N. 34 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 giugno 2016

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il 21 giugno 2016  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Enti   locali   -   Norme   della   Regione   Sardegna   -   Prevista
  impignorabilita' delle somme destinate alla realizzazione di  opere
  pubbliche delegate dalla Regione  ad  enti  strumentali  regionali,
  enti locali e loro consorzi ed unioni. 
Usi civici - Norme della Regione Sardegna - Proroga dei  termini  per
  la richiesta di sclassificazione del regime  demaniale  civico  dei
  terreni, inserimento di una ulteriore ipotesi di sclassificazione e
  sclassificazione di alcuni terreni. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme  della  Regione  Sardegna  -
  Esenzione per i piccoli Comuni sardi dal  regime  sanzionatorio  in
  caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno. 
- Legge della Regione Sardegna 11 aprile 2016,  n.  5  ("Disposizioni
  per la formazione del bilancio di previsione per l'anno 2016 e  per
  gli anni 2016-2018 (legge di stabilita' 2016)"), artt. 1, comma 12,
  4, commi 24, 25, 26 e 27, e 8, comma 13. 
(GU n.32 del 10-8-2016 )
    Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, Contro la  Regione
Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente  pro-tempore,  per
la declaratoria di Illegittimita' costituzionale degli artt. 1  comma
12, 4 commi 24, 25, 26 e 27, nonche' dell'art. 8 comma 13 della Legge
Regionale Sardegna 11  aprile  2016,  n.  5,  come  da  delibera  del
Consiglio dei ministri in data 10 giugno 2016. 
    Sul B.U.R. Sardegna 13 aprile 2016, n. 18 e' stata pubblicata  la
Legge Regionale 11 aprile 2016, n. 5, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio di previsione per l'anno 2016 e per gli  anni
2016-2018 (legge di stabilita' 2016)». 
    Il  Governo  ritiene  che  tale  legge  sia   censurabile   nelle
disposizioni contenute negli artt. 1 comma 12, 4 commi 24, 25,  26  e
27, nonche' nell'art. 8 comma 13, per contrasto  con  gli  artt.  117
secondo comma, lettere l) e s), terzo comma, nonche' con  l'art.  118
Cost. 
    Propone pertanto  questione  di  legittimita'  costituzionale  ai
sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti Motivi 
Art. 1 comma 12 della legge regionale n. 5/2016 
    La legge regionale 11 aprile 2016,  n.  5  nell'art.  1  (recante
«Disposizioni in materia di programmazione unitaria  e  finanziaria»)
cosi' dispone al comma 12. 
    12.  A  decorrere  dall'anno  2016,  si   applicano   agli   enti
strumentali della  Regione,  alle  unioni  dei  comuni,  ai  consorzi
industriali provinciali e ai consorzi di bonifica le disposizioni dei
commi 1, 3 e 4 dell'art. 159 del decreto legislativo 18 agosto  2000,
n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti  locali),
e successive modifiche e integrazioni,  relativamente  ai  fondi,  di
qualunque natura, messi a disposizione da parte  dello  Stato,  della
Regione o dell'Unione europea in favore degli enti locali, delle loro
associazioni e dei loro consorzi ed unioni, dei consorzi  industriali
provinciali  e  dei   consorzi   di   bonifica,   in   quanto   siano
specificatamente destinati  alla  realizzazione  di  opere  pubbliche
delegate  dalla  Regione.   A   tal   fine,   la   dichiarazione   di
impignorabilita' e' formalizzata con deliberazione  da  adottarsi,  a
cadenza trimestrale, da parte degli organi di  amministrazione  degli
enti da notificarsi contestualmente alla Tesoreria regionale  e  agli
istituti di credito presso i quali gli enti di cui al presente  comma
intrattengono rapporti. 
    Con tale disposizione la Regione estende ad una serie di soggetti
(enti strumentali  della  Regione,  enti  locali,  loro  associazioni
consorzi ed unioni, consorzi industriali provinciali  e  consorzi  di
bonifica) le disposizioni dei commi 1, 3 e 4  dell'art.  159  decreto
legislativo n. 267/2000 (Testo  unico  delle  leggi  sull'ordinamento
degli enti locali), relativamente a qualsiasi tipo  di  fondi  che  a
tali soggetti vengano concessi purche' destinati  alla  realizzazione
di opere pubbliche delegate dalla Regione. 
    Il citato art. 159 (recante «Norme sulle esecuzioni nei confronti
degli enti locali») dispone infatti che 
      «1.  Non  sono   ammesse   procedure   di   esecuzione   e   di
espropriazione  forzata  nei  confronti  degli  enti  locali   presso
soggetti  diversi  dai  rispettivi  tesorieri.  Gli  atti   esecutivi
eventualmente intrapresi non determinano  vincoli  sui  beni  oggetto
della procedura espropriativa. 
      2. [...] 
      3. Per l'operativita' dei limiti all'esecuzione forzata di  cui
al comma 2 occorre  che  l'organo  esecutivo,  con  deliberazione  da
adottarsi per ogni semestre e notificata  al  tesoriere,  quantifichi
preventivamente gli  importi  delle  somme  destinate  alle  suddette
finalita'. 
      4.  Le  procedure   esecutive   eventualmente   intraprese   in
violazione del comma  2  non  determinano  vincoli  sulle  somme  ne'
limitazioni all'attivita' del tesoriere. 
    La disposizione in esame e' da ritenersi  illegittima  in  quanto
incide su materia riservata dall'art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello  Stato  e  pertanto
eccede dalla competenza regionale. 
    Tale   principio   e'   stato   costantemente   affermato   nella
giurisprudenza della Corte. 
    In particolare nella sentenza n. 273/2012 relativa ad  una  legge
regionale Puglia di analogo contenuto, la Corte ha  precisato  quanto
segue: 
      Questa Corte,  di  recente,  ha  dichiarato  costituzionalmente
illegittima una norma regionale di contenuto sostanzialmente  omologo
a quella in esame (art.  25,  comma  2,  della  legge  della  Regione
Campania 19 gennaio 2009, n. 1), la  quale  stabiliva  che  gli  enti
nella stessa indicati «non possono essere sottoposti a  pignoramenti»
(sentenza  n.  123  del  2010).  Siffatta  sentenza,  confermando  un
principio    costantemente     affermato     dalla     giurisprudenza
costituzionale, ha ribadito che «l'ordinamento del diritto privato si
pone quale limite  alla  legislazione  regionale  in  quanto  fondato
sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di
garantire nel territorio  nazionale  l'uniformita'  della  disciplina
dettata  per  i  rapporti  tra  privati. Il  limite  dell'ordinamento
privato,  quindi,  identifica  un'area  riservata   alla   competenza
esclusiva  della  legislazione  statale  e   comprende   i   rapporti
tradizionalmente oggetto di codificazione (ex plurimis,  sentenze  n.
295 del 2009 e n. 352 del 2001;  analogamente,  sentenza  n.  50  del
2005)». La norma scrutinata  -  ha  precisato  la  pronuncia  -  «nel
disporre la suddetta impignorabilita', introduce una  limitazione  al
soddisfacimento patrimoniale delle ragioni dei creditori non prevista
dalla normativa statale  riguardante  la  materia,  assegnando  "alle
situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti patrimoniali
con quegli enti  un  regime,  sostanziale  e  processuale,  peculiare
rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile e da  quello
di procedura civile) altrimenti  applicabile"  (sentenza  n.  25  del
2007)», incidendo in tal modo su di una materia  riservata  dall'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost.,  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    In  precedenza,  questa  Corte  aveva,  altresi',  scrutinato  le
censure proposte da una Regione nei  confronti  della  norma  di  una
legge dello Stato (art. 27, comma 13, della legge 28  dicembre  2001,
n.  448)   che   stabiliva   «un   regime   di   impignorabilita'   e
insequestrabilita' delle  somme  di  competenza  degli  enti  locali,
giacenti nelle contabilita'  speciali  del  Ministero  dell'interno»,
dichiarandole non fondate, sul rilievo  che  concerneva  una  materia
oggetto del parametro costituzionale da ultimo  citato,  poiche'  con
essa  erano  stati  «estesi  degli  istituti,  l'impignorabilita'   e
l'insequestrabilita', gia' conosciuti dal codice di rito (..) di  cui
non puo' disconoscersi la natura processuale»  (sentenza  n.  18  del
2004). 
    Alla luce di detti principi, risulta palese che il citato art.  1
-   estendendo,    nei    termini    sopra    indicati,    l'istituto
dell'impignorabilita' (commi 1 e 2) e prevedendo tempi e  modi  della
rilevabilita' della stessa da parte del giudice (commi 1 e  3)  -  ha
introdotto una  limitazione  al  soddisfacimento  patrimoniale  delle
ragioni dei creditori dei consorzi di bonifica ed  ha  stabilito  per
gli stessi un regime peculiare, operando, quindi, nell'ambito di  una
materia attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettera  l),  Cost.,
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato e,  conseguentemente,
ne va dichiarata l'illegittimita' costituzionale, restando  assorbita
ogni altra censura. 
    La  situazione  della  legge  in  esame  non   e'   diversa;   la
disposizione  impugnata  estende  sotto  il  profilo  soggettivo   ed
oggettivo il campo di applicazione di una  norma  statale  (art.  159
decreto   legislativo   n.   267/2000)   che   prevede   ipotesi   di
impignorabilita' di somme. 
    Da cio' la violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  l)
Cost. nella parte in cui attribuisce invece alla competenza esclusiva
dello Stato la materia «giurisdizione e norme processuali». 
Art. 4 commi 24, 25, 26 e 27 della legge regionale n. 5/2016 
    La legge regionale 11 aprile 2016,  n.  5  nell'art.  4  (recante
«Disposizioni nel settore ambientale e del territorio») cosi  dispone
ai commi da 24 a 27: 
    24. I termini di cui all'art. 2 della legge  regionale  4  aprile
1996, n. 18 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale  14  marzo
1994, n. 12 «Norme in materia di usi  civici.  Modifiche  alla  legge
regionale  7  gennaio  1977,  n.  1,   concernente   l'organizzazione
amministrativa della Regione sarda»), sono riaperti per la durata  di
due anni decorrenti dall'entrata in vigore della presente legge o, se
successiva,  dalla  pubblicazione  sul  Bollettino  ufficiale   della
Regione autonoma della Sardegna (Buras) della determinazione con  cui
si provvede ad accertare la sussistenza  e  la  tipologia  degli  usi
civici nei territori dei comuni per i  quali  non  esista  ancora  un
provvedimento formale di accertamento. 
    25. Alla lettera b) del comma  1  dell'art.  18-bis  della  legge
regionale 14 marzo 1994, n. 12  (Norme  in  materia  di  usi  civici.
Modifica della legge regionale 7  gennaio  1977,  n.  1,  concernente
l'organizzazione amministrativa della Regione  sarda),  e'  aggiunto,
alla fine, il seguente periodo: «o siano  stati  gia'  adibiti,  alla
data di entrata in vigore della presente legge,  alla  localizzazione
di insediamenti produttivi nelle aree a  cio'  destinate  all'interno
delle delimitazioni dei consorzi industriali». 
    26. I terreni siti  in  agro  di  Irgoli,  distinti  nel  catasto
terreni al foglio 14, particella 8, foglio 17, particella  1,  foglio
18, particelle 2, 3, 4, 5 e 6, foglio 19, particelle 1, 2 e 4, foglio
20, particelle 3, 4, 5, 6, 8,  11,  12,  13,  39  e  41,  foglio  28,
particella 8, per i quali e'  stata  riconosciuta  la  perdita  della
destinazione funzionale originaria di terreni boschivi o  pascolativi
con verbale dell'Argea - Servizio territoriale  del  nuorese  del  15
aprile 2008, costituiscono oggetto  di  sclassificazione  del  regime
demaniale di uso civico. 
    27. La disposizione di cui al comma 26 si applica ai terreni siti
nel Comune di Orosei che hanno perso l'originaria destinazione di uso
civico, identificati catastalmente ai fogli 4, 7, 8, 9, 12,  34,  35,
38, 28, 30, 43, 16, 10, 11, 41. Le cessazioni degli usi civici  hanno
efficacia  dalla  data  degli  atti  o   provvedimenti   ovvero,   se
precedenti, dalle date indicate negli atti o provvedimenti dalla data
in cui e' venuta meno la destinazione funzionale degli usi civici. 
    Le disposizioni in esame sono da ritenersi illegittime in  quanto
incidono su materia riservata dall'art. 117, secondo  comma,  lettera
s),  Cost.  («tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e   dei   beni
culturali») alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  e
pertanto eccede dalla competenza regionale. Inoltre  risulta  violato
anche il principio di leale collaborazione desumibile  dall'art.  118
Cost. (richiamato piu' volte dalla Corte in relazione  a  settori  in
cui vi e'  una  connessione  indissolubile  tra  materie  di  diversa
attribuzione). 
    In particolare viene prevista una  proroga  dei  termini  per  la
richiesta di sclassificazione dal regime demaniale civico dei terreni
(comma   24),   l'inserimento   di   una   ulteriore    ipotesi    di
sclassificazione (comma 25), nonche' la  sclassificazione  di  alcuni
terreni che vengono sottratti al regime demaniale  degli  usi  civici
(commi 26 e 27). 
    Tali disposizioni si pongono in contrasto con il citato art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost. e  con  le  norme  interposte  sulla
pianificazione congiunta rappresentate dagli artt. 135 (1)  .  e  143
(2)  del  codice  dei  beni  culturali  e  del   paesaggio   (decreto
legislativo n. 42/2004). 
    In particolare  la  copianificazione  obbligatoria  per  le  aree
vincolate gravate da vincoli paesaggistici prevista dal  citato  art.
143 e' norma di  grande  riforma  economico-sociale.  L'attivita'  di
ricognizione e delimitazione delle aree tutelate per legge  (tra  cui
gli usi civici), ai sensi dell'art. 142 del codice,  costituisce  uno
dei contenuti minimi del piano  paesaggistico  (art.  143,  comma  1,
lettera c, del codice) e  deve  essere  svolta  congiuntamente  dallo
Stato e dalla Regione (art. 135 del codice). 
    Orbene,  le   disposizioni   impugnate   intervengono   in   modo
unilaterale (ed anche con norme provvedimentali, come i  commi  26  e
27) anziche' con la pianificazione condivisa con gli organi  statali,
in tal modo violando le disposizioni costituzionali sopra richiamate. 
    Tali principi sono stati di recente espressi dalla Corte  con  la
sentenza n. 210/2014 proprio in sede di impugnazione di  altra  legge
regionale Sardegna in tema di usi civici (la n. 19/2013), nella quale
e' stato precisato che: 
      8.2.  -  Questa  Corte  ha  affermato  che  «la   conservazione
ambientale e paesaggistica» spetta, in  base  all'art.  117,  secondo
comma, lettera  s),  Cost.,  alla  cura  esclusiva  dello  Stato  (ex
plurimis, sentenza n. 367 del 2007), aggiungendo che tale  titolo  di
competenza statale «riverbera i suoi effetti anche quando  si  tratta
di  Regioni  speciali  o  di  Province  autonome,   con   l'ulteriore
precisazione, pero',  che  qui  occorre  tener  conto  degli  statuti
speciali di autonomia» (sentenza n. 378 del 2007). 
      E cio'  in  aderenza  all'art.  9  Cost.,  che  sancisce  quale
principio fondamentale quello della tutela del paesaggio, inteso come
morfologia del territorio, cioe' l'ambiente nel suo  aspetto  visivo.
In sostanza, e' lo stesso aspetto del  territorio,  per  i  contenuti
ambientali e culturali che contiene, che e'  di  per  se'  un  valore
costituzionale (sentenza n. 367 del 2007). 
      8.3. - Quanto agli usi civici  in  particolare,  la  competenza
statale nella materia trova attualmente la sua espressione nel citato
art. 142 del codice dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  le  cui
disposizioni fondamentali questa Corte ha qualificato come  norme  di
grande riforma economico-sociale (sentenze n. 207 e n. 66  del  2012,
n. 226 e n. 164 del 2009  e  n.  51  del  2006):  esse  si  impongono
pertanto al rispetto del legislatore della Regione autonoma Sardegna,
tenuto conto dei limiti posti dallo stesso statuto sardo alla propria
potesta' legislativa (sentenza n. 51 del 2006). 
      9. - La coesistenza dei  due  ambiti  competenziali  impone  la
ricerca di un modello procedimentale che  permetta  la  conciliazione
degli interessi che sono ad essi sottesi. [...] 
      «la  sovrapposizione  fra  tutela  del   paesaggio   e   tutela
dell'ambiente si riflette in uno specifico interesse  unitario  della
comunita' nazionale alla conservazione degli usi civici, in quanto  e
nella misura in cui concorrono a determinare la forma del  territorio
su cui si esercitano, intesa quale prodotto di "una integrazione  tra
uomo e ambiente naturale"» (sentenza n. 46 del 1995). 
      In tale prospettiva, deve  concludersi  che  per  una  efficace
tutela del paesaggio e dell'ambiente non e' sufficiente un intervento
successivo alla soppressione degli usi civici: occorre  al  contrario
garantire che lo Stato possa far  valere  gli  interessi  di  cui  e'
portatore  sin  nella   formazione   del   piano   straordinario   di
accertamento demaniale, concorrendo a verificare se sussistano o meno
le condizioni per la loro stessa  conservazione,  ferme  restando  le
regole nazionali inerenti al loro regime giuridico  e  alle  relative
forme di tutela. 
    Con  la  citata  sentenza   la   Corte   ha   quindi   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art.  l  della  legge  regionale
Sardegna n. 19/2013 nella parte in cui non  prevedeva  la  tempestiva
comunicazione del Piano straordinario di accertamento e  degli  altri
atti modificativi dei vincoli di destinazione  ai  competenti  organi
statali, affinche' lo Stato potesse far valere la propria  competenza
a tutelare il paesaggio con la conservazione dei vincoli esistenti  o
l'apposizione di diversi vincoli, e affinche', in ogni caso,  effetti
giuridici  modificativi  del  regime  dei  relativi   beni   non   si
producessero prima, e al di fuori, del Piano paesaggistico regionale. 
    Alla luce di tali  principi  appare  evidente  come  gli  effetti
modificativi diretti del regime  dei  beni  gravati  da  usi  civici,
operati  con  la  legge  regionale  in  esame  al  di   fuori   della
copianificazione paesaggistica, vengono a porsi in contrasto sia  con
l'art. 117, secondo comma, lettera s) Cost., sia con l'art. 118 Cost.
per mancato rispetto del principio di leale collaborazione. 
Art. 8 comma 13 della legge regionale n. 5/2016. 
    La legge regionale 11 aprile 2016,  n.  5  nell'art.  8  (recante
«Disposizioni in materia di enti locali, pianificazione paesaggistica
e urbanistica, edilizia residenziale  pubblica  e  lavori  pubblici»)
cosi' dispone al comma 13: 
      13.  Nel  rispetto  dei  principi  di   finanza   pubblica   ed
esclusivamente nei casi di violazioni riguardanti il mancato rispetto
del patto di stabilita' interno per il 2015, ai piccoli comuni  sardi
non si applicano le sanzioni di cui  all'art.  31,  comma  26,  della
legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilita' 2012), qualora  i
comuni dimostrino di rientrare dallo sforamento  entro  l'anno  2016,
anche al netto dei ritardi dei trasferimenti regionali, causa  ovvero
concausa della violazione. La presente disposizione  si  applica  nel
territorio regionale in forza  della  capacita'  legislativa  di  cui
all'art. 3 della legge costituzionale n.  3  del  1948  e  successive
modifiche ed integrazioni. 
    La disposizione in esame prevede, per  i  piccoli  comuni  sardi,
l'esenzione dal regime sanzionatorio in caso di mancato rispetto  del
Patto di stabilita' interno 2015. 
    La previsione esorbita dalla competenza statutaria in materia  di
ordinamento degli  enti  locali  di  cui  all'art.  3  dello  Statuto
speciale Sardegna (approvato con legge costituzionale n. 3/1948). 
    Infatti la disciplina  sanzionatoria  contenuta  nella  legge  n.
183/2011 (Legge di Stabilita' 2012), all'art. 31 (recante  «Patto  di
stabilita'  interno  degli  enti  locali»),  comma  26  (3)  viene  a
collocarsi all'interno di un quadro normativo volto ad assicurare  il
rispetto dei vincoli posti dallo stesso Patto di  Stabilita',  ed  e'
quindi riconducibile all'ambito della finanza pubblica e non di certo
a quello degli enti locali e della finanza locale. 
    Ne consegue che la disposizione impugnata,  introducendo  deroghe
all'art.  31,  comma  26,  della  legge  n.  183/2011,  eccede  dalle
competenze della Regione fissate dall'art. 3 dello statuto regionale,
ponendosi  in  contrasto  con   l'art.   117,   terzo   comma   Cost.
(«coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»). 

(1) L'art. 135 («Pianificazione paesaggistica»), cosi' dispone: 1. Lo
    Stato e  le  regioni  assicurano  che  tutto  il  territorio  sia
    adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in
    ragione dei differenti valori espressi dai diversi  contesti  che
    lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica
    normativa  d'uso  il  territorio  mediante  piani  paesaggistici,
    ovvero    piani    urbanistico-territoriali     con     specifica
    considerazione dei  valori  paesaggistici,  entrambi  di  seguito
    denominati -  «piani  paesaggistici».  L'elaborazione  dei  piani
    paesaggistici avviene congiuntamente  tra  Ministero  e  regioni,
    limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma l,
    lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo art.  143.
    2.  I  piani  paesaggistici,  con   riferimento   al   territorio
    considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri  peculiari,
    nonche' le caratteristiche  paesaggistiche,  e  ne  delimitano  i
    relativi ambiti. 3. In riferimento  a  ciascun  ambito,  i  piani
    predispongono  specifiche  normative  d'uso,  per  le   finalita'
    indicate negli articoli 131  e  133,  ed  attribuiscono  adeguati
    obiettivi  di  qualita'.  4.   Per   ciascun   ambito   i   piani
    paesaggistici  definiscono  apposite  prescrizioni  e  previsioni
    ordinate in particolare: a)  alla  conservazione  degli  elementi
    costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici  sottoposti
    a tutela, tenuto conto  anche  delle  tipologie  architettoniche,
    delle  tecniche  e  dei  materiali  costruttivi,  nonche'   delle
    esigenze  di  ripristino  dei  valori  paesaggistici;   b)   alla
    riqualificazione delle aree  compromesse  o  degradate;  c)  alla
    salvaguardia delle  caratteristiche  paesaggistiche  degli  altri
    ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il  minor  consumo
    del territorio; d) alla individuazione delle  linee  di  sviluppo
    urbanistico ed edilizio, in funzione  della  loro  compatibilita'
    con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e  tutelati,  con
    particolare attenzione alla salvaguardia dei  paesaggi  rurali  e
    dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO 

(2) L'art.   143   («Piano   paesaggistico»),   cosi'   dispone:   1.
    L'elaborazione  del  piano  paesaggistico  comprende  almeno:  a)
    ricognizione del territorio oggetto di  pianificazione,  mediante
    l'analisi  delle  sue  caratteristiche  paesaggistiche,  impresse
    dalla natura, dalla storia e dalle loro interrelazioni, ai  sensi
    degli articoli 131 e 135; b) ricognizione degli immobili e  delle
    aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art.
    136, loro delimitazione e rappresentazione in scala  idonea  alla
    identificazione,   nonche'   determinazione   delle    specifiche
    prescrizioni d'uso a termini dell'art. 138, comma 1, fatto  salvo
    il disposto di cui  agli  artt.  140,  comma  2,  e  141-bis;  c)
    ricognizione delle aree di cui al comma  1  dell'art.  142,  loro
    delimitazione   e   rappresentazione   in   scala   idonea   alla
    identificazione, nonche'  determinazione  di  prescrizioni  d'uso
    intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di
    dette aree e, compatibilmente con  essi,  la  valorizzazione;  d)
    eventuale  individuazione  di  ulteriori  immobili  od  aree,  di
    notevole interesse pubblico a termini  dell'art.  134,  comma  1,
    lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea
    alla identificazione,  nonche'  determinazione  delle  specifiche
    prescrizioni  d'uso,  a  termini  dell'art.  138,  comma  1;   e)
    individuazione  di  eventuali,  ulteriori  contesti,  diversi  da
    quelli indicati all'art. 134, da sottoporre a  specifiche  misure
    di salvaguardia e di utilizzazione; f) analisi delle dinamiche di
    trasformazione del territorio  ai  fini  dell'individuazione  dei
    fattori  di  rischio  e  degli  elementi  di  vulnerabilita'  del
    paesaggio,  nonche'  comparazione   con   gli   altri   atti   di
    programmazione, di pianificazione  e  di  difesa  del  suolo;  g)
    individuazione degli interventi di  recupero  e  riqualificazione
    delle aree significativamente compromesse  o  degradate  e  degli
    altri interventi di valorizzazione compatibili  con  le  esigenze
    della tutela; h) individuazione delle misure  necessarie  per  il
    corretto   inserimento,   nel   contesto   paesaggistico,   degli
    interventi  di  trasformazione  del  territorio,   al   fine   di
    realizzare uno sviluppo sostenibile delle  aree  interessate;  i)
    individuazione dei diversi ambiti e  dei  relativi  obiettivi  di
    qualita', a termini dell'art. 135, comma 3.  2.  Le  regioni,  il
    Ministero ed  il  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
    territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione
    delle   modalita'   di   elaborazione   congiunta    dei    piani
    paesaggistici, salvo quanto  previsto  dall'art.  135,  comma  1,
    terzo periodo. Nell'intesa e' stabilito il termine entro il quale
    deve essere completata l'elaborazione  del  piano.  Il  piano  e'
    oggetto di apposito accordo  fra  pubbliche  amministrazioni,  ai
    sensi dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n.  241.  L'accordo
    stabilisce altresi' i presupposti, le modalita' ed i tempi per la
    revisione del piano, con  particolare  riferimento  all'eventuale
    sopravvenienza di dichiarazioni emanate ai sensi  degli  articoli
    140 e 141 o di integrazioni disposte ai sensi dell'art.  141-bis.
    Il piano  e'  approvato  con  provvedimento  regionale  entro  il
    termine fissato nell'accordo. Decorso inutilmente  tale  termine,
    il piano, limitatamente ai beni paesaggistici di cui alle lettere
    b), c) e d) del comma 1, e'  approvato  in  via  sostitutiva  con
    decreto del Ministro, sentito il Ministro dell'ambiente  e  della
    tutela  del  territorio  e  del  mare.  3.  Approvato  il   piano
    paesaggistico, il parere reso dal soprintendente nel procedimento
    autorizzatorio di cui agli artt.  146  e  147  e'  vincolante  in
    relazione agli  interventi  da  eseguirsi  nell'ambito  dei  beni
    paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1,  salvo
    quanto disposto al comma 4,  nonche'  quanto  previsto  dall'art.
    146, comma 5. 4. Il piano puo' prevedere: a) la individuazione di
    aree soggette a tutela ai sensi dell'art. 142 e  non  interessate
    da specifici procedimenti o provvedimenti ai  sensi  degli  artt.
    136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali  la  realizzazione  di
    interventi puo' avvenire  previo  accertamento,  nell'ambito  del
    procedimento ordinato al  rilascio  del  titolo  edilizio,  della
    conformita' degli interventi medesimi alle previsioni  del  piano
    paesaggistico e  dello  strumento  urbanistico  comunale;  b)  la
    individuazione delle  aree  gravemente  compromesse  o  degradate
    nelle quali  la  realizzazione  degli  interventi  effettivamente
    volti al  recupero  ed  alla  riqualificazione  non  richiede  il
    rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 146. 5. L'entrata in
    vigore delle disposizioni  di  cui  al  comma  4  e'  subordinata
    all'approvazione degli strumenti urbanistici  adeguati  al  piano
    paesaggistico, ai sensi dell'art. 145, commi 3 e 4. 6.  Il  piano
    puo' anche subordinare l'entrata in vigore delle disposizioni che
    consentono la realizzazione di  interventi  senza  autorizzazione
    paesaggistica, ai sensi del comma 4,  all'esito  positivo  di  un
    periodo di monitoraggio  che  verifichi  l'effettiva  conformita'
    alle  previsioni  vigenti  delle  trasformazioni  del  territorio
    realizzate. 7. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al
    comma 4, lettera a), siano effettuati controlli a campione  sugli
    interventi  realizzati  e  che  l'accertamento  di  significative
    violazioni delle previsioni vigenti determini  la  reintroduzione
    dell'obbligo dell'autorizzazione di cui agli  artt.  146  e  147,
    relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.
    8. Il piano  paesaggistico  puo'  individuare  anche  linee-guida
    prioritarie   per   progetti    di    conservazione,    recupero,
    riqualificazione, valorizzazione e gestione  di  aree  regionali,
    indicandone gli  strumenti  di  attuazione,  comprese  le  misure
    incentivanti. 9. A far data dall'adozione del piano paesaggistico
    non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui  all'art.
    134, interventi  in  contrasto  con  le  prescrizioni  di  tutela
    previste nel piano stesso. A  far  data  dalla  approvazione  del
    piano le relative previsioni e prescrizioni  sono  immediatamente
    cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani  territoriali  ed
    urbanistici. 

(3) L'art. 31 comma 26 della legge n. 183/2011 cosi' dispone: 26.  In
    caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno,  l'ente
    locale    inadempiente,    nell'anno    successivo    a    quello
    dell'inadempienza: a) e' assoggettato ad una riduzione del  fondo
    sperimentale di riequilibrio o del fondo  perequativo  in  misura
    pari alla differenza tra il risultato  registrato  e  l'obiettivo
    programmatico  predeterminato.  Gli  enti  locali  della  Regione
    siciliana  e  della  regione  Sardegna  sono  assoggettati   alla
    riduzione dei trasferimenti erariali  nella  misura  indicata  al
    primo periodo. In caso di incapienza dei predetti fondi gli  enti
    locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato
    le somme residue. La sanzione non si applica nel caso in  cui  il
    superamento degli obiettivi del patto di stabilita'  interno  sia
    determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la
    quota di finanziamento nazionale  e  correlati  ai  finanziamenti
    dell'Unione Europea  rispetto  alla  media  della  corrispondente
    spesa del  triennio  precedente;  b)  non  puo'  impegnare  spese
    correnti  in  misura  superiore  all'importo  annuale  medio  dei
    corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo  triennio;  c)  non
    puo' ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui  e
    i  prestiti  obbligazionari  posti  in  essere  con   istituzioni
    creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti,
    devono essere corredati da apposita attestazione da  cui  risulti
    il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilita'  interno
    per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o  l'intermediario
    finanziario non puo' procedere al finanziamento o al collocamento
    del prestito in assenza della predetta attestazione; d) non  puo'
    procedere ad assunzioni di  personale  a  qualsiasi  titolo,  con
    qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i  rapporti  di
    collaborazione coordinata e continuativa e  di  somministrazione,
    anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto.  E'
    fatto altresi'  divieto  agli  enti  di  stipulare  contratti  di
    servizio con soggetti privati che  si  configurino  come  elusivi
    della presente disposizione; e)  e'  tenuto  a  rideterminare  le
    indennita'  di  funzione  ed  i  gettoni  di  presenza   indicati
    nell'art. 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo
    n. 267 del 2000, e successive modificazioni,  con  una  riduzione
    del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla  data  30
    giugno. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  Ecc.ma  Corte   Costituzionale   voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittimi   e    conseguentemente
annullare gli artt. 1 comma 12, 4 commi 24, 25, 26 e 27, ed  8  comma
13 della Legge Regionale Sardegna 11 aprile 2016, n. 5, per i  motivi
illustrati nel presente ricorso. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
      1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 10 giugno
2016. 
      Roma, 13 giugno 2016 
 
                  L'Avvocato dello Stato: De Bellis