N. 138 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2016
Ordinanza del 12 aprile 2016 emessa dal G.I.P. del Tribunale di Tivoli nel procedimento penale a carico di Cianti Anna e Scerbo Fabrizio. Processo penale - Citazione diretta a giudizio - Mancata previsione di un termine prestabilito entro cui il pubblico ministero cura la notificazione del decreto di citazione a giudizio ovvero mancata previsione dell'obbligo per il pubblico ministero di provvedere all'immediata trasmissione degli atti al giudice per il dibattimento prima della notificazione del decreto - Previsione della competenza cautelare del giudice per le indagini preliminari nelle more della trasmissione degli atti. - Codice di procedura penale, artt. 553 e 554.(GU n.33 del 17-8-2016 )
TRIBUNALE DI TIVOLI Ordinanza ex art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, nell'ambito del procedimento penale avente n. 8277/2014 RGNR - 1685/2015 RGIP iscritto nei confronti di: 1) Cianti Anna, nata a Tivoli il 9 aprile 1972, residente a Guidonia Montecelio (RM), via Anticoli Corrado n. 28; assistita e difesa da: avv. Traisi Paolo del Foro di Tivoli, con studio in Tivoli, Piazza Plebiscito n. 30; 2) Scerbo Fabrizio, nato a Roma il 19 luglio 1976, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Emanuele Urbani in Mentana, Via Amendola n. 5; assistito e difeso da: avv. Emanuele Urbani del Foro di Tivoli, con studio in Mentana, Via Amendola n. 5. Premesso che In data 18 febbraio 2016 la difesa degli imputati aveva depositato istanza di dissequestro del manufatto oggetto di misura coercitiva in data 15 maggio 2015. Il detto provvedimento cautelare era stato emesso dal giudice procedente in conversione del sequestro probatorio disposto dal Pubblico ministero in sede in data 11 dicembre 2014 quale convalida, a sua volta, della misura adottata d'iniziativa dalla polizia giudiziaria in data 10 dicembre 2014; In data 1° marzo 2016 il giudice procedente aveva tramesso gli atti al Giudice del dibattimento con la seguente ordinanza: «Rilevato che in data 30 ottobre 2015 il p.m. ha emesso decreto di citazione a giudizio con udienza dibattimentale fissata per il 23 gennaio 2017; che, conseguentemente, la competenza a decidere sull'istanza appartiene al Giudice del dibattimento ritualmente investito della decisione della controversia; che la materiale disponibilita' degli atti in capo al p.m. (trattandosi di procedimento a citazione) non puo' incardinare (la competenza a conoscere dell'istanza difensiva n.d.e.) presso il g.i.p. (stante la definizione della fase delle indagini), Dispone trasmettersi gli atti al Giudice del dibattimento»; In data 4 marzo 2016 il Direttore amministrativo del Settore penale aveva trasmesso il sotto fascicolo relativo all'istanza al Presidente della Sezione penale per le sue determinazioni; In data 18 marzo 2016 il Pubblico ministero procedente restituiva al Presidente della Sezione penale in sede il fascicolo processuale trasmesso dal Direttore amministrativo; In data 1° aprile 2016 il medesimo fascicolo era, quindi, nuovamente trasmesso al giudice per le indagini preliminari con nota del Presidente della detta Sezione penale che evidenziava: «con invito a rivalutare la competenza a decidere ex art. 554 c.p.p. (cfr. Cass. Sez. 3 sentenza n. 36532 del 12 maggio 2015, riv. 264730». Tanto premesso V'e' da constatare che la giurisprudenza di legittimita', tra cui quella da ultimo menzionata, ha a piu' riprese affrontato tema della competenza in relazione alle misure coercitive personali e reali approntando una lettura delle disposizioni del codice di rito che regolano la cognizione del giudice procedente che non appare ritenersi conforme alle disposizioni costituzionali che regolano il principio di precostituzione del giudice naturale (art. 25, comma 1) e i canoni di giusto processo (art. 111) e quello di ragionevolezza (art. 3). Com'e' noto l'art. 554 c.p.p. - sotto il titolo «Atti urgenti» - dispone che «Il giudice per le indagini preliminari e' competente ad assumere gli atti urgenti a norma dell'art. 467 e provvede sulle misure cautelari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo per il dibattimento, non e' trasmesso al giudice a norma dell'art. 553, comma 1». A prescindere dal rinvio all'art. 467 c.p.p. ed al caso, ivi regolato, dell'assunzione di prove indifferibili, la questione che viene in discussione riguarda - nel caso di specie - la competenza a decidere sulle misure cautelari eventualmente (in atto o da adottare) nello spazio temporale che intercorre tra l'emissione del decreto di citazione diretta giudizio e la data fissata per il dibattimento. L'art. 553, comma 1, c.p.p. del tutto irragionevolmente non impone al Pubblico ministero un termine perentorio entro cui curare l'adempimento della trasmissione del fascicolo al giudice della cognizione di merito, statuendo che «Il pubblico ministero forma il fascicolo per il dibattimento e lo trasmette al giudice con il decreto di citazione immediatamente dopo la notificazione». In questo modo il Pubblico ministero perimetra e ritaglia uno spazio di giurisdizione «intermedio» che, lungi dal rispondere alla logica eccezionale ed emergenziale cui e' chiaramente ispirato l'art. 554 c.p.p., conferisce al giudice per le indagini preliminari la competenza cautelare di eccezionale durata e, soprattutto, rilevanza visto che prende in considerazione la delicata materia della cautela. Nel caso in esame, come visto, il Pubblico ministero ha esercitato l'azione penale in data 30 ottobre 2015 con prima comparizione degli imputati per l'udienza dibattimentale innanzi al Giudice monocratico in data 23 gennaio 2017. La mancata trasmissione «immediata» del fascicolo ex art. 553 c.p.p. e, soprattutto, la subordinazione di questo trasferimento degli atti ad un adempimento (la notificazione) che resta sempre e comunque nella esclusiva disponibilita' del Pubblico ministero - e che la parte pubblica requirente organizza secondo le mere esigenze interne di funzionamento dei carichi e dei flussi di lavoro - implementa una competenza cautelare in capo al giudice per le indagini preliminari particolarmente ampia sotto il profilo temporale e, soprattutto, estremamente significativa ratione materiae. Il rilievo, si badi bene, non prende in esame ne' vuole censurare la gestione «in fatto» degli adempimenti da parte dei singoli uffici del Pubblico ministero (invero quasi tutti omologati secondo queste prassi dilatorie), quanto la circostanza che il combinato disposto degli articoli 553 e 554 c.p.p. attribuisca alla parte pubblica la facolta', interamente discrezionale, di investire il giudice per le indagini preliminari della cognizione cautelare anche quando sia stata esercitata l'azione penale e sia stata ritualmente individuato il Giudice per il dibattimento al di la' delle ragioni che potrebbero giustificare gli «atti urgenti» di cui all'art. 554 c.p.p. Schematicamente, quindi, paiono fondati i dubbi di costituzionalita' delle norme rimesse allo scrutinio di Codesta Corte secondo i seguenti profili: a) secondo la giurisprudenza di legittimita' sopra menzionata la competenza cautelare deve dispiegarsi evitando una impropria «perpetuatio competentiae, alla stregua della quale potrebbe darsi, come e' stato gia' precisato da questa Corte in materia di cautele personali, l'abnorme conseguenza che "il giudice della domanda", ritardando oltre ogni limite la decisione, potrebbe perpetuare la sua signoria sulla vicenda cautelare nonostante il progressivo dispiegarsi delle fasi del processo secondo le scansioni tipiche dell'udienza preliminare e del giudizio, di primo o addirittura di secondo grado» (cosi' in motivazione Cassazione n. 36532/15). La competenza cautelare, altrimenti detto, segue gli atti del procedimento e si adegua al progressivo dipanarsi delle fasi e dei gradi del giudizio senza che la potesta' cautelare possa dirsi incardinata per sempre innanzi al cd. «giudice della domanda». Aggiunge la Corte di legittimita' «Quindi, per quanto riguarda le misure cautelali reali, l'art. 317 codice di procedura penale (quanto al sequestro conservativo) individua la competenza funzionale a provvedere individuandola nel "giudice che procede" e l'art. 321, comma 1, stesso codice (quanto al sequestro preventivo) radica l'attribuzione in capo al "giudice competente a pronunciarsi nel merito", stabilendo che "prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari". Percio' - tanto per le misure cautelari personali (articoli 279 cod. proc. pen. e 91 disp. atti cod. proc. pen.) tanto per le misure cautelari reali (articoli 317 cod. proc. pen. e 321 cod. proc. pen.) - la figura del «giudice che procede» ovvero di quello "competente a pronunciarsi nel merito" va individuata in relazione allo sviluppo del rapporto processuale e all'articolazione di esso nelle varie fasi e nei vari gradi, correlati al passaggio degli atti da un giudice all'altro, nel senso che l'attribuzione della competenza funzionale in ordine ai relativi procedimenti dipende dalla disponibilita' materiale e giuridica degli atti e viene meno solo con la loro trasmissione ad altro giudice (Sez. 1, n. 6535 del 18 dicembre 1998, Marandino, Rv. 212029)». b) Alla luce di questo primo enunciato pare chiaro che nei procedimenti per i quali e' prevista la celebrazione dell'udienza preliminare o per i quali e' consentita l'emissione del decreto di giudizio immediato - sino al trasferimento del fascicolo dal giudice per l'udienza preliminare (nel primo caso) o dal giudice per le indagini preliminari (nel secondo caso) al giudice del dibattimento - la competenza funzionale resti assegnata all'ufficio del giudice che procede. Anche in questi casi vi sono adempimenti da realizzare successivamente alla chiusura della fase processuale ed e' inevitabile che, in questo lasso temporale spesso molto esiguo, la cognizione cautelare appartenga al giudice che detiene giuridicamente e materialmente gli atti. L'attribuzione al giudice terzo del compito di vegliare sugli adempimenti successivi all'emissione del decreto che dispone giudizio (art. 429 c.p.p.) o del decreto di giudizio immediato (art. 455 c.p.p.) realizza una garanzia per l'imputato che vede mutare il giudice della cautela ex art. 91 disp. att. c.p.p. per effetto di un'attivita' di trasmissione del fascicolo sorvegliata da un'autorita' imparziale e nell'ambito di una continuita' cognitiva di fase del tutto evidente. Nulla di tutto questo si realizza per effetto del combinato disposto degli articoli 553 e 554 c.p.p. nei casi di procedimenti a citazione diretta. In questi casi, ovviamente, non e' prevista ne' la celebrazione dell'udienza preliminare ne' un controllo sull'esercizio dell'azione penale da parte di un giudice. Tuttavia l'art. 554 c.p.p. assegna ex abrupto al giudice per le indagini preliminari il controllo cautelare e per un perimetro temporale sottratto a qualsivoglia sindacato. La trasmissione «immediata» soggiace ad un adempimento (la notificazione) che la norma consente sia dilatata praticamente sino a ridosso della data di celebrazione del dibattimento (art. 552, comma 3, c.p.p.) determinando cosi' l'insorgere di una competenza cautelare che il rito processuale esclude e che la norma vorrebbe relegata a presupposti assolutamente eccezionali («atti urgenti»). La Cassazione menziona, correttamente, il principio della «disponibilita' materiale e giuridica degli atti»; ma, in questo caso, la disponibilita' giuridica del procedimento soggiace ad un adempimento certus an (dopo la notificazione), ma incertus quando visto che, non e' imposto al Pubblico ministero alcun termine per provvedervi che non sia quello del l'art. 552, comma 3, c.p.p. La trasmissione al Giudice del dibattimento e' prescritta come «immediata», ma solo quando si sara' perfezionata la notifica che puo' essere ritardata, ripetesi, anche di anni, come nel caso in esame. c) La Corte regolatrice e', d'altronde e naturalmente, del tutto consapevole che l'applicazione del principio della disponibilita' materiale e giuridica «e' ancora piu' evidente proprio in materia di sequestro preventivo che, prima dell'esercizio dell'azione penale, radica la competenza del giudice per le indagini preliminari e, una volta esercitata l'azione penale, attribuisce la competenza al giudice del merito (nel caso di specie il giudice dell'udienza preliminare), con la conseguenza che il riparto della competenza a provvedere sulla richiesta cautelare e' stabilito in correlazione con lo sviluppo dinamico della vicenda processuale, sicche' la trasmissione del fascicolo alla cancelleria del giudice (ai sensi dell'art. 416, comma 2, codice di procedura penale con la presentazione della richiesta di rinvio a giudizio il pubblico ministero trasmette il fascicolo alla cancelleria del giudice dell'udienza preliminare) comporta inesorabilmente la perenzione del potere cautelare del giudice per le indagini preliminari e lo spostamento della competenza in capo al giudice competente per il merito, affinche', con l'apertura della fase propriamente processuale, decida anche sulla richiesta di applicazione di misura cautelare, presentata dal pubblico ministero prima dell'esercizio dell'azione penale, ma non tempestivamente delibata da quel giudice (Sez. 1, n. 6535 del 18 dicembre 1998, cit., in motiv.). Costituisce infatti principio di carattere generale dell'ordinamento processuale quello per il quale la competenza cautelare e' fissata in relazione allo sviluppo del rapporto processuale e all'articolazione di esso nelle varie fasi e nei vari gradi, correlati al passaggio degli atti da un giudice all'altro, nel senso che l'attribuzione della competenza funzionale in ordine ai relativi procedimenti dipende dalla disponibilita' materiale e giuridica degli atti e viene meno solo con la loro trasmissione ad altro giudice (Sez. U, n. 6 del 24 marzo 1995, Confl.comp. Ass. Catanzaro e g.i.p. Trib. Catanzaro in proc. Marchese, Rv. 200821). Ne consegue che il giudice per le indagini preliminari, una volta che il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale e trasmesso gli atti al giudice del merito, non e' piu' competente a decidere sulla richiesta di adozione del decreto di sequestro preventivo, anche se avanzata dal pubblico ministero durante la fase delle indagini preliminari. Un corollario del principio secondo il quale la competenza cautelare si individua sulla base del giudice che procede e che ha la materiale disponibilita' degli atti e' rintracciabile nella disposizione ex art. 554 codice di procedura penale che eccezionalmente attribuisce al giudice per le indagini preliminari, sul presupposto che, pur essendo stata esercitata l'azione penale, il giudice del merito non abbia ancora la materiale disponibilita' del fascicolo processuale, la competenza, tra l'altro, a provvedere sulle misure cautelari (sia personali che reali) anche dopo l'esercizio dell'azione penale e fino a quando il decreto di citazione a giudizio, unitamente al fascicolo per il dibattimento, non sia trasmesso al giudice ai sensi dell'art. 553 codice di procedura pende, ossia immediatamente dopo la notificazione del decreto di citazione all'imputato». Orbene e' da considerare che, ad avviso del giudice remittente, e' opinabile che «un corollario del principio secondo il quale la competenza cautelare si individua sulla base del giudice che procede e che ha la materiale disponibilita' degli atti e' rintracciabile nella disposizione ex art. 554 codice di procedura penale», atteso che e' vero esattamente l'opposto, ossia che il giudice per le indagini preliminari non alcuna «materiale disponibilita' degli atti» i quali potrebbero (in astratto) non essere stati portati mai alla sua cognizione: si pensi al caso in cui le esigenze cautelari, personali o reali, vengano in emergenza successivamente all'emissione del decreto di citazione diretta a giudizio. E cio' si aggiunga che la «disponibilita' giuridica» dipende da una mera discrezionalita' del Pubblico ministero. Quanto ai parametri costituzionali rispetto ai quali si invoca lo scrutinio di legittimita' costituzionale delle norme processuali in applicazione nel caso di specie: a) per effetto delle disposizioni in parola (articoli 553 e 554 c.p.p.) si determina una apparente violazione del principio di eguaglianza dei cittadini innanzi alla legge (art. 3 della Costituzione), atteso che l'individuazione del cd. giudice della domanda cautelare non soggiace ad alcun criterio obiettivo e verificabile, ma e' rimessa all'iniziativa del solo Pubblico ministero il quale - in ragione del momento in cui dispone si operi la notifica o quando essa viene adempiuta dalla segreteria - determina o meno l'eccezionale competenza del giudice per le indagini preliminari a decidere sulla coercizione personale o reale. Nel caso dei procedimenti a citazione diretta non si determina alcun «passaggio degli atti da un giudice all'altro» secondo la scansione fisiologicamente disciplinata dal codice di rito nelle norme sopra ricordate, ma la traslazione della competenza e' rimessa al Pubblico ministero, sebbene il giudice del merito sia stato gia' individuato e la vocatio in iudicium perfezionata nei propri elementi costitutivi (art. 552 c.p.p.). Si prefigurano evidenti lesioni del principio di eguaglianza per la mancanza di una disposizione che individui un termine per la notifica del decreto di citazione di cui all'art. 553 c.p.p. b) per effetto di tale irragionevole lacuna normativa si deve segnalare al sindacato di Codesta Corte la conseguenziale lesione del principio di precostituzione del giudice naturale (art. 25 Cost.), atteso che il meccanismo emergenziale previsto dall'art. 554 c.p.p. - rimesso alla completa discrezionalita' dell'Accusa pubblica senza alcun vaglio giurisdizionale - sottrae l'imputato, sotto il rilevante profilo cautelare, alla cognizione del giudice dibattimentale secondo il circuito prefigurato dal codice di rito. Non vi sono ragioni plausibili e convincenti per stimare corretta la procedura d'urgenza di cui all'art. 554 c.p.p., visto che la disposizione non traduce in un coerente dettato normativa la clausola portata dal titolo della norma («atti urgenti»), attivando la competenza del giudice per le indagini preliminari sempre e comunque sulla scorta della sola «materiale disponibilita'» del fascicolo presso il Pubblico ministero (cfr. invece art. 291, comma 2, c.p.p.). c) parimenti deve prefigurarsi una violazione dei precetti costituzionali in tema di giusto processo (art. 111 della Costituzione), visto che l'individuazione del giudice cautelare e' rimessa alla mera potesta' del Pubblico ministero, senza alcun vaglio o controllo giurisdizionale sulla ragionevolezza di tale attribuzione «eccezionale» del potere coercitivo al giudice per le indagini preliminari dopo la chiusura delle dette indagini e dopo la rituale individuazione del giudice procedente. Ne' i carichi di lavoro dell'ufficio requirente possono in alcun modo giustificare de facto il sacrificio delle guarentigie di cui si discute, essendo necessario censurare il disposto normativo che tale compromissione consente. Conclusivamente deve essere dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 553 c.p.p. nella parte in cui non impone al Pubblico ministero la notificazione del decreto di citazione a giudizio entro un termine prestabilito ovvero nella parte in cui non impone, allo stesso Pubblico ministero, di provvedere all'immediata trasmissione degli atti al Giudice per il dibattimento prima che venga curata la notificazione del decreto, incombente che non ha una ragionevole rilevanza in questa sequela visto che una copia degli atti resta comunque a disposizione dell'Accusa anche dopo la trasmissione del fascicolo al Giudice del merito. Questa lettura ridurrebbe la portata dell'intervento additivo invocato a Codesta Corte circoscrivendolo alla soppressione delle sole parole «dopo la notificazione». Deve, altresi', essere dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 554 c.p.p. nella parte in cui prevede la competenza cautelare del giudice per le indagini preliminari senza che ricorrano presupposti di urgenza o circostanze eccezionali per un siffatto intervento che sottrae la cognizione coercitiva al Giudice procedente che e' quello del dibattimento. La norma potrebbe essere dichiarata illegittima secondo il parametro costituzionale anche via consequenziale, laddove fosse scrutinata favorevolmente la quaestio legittimitatis relativa c.p.p.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 553 e 554 c.p.p. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e dichiara sospeso il giudizio cautelare in corso. Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e comunicata alle parti del processo. Tivoli, addi' 12 aprile 2016. Il Giudice: Cisterna