N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 2015

Ordinanza del 16 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Snai Spa contro  Presidenza  del
Consiglio dei ministri e altri. 
 
Gioco e scommesse - Riduzione delle  risorse  statali,  a  titolo  di
  compenso, dei  concessionari  e  dei  soggetti  che  operano  nella
  gestione e raccolta del gioco  praticato  mediante  apparecchi  VLT
  (Video Lottery Terminal). 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2015)"), art. 1, comma 649. 
(GU n.36 del 7-9-2016 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                          (Sezione seconda) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 2277 del 2015, proposto dalla societa' Snai Spa, in
persona del suo legale rappresentante pro  tempore,  rappresentato  e
difeso dall'avvocato Fabio Lorenzoni, con il quale  e'  elettivamente
domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; 
    Contro la Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  il  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  e  l'Agenzia  delle  dogane  e  dei
monopoli,  in  persona  dei  rispettivi  legali  rappresentanti   pro
tempore, per legge rappresentati e  difesi  dall'Avvocatura  generale
dello  Stato,  con  la  quale  sono  domiciliati  in  Roma,  via  dei
Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti di societa' Codere Network  Spa  e  Giog  Srl,  non
costituite in giudizio; e con l'intervento di ad opponendum: 
        Codacons  -  Coordinamento  di  Associazioni  per  la  tutela
dell'ambiente e dei diritti  dei  consumatori,  in  persona  del  suo
legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentato  e  difeso  dagli
avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio eletto in  Roma,
viale G.  Mazzini  n.  73,  presso  l'Ufficio  legale  nazionale  del
Codacons; 
    Per l'annullamento del decreto direttoriale  prot.  4076  del  15
gennaio 2015, con il quale l'Agenzia delle dogane e dei  monopoli  ha
stabilito che la  societa'  ricorrente,  quale  concessionaria  della
gestione del gioco lecito mediante apparecchi da intrattenimento  con
vincita in denaro, in attuazione delle previsioni dell'art. 1,  comma
649,  della  legge  n.  190/2014  debba  versare,  per  l'anno  2015,
l'importo di € 37.792.340,12, suddiviso in due rate (il 40% entro  il
30 aprile 2015 ed il 60% entro il 31 ottobre 2015), nonche'  di  ogni
altro  a  esso  presupposto,  connesso  e/o  consequenziale;   previa
disapplicazione per contrasto con  il  diritto  dell'Unione  europea,
ovvero   previo    accertamento    incidentale    dell'illegittimita'
costituzionale, delle disposizioni di  cui  all'art.  1,  comma  649,
della legge n. 190/2014,  nella  parte  in  cui:  A)  introducono  un
indebito  prelievo  forzoso   destinato   ad   incidere   in   misura
sproporzionata e in maniera irrazionale sulla societa' ricorrente; B)
imputano  esclusivamente  a  ciascun   concessionario   sia   l'onere
economico di provvedere al suddetto versamento, sia il connesso onere
della traslazione del prelievo sugli altri operatori  della  filiera,
sia l'onere di rinegoziare con i soggetti incaricati  della  raccolta
delle giocate  le  modalita'  di  conferimento  dei  relativi  flussi
finanziari; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle  Amministrazioni
intimate e del Codacons; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  21  ottobre  2015  il
dott.  Carlo  Polidori  e  uditi  per  le  parti  i  difensori   come
specificato nel verbale; 
    1. In punto di fatto la societa' ricorrente  -  uno  dei  tredici
concessionari del servizio pubblico di attivazione e conduzione della
rete per  la  gestione  telematica  del  gioco  lecito  mediante  gli
apparecchi da intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS
(di seguito denominati «concessionari») - riferisce quanto segue:  A)
venuta a scadenza la  concessione  sottoscritta  nel  2004,  essa  ha
partecipato, con esito favorevole, ad una nuova procedura selettiva e
in data 31 marzo 2013 ha sottoscritto una nuova convenzione di durata
novennale;  B)  nel   frattempo   essa   ha   acquistato   e   pagato
anticipatamente i diritti di installazione delle c.d.  Videolotteries
(di seguito denominate «VLT»), pagandoli € 15.000,00 cadauno, con  un
esborso   complessivo   di   €   75.700.000,00;    C)    l'equilibrio
sinallagmatico del rapporto concessorio -  gia'  inciso  dalla  nuova
convenzione,  peggiorativa  rispetto  alla  precedente  -  e'   stato
ulteriormente pregiudicato da altri fattori, come l'incremento  della
tassazione dei  flussi  di  gioco  ed  il  proliferare  di  normative
regionali e comunali in  materia  di  orari  di  funzionamento  e  di
localizzazione  degli  apparecchi  da  intrattenimento,   che   hanno
determinato  significative  limitazioni  all'offerta  di  gioco;   D)
nonostante quanto precede,  il  legislatore  e'  intervenuto  con  la
disposizione  dell'art.  1,  comma  649,  della  legge  n.   190/2014
imponendo un nuovo prelievo, che incide sui  rapporti  in  essere  al
punto di «elidere  ogni  ragionevole  margine  di  redditivita'»  dei
concessionari; E) difatti  secondo  tale  disposizione:  «A  fini  di
concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza  pubblica  e  in
anticipazione del piu' organico riordino della misura  degli  aggi  e
dei compensi spettanti ai concessionari e  agli  altri  operatori  di
filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto  dello
Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g),  della  legge
11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni  di  euro  su  base
annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali
a disposizione,  a  titolo  di  compenso,  dei  concessionari  e  dei
soggetti  che,  secondo  le  rispettive  competenze,  operano   nella
gestione e raccolta del gioco praticato mediante  apparecchi  di  cui
all' art. 110, comma 6, del testo unico di cui al  regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1°  gennaio  2015:  a)  ai
concessionari  e'  versato  dagli  operatori  di   filiera   l'intero
ammontare della raccolta del  gioco  praticato  mediante  i  predetti
apparecchi, al netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano
all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli  operatori
di  filiera  che  non  effettuano  tale  versamento,  anche  ai  fini
dell'eventuale   successiva   denuncia   all'autorita'    giudiziaria
competente;  b)  i  concessionari,  nell'esercizio   delle   funzioni
pubbliche loro attribuite, in aggiunta a quanto  versato  allo  Stato
ordinariamente,  a  titolo  di  imposte  ed  altri  oneri  dovuti   a
legislazione vigente e sulla base delle convenzioni  di  concessione,
versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i
mesi di  aprile  e  di  ottobre  di  ogni  anno,  ciascuno  in  quota
proporzionale al numero di apparecchi ad essi  riferibili  alla  data
del 31 dicembre 2014. Con provvedimento  del  direttore  dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli,  adottato  entro  il  15  gennaio  2015,
previa ricognizione, sono stabiliti il numero degli apparecchi di cui
all' art. 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico  di  cui  al
regio  decreto  18  giugno  1931,  n.  773,  riferibili   a   ciascun
concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento.
Con analogo provvedimento si provvede, a  decorrere  dall'anno  2016,
previa  periodica  ricognizione,  all'eventuale   modificazione   del
predetto numero di apparecchi;  c)  i  concessionari,  nell'esercizio
delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri
operatori di  filiera  le  somme  residue,  disponibili  per  aggi  e
compensi, rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e
compensi dovuti esclusivamente  a  fronte  della  sottoscrizione  dei
contratti rinegoziati»;  F)  in  applicazione  di  tale  disposizione
l'Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito  denominata  «ADM»)
con l'impugnato decreto direttoriale ha operato la  ripartizione  del
prelievo tra  i  tredici  concessionari,  imponendo  alla  ricorrente
medesima di versare, solo per l'anno 2015, l'esorbitante importo di €
37.792.340,12. 
    2. Quindi la societa' ricorrente - premesso che l'art.  1,  comma
649, della legge n. 190/2014 deve essere qualificato come una vera  e
propria legge provvedimento - deduce innanzi tutto censure incentrate
sull'illegittimita'  derivata  dell'impugnato  decreto  per   effetto
dell'incostituzionalita' e  dell'incompatibilita'  con  l'ordinamento
dell'Unione europea del prelievo introdotto con tale articolo. 
    3.  La  prima  questione  -  incentrata  sulla  violazione  degli
articoli 41, 42, 53, 97 e 117 Cost., nonche' della  direttiva  UE  n.
23/14 - mira a dimostrare che il prelievo, da  qualificare  come  una
vera  e  propria  prestazione  patrimoniale  imposta,  non  e'  stato
quantificato  in  proporzione  agli  introiti  dei  concessionari   e
stravolge la causa tipica del rapporto concessorio. 
    Innanzi  tutto  la   peculiarita'   dell'intervento   legislativo
consisterebbe nel fatto che viene qualificato come una «riduzione ...
delle risorse  statali  a  disposizione  a  titolo  di  compenso»  un
prelievo forzoso (di importo complessivo pari a 500 milioni  di  euro
annui)  svincolato  da  ogni  riferimento  allo  schema  proprio  del
compenso, da intendersi come corrispettivo spettante ai concessionari
per il servizio gestito in regime di concessione, perche' il prelievo
stesso viene  operato  indipendentemente  dal  volume  delle  giocate
realizzato dai concessionari. Quindi la ricorrente deduce che non  si
conoscono altri casi di prestazioni patrimoniali  imposte  (anche  di
natura fiscale) che fissino l'entita' del  prelievo  ancor  prima  di
determinare la relativa base imponibile,  stabilendone  l'importo  in
valore assoluto piuttosto che come una quota percentuale calcolata in
proporzione alla base imponibile. 
    Inoltre  l'espediente  di  qualificare  il  prelievo   come   una
riduzione dei compensi  dei  concessionari  servirebbe  a  mascherare
un'indebita interferenza sul rapporto concessorio. Infatti -  sebbene
i   compensi   del   concessionario   siano   legati   ai   risultati
dell'attivita' esercitata e, quindi, il sinallagma tra  gli  obblighi
del concessionario ed  i  compensi  ad  esso  spettanti  (di  seguito
denominato «sinallagma  concessorio»)  costituisca  la  causa  tipica
della convenzione di concessione -  il  legislatore  ha  ritenuto  di
poter  intervenire  ab  externo  sui  compensi  spettanti  all'intera
filiera del gioco (costituita dai concessionari, dai gestori e  dagli
esercenti), ma senza considerare che in tal modo «stravolge  il  dato
essenziale  dello  schema  concessorio:  ossia  la  variabilita'  del
compenso  del  concessionario,  legato  al   corrispondente   rischio
imprenditoriale assunto con la  gestione  dell'attivita'  delegatagli
col diritto di fare propria la parte degli utili che a  lui  spetta».
In altri termini la disposizione in esame, sottraendo annualmente una
quota fissa dei compensi spettanti ai  concessionari  (e  agli  altri
operatori della filiera) in maniera del tutto  avulsa  dall'andamento
della gestione, produrrebbe  il  duplice  effetto  di  ridefinire  in
maniera  autoritativa,  peraltro  a  distanza  si   soli   due   anni
dall'affidamento   delle   concessioni,    la    remunerazione    dei
concessionari (e degli altri operatori della filiera) e  di  alterare
in radice il sinallagma concessorio. 
    Risulterebbe  allora  evidente,   secondo   la   ricorrente,   il
contrasto: A) sia con il principio di  tendenziale  stabilita'  della
disciplina dei rapporti concessori, consacrato anche nella  direttiva
UE n. 23/14; B) sia con i principi  della  necessaria  sostenibilita'
della  gestione  concessoria  e  di   prevedibilita'   dei   relativi
presupposti di esercizio, in base ai quali gli operatori  interessati
hanno deciso di vincolarsi alle condizioni previste dalla convenzione
di concessione (cfr. il 52° considerando direttiva UE n.  23/14);  C)
sia con gli articoli 41  e  42  Cost.,  perche'  viene  sottratta  ai
concessionari una parte dei compensi ad  essi  spettanti  (in  quanto
pattuiti  con  la  convenzione  di  concessione),  sproporzionata   e
comunque  suscettibile  di  ridurre  la  gestione  del  servizio   in
un'attivita' strutturalmente in perdita. 
    4.  La  seconda  questione  -  incentrata  sulla  violazione  del
principio del legittimo affidamento, dell'art.  1  del  protocollo  1
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali e degli articoli 3,  41,  42,  97  e  117
Cost. - mira a dimostrare che la  riduzione  dei  compensi  spettanti
agli operatori  della  filiera  lede  il  legittimo  affidamento  dei
concessionari  sulla  stabilita'  della   disciplina   del   rapporto
concessorio. 
    La ricorrente dopo aver ribadito  che  molteplici  fattori  hanno
determinato, sin dal 2010, una progressiva flessione dei suoi margini
di redditivita' - fattori quali il consistente investimento sostenuto
per opzionare i diritti  d'installazione  delle  VLT,  gli  ulteriori
oneri economici e  organizzativi  legati  alla  stipula  della  nuova
concessione  del  2013  (che  prevede  maggiori  canoni  e   garanzie
fideiussorie, versamenti figurativi  per  ciascuna  AWP,  livelli  di
servizio di maggiore complessita' tecnologica), l'inasprimento  della
leva fiscale (dovuto alla  riconfigurazione  della  progressione  del
PREU  e  all'addizionale  sulle  vincite)  ed  il   mutamento   delle
condizioni di distribuzione territoriale (limiti orari e di distanza)
- sostiene che a fronte di tale situazione era ragionevole attendersi
interventi  legislativi   tesi   al   riequilibrio   del   sinallagma
concessorio. Del resto la legge n. 220/2010  all'art.  1,  comma  77,
aveva previsto che si  dovesse  «assicurare  un  corretto  equilibrio
degli interessi pubblici e privati nell'ambito dell'organizzazione  e
della  gestione  dei  giochi  pubblici»,  dettando  nuove  norme  per
«l'aggiornamento dello  schema-tipo  di  convenzione  accessiva  alle
concessioni per l'esercizio e la  raccolta  non  a  distanza,  ovvero
comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici». 
    Invece il legislatore avrebbe introdotto una misura che va  nella
direzione opposta, perche' il prelievo annuale di 500 milioni di euro
erode i margini di  redditivita'  dell'attivita'  svolta  dall'intera
filiera del gioco mediante apparecchi da intrattenimento con  vincita
in denaro. Pertanto il prelievo contrasterebbe con  il  principio  di
tutela   dell'affidamento   e   con   i   principi   di   stabilita',
prevedibilita', e proporzionalita' che devono conformare  l'incisione
delle  situazioni  soggettive  private  coinvolte  dalla  regolazione
pubblica. Del resto le considerazioni che precedono  sarebbero  state
recepite anche dal Consiglio di Stato  che  -  in  relazione  ad  una
vicenda per certi aspetti analoga a  quella  in  esame,  nella  quale
erano state unilateralmente  imposte  ex  lege  molteplici  rilevanti
modifiche  del  rapporto  concessorio  -  ha   rimesso   alla   Corte
costituzionale varie disposizioni contenute nella legge n.  220/2010,
rilevandone il  contrasto  con  gli  articoli  3  e  41  Cost.  (cfr.
ordinanza 23 settembre 2013, n. 4681). 
    5. La terza questione  -  incentrata  sulla  violazione  e  falsa
applicazione  degli  articoli  da  101  a  106   del   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea e degli articoli 3, 53 e 97  Cost.,
nonche'   sull'eccesso   di   potere   legislativo   per    manifesta
irragionevolezza - mira a denunciare le  distorsioni  conseguenti  al
fatto  che  la  riduzione  dei  compensi  viene  operata   in   quota
proporzionale  al  numero  di   apparecchi   riferibili   a   ciascun
concessionario alla data del 31 dicembre 2014. 
    La ricorrente - premesso che l'art.  14,  comma  2,  lettera  g),
della legge n. 23/2014 (espressamente richiamato dell'art.  1,  comma
649, della legge n. 190/2014) prevedeva che la revisione degli aggi e
compensi spettanti ai concessionari  e  agli  altri  operatori  della
filiera avrebbe dovuto seguire «un criterio di progressivita'  legata
ai volumi di raccolta delle giocate»  -  deduce  che  il  legislatore
avrebbe arbitrariamente ed irragionevolmente sostituito tale criterio
con quello che  fa  leva  esclusivamente  sul  numero  di  apparecchi
«riferibili» a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014.
Infatti il numero degli apparecchi riferibili ad ogni  concessionario
- gia' di per  se'  variabile  in  corso  d'anno  in  funzione  delle
politiche commerciali attuate - viene rilevato e  fotografato  in  un
solo momento dell'anno, con  il  risultato  finale  di  applicare  un
prelievo    sostanzialmente    retroattivo,    perche'     agganciato
all'attivita' svolta nell'anno precedente. 
    6. La  quarta  questione  -  incentrata  sulla  violazione  degli
articoli 3, 41 e 97 Cost. e sull'eccesso di  potere  legislativo  per
irragionevolezza  e  difetto   di   proporzionalita'   nell'incisione
sull'autonomia  negoziale  -  mira  a   denunciare   le   distorsioni
determinate  dalla  nuova  disciplina  della  gestione   dei   flussi
finanziari generati dalla raccolta delle giocate. 
    La ricorrente - premesso che l'art. 1, comma 649, della legge  n.
190/2014  impone  radicali  modifiche  alla   gestione   dei   flussi
finanziari generati dalla raccolta delle giocate, perche'  impone  ai
concessionari di raccogliere l'intero montante delle giocate al netto
delle vincite senza poter operare la compensazione  contabile  con  i
corrispettivi  contrattuali  riconosciuti  a  gestori  ed  esercenti,
nonche' il successivo gravoso onere di riversare  tali  corrispettivi
agli altri operatori della filiera  -  lamenta  che  tale  disciplina
comporta la necessita' di effettuare migliaia di rimesse bancarie per
ciascun periodo contabile e, quindi, si traduce in una  irragionevole
limitazione  dell'autonomia  negoziale   dei   concessionari,   cosi'
rivelando una  superficiale  conoscenza  dell'effettivo  assetto  dei
rapporti  tra  i  diversi  operatori  della  filiera  e  determinando
ulteriori distorsioni che vanno  ad  incidere  su  assetti  negoziali
consolidati.  In  particolare  non  sarebbe  possibile   pensare   di
«rovesciare autoritativamente i rapporti di forza tra concessionari e
gestori, i quali ultimi, come gia' avvenuto  all'indomani  del  nuovo
corso del settore nel 2004, continueranno  a  conservare  un  proprio
ruolo sia quali proprietari delle macchine, sia quali titolari  delle
relazioni commerciali con gli esercenti». 
    Inoltre   sarebbe    irragionevole    imporre    una    immediata
«rinegoziazione» dei contratti stipulati dai  concessionari  con  gli
altri operatori della filiera. In particolare, secondo la ricorrente,
«non basta dire che si tratta di rapporti  di  diritto  privato,  per
celare il duplice effetto autoritativo di cessazione dei contratti in
essere e nuovo obbligo  di  contrarre,  con  evidente  contrasto  con
l'art.  41  della  Costituzione  e  del  principio  di   residualita'
dell'intervento pubblico sugli assetti negoziali privati, tanto  piu'
se non giustificato da intellegibili esigenze  di  tutela  di  valori
costituzionali primari (ordine pubblico, salute)». 
    7. Anche la quinta questione - incentrata sulla violazione  degli
articoli 3 e 97  Cost.  e  sull'eccesso  di  potere  legislativo  per
irragionevolezza e difetto di proporzionalita' - mira a denunciare le
distorsioni conseguenti al fatto che la riduzione dei compensi  viene
operata in quota proporzionale al numero di apparecchi  riferibili  a
ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014. 
    8.  Direttamente  avverso  l'impugnato  decreto  direttoriale  la
societa' ricorrente deduce poi tre motivi,  il  primo  dei  quali  e'
incentrato sulla violazione  dell'art.  1,  comma  649,  della  legge
190/2014 e dell'art. 3  della  convenzione  di  concessione,  nonche'
sull'eccesso di potere per travisamento dei presupposti e difetto  di
motivazione. 
    Le   disposizioni   dell'impugnato   decreto   direttoriale    si
risolverebbero in una radicale modifica della disciplina del rapporto
concessorio,  attuata  in  palese  violazione   dell'art.   3   della
convenzione di concessione. Infatti - premesso che, secondo il  primo
comma di tale articolo «AAMS puo' richiedere al  Concessionario,  che
si impegna sin d'ora ad  accettare,  di  apportare,  nel  periodo  di
validita'  della  concessione,  variazioni  alle  attivita'  indicate
nell'atto  di  convenzione  e  nel  capitolato  tecnico  e   relativi
allegati, che si rendano  necessarie  qualora  ricorrano  eventi  non
prevedibili che  determinano  sostanziali  cambiamenti  di  contesto,
anche a seguito di eventuali modifiche normative o  di  provvedimenti
di AAMS relativi alla gestione del gioco lecito attraverso apparecchi
da divertimento ed intrattenimento» - sarebbe da escludere  che  tali
variazioni possano  essere  attuate  senza  l'intermediazione  di  un
apposito atto convenzionale integrativo, perche' il quarto comma  del
medesimo  art.  3  dispone  che   «Le   integrazioni   dell'atto   di
convenzione, di cui ai commi 1, 2 e 3, sono recepite  e  formalizzate
in  apposito  atto  aggiuntivo   che,   sottoscritto   dalle   parti,
costituisce ulteriore elemento integrante dell'atto di  convenzione».
Del resto nel caso in esame la necessita' di un'apposita integrazione
della  convenzione  discenderebbe  dal  fatto   che   la   disciplina
sopravvenuta non e' autoapplicativa,  perche'  incide  su  molteplici
aspetti del sinallagma concessorio.  Pertanto  l'ADM  avrebbe  dovuto
predisporre  un   apposito   atto   integrativo   alla   convenzione,
trasmetterlo al Consiglio di Stato per  l'emanazione  del  prescritto
parere e, una volta ottenuto tale parere, invitare i concessionari  a
sottoscrivere tale atto integrativo. 
    9. Il secondo motivo  e'  incentrato  sulla  violazione  e  falsa
applicazione dell'art. 1, comma 649, della legge  n.  190/2014  sotto
altro profilo, nonche' sull'eccesso di potere  per  travisamento  dei
presupposti di  diritto,  manifesta  irragionevolezza  e  difetto  di
proporzionalita'. 
    La ricorrente - premesso che dall'art. 1, comma 649, della  legge
n. 190/2014 si desume  chiaramente  che  la  riduzione  dei  compensi
riguarda l'intera filiera degli operatori del settore (concessionari,
gestori ed esercenti) - si duole del fatto  che  l'impugnato  decreto
ponga l'obbligo del versamento dei 500 milioni  di  euro  soltanto  a
carico dei concessionari. L'Amministrazione avrebbe invece dovuto: A)
procedere all'integrazione della disciplina convenzionale, secondo il
meccanismo  innanzi  indicato;  B)  regolamentare  le  modalita'   di
gestione dei flussi finanziari generati dalla raccolta delle giocate,
perche' la norma sopravvenuta impone  a  tutti  gli  operatori  della
filiera di versare ai concessionari l'intero ammontare della raccolta
delle giocate al netto delle vincite pagate e al lordo  dei  compensi
che  si  ipotizzano  ad  essi  spettanti   solo   a   seguito   della
rinegoziazione  dei  relativi  rapporti  contrattuali;  C)  prevedere
meccanismi   sanzionatori   o   comunque   tali   da   disincentivare
inadempimenti,  da  parte  degli  altri  operatori   della   filiera,
all'obbligo di riversamento dei predetti flussi finanziari. 
    Sotto tale profilo  si  coglierebbe,  quindi,  un  altro  effetto
distorsivo dell'avversato decreto direttoriale. Infatti, in  mancanza
di qualsiasi riferimento agli altri  operatori  di  filiera,  costoro
sarebbero indotti a ritenere che l'obbligo  del  versamento  dei  500
milioni  di  euro  riguardi  soltanto  i   concessionari,   i   quali
resterebbero  cosi'  esposti  al   rischio   del   mancato   rispetto
dell'obbligo di riversamento dei predetti flussi finanziari da  parte
degli altri operatori della filiera e, di conseguenza, al rischio  di
dover  anticipare  le  somme  dovute  all'Erario,  salvo   successivo
recupero  in  sede  giudiziaria  di  tali  somme,  ma  con  esiti   e
tempistiche incerti e insostenibili. 
    10. Il  terzo  motivo  -  incentrato  sulla  violazione  e  falsa
applicazione dell'art. 1, comma 649, della legge  n.  190/2014  sotto
altro profilo, nonche' sull'eccesso di potere  per  travisamento  dei
presupposti  in  fatto  e  diritto  -   riguarda   il   criterio   di
individuazione degli apparecchi riferibili ai singoli concessionari. 
    La ricorrente - per il caso in cui si ritenesse che  il  criterio
di ripartizione del prelievo tra i diversi  concessionari  «in  quota
proporzionale al numero di apparecchi ad essi  riferibili  alla  data
del 31 dicembre 2014» non sia stato  cristallizzato  dalla  norma  di
legge -  si  duole  del  fatto  che  in  base  all'impugnato  decreto
direttoriale la ricognizione degli apparecchi  riferibili  a  ciascun
concessionario  sia  stata  effettuata  tenendo   conto,   «per   gli
apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettera a), del  numero  dei
nulla osta che contraddistinguono tutti gli apparecchi in servizio  e
analogamente, per quelli di cui  alla  lettera  b),  del  numero  dei
codici identificativi che individuano tutti i terminali in  grado  di
esercitare la raccolta del gioco», ossia tenendo conto soltanto delle
risultanze dalle banche dati dell'ADM alla data del 31 dicembre 2014.
Infatti, in caso di dismissione di  apparecchi  nel  corso  dell'anno
2015, il singolo concessionario sarebbe comunque  vincolato  al  dato
relativo all'anno precedente, come se gli apparecchi  ceduti  fossero
in esercizio e producessero reddito, cosi'  determinando  l'efficacia
retroattiva del prelievo. Inoltre la scelta operata dall'ADM  sarebbe
suscettibile di ingenerare comportamenti opportunistici ed elusivi da
parte di concessionari e gestori, i quali sarebbero indotti a ridurre
la propria esposizione debitoria, in danno degli altri operatori  del
settore, dismettendo quote significative dei propri apparecchi  pochi
giorni prima della data di riferimento, salvo riattivarli nei  giorni
successivi. In altri termini un corretto sistema di calcolo  dovrebbe
ancorare la riferibilita' degli apparecchi ai  singoli  concessionari
ai periodi di effettivo utilizzo degli apparecchi stessi. 
    11.  In  ragione  di   tutto   quanto   precede   la   ricorrente
conclusivamente   chiede   l'annullamento   dell'impugnato    decreto
direttoriale, previa disapplicazione dell'art. 1, comma 649, legge n.
190/2014 per contrasto con le norme ed i principi del diritto europeo
innanzi illustrati; ovvero (se del caso) previo rinvio  pregiudiziale
alla  CGUE,  ai  sensi  dell'art.  267  Trattato  sul   funzionamento
dell'Unione europea, delle seguenti questioni interpretative: A)  «se
osti ai principi in materia di aiuti di Stato ai sensi degli art. 106
e 107 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,  una  normativa
quale quella contenuta all'art.  1,  comma  649,  legge  190/14,  che
imponga solo ad un numero determinato e ad una tipologia di operatori
di gioco una riduzione dei propri compensi,  omettendo  di  prevedere
analoga  riduzione  nei  confronti  di  altri  operatori   di   gioco
concorrenti  che  operano  nel  medesimo   settore   commerciale   in
competizione con la ricorrente»; B) «se osti ai principi  in  materia
di libera concorrenza enunciati agli art. 101-102 e 106 del  Trattato
sul funzionamento dell'Unione  europea  una  normativa  quale  quella
contenuta all'art 1, comma 649, delle legge 190/14, che in violazione
dei principi di libera concorrenza riduca aggi e  compensi  solo  nei
confronti di una limitata e specifica categoria di  operatori  (nella
specie 13 imprese esattamente individuate) e  non  nei  confronti  di
tutti gli operatori del settore del  gioco»;  ovvero,  in  subordine,
previa remissione alla Corte costituzionale di apposita questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649,  della  legge  n.
190/2014, per contrasto con gli articoli 3, 23, 41, 42, 53, 97 e  117
Cost.. 
    12. La Difesa erariale si e' costituita in giudizio  in  data  25
febbraio 2015 e con memoria depositata in data 13 marzo 2015 -  oltre
ad eccepire la carenza di legittimazione passiva della Presidenza del
Consiglio dei ministri e del Ministero dell'Economia e delle  Finanze
- ha chiesto il chiesto il rigetto  del  ricorso.  Innanzi  tutto  la
Difesa erariale evidenzia quanto segue: A) le risorse pubbliche  alle
quali lo Stato rinuncia per remunerare gli  operatori  della  filiera
ammontano a circa 4 miliardi di euro annui; B) la previsione relativa
alla rinegoziazione dei contratti si e'  resa  necessaria  perche'  i
rapporti tra gli operatori della filiera sono regolati  da  contratti
di diritto privato e la riduzione dei compensi incide anche  su  tali
contratti;  C)  tale  rinegoziazione  non   implica   necessariamente
adempimenti  formali  perche',  se  gli   operatori   della   filiera
«continuassero a fare, sulla  base  di  tali  contratti,  esattamente
quello  che  hanno  sempre  fatto,  solo   pero'   con   una   minore
remunerazione,  i  contratti  in  discorso  potrebbero   considerarsi
rinegoziati semplicemente per fatti concludenti»; D) la riduzione dei
compensi non  grava  soltanto  sui  concessionari  perche'  «si  deve
equilibratamente distribuire tra tutte  e  tre  le  componenti  della
filiera (concessionari, gestori ed esercenti) se e  nella  misura  in
cui ciascuna di tali componenti - in base  ai  contratti  di  diritto
privato che corrono  tra  loro  -  si  sia  riservata  una  quota  di
corrispettivo»; E) qualora i gestori si mostrino riottosi ad  attuare
la  nuova  disciplina,  «allora  i  concessionari,   salvo   iniziare
direttamente azioni recuperatorie nei riguardi dei  loro  contraenti,
possono  limitarsi  a  disvelare  all'Amministrazione  l'elenco   dei
nominativi  dei  riottosi».  Quindi  la  Difesa  erariale   eccepisce
l'infondatezza delle  suesposte  censure  alla  luce  delle  seguenti
considerazioni: A) la disposizione  dell'art.  1,  comma  649,  della
legge 190/2014, al pari dell'impugnato decreto direttoriale,  non  ha
efficacia  retroattiva,  perche'  produce  i  suoi  effetti  solo   a
decorrere dal 1° gennaio 2015; B) l'intervento legislativo  non  puo'
dirsi inatteso, perche'  l'intenzione  di  intervenire  sui  compensi
degli  operatori  della  filiera  era  stata  gia'  manifestata   dal
legislatore con la disposizione dell'art. 14 della  legge  delega  n.
23/2014; C) le somme che i concessionari sono tenuti a riversare sono
pur sempre risorse erariali e, quindi, «lo Stato puo'  disporne  come
ritiene  piu'  opportuno»;  D)  ai  fini  della  ripartizione   della
riduzione dei compensi tra i tredici concessionari il legislatore  ha
individuato  un  criterio  proporzionale  legato   ad   un   elemento
oggettivo, qual e' il numero degli apparecchi,  essendo  evidente  la
«potenziale  correlazione»  tra  il  numero  degli  apparecchi  e  la
raccolta delle giocate, mentre non sarebbe stato possibile utilizzare
un diverso  criterio  basato  sulla  produttivita'  di  ogni  singolo
apparecchio; E) l'intervento legislativo non  determina  una  lesione
del legittimo affidamento  dei  concessionari  perche'  dai  dati  in
possesso  dell'ADM  e'  possibile  evincere  che  non  comporta  «uno
stravolgimento  essenziale,  ma   una   riduzione   percentuale   del
guadagno», fermo restando che  nessun  legittimo  affidamento  poteva
comunque  ingenerarsi  nei  concessionari  perche'  l'art.  3   della
convenzione prevede  la  stipula  di  atti  integrativi  laddove  sia
necessario  disciplinare  variazioni  delle  attivita'  affidate   in
concessione; F) la disposizione in esame non si  configura  come  una
legge provvedimento, perche' tale puo'  essere  qualificata  solo  la
norma che si rivolge a destinatari determinati, mentre il taglio  dei
compensi riguarda tutti gli operatori della filiera,  costituita  non
solo dai tredici concessionari, ma anche da migliaia  di  gestori  ed
esercenti»; G) l'intervento legislativo si giustifica sia in  ragione
della maggiore redditivita' del comparto delle VLT rispetto ad  altri
settori del gioco legale, come dimostrano sia il fatto che «nel 2013,
a fronte di una raccolta complessiva di circa 84,7 miliardi di  euro,
ben 47,8 di euro sono derivati dal  gioco  mediante  apparecchi;  nel
2014, a fronte di un totale di 84,5 miliardi di euro,  il  volume  di
gioco degli apparecchi e' stato pari a piu' di 47 miliardi di  euro»,
sia il fatto che «nel 2013 le somme per  compensi  della  filiera  di
gioco  mediante  apparecchi  da  divertimento   ed   intrattenimento,
compresi i concessionari,  sono  risultate  di  poco  inferiori  a  5
miliardi  di  euro,  attestandosi  attorno  al  10%  della   raccolta
realizzata dagli  apparecchi;  nel  2014  le  somme  restituite  alla
filiera si sono addirittura  incrementate,  attestandosi  a  circa  6
miliardi, pari al 12% della raccolta»; H) in  base  ai  dati  innanzi
esposti la riduzione dei compensi della filiera, quantificata in  500
milioni di euro, avrebbe una portata  equivalente  allo  1,06%  delle
giocate raccolte e all'8,3% dei compensi stessi e, quindi, nelle more
di  una  riforma  piu'  ampia  dell'intero   comparto,   l'intervento
legislativo «appare pienamente legittimo e pressoche' inevitabile nel
momento in cui  si  e'  reso  necessario  procedere  nell'ottica  del
migliore perseguimento degli obiettivi della  finanza  pubblica»;  I)
non e' censurabile il criterio di ripartizione  della  riduzione  dei
compensi sol perche' diverge da quello previsto dall'art.  14,  comma
2, lettera g), della legge delega n. 23/2014,  dovendosi  considerare
che, «laddove si ponga a confronto l'ammontare  delle  somme  giocate
raccolte dai concessionari nell'ultimo bimestre ... con la tabella di
cui all'art. 1 del decreto direttoriale  del  31  dicembre  2014,  si
notera' la tendenziale corrispondenza e  la  coerenza  di  tale  dato
della  raccolta  rispetto  al  numero  di  apparecchi  riferibili  al
concessionario»; L) l'intervento legislativo  non  determina  neppure
un'ingiustificata lesione della liberta' d'impresa e del  diritto  di
proprieta', perche' «trova la sua ratio nel perseguimento di  precise
finalita' pubbliche» e «si esplica su somme aventi  anch'esse  natura
pubblica»;  M)  non  sussistono  neppure  le  dedotte  violazioni  di
carattere  procedimentale  perche'  l'art.  3  della  convenzione  di
concessione, nel riferirsi alle «variazioni alle  attivita'  indicate
nell'atto  di  convenzione  e  nel  capitolato  tecnico  e   relativi
allegati», allude a situazioni diverse  da  quella  in  esame,  fermo
restando che non puo' escludersi l'operativita' del meccanismo  della
inserzione automatica di clausole, nella disciplina del rapporto, per
effetto di sopravvenute modifiche normative. 
    13. La societa' ricorrente con  memoria  depositata  in  data  17
marzo 2015 ha illustrato le suesposte censure. 
    14. Questa Sezione con l'ordinanza n. 1461 in data 2 aprile  2015
ha respinto la domanda cautelare proposta dalla  societa'  ricorrente
evidenziando in motivazione «che - nel contemperamento degli  opposti
interessi - le esigenze cautelari addotte dalla  societa'  ricorrente
non giustificano la concessione della richiesta misura  cautelare  in
quanto:  A)  l'importo  del  versamento  da  effettuare,   da   parte
dell'intera filiera del gioco legale, alla data del  30  aprile  2015
ammonta a 200 mln di euro; B)  non  appare  compiutamente  dimostrato
che, ottemperando tutti i soggetti della filiera  a  quanto  disposto
dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 e  dal  provvedimento
impugnato, sussista un  pregiudizio  irreparabile  nelle  more  della
decisione del merito del ricorso ...». 
    15. La societa' ricorrente con  memoria  depositata  in  data  29
maggio  2015  ha  insistito  per  l'accoglimento  del   ricorso.   In
particolare la ricorrente evidenzia che: A)  questa  Sezione  con  la
suddetta  pronuncia  cautelare  ha  riconosciuto  che  i  margini  di
sostenibilita' del prelievo potrebbero ritenersi  plausibili  solo  a
condizione che tutti gli operatori della filiera concorrano pro quota
a sostenere il prelievo  stesso;  B)  come  si  puo'  evincere  dalla
documentazione versata in atti, essa ha  provveduto  ad  eseguire  il
primo  versamento  limitandosi  a  riversare  esclusivamente   quanto
chiesto e ottenuto dai gestori e dagli esercenti facenti parte  della
propria  filiera,  senza  recedere  dalle  suesposte   censure   «che
fotografano criticita' applicative non  superate,  e  soprattutto  un
grave  pregiudizio  alla  propria  correntezza  aziendale  che  resta
intatto,   perche'   legato   alla    radicale    irrazionalita'    e
irragionevolezza del prelievo, destinata a proiettarsi lungo tutto il
successivo  sviluppo   del   rapporto   concessorio   e   a   minarne
concretamente   le   condizioni   di   sostenibilita'   economica   e
organizzativa»; C) la sentenza della Corte costituzionale n.  56  del
31 marzo 2015 (resa con  riferimento  alla  questione  sollevata  dal
Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 4681 del 2013) conferma - a ben
vedere - la fondatezza delle questioni  di  legittimita'  prospettate
con il  ricorso,  perche'  le  misure  legislative  scrutinate  dalla
Consulta (e ritenute immuni da censure) erano  di  tenore  totalmente
diverso dalla misura in esame, perche' avevano ad  oggetto  peculiari
obblighi di  trasparenza  degli  assetti  proprietari,  di  solidita'
patrimoniale e di affidabilita' soggettiva, mentre  la  decisione  di
rigetto e' stata esplicitamente motivata dalla Consulta  valorizzando
la circostanza che  si  trattava  di  misure  espressamente  ispirate
all'esigenza di «garantire  un  livello  di  tutela  dei  consumatori
particolarmente elevato e di padroneggiare i rischi connessi a questo
settore» e non  gia'  all'esigenza  di  acquisire  maggiori  introiti
(espressamente invocata nel primo periodo  dell'art.  1,  comma  649,
della legge  n.  190/2014);  D)  nella  predetta  sentenza  e'  stato
altresi'  ribadito  che  -  pur  potendo  il   legislatore   «emanare
disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i
beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se  l'oggetto
di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti»  -  tuttavia
e' necessario che «tali disposizioni non trasmodino in un regolamento
irrazionale,  frustrando,  con  riguardo  a  situazioni   sostanziali
fondate sulle leggi precedenti,  l'affidamento  dei  cittadini  nella
sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale  dello
Stato di diritto». 
    16. La Difesa erariale con memoria depositata in data  29  maggio
2015 ha insistito per la reiezione del ricorso. 
    17. Il Codacons e' intervenuto in giudizio con atto depositato in
data 29 maggio 2015, evidenziando la propria legittimazione ad agire. 
    18. La societa' ricorrente con  memoria  depositata  in  data  10
giugno  2015  ha  eccepito  l'inammissibilita'  dell'intervento   del
Codacons ed ha replicato  alle  affermazioni  delle  controparti.  In
particolare la ricorrente afferma che la Difesa erariale non affronta
affatto il tema dell'effettiva  incidenza  del  taglio  dei  compensi
sulla gestione concessoria che e' messa a  rischio  non  solo  e  non
tanto dalla «quota del margine di compenso  che  verrebbe  ad  essere
eroso in misura concretamente  stimabile  in  realta'  in  almeno  il
25-30% in termini lordi», ma anche dalla  «assoluta  irragionevolezza
del meccanismo applicativo  della  riduzione,  congegnata  in  misura
fissa  e  insensibile  alle  variazioni  della  raccolta»,  e   dalle
difficolta' operative  indotte  dalla  diversa  gestione  dei  flussi
finanziari derivanti dalla raccolta  delle  giocate,  legata  a  «una
collaborazione dei terzi incaricati della  raccolta,  che  anche  per
l'enorme onerosita' della misura e', tanto piu', ora mancata». 
    19. Il Codacons con memoria depositata in data 25 giugno 2015  ha
insistito per il rigetto del ricorso. 
    20. Questa Sezione con l'ordinanza istruttoria n. 2277 in data 20
luglio 2015 - considerato che la  Difesa  erariale  «sembra  misurare
l'incidenza  dell'intervento  legislativo  sui  ricavi  netti   delle
vendite e delle prestazioni dei soggetti  della  filiera,  vale  dire
sulla differenza tra le poste di gioco e le vincite  pagate,  nonche'
le imposte ed altri oneri dovuti allo Stato» - ha  posto  in  rilievo
l'esigenza di «individuare il livello  di  incidenza  dell'intervento
legislativo anche sugli altri margini di  redditivita'  dell'impresa»
ed ha conseguentemente richiesto alla ricorrente  di  «depositare  in
giudizio: A) copia del conto economico relativo  al  bilancio  al  31
dicembre 2013 e copia del conto economico relativo al bilancio al  31
dicembre 2014, ove approvato dall'Assemblea  ordinaria,  accompagnato
da una tabella riassuntiva, per ciascuno dei  due  anni,  del  valore
aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione  al  netto
del costo delle materie prime  consumate  e  del  costo  dei  servizi
esterni  e  di  altri  eventuali  costi  di  gestione),  del  margine
operativo lordo (intendendosi per tale il valore  aggiunto  al  netto
del costo del lavoro) e del  risultato  operativo  (intendendosi  per
tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti  e  degli
accantonamenti della gestione tipica); B) una tabella riassuntiva dei
compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013  e  2014  agli
altri operatori della propria filiera, con espressa indicazione circa
l'appostazione degli stessi nel conto economico  tra  i  costi  della
produzione e, in particolare, tra i costi  per  servizi  o  in  altra
voce», e all'Agenzia delle dogane e dei monopoli  di  «depositare  in
giudizio una dettagliata relazione, per quanto di propria conoscenza,
in  ordine  all'aggregazione   dei   suddetti   dati   richiesti   al
concessionario  ricorrente  per  l'intero  settore  dei   giochi   in
discorso, nonche' comprensiva di ogni ulteriore eventuale chiarimento
sull'incidenza   dell'intervento   legislativo   sui    margini    di
redditivita' delle imprese del settore». 
    21. La societa' ricorrente in data 7 settembre 2015  ha  prodotto
la documentazione richiesta con l'ordinanza istruttoria n. 2277/2015. 
    22. L'ADM in data 8  settembre  2015  ha  prodotto  la  relazione
richiesta da questo Tribunale, nella quale  viene  posto  in  rilievo
che: A) essa puo' fornire i chiarimenti richiesti solo  in  relazione
alle societa' concessionarie, con le quali  intrattiene  un  rapporto
diretto, mentre gli altri operatori della filiera  non  intrattengono
alcun rapporto con  l'Agenzia,  essendo  «rimessa  alla  liberta'  di
iniziativa  economica  privata  e  all'autonomia  contrattuale  delle
societa' concessionarie la scelta in ordine al se avvalersi o meno di
soggetti terzi nella gestione delle attivita' affidate in concessione
e, conseguentemente, in ordine, tra gli  altri,  alla  determinazione
dei compensi agli stessi spettanti»; B) sulla base  delle  risultanze
del  conto  giudiziale  presentato  dai  concessionari   sono   state
elaborate due tabelle, una per l'anno 2013 e una per l'anno 2014, ove
sono indicate,  per  ciascuno  dei  concessionari  (ivi  compresa  la
societa'  ricorrente),  l'ammontare  delle   somme   complessivamente
raccolte sulla  base  delle  giocate,  la  remunerazione  complessiva
dell'intera  filiera  di   ciascun   concessionario   e   l'incidenza
percentuale del prelievo  rispetto  a  tale  voce  di  remunerazione,
nonche' rispetto all'ammontare complessivo delle giocate raccolte; C)
l'impatto percentuale della riduzione  dei  compensi,  rispetto  alla
remunerazione complessiva della filiera  del  gioco  e  all'ammontare
complessivo delle giocate raccolte,  e'  in  linea  con  quanto  gia'
rappresentato  dalla  Difesa  erariale  nelle  sue  memorie;  D)   le
risultanze  del  conto  giudiziale   presentato   dai   concessionari
risultano  piu'  significative  dei  dati  esposti  nel  bilancio  di
esercizio di ciascun concessionario,  «la  cui  redazione  presuppone
diverse esigenze e criteri, per cui da esso e'  desumibile  piuttosto
la situazione  economica,  finanziaria  e  patrimoniale  di  ciascuna
societa' nel suo complesso, nonche' il risultato economico conseguito
dalla medesima, anche al di la'  di  quanto  strettamente  riferibile
alla gestione della concessione». 
    23. La societa' ricorrente con  memoria  depositata  in  data  18
settembre 2015 ha  ulteriormente  insistito  per  l'accoglimento  del
ricorso. In particolare la ricorrente  ribadisce  che  le  criticita'
applicative della disposizione in esame sono gia' state percepite  da
questo Tribunale, che nella sede cautelare ha posto in  rilievo  come
l'astratta sostenibilita' del prelievo (imposto in ultima istanza  ai
concessionari) non  possa  prescindere  dal  concorso  di  tutti  gli
operatori   della   filiera,   e   sono   ulteriormente    confermate
dall'esasperata  conflittualita'  degli  altri  operatori  della  sua
filiera che pretendono, anche nei giudizi pendenti innanzi  a  questo
Tribunale, di essere esentati dal  prelievo.  Inoltre  la  ricorrente
sostiene  che  gli  approfondimenti  istruttori  disposti  da  questo
Tribunale hanno contribuito a far emergere la  fondatezza  delle  sue
domande, perche' dai bilanci versati in atti si evince che: A)  dalla
singola business unit dedicata al settore delle VLT e  delle  AWP  la
societa' stessa ha ritratto un risultato  economico  netto  che,  nel
biennio 2013 - 2014, anche  depurato  da  oneri  straordinari  e  non
ricorrenti, riporta un  utile  (rispettivamente  poco  piu'  di  13,2
milioni di euro nel 2013 e poco piu' di 6,7 milioni di euro nel 2014)
di  gran  lunga  inferiore  rispetto  a   quanto   rappresentato   da
controparte; B) anche considerando il taglio derivante  dall'art.  1,
comma 649, della legge n. 190/2014 al  netto  della  quota  riservata
alla sua filiera, la gestione del  settore  delle  VLT  e  delle  AWP
presenterebbe nel 2015 un saldo netto negativo. Pertanto risulterebbe
confermata la denunciata insostenibilita' del  prelievo  perche':  A)
anche ammettendo l'integrale e tempestiva contribuzione  degli  altri
attori di filiera, la riduzione di compensi «conduce a  un  risultato
di gestione negativo, azzerando in toto l'economicita'  del  rapporto
concessorio»; B) mancando la  collaborazione  degli  altri  operatori
della filiera nel riversamento della quota parte di minor compenso di
rispettiva pertinenza,  la  societa'  «si  troverebbe  esposta  a  un
esborso tale da minare la propria correntezza aziendale».  Del  resto
le valutazioni espresse nella relazione dell'ADM depositata in data 8
settembre 2015, sulla base dei  dati  desunti  dalle  rendicontazioni
previste dalle norme  della  contabilita'  pubblica,  non  potrebbero
avere rilievo decisivo perche' «il reale parametro di scrutinio della
ragionevolezza e  sostenibilita'  economica  della  decurtazione  dei
compensi risieda nelle effettive risultanze  di  gestione  scaturenti
dall'esercizio della concessione». 
    24. Il Codacons con memoria depositata in data 30 settembre  2015
ha replicato all'eccezione di inammissibilita' del suo intervento  in
giudizio ed ha ulteriormente insistito per il rigetto del ricorso. 
    25.  La  societa'  ricorrente  in  data  30  settembre  2015   ha
presentato una nuova domanda cautelare e con  memoria  depositata  in
data 16 ottobre 2015 ha ribadito che la sua  posizione  e'  aggravata
dalla conflittualita' con parte degli operatori  della  sua  filiera,
che  hanno  instaurato  molteplici  giudizi,  sia  innanzi  a  questo
Tribunale,  sia  innanzi  al  Giudice   ordinario,   per   contestare
l'immediata cogenza, nei loro confronti, delle disposizioni dell'art.
1, comma 649, della legge n. 190/2014, ed hanno omesso  di  adempiere
gli obblighi derivanti da tale disposizione. 
    26. La Difesa erariale con memoria depositata in data 16  ottobre
2015 ha chiesto il rigetto della nuova  domanda  cautelare  ribadendo
che: A) l'ADM non dispone di strumenti coattivi nei  confronti  degli
operatori della filiera,  perche'  trattasi  di  soggetti  legati  ai
concessionari da contratti di diritto privato, mentre i concessionari
possono avviare le azioni recuperatorie nei confronti degli operatori
della filiera inadempienti,  perche'  le  disposizioni  dell'art.  1,
comma 649, della legge n. 190/2014 «costituiscono una fonte eteronoma
di regolamentazione dei rapporti giuridici vigenti e  dunque  trovano
applicazione   sia   nell'ambito   dei   rapporti   tra   agenzia   e
concessionari, che in quelli intercorrenti tra i concessionari e  gli
altri operatori della filiera, senza che sia necessaria a tal fine la
stipula di atti integrativi volti  a  recepirne  il  dettato  tra  le
parti»; B) in caso  di  rifiuto  a  rinegoziare  i  contratti  con  i
concessionari, gli operatori della filiera  sono  comunque  tenuti  a
versare l'intero ammontare della  raccolta  delle  giocate  al  netto
delle vincite pagate, sicche' in caso di mancato versamento  di  tali
somme  i  concessionari,  oltre  ad  avviare   le   suddette   azioni
recuperatorie, ben potrebbero procedere all'escussione delle garanzie
prestate  nei  loro   confronti   dagli   operatori   della   filiera
inadempienti e attivare nei confronti di costoro il blocco telematico
delle VLT. 
    27. Questa Sezione con l'ordinanza n. 4523  in  data  22  ottobre
2015  ha  respinto  la  nuova  domanda  cautelare   evidenziando   in
motivazione «che - nel contemperamento degli opposti interessi -  non
sussistono i presupposti per accogliere la  nuova  domanda  cautelare
presentata in data 30 settembre 2015, perche' la societa'  ricorrente
non ha  esaustivamente  dimostrato  che  la  riduzione  dei  compensi
prevista dall'art. 1, comma 649,  della  legge  n.  190/2014  avrebbe
un'incidenza sul suo equilibrio economico complessivo tale da mettere
a rischio la  sua  operativita'  nelle  more  della  definizione  del
presente giudizio». 
    28. Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2015 il ricorso e' stato
chiamato e trattenuto per la decisione. 
    29. Per una migliore comprensione delle questioni  oggetto  della
presente controversia, giova premettere una  sintetica  ricostruzione
del quadro normativo di riferimento. Secondo la normativa di settore,
l'ADM gestisce l'offerta  del  gioco  lecito  tramite  apparecchi  da
divertimento ed intrattenimento di cui all'art.  110,  comma  6,  del
TULPS attraverso la selezione, con procedure ad evidenza pubblica, di
soggetti che sottoscrivono una convenzione di concessione  di  durata
novennale. I concessionari - ai quali e' affidata la realizzazione  e
conduzione della rete telematica mediante la quale  e'  possibile  il
controllo continuo degli  apparecchi  di  gioco  -  attualmente  sono
tredici (la ricorrente e' uno di questi). 
    Gli apparecchi di cui trattasi sono di  due  tipi:  le  Amusement
With Prizes, dette anche AWP, e le Videolotteries, dette  anche  VLT.
Le AWP sono apparecchi che vengono installati  principalmente  presso
esercizi generalisti primari (come i bar e le rivendite di tabacchi),
denominati «esercenti», ed operano con una posta di 1 euro, a  fronte
di una possibile vincita di 100 euro.  Generalmente  tali  apparecchi
sono acquistati  e/o  noleggiati  da  operatori  terzi  -  denominati
«gestori»  -  che  si  occupano  anche  dell'installazione  e   della
manutenzione  presso  i  c.d.   esercenti,   titolari   di   esercizi
commerciali dotati di specifica autorizzazione ai sensi del TULPS,  a
loro  volta  convenzionati,  o  con  i  gestori  stessi,  o   con   i
concessionari. Invece nella filiera del  comparto  delle  VLT  e'  di
norma  assente  il  gestore,  perche'  gli  apparecchi  sono  forniti
direttamente dal concessionario, che  si  prende  carico  dell'intera
gestione operativa degli stessi. In questo caso la  posta  consentita
e' fino a 100 euro, mentre la  vincita  conseguibile  arriva  fino  a
5.000 euro, e cio' spiega perche' le VLT  possano  essere  installate
esclusivamente in apposite sale gioco, attrezzate con dei monitor che
costituiscono il terminale  video  del  gioco,  il  cui  software  (a
differenza delle AWS) e' collocato presso server ubicati a  distanza.
Mentre i rapporti tra lo Stato ed i concessionari  sono  regolati  da
apposite convenzioni di concessione, i  rapporti  tra  concessionari,
gestori ed esercenti sono  regolati  mediante  contratti  di  diritto
privato, che non  rispondono  a  modelli  tipo  redatti  o  approvati
dall'ADM. 
    In base alla  normativa  di  settore  il  compenso  spettante  ai
concessionari  viene  calcolato  in  via  residuale   (c.d.   importo
residuo), essendo pari agli importi raccolti dalle giocate,  dedotti:
A) le vincite pagate ai giocatori (che non possono  essere  inferiori
al 74% degli importi giocati per le AWP e dell'85% sulle VLT); B) gli
importi dovuti agli altri operatori della filiera (cioe' i gestori  e
gli esercenti); C)  gli  importi  dovuti  all'ADM  (principalmente  a
titolo di canone di concessione e di  deposito  cauzionale  in  quota
percentuale rispetto alla raccolta di gioco); D) gli  importi  dovuti
all'Erario (principalmente il PREU, di cui all'art. 39, comma 13, del
decreto-legge n. 269/2003, convertito  dalla  legge  n.  326/2003,  e
all'art. 1, comma 531, della legge 266 del 2005, attualmente pari  al
13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5% per gli  apparecchi
VLT).  Resta  fermo  che  la  remunerazione   dei   concessionari   e
dell'intera filiera che fa capo a ciascuno  di  essi  proviene  dalla
raccolta delle giocate ed e' a carico dello Stato, perche' il  denaro
diviene di proprieta' dello Stato nel momento  stesso  in  cui  viene
giocato, ossia non appena viene inserito nell'apparecchio. 
    Piu' di recente il legislatore e' intervenuto con l'art. 14 della
legge 11 marzo 2014, n. 23, delegando il Governo «ad attuare  ...  il
riordino delle disposizioni vigenti in materia  di  giochi  pubblici,
riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle  disposizioni
sui  giochi»  e  prevedendo,  tra  l'altro,  che  tale  riordino,  in
riferimento alla  «revisione  degli  aggi  e  compensi  spettanti  ai
concessionari  e  agli  altri  operatori»,  avrebbe   dovuto   essere
effettuato «secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di
raccolta delle giocate» (cfr.  art.  14,  comma  2,  lettera  g).  Il
legislatore e' pero' nuovamente intervenuto con l'art. 1, comma  649,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che - invece  di  rivedere  gli
aggi e i compensi dei concessionari  secondo  quanto  previsto  dalla
predetta legge delega n. 23/2014 - ha decurtato  di  500  milioni  di
euro su base annua, a  decorrere  dal  2015,  le  risorse  statali  a
disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei  soggetti
che, secondo le  rispettive  competenze,  operano  nella  gestione  e
raccolta del  gioco,  parametrando  tale  decurtazione,  per  ciascun
concessionario, al numero di apparecchi allo stesso  riferibili  alla
data del 31 dicembre 2014 e richiedendo  il  pagamento  in  due  rate
(entro 4 e 10 mesi dalla  data  di  pubblicazione  della  norma).  Il
meccanismo previsto dall'art. 1, comma 649, della legge  n.  190/2014
puo' essere ricostruito come segue: A) gli  operatori  della  filiera
sono tenuti a versare  ai  concessionari  «l'intero  ammontare  della
raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto
delle vincite pagate»; b) i  concessionari,  «in  aggiunta  a  quanto
versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri
dovuti a legislazione vigente  e  sulla  base  delle  convenzioni  di
concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni  di
euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno,  ciascuno  in
quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi  riferibili  alla
data del 31 dicembre 2014»; c)  i  concessionari  stessi,  dopo  aver
versato allo Stato le somme allo stesso  dovute  anche  a  titolo  di
decurtazione dei compensi, «ripartiscono con gli altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati»; D) alle scadenze  stabilite  di  aprile  ed  ottobre  i
concessionari, qualora non ricevano dagli operatori della filiera  il
denaro di  proprieta'  dello  Stato,  «comunicano  all'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non
effettuano tale versamento, anche ai fini  dell'eventuale  successiva
denuncia all'autorita' giudiziaria competente». 
    Da ultimo l'ADM  con  l'impugnato  decreto  direttoriale  del  15
gennaio 2015 ha determinato il  numero  di  apparecchi  riferibile  a
ciascuno dei tredici concessionari alla data del 31 dicembre 2014, ha
ripartito tra i concessionari stessi la riduzione dei compensi di 500
milioni di euro, determinando  l'importo  del  versamento  dovuto  da
ciascuno di essi, ed ha stabilito le modalita' di  effettuazione  del
versamento. 
    30. A fronte  di  tale  quadro  normativo  giova  preliminarmente
evidenziare che la suddetta riduzione dei compensi di 500 milioni  di
euro si configura come una modifica autoritativa della disciplina del
rapporto concessorio,  che  va  ad  incidere:  A)  direttamente,  sui
compensi spettanti non solo ai concessionari, ma anche  a  tutti  gli
altri operatori della filiera, e sulla gestione dei flussi finanziari
generati  dalla  raccolta  delle  giocate;  B)  indirettamente,   sui
rapporti negoziali tra ciascun concessionario e gli  altri  operatori
della propria filiera. 
    31. Poste tali premesse, il Collegio ritiene che sia rilevante  e
non manifestamente infondata, sotto diversi profili, la questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649,  della  legge  n.
190/2014. 
    32. La questione si  presenta  all'evidenza  rilevante,  ai  fini
della decisione  sulla  presente  controversia,  perche'  l'impugnato
decreto direttoriale e' stato adottato nell'esercizio  di  un  potere
del tutto vincolato e, in particolare,  nella  doverosa  applicazione
dell'art.  1,  comma  649,  della  legge  n.   190/2014,   che   reca
disposizioni sostanzialmente auto-applicative, sicche' la definizione
del presente  giudizio  discende  inevitabilmente  dalla  risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale. 
    33. Passando alla non manifesta infondatezza della questione,  la
ricorrente prospetta innanzi tutto una violazione del  principio  del
legittimo affidamento, desumibile dall'art. 3 Cost.. 
    34.  A  tal  riguardo  particolarmente  significativa  appare  la
sentenza della Corte costituzionale n. 92 del 22 maggio 2013  con  la
quale  e'  stato  giudicato  costituzionalmente  illegittimo  -   per
violazione del principio di ragionevolezza - l'art. 38, commi 2, 4, 6
e 10, del  decreto-legge  n.  269/2003,  convertito  dalla  legge  n.
326/2003, nella parte in cui determina effetti retroattivi  in  peius
sul regime dei compensi spettanti ai custodi di veicoli sottoposti  a
sequestro, fermo amministrativo e confisca. Infatti in tale  sentenza
si legge quanto segue: «E' noto  come  la  giurisprudenza  di  questa
Corte si sia piu' volte soffermata  sulla  legittimita'  delle  norme
retroattive, in  genere,  e  di  quelle  destinate  ad  incidere  sui
rapporti di durata, in specie; affermando, in sintesi, che  non  puo'
ritenersi  interdetto  al   legislatore   di   emanare   disposizioni
modificative in senso sfavorevole, anche se l'oggetto dei rapporti di
durata  sia  costituito  da  diritti  soggettivi  «perfetti»:   cio',
peraltro, alla condizione che tali disposizioni non trasmodino in  un
regolamento irragionevole,  frustrando,  con  riguardo  a  situazioni
sostanziali   fondate   su   disposizioni   di   leggi    precedenti,
l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da  intendersi
quale elemento  fondamentale  dello  Stato  di  diritto  (ex  multis,
sentenza n. 166 del 2012). Il profilo che  qui,  tuttavia,  viene  in
risalto e' rappresentato non soltanto da un «generico» affidamento in
un quadro normativo dal quale scaturiscano determinati diritti, ma da
quello «specifico» affidamento in un fascio di situazioni (giuridiche
ed economiche) iscritte in un rapporto  convenzionale  regolato  iure
privatorum tra pubblica amministrazione  e  titolari  di  aziende  di
deposito di vetture, secondo una  specifica  disciplina  in  ossequio
alla quale le parti (entrambe le parti) hanno raggiunto  l'accordo  e
assunto le rispettive  obbligazioni.  L'affidamento  appare  qui,  in
altri termini, rivolto non tanto alle astratte norme  regolative  del
rapporto, o alla relativa loro  «sicurezza»,  quanto,  piuttosto,  al
concreto contenuto dell'accordo e dei reciproci e  specifici  impegni
assunti dalle parti al momento della  stipula  della  convenzione  di
deposito: impegni sulla cui falsariga, come accade in ogni  ordinaria
dinamica contrattuale, si sono venuti a calibrare i rispettivi  oneri
di ordine anche economico, oltre che le  corrispondenti  aspettative.
E' del tutto evidente,  infatti,  che  altro  sono  la  natura  e  le
dimensioni, anche finanziarie, delle attivita' che  il  custode  deve
espletare per prelevare e custodire i veicoli assoggettati  a  misure
di fermo, sequestro o confisca (e rispetto alle  quali  ha  informato
dimensioni, investimenti e in genere l'organizzazione  della  propria
impresa); altro e' l'attivita' connessa all'automatico acquisto  (per
di piu', a prezzo unilateralmente  «imposto»)  dei  veicoli  ed  alla
relativa  rivendita  o  rottamazione.  Piu'  che  sul  piano  di  una
«astratta» ragionevolezza della  volonta'  normativa,  deve,  dunque,
ragionarsi,  ai  fini  dell'odierno  sindacato,  sul  terreno   della
ragionevolezza «complessiva» della «trasformazione» alla  quale  sono
stati assoggettati i rapporti  negoziali  di  cui  alla  disposizione
intertemporale denunciata. Ed appare ovvio  che  tale  ragionevolezza
«complessiva» dovra', a sua volta, essere apprezzata nel quadro di un
altrettanto ragionevole contemperamento degli interessi  -  tutti  di
rango  costituzionale,  comunque  ancorabili  al  parametro  di   cui
all'art. 3 Cost. - che risultano nella specie coinvolti:  ad  evitare
che una generalizzata esigenza di contenimento della finanza pubblica
possa  risultare,  sempre  e  comunque,  e  quasi  pregiudizialmente,
legittimata a determinare la compromissione di diritti maturati o  la
lesione di consolidate sfere di interessi, sia individuali, sia anche
collettivi». 
    35. Inoltre non e' contestabile  il  potere  del  legislatore  di
modificare unilateralmente e  in  peius  la  disciplina  relativa  al
rapporto  con  i  concessionari  del  settore  dei  giochi  pubblici,
operando scelte discrezionali rispettose dei principi  costituzionali
e comunitari, perche' tale potere e'  stato  recentemente  confermato
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 56 del  2015.  Infatti,
proprio con riferimento al settore dei giochi pubblici,  la  Consulta
ha affermato quanto  segue:  «il  valore  del  legittimo  affidamento
riposto nella sicurezza giuridica trova si' copertura  costituzionale
nell'art. 3 Cost., ma non gia' in termini  assoluti  e  inderogabili.
Per un verso, infatti, la posizione giuridica  che  da'  luogo  a  un
ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un  determinato
assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per
essersi protratta per un  periodo  sufficientemente  lungo,  sia  per
essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far  sorgere
nel destinatario una ragionevole fiducia nel  suo  mantenimento.  Per
altro  verso,  interessi  pubblici   sopravvenuti   possono   esigere
interventi normativi diretti a incidere  peggiorativamente  anche  su
posizioni consolidate,  con  l'unico  limite  della  proporzionalita'
dell'incisione  rispetto  agli  obiettivi   di   interesse   pubblico
perseguiti. Con la conseguenza che  «non  e'  affatto  interdetto  al
legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare  in
senso sfavorevole per i beneficiari la  disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti», unica condizione essendo «che tali disposizioni
non  trasmodino  in  un  regolamento  irrazionale,  frustrando,   con
riguardo a situazioni sostanziali  fondate  sulle  leggi  precedenti,
l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da  intendersi
quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (sentenze  n.  302
del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009)» (ex plurimis,  ordinanza  n.  31
del 2011). A maggior ragione cio' vale per rapporti di concessione di
servizio pubblico, come quelli investiti dalle norme  censurate,  nei
quali, alle menzionate condizioni, la possibilita' di  un  intervento
pubblico modificativo delle condizioni originarie e'  da  considerare
in qualche modo connaturata al rapporto fin dal  suo  instaurarsi.  E
ancor piu', si puo' aggiungere, cio' deve essere vero,  allorche'  si
verta in un ambito cosi' delicato come quello  dei  giochi  pubblici,
nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono  meritevoli  di
speciale e continua attenzione da parte del legislatore». 
    A cio' si deve poi aggiungere che la  ricorrente  stessa  con  la
sottoscrizione della convenzione di concessione ha accettato  che  in
costanza del rapporto concessorio  potessero  sopravvenire  modifiche
normative tali da incidere in  peius  sul  rapporto  stesso.  Difatti
l'art.  3,  comma  1,  prevede  che   l'ADM   «puo'   richiedere   al
Concessionario, che si impegna sin d'ora ad accettare, di  apportare,
nel periodo di validita' della concessione, variazioni alle attivita'
indicate nell'atto di convenzione e nel capitolato tecnico e relativi
allegati, che si rendano  necessarie  qualora  ricorrano  eventi  non
prevedibili che  determinano  sostanziali  cambiamenti  di  contesto,
anche a seguito di eventuali modifiche normative o  di  provvedimenti
di AAMS relativi alla gestione del gioco lecito attraverso apparecchi
da divertimento ed intrattenimento». 
    36. Poste tali premesse, il Collegio osserva innanzi tutto che la
stessa Difesa erariale qualifica il taglio dei compensi  operato  con
la disposizione in esame come la «chiamata» di tutti i  soggetti  che
operano nel settore della raccolta del gioco praticato  mediante  gli
apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS a  concorrere  «ai
sacrifici  che  si  rendono  necessari  per  il  lungo   periodo   di
congiuntura negativa  che  il  Paese  attraversa».  Pertanto  occorre
chiedersi se  ed  in  quale  misura  tale  chiamata  possa  ritenersi
costituzionalmente legittima, perche' la Consulta ha posto in rilievo
che: A) le esigenze di  finanza  pubblica  non  possono  legittimare,
sempre e  comunque,  la  compromissione  dei  diritti  quesiti  degli
operatori economici (cfr. la sentenza n. 92 del 2013);  B)  interessi
pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti  a
incidere in peius sul rapporto concessorio, con l'unico limite  della
proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di  interesse
pubblico perseguiti (cfr. la sentenza n. 56 del 2015). 
    37. Quanto al primo quesito, il Collegio ritiene che -  a  fronte
della profonda e perdurante  crisi  finanziaria  internazionale  che,
come noto, ha progressivamente colpito anche lo Stato italiano  -  le
esigenza di finanza pubblica richiamate dalla Difesa erariale possano
senz'altro giustificare l'introduzione del prelievo in questione. 
    38. Inoltre, proprio al fine di valutare se la  misura  in  esame
abbia  determinato  o  meno   il   superamento   del   limite   della
proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di  interesse
pubblico perseguiti, questa Sezione con l'ordinanza n. 2277 del  2015
ha  disposto  incombenti  istruttori  a  carico   delle   parti   per
individuare, in linea di massima, in quale misura  la  riduzione  dei
compensi a carico dell'intera filiera  della  ricorrente  incida  sui
margini di redditivita'  delle  imprese  che  compongono  la  filiera
stessa. 
    In esecuzione di  tale  ordinanza  l'ADM  ha  allegato  alla  sua
relazione delle tabelle, redatte in base ai conti giudiziali prodotti
dai concessionari, dalle quali si evince che nel caso della  societa'
ricorrente: A) nell'anno 2013 la raccolta complessiva  delle  giocate
e' stata pari ad €  2.831.568.159,70,  la  remunerazione  complessiva
della filiera e' stata pari ad € 236,827.582,43  e  la  remunerazione
della sola societa' concessionaria e' stata pari ad  €  60.607,900,33
mentre la remunerazione dei restanti operatori della filiera e' stata
pari ad € 176.219.682,10; B) nell'anno 2014 la  raccolta  complessiva
delle giocate e' stata pari ad € 2.844.310.177,75,  la  remunerazione
complessiva della filiera e' stata pari  ad  €  258.600.681,99  e  la
remunerazione della sola societa' concessionaria e' stata pari  ad  €
80.290,990,59 mentre la remunerazione dei  restanti  operatori  della
filiera e' stata pari ad € 178.309.691,40. 
    La societa' ricorrente, a sua  volta,  ha  depositato  copia  dei
conti economici relativi ai bilanci al  31  dicembre  2013  e  al  31
dicembre 2014, nonche' una tabella riassuntiva, per ciascuno dei  due
anni, del valore aggiunto (intendendosi  per  tale  il  valore  della
produzione al netto del costo delle materie  prime  consumate  e  del
costo dei servizi esterni e di altri eventuali  costi  di  gestione),
del margine operativo lordo (intendendosi per tale il valore aggiunto
al  netto  del  costo  del  lavoro)   e   del   risultato   operativo
(intendendosi per tale il margine  operativo  lordo  al  netto  degli
ammortamenti e degli accantonamenti della gestione  tipica),  nonche'
una tabella relativa ai compensi complessivamente  riconosciuti  agli
altri operatori della propria filiera negli  anni  2013  e  2014.  In
particolare da tale documentazione si desume che: A) con  riferimento
al 31 dicembre 2013, a fronte di un valore della produzione pari a  €
465.801.281,00, il valore aggiunto e' stato pari ad €  43.440.018,00,
il margine operativo lordo e' stato pari  a  €  20.120.968,00  ed  il
risultato operativo e' stato pari a € 34.476,830,  mentre  il  totale
dei compensi riconosciuti agli altri operatori di  filiera  e'  stato
pari ad € 176.219.682,10; B) con riferimento al 31 dicembre  2014,  a
fronte di un valore della produzione  pari  a  €  512.962.357,00,  il
valore  aggiunto  e'  stato  pari  a  €  117.191.361,00,  il  margine
operativo lordo e' stato pari ad  €  92.158.728,00  ed  il  risultato
operativo e' stato pari a € 35.061.472, mentre il totale dei compensi
riconosciuti agli altri operatori di  filiera  e'  stato  pari  ad  €
196.102.660,81. 
    Alla fronte di tali dati  il  Collegio  ritiene  che  non  appaia
superato il «limite della  proporzionalita'  dell'incisione  rispetto
agli obiettivi di interesse pubblico», indicato dalla sentenza  della
Corte costituzionale n. 56 del 2015, perche' - come gia'  evidenziato
da  questa  Sezione  sin  dall'ordinanza  n.  1461  del  2015  -   la
sostenibilita' del prelievo dipende, a ben vedere, dal fatto  che  il
taglio dei compensi  si  ripartisce  su  tutti  gli  operatori  della
filiera di ciascun concessionario. Pertanto nel caso della ricorrente
il taglio dei compensi - pari ad € 37.792.340,12 -  non  puo'  essere
rapportato (come invece vorrebbe la societa' ricorrente) soltanto  al
suo risultato operativo (pari a € 35.061.472 nell'esercizio 2014),  o
al  suo  margine   operativo   lordo   (pari   ad   €   92.158.728,00
nell'esercizio 2014), perche' deve essere contestualmente raffrontato
anche con la  remunerazione  complessiva  riconosciuta  alla  filiera
della societa' ricorrente (unico dato  disponibile  in  mancanza  dei
bilanci relativi agli altri operatori della filiera della ricorrente,
che non sono parte del presente giudizio), che costituisce senz'altro
un  parametro  attendibile  per  misurare  l'impatto  dell'intervento
legislativo. In altri termini - ammettendo l'integrale  e  tempestiva
contribuzione di tutti gli operatori di  filiera  che  fa  capo  alla
societa' ricorrente - non si determina (per  usare  le  parole  della
Difesa erariale) «uno stravolgimento  essenziale,  ma  una  riduzione
percentuale del guadagno», perche' nel caso della societa' ricorrente
l'importo richiesto per l'anno 2015 e'  comunque  pari  a  circa  1/7
della remunerazione complessiva dell'intera filiera che fa capo  alla
ricorrente medesima, pari  ad  €  236.827.582,43  nel  2013  e  ad  €
258.600.681,99 nel 2014. 
    39. Fermo restando quanto precede, il  Collegio  ritiene  che  la
questione di legittimita' costituzionale della disposizione dell'art.
1, comma 649, della legge  n.  190/2014  risulti  non  manifestamente
infondata sotto altri profili. 
    40.  Innanzi  tutto  tale  disposizione   appare   effettivamente
irragionevole nella parte in cui prevede - alla lettera b), del comma
649 - che i concessionari versino annualmente la somma di 500 milioni
di euro «ciascuno in quota proporzionale al numero di  apparecchi  ad
essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014». 
    41.  In  proposito  giova  preliminarmente  ricordare  che  nella
giurisprudenza costituzionale il canone della  ragionevolezza  e'  da
tempo assurto  a  clausola  generale,  quale  limite  immanente  alla
discrezionalita' del legislatore. Il giudizio di ragionevolezza,  per
lungo tempo caratterizzato  dalla  necessaria  individuazione  di  un
termine di raffronto (tertium comparationis) soltanto  a  fronte  del
quale la normativa denunciata puo' rivelarsi incostituzionale (schema
di giudizio ternario), si e' progressivamente affrancato dal giudizio
di comparazione ed e' divenuto un canone autonomo. L'autonomia  della
ragionevolezza rispetto al giudizio di eguaglianza appare  con  tutta
evidenza nei casi in cui l'art. 3 Cost. viene evocato  congiuntamente
sotto il profilo della disparita' di trattamento e sotto  il  profilo
della ragionevolezza, e la Corte argomenta distintamente per ciascuno
dei due profili. 
    42.  Cio'  posto,  si  deve  innanzi  tutto  considerare  che  il
legislatore e' intervenuto nel dichiarato intento  di  anticipare  il
piu' organico  riordino  della  misura  degli  aggi  e  dei  compensi
spettanti  ai  concessionari  e  agli  altri  operatori  di   filiera
nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto  dello  Stato,
nonche' di dare attuazione all'art. 14, comma 2,  lettera  g),  della
legge n. 23/2014. Tuttavia, mentre tale articolo prevede la revisione
degli aggi  e  compensi  spettanti  ai  concessionari  e  agli  altri
operatori «secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi  di
raccolta  delle  giocate»,  la  norma  in  contestazione  prevede  la
riduzione dei compensi in quota proporzionale al numero di apparecchi
riferibili ai concessionari  alla  data  del  31  dicembre  2014.  Ne
consegue che - sebbene sia stato fatto uno specifico riferimento alla
norma che prevede la riduzione  degli  aggi  e  compensi  secondo  un
«criterio di  progressivita'  legata  ai  volumi  di  raccolta  delle
giocate» - il criterio introdotto  per  ripartire  la  riduzione  dei
compensi di 500 milioni di euro e' legato non  gia'  ad  un  dato  di
flusso, come i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un dato fisso,
qual e' il numero di apparecchi  esistenti  e  riferibili  a  ciascun
concessionario  al  31  dicembre  2014  o  in  sede  di  ricognizione
successiva. 
    Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea
a far ritenere che la disposizione  dell'art.  1,  comma  649,  della
legge n. 190/2014 si ponga in  contrasto  sia  con  il  principio  di
ragionevolezza che con  quello  di  uguaglianza.  Premessa,  infatti,
l'intrinseca contraddittorieta' di una disposizione  che  afferma  di
voler dare attuazione ad una norma e poi in concreto se ne  discosta,
appare altresi' illogico il riferimento ad un dato statico (sia  pure
soggetto ad aggiornamento), quale il numero di apparecchi  riferibile
a ciascun concessionario ad una  certa  data,  anziche'  ad  un  dato
dinamico, quale il volume delle  giocate,  perche'  la  capacita'  di
reddito di ogni  singolo  concessionario  e  della  relativa  filiera
dovrebbe essere misurata in  maniera  ben  piu'  appropriata  facendo
riferimento  all'entita'   complessiva   degli   importi   incassati,
piuttosto che dal numero degli apparecchi agli stessi riferibili.  In
altri termini, il criterio individuato dal  legislatore  postula  che
ogni apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare
non plausibile. 
    Il criterio in esame appare in contrasto anche con  il  principio
di uguaglianza perche' - essendo il numero di apparecchi riferibile a
ciascun concessionario, di per se', non indicativo delle entrate  del
concessionario stesso - la ripartizione della riduzione dei  compensi
potrebbe  andare  a  vantaggio  degli  operatori  i  cui   apparecchi
mediamente registrano un maggior volume di  giocate  e  a  detrimento
degli operatori i cui apparecchi, invece,  mediamente  registrano  un
minor volume di giocate. 
    Il  criterio  individuato  dal  legislatore  appare,  quindi,  in
contrasto con i canoni di ragionevolezza e  parita'  di  trattamento,
perche' presume che ciascun apparecchio da intrattenimento  abbia  la
stessa potenzialita' di reddito, laddove quest'ultima dipende da  una
molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo,  la  differenza  tra
AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la  strada  in
cui l'apparecchio e' situato nonche' la  sua  ubicazione  all'interno
del locale). Di converso il legislatore ben avrebbe potuto  e  dovuto
introdurre un diverso criterio di ripartizione, capace di tener conto
dei periodi di effettivo utilizzo degli apparecchi e della  effettiva
redditivita' degli stessi. 
    Da ultimo la violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di
uguaglianza discende anche dal fatto che - mentre la legge delega  n.
23/2014 aveva previsto il  riordino  delle  disposizioni  vigenti  in
materia di giochi pubblici e, quindi, del loro intero  sistema  -  la
norma in contestazione incide solo sul settore  del  gioco  praticato
mediante gli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6,  del  TULPS  e,
per l'effetto, e' destinata solo ad un solo settore del gioco legale,
sia pure di enorme rilievo economico. Ne consegue  che  la  descritta
irragionevole ripartizione del versamento imposto tra i concessionari
potrebbe produrre anche un'alterazione della  concorrenza,  favorendo
quelli che, in presenza di una  redditivita'  superiore  per  singolo
apparecchio, si trovano  a  versare,  in  proporzione  al  volume  di
giocate raccolte,  un  importo  minore,  per  cui  possono  destinare
maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu'  lato,  favorendo
operatori di altri settori del gioco legale. 
    43.   La   questione   di   legittimita'   costituzionale   della
disposizione dell'art. 1, comma 649, della legge n.  190/2014  appare
non manifestamente infondata anche con  riferimento  alla  violazione
dell'art.  41  Cost.,  che  sancisce   il   principio   di   liberta'
dell'iniziativa economica privata. 
    Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di
soggetti  privati  che,   nell'intraprendere   attivita'   d'impresa,
sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad  una
certa stabilita' nel tempo  del  rapporto  concessorio  gode  di  una
particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art.  3
Cost., ma anche  all'art.  41  Cost.  In  particolare,  il  legittimo
affidamento   dell'imprenditore   implica   l'aspettativa   che    le
sopravvenienze normative non finiscano  per  vanificare  l'iniziativa
economica  intrapresa  e  gli  investimenti  sostenuti.  Infatti,  se
l'imprenditore  evidentemente  deve  assumere  su  di  se'  i  rischi
d'impresa derivanti da mutamenti della situazione di fatto, lo stesso
non puo' dirsi per le sopravvenienze  normative  che  incidono  sulle
condizioni  economiche  stabilite  nella  convenzione  accessiva   al
rapporto concessorio. 
    44. Cio' posto - se e' vero che, come gia' evidenziato, il taglio
dei  compensi,  pur   incidendo   significativamente   sul   rapporto
concessorio,  non  appare  in   contrasto   con   il   principio   di
proporzionalita' scolpito nella sentenza della  Corte  costituzionale
n. 56 del 2015 - tuttavia vi e' motivo di ritenere  che,  essendo  il
prelievo   destinato   ad   operare   a   tempo   indeterminato,   la
quantificazione dello stesso in misura fissa (500 milioni di euro), e
non  variabile  in  funzione  della  effettiva   redditivita'   degli
apparecchi, potrebbe in futuro tradursi in un peso insostenibile  per
gli operatori del settore laddove i  margini  di  redditivita'  della
stessa dovessero ridursi in misura notevole. In altri  termini  -  se
con riferimento ai  dati  del  conto  economico  2014  il  versamento
imposto alla societa' ricorrente in un'ottica  di  bilanciamento  tra
interessi costituzionalmente rilevanti non appare tale da violare  il
principio  di  proporzionalita'  -  di  converso  non  e'   possibile
escludere che, laddove i volumi delle giocate dovessero drasticamente
contrarsi nei prossimi anni,  la  determinazione  del  versamento  in
misura fissa (e non variabile, in funzione del volume delle  giocate)
potrebbe  determinare  un  vero  e  proprio  «stravolgimento»   delle
condizioni  economiche  pattuite  in  convenzione,  con   conseguente
eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed  i
relativi operatori di filiera. 
    45. Parimenti irragionevoli e lesive della liberta' di iniziativa
economica della societa' ricorrente appaiono: A) la previsione di cui
alla lettera b) del comma 649, secondo la quale i  concessionari  «in
aggiunta a quanto versato allo  Stato  ordinariamente,  a  titolo  di
imposte ed altri oneri dovuti a legislazione  vigente  e  sulla  base
delle convenzioni di concessione,  versano  altresi'  annualmente  la
somma di 500 milioni di euro», nella parte in cui non prevede  che  i
concessionari stessi non sono  tenuti  ad  anticipare  le  somme  non
versate dagli altri operatori della filiera; B) la previsione di  cui
alla lettera c) del comma  649,  secondo  la  quale  i  concessionari
«ripartiscono con gli altri operatori di filiera  le  somme  residue,
disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti  e
versando gli aggi e compensi dovuti  esclusivamente  a  fronte  della
sottoscrizione dei contratti rinegoziati». 
    46. Tali disposizioni appaiono infatti idonee a riflettersi sulla
liberta' contrattuale dei concessionari.  In  particolare,  l'obbligo
per gli operatori di filiera  di  versare  l'intero  ammontare  della
raccolta del gioco  ai  concessionari  incide  autoritativamente  sui
rapporti negoziali  di  diritto  privato  intrattenuti  tra  i  detti
soggetti esponendo i concessionari al  rischio,  non  prevedibile  ab
origine, del mancato  adempimento  dell'obbligo  degli  operatori  di
filiera: mancato adempimento che non  farebbe  comunque  venire  meno
l'obbligo del concessionario  di  versare  allo  Stato,  nei  termini
indicati,  l'importo,  concernente  l'intera  filiera,   quantificato
nell'impugnato decreto direttoriale  del  15  gennaio  2015.  Inoltre
l'imposizione   di   una   rinegoziazione   dei   contratti    appare
incompatibile  con  la  incomprimibile  autonomia  delle   parti   di
pervenire solo eventualmente ad un nuovo e diverso accordo negoziale,
laddove e' verosimile ritenere che per realizzare lo stesso obiettivo
sarebbe stato sufficiente stabilire una riduzione «pro quota»  ed  «a
cascata» dei compensi spettanti a  tutti  gli  operatori  di  filiera
senza imporre una rinegoziazione in via autoritativa. 
    47. Per tutte le ragioni innanzi  esposte,  il  Collegio  ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge  n.  190/2014  per
violazione degli articoli 3 e 41, comma 1, Cost..  Pertanto  si  deve
essere disposta la remissione degli atti alla  Corte  costituzionale,
con contestuale sospensione del presente giudizio. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione
seconda), non definitivamente pronunciando sul ricorso n.  2277/2015,
visti gli articoli 134 Cost., della legge costituzionale n. 1/1948  e
23 della legge n. 87/1953: 
      dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n.
190/2014 in relazione agli articoli 3 e 41, comma 1, Cost.; 
      dispone la sospensione del  presente  giudizio  e  rinvia  ogni
ulteriore statuizione in rito, nel  merito  e  sulle  spese  di  lite
all'esito  del  giudizio  incidentale  promosso   con   la   presente
ordinanza, ai sensi degli articoli 79 e 80 cod. proc. amm.; 
      ordina che la presente ordinanza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa e  che  la  stessa,  a  cura  della  Segreteria  della
Sezione, sia notificata alle parti in  causa  ed  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e sia  comunicata  ai  Presidenti  del  Senato
della Repubblica e della Camera dei deputati. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  21
ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: 
        Filoreto D'Agostino, Presidente; 
        Elena Stanizzi, consigliere; 
        Carlo Polidori, consigliere, estensore. 
 
                      Il Presidente: D'Agostino 
 
 
                                                L'estensore: Polidori