N. 3 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 28 giugno 2016

Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito)
depositato in  cancelleria  il  28  giugno  2016  (del  Tribunale  di
Bergamo). 
 
Parlamento - Immunita' parlamentari  -  Procedimento  penale  per  il
  reato di cui agli artt.  595,  terzo  comma,  cod.  pen.  e  3  del
  decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122 (Misure urgenti in materia  di
  discriminazione razziale,  etnica  e  religiosa),  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n.  205,  a  carico  del
  senatore Roberto Calderoli in danno  dell'onorevole  Cecile  Kyenge
  Kashetu,  Ministro  per  l'integrazione  all'epoca  dei   fatti   -
  Deliberazione di insindacabilita' del  Senato  della  Repubblica  -
  Ricorso per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
  proposto dal Tribunale di Bergamo. 
- Deliberazione del Senato della Repubblica del 16 settembre 2015. 
(GU n.27 del 6-7-2016 )
 
                       IL TRIBUNALE DI BERGAMO 
                   SEZIONE DEL DIBATTIMENTO PENALE 
 
    Composta dai magistrati: 
        Dott. Antonella Bertoja - Presidente 
        Dott. Stefano Storto - Giudice 
        Dott. Lucia Graziosi - Giudice 
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  sopra   emarginato
procedimento penale  nei  confronti  di  Roberto  Calderoli,  nato  a
Bergamo il 18 aprile 1956, elettivamente domiciliato in Milano, Corso
Matteotti, 1/A, presso lo studio dell'avv. Domenico Aiello, difeso di
fiducia dagli avvocati Domenico Aiello del Foro di  Milano  e  Davide
Calvi del Foro di Cuneo, imputato del reato p. e  p.  dagli  articoli
595, comma 3, c.p. e 3,  legge  25  giugno  1993,  n.  205,  perche',
nell'apostrofarla con le frasi  «...  rispetto  al  Ministro  Kyenge,
veramente voglio dirvi, sarebbe un ottimo Ministro, forse  lo  e'  ma
dovrebbe esserlo in Congo non in Italia, perche'  se  in  Congo  c'e'
bisogno di un Ministro per le pari opportunita'  per  l'integrazione,
c'e' bisogno la', perche' se e' vero che se vedono passare un  bianco
la' gli sparano, allora perche' non va la? Che mi rallegro un pochino
l'anima perche' rispetto a quello che io vivo ogni volta, ogni  tanto
oggi, smanettando con internet, apro il Governo italiano e ...  cazzo
... vedo venire fuori la Kyenge, io resto secco,  io  sono  anche  un
amante degli animali per l'amor del cielo, ho  avuto  le  tigri,  gli
orsi, le scimmie e tutto il resto poi i lupi anche c'ho avuto,  pero'
quando vedo uscire delle ... non dico  che  ...  delle  sembianze  di
orango, io resto ancora sconvolto, non c'e' niente  da  fare  poi  se
giro la pagina, dico, cazzo ...», pronunciate alla  presenza  di  una
vasta platea di circa 1.500 spettatori durante  un  comizio  tenutosi
alla festa indetta dalla Lega Nord, e poi  ampiamente  diffuse  dagli
organi di stampa a tiratura nazionale quali «Il Corriere della Sera»,
«Il Corriere.it» e «La Stampa.it», offendeva l'onore e il decoro  del
Ministro per l'Integrazione pro tempore Cecile  Kyenge  Kashetu.  Con
l'aggravante  di  aver  recato   offesa   mediante   comizio,   quale
particolare mezzo di pubblicita', e di aver  commesso  il  fatto  per
finalita' di discriminazione razziale. 
    Commesso in Treviglio il 13 luglio 2013. 
    Premesso che: 
        la Procura della Repubblica di Bergamo, in  data  5  novembre
2013,  chiedeva  il  giudizio  immediato  nei  confronti  di  Roberto
Calderoli per il reato sopra indicato, e che in data 7 novembre  2013
il g.i.p. di Bergamo emetteva decreto di giudizio immediato; 
        alla prima udienza utile del 26 giugno 2014 -  la  precedente
udienza del 6 maggio 2014 era stata  di  mero  rinvio  per  legittimo
impedimento di  uno  dei  difensori  dell'imputato  -  il  Tribunale,
acquisito  il  supporto   magnetico   contenente   la   registrazione
dell'intervento  pubblico  dell'imputato  oggetto  del  procedimento,
prendeva  atto  del  mancato  consenso  dei  difensori  dell'imputato
all'acquisizione   della   trascrizione   dell'intervento    medesimo
effettuata dalla Procura e  disponeva  pertanto  la  trascrizione  in
forma peritale; 
        all'udienza del 30 settembre 2014, pervenuta la  trascrizione
in  forma  peritale,  il  Tribunale  si  pronunciava  con   ordinanza
respingendo la richiesta di proscioglimento dell'imputato ex art. 129
c.p.p., non ravvisando l'evidenza del collegamento funzionale tra  le
dichiarazioni dell'imputato e la sua attivita' politica, e  disponeva
l'immediata trasmissione degli atti al  Senato  della  Repubblica  ai
sensi dell'art.  3,  comma  4,  legge  n.  140/2003,  sospendendo  il
procedimento fino al 30 gennaio 2015; 
        a tale udienza il Tribunale, data lettura della comunicazione
del Presidente del Senato  in  data  12  novembre  2014  nella  quale
riferiva che la questione era stata deferita all'esame  della  Giunta
delle elezioni e delle immunita'  parlamentari,  disponeva  un  nuovo
rinvio al 14 aprile 2015; 
        a tale udienza, pervenuta la relazione della  Giunta  secondo
cui i fatti oggetto del procedimento concernevano  opinioni  espresse
nell'esercizio delle funzioni parlamentari e come tali insindacabili,
il Tribunale riteneva prudente e opportuno - nonostante il termine di
cui all'art. 3, comma 5, legge n.  140/2003,  fosse  gia'  ampiamente
decorso - rinviare  al  30  giugno  2015  quando,  in  assenza  della
deliberazione  del  Senato,  si  procedeva  ad  esaminare   i   testi
introdotti dal Pubblico Ministero, e  cioe'  il  teste  Trucco  e  la
persona offesa Cecile Kashetu Kyenge; 
        il procedimento veniva quindi rinviato all'udienza di  sabato
3 ottobre 2015 onde consentire  al  sen.  Calderoli  di  presenziare,
avendo egli reso noto che intendeva sottoporsi ad esame;  nelle  more
tuttavia interveniva  la  decisione  del  Senato  che,  nella  seduta
pubblica del 16 settembre 2015, a  seguito  di  votazioni  per  parti
separate, esprimeva  voto  favorevole  alla  relazione  della  Giunta
sull'insindacabilita'  del  fatto   ai   sensi   dell'art.   3,   del
decreto-legge n. 122 del 1993, e voto contrario sull'insindacabilita'
del fatto ai sensi dell'art. 595, comma 3, c.p.  (cfr.  pag.  23  del
resoconto stenografico); 
        il procedimento giungeva quindi all'udienza  del  27  ottobre
2015 (all'udienza del 3 ottobre il Collegio era diversamente composto
a causa di un lutto che aveva colpito  uno  dei  componenti)  in  cui
venivano raccolte le richieste delle parti, in relazione  alle  quali
veniva assunta riserva sciolta con la presente ordinanza. 
    Tanto premesso, il Tribunale ritiene di  sollevare  conflitto  di
attribuzioni sotto un duplice profilo. 
    Sotto un primo profilo,  compito  delle  Camere  ai  sensi  degli
articoli 68 della Costituzione e 3, comma 4,  legge  n.  140/2003  e'
valutare la sussistenza o meno  del  nesso  funzionale  tra  opinioni
espresse dal  parlamentare  ed  esercizio  delle  relative  funzioni,
indipendentemente   dalla   qualificazione   giuridica    che    tale
«espressione» abbia ricevuto da  parte  del  Pubblico  Ministero;  il
controllo sulla correttezza  e  completezza  di  tale  qualificazione
spetta  infatti  ai  giudici  che  si  succedono   nelle   fasi   del
procedimento. 
    Ad opinione del Collegio, nel caso di specie il Senato ha  invece
travalicato tali limiti - e  ha  invaso  il  settore  riservato  alla
giurisdizione  -  intervenendo  sulla  qualificazione  giuridica  del
fatto. 
    Con  le  decisioni  in  parola,  non  limitando  la   valutazione
all'esistenza  o  meno  di  un  collegamento   tra   le   espressioni
pronunciate e il mandato  parlamentare  del  senatore  Calderoli,  ha
apprezzato non un  fatto,  naturalisticamente  unitario,  ma  la  sua
qualificazione  giuridica:  in  sintesi  il  Senato,   ritenendo   la
sindacabilita'  del  reato  -   base   e   l'insindacabilita'   della
circostanza aggravante, si e' espresso sulla  declinazione  giuridica
di un fatto storico. Infatti e' di ogni evidenza che se il reato base
e' scollegato dal mandato parlamentare,  come  lo  stesso  Senato  ha
affermato, il giudizio di insindacabilita' dell'aggravante: 
        ha quale presupposto una scissione tra  elementi  costitutivi
del reato ed  elementi  inessenziali  rispetto  alla  fattispecie  di
reato, che non influiscono  cioe'  sulla  sua  esistenza,  operazione
questa certamente attinente alla qualificazione giuridica; 
        ha quale conseguenza di consentire al Tribunale di  esprimere
il giudizio, al Tribunale stesso riservato, su un fatto  diversamente
qualificato rispetto a quello contestato dal Pubblico ministero. 
    Sotto   un   secondo   profilo,   anche    volendo    prescindere
dall'assorbente rilievo di cui sopra, nel caso di specie non  sarebbe
dato ravvisare il nesso funzionale tra aggravante ed esercizio  delle
funzioni parlamentari. 
    Secondo la giunta, la sussistenza della «sostanziale identita' di
contenuto» tra l'opinione espressa in sede parlamentare dal  senatore
e quella manifestata «extra moenia» consisterebbe nel fatto  che  «le
dichiarazioni rese dal senatore Calderoli  ...  sono  sostanzialmente
riproduttive del contenuto di due atti di sindacato ispettivo,  ossia
l'atto n. 4 - 00166 del 14 maggio 2013, e l'atto  n.  4-00324  del  6
giugno 2013. 
    Nel primo atto si legge testualmente: «le  recenti  dichiarazioni
del Ministro per la cooperazione e l'integrazione Cecile  Kyenge  che
ha  definito  la  clandestinita'  un  "non  reato",  a  parere  degli
interroganti rischiano di  istaurare  (sic)  tra  gli  immigrati  ...
(omissis)   ...   un'istigazione   a   delinquere   in   nome   della
rivendicazione di un diritto inesistente. 
    Una similare impostazione fortemente critica rispetto all'operato
del Ministro e' presente anche nel secondo dei due sopra citati atti,
ossia quello del 6 giugno 2013.». 
    Secondo   il   tenore   dell'imputazione,   il   senatore   cosi'
testualmente si esprime: «... vedo venire fuori la Kyenge,  io  resto
secco, io sono anche un amante degli animali ...  pero'  quando  vedo
uscire delle ... delle sembianze di orango, io resto ancora sconvolto
...»; orbene, l'assimilazione di una signora di colore a un orango da
un lato giustifica in astratto la contestazione della natura razzista
dell'insulto e dall'altro ne esclude ogni possibile collegamento  con
qualsiasi attivita' parlamentare. 
    In  sintesi,  sfugge  il  collegamento  tra  il  contenuto  delle
espressioni  sopra  riportate  e  il  contenuto  delle  problematiche
politiche in tema di  immigrazione,  fenomeno  che  tra  l'altro  non
riguarda solamente soggetti di colore. 
    Le dichiarazioni in discussione, ad opinione del  Tribunale,  non
possono  ritenersi  neppure  vagamente  attinenti  ad   un   contesto
politico, e debbono invece considerarsi prive di nesso funzionale con
atti rientranti nel mandato parlamentare e dunque rese  al  di  fuori
dell'esercizio di attivita' funzionale riconducibile alla qualita' di
membro del Senato;  la  cognizione  in  merito  alla  loro  effettiva
idoneita' a integrare o meno il delitto in  contestazione,  anche  in
forza di precetti costituzionali (articoli 27, 101 e  102),  dovrebbe
essere riservata all'autorita' giudiziaria ordinaria. 
    Ritenuto,   pertanto,   necessario   sollevare    conflitto    di
attribuzione tra i poteri  dello  Stato,  conflitto  ammissibile  sia
sotto  il  profilo  soggettivo  -  questo  tribunale  essendo  organo
competente a decidere,  nell'ambito  delle  funzioni  giurisdizionali
attribuite,  sull'asserita  illiceita'  delle  condotte  oggetto   di
contestazione  in  sede  penale  -  sia  sotto  quello  oggettivo   -
trattandosi qui, per un verso, della sussistenza dei presupposti  per
l'applicazione dell'art. 68, primo comma Cost. e,  per  altro  verso,
della  lesione  di  attribuzioni  giurisdizionali  costituzionalmente
garantite  (cfr.,  da  ultimo,  Corte  costituzionale,  ordinanza  n.
97/2012); 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e 37,  legge  11  marzo
1953, n. 87; 
    Dispone la sospensione del giudizio  in  corso,  con  sospensione
della prescrizione del reato ai sensi dell'art. 159, comma  1,  n.  2
del codice penale, e l'immediata trasmissione degli atti  alla  Corte
costituzionale, sollevando conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato e ricorre alla Corte perche': 
        1. dichiari che non spettava al Senato  della  Repubblica  il
potere di qualificare come insindacabile il fatto ai sensi  dell'art.
3 del decreto-legge n. 122 del 1993 -  dichiarazioni  rese  dal  sen.
Roberto Calderoli in data 13 luglio 2013 - in quanto esercitato al di
fuori  delle  ipotesi  previste  dall'art.  68,  primo  comma   della
Costituzione; 
        2.  annulli  la  relativa  deliberazione  del  Senato   della
Repubblica adottata in data 16 settembre 2015. 
    Ordinanza  letta  in  udienza,  da  notificare  al  Senato  della
Repubblica in persona del suo Presidente. 
    Cosi' deciso in Bergamo il 24 novembre 2015. 
 
                       Il Presidente: Bertoja