N. 174 SENTENZA 15 giugno - 14 luglio 2016
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza - Pensione di reversibilita' - Matrimonio con il dante causa contratto ad eta' del medesimo superiore a settanta anni, con una differenza di eta' tra i coniugi superiore a venti anni - Riduzione, con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012, dell'aliquota percentuale della pensione a favore dell'assicurato - Esclusione della riduzione in presenza di figli di minore eta', studenti, ovvero inabili. - Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) - convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111 - art. 18, comma 5. -(GU n.29 del 20-7-2016 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Paolo GROSSI; Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, nel procedimento vertente tra S.P. e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con ordinanza del 24 marzo 2014, iscritta al n. 131 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visti l'atto di costituzione dell'INPS nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 31 maggio 2016 il Giudice relatore Silvana Sciarra; uditi l'avvocato Filippo Mangiapane per l'INPS e l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 24 marzo 2014, iscritta al n. 131 del registro ordinanze 2014, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, giudice unico delle pensioni, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 29, 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111. La disposizione censurata prevede che «Con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012 l'aliquota percentuale della pensione a favore dei superstiti di assicurato e pensionato nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di detto regime, nonche' della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e' ridotta, nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad eta' del medesimo superiori a settanta anni e la differenza di eta' tra i coniugi sia superiore a venti anni, del 10 per cento in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di 10. Nei casi di frazione di anno la predetta riduzione percentuale e' proporzionalmente rideterminata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nei casi di presenza di figli di minore eta', studenti, ovvero inabili. Resta fermo il regime di cumulabilita' disciplinato dall'articolo 1, comma 41, della predetta legge n. 335 del 1995». 1.1.- Il giudice rimettente espone di dover decidere sulla domanda di S.P., coniuge superstite di un titolare di pensione diretta, che ha chiesto il riconoscimento del diritto di percepire la pensione di reversibilita', senza la decurtazione percentuale sancita dalla disposizione impugnata, e la conseguente condanna dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) a rideterminare l'importo della pensione, con interessi e rivalutazione monetaria. In punto di rilevanza, il giudice a quo evidenzia che la disposizione censurata si applica ratione temporis alla vicenda controversa e non si presta a un'interpretazione compatibile con il dettato costituzionale: la parte ricorrente nel giudizio principale ha sposato un uomo, che ha superato i settant'anni, il divario di eta' tra i coniugi e' superiore a vent'anni e, pertanto, ricorrono i presupposti per procedere alla decurtazione di legge. 1.2.- Con riguardo alla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', il giudice a quo disattende, in primo luogo, gli argomenti della parte intervenuta, volti a equiparare il matrimonio alla convivenza more uxorio, che, nel caso di specie, aveva preceduto il matrimonio. Il giudice rimettente assume che la disciplina impugnata contrasti con l'art. 29 Cost., in quanto le decurtazioni previste dalla legge pregiudicano la possibilita' di condurre una vita dignitosa dopo la morte del coniuge e violano cosi' la liberta' di compiere scelte personali in ambito familiare. Inoltre, la misura restrittiva adottata dal legislatore si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., sotto un duplice profilo: le decurtazioni previste sarebbero innanzitutto irragionevoli, perche' legate a fattori futuri, incerti, estranei alle regole dell'istituto della pensione di reversibilita' (la durata del matrimonio, l'eta' del coniuge pensionato). In secondo luogo, esse sarebbero lesive dell'eguaglianza tra i coniugi, discriminando arbitrariamente - quanto alla garanzia di continuita' del sostentamento - il coniuge superstite, «apoditticamente individuato nel piu' giovane». Ad avviso del giudice rimettente, la disciplina in esame, destinata a tradursi in una misura sprovvista di ogni limite temporale e di ogni legame con le contingenti esigenze di natura finanziaria, lederebbe anche i principi consacrati dagli artt. 36 e 38 della Carta fondamentale. Essa, difatti, determinerebbe un'irragionevole e definitiva riduzione della pensione, "retribuzione differita", che, nel necessario bilanciamento con le concrete e attuali disponibilita' delle risorse finanziarie, deve essere proporzionata alla qualita' e alla quantita' del lavoro prestato e deve assicurare al lavoratore e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa e una vecchiaia nella quale non manchino i mezzi adeguati a un dignitoso sostentamento. 2.- Con memoria del 6 agosto 2014, si e' costituito in giudizio l'INPS, limitandosi a chiedere di dichiarare inammissibile o, in subordine, infondata la questione di legittimita' costituzionale e riservandosi di meglio articolare in seguito deduzioni e difese. 3.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con memoria depositata il 16 settembre 2014, e ha chiesto di dichiarare inammissibile o comunque infondata la questione di legittimita' costituzionale. La difesa dello Stato reputa la questione inammissibile, per difetto di chiarezza e di univocita' della prospettazione: la disposizione riguarderebbe tutti i trattamenti pensionistici, pubblici e privati, e, pertanto, non sarebbe intelligibile la censura di violazione dell'art. 3 Cost., soprattutto in considerazione della peculiarita' della fattispecie e della finalita' di reprimere gli abusi ai danni delle persone anziane. La questione sarebbe comunque infondata, poiche' la liberta' di sposarsi non puo' ritenersi condizionata dalla possibilita' di beneficiare del trattamento di reversibilita'. Sarebbero prive di pregio anche le censure di violazione degli artt. 36 e 38 Cost.. Sarebbe conforme ai principi costituzionali una disciplina suscettibile di incidere su trattamenti pensionistici del tutto eventuali, come la pensione di reversibilita', in forza di una disciplina dell'ammontare di tali trattamenti, rispettosa del canone di ragionevolezza. Peraltro, l'accoglimento della questione di costituzionalita' produrrebbe effetti negativi per la finanza, secondo quanto si evince dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del d.l. n. 98 del 2011. 4.- In prossimita' dell'udienza, l'INPS ha depositato una memoria illustrativa e ha ribadito, con argomentazioni piu' approfondite, le conclusioni gia' svolte. L'INPS ha eccepito l'inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza, addebitando al giudice rimettente di non avere adeguatamente chiarito se l'applicazione letterale della norma sia davvero in conflitto con i precetti costituzionali evocati e se una pronuncia di accoglimento sia effettivamente idonea a «ripristinare il bene della vita» richiesto dalla parte ricorrente. La norma impugnata - argomenta l'INPS - e' successiva al matrimonio della ricorrente, che, pertanto, non ha visto pregiudicata la sua liberta' di autodeterminazione. Ad avviso dell'INPS, il giudice rimettente non ha specificato come la riduzione del trattamento pensionistico, nel caso di specie, comprometta il diritto a condurre un'esistenza libera e dignitosa. L'INPS sostiene che il giudice rimettente abbia sollevato la questione di legittimita' costituzionale «a tutela non tanto dell'interesse specifico presuntivamente leso dal provvedimento di liquidazione della pensione, ma con il fine di far valere un generale principio di intangibilita' del quantum delle pensioni ai superstiti a beneficio della generalita' dei potenziali percettori delle prestazioni». La questione di legittimita' costituzionale, inoltre, sarebbe manifestamente infondata: le censure si appunterebbero contro una disciplina adottata in una grave congiuntura di crisi finanziaria, al precipuo scopo di conseguire l'equilibrio di bilancio, costituzionalmente imposto (art. 81 Cost.). Peraltro, il giudice a quo non avrebbe tenuto conto dell'evoluzione dell'istituto della pensione di reversibilita', che ha perso la connotazione alimentare e assistenziale, per acquisire la valenza di trattamento integrativo del reddito da lavoro o da pensione del familiare superstite. Contro la fondatezza della questione deporrebbe la diversita' delle norme gia' dichiarate incostituzionali rispetto alla disciplina sottoposta all'odierno vaglio della Corte, che non elimina in radice la pensione di reversibilita', ma riduce progressivamente l'aliquota e prevede taluni correttivi a fronte di situazioni meritevoli di tutela (la presenza di figli minori, studenti o inabili). L'esigenza di considerare la durata del matrimonio, alla stregua di quel che avviene per la pensione di reversibilita' attribuita al coniuge divorziato, non vanificherebbe la funzione solidaristica, insita nella pensione di reversibilita'. Quanto al trattamento deteriore del coniuge superstite piu' giovane rispetto al privilegio accordato al coniuge superstite piu' anziano, l'INPS nega che le due fattispecie possano essere poste a raffronto e osserva che, nell'ipotesi marginale di sopravvivenza del coniuge piu' anziano, questi non potrebbe giovarsi per lungo tempo di tale posizione di favore. La disposizione impugnata, approvata allo scopo di salvaguardare la tenuta dei conti pubblici e di razionalizzare l'assetto normativo delle pensioni di reversibilita', non limiterebbe in alcun modo la liberta' di matrimonio, ma si prefiggerebbe di tutelarla da propositi venali e fraudolenti. Pertanto, la disciplina in esame, espressione del principio di solidarieta' coniugale, non istituirebbe arbitrarie disparita' di trattamento e sarebbe immune dai vizi di legittimita' costituzionale denunciati dal giudice rimettente. 5.- All'udienza pubblica del 31 maggio 2016, le parti hanno ribadito le conclusioni gia' rassegnate negli scritti difensivi. Considerato in diritto 1.- L'art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, prevede che «Con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012 l'aliquota percentuale della pensione a favore dei superstiti di assicurato e pensionato nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di detto regime, nonche' della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e' ridotta, nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad eta' del medesimo superiori a settanta anni e la differenza di eta' tra i coniugi sia superiore a venti anni, del 10 per cento in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di 10. Nei casi di frazione di anno la predetta riduzione percentuale e' proporzionalmente rideterminata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nei casi di presenza di figli di minore eta', studenti, ovvero inabili. Resta fermo il regime di cumulabilita' disciplinato dall'articolo 1, comma 41, della predetta legge n. 335 del 1995». La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, giudice unico delle pensioni, dubita della legittimita' costituzionale di tale normativa, in riferimento agli artt. 3, 29, 36 e 38 della Costituzione. Il giudice rimettente ravvisa un contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il duplice profilo della violazione del canone di ragionevolezza e del principio di eguaglianza. La disciplina del trattamento di reversibilita', introdotta nel 2011, stabilirebbe decurtazioni «irrazionali e irragionevoli», «collegate a meri fattori futuri, incerti e sicuramente estranei alle regole proprie dell'istituto "pensione di reversibilita'" quali la durata del matrimonio e l'eta' del coniuge pensionato, in assoluto e relativamente a quella dell'altro coniuge». Inoltre, la disciplina sottoposta al vaglio di questa Corte sarebbe lesiva del principio di eguaglianza tra i coniugi, «operando nei confronti del coniuge superstite (apoditticamente individuato nel piu' giovane) un palese "vulnus" del suo diritto a quella garanzia di continuita' nel sostentamento ai superstiti, riconosciuta dalla Corte nella sentenza n. 286/1987». Il giudice rimettente ritiene che la disposizione impugnata confligga con l'art. 29 Cost.: sarebbe limitata «la liberta' dell'individuo ad operare le scelte piu' intime e personali della propria esistenza», in virtu' dell'introduzione di «elementi esterni fortemente incidenti sulla sua capacita' di determinazione familiare». In particolare, l'individuo sarebbe posto di fronte all'alternativa «di formare un nucleo familiare secondo la piu' ampia accezione di liberta' oppure non accedervi nella consapevolezza che a quel nucleo non potra', di fronte all'evento morte, assicurare una vita dignitosa a causa delle decurtazioni volute dalla disciplina in esame». Il giudice rimettente prospetta anche la violazione degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost.: la decurtazione imposta dalla legge, suscettibile di configurare una misura sprovvista di ogni limite temporale e di ogni legame con le contingenti esigenze di natura finanziaria, determinerebbe un'irragionevole e definitiva riduzione della pensione, che si caratterizza come "retribuzione differita", pur nell'indispensabile bilanciamento con le concrete e attuali disponibilita' delle risorse finanziarie. La disposizione censurata contrasterebbe con i principi che sanciscono la proporzione del trattamento pensionistico alla qualita' e alla quantita' del lavoro prestato e l'idoneita' a garantire al lavoratore e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa e una vecchiaia nella quale non manchino i mezzi adeguati a un altrettanto dignitoso sostentamento. 2.- La questione, posta dalla Corte dei conti, si sottrae alle eccezioni di inammissibilita', formulate in via preliminare dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dalla difesa dello Stato. 2.1.- Quanto al difetto di rilevanza, eccepito dall'INPS, e' la stessa difesa dell'ente previdenziale a riconoscere che la disposizione impugnata si applica al caso di specie, in quanto riguarda pensioni di reversibilita' che decorrono dal 1° gennaio 2012 e il diritto della ricorrente e' sorto in data successiva. L'applicabilita' della disposizione al giudizio principale e' sufficiente a radicare la rilevanza della questione, che non postula un sindacato piu' incisivo sul concreto pregiudizio ai principi costituzionali coinvolti. La questione di costituzionalita' non puo' dirsi irrilevante, sul presupposto che, nella vicenda specifica, l'applicazione della disposizione impugnata non abbia messo a repentaglio la liberta' matrimoniale, poiche' il matrimonio e' stato celebrato prima dell'entrata in vigore della legge del 2011, o non pregiudichi l'adeguatezza della tutela previdenziale accordata al coniuge superstite, gia' provvisto di mezzi sufficienti. Tali valutazioni esulano dal sindacato sulla rilevanza richiesto a questa Corte. 2.2.- Anche le eccezioni mosse dall'Avvocatura generale dello Stato, relative alla carente illustrazione della non manifesta infondatezza, devono essere disattese. Il giudice rimettente si sofferma, con argomentazioni esaustive, sulle ragioni del contrasto della disciplina censurata con il principio di eguaglianza e con il canone di ragionevolezza. E' ininfluente che la disciplina riguardi tutti i trattamenti pensionistici e si riprometta di contrastare taluni abusi, in quanto il giudice a quo coglie la violazione del principio di eguaglianza e del canone di ragionevolezza sotto profili differenti. 3.- La questione e' fondata. 3.1.- L'ordinamento configura la pensione di reversibilita' come «una forma di tutela previdenziale ed uno strumento necessario per il perseguimento dell'interesse della collettivita' alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed alla garanzia di quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l'effettivo godimento dei diritti civili e politici (art. 3, secondo comma, della Costituzione) con una riserva, costituzionalmente riconosciuta, a favore del lavoratore, di un trattamento preferenziale (art. 38, secondo comma, della Costituzione) rispetto alla generalita' dei cittadini (art. 38, primo comma, della Costituzione)» (sentenza n. 286 del 1987, punto 3.2. del Considerato in diritto). In virtu' di tale connotazione previdenziale, il trattamento di reversibilita' si colloca nell'alveo degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Carta fondamentale, che prescrivono l'adeguatezza della pensione quale retribuzione differita e l'idoneita' della stessa a garantire un'esistenza libera e dignitosa. 3.2.- Nella pensione di reversibilita' erogata al coniuge superstite, la finalita' previdenziale si raccorda a un peculiare fondamento solidaristico. Tale prestazione, difatti, mira a tutelare la continuita' del sostentamento (sentenza n. 777 del 1988, punto 2. del Considerato in diritto) e a prevenire lo stato di bisogno che puo' derivare dalla morte del coniuge (sentenze n. 18 del 1998, punto 5. del Considerato in diritto, e n. 926 del 1988, punto 2. del Considerato in diritto). Il perdurare del vincolo di solidarieta' coniugale, che proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte, assume queste precise caratteristiche, avallate da plurimi principi costituzionali (sentenze n. 419 del 1999, punto 2.1. del Considerato in diritto, e n. 70 del 1999, punto 3. del Considerato in diritto). Lo stesso fondamento solidaristico, che il legislatore e' chiamato a specificare e a modulare nelle multiformi situazioni meritevoli di tutela, in modo coerente con i principi di eguaglianza e ragionevolezza, permea l'istituto anche nelle sue applicazioni piu' recenti alle unioni civili, in forza della clausola generale dell'art. 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze). In un ambito che interseca scelte eminentemente personali e liberta' intangibili, i principi di eguaglianza e ragionevolezza rivestono un ruolo cruciale nell'orientare l'intervento del legislatore. Quest'ultimo, vincolato a garantire un'adeguata tutela previdenziale, per un verso non deve interferire con le determinazioni dei singoli che, anche in eta' avanzata, ricercano una piena realizzazione della propria sfera affettiva e, per altro verso, e' chiamato a realizzare un equilibrato contemperamento di molteplici fattori rilevanti, allo scopo di garantire l'assetto del sistema previdenziale globalmente inteso. Nel contesto di tali fattori, alla direttrice gia' tracciata dalla disciplina di cui all'art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), che riduce percentualmente l'ammontare del trattamento di reversibilita' nell'ipotesi di concorso di piu' beneficiari e di cumulo dei redditi, si potrebbe affiancare il complementare criterio selettivo dell'eta' del coniuge beneficiario, sperimentato in altri ordinamenti, anche allo scopo di contenimento delle erogazioni previdenziali, come si evince dalle note informative sintetiche elaborate, nel corso del dibattito parlamentare, dall'Ufficio legislazione straniera del Servizio Biblioteca della Camera dei deputati (XVI Legislatura, Atto Camera n. 1847 e abb.). 4.- Nonostante i temperamenti che il sistema previdenziale predispone, la disposizione impugnata si rivela disarmonica rispetto ai principi costituzionali enunciati. 4.1.- L'art. 18, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 si inquadra in una manovra di stabilizzazione finanziaria che include svariati provvedimenti di contenimento della spesa previdenziale, come il progressivo innalzamento dell'eta' pensionabile delle donne nel settore privato, le modifiche del meccanismo di indicizzazione delle pensioni, il contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici piu' cospicui, le misure di riduzione del contenzioso in materia di invalidita' civile mediante forme di accertamento tecnico preventivo obbligatorio. La disposizione, adottata sotto l'incalzare di una «particolare congiuntura economica internazionale», che ha precluso l'esame piu' approfondito delle «spesso assai delicate e complesse questioni poste dall'articolato» (parere espresso il 14 luglio 2011 dalla I Commissione permanente della Camera, Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni), mutua numerosi elementi da un disegno di legge gia' in discussione al Parlamento (XVI Legislatura, Atto Camera n. 4150, proposta di legge presentata l'8 marzo 2011). Il disegno di legge escludeva il diritto alla pensione di reversibilita' nell'ipotesi di eta' avanzata di uno dei coniugi (settant'anni), di elevata differenza di eta' tra i coniugi, superiore a vent'anni, e di durata del matrimonio inferiore a tre anni. Nella relazione di accompagnamento, si stigmatizzava come "malcostume" l'attribuzione delle pensioni di reversibilita' «a persone che non ne avrebbero, sul piano morale, diritto» e si poneva in risalto l'obiettivo di arginare il fenomeno dei matrimoni "di comodo". La disposizione censurata nell'odierno giudizio di costituzionalita' tempera l'assolutezza della previsione di tale disegno di legge con alcuni correttivi: la pensione di reversibilita' non e' eliminata in radice, ma e' ridotta in una misura modulata del «10 per cento in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di 10». La riduzione non opera quando vi siano figli minori, studenti o inabili. 4.2.- La ratio della misura restrittiva risiede nella presunzione che i matrimoni contratti da chi abbia piu' di settant'anni con una persona di vent'anni piu' giovane traggano origine dall'intento di frodare le ragioni dell'erario, quando non vi siano figli minori, studenti o inabili. Si tratta di una presunzione di frode alla legge, connotata in termini assoluti, che preclude ogni prova contraria. La sua ampia valenza lascia trasparire l'intrinseca irragionevolezza della disposizione impugnata. Pur di accentuare la repressione di illeciti, gia' sanzionati dall'ordinamento con previsioni mirate (sentenze n. 245 del 2011, punto 3.1. del Considerato in diritto, e n. 123 del 1990, punto 2. del Considerato in diritto), si enfatizza la patologia del fenomeno, partendo dal presupposto di una genesi immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo. Si tratta, a ben vedere, di un presupposto di valore, sotteso anche a precedenti discipline restrittive, fortemente dissonante rispetto all'evoluzione del costume sociale. Il non trascurabile cambiamento di abitudini e propensioni collegate a scelte personali emerge nitidamente dalla costante giurisprudenza di questa Corte, che prende in esame disposizioni dal contenuto affine, volte a negare il diritto alla pensione di reversibilita' nell'ipotesi di matrimonio durato meno di due anni, celebrato dopo la cessazione dal servizio e dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di eta' (sentenza n. 123 del 1990) o di matrimonio celebrato dopo il sessantacinquesimo anno di eta', a fronte di una differenza di eta' superiore a vent'anni (sentenza n. 587 del 1988). 4.3.- Nell'attribuire rilievo all'eta' del coniuge titolare di trattamento pensionistico diretto al momento del matrimonio e alla differenza di eta' tra i coniugi, la disposizione in esame introduce una regolamentazione irragionevole, incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilita', che ne determina la finalita' previdenziale, presidiata dagli artt. 36 e 38 Cost. e ancorata dal legislatore a presupposti rigorosi. Una tale irragionevolezza diviene ancora piu' marcata, se si tiene conto dell'ormai riscontrato allungamento dell'aspettativa di vita. La disposizione opera a danno del solo coniuge superstite piu' giovane e si applica esclusivamente nell'ipotesi di una considerevole differenza di eta' tra i coniugi. Si conferisce, in tal modo, rilievo a restrizioni «a mero fondamento naturalistico» (sentenza n. 587 del 1988, punto 2. del Considerato in diritto), che la giurisprudenza di questa Corte ha gia' ritenuto estranee «all'essenza e ai fini del vincolo coniugale», con peculiare riguardo all'eta' avanzata del contraente e alla durata del matrimonio (sentenza n. 110 del 1999, punto 2. del Considerato in diritto). L'esclusione dell'operativita' delle norme che, in presenza di figli, limitano l'erogazione della pensione di reversibilita', non attenua i profili di contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza. Difatti, essa non e' valsa a fugare i dubbi di legittimita' costituzionale in altri casi gia' scrutinati da questa Corte, con riguardo alla disciplina delle pensioni erogate alle vedove di guerra (sentenze n. 162 del 1994 e n. 450 del 1991), che condizionava il diritto alla durata annuale del matrimonio o alla presenza di prole, ancorche' postuma. Il vulnus ai diritti previdenziali del coniuge superstite appare ancor piu' evidente in una normativa che subordina tali diritti alla circostanza, del tutto accidentale ed eccentrica rispetto alla primaria finalita' di protezione del coniuge, che vi siano figli minori, studenti o inabili all'epoca del sorgere del diritto del coniuge. Per i figli, peraltro, la disciplina delle pensioni di reversibilita' appresta una tutela autonoma, che interagisce con la normativa indirizzata ai coniugi ai limitati effetti della gia' citata disciplina del "cumulo". Questo dato serve a confermare l'equilibrato intento solidaristico che ha, gia' da qualche tempo, ispirato il legislatore. Neppure la peculiarita' del meccanismo congegnato nel 2011, che commisura l'ammontare della pensione di reversibilita' alla durata del matrimonio, senza escludere in radice il diritto a beneficiare di tale prestazione, rappresenta un significativo elemento di discontinuita' tra la misura censurata e le disposizioni gia' dichiarate incostituzionali da questa Corte, dapprima sulla scorta di un'analisi puntuale della disparita' di trattamento tra le diverse categorie dei beneficiari (sentenze n. 15 del 1980 e n. 139 del 1979) e, nell'evoluzione successiva, sul presupposto della «ingiustificata irrazionalita'» di discipline restrittive ancorate a elementi di matrice naturalistica (sentenza n. 587 del 1988, battistrada di una giurisprudenza costante, rappresentata dalle sentenze n. 447 del 2001, n. 187 del 2000, n. 110 del 1999, n. 162 del 1994, n. 1 del 1992, n. 450 e n. 189 del 1991, e n. 123 del 1990). Quando la durata del matrimonio sia inferiore all'anno, la correlazione tra l'ammontare della pensione di reversibilita' e la durata del matrimonio azzera il trattamento previdenziale: il meccanismo di riduzione, concepito in termini graduali dal legislatore, si risolve in una esclusione pura e semplice del diritto, che non differisce dalle ipotesi sottoposte alla disamina di questa Corte nelle pronunce appena ricordate. L'antitesi con i principi di eguaglianza e ragionevolezza non e' meno stridente, quando la durata del matrimonio valga a proporzionare il trattamento di reversibilita' corrisposto al coniuge, e non a disconoscerlo del tutto. La pregnanza del vincolo di solidarieta' coniugale, fondamento della pensione di reversibilita', e' graduata in rapporto all'elemento, contingente ed estrinseco, della durata del matrimonio. Peraltro, il nesso tra durata del matrimonio e ammontare della pensione di reversibilita' non si correla a una previsione generale e astratta, eventualmente incentrata su un requisito minimo di convivenza, valido per tutte le ipotesi. Tale nesso, articolato nei termini singolari di un progressivo incremento dell'importo della pensione al protrarsi del matrimonio, riguarda la sola ipotesi in cui il matrimonio sia scelto da chi ha gia' compiuto i settant'anni di eta' e la differenza di eta' tra i coniugi travalichi i vent'anni. Il rilievo peculiare della durata del matrimonio, nella sola ipotesi regolata dalla disciplina in esame, ne palesa - da altra e ugualmente pregnante angolazione - il contrasto gia' segnalato con l'art. 3 Cost. Non puo' essere invocata, in chiave comparativa, la disciplina dell'attribuzione della pensione di reversibilita' ai coniugi divorziati (art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, recante «Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio» e successive modificazioni). In tale fattispecie, la durata non rileva in senso assoluto e astratto, ma come ragionevole criterio per suddividere la pensione di reversibilita' tra il coniuge divorziato, titolare del diritto all'assegno divorzile a carico del coniuge scomparso, e altri coniugi superstiti. La durata del matrimonio, infatti, non si riverbera sull'ammontare della pensione di reversibilita', complessivamente attribuito, ma viene in rilievo soltanto nella ripartizione dell'intero tra una pluralita' di aventi diritto. 5.- Dalle considerazioni svolte, discende la fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost. Sono assorbite le censure incentrate sulla violazione dell'art. 29 Cost. e, in particolare, sulla limitazione della liberta' di contrarre matrimonio.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 2016. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Silvana SCIARRA, Redattore Carmelinda MORANO, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2016. Il Cancelliere F.to: Carmelinda MORANO