N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 2015
Ordinanza del 16 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Snai Spa contro Presidenza del Consiglio dei ministri e altri. Gioco e scommesse - Riduzione delle risorse statali, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi VLT (Video Lottery Terminal). - Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)"), art. 1, comma 649.(GU n.36 del 7-9-2016 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione seconda) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2277 del 2015, proposto dalla societa' Snai Spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabio Lorenzoni, con il quale e' elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Nei confronti di societa' Codere Network Spa e Giog Srl, non costituite in giudizio; e con l'intervento di ad opponendum: Codacons - Coordinamento di Associazioni per la tutela dell'ambiente e dei diritti dei consumatori, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio eletto in Roma, viale G. Mazzini n. 73, presso l'Ufficio legale nazionale del Codacons; Per l'annullamento del decreto direttoriale prot. 4076 del 15 gennaio 2015, con il quale l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha stabilito che la societa' ricorrente, quale concessionaria della gestione del gioco lecito mediante apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro, in attuazione delle previsioni dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 debba versare, per l'anno 2015, l'importo di € 37.792.340,12, suddiviso in due rate (il 40% entro il 30 aprile 2015 ed il 60% entro il 31 ottobre 2015), nonche' di ogni altro a esso presupposto, connesso e/o consequenziale; previa disapplicazione per contrasto con il diritto dell'Unione europea, ovvero previo accertamento incidentale dell'illegittimita' costituzionale, delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014, nella parte in cui: A) introducono un indebito prelievo forzoso destinato ad incidere in misura sproporzionata e in maniera irrazionale sulla societa' ricorrente; B) imputano esclusivamente a ciascun concessionario sia l'onere economico di provvedere al suddetto versamento, sia il connesso onere della traslazione del prelievo sugli altri operatori della filiera, sia l'onere di rinegoziare con i soggetti incaricati della raccolta delle giocate le modalita' di conferimento dei relativi flussi finanziari; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e del Codacons; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2015 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. In punto di fatto la societa' ricorrente - uno dei tredici concessionari del servizio pubblico di attivazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante gli apparecchi da intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS (di seguito denominati «concessionari») - riferisce quanto segue: A) venuta a scadenza la concessione sottoscritta nel 2004, essa ha partecipato, con esito favorevole, ad una nuova procedura selettiva e in data 31 marzo 2013 ha sottoscritto una nuova convenzione di durata novennale; B) nel frattempo essa ha acquistato e pagato anticipatamente i diritti di installazione delle c.d. Videolotteries (di seguito denominate «VLT»), pagandoli € 15.000,00 cadauno, con un esborso complessivo di € 75.700.000,00; C) l'equilibrio sinallagmatico del rapporto concessorio - gia' inciso dalla nuova convenzione, peggiorativa rispetto alla precedente - e' stato ulteriormente pregiudicato da altri fattori, come l'incremento della tassazione dei flussi di gioco ed il proliferare di normative regionali e comunali in materia di orari di funzionamento e di localizzazione degli apparecchi da intrattenimento, che hanno determinato significative limitazioni all'offerta di gioco; D) nonostante quanto precede, il legislatore e' intervenuto con la disposizione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 imponendo un nuovo prelievo, che incide sui rapporti in essere al punto di «elidere ogni ragionevole margine di redditivita'» dei concessionari; E) difatti secondo tale disposizione: «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all' art. 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: a) ai concessionari e' versato dagli operatori di filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorita' giudiziaria competente; b) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle convenzioni di concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, adottato entro il 15 gennaio 2015, previa ricognizione, sono stabiliti il numero degli apparecchi di cui all' art. 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, riferibili a ciascun concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si provvede, a decorrere dall'anno 2016, previa periodica ricognizione, all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi; c) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati»; F) in applicazione di tale disposizione l'Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito denominata «ADM») con l'impugnato decreto direttoriale ha operato la ripartizione del prelievo tra i tredici concessionari, imponendo alla ricorrente medesima di versare, solo per l'anno 2015, l'esorbitante importo di € 37.792.340,12. 2. Quindi la societa' ricorrente - premesso che l'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 deve essere qualificato come una vera e propria legge provvedimento - deduce innanzi tutto censure incentrate sull'illegittimita' derivata dell'impugnato decreto per effetto dell'incostituzionalita' e dell'incompatibilita' con l'ordinamento dell'Unione europea del prelievo introdotto con tale articolo. 3. La prima questione - incentrata sulla violazione degli articoli 41, 42, 53, 97 e 117 Cost., nonche' della direttiva UE n. 23/14 - mira a dimostrare che il prelievo, da qualificare come una vera e propria prestazione patrimoniale imposta, non e' stato quantificato in proporzione agli introiti dei concessionari e stravolge la causa tipica del rapporto concessorio. Innanzi tutto la peculiarita' dell'intervento legislativo consisterebbe nel fatto che viene qualificato come una «riduzione ... delle risorse statali a disposizione a titolo di compenso» un prelievo forzoso (di importo complessivo pari a 500 milioni di euro annui) svincolato da ogni riferimento allo schema proprio del compenso, da intendersi come corrispettivo spettante ai concessionari per il servizio gestito in regime di concessione, perche' il prelievo stesso viene operato indipendentemente dal volume delle giocate realizzato dai concessionari. Quindi la ricorrente deduce che non si conoscono altri casi di prestazioni patrimoniali imposte (anche di natura fiscale) che fissino l'entita' del prelievo ancor prima di determinare la relativa base imponibile, stabilendone l'importo in valore assoluto piuttosto che come una quota percentuale calcolata in proporzione alla base imponibile. Inoltre l'espediente di qualificare il prelievo come una riduzione dei compensi dei concessionari servirebbe a mascherare un'indebita interferenza sul rapporto concessorio. Infatti - sebbene i compensi del concessionario siano legati ai risultati dell'attivita' esercitata e, quindi, il sinallagma tra gli obblighi del concessionario ed i compensi ad esso spettanti (di seguito denominato «sinallagma concessorio») costituisca la causa tipica della convenzione di concessione - il legislatore ha ritenuto di poter intervenire ab externo sui compensi spettanti all'intera filiera del gioco (costituita dai concessionari, dai gestori e dagli esercenti), ma senza considerare che in tal modo «stravolge il dato essenziale dello schema concessorio: ossia la variabilita' del compenso del concessionario, legato al corrispondente rischio imprenditoriale assunto con la gestione dell'attivita' delegatagli col diritto di fare propria la parte degli utili che a lui spetta». In altri termini la disposizione in esame, sottraendo annualmente una quota fissa dei compensi spettanti ai concessionari (e agli altri operatori della filiera) in maniera del tutto avulsa dall'andamento della gestione, produrrebbe il duplice effetto di ridefinire in maniera autoritativa, peraltro a distanza si soli due anni dall'affidamento delle concessioni, la remunerazione dei concessionari (e degli altri operatori della filiera) e di alterare in radice il sinallagma concessorio. Risulterebbe allora evidente, secondo la ricorrente, il contrasto: A) sia con il principio di tendenziale stabilita' della disciplina dei rapporti concessori, consacrato anche nella direttiva UE n. 23/14; B) sia con i principi della necessaria sostenibilita' della gestione concessoria e di prevedibilita' dei relativi presupposti di esercizio, in base ai quali gli operatori interessati hanno deciso di vincolarsi alle condizioni previste dalla convenzione di concessione (cfr. il 52° considerando direttiva UE n. 23/14); C) sia con gli articoli 41 e 42 Cost., perche' viene sottratta ai concessionari una parte dei compensi ad essi spettanti (in quanto pattuiti con la convenzione di concessione), sproporzionata e comunque suscettibile di ridurre la gestione del servizio in un'attivita' strutturalmente in perdita. 4. La seconda questione - incentrata sulla violazione del principio del legittimo affidamento, dell'art. 1 del protocollo 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e degli articoli 3, 41, 42, 97 e 117 Cost. - mira a dimostrare che la riduzione dei compensi spettanti agli operatori della filiera lede il legittimo affidamento dei concessionari sulla stabilita' della disciplina del rapporto concessorio. La ricorrente dopo aver ribadito che molteplici fattori hanno determinato, sin dal 2010, una progressiva flessione dei suoi margini di redditivita' - fattori quali il consistente investimento sostenuto per opzionare i diritti d'installazione delle VLT, gli ulteriori oneri economici e organizzativi legati alla stipula della nuova concessione del 2013 (che prevede maggiori canoni e garanzie fideiussorie, versamenti figurativi per ciascuna AWP, livelli di servizio di maggiore complessita' tecnologica), l'inasprimento della leva fiscale (dovuto alla riconfigurazione della progressione del PREU e all'addizionale sulle vincite) ed il mutamento delle condizioni di distribuzione territoriale (limiti orari e di distanza) - sostiene che a fronte di tale situazione era ragionevole attendersi interventi legislativi tesi al riequilibrio del sinallagma concessorio. Del resto la legge n. 220/2010 all'art. 1, comma 77, aveva previsto che si dovesse «assicurare un corretto equilibrio degli interessi pubblici e privati nell'ambito dell'organizzazione e della gestione dei giochi pubblici», dettando nuove norme per «l'aggiornamento dello schema-tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici». Invece il legislatore avrebbe introdotto una misura che va nella direzione opposta, perche' il prelievo annuale di 500 milioni di euro erode i margini di redditivita' dell'attivita' svolta dall'intera filiera del gioco mediante apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro. Pertanto il prelievo contrasterebbe con il principio di tutela dell'affidamento e con i principi di stabilita', prevedibilita', e proporzionalita' che devono conformare l'incisione delle situazioni soggettive private coinvolte dalla regolazione pubblica. Del resto le considerazioni che precedono sarebbero state recepite anche dal Consiglio di Stato che - in relazione ad una vicenda per certi aspetti analoga a quella in esame, nella quale erano state unilateralmente imposte ex lege molteplici rilevanti modifiche del rapporto concessorio - ha rimesso alla Corte costituzionale varie disposizioni contenute nella legge n. 220/2010, rilevandone il contrasto con gli articoli 3 e 41 Cost. (cfr. ordinanza 23 settembre 2013, n. 4681). 5. La terza questione - incentrata sulla violazione e falsa applicazione degli articoli da 101 a 106 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e degli articoli 3, 53 e 97 Cost., nonche' sull'eccesso di potere legislativo per manifesta irragionevolezza - mira a denunciare le distorsioni conseguenti al fatto che la riduzione dei compensi viene operata in quota proporzionale al numero di apparecchi riferibili a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014. La ricorrente - premesso che l'art. 14, comma 2, lettera g), della legge n. 23/2014 (espressamente richiamato dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014) prevedeva che la revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori della filiera avrebbe dovuto seguire «un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate» - deduce che il legislatore avrebbe arbitrariamente ed irragionevolmente sostituito tale criterio con quello che fa leva esclusivamente sul numero di apparecchi «riferibili» a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014. Infatti il numero degli apparecchi riferibili ad ogni concessionario - gia' di per se' variabile in corso d'anno in funzione delle politiche commerciali attuate - viene rilevato e fotografato in un solo momento dell'anno, con il risultato finale di applicare un prelievo sostanzialmente retroattivo, perche' agganciato all'attivita' svolta nell'anno precedente. 6. La quarta questione - incentrata sulla violazione degli articoli 3, 41 e 97 Cost. e sull'eccesso di potere legislativo per irragionevolezza e difetto di proporzionalita' nell'incisione sull'autonomia negoziale - mira a denunciare le distorsioni determinate dalla nuova disciplina della gestione dei flussi finanziari generati dalla raccolta delle giocate. La ricorrente - premesso che l'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 impone radicali modifiche alla gestione dei flussi finanziari generati dalla raccolta delle giocate, perche' impone ai concessionari di raccogliere l'intero montante delle giocate al netto delle vincite senza poter operare la compensazione contabile con i corrispettivi contrattuali riconosciuti a gestori ed esercenti, nonche' il successivo gravoso onere di riversare tali corrispettivi agli altri operatori della filiera - lamenta che tale disciplina comporta la necessita' di effettuare migliaia di rimesse bancarie per ciascun periodo contabile e, quindi, si traduce in una irragionevole limitazione dell'autonomia negoziale dei concessionari, cosi' rivelando una superficiale conoscenza dell'effettivo assetto dei rapporti tra i diversi operatori della filiera e determinando ulteriori distorsioni che vanno ad incidere su assetti negoziali consolidati. In particolare non sarebbe possibile pensare di «rovesciare autoritativamente i rapporti di forza tra concessionari e gestori, i quali ultimi, come gia' avvenuto all'indomani del nuovo corso del settore nel 2004, continueranno a conservare un proprio ruolo sia quali proprietari delle macchine, sia quali titolari delle relazioni commerciali con gli esercenti». Inoltre sarebbe irragionevole imporre una immediata «rinegoziazione» dei contratti stipulati dai concessionari con gli altri operatori della filiera. In particolare, secondo la ricorrente, «non basta dire che si tratta di rapporti di diritto privato, per celare il duplice effetto autoritativo di cessazione dei contratti in essere e nuovo obbligo di contrarre, con evidente contrasto con l'art. 41 della Costituzione e del principio di residualita' dell'intervento pubblico sugli assetti negoziali privati, tanto piu' se non giustificato da intellegibili esigenze di tutela di valori costituzionali primari (ordine pubblico, salute)». 7. Anche la quinta questione - incentrata sulla violazione degli articoli 3 e 97 Cost. e sull'eccesso di potere legislativo per irragionevolezza e difetto di proporzionalita' - mira a denunciare le distorsioni conseguenti al fatto che la riduzione dei compensi viene operata in quota proporzionale al numero di apparecchi riferibili a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014. 8. Direttamente avverso l'impugnato decreto direttoriale la societa' ricorrente deduce poi tre motivi, il primo dei quali e' incentrato sulla violazione dell'art. 1, comma 649, della legge 190/2014 e dell'art. 3 della convenzione di concessione, nonche' sull'eccesso di potere per travisamento dei presupposti e difetto di motivazione. Le disposizioni dell'impugnato decreto direttoriale si risolverebbero in una radicale modifica della disciplina del rapporto concessorio, attuata in palese violazione dell'art. 3 della convenzione di concessione. Infatti - premesso che, secondo il primo comma di tale articolo «AAMS puo' richiedere al Concessionario, che si impegna sin d'ora ad accettare, di apportare, nel periodo di validita' della concessione, variazioni alle attivita' indicate nell'atto di convenzione e nel capitolato tecnico e relativi allegati, che si rendano necessarie qualora ricorrano eventi non prevedibili che determinano sostanziali cambiamenti di contesto, anche a seguito di eventuali modifiche normative o di provvedimenti di AAMS relativi alla gestione del gioco lecito attraverso apparecchi da divertimento ed intrattenimento» - sarebbe da escludere che tali variazioni possano essere attuate senza l'intermediazione di un apposito atto convenzionale integrativo, perche' il quarto comma del medesimo art. 3 dispone che «Le integrazioni dell'atto di convenzione, di cui ai commi 1, 2 e 3, sono recepite e formalizzate in apposito atto aggiuntivo che, sottoscritto dalle parti, costituisce ulteriore elemento integrante dell'atto di convenzione». Del resto nel caso in esame la necessita' di un'apposita integrazione della convenzione discenderebbe dal fatto che la disciplina sopravvenuta non e' autoapplicativa, perche' incide su molteplici aspetti del sinallagma concessorio. Pertanto l'ADM avrebbe dovuto predisporre un apposito atto integrativo alla convenzione, trasmetterlo al Consiglio di Stato per l'emanazione del prescritto parere e, una volta ottenuto tale parere, invitare i concessionari a sottoscrivere tale atto integrativo. 9. Il secondo motivo e' incentrato sulla violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 sotto altro profilo, nonche' sull'eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto, manifesta irragionevolezza e difetto di proporzionalita'. La ricorrente - premesso che dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 si desume chiaramente che la riduzione dei compensi riguarda l'intera filiera degli operatori del settore (concessionari, gestori ed esercenti) - si duole del fatto che l'impugnato decreto ponga l'obbligo del versamento dei 500 milioni di euro soltanto a carico dei concessionari. L'Amministrazione avrebbe invece dovuto: A) procedere all'integrazione della disciplina convenzionale, secondo il meccanismo innanzi indicato; B) regolamentare le modalita' di gestione dei flussi finanziari generati dalla raccolta delle giocate, perche' la norma sopravvenuta impone a tutti gli operatori della filiera di versare ai concessionari l'intero ammontare della raccolta delle giocate al netto delle vincite pagate e al lordo dei compensi che si ipotizzano ad essi spettanti solo a seguito della rinegoziazione dei relativi rapporti contrattuali; C) prevedere meccanismi sanzionatori o comunque tali da disincentivare inadempimenti, da parte degli altri operatori della filiera, all'obbligo di riversamento dei predetti flussi finanziari. Sotto tale profilo si coglierebbe, quindi, un altro effetto distorsivo dell'avversato decreto direttoriale. Infatti, in mancanza di qualsiasi riferimento agli altri operatori di filiera, costoro sarebbero indotti a ritenere che l'obbligo del versamento dei 500 milioni di euro riguardi soltanto i concessionari, i quali resterebbero cosi' esposti al rischio del mancato rispetto dell'obbligo di riversamento dei predetti flussi finanziari da parte degli altri operatori della filiera e, di conseguenza, al rischio di dover anticipare le somme dovute all'Erario, salvo successivo recupero in sede giudiziaria di tali somme, ma con esiti e tempistiche incerti e insostenibili. 10. Il terzo motivo - incentrato sulla violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 sotto altro profilo, nonche' sull'eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e diritto - riguarda il criterio di individuazione degli apparecchi riferibili ai singoli concessionari. La ricorrente - per il caso in cui si ritenesse che il criterio di ripartizione del prelievo tra i diversi concessionari «in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014» non sia stato cristallizzato dalla norma di legge - si duole del fatto che in base all'impugnato decreto direttoriale la ricognizione degli apparecchi riferibili a ciascun concessionario sia stata effettuata tenendo conto, «per gli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettera a), del numero dei nulla osta che contraddistinguono tutti gli apparecchi in servizio e analogamente, per quelli di cui alla lettera b), del numero dei codici identificativi che individuano tutti i terminali in grado di esercitare la raccolta del gioco», ossia tenendo conto soltanto delle risultanze dalle banche dati dell'ADM alla data del 31 dicembre 2014. Infatti, in caso di dismissione di apparecchi nel corso dell'anno 2015, il singolo concessionario sarebbe comunque vincolato al dato relativo all'anno precedente, come se gli apparecchi ceduti fossero in esercizio e producessero reddito, cosi' determinando l'efficacia retroattiva del prelievo. Inoltre la scelta operata dall'ADM sarebbe suscettibile di ingenerare comportamenti opportunistici ed elusivi da parte di concessionari e gestori, i quali sarebbero indotti a ridurre la propria esposizione debitoria, in danno degli altri operatori del settore, dismettendo quote significative dei propri apparecchi pochi giorni prima della data di riferimento, salvo riattivarli nei giorni successivi. In altri termini un corretto sistema di calcolo dovrebbe ancorare la riferibilita' degli apparecchi ai singoli concessionari ai periodi di effettivo utilizzo degli apparecchi stessi. 11. In ragione di tutto quanto precede la ricorrente conclusivamente chiede l'annullamento dell'impugnato decreto direttoriale, previa disapplicazione dell'art. 1, comma 649, legge n. 190/2014 per contrasto con le norme ed i principi del diritto europeo innanzi illustrati; ovvero (se del caso) previo rinvio pregiudiziale alla CGUE, ai sensi dell'art. 267 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, delle seguenti questioni interpretative: A) «se osti ai principi in materia di aiuti di Stato ai sensi degli art. 106 e 107 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, una normativa quale quella contenuta all'art. 1, comma 649, legge 190/14, che imponga solo ad un numero determinato e ad una tipologia di operatori di gioco una riduzione dei propri compensi, omettendo di prevedere analoga riduzione nei confronti di altri operatori di gioco concorrenti che operano nel medesimo settore commerciale in competizione con la ricorrente»; B) «se osti ai principi in materia di libera concorrenza enunciati agli art. 101-102 e 106 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una normativa quale quella contenuta all'art 1, comma 649, delle legge 190/14, che in violazione dei principi di libera concorrenza riduca aggi e compensi solo nei confronti di una limitata e specifica categoria di operatori (nella specie 13 imprese esattamente individuate) e non nei confronti di tutti gli operatori del settore del gioco»; ovvero, in subordine, previa remissione alla Corte costituzionale di apposita questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014, per contrasto con gli articoli 3, 23, 41, 42, 53, 97 e 117 Cost.. 12. La Difesa erariale si e' costituita in giudizio in data 25 febbraio 2015 e con memoria depositata in data 13 marzo 2015 - oltre ad eccepire la carenza di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'Economia e delle Finanze - ha chiesto il chiesto il rigetto del ricorso. Innanzi tutto la Difesa erariale evidenzia quanto segue: A) le risorse pubbliche alle quali lo Stato rinuncia per remunerare gli operatori della filiera ammontano a circa 4 miliardi di euro annui; B) la previsione relativa alla rinegoziazione dei contratti si e' resa necessaria perche' i rapporti tra gli operatori della filiera sono regolati da contratti di diritto privato e la riduzione dei compensi incide anche su tali contratti; C) tale rinegoziazione non implica necessariamente adempimenti formali perche', se gli operatori della filiera «continuassero a fare, sulla base di tali contratti, esattamente quello che hanno sempre fatto, solo pero' con una minore remunerazione, i contratti in discorso potrebbero considerarsi rinegoziati semplicemente per fatti concludenti»; D) la riduzione dei compensi non grava soltanto sui concessionari perche' «si deve equilibratamente distribuire tra tutte e tre le componenti della filiera (concessionari, gestori ed esercenti) se e nella misura in cui ciascuna di tali componenti - in base ai contratti di diritto privato che corrono tra loro - si sia riservata una quota di corrispettivo»; E) qualora i gestori si mostrino riottosi ad attuare la nuova disciplina, «allora i concessionari, salvo iniziare direttamente azioni recuperatorie nei riguardi dei loro contraenti, possono limitarsi a disvelare all'Amministrazione l'elenco dei nominativi dei riottosi». Quindi la Difesa erariale eccepisce l'infondatezza delle suesposte censure alla luce delle seguenti considerazioni: A) la disposizione dell'art. 1, comma 649, della legge 190/2014, al pari dell'impugnato decreto direttoriale, non ha efficacia retroattiva, perche' produce i suoi effetti solo a decorrere dal 1° gennaio 2015; B) l'intervento legislativo non puo' dirsi inatteso, perche' l'intenzione di intervenire sui compensi degli operatori della filiera era stata gia' manifestata dal legislatore con la disposizione dell'art. 14 della legge delega n. 23/2014; C) le somme che i concessionari sono tenuti a riversare sono pur sempre risorse erariali e, quindi, «lo Stato puo' disporne come ritiene piu' opportuno»; D) ai fini della ripartizione della riduzione dei compensi tra i tredici concessionari il legislatore ha individuato un criterio proporzionale legato ad un elemento oggettivo, qual e' il numero degli apparecchi, essendo evidente la «potenziale correlazione» tra il numero degli apparecchi e la raccolta delle giocate, mentre non sarebbe stato possibile utilizzare un diverso criterio basato sulla produttivita' di ogni singolo apparecchio; E) l'intervento legislativo non determina una lesione del legittimo affidamento dei concessionari perche' dai dati in possesso dell'ADM e' possibile evincere che non comporta «uno stravolgimento essenziale, ma una riduzione percentuale del guadagno», fermo restando che nessun legittimo affidamento poteva comunque ingenerarsi nei concessionari perche' l'art. 3 della convenzione prevede la stipula di atti integrativi laddove sia necessario disciplinare variazioni delle attivita' affidate in concessione; F) la disposizione in esame non si configura come una legge provvedimento, perche' tale puo' essere qualificata solo la norma che si rivolge a destinatari determinati, mentre il taglio dei compensi riguarda tutti gli operatori della filiera, costituita non solo dai tredici concessionari, ma anche da migliaia di gestori ed esercenti»; G) l'intervento legislativo si giustifica sia in ragione della maggiore redditivita' del comparto delle VLT rispetto ad altri settori del gioco legale, come dimostrano sia il fatto che «nel 2013, a fronte di una raccolta complessiva di circa 84,7 miliardi di euro, ben 47,8 di euro sono derivati dal gioco mediante apparecchi; nel 2014, a fronte di un totale di 84,5 miliardi di euro, il volume di gioco degli apparecchi e' stato pari a piu' di 47 miliardi di euro», sia il fatto che «nel 2013 le somme per compensi della filiera di gioco mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento, compresi i concessionari, sono risultate di poco inferiori a 5 miliardi di euro, attestandosi attorno al 10% della raccolta realizzata dagli apparecchi; nel 2014 le somme restituite alla filiera si sono addirittura incrementate, attestandosi a circa 6 miliardi, pari al 12% della raccolta»; H) in base ai dati innanzi esposti la riduzione dei compensi della filiera, quantificata in 500 milioni di euro, avrebbe una portata equivalente allo 1,06% delle giocate raccolte e all'8,3% dei compensi stessi e, quindi, nelle more di una riforma piu' ampia dell'intero comparto, l'intervento legislativo «appare pienamente legittimo e pressoche' inevitabile nel momento in cui si e' reso necessario procedere nell'ottica del migliore perseguimento degli obiettivi della finanza pubblica»; I) non e' censurabile il criterio di ripartizione della riduzione dei compensi sol perche' diverge da quello previsto dall'art. 14, comma 2, lettera g), della legge delega n. 23/2014, dovendosi considerare che, «laddove si ponga a confronto l'ammontare delle somme giocate raccolte dai concessionari nell'ultimo bimestre ... con la tabella di cui all'art. 1 del decreto direttoriale del 31 dicembre 2014, si notera' la tendenziale corrispondenza e la coerenza di tale dato della raccolta rispetto al numero di apparecchi riferibili al concessionario»; L) l'intervento legislativo non determina neppure un'ingiustificata lesione della liberta' d'impresa e del diritto di proprieta', perche' «trova la sua ratio nel perseguimento di precise finalita' pubbliche» e «si esplica su somme aventi anch'esse natura pubblica»; M) non sussistono neppure le dedotte violazioni di carattere procedimentale perche' l'art. 3 della convenzione di concessione, nel riferirsi alle «variazioni alle attivita' indicate nell'atto di convenzione e nel capitolato tecnico e relativi allegati», allude a situazioni diverse da quella in esame, fermo restando che non puo' escludersi l'operativita' del meccanismo della inserzione automatica di clausole, nella disciplina del rapporto, per effetto di sopravvenute modifiche normative. 13. La societa' ricorrente con memoria depositata in data 17 marzo 2015 ha illustrato le suesposte censure. 14. Questa Sezione con l'ordinanza n. 1461 in data 2 aprile 2015 ha respinto la domanda cautelare proposta dalla societa' ricorrente evidenziando in motivazione «che - nel contemperamento degli opposti interessi - le esigenze cautelari addotte dalla societa' ricorrente non giustificano la concessione della richiesta misura cautelare in quanto: A) l'importo del versamento da effettuare, da parte dell'intera filiera del gioco legale, alla data del 30 aprile 2015 ammonta a 200 mln di euro; B) non appare compiutamente dimostrato che, ottemperando tutti i soggetti della filiera a quanto disposto dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 e dal provvedimento impugnato, sussista un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione del merito del ricorso ...». 15. La societa' ricorrente con memoria depositata in data 29 maggio 2015 ha insistito per l'accoglimento del ricorso. In particolare la ricorrente evidenzia che: A) questa Sezione con la suddetta pronuncia cautelare ha riconosciuto che i margini di sostenibilita' del prelievo potrebbero ritenersi plausibili solo a condizione che tutti gli operatori della filiera concorrano pro quota a sostenere il prelievo stesso; B) come si puo' evincere dalla documentazione versata in atti, essa ha provveduto ad eseguire il primo versamento limitandosi a riversare esclusivamente quanto chiesto e ottenuto dai gestori e dagli esercenti facenti parte della propria filiera, senza recedere dalle suesposte censure «che fotografano criticita' applicative non superate, e soprattutto un grave pregiudizio alla propria correntezza aziendale che resta intatto, perche' legato alla radicale irrazionalita' e irragionevolezza del prelievo, destinata a proiettarsi lungo tutto il successivo sviluppo del rapporto concessorio e a minarne concretamente le condizioni di sostenibilita' economica e organizzativa»; C) la sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 31 marzo 2015 (resa con riferimento alla questione sollevata dal Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 4681 del 2013) conferma - a ben vedere - la fondatezza delle questioni di legittimita' prospettate con il ricorso, perche' le misure legislative scrutinate dalla Consulta (e ritenute immuni da censure) erano di tenore totalmente diverso dalla misura in esame, perche' avevano ad oggetto peculiari obblighi di trasparenza degli assetti proprietari, di solidita' patrimoniale e di affidabilita' soggettiva, mentre la decisione di rigetto e' stata esplicitamente motivata dalla Consulta valorizzando la circostanza che si trattava di misure espressamente ispirate all'esigenza di «garantire un livello di tutela dei consumatori particolarmente elevato e di padroneggiare i rischi connessi a questo settore» e non gia' all'esigenza di acquisire maggiori introiti (espressamente invocata nel primo periodo dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014); D) nella predetta sentenza e' stato altresi' ribadito che - pur potendo il legislatore «emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti» - tuttavia e' necessario che «tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto». 16. La Difesa erariale con memoria depositata in data 29 maggio 2015 ha insistito per la reiezione del ricorso. 17. Il Codacons e' intervenuto in giudizio con atto depositato in data 29 maggio 2015, evidenziando la propria legittimazione ad agire. 18. La societa' ricorrente con memoria depositata in data 10 giugno 2015 ha eccepito l'inammissibilita' dell'intervento del Codacons ed ha replicato alle affermazioni delle controparti. In particolare la ricorrente afferma che la Difesa erariale non affronta affatto il tema dell'effettiva incidenza del taglio dei compensi sulla gestione concessoria che e' messa a rischio non solo e non tanto dalla «quota del margine di compenso che verrebbe ad essere eroso in misura concretamente stimabile in realta' in almeno il 25-30% in termini lordi», ma anche dalla «assoluta irragionevolezza del meccanismo applicativo della riduzione, congegnata in misura fissa e insensibile alle variazioni della raccolta», e dalle difficolta' operative indotte dalla diversa gestione dei flussi finanziari derivanti dalla raccolta delle giocate, legata a «una collaborazione dei terzi incaricati della raccolta, che anche per l'enorme onerosita' della misura e', tanto piu', ora mancata». 19. Il Codacons con memoria depositata in data 25 giugno 2015 ha insistito per il rigetto del ricorso. 20. Questa Sezione con l'ordinanza istruttoria n. 2277 in data 20 luglio 2015 - considerato che la Difesa erariale «sembra misurare l'incidenza dell'intervento legislativo sui ricavi netti delle vendite e delle prestazioni dei soggetti della filiera, vale dire sulla differenza tra le poste di gioco e le vincite pagate, nonche' le imposte ed altri oneri dovuti allo Stato» - ha posto in rilievo l'esigenza di «individuare il livello di incidenza dell'intervento legislativo anche sugli altri margini di redditivita' dell'impresa» ed ha conseguentemente richiesto alla ricorrente di «depositare in giudizio: A) copia del conto economico relativo al bilancio al 31 dicembre 2013 e copia del conto economico relativo al bilancio al 31 dicembre 2014, ove approvato dall'Assemblea ordinaria, accompagnato da una tabella riassuntiva, per ciascuno dei due anni, del valore aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione al netto del costo delle materie prime consumate e del costo dei servizi esterni e di altri eventuali costi di gestione), del margine operativo lordo (intendendosi per tale il valore aggiunto al netto del costo del lavoro) e del risultato operativo (intendendosi per tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti e degli accantonamenti della gestione tipica); B) una tabella riassuntiva dei compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013 e 2014 agli altri operatori della propria filiera, con espressa indicazione circa l'appostazione degli stessi nel conto economico tra i costi della produzione e, in particolare, tra i costi per servizi o in altra voce», e all'Agenzia delle dogane e dei monopoli di «depositare in giudizio una dettagliata relazione, per quanto di propria conoscenza, in ordine all'aggregazione dei suddetti dati richiesti al concessionario ricorrente per l'intero settore dei giochi in discorso, nonche' comprensiva di ogni ulteriore eventuale chiarimento sull'incidenza dell'intervento legislativo sui margini di redditivita' delle imprese del settore». 21. La societa' ricorrente in data 7 settembre 2015 ha prodotto la documentazione richiesta con l'ordinanza istruttoria n. 2277/2015. 22. L'ADM in data 8 settembre 2015 ha prodotto la relazione richiesta da questo Tribunale, nella quale viene posto in rilievo che: A) essa puo' fornire i chiarimenti richiesti solo in relazione alle societa' concessionarie, con le quali intrattiene un rapporto diretto, mentre gli altri operatori della filiera non intrattengono alcun rapporto con l'Agenzia, essendo «rimessa alla liberta' di iniziativa economica privata e all'autonomia contrattuale delle societa' concessionarie la scelta in ordine al se avvalersi o meno di soggetti terzi nella gestione delle attivita' affidate in concessione e, conseguentemente, in ordine, tra gli altri, alla determinazione dei compensi agli stessi spettanti»; B) sulla base delle risultanze del conto giudiziale presentato dai concessionari sono state elaborate due tabelle, una per l'anno 2013 e una per l'anno 2014, ove sono indicate, per ciascuno dei concessionari (ivi compresa la societa' ricorrente), l'ammontare delle somme complessivamente raccolte sulla base delle giocate, la remunerazione complessiva dell'intera filiera di ciascun concessionario e l'incidenza percentuale del prelievo rispetto a tale voce di remunerazione, nonche' rispetto all'ammontare complessivo delle giocate raccolte; C) l'impatto percentuale della riduzione dei compensi, rispetto alla remunerazione complessiva della filiera del gioco e all'ammontare complessivo delle giocate raccolte, e' in linea con quanto gia' rappresentato dalla Difesa erariale nelle sue memorie; D) le risultanze del conto giudiziale presentato dai concessionari risultano piu' significative dei dati esposti nel bilancio di esercizio di ciascun concessionario, «la cui redazione presuppone diverse esigenze e criteri, per cui da esso e' desumibile piuttosto la situazione economica, finanziaria e patrimoniale di ciascuna societa' nel suo complesso, nonche' il risultato economico conseguito dalla medesima, anche al di la' di quanto strettamente riferibile alla gestione della concessione». 23. La societa' ricorrente con memoria depositata in data 18 settembre 2015 ha ulteriormente insistito per l'accoglimento del ricorso. In particolare la ricorrente ribadisce che le criticita' applicative della disposizione in esame sono gia' state percepite da questo Tribunale, che nella sede cautelare ha posto in rilievo come l'astratta sostenibilita' del prelievo (imposto in ultima istanza ai concessionari) non possa prescindere dal concorso di tutti gli operatori della filiera, e sono ulteriormente confermate dall'esasperata conflittualita' degli altri operatori della sua filiera che pretendono, anche nei giudizi pendenti innanzi a questo Tribunale, di essere esentati dal prelievo. Inoltre la ricorrente sostiene che gli approfondimenti istruttori disposti da questo Tribunale hanno contribuito a far emergere la fondatezza delle sue domande, perche' dai bilanci versati in atti si evince che: A) dalla singola business unit dedicata al settore delle VLT e delle AWP la societa' stessa ha ritratto un risultato economico netto che, nel biennio 2013 - 2014, anche depurato da oneri straordinari e non ricorrenti, riporta un utile (rispettivamente poco piu' di 13,2 milioni di euro nel 2013 e poco piu' di 6,7 milioni di euro nel 2014) di gran lunga inferiore rispetto a quanto rappresentato da controparte; B) anche considerando il taglio derivante dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 al netto della quota riservata alla sua filiera, la gestione del settore delle VLT e delle AWP presenterebbe nel 2015 un saldo netto negativo. Pertanto risulterebbe confermata la denunciata insostenibilita' del prelievo perche': A) anche ammettendo l'integrale e tempestiva contribuzione degli altri attori di filiera, la riduzione di compensi «conduce a un risultato di gestione negativo, azzerando in toto l'economicita' del rapporto concessorio»; B) mancando la collaborazione degli altri operatori della filiera nel riversamento della quota parte di minor compenso di rispettiva pertinenza, la societa' «si troverebbe esposta a un esborso tale da minare la propria correntezza aziendale». Del resto le valutazioni espresse nella relazione dell'ADM depositata in data 8 settembre 2015, sulla base dei dati desunti dalle rendicontazioni previste dalle norme della contabilita' pubblica, non potrebbero avere rilievo decisivo perche' «il reale parametro di scrutinio della ragionevolezza e sostenibilita' economica della decurtazione dei compensi risieda nelle effettive risultanze di gestione scaturenti dall'esercizio della concessione». 24. Il Codacons con memoria depositata in data 30 settembre 2015 ha replicato all'eccezione di inammissibilita' del suo intervento in giudizio ed ha ulteriormente insistito per il rigetto del ricorso. 25. La societa' ricorrente in data 30 settembre 2015 ha presentato una nuova domanda cautelare e con memoria depositata in data 16 ottobre 2015 ha ribadito che la sua posizione e' aggravata dalla conflittualita' con parte degli operatori della sua filiera, che hanno instaurato molteplici giudizi, sia innanzi a questo Tribunale, sia innanzi al Giudice ordinario, per contestare l'immediata cogenza, nei loro confronti, delle disposizioni dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014, ed hanno omesso di adempiere gli obblighi derivanti da tale disposizione. 26. La Difesa erariale con memoria depositata in data 16 ottobre 2015 ha chiesto il rigetto della nuova domanda cautelare ribadendo che: A) l'ADM non dispone di strumenti coattivi nei confronti degli operatori della filiera, perche' trattasi di soggetti legati ai concessionari da contratti di diritto privato, mentre i concessionari possono avviare le azioni recuperatorie nei confronti degli operatori della filiera inadempienti, perche' le disposizioni dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 «costituiscono una fonte eteronoma di regolamentazione dei rapporti giuridici vigenti e dunque trovano applicazione sia nell'ambito dei rapporti tra agenzia e concessionari, che in quelli intercorrenti tra i concessionari e gli altri operatori della filiera, senza che sia necessaria a tal fine la stipula di atti integrativi volti a recepirne il dettato tra le parti»; B) in caso di rifiuto a rinegoziare i contratti con i concessionari, gli operatori della filiera sono comunque tenuti a versare l'intero ammontare della raccolta delle giocate al netto delle vincite pagate, sicche' in caso di mancato versamento di tali somme i concessionari, oltre ad avviare le suddette azioni recuperatorie, ben potrebbero procedere all'escussione delle garanzie prestate nei loro confronti dagli operatori della filiera inadempienti e attivare nei confronti di costoro il blocco telematico delle VLT. 27. Questa Sezione con l'ordinanza n. 4523 in data 22 ottobre 2015 ha respinto la nuova domanda cautelare evidenziando in motivazione «che - nel contemperamento degli opposti interessi - non sussistono i presupposti per accogliere la nuova domanda cautelare presentata in data 30 settembre 2015, perche' la societa' ricorrente non ha esaustivamente dimostrato che la riduzione dei compensi prevista dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 avrebbe un'incidenza sul suo equilibrio economico complessivo tale da mettere a rischio la sua operativita' nelle more della definizione del presente giudizio». 28. Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2015 il ricorso e' stato chiamato e trattenuto per la decisione. 29. Per una migliore comprensione delle questioni oggetto della presente controversia, giova premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento. Secondo la normativa di settore, l'ADM gestisce l'offerta del gioco lecito tramite apparecchi da divertimento ed intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS attraverso la selezione, con procedure ad evidenza pubblica, di soggetti che sottoscrivono una convenzione di concessione di durata novennale. I concessionari - ai quali e' affidata la realizzazione e conduzione della rete telematica mediante la quale e' possibile il controllo continuo degli apparecchi di gioco - attualmente sono tredici (la ricorrente e' uno di questi). Gli apparecchi di cui trattasi sono di due tipi: le Amusement With Prizes, dette anche AWP, e le Videolotteries, dette anche VLT. Le AWP sono apparecchi che vengono installati principalmente presso esercizi generalisti primari (come i bar e le rivendite di tabacchi), denominati «esercenti», ed operano con una posta di 1 euro, a fronte di una possibile vincita di 100 euro. Generalmente tali apparecchi sono acquistati e/o noleggiati da operatori terzi - denominati «gestori» - che si occupano anche dell'installazione e della manutenzione presso i c.d. esercenti, titolari di esercizi commerciali dotati di specifica autorizzazione ai sensi del TULPS, a loro volta convenzionati, o con i gestori stessi, o con i concessionari. Invece nella filiera del comparto delle VLT e' di norma assente il gestore, perche' gli apparecchi sono forniti direttamente dal concessionario, che si prende carico dell'intera gestione operativa degli stessi. In questo caso la posta consentita e' fino a 100 euro, mentre la vincita conseguibile arriva fino a 5.000 euro, e cio' spiega perche' le VLT possano essere installate esclusivamente in apposite sale gioco, attrezzate con dei monitor che costituiscono il terminale video del gioco, il cui software (a differenza delle AWS) e' collocato presso server ubicati a distanza. Mentre i rapporti tra lo Stato ed i concessionari sono regolati da apposite convenzioni di concessione, i rapporti tra concessionari, gestori ed esercenti sono regolati mediante contratti di diritto privato, che non rispondono a modelli tipo redatti o approvati dall'ADM. In base alla normativa di settore il compenso spettante ai concessionari viene calcolato in via residuale (c.d. importo residuo), essendo pari agli importi raccolti dalle giocate, dedotti: A) le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e dell'85% sulle VLT); B) gli importi dovuti agli altri operatori della filiera (cioe' i gestori e gli esercenti); C) gli importi dovuti all'ADM (principalmente a titolo di canone di concessione e di deposito cauzionale in quota percentuale rispetto alla raccolta di gioco); D) gli importi dovuti all'Erario (principalmente il PREU, di cui all'art. 39, comma 13, del decreto-legge n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003, e all'art. 1, comma 531, della legge 266 del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5% per gli apparecchi VLT). Resta fermo che la remunerazione dei concessionari e dell'intera filiera che fa capo a ciascuno di essi proviene dalla raccolta delle giocate ed e' a carico dello Stato, perche' il denaro diviene di proprieta' dello Stato nel momento stesso in cui viene giocato, ossia non appena viene inserito nell'apparecchio. Piu' di recente il legislatore e' intervenuto con l'art. 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23, delegando il Governo «ad attuare ... il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi» e prevedendo, tra l'altro, che tale riordino, in riferimento alla «revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori», avrebbe dovuto essere effettuato «secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate» (cfr. art. 14, comma 2, lettera g). Il legislatore e' pero' nuovamente intervenuto con l'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che - invece di rivedere gli aggi e i compensi dei concessionari secondo quanto previsto dalla predetta legge delega n. 23/2014 - ha decurtato di 500 milioni di euro su base annua, a decorrere dal 2015, le risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco, parametrando tale decurtazione, per ciascun concessionario, al numero di apparecchi allo stesso riferibili alla data del 31 dicembre 2014 e richiedendo il pagamento in due rate (entro 4 e 10 mesi dalla data di pubblicazione della norma). Il meccanismo previsto dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 puo' essere ricostruito come segue: A) gli operatori della filiera sono tenuti a versare ai concessionari «l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate»; b) i concessionari, «in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle convenzioni di concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014»; c) i concessionari stessi, dopo aver versato allo Stato le somme allo stesso dovute anche a titolo di decurtazione dei compensi, «ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati»; D) alle scadenze stabilite di aprile ed ottobre i concessionari, qualora non ricevano dagli operatori della filiera il denaro di proprieta' dello Stato, «comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorita' giudiziaria competente». Da ultimo l'ADM con l'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015 ha determinato il numero di apparecchi riferibile a ciascuno dei tredici concessionari alla data del 31 dicembre 2014, ha ripartito tra i concessionari stessi la riduzione dei compensi di 500 milioni di euro, determinando l'importo del versamento dovuto da ciascuno di essi, ed ha stabilito le modalita' di effettuazione del versamento. 30. A fronte di tale quadro normativo giova preliminarmente evidenziare che la suddetta riduzione dei compensi di 500 milioni di euro si configura come una modifica autoritativa della disciplina del rapporto concessorio, che va ad incidere: A) direttamente, sui compensi spettanti non solo ai concessionari, ma anche a tutti gli altri operatori della filiera, e sulla gestione dei flussi finanziari generati dalla raccolta delle giocate; B) indirettamente, sui rapporti negoziali tra ciascun concessionario e gli altri operatori della propria filiera. 31. Poste tali premesse, il Collegio ritiene che sia rilevante e non manifestamente infondata, sotto diversi profili, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014. 32. La questione si presenta all'evidenza rilevante, ai fini della decisione sulla presente controversia, perche' l'impugnato decreto direttoriale e' stato adottato nell'esercizio di un potere del tutto vincolato e, in particolare, nella doverosa applicazione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014, che reca disposizioni sostanzialmente auto-applicative, sicche' la definizione del presente giudizio discende inevitabilmente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. 33. Passando alla non manifesta infondatezza della questione, la ricorrente prospetta innanzi tutto una violazione del principio del legittimo affidamento, desumibile dall'art. 3 Cost.. 34. A tal riguardo particolarmente significativa appare la sentenza della Corte costituzionale n. 92 del 22 maggio 2013 con la quale e' stato giudicato costituzionalmente illegittimo - per violazione del principio di ragionevolezza - l'art. 38, commi 2, 4, 6 e 10, del decreto-legge n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003, nella parte in cui determina effetti retroattivi in peius sul regime dei compensi spettanti ai custodi di veicoli sottoposti a sequestro, fermo amministrativo e confisca. Infatti in tale sentenza si legge quanto segue: «E' noto come la giurisprudenza di questa Corte si sia piu' volte soffermata sulla legittimita' delle norme retroattive, in genere, e di quelle destinate ad incidere sui rapporti di durata, in specie; affermando, in sintesi, che non puo' ritenersi interdetto al legislatore di emanare disposizioni modificative in senso sfavorevole, anche se l'oggetto dei rapporti di durata sia costituito da diritti soggettivi «perfetti»: cio', peraltro, alla condizione che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irragionevole, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate su disposizioni di leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (ex multis, sentenza n. 166 del 2012). Il profilo che qui, tuttavia, viene in risalto e' rappresentato non soltanto da un «generico» affidamento in un quadro normativo dal quale scaturiscano determinati diritti, ma da quello «specifico» affidamento in un fascio di situazioni (giuridiche ed economiche) iscritte in un rapporto convenzionale regolato iure privatorum tra pubblica amministrazione e titolari di aziende di deposito di vetture, secondo una specifica disciplina in ossequio alla quale le parti (entrambe le parti) hanno raggiunto l'accordo e assunto le rispettive obbligazioni. L'affidamento appare qui, in altri termini, rivolto non tanto alle astratte norme regolative del rapporto, o alla relativa loro «sicurezza», quanto, piuttosto, al concreto contenuto dell'accordo e dei reciproci e specifici impegni assunti dalle parti al momento della stipula della convenzione di deposito: impegni sulla cui falsariga, come accade in ogni ordinaria dinamica contrattuale, si sono venuti a calibrare i rispettivi oneri di ordine anche economico, oltre che le corrispondenti aspettative. E' del tutto evidente, infatti, che altro sono la natura e le dimensioni, anche finanziarie, delle attivita' che il custode deve espletare per prelevare e custodire i veicoli assoggettati a misure di fermo, sequestro o confisca (e rispetto alle quali ha informato dimensioni, investimenti e in genere l'organizzazione della propria impresa); altro e' l'attivita' connessa all'automatico acquisto (per di piu', a prezzo unilateralmente «imposto») dei veicoli ed alla relativa rivendita o rottamazione. Piu' che sul piano di una «astratta» ragionevolezza della volonta' normativa, deve, dunque, ragionarsi, ai fini dell'odierno sindacato, sul terreno della ragionevolezza «complessiva» della «trasformazione» alla quale sono stati assoggettati i rapporti negoziali di cui alla disposizione intertemporale denunciata. Ed appare ovvio che tale ragionevolezza «complessiva» dovra', a sua volta, essere apprezzata nel quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli interessi - tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro di cui all'art. 3 Cost. - che risultano nella specie coinvolti: ad evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della finanza pubblica possa risultare, sempre e comunque, e quasi pregiudizialmente, legittimata a determinare la compromissione di diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi, sia individuali, sia anche collettivi». 35. Inoltre non e' contestabile il potere del legislatore di modificare unilateralmente e in peius la disciplina relativa al rapporto con i concessionari del settore dei giochi pubblici, operando scelte discrezionali rispettose dei principi costituzionali e comunitari, perche' tale potere e' stato recentemente confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 56 del 2015. Infatti, proprio con riferimento al settore dei giochi pubblici, la Consulta ha affermato quanto segue: «il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova si' copertura costituzionale nell'art. 3 Cost., ma non gia' in termini assoluti e inderogabili. Per un verso, infatti, la posizione giuridica che da' luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un determinato assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per un periodo sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far sorgere nel destinatario una ragionevole fiducia nel suo mantenimento. Per altro verso, interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l'unico limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti. Con la conseguenza che «non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti», unica condizione essendo «che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (sentenze n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009)» (ex plurimis, ordinanza n. 31 del 2011). A maggior ragione cio' vale per rapporti di concessione di servizio pubblico, come quelli investiti dalle norme censurate, nei quali, alle menzionate condizioni, la possibilita' di un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie e' da considerare in qualche modo connaturata al rapporto fin dal suo instaurarsi. E ancor piu', si puo' aggiungere, cio' deve essere vero, allorche' si verta in un ambito cosi' delicato come quello dei giochi pubblici, nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore». A cio' si deve poi aggiungere che la ricorrente stessa con la sottoscrizione della convenzione di concessione ha accettato che in costanza del rapporto concessorio potessero sopravvenire modifiche normative tali da incidere in peius sul rapporto stesso. Difatti l'art. 3, comma 1, prevede che l'ADM «puo' richiedere al Concessionario, che si impegna sin d'ora ad accettare, di apportare, nel periodo di validita' della concessione, variazioni alle attivita' indicate nell'atto di convenzione e nel capitolato tecnico e relativi allegati, che si rendano necessarie qualora ricorrano eventi non prevedibili che determinano sostanziali cambiamenti di contesto, anche a seguito di eventuali modifiche normative o di provvedimenti di AAMS relativi alla gestione del gioco lecito attraverso apparecchi da divertimento ed intrattenimento». 36. Poste tali premesse, il Collegio osserva innanzi tutto che la stessa Difesa erariale qualifica il taglio dei compensi operato con la disposizione in esame come la «chiamata» di tutti i soggetti che operano nel settore della raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS a concorrere «ai sacrifici che si rendono necessari per il lungo periodo di congiuntura negativa che il Paese attraversa». Pertanto occorre chiedersi se ed in quale misura tale chiamata possa ritenersi costituzionalmente legittima, perche' la Consulta ha posto in rilievo che: A) le esigenze di finanza pubblica non possono legittimare, sempre e comunque, la compromissione dei diritti quesiti degli operatori economici (cfr. la sentenza n. 92 del 2013); B) interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere in peius sul rapporto concessorio, con l'unico limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti (cfr. la sentenza n. 56 del 2015). 37. Quanto al primo quesito, il Collegio ritiene che - a fronte della profonda e perdurante crisi finanziaria internazionale che, come noto, ha progressivamente colpito anche lo Stato italiano - le esigenza di finanza pubblica richiamate dalla Difesa erariale possano senz'altro giustificare l'introduzione del prelievo in questione. 38. Inoltre, proprio al fine di valutare se la misura in esame abbia determinato o meno il superamento del limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti, questa Sezione con l'ordinanza n. 2277 del 2015 ha disposto incombenti istruttori a carico delle parti per individuare, in linea di massima, in quale misura la riduzione dei compensi a carico dell'intera filiera della ricorrente incida sui margini di redditivita' delle imprese che compongono la filiera stessa. In esecuzione di tale ordinanza l'ADM ha allegato alla sua relazione delle tabelle, redatte in base ai conti giudiziali prodotti dai concessionari, dalle quali si evince che nel caso della societa' ricorrente: A) nell'anno 2013 la raccolta complessiva delle giocate e' stata pari ad € 2.831.568.159,70, la remunerazione complessiva della filiera e' stata pari ad € 236,827.582,43 e la remunerazione della sola societa' concessionaria e' stata pari ad € 60.607,900,33 mentre la remunerazione dei restanti operatori della filiera e' stata pari ad € 176.219.682,10; B) nell'anno 2014 la raccolta complessiva delle giocate e' stata pari ad € 2.844.310.177,75, la remunerazione complessiva della filiera e' stata pari ad € 258.600.681,99 e la remunerazione della sola societa' concessionaria e' stata pari ad € 80.290,990,59 mentre la remunerazione dei restanti operatori della filiera e' stata pari ad € 178.309.691,40. La societa' ricorrente, a sua volta, ha depositato copia dei conti economici relativi ai bilanci al 31 dicembre 2013 e al 31 dicembre 2014, nonche' una tabella riassuntiva, per ciascuno dei due anni, del valore aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione al netto del costo delle materie prime consumate e del costo dei servizi esterni e di altri eventuali costi di gestione), del margine operativo lordo (intendendosi per tale il valore aggiunto al netto del costo del lavoro) e del risultato operativo (intendendosi per tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti e degli accantonamenti della gestione tipica), nonche' una tabella relativa ai compensi complessivamente riconosciuti agli altri operatori della propria filiera negli anni 2013 e 2014. In particolare da tale documentazione si desume che: A) con riferimento al 31 dicembre 2013, a fronte di un valore della produzione pari a € 465.801.281,00, il valore aggiunto e' stato pari ad € 43.440.018,00, il margine operativo lordo e' stato pari a € 20.120.968,00 ed il risultato operativo e' stato pari a € 34.476,830, mentre il totale dei compensi riconosciuti agli altri operatori di filiera e' stato pari ad € 176.219.682,10; B) con riferimento al 31 dicembre 2014, a fronte di un valore della produzione pari a € 512.962.357,00, il valore aggiunto e' stato pari a € 117.191.361,00, il margine operativo lordo e' stato pari ad € 92.158.728,00 ed il risultato operativo e' stato pari a € 35.061.472, mentre il totale dei compensi riconosciuti agli altri operatori di filiera e' stato pari ad € 196.102.660,81. Alla fronte di tali dati il Collegio ritiene che non appaia superato il «limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico», indicato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2015, perche' - come gia' evidenziato da questa Sezione sin dall'ordinanza n. 1461 del 2015 - la sostenibilita' del prelievo dipende, a ben vedere, dal fatto che il taglio dei compensi si ripartisce su tutti gli operatori della filiera di ciascun concessionario. Pertanto nel caso della ricorrente il taglio dei compensi - pari ad € 37.792.340,12 - non puo' essere rapportato (come invece vorrebbe la societa' ricorrente) soltanto al suo risultato operativo (pari a € 35.061.472 nell'esercizio 2014), o al suo margine operativo lordo (pari ad € 92.158.728,00 nell'esercizio 2014), perche' deve essere contestualmente raffrontato anche con la remunerazione complessiva riconosciuta alla filiera della societa' ricorrente (unico dato disponibile in mancanza dei bilanci relativi agli altri operatori della filiera della ricorrente, che non sono parte del presente giudizio), che costituisce senz'altro un parametro attendibile per misurare l'impatto dell'intervento legislativo. In altri termini - ammettendo l'integrale e tempestiva contribuzione di tutti gli operatori di filiera che fa capo alla societa' ricorrente - non si determina (per usare le parole della Difesa erariale) «uno stravolgimento essenziale, ma una riduzione percentuale del guadagno», perche' nel caso della societa' ricorrente l'importo richiesto per l'anno 2015 e' comunque pari a circa 1/7 della remunerazione complessiva dell'intera filiera che fa capo alla ricorrente medesima, pari ad € 236.827.582,43 nel 2013 e ad € 258.600.681,99 nel 2014. 39. Fermo restando quanto precede, il Collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale della disposizione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 risulti non manifestamente infondata sotto altri profili. 40. Innanzi tutto tale disposizione appare effettivamente irragionevole nella parte in cui prevede - alla lettera b), del comma 649 - che i concessionari versino annualmente la somma di 500 milioni di euro «ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014». 41. In proposito giova preliminarmente ricordare che nella giurisprudenza costituzionale il canone della ragionevolezza e' da tempo assurto a clausola generale, quale limite immanente alla discrezionalita' del legislatore. Il giudizio di ragionevolezza, per lungo tempo caratterizzato dalla necessaria individuazione di un termine di raffronto (tertium comparationis) soltanto a fronte del quale la normativa denunciata puo' rivelarsi incostituzionale (schema di giudizio ternario), si e' progressivamente affrancato dal giudizio di comparazione ed e' divenuto un canone autonomo. L'autonomia della ragionevolezza rispetto al giudizio di eguaglianza appare con tutta evidenza nei casi in cui l'art. 3 Cost. viene evocato congiuntamente sotto il profilo della disparita' di trattamento e sotto il profilo della ragionevolezza, e la Corte argomenta distintamente per ciascuno dei due profili. 42. Cio' posto, si deve innanzi tutto considerare che il legislatore e' intervenuto nel dichiarato intento di anticipare il piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, nonche' di dare attuazione all'art. 14, comma 2, lettera g), della legge n. 23/2014. Tuttavia, mentre tale articolo prevede la revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori «secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate», la norma in contestazione prevede la riduzione dei compensi in quota proporzionale al numero di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del 31 dicembre 2014. Ne consegue che - sebbene sia stato fatto uno specifico riferimento alla norma che prevede la riduzione degli aggi e compensi secondo un «criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate» - il criterio introdotto per ripartire la riduzione dei compensi di 500 milioni di euro e' legato non gia' ad un dato di flusso, come i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un dato fisso, qual e' il numero di apparecchi esistenti e riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di ricognizione successiva. Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea a far ritenere che la disposizione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 si ponga in contrasto sia con il principio di ragionevolezza che con quello di uguaglianza. Premessa, infatti, l'intrinseca contraddittorieta' di una disposizione che afferma di voler dare attuazione ad una norma e poi in concreto se ne discosta, appare altresi' illogico il riferimento ad un dato statico (sia pure soggetto ad aggiornamento), quale il numero di apparecchi riferibile a ciascun concessionario ad una certa data, anziche' ad un dato dinamico, quale il volume delle giocate, perche' la capacita' di reddito di ogni singolo concessionario e della relativa filiera dovrebbe essere misurata in maniera ben piu' appropriata facendo riferimento all'entita' complessiva degli importi incassati, piuttosto che dal numero degli apparecchi agli stessi riferibili. In altri termini, il criterio individuato dal legislatore postula che ogni apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare non plausibile. Il criterio in esame appare in contrasto anche con il principio di uguaglianza perche' - essendo il numero di apparecchi riferibile a ciascun concessionario, di per se', non indicativo delle entrate del concessionario stesso - la ripartizione della riduzione dei compensi potrebbe andare a vantaggio degli operatori i cui apparecchi mediamente registrano un maggior volume di giocate e a detrimento degli operatori i cui apparecchi, invece, mediamente registrano un minor volume di giocate. Il criterio individuato dal legislatore appare, quindi, in contrasto con i canoni di ragionevolezza e parita' di trattamento, perche' presume che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la stessa potenzialita' di reddito, laddove quest'ultima dipende da una molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo, la differenza tra AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la strada in cui l'apparecchio e' situato nonche' la sua ubicazione all'interno del locale). Di converso il legislatore ben avrebbe potuto e dovuto introdurre un diverso criterio di ripartizione, capace di tener conto dei periodi di effettivo utilizzo degli apparecchi e della effettiva redditivita' degli stessi. Da ultimo la violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza discende anche dal fatto che - mentre la legge delega n. 23/2014 aveva previsto il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici e, quindi, del loro intero sistema - la norma in contestazione incide solo sul settore del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS e, per l'effetto, e' destinata solo ad un solo settore del gioco legale, sia pure di enorme rilievo economico. Ne consegue che la descritta irragionevole ripartizione del versamento imposto tra i concessionari potrebbe produrre anche un'alterazione della concorrenza, favorendo quelli che, in presenza di una redditivita' superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu' lato, favorendo operatori di altri settori del gioco legale. 43. La questione di legittimita' costituzionale della disposizione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 appare non manifestamente infondata anche con riferimento alla violazione dell'art. 41 Cost., che sancisce il principio di liberta' dell'iniziativa economica privata. Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di soggetti privati che, nell'intraprendere attivita' d'impresa, sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad una certa stabilita' nel tempo del rapporto concessorio gode di una particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art. 3 Cost., ma anche all'art. 41 Cost. In particolare, il legittimo affidamento dell'imprenditore implica l'aspettativa che le sopravvenienze normative non finiscano per vanificare l'iniziativa economica intrapresa e gli investimenti sostenuti. Infatti, se l'imprenditore evidentemente deve assumere su di se' i rischi d'impresa derivanti da mutamenti della situazione di fatto, lo stesso non puo' dirsi per le sopravvenienze normative che incidono sulle condizioni economiche stabilite nella convenzione accessiva al rapporto concessorio. 44. Cio' posto - se e' vero che, come gia' evidenziato, il taglio dei compensi, pur incidendo significativamente sul rapporto concessorio, non appare in contrasto con il principio di proporzionalita' scolpito nella sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2015 - tuttavia vi e' motivo di ritenere che, essendo il prelievo destinato ad operare a tempo indeterminato, la quantificazione dello stesso in misura fissa (500 milioni di euro), e non variabile in funzione della effettiva redditivita' degli apparecchi, potrebbe in futuro tradursi in un peso insostenibile per gli operatori del settore laddove i margini di redditivita' della stessa dovessero ridursi in misura notevole. In altri termini - se con riferimento ai dati del conto economico 2014 il versamento imposto alla societa' ricorrente in un'ottica di bilanciamento tra interessi costituzionalmente rilevanti non appare tale da violare il principio di proporzionalita' - di converso non e' possibile escludere che, laddove i volumi delle giocate dovessero drasticamente contrarsi nei prossimi anni, la determinazione del versamento in misura fissa (e non variabile, in funzione del volume delle giocate) potrebbe determinare un vero e proprio «stravolgimento» delle condizioni economiche pattuite in convenzione, con conseguente eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed i relativi operatori di filiera. 45. Parimenti irragionevoli e lesive della liberta' di iniziativa economica della societa' ricorrente appaiono: A) la previsione di cui alla lettera b) del comma 649, secondo la quale i concessionari «in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle convenzioni di concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro», nella parte in cui non prevede che i concessionari stessi non sono tenuti ad anticipare le somme non versate dagli altri operatori della filiera; B) la previsione di cui alla lettera c) del comma 649, secondo la quale i concessionari «ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati». 46. Tali disposizioni appaiono infatti idonee a riflettersi sulla liberta' contrattuale dei concessionari. In particolare, l'obbligo per gli operatori di filiera di versare l'intero ammontare della raccolta del gioco ai concessionari incide autoritativamente sui rapporti negoziali di diritto privato intrattenuti tra i detti soggetti esponendo i concessionari al rischio, non prevedibile ab origine, del mancato adempimento dell'obbligo degli operatori di filiera: mancato adempimento che non farebbe comunque venire meno l'obbligo del concessionario di versare allo Stato, nei termini indicati, l'importo, concernente l'intera filiera, quantificato nell'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015. Inoltre l'imposizione di una rinegoziazione dei contratti appare incompatibile con la incomprimibile autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad un nuovo e diverso accordo negoziale, laddove e' verosimile ritenere che per realizzare lo stesso obiettivo sarebbe stato sufficiente stabilire una riduzione «pro quota» ed «a cascata» dei compensi spettanti a tutti gli operatori di filiera senza imporre una rinegoziazione in via autoritativa. 47. Per tutte le ragioni innanzi esposte, il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 per violazione degli articoli 3 e 41, comma 1, Cost.. Pertanto si deve essere disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale, con contestuale sospensione del presente giudizio.
P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione seconda), non definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2277/2015, visti gli articoli 134 Cost., della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della legge n. 87/1953: dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 in relazione agli articoli 3 e 41, comma 1, Cost.; dispone la sospensione del presente giudizio e rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all'esito del giudizio incidentale promosso con la presente ordinanza, ai sensi degli articoli 79 e 80 cod. proc. amm.; ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall'autorita' amministrativa e che la stessa, a cura della Segreteria della Sezione, sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: Filoreto D'Agostino, Presidente; Elena Stanizzi, consigliere; Carlo Polidori, consigliere, estensore. Il Presidente: D'Agostino L'estensore: Polidori