N. 111 SENTENZA 20 aprile - 20 maggio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposte e tasse - Tutela dei beni culturali  -  Immobili  gravati  da
  prescrizioni di tutela indiretta - Regime fiscale. 
- Legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare  le  basi
  imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita'
  di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei
  beni immobili delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e
  per la  definizione  agevolata  dei  rapporti  tributari  pendenti;
  delega  al  Presidente  della  Repubblica  per  la  concessione  di
  amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di  assistenza
  fiscale e del conto fiscale), art. 11, comma  2;  decreto-legge  23
  gennaio 1993,  n.  16  (Disposizioni  in  materia  di  imposte  sui
  redditi, sui trasferimenti di immobili  di  civile  abitazione,  di
  termini per la definizione agevolata delle  situazioni  e  pendenze
  tributarie, per la soppressione  della  ritenuta  sugli  interessi,
  premi ed altri  frutti  derivanti  da  depositi  e  conti  correnti
  interbancari, nonche' altre disposizioni tributarie) -  convertito,
  con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 1993,
  n. 75 - art. 2, comma 5. 
-   
(GU n.21 del 25-5-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  11,  comma
2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le
basi  imponibili,  per  razionalizzare,   facilitare   e   potenziare
l'attivita'  di  accertamento;  disposizioni  per  la   rivalutazione
obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonche'  per  riformare
il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti  tributari
pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di
amnistia per reati tributari; istituzioni dei  centri  di  assistenza
fiscale  e  del  conto  fiscale),  e  dell'art.  2,  comma   5,   del
decreto-legge 23 gennaio 1993, n.  16  (Disposizioni  in  materia  di
imposte  sui  redditi,  sui  trasferimenti  di  immobili  di   civile
abitazione, di termini per la definizione agevolata delle  situazioni
e pendenze tributarie,  per  la  soppressione  della  ritenuta  sugli
interessi, premi ed  altri  frutti  derivanti  da  depositi  e  conti
correnti  interbancari,  nonche'  altre   disposizioni   tributarie),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  24
marzo 1993, n. 75, promosso dalla  Commissione  tributaria  regionale
del  Lazio  nel  procedimento  vertente  tra  Marigliano  Eugenia   e
l'Agenzia delle entrate - Direzione provinciale di Roma 1  ed  altro,
con ordinanza del 10 novembre 2014, iscritta al n. 191  del  registro
ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 20  aprile  2016  il  Giudice
relatore Daria de Pretis. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Commissione tributaria regionale del Lazio, con  ordinanza
del  10  novembre  2014,  ha  sollevato  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 11, comma 2, della legge 30  dicembre  1991,
n.  413  (Disposizioni  per  ampliare   le   basi   imponibili,   per
razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita' di  accertamento;
disposizioni per la  rivalutazione  obbligatoria  dei  beni  immobili
delle  imprese,  nonche'  per  riformare  il  contenzioso  e  per  la
definizione agevolata dei  rapporti  tributari  pendenti;  delega  al
Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per  reati
tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e  del  conto
fiscale), e dell'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio  1993,
n.  16  (Disposizioni  in  materia  di  imposte  sui   redditi,   sui
trasferimenti di immobili di civile abitazione,  di  termini  per  la
definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per  la
soppressione della ritenuta sugli interessi, premi  ed  altri  frutti
derivanti da depositi e conti correnti  interbancari,  nonche'  altre
disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 24 marzo 1993, n. 75, in riferimento agli  artt.
3 e 53 della Costituzione. 
    La Commissione tributaria regionale premette di essere chiamata a
decidere l'appello proposto dall'usufruttuaria di un immobile oggetto
di «prescrizioni di tutela indiretta», ai sensi  dell'art.  21  della
legge  1°  giugno  1939,  n.  1089  (Tutela  delle  cose  d'interesse
artistico e storico), a salvaguardia e tutela della  Basilica  di  S.
Maria Maggiore, compresa tra i beni di cui agli artt.  2  e  3  della
stessa legge n. 1089 del 1939. 
    Nel  giudizio  principale  -  espone  il  giudice  a  quo  -   la
contribuente afferma che, dovendo  far  fronte  a  gravosi  oneri  di
restauro e consolidamento per adempiere alle prescrizioni imposte dal
Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, avrebbe
diritto ad  usufruire  del  medesimo  trattamento  fiscale  agevolato
accordato agli immobili di interesse  culturale  vincolati  ai  sensi
dell'art. 3 della legge n. 1089 del 1939, il cui reddito  -  ai  fini
IRPEF e ICI, rispettivamente in forza dell'art. 11,  comma  2,  della
legge n. 413 del 1991, e dell'art. 2, comma 5, del  d.l.  n.  16  del
1993 - viene «determinato mediante l'applicazione della minore tra le
tariffe d'estimo previste per  le  abitazioni  della  zona  censuaria
nella  quale  e'  collocato  il  fabbricato».  Chiede,  quindi,   che
l'amministrazione finanziaria sia condannata a  restituire  la  parte
delle imposte IRPEF e ICI pagate per gli  anni  2007,  2008  e  2009,
eccedente rispetto a quanto dovuto in applicazione delle disposizioni
citate. 
    La  rimettente  precisa  ancora  che,  stante  il  chiaro  tenore
letterale delle norme censurate e  la  giurisprudenza  formatasi  sul
punto, il trattamento fiscale previsto per gli immobili dichiarati di
interesse culturale non potrebbe essere  esteso  in  via  ermeneutica
all'edificio gravato da vincolo  indiretto.  Ritiene,  nel  contempo,
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 11, comma 2, della legge n. 413 del  1991  e
dell'art. 2, comma 5, del d.l. n. 16 del 1993, nella parte in cui non
estendono i benefici in essi previsti anche agli immobili soggetti  a
«prescrizioni di tutela indiretta» ai sensi dell'art. 21 della  legge
n. 1089 del 1939. 
    In  punto  di  rilevanza,  la  Commissione  tributaria  regionale
chiarisce che la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle
norme censurate comporterebbe l'accoglimento  della  pretesa  fiscale
azionata dalla contribuente, che andrebbe altrimenti respinta. 
    In  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  il   dubbio   della
violazione degli artt. 3 e 53 Cost. e' cosi' argomentato:  posto  che
il  fondamento  delle  agevolazioni  fiscali   considerate   andrebbe
ravvisato nell'esigenza «di venire incontro alle  maggiori  spese  di
manutenzione e di conservazione che  i  proprietari  sono  tenuti  ad
affrontare    per    preservare,    nell'interesse    pubblico,    le
caratteristiche  degli  immobili  sottoposti  a   vincolo»   -   come
riconosciuto dalla Corte costituzionale (sentenze n. 346 e n. 345 del
2003) e dalla Corte  di  cassazione  (Corte  di  cassazione,  sezione
tributaria, sentenza 14 maggio 2010, n. 11794) -  e  che  tali  oneri
sussistono anche in  capo  ai  proprietari  di  immobili  gravati  da
vincolo  indiretto,  che  dello  stesso  vincolo  "diretto"   sarebbe
immediata conseguenza, la non omogeneita' dei  criteri  adottati  dal
legislatore per la liquidazione delle imposte in esame (IRPEF e  ICI)
comporterebbe una irragionevole disparita' di trattamento. 
    2.- Il 20 ottobre 2015 e' intervenuto in giudizio  il  Presidente
del   Consiglio    dei    ministri,    eccependo    pregiudizialmente
l'inammissibilita' delle questioni, in quanto il  giudice  tributario
rimettente non avrebbe adeguatamente ricostruito il quadro  normativo
di riferimento, non essendosi avveduto che la legge n. 1089 del 1939,
alla quale rinviano le  norme  censurate,  non  era  piu'  in  vigore
all'epoca delle annualita' in contestazione. 
    Nel  merito,  le  questioni   di   legittimita'   costituzionale,
prospettate al fine di ottenere  l'estensione  ai  beni  gravati  dal
vincolo "indiretto" della disciplina fiscale di favore prevista per i
beni  sottoposti  a  vincolo  storico-artistico,  sarebbero  comunque
infondate. 
    La scelta di riconoscere un trattamento agevolato solo  a  favore
degli immobili soggetti a vincoli storico-artistici "diretti", e  non
anche a quelli adiacenti, vincolati a  tutela  indiretta  dei  primi,
rientrerebbe  nell'ambito  della  discrezionalita'  legislativa,  che
incontra il  solo  limite  della  non  manifesta  irragionevolezza  e
arbitrarieta'. Tale limite, nel caso di  specie,  non  sarebbe  stato
superato dal legislatore, stante la  evidente  disomogeneita'  tra  i
beni  di  interesse  storico  e   artistico   e   quelli   presi   in
considerazione dalla legge,  non  per  la  loro  intrinseca  valenza,
bensi' soltanto per completare e  meglio  realizzare  la  tutela  dei
primi. Il differente trattamento fiscale, oltre  a  giustificarsi  in
ragione della diversita' degli scopi perseguiti dalle  due  forme  di
protezione  dei  diversi  tipi  di  beni  considerati,  risulterebbe,
altresi', coerente con le esigenze di equilibrio di bilancio tutelate
dall'art. 81 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria regionale del  Lazio  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma  2,  della  legge  30
dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi  imponibili,
per  razionalizzare,   facilitare   e   potenziare   l'attivita'   di
accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni
immobili delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e per la
definizione agevolata dei  rapporti  tributari  pendenti;  delega  al
Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per  reati
tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e  del  conto
fiscale), e dell'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio  1993,
n.  16  (Disposizioni  in  materia  di  imposte  sui   redditi,   sui
trasferimenti di immobili di civile abitazione,  di  termini  per  la
definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per  la
soppressione della ritenuta sugli interessi, premi  ed  altri  frutti
derivanti da depositi e conti correnti  interbancari,  nonche'  altre
disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 24 marzo 1993, n. 75. 
    Ad avviso della rimettente, tali norme violerebbero gli artt. 3 e
53 della Costituzione,  in  quanto  limitano  l'agevolazione  fiscale
prevista ai fini IRPEF e ai fini ICI solo «agli immobili di interesse
storico o artistico ai sensi dell'art. 3 della legge 1° giugno  1939,
n. 1089 e successive modifiche», senza  prevedere  analogo  beneficio
anche in favore degli immobili gravati  da  «prescrizioni  di  tutela
indiretta», pur ricorrendo per entrambi i tipi di  beni  la  medesima
esigenza di  compensare  le  maggiori  spese  di  manutenzione  e  di
conservazione imposte  dal  Ministero  dei  beni  e  delle  attivita'
culturali e del turismo. 
    1.1.- Va precisato che entrambe le disposizioni per le quali sono
sollevate questioni di legittimita' costituzionale non sono  piu'  in
vigore. L'art. 11, comma 2, della legge n.  413  del  1991  e'  stato
abrogato dall'art. 4, comma 5-quater, del decreto-legge 2 marzo 2012,
n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie,
di efficientamento e potenziamento delle procedure di  accertamento),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  26
aprile 2012, n. 44; a sua volta, l'art. 2, comma 5, del  d.l.  n.  16
del 1993, e' stato abrogato dall'art 4,  comma  5-ter,  dello  stesso
d.l. n. 16 del 2012. 
    La  circostanza  non  incide  tuttavia  sulla   rilevanza   delle
questioni.  Le   norme   censurate,   infatti,   restano   senz'altro
applicabili  ratione  temporis  alla  fattispecie   controversa   nel
giudizio principale, avente ad oggetto anni  di  imposta  antecedenti
all'entrata in vigore delle norme abroganti.  Si  deve  ritenere  che
queste ultime non hanno efficacia retroattiva, sia per il loro tenore
letterale,  sia  in  applicazione  dell'art.  11  delle  disposizioni
preliminari al codice civile, e dell'art. 3, comma 1, della legge  27
luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto  dei  diritti
del contribuente), il quale stabilisce che «[s]alvo  quanto  previsto
dall'articolo 1,  comma  2,  le  disposizioni  tributarie  non  hanno
effetto retroattivo». In base all'art. 1,  comma  2,  «L'adozione  di
norme interpretative  in  materia  tributaria  puo'  essere  disposta
soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come
tali le disposizioni di interpretazione autentica». 
    1.2.- Va ancora osservato che il giudice a  quo  ha  esperito  il
tentativo di  interpretazione  costituzionalmente  conforme,  con  la
conseguenza  che  l'eventuale   verifica   dell'esistenza   e   della
legittimita' di un'alternativa esegetica  costituisce  questione  che
attiene al merito della controversia, e non alla  sua  ammissibilita'
(sentenza n. 221 del 2015). Si puo' comunque segnalare fin d'ora come
la  soluzione  che  esclude  la  possibilita'  di  estendere  in  via
interpretativa ai beni sottoposti a vincolo indiretto le agevolazioni
concesse a quelli sottoposti a  vincolo  diretto  sia  suffragata  da
varie pronunce della  Corte  di  cassazione,  secondo  cui:  «poiche'
soltanto la L. n. 1089 del 1939,  art.  3,  che  prevede  il  vincolo
diretto  per  immobili   espressamente   qualificati   di   interesse
storico/artistico,  e'  richiamata   dalla   normativa   fiscale   di
agevolazione richiamo che trova la sua "ratio"  nella  necessita'  di
contemperare l'entita'  del  tributo  con  le  ingenti  spese  che  i
proprietari   sono   tenuti   ad   affrontare   per   preservare   le
caratteristiche  degli  immobili  stessi  -  non  puo'   un   vincolo
genericamente apposto a salvaguardia di altri  beni  -  quale  e'  il
vincolo indiretto di cui alla cit. L. n. 1089 del 1939, art. 21 (cfr.
Cons. Stato, sez. 6A - Sent.  4757/01)  -  integrare  la  fattispecie
agevolativa di cui e' causa che, trattandosi di  materia  tributaria,
e' di stretta interpretazione e quindi non estensibile  ai  casi  non
espressamente previsti (in quanto, in generale, le  norme  contenenti
agevolazioni  fiscali  derogano  al   generale   principio,   fissato
nell'art. 53 della Costituzione, di assoggettamento ai  tributi  -sia
sui redditi che sui trasferimenti di ricchezza - delle manifestazioni
di capacita' contributiva)» (Corte di cassazione, sezione tributaria,
sentenza 16 novembre 2012, n. 20117; nello  stesso  senso,  Corte  di
cassazione, sezione tributaria, sentenze 24 ottobre 2008, n. 25703  e
10 marzo 2008, n. 6328). 
    2.- L'eccezione, sollevata dall'Avvocatura generale dello  Stato,
di inammissibilita' delle questioni  per  erronea  ricostruzione  del
quadro normativo di riferimento  -  per  avere  la  rimettente  fatto
riferimento alla legge n. 1089 del 1939, e non avere preso invece  in
considerazione la fonte di disciplina dei beni culturali  attualmente
vigente - e' infondata. 
    La  Commissione  tributaria  regionale  rimettente,  dopo   avere
correttamente identificato le norme fiscali oggetto  delle  questioni
di  costituzionalita',  argomenta  l'ingiustificata   disparita'   di
trattamento  fiscale  tra  gli  immobili  dichiarati   di   interesse
culturale e quelli gravati da  «prescrizioni  di  tutela  indiretta»,
facendo riferimento a una fonte normativa non piu' vigente  all'epoca
delle annualita' in contestazione nel giudizio a  quo.  La  legge  n.
1089 del 1939, alla quale espressamente  rinviano  le  norme  fiscali
contestate, risalenti rispettivamente al 1991 e al 1993, infatti,  e'
stata successivamente abrogata dall'art. 166 del decreto  legislativo
29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle  disposizioni  legislative
in materia di beni culturali e ambientali, a  norma  dell'articolo  1
della legge 8 ottobre 1997, n. 352), che ha disciplinato  la  materia
dei beni culturali fino al 30  aprile  2004,  quando  e'  entrato  in
vigore il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10  della  legge  6
luglio 2002, n. 137), attualmente vigente. Quest'ultimo  prevede  ora
agli artt. 13 e seguenti l'imposizione del vincolo diretto e all'art.
45 le prescrizioni di tutela indiretta. 
    La  mancata  indicazione,  nell'ordinanza  di  rimessione,  delle
disposizioni del d.lgs. n. 42 del 2004 nelle quali sono confluite  le
norme precedentemente contenute agli artt. 3 e 21 della legge n. 1089
del 1939, non intacca la rilevanza delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale, ne' l'iter logico argomentativo  posto  a  fondamento
della valutazione della loro non manifesta infondatezza, giacche'  il
carattere mobile del rinvio  alla  disciplina  di  settore  dei  beni
culturali, contenuto nelle disposizioni  fiscali  censurate  e  fatto
palese dall'espresso riferimento  alle  «successive  modificazioni  e
integrazioni» dell'art. 3 della legge n. 1089 del 1939  (sentenza  n.
18 del 1995 su un caso analogo), preserva la  continuita'  precettiva
di queste ultime. 
    Restano cosi' certe, sia l'applicabilita' nel processo principale
delle norme sottoposte al vaglio di legittimita' costituzionale,  sia
l'influenza della decisione della questione ai fini  dello  scrutinio
della pretesa azionata dalla  contribuente.  E  anche  il  dubbio  di
costituzionalita' continua a risultare motivato  in  modo  pertinente
quanto al suo  oggetto  e  ai  parametri  invocati,  essendo  rimasti
sostanzialmente invariati,  nel  passaggio  da  una  fonte  normativa
all'altra, sia il presupposto normativo della  norma  di  favore  (il
vincolo diretto sui beni  di  interesse  culturale),  sia  l'istituto
delle «prescrizioni  di  tutela  indiretta»,  del  quale  il  giudice
rimettente lamenta il diverso trattamento fiscale. 
    3.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    3.1.- Le norme censurate  operano,  nel  comparto  delle  imposte
dirette, una discriminazione  qualitativa  a  favore  degli  immobili
oggetto di vincolo storico-artistico (o culturale, per utilizzare  il
lessico del codice dei beni culturali). L'art.  11,  comma  2,  della
legge n. 413 del 1991 stabilisce che, ai fini IRPEF, il loro  reddito
e'  determinato  con  l'applicazione  della  minore  fra  le  tariffe
d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella  quale
e' collocato il fabbricato. A sua volta, l'art. 2 del d.l. n. 16  del
1993, prevede che la base imponibile  per  il  calcolo  dell'ICI  sia
costituita dal valore che risulta applicando, alla rendita  catastale
determinata nel modo detto, specifici  moltiplicatori.  Gli  immobili
oggetto  di  vincolo  vedono  cosi'  ridotta,   rispetto   a   quanto
ordinariamente previsto,  la  misura  dell'imposta  dovuta  dal  loro
proprietario. 
    3.2.- La  Commissione  tributaria  rimettente  non  dubita  della
legittimita' delle norme agevolative in se' considerate, ma prospetta
come potenzialmente contrario agli artt. 3 e 53 Cost. il fatto che le
agevolazioni in  esse  previste  non  siano  estese  anche  ad  altre
categorie di beni, oltre a quella a cui  la  legge  espressamente  le
riferisce. In particolare, chiede a questa Corte di verificare se  la
distinzione  ai  fini  del  trattamento  fiscale  tra  gli   immobili
direttamente vincolati e gli immobili  soggetti  a  «prescrizioni  di
tutela  indiretta»  sia,  sotto  lo  specifico  profilo  considerato,
manifestamente  arbitraria  e   renda,   quindi,   costituzionalmente
illegittima la limitazione dell'agevolazione fiscale che su  di  essa
si basa. 
    L'istituto delle «prescrizioni  di  tutela  indiretta»,  volte  a
preservare l'integrita'  di  beni  immobili  di  interesse  culturale
direttamente vincolati, e' oggi regolato all'art. 45 del  codice  dei
beni  culturali  e  del  paesaggio,  nel  quale  e'   rifluita,   con
espressioni  letterali   largamente   coincidenti,   la   fattispecie
sostanziale disciplinata dapprima all'art. 21 della legge n. 1089 del
1939 e poi all'art. 49 del d.lgs. n.  490  del  1999.  Tale  tipo  di
vincolo, denominato "indiretto" per la sua funzione di  completamento
pertinenziale  della  visione   e   della   fruizione   dell'immobile
principale (gravato da vincolo diretto), comporta che il  diritto  di
proprieta' su beni oggetto di prescrizioni di tutela indiretta  possa
essere limitato, sulla base di  apprezzamenti  rimessi  all'autorita'
amministrativa competente, in funzione  di  protezione  dell'ambiente
circostante i beni di interesse culturale oggetto  di  vincolo.  Piu'
precisamente,   l'amministrazione   competente   «ha   facolta'    di
prescrivere le distanze, le  misure  e  le  altre  norme  dirette  ad
evitare che sia messa in pericolo  l'integrita'  dei  beni  culturali
immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o  la  luce  o  ne  siano
alterate le condizioni di ambiente e di decoro» (art. 45  del  d.lgs.
n. 42 del 2004). 
    3.3.- Questa Corte  si  e'  trovata  piu'  volte  a  vagliare  la
legittimita'   costituzionale   di   disposizioni   che   prevedevano
agevolazioni fiscali e, in questo contesto, ha affermato che norme di
tale tipo, aventi carattere eccezionale e derogatorio,  costituiscono
esercizio di un potere  discrezionale  del  legislatore,  censurabile
solo per la  sua  eventuale  palese  arbitrarieta'  o  irrazionalita'
(sentenza n. 292 del  1987;  ordinanza  n.  174  del  2001);  con  la
conseguenza che la Corte  stessa  non  puo'  estenderne  l'ambito  di
applicazione, se non quando lo esiga la ratio dei  benefici  medesimi
(sentenze n. 6 del 2014, n. 275 del 2005, n. 27 del 2001, n. 431  del
1997 e n. 86 del 1985; ordinanze n. 103 del 2012, n. 203 del 2011, n.
144 del 2009 e n. 10 del 1999). 
    E' dunque necessario identificare il fondamento dei  benefici  in
esame, per poi verificare se la  ratio  cosi'  individuata  si  possa
considerare comune  anche  alla  categoria  dei  beni  indirettamente
vincolati, ai quali l'agevolazione e' negata e che soggiacciono  alla
disciplina ordinaria del tributo. 
    3.4.- Questa Corte ha gia' chiarito che  la  ratio  delle  misure
fiscali censurate  nel  presente  giudizio  «va  individuata  in  una
esigenza di equita' fiscale,  derivante  dalla  considerazione  della
minore utilita' economica che presentano i beni immobili di interesse
storico o artistico in conseguenza del complesso di vincoli e  limiti
cui la loro proprieta' e' sottoposta», di modo che «l'applicazione di
un beneficio fiscale trova [...] il suo fondamento oggettivo  proprio
nella peculiarita' del regime giuridico dei beni di  cui  si  tratta»
(sentenza n. 345 del 2003, relativa all'art. 2, comma 5, del d.l.  n.
16 del 1993). Ha inoltre aggiunto, in altra occasione, che la  scelta
del legislatore appare «tutt'altro che arbitraria o irragionevole, in
considerazione del complesso di  vincoli  ed  obblighi  gravanti  per
legge sulla proprieta' di siffatti beni quale riflesso  della  tutela
costituzionale loro  garantita  dall'art.  9,  secondo  comma,  della
Costituzione» (sentenza n. 346 del 2003, relativa all'art. 11,  comma
2, della l. n. 413 del 1991). Tali conclusioni sono  condivise  dalla
giurisprudenza di legittimita' (ex  plurimis,  Corte  di  cassazione,
sezioni unite civili, sentenza 9 marzo 2011, n. 5518). 
    Il fondamento del trattamento fiscale piu'  favorevole  riservato
ai beni di interesse culturale va rinvenuto nella considerazione  che
la proprieta' di tali beni denota una capacita' contributiva ridotta,
per effetto degli oneri che la normativa di settore  impone  ai  loro
titolari.  Fra  essi  spiccano  quelli   connessi   all'obbligo   del
proprietario di «garantirne la conservazione» (art. 30, comma 3,  del
d.lgs. n. 42 del  2004)  e  al  potere  del  Ministro  competente  di
«imporre  al  proprietario  [...]  gli   interventi   necessari   per
assicurare la conservazione dei beni  culturali,  ovvero  provvedervi
direttamente» (art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 42  del  2004).  Salve
limitate eccezioni, «gli oneri per gli interventi su beni  culturali,
imposti o eseguiti direttamente dal Ministero ai sensi  dell'articolo
32, sono a carico del proprietario» (art. 34, comma 1, del d.lgs.  n.
42 del 2004). 
    3.5.- Anche la soggezione di determinati beni a  prescrizioni  di
tutela indiretta,  a  protezione  dei  beni  di  interesse  culturale
contigui o prossimi, puo' fare insorgere, in capo ai  loro  titolari,
vincoli e oneri. Si tratta tuttavia di oneri strutturalmente  diversi
da quelli che ricadono sul proprietario del bene di diretto interesse
culturale. Solo in questo secondo  caso,  oggetto  di  protezione  e'
direttamente il bene, che il proprietario e' obbligato  a  preservare
(in  adempimento  di  una  pluralita'  di  "obblighi   positivi"   di
conservazione, definiti agli artt. 30, 32, 33 e 34 del d.lgs.  n.  42
del  2004),  con  le  sue  caratteristiche  intrinseche,  nella   sua
integrita' e originalita';  cio'  che  normalmente  richiede  impegno
costante e l'impiego di specifiche tecniche e  metodi  di  intervento
manutentivo, e che puo'  comportare,  e  di  regola  comporta,  spese
particolarmente ingenti. Nel caso  di  un  bene  solo  indirettamente
vincolato, invece, oggetto di protezione non e' il  bene  stesso,  in
se' considerato, ma e' il contesto ambientale o  di  prospettiva  nel
quale l'immobile di interesse si inserisce, e a  garanzia  del  quale
l'amministrazione puo' imporre, a carico dei beni in esso  ricadenti,
prescrizioni di vario tipo, ma non  certo  assimilabili  al  generale
obbligo conservativo del bene culturale vero e proprio. 
    Si osservi ancora che, oltre che nei diversi obblighi positivi di
conservazione, la diversita' del trattamento legale degli immobili di
diretto interesse culturale, si manifesta anche nella  subordinazione
a regime autorizzativo e di previa denuncia delle principali facolta'
di godimento e disposizione dei beni stessi (artt. 21, 48, 50,  51  e
da 54 a 62 del d.lgs. n. 42 del 2004), che non  trova  corrispondenza
nel regime dei beni soggetti a prescrizioni di tutela indiretta. 
    3.6.-  Su  queste  basi,  la  paventata  discriminazione  non  e'
pertanto ravvisabile. 
    La diversita' di regime degli  immobili  di  interesse  culturale
rispetto agli immobili che tali non sono, pur essendo soggetti  a  un
vincolo indiretto strumentale alla protezione dei primi, legittima il
diverso trattamento fiscale degli  uni  rispetto  agli  altri  e  non
autorizza ad estendere ai secondi cio' che il legislatore ha  inteso,
con buone ragioni, riservare ai primi. 
    Cio' non esclude naturalmente che, tenuto conto della particolare
condizione  dei  beni  soggetti  a  vincolo  indiretto,   lo   stesso
legislatore possa, ove lo ritenga opportuno nell'esercizio della  sua
discrezionalita', prevedere per essi distinte e  proporzionate  forme
di  agevolazione  fiscale.  Una  volta  appurato,  tuttavia,  che  il
beneficio accordato sulla  componente  fondiaria  del  reddito  degli
immobili  di  interesse  culturale  trova  fondamento  nella   minore
utilita'  economica  derivante  dalla  conformazione   legale   dello
specifico statuto dominicale  di  tali  beni,  non  e'  irragionevole
precludere l'applicazione del medesimo beneficio  agli  immobili  che
non sono soggetti allo stesso regime. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art.  11,  comma  2,  della  legge  30  dicembre  1991,  n.  413
(Disposizioni per ampliare le basi  imponibili,  per  razionalizzare,
facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per
la  rivalutazione  obbligatoria  dei  beni  immobili  delle  imprese,
nonche' per riformare il contenzioso e per la  definizione  agevolata
dei  rapporti  tributari  pendenti;  delega   al   Presidente   della
Repubblica per  la  concessione  di  amnistia  per  reati  tributari;
istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale),  e
dell'art. 2, comma 5,  del  decreto-legge  23  gennaio  1993,  n.  16
(Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di
immobili  di  civile  abitazione,  di  termini  per  la   definizione
agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione
della ritenuta sugli interessi, premi ed altri  frutti  derivanti  da
depositi e conti correnti interbancari,  nonche'  altre  disposizioni
tributarie), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 24 marzo 1993, n.  75,  sollevate,  in  riferimento  agli
artt.  3  e  53  della  Costituzione,  dalla  Commissione  tributaria
regionale del Lazio, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 aprile 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2016. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA