N. 115 ORDINANZA 19 aprile - 20 maggio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Enti locali -  Provincia  autonoma  di  Trento  -  Istituzione  delle
  "comunita' di valle" - Costituzione e funzioni dei relativi  organi
  rappresentativi. 
- Legge della Provincia autonoma di  Trento  16  giugno  2006,  n.  3
  (Norme in materia di governo dell'autonomia  del  Trentino),  artt.
  15, 16, 17, 18, 19, 20 e 21. 
-   
(GU n.21 del 25-5-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  15,  16,
17, 18, 19, 20 e 21 della legge della Provincia autonoma di Trento 16
giugno 2006, n. 3 (Norme in materia  di  governo  dell'autonomia  del
Trentino),  promosso  dal  Consiglio   di   Stato,   sezione   quinta
giurisdizionale, nel procedimento vertente tra il Comune di  Vallarsa
e la Provincia autonoma di Trento  e  altri,  con  ordinanza  del  28
luglio 2014, iscritta  al  n.  236  del  registro  ordinanze  2014  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  54,  prima
serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visti l'atto di costituzione della Provincia autonoma di  Trento,
nonche' l'atto di intervento del Comun general de Fascia; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  19  aprile  2016  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi gli avvocati Damiano Florenzano per la  Provincia  autonoma
di Trento e Giandomenico Falcon per il Comun general de Fascia. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 28 luglio 2014, il  Consiglio  di
Stato, sezione quinta giurisdizionale, ha sollevato,  in  riferimento
agli artt. 5, 114, 118 e 128 della Costituzione e  all'art.  5  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 (Statuto speciale per  il
Trentino-Alto Adige), questioni di legittimita' costituzionale  degli
artt. 15, 16, 17, 18,  19,  20  e  21  della  legge  della  Provincia
autonoma di Trento 16 giugno 2006, n. 3 (Norme in materia di  governo
dell'autonomia del Trentino), come successivamente modificata; 
    che il giudice a quo riferisce di essere chiamato a  decidere  il
ricorso in  appello  proposto  dal  Comune  di  Vallarsa  avverso  la
sentenza del  Tribunale  regionale  di  giustizia  amministrativa  di
Trento 25 settembre 2013, n.  311,  che  ha  respinto  il  ricorso  -
promosso dal medesimo Comune - per l'annullamento della deliberazione
della Giunta della Provincia autonoma di Trento n. 1449 del 6  luglio
2012; 
    che, con l'atto da ultimo citato, ha  trovato  attuazione  l'art.
8-bis della «legge provinciale  n.  18/2011»  (rectius:  della  legge
della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2010, n.  27,  recante
«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2011   e
pluriennale 2011-2013 della Provincia  autonoma  di  Trento  -  Legge
finanziaria provinciale  2011»,  inserito  dall'art.  4  della  legge
provinciale 27 dicembre 2011, n. 18,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale 2012 e  pluriennale  2012-2014  della
Provincia autonoma di Trento»), il quale  obbligava  i  Comuni  e  le
unioni di Comuni con  popolazione  inferiore  a  10.000  abitanti  ad
esercitare «mediante le comunita' di appartenenza»  i  compiti  e  le
attivita' connessi ai  servizi  e  alle  funzioni  amministrative  in
materia di entrate,  informatica,  contratti  e  appalti  di  lavori,
servizi e forniture e, con progressiva estensione,  i  compiti  e  le
attivita' relativi al commercio; 
    che, secondo il rimettente, «presupposto della controversia»,  la
quale investe in via immediata la deliberazione della Giunta di avvio
delle gestioni associate obbligatoriamente affidate alle comunita' di
appartenenza, sarebbe la costituzione stessa  di  tali  comunita'  ad
opera della legge della Provincia autonoma di Trento n. 3  del  2006,
in quanto, senza la costituzione di tale ente da parte della legge da
ultimo citata, la determinazione impugnata «non avrebbe alcuna ragion
d'essere»; 
    che, in particolare, il giudice a quo dubita  della  legittimita'
costituzionale degli artt. 15, 16, 17, 18, 19, 20 e  21  della  legge
della Provincia autonoma di Trento n. 3 del  2006  (incluso,  quindi,
l'art. 19 che ha istituito il Comun general de Fascia in relazione ai
Comuni in cui sono presenti minoranze ladine, mochene e cimbre),  per
contrasto  con  gli  artt.  5,  114  e  128  Cost.,  in  quanto  tali
disposizioni  non  prevederebbero  la  creazione  di  mere  strutture
operative dei Comuni, bensi' l'istituzione di un nuovo ente dotato di
autonomia politica - le cosiddette comunita' di valle  -  alle  quali
sarebbero state conferite competenze in parte provinciali,  in  parte
comunali o delle unioni di Comuni, e  i  cui  organi  rappresentativi
sono  la  conferenza  dei  sindaci,  con   funzioni   consultive,   e
l'assemblea della comunita', composta per due  quinti  da  componenti
designati dai Comuni e per i restanti tre quinti da componenti eletti
direttamente dalla popolazione residente; 
    che il rimettente - richiamate le sentenze di questa Corte n. 876
del 1988 e n. 107 del 1976, con le quali sarebbero  state  dichiarate
costituzionalmente illegittime leggi istitutive di «figure soggettive
esponenziali  di  comunita'  locali»  diverse  dagli  enti   elencati
dall'art. 114 Cost., i cui organi erano eletti a suffragio universale
e diretto dai cittadini  -  ritiene  che  l'art.  114  Cost.  sarebbe
violato  in   quanto   le   disposizioni   censurate   prevederebbero
«un'elezione  diretta,  tra   l'altro   della   parte   maggioritaria
dell'Assemblea» da parte di un ente  intermedio  non  previsto  dalla
Costituzione; e che gli artt. 5 e 128 Cost. sarebbero lesi in  quanto
«l'attribuzione ai nuovi enti, come  previsto  sulla  base  di  altre
leggi provinciali, di compiti che si venivano a sovrapporre a  quelli
dei Comuni o si diversificavano da quelli della Provincia, finiva per
realizzare la sottrazione di competenze  agli  enti  territoriali  di
base»; 
    che, dunque, secondo il rimettente,  le  disposizioni  evocate  a
parametro consentirebbero solo la creazione di strutture di  raccordo
funzionale dei Comuni, cosi' che possa restare  inalterato  l'assetto
delle loro competenze, mentre tale assetto  sarebbe  irreparabilmente
pregiudicato  da  un'elezione  diretta  della   parte   maggioritaria
dell'assemblea delle comunita'; 
    che,  in  secondo  luogo,  il  giudice  a  quo  assume   che   le
disposizioni censurate si porrebbero  in  contrasto  con  l'art.  118
Cost., in quanto  ai  Comuni,  «titolari  "naturali"  delle  funzioni
amministrative a livello locale», sarebbero state sottratte rilevanti
funzioni a favore di un ente di nuova istituzione non previsto  dalla
Costituzione,  dallo  statuto  o  dai  decreti   di   attuazione   di
quest'ultimo; 
    che, infine, sarebbe violato l'art. 5,  numero  1),  della  legge
cost. n. 5 del 1948, come modificato dalla  legge  costituzionale  10
novembre 1971, n.  1  (Modificazioni  e  integrazioni  dello  statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige),  in  quanto  la   «drastica
sottrazione di competenze» ai Comuni spetterebbe alla Regione  e  non
alla potesta' legislativa della Provincia; 
    che si e' costituita in  giudizio,  con  atto  depositato  il  20
gennaio 2015, la Provincia autonoma di Trento, parte del  giudizio  a
quo, eccependo l'inammissibilita' delle questioni  e,  in  subordine,
chiedendone il rigetto; 
    che la difesa della Provincia autonoma eccepisce,  anzitutto,  un
«radicale»  difetto  di  rilevanza  delle  sollevate   questioni   di
legittimita' costituzionale,  in  quanto  le  disposizioni  censurate
sarebbero relative alla costituzione  delle  comunita',  mentre,  nel
giudizio a quo, sarebbero stati impugnati provvedimenti di attuazione
degli artt. 8 e 8-bis della legge della Provincia autonoma di  Trento
n. 27 del 2010, ossia provvedimenti non  imputabili  alle  comunita',
non integranti l'esercizio di una competenza assegnata agli organi di
queste ultime, e che non  hanno  disposto  il  trasferimento  di  una
specifica competenza comunale in favore delle predette comunita', ne'
vi hanno dato applicazione; 
    che, pertanto, l'accoglimento  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale proposte non inciderebbe in alcun modo sull'esito  del
giudizio principale; 
    che secondo la difesa  della  Provincia  autonoma  di  Trento  le
censure proposte, nel merito, non sarebbero fondate; 
    che essa  ritiene,  in  primo  luogo,  che  la  competenza  della
Provincia a disciplinare la materia in oggetto troverebbe  fondamento
nell'art. 8, numero 5) e seguenti, del d.P.R. 31 agosto 1972, n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e nelle  disposizioni
di attuazione statutaria di cui all'art. 7 del d.P.R. 22 marzo  1974,
n. 279 (Norme di attuazione dello statuto  speciale  per  la  regione
Trentino-Alto Adige in materia di minime proprieta' colturali, caccia
e pesca, agricoltura e foreste) e di cui all'art. 15,  comma  2,  del
d.P.R.  19  novembre  1987,   n.   526   (Estensione   alla   regione
Trentino-Alto Adige ed alle province autonome  di  Trento  e  Bolzano
delle disposizioni del decreto del  Presidente  della  Repubblica  24
luglio 1977, n. 616), che assegnerebbero alla Provincia, e  non  alla
Regione, la possibilita' di disciplinare gli  «Enti  associativi  dei
Comuni, sia pure ad appartenenza obbligatoria», tali essendo - per la
parte costituita - le comunita'; 
    che sarebbe,  pertanto,  non  fondata  la  censura  sollevata  in
relazione all'art. 5, numero 1), della legge cost. n. 5 del 1948,  la
quale, peraltro - secondo la difesa  provinciale  -  dovrebbe,  prima
ancora, ritenersi inammissibile, in  quanto  tale  disposizione  «non
esiste»; 
    che, in secondo luogo, la  difesa  della  Provincia  autonoma  di
Trento  nega  che  le  disposizioni  impugnate   abbiano   modificato
l'ordinamento comunale, sottraendo competenze ai Comuni,  poiche'  la
legge provinciale n. 3  del  2006  avrebbe  piuttosto  trasferito  ai
Comuni competenze proprie o competenze che erano  state  delegate  ai
comprensori, pur prescrivendo che le  medesime  siano  esercitate  in
forma associata mediante le comunita', in conformita' ai principi  di
cui all'art. 118 Cost.; 
    che, infatti, la stessa legge provinciale n. 3 del 2006, all'art.
11, comma 1, avrebbe  fatto  salvo  l'ordinamento  dei  Comuni,  come
definito a livello regionale, stabilendo che «i comuni esercitano  la
potesta' amministrativa nelle materie e con riferimento alle funzioni
gia' loro spettanti in base alla legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1
(Nuovo ordinamento dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige)»; 
    che, in terzo luogo, per quanto concerne  la  composizione  degli
organi  delle  comunita',  la  difesa  provinciale  rileva  come   le
disposizioni censurate prevedano «un sistema  misto»,  in  quanto  la
rappresentanza dei Comuni associati e' integrata da forme di elezione
diretta nella formazione di alcuni di tali organi; 
    che, in particolare,  in  relazione  alla  suddetta  censura,  la
difesa provinciale ritiene che il giudice a quo non abbia considerato
la  differenza  tra  le  disposizioni  dichiarate  costituzionalmente
illegittime con la sentenza n. 876 del 1988 e quelle  ora  in  esame,
poiche', mentre la legge della Provincia autonoma di  Trento,  allora
sottoposta  allo  scrutinio   della   Corte   costituzionale,   aveva
introdotto un'elezione a suffragio universale e  diretto  dell'organo
rappresentativo dei comprensori dei Comuni, le disposizioni censurate
nel  presente  giudizio  prevedono,  invece,  un  sistema  misto  per
l'investitura  dell'assemblea  delle  comunita'   (tre   quinti   dei
componenti eletti  a  suffragio  universale  e  diretto,  due  quinti
nominati da ciascun consiglio comunale del territorio); 
    che, pertanto, secondo la  difesa  della  Provincia  autonoma  di
Trento, la previsione di  alcune  limitate  forme  di  partecipazione
diretta dei cittadini alla  formazione  dell'organo  assembleare  non
potrebbe determinare ex se la riconduzione delle comunita' al  novero
degli enti locali dotati di «autonomia politica», e far perdere  loro
la natura di enti «di secondo livello», in quanto  l'adozione  di  un
sistema misto per la composizione  dell'assemblea  sarebbe  piuttosto
funzionale a coniugare le esigenze di rappresentanza democratica  con
quelle di valorizzazione del profilo associativo e di raccordo tra  i
Comuni e, pertanto, le comunita' avrebbero natura di enti associativi
di Comuni, sia pure ad appartenenza obbligatoria; 
    che, per le enunciate ragioni, secondo la difesa della  Provincia
autonoma di Trento, le censure sollevate in relazione agli  artt.  5,
114, 118 e 128 Cost. non sarebbero fondate; 
    che, infine, la difesa della Provincia autonoma di Trento  rileva
che,   successivamente   alla   proposizione   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale da  parte  del  Consiglio  di  Stato,  le
disposizioni censurate sono state modificate dalla legge  provinciale
13  novembre  2014,  n.  12,  recante  «Modificazioni   della   legge
provinciale 16 giugno  2006,  n.  3  (Norme  in  materia  di  governo
dell'autonomia del Trentino), della legge provinciale 15 giugno 2005,
n. 7 (legge provinciale sul Consiglio delle autonomie locali 2005), e
di disposizioni connesse», la quale ha rivisto l'organizzazione delle
comunita', sopprimendo l'organo denominato assemblea e prevedendo che
i  restanti  organi  (il  consiglio,  il  presidente  e  il  comitato
esecutivo) sono formati con un meccanismo di investitura  di  secondo
grado; 
    che, in particolare, il consiglio, definito «organo di  indirizzo
e controllo», e' ora composto dal presidente e da un numero variabile
di componenti eletti, insieme al presidente,  dal  cosiddetto  «corpo
per  l'elezione  degli  organi  della   comunita'»,   costituito   da
rappresentanti eletti dai Consigli comunali (vengono citati gli artt.
15, 16, 17, 17-quater e seguenti della legge  provinciale  n.  3  del
2006, come modificati dalla legge provinciale n. 12 del 2014); 
    che, essendo venuto meno il meccanismo misto di investitura degli
organi delle comunita', sarebbe venuta meno - secondo la difesa della
Provincia autonoma -  «qualsivoglia  plausibilita'»  delle  questioni
sollevate dal giudice rimettente; 
    che, in data 20 gennaio 2015, ha spiegato atto di  intervento  il
Comun general de Fascia, motivando, anzitutto, in ordine alla propria
legittimazione ad intervenire  nel  giudizio  di  fronte  alla  Corte
costituzionale; 
    che, a tal fine, la difesa del Comun general de Fascia osserva di
essere   una   parte   necessaria   e   pretermessa   nel    giudizio
amministrativo, atteso che la delibera impugnata nel giudizio  a  quo
riguarderebbe tutte le comunita' allo stesso modo, mentre il  ricorso
sarebbe stato notificato solo ad una delle comunita', senza  che  nel
giudizio  amministrativo  sia  stata  ordinata   l'integrazione   del
contraddittorio,  e  rilevando,   in   subordine,   che   una   delle
disposizioni censurate dal giudice a quo  -  l'art.  19  della  legge
provinciale n. 3 del 2006 - sarebbe istitutiva del Comun  general  de
Fascia; 
    che,  per  le  ragioni  esposte,   sussisterebbe   un   interesse
qualificato alla partecipazione ad un giudizio rivolto  a  travolgere
sia  il  provvedimento  amministrativo  -  impugnato   nel   giudizio
principale  -  dal  quale  deriva  il  concreto  trasferimento  delle
funzioni, sia la stessa disposizione di legge che istituisce il Comun
generale de Fascia  quale  organizzazione  dei  Comuni  ladini  (sono
menzionate le sentenze della Corte costituzionale n. 138 del 2010, n.
128 del 2008, n. 349 del 2007, n. 279 del 2006 e l'ordinanza  n.  250
del 2007); 
    che, secondo la difesa dell'interveniente, le questioni sollevate
sarebbero inammissibili per plurime ragioni; 
    che, anzitutto, esse sarebbero irrilevanti, poiche'  oggetto  del
giudizio principale sarebbe una delibera  attuativa  dell'art.  8-bis
della legge provinciale n. 27 del  2010,  mentre  il  giudice  a  quo
censura norme contenute nella legge provinciale  n.  3  del  2006  e,
pertanto, un'eventuale decisione di accoglimento  non  avrebbe  alcun
effetto sul giudizio principale; 
    che, in particolare, sarebbe  inammissibile  per  irrilevanza  la
questione di legittimita' costituzionale avente ad oggetto l'art.  19
della legge provinciale n. 3 del 2006, in  quanto  tale  disposizione
detterebbe per il Comun general de Fascia una  disciplina  specifica,
diversa da quella, generale, prevista per le altre comunita',  mentre
il giudice rimettente - a sostegno  di  tale  censura  -  si  sarebbe
limitato ad affermare che il Comun general de Fascia sarebbe  analogo
alle altre comunita'; 
    che   tutte   le   questioni   sollevate   sarebbero,    inoltre,
inammissibili, in quanto  l'ordinanza  di  rimessione  sarebbe  stata
adottata dal Consiglio di Stato in assenza di contraddittorio; 
    che, infine, l'interveniente chiede che la  Corte  costituzionale
restituisca gli atti  al  giudice  a  quo,  poiche',  successivamente
all'ordinanza di rimessione, le  disposizioni  censurate  sono  state
modificate dalla legge provinciale n. 12 del 2014, e, in particolare,
e' mutato il sistema di elezione del  presidente  e  della  assemblea
delle comunita', i quali sarebbero ora organi  di  piena  derivazione
comunale,  secondo  un  modello  largamente  presente  nella   stessa
legislazione statale; 
    che,  in  ogni  caso,  le  questioni   prospettate,   ad   avviso
dell'interveniente, non sarebbero fondate; 
    che, in primo luogo, la competenza della  Provincia  autonoma  di
Trento a disciplinare la materia di cui alle  disposizioni  censurate
si fonderebbe sullo statuto d'autonomia e sulle relative disposizioni
di attuazione (in particolare, sull'art. 7 del d.P.R. n. 279 del 1974
e sull'art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 526 del 1987); che  la  stessa
Corte costituzionale, nella sentenza n. 876 del 1988, pur  censurando
l'elezione  diretta  degli  organi   dei   comprensori   (ossia   dei
«precursori   delle   attuali   Comunita'   di    Valle»),    avrebbe
implicitamente affermato la competenza provinciale in materia; e che,
per quanto riguarda  piu'  specificamente  la  disciplina  del  Comun
general de  Fascia,  essa  competerebbe  senz'altro  alla  Provincia,
attenendo alla tutela delle minoranze linguistiche di cui agli  artt.
15, 19, 30, 36, 48, 62 e 98 dello statuto d'autonomia; 
    che, in secondo  luogo,  infondate  sarebbero  anche  le  censure
relative alla modalita' di formazione dell'assemblea delle comunita',
poiche' l'art. 16, comma 1, della legge provinciale n. 3 del  2006  -
nella formulazione a cui fa riferimento il giudice a  quo  -  prevede
che  tale  organo  abbia  una  composizione  mista,   intendendo   il
legislatore provinciale contemperare l'esigenza di una rappresentanza
dei Comuni con quella della diretta partecipazione dei cittadini alla
scelta degli organi delle comunita'; 
    che, conseguentemente, le comunita' manterrebbero il carattere di
ente rappresentativo dei Comuni associati, tale ultima considerazione
valendo, in particolare, per il Comun general de Fascia, dal  momento
che l'art. 19, comma 4, lettera a), della legge provinciale n. 3  del
2006, prevede una presenza solo eventuale di  organi  rappresentativi
della  popolazione,  spettando  tale  decisione,  all'unanimita',  ai
Comuni interessati; 
    che infondate sarebbero anche le censure prospettate in relazione
all'art.   118   Cost.:   anzitutto,   poiche'   tale    disposizione
costituzionale sarebbe applicabile alle Regioni  a  statuto  speciale
solo in relazione alle  materie  «nuove»,  ossia  a  quelle  ad  esse
spettanti in  virtu'  dell'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), mentre il giudice a quo non  avrebbe  dimostrato,  ne'
affermato, che le disposizioni censurate prevedano l'attribuzione  di
funzioni comunali  alle  comunita'  in  materie  non  statutarie;  in
secondo luogo, poiche', dall'art. 2,  comma  1,  della  stessa  legge
provinciale n. 3 del 2006 discenderebbe che  le  funzioni  attribuite
alle comunita'  non  sarebbero  state  sottratte  ai  Comuni,  ma  il
legislatore provinciale si sarebbe limitato ad imporre che esse siano
gestite dai Comuni in forma associata; 
    che, in data 29 marzo 2016, la difesa della Provincia autonoma di
Trento ha presentato una memoria in cui ribadisce  le  considerazioni
gia' espresse nell'atto di costituzione; 
    che, in data 29 marzo 2016, la difesa del Comun general de Fascia
ha presentato una memoria,  in  cui  approfondisce  le  eccezioni  di
inammissibilita' e gli argomenti a sostegno  dell'infondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal  Consiglio  di
Stato. 
    Considerato  che  il   Consiglio   di   Stato,   sezione   quinta
giurisdizionale, dubita, in riferimento agli artt. 5, 114, 118 e  128
della  Costituzione  e  all'art.  5  della  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 5 (Statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige),
della legittimita' costituzionale degli artt. 15, 16, 17, 18, 19,  20
e 21 della legge della Provincia autonoma di Trento 16  giugno  2006,
n. 3 (Norme in materia di governo dell'autonomia del Trentino),  come
successivamente modificata; 
    che il giudice a quo ritiene violati gli artt. 5, 114 e 128 Cost.
- quest'ultimo, peraltro, notoriamente  abrogato  dall'art.  9  della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche  al  titolo  V
della parte seconda della Costituzione) - in quanto  le  disposizioni
censurate,  prevedendo  che  alcuni  organi   rappresentativi   delle
comunita' siano eletti, in larga  parte,  a  suffragio  universale  e
diretto, avrebbero istituito nuovi enti dotati di autonomia politica; 
    che il rimettente ritiene, altresi', violato  l'art.  118  Cost.,
poiche' sarebbero state sottratte  ai  Comuni  rilevanti  funzioni  a
favore  di  un  ente  di  nuova  istituzione,  non   previsto   dalla
Costituzione,  dallo  statuto  o  dai  decreti   di   attuazione   di
quest'ultimo; 
    che il giudice a quo ritiene, infine, violato  l'art.  5,  numero
1), della legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  5  (Statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige)  -  disposizione,  peraltro,
dapprima riprodotta nell'art. 5, numero  1),  del  d.P.R.  31  agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti lo
Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige)  e  successivamente
abrogata dall'art. 6 della legge costituzionale 23 settembre 1993, n.
2 (Modifiche ed integrazioni  agli  statuti  speciali  per  la  Valle
d'Aosta, per la Sardegna, per  il  Friuli-Venezia  Giulia  e  per  il
Trentino-Alto  Adige)  e   dal   medesimo   trasfusa,   con   diversa
formulazione, nell'art. 4, numero 3), del d.P.R. n. 670 del 1972 - in
quanto tale disposizione  attribuirebbe  alla  Regione,  e  non  alla
Provincia, la disciplina degli enti locali; 
    che, con ordinanza dibattimentale adottata nel corso dell'udienza
pubblica, allegata al presente  provvedimento,  e'  stato  dichiarato
ammissibile l'intervento del Comun general de Fascia; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'  entrata  in
vigore la legge della Provincia autonoma di Trento 13 novembre  2014,
n. 12, recante «Modificazioni della legge provinciale 16 giugno 2006,
n. 3 (Norme in materia di governo dell'autonomia del Trentino), della
legge provinciale  15  giugno  2005,  n.  7  (legge  provinciale  sul
Consiglio delle autonomie locali 2005), e di disposizioni  connesse»,
la quale ha modificato la legge provinciale n. 3 del 2006,  innovando
in profondita'  sia  l'assetto  istituzionale  delle  comunita',  sia
l'allocazione delle funzioni amministrative tra Provincia,  comunita'
e Comuni; 
    che, in particolare, l'art. 12 della legge provinciale n. 12  del
2014 ha modificato il censurato art. 15 della legge provinciale n.  3
del 2006, che prevede ora  un  diverso  assetto  istituzionale  delle
comunita', essendo mutati il numero e la tipologia degli organi delle
stesse; 
    che l'art. 13 della legge provinciale n. 12 del 2014, sostituendo
il censurato art. 16 della legge  provinciale  n.  3  del  2006,  non
stabilisce piu' che il presidente  e  la  maggioranza  dell'assemblea
delle comunita' siano eletti a suffragio  universale  e  diretto  dai
residenti nel territorio, ma disciplina ora il «consiglio»  -  organo
che  ha  sostituito  l'«assemblea»  -  nonche'  il  numero  dei  suoi
componenti,  e  le  cause  di  incandidabilita',  ineleggibilita'   e
incompatibilita' alla carica di consigliere; 
    che le modalita' di elezione del consiglio e del presidente  sono
attualmente contenute nelle disposizioni di cui al nuovo  Capo  V-bis
della legge provinciale n. 3 del 2006, introdotte dagli artt. 17, 18,
19, 20, 21, 22 e 23 della legge provinciale n. 12 del 2014; 
    che,  in  particolare,  gli  artt.  17-quinquies   e   17-sexies,
contenuti nel citato Capo V-bis, prevedono che il presidente e  tutti
i membri del consiglio siano eletti dal «corpo per  l'elezione  degli
organi della  comunita'»,  composto  dai  rappresentanti  eletti  dai
consigli comunali, attraverso  un  sistema  di  elezione  di  secondo
grado; 
    che, in conseguenza delle citate modifiche,  anche  il  censurato
art. 17 della legge provinciale n. 3 del 2006 - che  disciplinava  il
presidente e l'organo esecutivo delle comunita' - e' stato sostituito
dall'art. 14 della legge provinciale n. 12 del 2014; 
    che, oltre ad  avere  inciso  sulle  disposizioni  censurate  dal
giudice rimettente, la legge provinciale n. 12 del 2014 ha  apportato
modificazioni  anche  all'art.  8-bis  della  legge  della  Provincia
autonoma di Trento 27 dicembre  2010,  n.  27  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale 2011 e  pluriennale  2011-2013  della
Provincia autonoma di Trento - Legge finanziaria  provinciale  2011),
novellando, dunque, la disposizione  cui  aveva  dato  attuazione  la
deliberazione della Giunta della Provincia autonoma di Trento n. 1449
del 6 luglio 2012, oggetto di impugnazione nel giudizio principale; 
    che, in particolare, l'art. 39, comma 2, lettere a) e  b),  della
legge provinciale n. 12 del 2014  ha  disposto  la  soppressione,  al
comma 1 del citato art. 8-bis, delle parole «mediante le comunita' di
appartenenza» e delle parole «e dal  presidente  della  comunita'  di
riferimento», con l'effetto che l'esercizio associato delle  funzioni
ivi previste non deve necessariamente avvenire, da parte dei  Comuni,
mediante le comunita'; 
    che, inoltre, lo stesso art. 39 della legge provinciale n. 12 del
2014, al comma 3, prevede un'abrogazione differita,  tra  gli  altri,
del comma 1 dell'art. 8-bis della legge provinciale n. 27  del  2010,
cosi' modificato, «a decorrere dalla data stabilita dal provvedimento
di individuazione degli ambiti previsto  dall'art.  9-bis,  comma  3,
della legge provinciale n. 3 del 2006»; 
    che, avendo la Giunta  provinciale,  d'intesa  con  il  Consiglio
delle  autonomie  locali,  provveduto  ad  individuare  tali   ambiti
associativi con deliberazione n. 1952 del 9 novembre 2015, il comma 1
dell'art. 8-bis della legge provinciale n. 27 del  2010  risulta  ora
abrogato; 
    che, dunque,  la  normativa  sopravvenuta  ha  inciso  sia  sulle
disposizioni censurate, sia sulla disposizione sulla base della quale
era stato adottato l'atto impugnato nel giudizio principale; 
    che, pertanto, deve essere disposta la restituzione degli atti al
giudice rimettente, al quale spetta compiere una nuova valutazione in
ordine  alla  rilevanza  e  alla  non  manifesta  infondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale  sollevate,  alla  luce  del
profondo mutamento del complessivo quadro normativo di riferimento. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    ordina la restituzione degli atti al Consiglio di Stato,  sezione
quinta giurisdizionale. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 aprile 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2016. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA 
 
 
                                                            Allegato: 
                       Ordinanza letta all'udienza del 19 aprile 2016 
 
                              ORDINANZA 
 
    Rilevato che  nel  giudizio  promosso  dal  Consiglio  di  Stato,
sezione quinta giurisdizionale, con  ordinanza  del  28  luglio  2014
(iscritta al n. 236 del r.o. 2014), ha depositato atto  d'intervento,
in data 20 gennaio 2015, il Comun general de Fascia; 
    considerato che, per costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,
sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale  di  legittimita'
costituzionale (oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel
caso di legge regionale o provinciale,  al  Presidente  della  Giunta
regionale o al Presidente della Giunta provinciale) le sole parti del
giudizio principale (ex plurimis, tra le piu'  recenti,  sentenze  n.
236, n. 210, n. 71, n. 70, n. 37, n. 35 e n. 34 del 2015); 
    che  l'intervento  di  soggetti  estranei   al   detto   giudizio
principale e'  ammissibile  soltanto  per  i  terzi  titolari  di  un
interesse qualificato,  inerente  in  modo  diretto  e  immediato  al
rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio  e   non   semplicemente
regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di  censura  (ex
plurimis, ordinanze n. 200 del 2015 e n. 318 del 2013, sentenza n. 38
del 2009, sentenza n. 128 del 2008, ordinanza n. 389 del 2004); 
    che il giudice rimettente ha sollevato questioni di  legittimita'
costituzionale  anche  sull'art.  19  della  legge  della   Provincia
autonoma di Trento 16 giugno 2006, n. 3 (Norme in materia di  governo
del territorio dell'autonomia del Trentino), il quale  istituisce  il
Comun  general  de  Fascia,  dettando  per  esso,  tra  l'altro,  una
disciplina parzialmente differente rispetto a quella prevista per  le
altre Comunita' di Valle; 
    che il Comun  general  de  Fascia  e',  dunque,  titolare  di  un
interesse  qualificato,  diretto  e  immediato,  all'intervento   nel
giudizio di legittimita' costituzionale instaurato, in ragione  degli
effetti che la pronuncia di questa Corte puo' determinare  sulla  sua
stessa esistenza. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara ammissibile l'intervento spiegato dal Comun  general  de
Fascia. 
 
                   F.to: Paolo Grossi, Presidente