N. 136 ORDINANZA 18 maggio - 10 giugno 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Patrocinio a spese dello  Stato  -  Spese  anticipate  dall'erario  -
  Anticipazione ai consulenti tecnici di parte e agli  ausiliari  del
  magistrato delle sole  spese  gia'  "sostenute"  per  l'adempimento
  dell'incarico. 
- Decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115
  (Testo unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
  materia di spese di giustizia  -  Testo  A),  art.  131,  comma  4,
  lettera c). 
-   
(GU n.24 del 15-6-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 131,  comma
4, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio
2002,  n.  115  (Testo  unico  delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo  A),  promosso
dal Tribunale ordinario della Spezia nel procedimento civile promosso
da D.P.A. nei confronti di B.L. con ordinanza  dell'11  agosto  2015,
iscritta al n. 263 del registro ordinanze  2015  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  48,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 18 maggio il Giudice relatore
Nicolo' Zanon. 
    Ritenuto  che,  con  l'ordinanza  menzionata  in   epigrafe,   il
Tribunale ordinario della Spezia ha sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 3, 24, 101 e 111 della Costituzione, questioni di  legittimita'
costituzionale dell'art. 131, comma 4, lettera c),  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia - Testo A); 
    che,  in  base  alla  disposizione  censurata,  sono   anticipate
dall'erario «le spese sostenute per l'adempimento  dell'incarico»  da
parte dei consulenti tecnici di parte e ausiliari del magistrato; 
    che  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sono  state
sollevate   nell'ambito   del   giudizio   civile   instaurato    per
l'accertamento  della  «sussistenza  del   difetto   di   veridicita'
dell'atto di riconoscimento effettuato dal  Sig.  D.P.  nell'atto  di
nascita della bambina M.D.P.» e, quindi, per l'annullamento dell'atto
«di riconoscimento medesimo con conseguente perdita  del  cognome  da
parte della convenuta e conseguente venir meno in capo al  Sig.  D.P.
dei diritti e dei doveri ex art. 261 c.c.»; 
    che parte attrice, nel corso del giudizio principale, ha prodotto
copia del provvedimento di ammissione al  patrocinio  a  spese  dello
Stato  e,  contestualmente,  il  consulente  tecnico   d'ufficio   ha
rappresentato  di  non  essere  in  grado  di  anticipare  le   spese
necessarie per procedere all'esame dei campioni ematici delle  parti,
indicate in «€ 2.000,00 + IVA»; 
    che il giudice a quo, in punto di rilevanza delle  questioni,  ha
osservato che, avendo l'attore  impugnato  l'atto  di  riconoscimento
della paternita' per difetto di veridicita',  la  consulenza  tecnica
d'ufficio diretta a verificare la compatibilita' del DNA paterno  con
quello della  figlia  riconosciuta  costituirebbe  l'unica  attivita'
istruttoria utile per tale verifica; 
    che, tuttavia, l'anticipazione delle indicate spese di consulenza
non potrebbe essere posta a carico ne'  dello  Stato,  prevedendo  la
disposizione denunciata «il rimborso delle spese  gia'  "sostenute"»,
ne' dell'attore, essendo egli stato ammesso  al  patrocinio  a  spese
dello Stato; 
    che, secondo il giudice rimettente, non sarebbe possibile imporre
l'anticipazione delle stesse a carico della parte convenuta, la quale
non avrebbe interesse allo svolgimento delle  indagini  peritali,  il
cui esito, in astratto, potrebbe rivelarsi ad essa sfavorevole; 
    che  il  consulente  tecnico  d'ufficio,  solo  dopo   l'avvenuto
espletamento  dell'incarico,  potrebbe   ottenere   un   decreto   di
liquidazione del compenso e  delle  spese  e,  dunque,  fino  a  tale
momento non sarebbe munito di un titolo esecutivo in forza del  quale
esigere  coattivamente  da  parte  convenuta  -  che  non  lo  voglia
spontaneamente anticipare - l'importo corrispondente alle  spese  che
devono essere sostenute proprio per svolgere le indagini; 
    che, pertanto, il consulente tecnico d'ufficio non avrebbe  altra
scelta che anticipare le spese attingendo il  danaro  necessario  dal
proprio patrimonio; 
    che, ove l'ausiliario affermi  di  non  avere  la  disponibilita'
economica per effettuare detta anticipazione  -  come  accaduto,  nel
caso  di  specie,  nel  corso  dell'udienza  del  16  aprile  2015  -
risulterebbe  impossibile  conferirgli  l'incarico,  «non  avendo  il
giudice il potere di obbligarlo a stipulare  un  contratto  di  mutuo
perche' si assicuri la liquidita' necessaria»; ne', in tale  ipotesi,
risulterebbe possibile nominare, come proposto da parte attrice,  «un
altro C.T.U., scegliendolo tra personale in servizio presso strutture
universitarie  pubbliche,  sul  presupposto  (erroneo)  che  potrebbe
utilizzare il  laboratorio  e  le  strutture  dell'universita'  senza
sostenere spese vive»; 
    che, alla luce delle considerazioni svolte, il giudice rimettente
ritiene  che  il  giudizio  principale  non  possa  essere   definito
indipendentemente dalla risoluzione delle questioni  di  legittimita'
costituzionale della norma censurata, la quale consente  il  rimborso
al consulente tecnico d'ufficio delle sole spese da quest'ultimo gia'
sostenute ovvero gia' anticipate e non anche  di  quelle  che  devono
ancora essere sostenute; 
    che il giudice a quo, in punto di non manifesta infondatezza,  ha
osservato, innanzitutto, che un'interpretazione adeguatrice  secundum
constitutionem non sarebbe possibile, alla  luce  del  chiaro  tenore
letterale della disposizione  in  esame  (e'  richiamata  l'ordinanza
della Corte costituzionale n. 57 del 2006); 
    che l'art. 131, comma 4, lettera c), del d.P.R. n. 115  del  2002
contrasterebbe «con i principi contenuti negli artt. 3  e  24  Cost.,
anche in combinato disposto tra  loro»,  in  quanto  l'esercizio  del
diritto di difesa per i soggetti meno abbienti risulterebbe precluso,
limitato ovvero condizionato, dipendendo la possibilita' di  istruire
il procedimento dalla  capacita'  economica  del  consulente  tecnico
d'ufficio; 
    che, inoltre, la disposizione censurata - non prevedendo  che  lo
Stato anticipi quantomeno  le  spese  vive  ancora  da  sostenersi  -
comporterebbe  che  le  modalita'  di  espletamento  delle   indagini
peritali  possano  essere   influenzate   da   una   valutazione   di
economicita' da parte del consulente, di fatto indotto o costretto ad
anticipare personalmente le spese nella minor misura possibile; 
    che la norma de qua contrasterebbe anche con i principi contenuti
nell'art. 111 Cost., perche' il  consulente  tecnico  d'ufficio,  nel
caso in cui  non  sia  in  grado  di  anticipare  le  spese,  sarebbe
costretto a richiedere prestiti o a risparmiare nel corso  del  tempo
le somme necessarie per l'espletamento dell'incarico, con conseguente
allungamento dei tempi del processo; 
    che la stessa norma si porrebbe in contrasto pure con  gli  artt.
101 e 111 Cost., «in  combinato  disposto»,  in  quanto  la  prevista
necessita' di anticipare le spese  da  sostenere  per  l'espletamento
dell'incarico comporterebbe che il giudice  individui  il  consulente
tecnico  d'ufficio,  alter  ego  del   magistrato   nell'ambito   del
cosiddetto  contraddittorio  tecnico,  sulla  base  non  gia'   della
professionalita'  e  della  necessaria  turnazione  degli  incarichi,
bensi' della capacita' economica del medesimo; inoltre la  necessaria
anticipazione delle  spese  vive  da  parte  del  consulente  tecnico
d'ufficio, comportando il depauperamento, anche solo temporaneo,  del
patrimonio  dell'ausiliario,  inciderebbe  indirettamente  sulla  sua
indipendenza; 
    che il giudice a quo ha dato atto che  la  Corte  costituzionale,
con ordinanza n. 209 del  2008,  ha  gia'  dichiarato  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  131,
comma 4, lettera c), del d.P.R. n. 115 del 2002, la quale,  tuttavia,
sarebbe stata sollevata in  riferimento  a  parametri  costituzionali
solo parzialmente  coincidenti  con  quelli  attualmente  evocati  e,
comunque, sulla base di argomentazioni diverse; 
    che,  alla  luce  delle  considerazioni  svolte,   il   Tribunale
ordinario   della   Spezia   ha   chiesto    che    sia    dichiarata
costituzionalmente illegittima  la  norma  contenuta  nell'art.  131,
comma 4, lettera c), del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte  in  cui
prevede che sono  anticipate  dall'erario  «le  spese  sostenute  per
l'adempimento dell'incarico da parte  di  questi  ultimi  [consulenti
tecnici di parte e ausiliari del magistrato]», anziche' prevedere che
siano  anticipate  dall'erario  «le  spese  sostenute  o,  qualora  i
consulenti tecnici di parte e gli ausiliari del  magistrato  chiedano
l'anticipazione,   le   spese   da   sostenere   per    l'adempimento
dell'incarico da parte di questi ultimi»; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per  la  manifesta  infondatezza  delle  questioni
sollevate; 
    che la difesa statale evidenzia come la Corte costituzionale, con
ordinanza n. 209  del  2008,  abbia  gia'  dichiarato  manifestamente
infondata un'analoga questione di legittimita' costituzionale; 
    che l'Avvocatura generale richiama la giurisprudenza della  Corte
di cassazione, in base alla quale la  consulenza  tecnica  d'ufficio,
quale  ausilio  fornito  al  giudice  da  un  collaboratore  esterno,
anziche' mezzo di  prova  in  senso  proprio,  e'  un  atto  compiuto
nell'interesse generale della  giustizia  e,  dunque,  nell'interesse
comune delle parti (e' citata la sentenza della Corte di  cassazione,
sezione terza civile, 17 gennaio 2013, n. 1023); 
    che la difesa statale mette in luce  come  il  giudicante  possa,
quindi, disporre che le  spese  della  consulenza  tecnica  d'ufficio
siano   sopportate   in   solido   dalle    parti    del    giudizio,
indipendentemente  dall'esito  dello  stesso,   oppure,   attesa   la
provvisorieta' dell'anticipo riconosciuto al consulente  tecnico  per
l'espletamento dell'incarico, possa prevedere, ove  una  delle  parti
sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, che le spese  di
consulenza siano anticipate dalla  parte  abbiente,  non  sussistendo
percio' alcuna violazione dell'art. 24 Cost.; 
    che, inoltre, ad avviso della difesa statale,  nel  caso  in  cui
l'ausiliario non abbia la possibilita' di  anticipare  le  spese,  il
giudice potrebbe  ravvisare  un  «giusto  motivo»  di  astensione  e,
conseguentemente, procedere  alla  sua  sostituzione,  manifestandosi
cosi'  l'inconsistenza  delle  censure   riferite   alla   violazione
dell'art. 101 Cost., non  risultando  in  alcun  modo  ostacolata  la
funzione giudiziaria; 
    che, infine, l'evocazione del parametro di cui all'art. 111 Cost.
sarebbe inconferente, poiche', come gia'  stabilito  dalla  ricordata
ordinanza n. 209 del 2008 della Corte costituzionale, la disposizione
censurata, disciplinando il procedimento di liquidazione delle  spese
sostenute dall'ausiliario del magistrato, non e'  idonea  a  incidere
sui tempi di celebrazione del processo, cui lo stesso procedimento e'
accessorio. 
    Considerato che il Tribunale ordinario della  Spezia  dubita,  in
riferimento agli artt. 3, 24, 101 e  111  Cost.,  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 131, comma 4, lettera c),  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia - Testo A); 
    che, ad avviso del rimettente, la disposizione  censurata,  nella
parte in cui non prevede che siano anticipate  dall'erario  anche  le
spese ancora da sostenersi per l'adempimento dell'incarico, qualora i
consulenti tecnici  di  parte  e  gli  ausiliari  del  magistrato  ne
chiedano l'anticipazione, violerebbe gli «artt. 3 e 24  Cost.,  anche
in combinato disposto tra loro», perche'  precluderebbe,  limiterebbe
o, comunque, condizionerebbe l'esercizio del diritto  di  difesa  dei
soggetti meno abbienti; 
    che, in particolare, la norma farebbe dipendere  la  possibilita'
di istruire il procedimento dalla capacita' economica del  consulente
tecnico di ufficio, e comporterebbe, altresi', che  le  modalita'  di
espletamento delle indagini peritali possano  essere  influenzate  da
una valutazione di  economicita'  da  parte  del  consulente  tecnico
d'ufficio, di fatto indotto o costretto ad  anticipare  personalmente
le spese nella minor misura possibile; 
    che la medesima  disposizione  sarebbe  in  contrasto  anche  con
l'art. 111 Cost., perche' il consulente tecnico d'ufficio,  nel  caso
in cui non sia in grado di anticipare le spese, sarebbe  costretto  a
richiedere prestiti o a risparmiare nel  corso  del  tempo  le  somme
necessarie  per   l'espletamento   dell'incarico,   con   conseguente
allungamento dei tempi del processo; 
    che, da ultimo, la norma censurata violerebbe anche  «i  principi
contenuti negli artt. 101 e 111  Cost.,  in  combinato  disposto  tra
loro», giacche', da un lato, indurrebbe il giudice ad individuare  il
consulente   tecnico   d'ufficio   sulla   base,   non   gia'   della
professionalita'  e  della  necessaria  turnazione  degli  incarichi,
bensi'  della  capacita'  economica  del  medesimo;  dall'altro,   la
necessaria anticipazione delle spese vive  da  parte  del  consulente
tecnico d'ufficio, comportando il depauperamento - seppure temporaneo
- del suo patrimonio,  inciderebbe  indirettamente  anche  sulla  sua
indipendenza; 
    che l'ordinanza di rimessione muove da presupposti interpretativi
palesemente erronei, frutto, inoltre, di un'incompleta  ricostruzione
del quadro normativo di riferimento; 
    che, in primo  luogo,  infatti,  il  giudice  a  quo  esclude  la
possibilita' di porre l'anticipazione delle  spese  di  consulenza  -
peraltro  non   obbligatoria,   ma   rimessa   ad   una   valutazione
discrezionale a norma dell'art. 8, comma 1, del  d.P.R.  n.  115  del
2002 - a carico di parte convenuta, assumendo  che  quest'ultima  non
avrebbe alcun interesse a consentire lo  svolgimento  delle  indagini
peritali, il cui esito,  in  astratto,  potrebbe  rivelarsi  ad  essa
sfavorevole; 
    che, cosi' argomentando, il giudice rimettente trascura del tutto
la funzione assolta dalla consulenza tecnica d'ufficio, la quale  non
costituisce un vero e proprio  mezzo  di  prova,  e'  sottratta  alla
disponibilita' delle parti, ed e'  finalizzata  all'acquisizione,  da
parte del giudice - al cui prudente apprezzamento e' affidata - di un
parere tecnico necessario per la valutazione  di  elementi  probatori
gia'  acquisiti,  ovvero  per  l'accertamento  di  fatti   rilevabili
unicamente con l'ausilio di specifiche  cognizioni  o  strumentazioni
tecniche; 
    che, in secondo luogo, il giudice a quo trascura  di  considerare
che,  in  base  all'art.  63  del  codice  di  procedura  civile,  il
consulente tecnico - individuato tra coloro che, per propria  scelta,
si sono iscritti nel relativo albo - ha l'obbligo di prestare il  suo
ufficio, tranne che ricorra un giusto motivo  di  astensione,  e  non
puo' rifiutare di eseguire gli incarichi  ricevuti,  avendo  prestato
con quella iscrizione un assenso preventivo alla nomina; 
    che, in definitiva,  gli  erronei  presupposti  interpretativi  e
l'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento minano
irrimediabilmente  l'iter  logico-argomentativo  posto  a  fondamento
della valutazione di non manifesta infondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate, in guisa tale  da  determinare
la loro manifesta inammissibilita'  (ex  multis,  con  riguardo  alla
erroneita' del presupposto interpretativo, sentenza n. 241 del 2015 e
ordinanza n. 187 del 2015, nonche' sentenze n. 218 del 2014 e n.  249
del  2011;  con  riguardo  all'incompleta  ricostruzione  del  quadro
normativo di riferimento, sentenze n. 60, n. 27 e  n.  18  del  2015;
ordinanze n. 209, n. 115 e n. 90 del 2015). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 131, comma 4, lettera  c),  del
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di
spese di giustizia - Testo A), sollevate, in riferimento  agli  artt.
3, 24, 101 e 111 della Costituzione, dal  Tribunale  ordinario  della
Spezia, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 maggio 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA