N. 116 ORDINANZA 20 aprile - 20 maggio 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati tributari - Omesso versamento delle somme  dovute,  utilizzando
  in  compensazione  crediti  non  spettanti   o   inesistenti,   con
  riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011 - Soglia di
  punibilita'. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000,  n.  74  (Nuova  disciplina  dei
  reati in materia di imposte sui redditi e sul  valore  aggiunto,  a
  norma dell'articolo 9 della legge 25  giugno  1999,  n.  205)  art.
  10-quater. 
-   
(GU n.21 del 25-5-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-quater
del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74  (Nuova  disciplina  dei
reati in materia di imposte sui redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a
norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n.  205),  promossi
dal Tribunale ordinario di Lecce con ordinanza del 24 aprile  2015  e
dal Tribunale ordinario di Palermo con  ordinanza  del  21  settembre
2015,  iscritte  rispettivamente  ai  nn.  167  e  332  del  registro
ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 36, prima serie speciale, dell'anno  2015  e  n.  1,  prima  serie
speciale, dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 20  aprile  2016  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 24 aprile 2015 (r.o. n.  167  del
2015), il Tribunale ordinario di Lecce, in composizione  monocratica,
ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-quater  del   decreto
legislativo 10 marzo 2000, n.  74  (Nuova  disciplina  dei  reati  in
materia di imposte  sui  redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella  parte  in
cui, con riferimento ai fatti commessi sino  al  17  settembre  2011,
punisce  l'omesso  versamento  delle  somme  dovute,  utilizzando  in
compensazione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio
1997,  n.  241  (Norme  di  semplificazione  degli  adempimenti   dei
contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta  sul
valore aggiunto, nonche' di modernizzazione del sistema  di  gestione
delle dichiarazioni), crediti non spettanti  o  inesistenti,  per  un
ammontare superiore ad euro 50.000  per  ciascun  periodo  d'imposta,
anziche' ad euro 103.291,38; 
    che il giudice a quo riferisce di essere  chiamato  a  giudicare,
con rito abbreviato, una persona imputata del  reato  previsto  dalla
norma  censurata,  per  aver  omesso  di  versare  -  utilizzando  in
compensazione, ai sensi del citato art. 17  del  d.lgs.  n.  241  del
1997, «crediti non spettanti e/o inesistenti» - la somma  complessiva
di euro  60.179,34,  in  relazione  all'anno  d'imposta  2008  (fatto
commesso il 30 settembre  2009),  e  la  somma  complessiva  di  euro
66.288,61, in relazione all'anno d'imposta 2009 (fatto commesso il 30
settembre 2010); 
    che la questione sarebbe, dunque, rilevante,  in  quanto  il  suo
accoglimento   comporterebbe   il   proscioglimento    dell'imputato,
altrimenti assoggettabile a pena, risultando superata  la  soglia  di
rilevanza penale pari a 50.000 euro per ciascun periodo  di  imposta,
prevista dall'art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 e richiamata  dal
successivo art. 10-quater; 
    che quanto, poi, alla non manifesta infondatezza,  il  rimettente
osserva come, con la sentenza n. 80 del 2014, la Corte costituzionale
abbia  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo,  in   riferimento
all'art. 3 Cost., l'art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 nella parte
in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre  2011,
puniva l'omesso versamento dell'imposta sul  valore  aggiunto  (IVA),
dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per  importi  non
superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38; 
    che la Corte ha ritenuto, in  specie,  lesiva  del  principio  di
eguaglianza la  previsione,  per  il  delitto  di  omesso  versamento
dell'IVA, di una soglia di  punibilita'  (euro  50.000)  inferiore  a
quelle  stabilite  per   la   dichiarazione   infedele   e   l'omessa
dichiarazione dagli artt. 4 e  5  del  medesimo  decreto  legislativo
(rispettivamente, euro 103.291,38 ed  euro  77.468,53),  prima  della
loro modifica in diminuzione ad opera  dal  decreto-legge  13  agosto
2011,  n.  138  (Ulteriori  misure  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,  dalla
legge 14 settembre 2011, n.  148;  modifica  operante,  per  espressa
previsione normativa, in rapporto ai soli fatti commessi dopo  il  17
settembre  2011:  in  questo  modo,  infatti,  veniva  riservato   un
trattamento deteriore a comportamenti  di  evasione  tributaria  meno
insidiosi e lesivi degli  interessi  del  fisco,  attenendo  l'omesso
versamento a somme di cui lo stesso contribuente si era  riconosciuto
debitore nella dichiarazione annuale dell'IVA; 
    che, ad avviso del giudice a quo, tali  considerazioni  sarebbero
estensibili anche al  delitto  di  indebita  compensazione,  previsto
dall'art. 10-quater del d.lgs. n. 74 del 2000,  affine  a  quello  di
omesso versamento dell'IVA sul piano tanto formale che sostanziale; 
    che  con  riguardo,  infatti,  alla  «struttura   formale   della
fattispecie», l'art. 10-quater, al pari dell'art. 10-ter, non  indica
in modo diretto la misura della pena ne' la soglia di punibilita' del
reato, ma rinvia, per la loro determinazione,  alla  disposizione  di
cui all'art. 10-bis; 
    che sul piano sostanziale,  d'altro  canto,  entrambe  le  figure
criminose - congiuntamente  introdotte  dal  decreto-legge  4  luglio
2006, n. 223  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio  economico  e
sociale, per il  contenimento  e  la  razionalizzazione  della  spesa
pubblica, nonche' interventi in materia di  entrate  e  di  contrasto
all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla  legge  4
agosto 2006, n. 248 - rispondono alla medesima ratio di rafforzamento
della tutela penale della fase di riscossione dei tributi; 
    che, d'altra parte, se pure e' vero che la  condotta  incriminata
dall'art. 10-quater del d.lgs. n. 74 del 2000 postula la redazione di
un modello F24 ideologicamente falso (in  quanto  rappresentativo  di
crediti non spettanti  o  inesistenti)  e,  dunque,  un  "tradimento"
dell'affidamento    riposto    dallo    Stato    nella    correttezza
dell'«autoliquidazione» del tributo effettuata dal  contribuente,  la
predetta condotta risulta trattata, tuttavia - quanto alla soglia  di
punibilita' - in modo ingiustificatamente piu' rigoroso di quelle, di
uguale gravita', integrative dei delitti di dichiarazione di infedele
e di omessa dichiarazione; 
    che si riscontrerebbe, quindi, in  conclusione,  in  rapporto  ai
fatti commessi sino al 17 settembre 2011, una violazione dell'art.  3
Cost., sia con riferimento alle soglie di  punibilita'  previste  dai
citati  artt.  4  e  5  per  i  delitti  di  infedele  e  di   omessa
dichiarazione, sia con riferimento a quella prevista dall'art. 10-ter
per l'omesso versamento dell'IVA, a seguito della sentenza n. 80  del
2014; 
    che analoga questione di  legittimita'  costituzionale  e'  stata
sollevata  dal  Tribunale  ordinario  di  Palermo,  in   composizione
monocratica, con ordinanza del 21 settembre 2015  (r.o.  n.  332  del
2015); 
    che il rimettente premette di  essere  investito,  a  seguito  di
opposizione a decreto penale di condanna,  del  processo  penale  nei
confronti di una persona imputata del reato di cui all'art. 10-quater
del d.lgs. n. 74 del 2000, per aver omesso di versare somme dovute in
relazione all'anno d'imposta 2008 per un importo di  euro  57.414,29,
portando in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del  d.lgs.  n.  241
del 1997, crediti per IVA  inesistenti  relativi  all'anno  d'imposta
precedente; 
    che anche secondo il  Tribunale  palermitano,  le  considerazioni
svolte  nella  sentenza  n.  80  del  2014  con  riguardo  all'omesso
versamento dell'IVA sarebbero riferibili, in pari modo, al delitto di
indebita compensazione: si tratterebbe, infatti, di figure  criminose
analoghe sia sul piano formale, stante il similare  rinvio  dell'art.
10-quater all'art. 10-bis per  l'individuazione  della  misura  della
pena e della  soglia  di  punibilita';  sia  sul  piano  sostanziale,
essendo incriminato, in entrambi i  casi,  l'omesso  versamento  alle
scadenze stabilite di somme di spettanza del fisco; 
    che  e'  intervenuto  in  entrambi  i  giudizi  di   legittimita'
costituzionale   il   Presidente   del   Consiglio   dei    ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che le questioni siano dichiarate manifestamente infondate. 
    Considerato che i  Tribunali  ordinari  di  Lecce  e  di  Palermo
dubitano,  in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   della
legittimita'   costituzionale   dell'art.   10-quater   del   decreto
legislativo 10 marzo 2000, n.  74  (Nuova  disciplina  dei  reati  in
materia di imposte  sui  redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella  parte  in
cui, con riferimento ai fatti commessi sino  al  17  settembre  2011,
punisce  l'omesso  versamento  delle  somme  dovute,  utilizzando  in
compensazione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio
1997,  n.  241  (Norme  di  semplificazione  degli  adempimenti   dei
contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta  sul
valore aggiunto, nonche' di modernizzazione del sistema  di  gestione
delle dichiarazioni), crediti non spettanti  o  inesistenti,  per  un
ammontare superiore ad euro 50.000  per  ciascun  periodo  d'imposta,
anziche' ad euro 103.291,38; 
    che i  rimettenti  chiedono,  in  sostanza,  a  questa  Corte  di
reiterare, con riguardo al  delitto  di  indebita  compensazione,  la
declaratoria di illegittimita'  costituzionale  parziale  pronunciata
con la sentenza n. 80 del 2014  in  rapporto  al  delitto  di  omesso
versamento dell'IVA (art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000): cio', al
fine di rimuovere la  disparita'  di  trattamento  riscontrabile  sia
rispetto ai delitti di infedele e omessa dichiarazione (artt. 4  e  5
del d.lgs. n. 74 del 2000),  sia  rispetto  allo  stesso  delitto  di
omesso versamento dell'IVA, quale risultante a seguito  della  citata
sentenza n. 80 del 2014; 
    che le ordinanze di rimessione sollevano la  medesima  questione,
sicche' i relativi giudizi vanno  riuniti  per  essere  definiti  con
unica decisione; 
    che successivamente alle ordinanze di rimessione  e'  intervenuto
il decreto legislativo 24  settembre  2015,  n.  158  (Revisione  del
sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1,  della
legge 11 marzo 2014, n. 23), che ha apportato un ampio  complesso  di
modifiche al  sistema  sanzionatorio  tributario,  tanto  penale  che
amministrativo; 
    che,  nel  quadro  degli  interventi  di  revisione  del  sistema
sanzionatorio penale, l'art. 9  del  citato  decreto  legislativo  ha
sostituito  la  norma  censurata,  scindendo  la   figura   criminosa
dell'indebita compensazione - in precedenza unitaria - in due ipotesi
delittuose  distinte:  la  prima,   inerente   all'utilizzazione   in
compensazione di «crediti non spettanti», tuttora punita con la  pena
della reclusione da sei mesi a  due  anni;  la  seconda,  concernente
l'utilizzazione   di   «crediti   inesistenti»,   punita   con   pena
sensibilmente piu' severa (reclusione da un anno e  sei  mesi  a  sei
anni); 
    che - diversamente da quanto e' avvenuto per altre fattispecie, e
in particolare per quelle di omesso versamento di ritenute  dovute  o
certificate e di omesso versamento dell'IVA (artt.  10-bis  e  10-ter
del d.lgs. n. 74 del 2000) - la novella legislativa non ha  innalzato
la soglia di punibilita' del delitto in esame, la  quale  e'  rimasta
fissata nella somma di euro 50.000 (intesa, peraltro, quale  «importo
annuo» dei crediti indebitamente utilizzati, e non piu'  ragguagliata
al «periodo d'imposta», come in precedenza); 
    che a prescindere, tuttavia,  dai  possibili  riflessi  indiretti
dell'avvenuta scissione della figura  criminosa  sulla  verifica  del
superamento della soglia di punibilita' (in  termini  di  impedimento
della  sommatoria,  a  tal  fine,  dell'importo  dei   «crediti   non
spettanti»  a  quello  dei  «crediti  inesistenti»,   in   precedenza
certamente ammesso), il d.lgs. n. 158 del 2015 ha comunque inciso  in
modo significativo sul quadro normativo di riferimento; 
    che, a seguito della novella, e' venuta,  anzitutto,  chiaramente
meno  la  "gemellarita'  strutturale"  tra  le   figure   dell'omesso
versamento dell'IVA e  dell'indebita  compensazione,  sulla  quale  i
giudici rimettenti fondano in modo precipuo le loro censure; 
    che, diversamente da quanto avveniva in precedenza, infatti,  ne'
l'art. 10-ter ne' l'art. 10-quater del d.lgs. n. 74  del  2000  fanno
piu' rinvio al precedente art. 10-bis  per  la  determinazione  della
pena e della  soglia  di  punibilita',  ma  le  individuano  in  modo
autonomo e disallineato; 
    che la soglia di punibilita' dell'indebita dichiarazione  risulta
ora nettamente piu' bassa di quella dell'omesso  versamento  dell'IVA
(innalzata dall'art. 8 del d.lgs. n. 158 del 2015 ad  euro  250.000),
mentre l'equiparazione delle pene  dei  due  reati  permane  solo  in
rapporto all'ipotesi dell'utilizzazione in compensazione di  «crediti
non spettanti»,  essendo  l'utilizzazione  di  «crediti  inesistenti»
punita in modo assai piu' severo: tutto cio' a dimostrazione  di  una
valutazione   legislativa   di   maggiore   disvalore   dell'indebita
compensazione rispetto al tertium comparationis; 
    che  il  recente  provvedimento   legislativo   di   riforma   ha
modificato,  altresi',  i  rapporti  tra  il  delitto   di   indebita
compensazione e quelli di infedele e di omessa dichiarazione; 
    che la pena prevista  per  l'indebita  compensazione  concernente
crediti inesistenti e'  divenuta,  infatti,  piu'  elevata,  sia  nel
minimo che nel  massimo,  di  quella  del  delitto  di  dichiarazione
infedele (reclusione da uno a tre anni) e piu' elevata, altresi', nel
massimo,  anche  di  quella  del  delitto  di  omessa   dichiarazione
(reclusione da  un  anno  e  sei  mesi  a  quattro  anni,  a  seguito
dell'aumento operato dall'art. 5 del d.lgs. n. 158 del 2015); 
    che le modifiche normative sopravvenute hanno reso "inattuale" lo
stesso petitum dei giudici rimettenti; 
    che la soglia di punibilita' dell'omesso versamento  dell'IVA  e'
stata innalzata, infatti, come detto,  a  250.000  euro  per  ciascun
periodo d'imposta, mentre  quella  della  dichiarazione  infedele  e'
stata elevata a 150.000 euro (art. 4 del d.lgs. n. 158 del 2015); 
    che - secondo quanto gia' piu' volte  affermato  dalla  Corte  di
cassazione (per tutte, con riguardo all'omesso  versamento  dell'IVA,
Corte di cassazione, sezione terza, 11 novembre 2015-1° aprile  2016,
n.  13217;  con  riguardo  alla  dichiarazione  infedele,  Corte   di
cassazione, sezione terza, 11 novembre 2015-13 gennaio 2016, n. 891)-
il predetto aumento delle soglie di punibilita', traducendosi in  una
modifica di segno favorevole al reo,  e'  destinata  ad  operare,  ai
sensi dell'art. 2 del codice  penale,  anche  in  rapporto  ai  fatti
antecedenti  alla  riforma  (compresi  quelli  commessi  sino  al  17
settembre 2011); 
    che, di conseguenza -  ove  pure,  in  ipotesi,  le  censure  del
giudici a quibus fossero fondate - il  richiesto  innalzamento  della
soglia di punibilita' dell'indebita compensazione alla minor somma di
euro  103.291,38  non  varrebbe  ad  assicurare  l'omologazione   del
trattamento della fattispecie considerata a  quello  previsto  per  i
tertia comparationis; 
    che,  nella  suddetta  prospettiva,  la  stessa  limitazione  del
petitum ai fatti commessi sino al 17  settembre  2011  perderebbe  di
senso,  valendo  le  nuove  e  piu'  elevate  soglie  di  punibilita'
dell'omesso versamento dell'IVA e della  dichiarazione  infedele  per
tutti gli illeciti, sia antecedenti che successivi alla  novella  del
2015; 
    che,  alla  luce  di  quanto  precede,  va  quindi  disposta   la
restituzione  degli  atti  ai  giudici  a  quibus,  per   una   nuova
valutazione  in  ordine  alla  rilevanza   e   alla   non   manifesta
infondatezza delle questioni sollevate alla luce  del  mutato  quadro
normativo. 
    Visto l'art. 9, commi 1  e  2,  delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    ordina la restituzione degli atti ai Tribunali ordinari di  Lecce
e di Palermo. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 aprile 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Giuseppe FRIGO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2016. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA