolgere mansioni superiori per l'intero
anno scolastico [...] per la copertura di posti vacanti o disponibili
di direttore dei servizi generali  e  amministrativi»,  «A  decorrere
dall'anno scolastico 2012-2013» saranno retribuiti  «in  misura  pari
alla differenza tra il trattamento  previsto  per  il  direttore  dei
servizi   generali   amministrativi   al   livello   iniziale   della
progressione  economica  e  quello  complessivamente   in   godimento
dall'assistente amministrativo incaricato». 
    Quindi, per  effetto  della  nuova  disposizione,  in  luogo  del
criterio in  precedenza  adottato  (che  prendeva  a  riferimento  le
retribuzioni   tabellari   nelle   rispettive   qualifiche   iniziali
dell'assistente amministrativo e del  DSGA),  si  deve  tenere  conto
dell'intero    trattamento    economico    complessivamente    goduto
dall'assistente amministrativo incaricato. 
    Ne consegue che la valorizzazione dell'intero trattamento  goduto
dall'assistente amministrativo, in ogni caso di rilevante  anzianita'
di servizio (superiore a 21 anni),  -  come  e'  anche  quello  della
ricorrente nel giudizio a quo, che gia' aveva  maturato  28  anni  di
anzianita' - produce  l'azzeramento  del  compenso  per  le  mansioni
superiori, in quanto il trattamento complessivo in godimento e'  gia'
pari o superiore a quello previsto come trattamento tabellare per  la
qualifica iniziale di DSGA. 
    Il giudice a quo ritiene violato l'art. 3 Cost. sotto il  profilo
della ragionevolezza, in quanto il criterio introdotto dalla legge di
stabilita' 2013 produrrebbe la progressiva riduzione del compenso per
le mansioni superiori parallelamente alla progressione economica  del
dipendente, sino ad annullarlo quando il trattamento  economico,  per
effetto degli scatti maturati in conseguenza del servizio,  sia  tale
da superare lo stipendio tabellare iniziale del DSGA. 
    Il  rimettente  ritiene  che  la  norma  impugnata  si  ponga  in
contrasto anche con il principio dell'affidamento di cui al  medesimo
art. 3 Cost. e con l'art. 117, primo comma, Cost. in  relazione  agli
artt. 1 e 2 della direttiva n. 2000/78/CE, la quale  vieterebbe,  tra
l'altro, discriminazioni basate sull'eta' del lavoratore. 
    2.- Le  censure  rivolte  dal  giudice  rimettente  al  combinato
disposto dei commi 44 e 45 dell'art. 1 della legge n.  228  del  2012
possono essere cosi' sintetizzate: a) violazione  dell'art.  3  Cost.
sotto il profilo dell'affidamento. Tale riferimento e' implicito  nei
passaggi motivazionali dell'ordinanza nei quali  -  in  relazione  al
parametro costituzionale invocato - viene  lamentato  come  la  norma
successiva venga ad "azzerare" il compenso pattuito dalla  ricorrente
con l'amministrazione per lo svolgimento  delle  mansioni  superiori,
adempimento che rimane comunque a carico della  ricorrente  anche  in
assenza di corrispettivo; b) violazione dell'art. 3  Cost.  sotto  il
profilo della ragionevolezza, in quanto il criterio introdotto  dalla
legge di stabilita' 2013 produrrebbe  la  progressiva  riduzione  del
compenso per  le  mansioni  superiori  in  proporzione  inversa  alla
progressione economica del dipendente, sino ad annullarlo  quando  il
trattamento  economico,  per  effetto  degli   scatti   maturati   in
conseguenza del servizio, sia tale da superare lo stipendio tabellare
iniziale del DSGA; c) violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. in
relazione  alla  direttiva  n.  2000/78/CE  in  tema  di  divieto  di
discriminazioni basate sull'eta' del lavoratore, dal momento  che  si
verificherebbe   una   disparita'   di    trattamento    inversamente
proporzionale all'anzianita' di servizio del personale interessato ad
assumere le mansioni superiori. 
    3.- Tra le questioni in esame non esiste un rapporto di priorita'
logico-giuridica.    La    Corte    ritiene    opportuno    esaminare
preliminarmente se l'impugnata disposizione abbia effettivamente leso
il principio dell'affidamento,  custodito  da  una  delle  molteplici
declinazioni dell'art. 3 Cost. 
    Il  principio   dell'affidamento,   benche'   non   espressamente
menzionato in Costituzione, trova tutela all'interno di tale precetto
tutte le  volte  in  cui  la  legge  ordinaria  muti  le  regole  che
disciplinano il rapporto tra le parti come consensualmente stipulato.
E' bene in proposito ricordare che, pur non potendosi  escludere  che
il principio per cui il contratto ha forza  di  legge  tra  le  parti
(art. 1372 del codice  civile)  possa  subire  limitazioni  da  fonte
esterna, e quindi non necessariamente consensuali, non e'  consentito
che la fonte normativa sopravvenuta incida  irragionevolmente  su  un
diritto acquisito  attraverso  un  contratto  regolarmente  stipulato
secondo la disciplina al momento vigente. 
    Si tratta in  sostanza  di  verificare  se  nel  caso  di  specie
sussistano le condizioni per la tutela di  un  legittimo  affidamento
del  funzionario  nei  confronti  della  norma  sopravvenuta.  A  tal
proposito occorre sottolineare  come  la  difesa  dello  Stato  abbia
giustificato gli effetti retroattivi della disposizione impugnata sul
contratto gia' stipulato con il particolare  momento  di  difficolta'
economica, che ha  spinto  il  legislatore  ad  adottare  eccezionali
misure di contenimento della spesa. A  fronte  di  tale  esigenza  si
spiegherebbero, da un lato, il sacrificio imposto  al  lavoratore  e,
dall'altro, il mantenimento dei suoi obblighi lavorativi in  ossequio
al principio di continuita' nello svolgimento della delicata funzione
affidatagli. 
    In definitiva, la questione da dirimere consiste  nel  verificare
se la certezza del diritto, correlata alle esigenze di stabilita', di
sicurezza  e  definitivita'  dei  rapporti  giuridici  nascenti   dal
contratto, sia comprimibile da un dato normativo successivo  ispirato
alle eccezionali esigenze di contenimento della spesa. 
    4.- Alla luce di  quanto  premesso,  la  questione  sollevata  in
riferimento  all'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo   della   tutela
dell'affidamento, e' fondata. 
    Nel caso in esame, l'inserzione automatica  di  una  clausola  di
legge - quella che applica retroattivamente ai contratti stipulati in
data 1° settembre 2012, antecedente all'entrata in vigore della legge
di  stabilita',  il  meccanismo   scalare   di   determinazione   del
corrispettivo  dovuto  al  dipendente  affidatario   delle   mansioni
superiori di DSGA - nel tessuto contrattuale gia' consolidato viene a
stravolgere in modo sproporzionato alcuni elementi che caratterizzano
in maniera pregnante il contratto in questione. Sotto  tale  profilo,
e'  necessario   sottolineare:   a)   l'incidenza   retroattiva   sui
presupposti del consenso, in relazione alla  cui  formazione  risulta
determinante - per la parte privata - il fattore della  retribuzione,
in concreto azzerato dalla norma sopravveniente; b) la lesione  della
certezza  dei  rapporti  giuridici,  considerato  l'affidamento   del
contraente su un rapporto negoziale di natura  corrispettiva;  c)  la
modifica unilaterale, per fatto del legislatore,  degli  effetti  del
contratto, in relazione ai quali si evidenzia la  asimmetria  tra  il
permanere immutato degli obblighi di servizio e l'affievolimento  del
diritto alla retribuzione delle mansioni superiori. 
    Per quanto riguarda l'accertamento  della  lesione  al  principio
dell'affidamento  sulla  certezza  dei  rapporti  giuridici,  non  e'
inoltre indifferente il fatto che proprio il legislatore,  dopo  aver
introdotto  un  sistema  normativo   basato   sul   principio   della
corrispettivita', pretende di rimuovere le  conseguenze  contrattuali
derivanti dall'assetto preesistente alla disposizione impugnata. 
    Ai fini della presente  decisione  non  e'  altresi'  irrilevante
l'elemento temporale che ha caratterizzato la  scansione  cronologica
intercorrente tra la stipula del contratto e il mutamento  normativo.
Con riguardo all'elemento temporale, questa Corte ha gia' avuto  modo
di precisare i rapporti tra la stabilita' dei  vincoli  negoziali  di
durata  e  le  sopravvenienze  normative,  affermando  che  «non   e'
interdetto  al  legislatore  di   emanare   disposizioni   le   quali
modifichino sfavorevolmente la disciplina  dei  rapporti  di  durata,
anche se  il  loro  oggetto  sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti, salvo, qualora si tratti di  disposizioni  retroattive,  il
limite costituzionale della materia penale (art. 25,  secondo  comma,
Cost.). Dette disposizioni  pero',  al  pari  di  qualsiasi  precetto
legislativo, non possono trasmodare in un regolamento  irrazionale  e
arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere
da  leggi  precedenti,  frustrando  cosi'  anche  l'affidamento   del
cittadino  nella  sicurezza  giuridica,  che   costituisce   elemento
fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto (sentenze n.  36
del 1985 e n. 210 del 1971).» (sentenza n. 349 del 1985). 
    Nel caso in esame, l'elemento temporale gioca in senso opposto  a
quello  del  richiamato  precedente  giurisprudenziale  ma  in   modo
altrettanto significativo sul piano dell'affidamento: assume rilievo,
cioe', la brevita' del lasso temporale, appena quattro mesi,  tra  il
momento in cui il funzionario ha stipulato il contratto - sulla  base
di una normativa prevista nel contratto collettivo di lavoro  e,  per
di piu', stabile nel tempo - e quello  di  entrata  in  vigore  della
nuova disposizione, radicalmente differente proprio con riguardo alle
modalita'  retributive.  Queste  ultime  sono  state  presumibilmente
decisive  nell'esercizio  della  precedente   opzione   di   chiedere
l'assegnazione alle mansioni superiori. E' evidente in questo caso la
lesione dell'affidamento del dipendente  che,  dopo  la  stipula,  ha
ormai fatto aggio sulla remunerazione della funzione  temporaneamente
affidatagli. 
    Oltre all'elemento temporale non  possono  essere  disconosciuti,
nel caso in esame, il grado di meritevolezza  dell'affidamento  e  la
sproporzione dell'intervento legislativo che lo comprime. 
    Sotto il  primo  profilo,  deve  essere  considerata  l'obiettiva
configurazione incentivante  del  quadro  normativo  antecedente,  il
quale,  attraverso  una  retribuzione  certa,  induceva  l'assistente
amministrativo  ad  accettare  compiti  e  funzioni  altrimenti   non
sufficientemente convenienti. Non vi e'  dubbio  che  la  candidatura
all'esercizio temporaneo  alle  mansioni  superiori  si  fondi  sullo
stimolo  normativo  costituito  dalla  certezza  della  retribuzione.
Insomma, l'esistenza di un nesso eziologico tra la retribuzione e  la
scelta di esercitare le mansioni superiori appare,  almeno  sotto  il
profilo astratto, difficilmente confutabile e, in quanto tale,  rende
recessive le ragioni  del  contenimento  della  spesa  rispetto  alla
salvaguardia del legittimo affidamento. 
    Sotto il secondo profilo, risulta non proporzionato il sacrificio
imposto al titolare di una situazione soggettiva  perfetta  derivante
da un  contratto  regolarmente  stipulato  rispetto  all'esigenza  di
contenimento della spesa. Occorre ricordare che la norma  non  appare
corredata da alcuna relazione tecnica circa i risparmi da  conseguire
e tale stima sarebbe obiettivamente  difficile,  considerato  che  la
platea dei potenziali assuntori dell'incarico di  mansioni  superiori
varia da soggetti che godrebbero della stessa  retribuzione  prevista
dal  vecchio  assetto  normativo  ad  altri   che   la   perderebbero
completamente. 
    Pertanto, il bilanciamento tra la posizione privata incisa  dalla
retroattivita'  della  norma  e  l'interesse  pubblico   sotteso   al
contenimento della spesa rende la  disposizione  stessa  contrastante
con l'art. 3 Cost. sotto  il  profilo  della  lesione  del  principio
dell'affidamento. 
    5.- Alla luce delle esposte considerazioni, il combinato disposto
dei commi 44 e 45 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 deve essere
dichiarato costituzionalmente illegittimo  nella  parte  in  cui  non
esclude dalla sua applicazione  i  contratti  di  conferimento  delle
mansioni superiori stipulati antecedentemente all'entrata  in  vigore
dello stesso. 
    Per quanto argomentato, rimangono assorbite le ulteriori  censure
sollevate in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale del  combinato  disposto
dei commi 44 e 45 dell'art. 1 della legge 24 dicembre  2012,  n.  228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita'  2013),  nella  parte  in  cui  non
esclude dalla sua applicazione  i  contratti  di  conferimento  delle
mansioni   superiori   di   direttore   dei   servizi   generali   ed
amministrativi stipulati antecedentemente alla sua entrata in vigore. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2016. 
 
                                F.to: 
                     Giuseppe FRIGO, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2016. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA