N. 112 ORDINANZA 8 marzo - 20 maggio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Divieto di un secondo giudizio -  Procedimento  per
  il delitto di omesso versamento dell'IVA a carico di soggetto  gia'
  sanzionato in via amministrativa. 
- Codice di procedura penale, art. 649, in relazione all'art.  10-ter
  del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina  dei
  reati in materia di imposte sui redditi e sul  valore  aggiunto,  a
  norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205). 
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(GU n.21 del 25-5-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici  :Giuseppe  FRIGO,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,   Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,   Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  649  del
codice di procedura penale, in relazione all'art. 10-ter del  decreto
legislativo 10 marzo 2000, n.  74  (Nuova  disciplina  dei  reati  in
materia di imposte  sui  redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999,  n.  205),  promosso  dal
Tribunale ordinario di Bologna nel procedimento penale  a  carico  di
B.F.M., con ordinanza del 21 aprile 2015,  iscritta  al  n.  136  del
registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di costituzione di B.F.M.; 
    uditi nell'udienza pubblica dell'8 marzo 2016 i Giudici  relatori
Giorgio Lattanzi e Marta Cartabia; 
    udito l'avvocato Luca Sirotti per B.F.M. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 21 aprile 2015 (reg. ord. n.  136
del 2015), notificata il successivo 4 maggio, il Tribunale  ordinario
di Bologna ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 649 del codice di procedura penale, «in relazione  all'art.
10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina
dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto,  a
norma dell'articolo 9 della legge 25  giugno  1999,  n.  205),  nella
parte in  cui  non  prevede  l'applicabilita'  della  disciplina  del
divieto di un secondo giudizio al caso in cui all'imputato  sia  gia'
stata applicata, per il medesimo fatto nell'ambito di un procedimento
amministrativo, una sanzione alla  quale  debba  riconoscersi  natura
penale ai sensi della Convenzione EDU e dei relativi Protocolli», per
violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,   in
relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,
adottato  a  Strasburgo  il  22  novembre  1984,  ratificato  e  reso
esecutivo con la legge 9 aprile 1990, n. 98; 
    che davanti al rimettente pende il giudizio penale  a  carico  di
B.F.M., imputato del reato di cui all'art. 10-ter del  citato  d.lgs.
n. 74 del 2000 per non avere versato,  entro  il  termine  di  legge,
l'IVA dovuta dalla societa' di cui era legale rappresentante in  base
alla dichiarazione annuale 2008, per un importo di  complessivi  euro
378.180,71; 
    che l'imputato, al momento del processo, aveva gia' provveduto al
pagamento delle  somme  dovute  a  titolo  di  imposta  non  versata,
sanzioni amministrative  e  interessi,  ai  sensi  dell'art.  13  del
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma delle  sanzioni
tributarie non penali in materia di imposte dirette, di  imposta  sul
valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a  norma  dell'articolo
3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662); 
    che, secondo il rimettente, in  base  alla  giurisprudenza  della
Corte  di  Strasburgo,  ai  fini  del  riconoscimento  della   tutela
convenzionale approntata dall'art. 4 del Protocollo n. 7  alla  CEDU,
le sanzioni amministrative di cui all'art. 13 del d.lgs. n.  471  del
1997 avrebbero natura penale,  di  tal  che  dovrebbe  applicarsi  il
divieto del bis in idem stabilito dalla citata norma convenzionale; 
    che, ad avviso del giudice a quo, la sanzione  amministrativa  ex
art. 13 del d.lgs. n.  471  del  1997,  che  avrebbe  natura  penale,
sarebbe stata applicata per lo stesso fatto costituente il  reato  di
cui all' art. 10-ter del d.lgs.  n.  74  del  2000,  di  tal  che  il
procedimento penale  rappresenterebbe  un  secondo  giudizio  vietato
dalla norma convenzionale, come del resto gia' precisato dalla  Corte
di Strasburgo in casi analoghi a  quello  in  esame,  in  particolare
nelle sentenze  20  maggio  2014,  Nykanen  contro  Finlandia,  e  27
novembre 2014, Lucky Dev contro Svezia; 
    che, come ha ricordato il rimettente, nella materia tributaria il
possibile cumulo degli illeciti amministrativi e penali e'  governato
dal principio di specialita' codificato dall'art. 19 del d.lgs. n. 74
del 2000; 
    che, peraltro, le sezioni unite penali della Corte di  cassazione
(sentenza 28 marzo 2013, n. 37424) hanno gia' avuto modo di affermare
che l'illecito amministrativo di cui all'art. 13, comma 1, del d.lgs.
n. 471 del 1997 e il reato di cui all'art. 10-ter del  d.lgs.  n.  74
del  2000  non  si  pongono  in  rapporto  di  specialita',   ma   di
progressione illecita,  con  conseguente  sussistenza  di  un  doppio
binario sanzionatorio (amministrativo e penale) in relazione al quale
il possibile  cumulo  delle  sanzioni  e'  regolato  soltanto  da  un
meccanismo  di   sospensione   della   riscossione   della   sanzione
amministrativa sino  alla  definizione  del  giudizio  penale,  quale
previsto dall'art. 21 del d.lgs. n. 74 del 2000; 
    che gli artt. 20, 21 e 22 del d.lgs. n. 74 del 2000  stabiliscono
l'autonomia  del  procedimento  amministrativo  e  del   procedimento
penale, in quanto il primo non puo' essere sospeso  per  la  pendenza
del secondo e viceversa, mentre l'art. 13  dello  stesso  decreto  si
limita a prevedere  che  l'estinzione,  mediante  pagamento  avvenuto
prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, dell'imposta,
degli  interessi  e  della  sanzioni  per  l'illecito  amministrativo
comporta soltanto la diminuzione fino a un terzo della pena stabilita
per il reato; 
    che, secondo il rimettente, la violazione  convenzionale  in  tal
modo determinatasi non sarebbe da riportare all'art. 13 del d.lgs. n.
74 del 2000, ma all'art. 649  cod.  proc.  pen.,  che  stabilisce  il
divieto di  un  secondo  giudizio  solo  in  relazione  a  fatti  che
costituiscono  reato  e  non  rispetto  a  quelli  che  costituiscono
illecito amministrativo; 
    che, pertanto, l'art. 649 cod. proc. pen. - nella  parte  in  cui
non vieta un secondo giudizio nei confronti  dell'imputato  al  quale
sia gia' stata comminata, per il medesimo fatto,  una  sanzione  alla
quale debba riconoscersi natura penale ai sensi della  Convenzione  e
dei relativi Protocolli -  viola  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,
rispetto alla citata norma convenzionale, che  costituisce  parametro
interposto in base alla giurisprudenza costituzionale; 
    che, con atto depositato il  3  agosto  2015,  si  e'  costituito
B.F.M., imputato nel procedimento a quo, ritenendo che  la  questione
sollevata dal Tribunale bolognese sia fondata e rilevante, insistendo
cosi' per il suo accoglimento. 
    Considerato che, successivamente all'ordinanza di rimessione,  e'
intervenuto  il  decreto  legislativo  24  settembre  2015,  n.   158
(Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo  8,
comma 1, della legge 11 marzo 2014,  n.  23),  che  ha  profondamente
innovato da un  punto  di  vista  sistematico  il  rapporto  tra  gli
illeciti penali e amministrativi  in  questione,  modificando  alcune
delle  disposizioni  prese  in  considerazione  dal  rimettente   per
ravvisare la violazione e, segnatamente, quelle  di  cui  agli  artt.
10-ter e 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, introducendo fra  l'altro  una
causa di non punibilita'  per  il  caso  del  pagamento  dell'imposta
dovuta e delle sanzioni amministrative; 
    che in relazione a tali  innovazioni  sistematiche  -  come  gia'
riconosciuto da questa Corte in particolare con  l'ordinanza  n.  225
del 2015 -  spetta  al  giudice  rimettente  valutarne  le  complesse
ricadute nel giudizio a quo, specie in termini di rilevanza; 
    che, pertanto, deve essere disposta la restituzione degli atti al
giudice rimettente perche' rivaluti la rilevanza della questione alla
luce del novum normativo. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    ordina la restituzione  degli  atti  al  Tribunale  ordinario  di
Bologna. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
            Giorgio LATTANZI - Marta CARTABIA, Redattori 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2016. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA