N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 2015

Ordinanza del 16 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Soc. Lottomatica  Videolot  Rete
S.p.a. contro Agenzia delle dogane e dei monopoli e altri. 
 
Gioco e scommesse - Riduzione delle  risorse  statali,  a  titolo  di
  compenso, dei  concessionari  e  dei  soggetti  che  operano  nella
  gestione e raccolta del gioco  praticato  mediante  apparecchi  VLT
  (Video Lottery Terminal). 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2015)"), art. 1, comma 649. 
(GU n.36 del 7-9-2016 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                          (Sezione Seconda) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  2460  del  2015,  proposto  da  Soc.  Lottomatica
Videolot Rete  S.p.a.,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Alessandro Botto,  Filippo
Pacciani, Valeria  Viti,  Raffaella  Zagaria,  con  domicilio  eletto
presso lo Studio Legale Associato Legance in Roma, Via di San  Nicola
Da Tolentino, 67; 
    Contro  Agenzia  delle   dogane   e   dei   monopoli,   Ministero
dell'economia e delle finanze, Presidenza del Consiglio dei ministri,
in  persona  dei  rispettivi  legali  rappresentanti   pro   tempore,
rappresentati e  difesi  per  legge  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
    Nei confronti di Soc Las Vegas By Playpark Cbc Srl, Soc G  Matica
Srl; 
    e con l'intervento di ad opponendum: 
        Codacons, in persona del legale rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e difeso dagli Avv. Carlo Rienzi,  Gino  Giuliano,  con
domicilio eletto presso Ufficio legale nazionale  Codacons  in  Roma,
Viale Mazzini, 73; 
    per l'annullamento,  la  disapplicazione  e  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale  ed  europea,  previa  rimessione  alla
Corte costituzionale e alla Corte di giustizia: 
    del decreto dell'Agenzia delle dogane e  dei  monopoli  prot.  n.
4076/RU del 15 gennaio 2015, con il quale, in attuazione dell'art. 1,
comma 649, della legge n. 190 del 2014,  nel  modificare  la  vigente
concessione, e' stato stabilito  che  la  societa'  ricorrente  debba
versare, per l'anno 2015, l'importo di euro 96.539.243,48,  suddiviso
in due rate, di cui una, pari al 40% entro il 30 aprile 2015 ed  una,
pari al 60% entro il 31 ottobre 2015; 
    dell'art. 1,  comma  649,  della  legge  n.  190/2014  (Legge  di
stabilita'); 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione  in  giudizio  dell'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli, del Ministero dell'economia e delle finanze  e
della Presidenza del Consiglio dei ministri; 
    Visto l'atto di intervento ad opponendum del Codacons; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  21  ottobre  2015  il
consigliere Elena Stanizzi e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Premette in  fatto  la  societa'  odierna  ricorrente  di  essere
affidataria dal 2013, in  esito  ad  apposita  gara  pubblica,  della
concessione per l'attivazione e la conduzione  operativa  della  rete
per la gestione telematica del gioco lecito  mediante  apparecchi  da
divertimento  e  intrattenimento  e  di  aver   investito,   per   lo
svolgimento di tale attivita', circa 500 milioni di euro. 
    Rappresenta parte ricorrente che con l'art. 1, comma  649,  della
legge di stabilita' di cui alla legge  n.  190  del  2014,  e'  stata
introdotta   una   significativa   riduzione   dei    compensi    dei
concessionari, stabilendosi, in particolare, che, a decorrere dal  1°
gennaio 2015, «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di
finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino  della
misura degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli
altri operatori di filiera nell'ambito delle  reti  di  raccolta  del
gioco per conto dello Stato, in attuazione  dell'art.  14,  comma  2,
lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23,  e'  stabilita  in  500
milioni di euro su base annua la  riduzione,  a  decorrere  dall'anno
2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei
concessionari e dei soggetti che, secondo le  rispettive  competenze,
operano nella  gestione  e  raccolta  del  gioco  praticato  mediante
apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico  di  cui  al
regio decreto 18  giugno  1931,  n.  773.  Conseguentemente,  dal  1°
gennaio 2015: 
    a)  ai  concessionari  e'  versato  dagli  operatori  di  filiera
l'intero ammontare della raccolta  del  gioco  praticato  mediante  i
predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate.  I  concessionari
comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli
operatori di filiera che non effettuano  tale  versamento,  anche  ai
fini dell'eventuale  successiva  denuncia  all'autorita'  giudiziaria
competente; 
    b) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche  loro
attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a
titolo di imposte ed altri oneri  dovuti  a  legislazione  vigente  e
sulla  base  delle  convenzioni  di  concessione,  versano   altresi'
annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e
di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di
apparecchi ad essi riferibili alla data del  31  dicembre  2014.  Con
provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli,
adottato  entro  il  15  gennaio  2015,  previa  ricognizione,   sono
stabiliti il numero degli apparecchi di cui all'art.  110,  comma  6,
lettere a) e b), del testo unico di cui al regio  decreto  18  giugno
1931,  n.  773,  riferibili  a  ciascun  concessionario,  nonche'  le
modalita' di effettuazione del versamento. Con analogo  provvedimento
si  provvede,  a   decorrere   dall'anno   2016,   previa   periodica
ricognizione, all'eventuale  modificazione  del  predetto  numero  di
apparecchi; 
    c) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche  loro
attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le  somme
residue, disponibili per aggi e  compensi,  rinegoziando  i  relativi
contratti e versando gli aggi  e  compensi  dovuti  esclusivamente  a
fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati.». 
    In attuazione di tale norma, e' stato adottato il gravato decreto
dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli datato 15 gennaio 2015,  con
il quale e' stato determinato il numero degli apparecchi riferibili a
ciascuno dei concessionari ripartendo tra gli stessi, su tale base  e
in maniera proporzionale, il versamento annuale dell'importo  di  500
milioni di euro da effettuarsi nella  misura  del  40%  entro  il  30
aprile 2015 ed il residuo 60% entro il 31 ottobre, determinando in  €
96.539.243,48  l'importo  dovuto  dalla  ricorrente  a  fronte  della
ricognizione degli apparecchi alla stessa riferibili. 
    Si sofferma parte ricorrente sull'illustrazione della  disciplina
normativa  di  riferimento,  come  modificatasi  nel  tempo,  nonche'
dell'assetto dei rapporti intercorrenti tra l'Agenzia delle dogane  e
dei monopoli, i  concessionari  e  gli  operatori  di  filiera,  come
regolati dallo schema di convenzione di concessione, precisando  come
il compenso a favore dei gestori  e  degli  esercenti  sia  stabilito
sulla  base  di  accordi  contrattuali  tra   questi   ultimi   e   i
concessionari - che ricevono dai gestori e dagli esercenti  l'importo
residuo, ovvero l'importo risultante dalla differenza tra la raccolta
di gioco tramite apparecchi, le vincite erogate sugli apparecchi e le
vincite pagate in sala,  e  il  compenso  contrattualmente  spettante
all'incaricato del versamento - mentre il  concessionario  percepisce
un compenso omnicomprensivo, determinato sulla  base  della  raccolta
del gioco al netto di quanto dovuto all'Agenzia (a titolo  di  canone
di concessione e di deposito cauzionale),  all'erario  (a  titolo  di
imposte, tra cui il PREU), agli  utenti  (le  vincite),  ai  soggetti
contrattualizzati per la raccolta dell'importo residuo. 
    Precisa, quindi, parte ricorrente come sulla base di tale assetto
dei rapporti abbia ponderato la propria offerta, facendosi carico  di
ingenti  investimenti  e  finalizzando  la   propria   attivita'   al
perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario. 
    Tale  assetto  e'  stato  profondamente  inciso,  sostiene  parte
ricorrente, per effetto dell'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190
del 2014, che modifica con effetti retroattivi un rapporto di  durata
consolidatosi sulla base di scelte imprenditoriali compiute sotto  la
previgente normativa. 
    Avverso il  decreto  impugnato,  nonche'  avverso  la  disciplina
normativa di cui  lo  stesso  costituisce  attuazione,  deduce  parte
ricorrente i seguenti motivi di censura: 
I  -  Illegittimita'  derivata  del  decreto   dalla   illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 649 della legge 23 dicembre 2014 n.
190 per violazione degli articoli 3, 41, 42 e 97 della Costituzione. 
    Sostiene parte ricorrente l'incostituzionalita' della norma posta
a fondamento del decreto impugnato in quanto, nell'incidere in misura
ablativa, con efficacia  retroattiva,  su  rapporti  di  durata,  non
risulta rispettosa dei limiti  imposti  all'esercizio  dell'attivita'
legislativa, non potendo mere esigenze di  risparmio  e  di  bilancio
pubblico integrare quelle esigenze  straordinarie  che  sole  possono
giustificare la modifica in senso sfavorevole  della  disciplina  dei
rapporti di durata, e non rivestendo la contestata  misura  carattere
temporaneo e circoscritto. 
    Nel  ricordare,  inoltre,  parte  ricorrente,  che   l'intervento
normativo va ad incidere su diritti soggettivi perfetti scaturenti da
atti  convenzionali,  sulla  cui  base  sono  stati   calibrati   gli
investimenti,  nel  modificarli  autoritativamente  integrerebbe  una
violazione della liberta' di iniziativa economica e dei  principi  di
tutela dell'affidamento e di certezza giuridica. 
    Mancherebbe, inoltre, sostiene parte ricorrente, la previsione di
meccanismi di riequilibrio o di compensazione del sacrificio  imposto
- limitandosi la norma a prevedere una  generica  rinegoziazione  dei
contratti  con  gli  operatori   di   filiera   -   con   conseguente
irragionevolezza della nuova disciplina. 
    Lamenta ancora parte  ricorrente  la  mancata  previsione  di  un
regime transitorio e di un termine ragionevole per  l'adeguamento  al
mutato assetto normativo  che  introduce  nuovi  obblighi  fortemente
incisivi su posizioni giuridiche consolidate, violando  il  patto  di
fiducia tra Stato e cittadini. 
II  -   Ulteriore   illegittimita'   del   decreto   derivata   dalla
illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge  23
dicembre 2014 n. 190 per violazione degli articoli 3,  41,  42  e  97
della Costituzione. 
    Lamenta parte ricorrente come la contestata norma -  nell'imporre
al concessionario di riscuotere tutte le  somme  dagli  operatori  di
filiera per poi procedere alla corresponsione del compenso  a  questi
ultimi dovuto solo a seguito della  rinegoziazione  dei  contratti  -
implichi  una  illegittima  ingerenza  dello   Stato   nell'autonomia
contrattuale, facendo ricadere sul  concessionario  pesanti  obblighi
contabili nonche' le difficolta' connesse alla rinegoziazione. 
    Sotto altro profilo, denuncia parte ricorrente  l'illogicita'  di
parametrare il versamento  imposto  ai  concessionari  al  numero  di
apparecchi agli stessi riferibili al 31 dicembre 2014, trattandosi di
dato suscettibile di variazioni. 
III  -  Illegittimita'  derivata  del  decreto   per   illegittimita'
dell'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre  2014  n.  190  quale
«legge provvedimento». Violazione degli articoli 3, 41, 42 e 97 della
Costituzione. 
    Tenuto conto del contenuto della disposizione di cui all'art.  1,
comma 649, della legge 23 dicembre 2014 n. 190,  la  stessa  sarebbe,
sostiene parte ricorrente, annoverabile tra le leggi provvedimento, e
come tale, non risponderebbe ai requisiti  di  ragionevolezza  e  non
arbitrarieta'   che   consentono   di   ritenerne   la   legittimita'
costituzionale. 
IV - Illegittimita' derivata del  decreto  per  illegittimita'  della
norma per violazione dell'art. 1 del Protocollo 1  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali. Violazione dell'art. 117 della Costituzione, violazione
del principio  del  legittimo  affidamento  di  rilevanza  europea  e
violazione   dei   diritti   quesiti.   Eccesso   di    potere    per
irragionevolezza ed evidente sproporzione degli  oneri  gravanti  sul
concessionario. 
    Denuncia  parte  ricorrente  la  violazione,  per  effetto  della
contestata  norma,  del  principio  del  legittimo  affidamento  alla
conservazione dei diritti  contrattuali  acquisiti,  con  conseguente
affermata necessita' della sua  disapplicazione  o  rimessione  della
questione alla Corte di giustizia o alla Corte costituzionale. 
V - Illegittimita' autonoma del decreto per  violazione  dell'art.  3
della concessione e violazione dell'art. 17, comma 25, della legge n.
127 del 1995. Violazione del giusto procedimento. Eccesso  di  potere
per difetto di motivazione. 
    Il gravato decreto si porrebbe in  contrasto  con  le  previsioni
contenute   nella   convenzione   di   concessione   in    precedenza
sottoscritta, ai sensi della quale le variazioni  e  le  integrazioni
della  convenzione  devono  essere  recepite  in  un  apposito   atto
aggiuntivo, da sottoporre  al  parere  preventivo  del  Consiglio  di
Stato. 
    Nell'indicare,  inoltre,  parte  ricorrente  gli  aspetti   della
convenzione che vengono incisi dal decreto senza che si provveda alla
loro  sostituzione,   evidenzia   come   gli   effetti   ricadrebbero
interamente sui concessionari, senza che vi  sia  alcun  criterio  in
ordine alle modalita' di ripartizione del sacrificio imposto,  tenuto
conto dell'assenza di potere esattivo in capo ai concessionari. 
VI - Illegittimita' autonoma  del  decreto  per  violazione  e  falsa
applicazione degli articoli 30 e 143 del decreto legislativo  n.  163
del 2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in
particolare, per illogicita' e irragionevolezza.  Eccesso  di  potere
per  irragionevolezza  manifesta  e  violazione  del   principio   di
autonomia contrattuale. 
    Si riporta parte  ricorrente  al  diritto  dei  concessionari  di
servizi di garantire  l'operativita'  della  gestione  attraverso  un
piano economico  finanziario  che  assicuri  la  remunerazione  degli
investimenti - di cui all'art. 30 del decreto legislativo n. 163  del
2006 - laddove il contestato intervento modifica  i  parametri  sulla
cui base vi e' stata  l'assunzione  del  rischio  di  gestione  della
concessione,   tenuto   conto   dell'aleatorieta'   della    prevista
rinegoziazione dei contratti  con  gli  operatori  di  filiera  e  la
conseguente necessita' per i concessionari  di  anticipare  tutta  la
somma. 
    Chiede,   quindi,   parte    ricorrente,    l'annullamento    dei
provvedimenti impugnati previa rimessione alla  Corte  costituzionale
della questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
649, della legge n. 190 del 2014, ovvero  rimessione  alla  Corte  di
giustizia  della  questione  interpretativa  circa   il   vaglio   di
conformita' al diritto dell'Unione delle disposizioni contestate. 
    Si sono costituite  in  resistenza  le  intimate  Amministrazioni
contestando,   con   analitica   memoria,   la    fondatezza    delle
argomentazioni prospettate concludendo per il rigetto del ricorso. 
    Il  Codacons,  dopo  avere  ampiamente  dedotto   sulla   propria
legittimazione, e' intervenuto ad opponendum. 
    L'istanza cautelare incidentalmente proposta da parte  ricorrente
e' stata respinta con ordinanza di questa Sezione 2  aprile  2015  n.
1464 per le seguenti ragioni: 
    «Considerato che - nel contemperamento dei contrapposti interessi
-  le  esigenze  cautelari  addotte  dalla  societa'  ricorrente  non
giustificano la  concessione  della  richiesta  tutela  cautelare  in
quanto: 
    A) l'importo del versamento da effettuare, da  parte  dell'intera
filiera del gioco legale, alla data del 30 aprile 2015, ammonta a 200
mln di euro; 
    B) non appare compiutamente dimostrato che, ottemperando tutti  i
soggetti della filiera a quanto disposto dal provvedimento  impugnato
e dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del  2014,  sussista  un
pregiudizio irreparabile nelle more della decisione  del  merito  del
ricorso, per la quale - tenuto conto della rilevanza degli  interessi
dell'Erario e di tutti gli operatori della filiera del gioco legale -
si ritiene di fissare la pubblica udienza del 1° luglio 2015». 
    Con successiva  ordinanza  30  luglio  2015,  n.  104790,  questa
Sezione ha cosi' disposto: 
        «Visto che l'art. 1, comma 649, della legge n. 190  del  2014
(legge di stabilita' 2015), a fini di concorso al miglioramento degli
obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione  del  piu'  organico
riordino  della  misura  degli  aggi  e  dei  compensi  spettanti  ai
concessionari e agli altri operatori  di  filiera  nell'ambito  delle
reti di raccolta del gioco  per  conto  dello  Stato,  in  attuazione
dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n.  23,
ha stabilito in 500 milioni di euro su base  annua  la  riduzione,  a
decorrere dall'anno 2015, delle risorse  statali  a  disposizione,  a
titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo  le
rispettive competenze, operano nella gestione e  raccolta  del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo
unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931; 
    Visto che, ai sensi dell'art. 1, comma  649,  lettera  c),  della
legge n. 190 del 2014, i concessionari, nell'esercizio delle funzioni
pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati; 
    Visto che l'impugnato decreto dell'Agenzia  delle  dogane  e  dei
monopoli  del  15  gennaio  2015,  ha  determinato,  ai  fini   della
ripartizione del versamento del detto importo di 500 milioni di euro,
il numero degli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettere a) e
b), del regio decreto n. 773 del 1931,  e  successive  modificazioni,
riferibili a ciascuno concessionario alla data del 31 dicembre  2014,
provvedendo  a   ripartire   il   versamento   annuale   in   maniera
proporzionale  al  numero  di   apparecchi   riferibili   a   ciascun
concessionario; 
    Rilevato che la citata norma introdotta dalla legge di stabilita'
2015 e' destinata ad incidere sui margini di  redditivita'  derivanti
dallo svolgimento delle attivita' affidate ai  concessionari  con  le
convenzioni di concessione stipulate con l'Agenzia delle dogane e dei
monopoli; 
    Rilevato che l'Avvocatura Generale  dello  Stato,  nella  propria
memoria  difensiva,  ha  rappresentato  che,  nel  2013,   le   somme
disponibili per compensi alla filiera di gioco mediante apparecchi da
divertimento  ed  intrattenimento,  compresi  i  concessionari,  sono
risultate di poco inferiore  ai  5  miliardi  di  euro,  attestandosi
attorno al 10% della raccolta (47,8 miliardi di  euro),  mentre,  nel
2014,  le  somme  restituite  alla  filiera  si  sono   incrementate,
attestandosi a circa 6 miliardi di euro, pari al 12% della  raccolta,
per cui la riduzione  di  tali  somme,  individuate  dalla  legge  di
stabilita'  2015  in  500  milioni  di  euro,  avrebbe  una   portata
equivalente  all'1,06%  della  raccolta  di  gioco  ed  all'8,3%  dei
compensi della filiera; 
    Rilevato che quanto  rappresentato  dall'Avvocatura  dello  Stato
sembra misurare l'incidenza dell'intervento  legislativo  sui  ricavi
netti delle vendite e delle prestazioni dei soggetti  della  filiera,
vale a dire sulla differenza tra le  poste  di  gioco  e  le  vincite
pagate, nonche' le imposte ed altri oneri dovuti allo Stato; 
    Ritenuto necessario, ai fini del decidere, individuare il livello
di incidenza dell'intervento legislativo anche sugli altri margini di
redditivita' dell'impresa; 
    Ritenuto   necessario,   di   conseguenza,   disporre   che    il
concessionario ricorrente depositi in giudizio: 
        copia del conto economico relativo al bilancio al 31 dicembre
2013 e copia del conto economico relativo al bilancio al 31  dicembre
2014, ove approvato dall'Assemblea  ordinaria,  accompagnato  da  una
tabella riassuntiva, per ciascuno dei due anni, del  valore  aggiunto
(intendendosi per tale il valore della produzione al netto del  costo
delle materie prime consumate e del costo dei servizi  esterni  e  di
altri eventuali costi  di  gestione),  del  margine  operativo  lordo
(intendendosi per tale il valore aggiunto  al  netto  del  costo  del
lavoro) e del risultato operativo (intendendosi per tale  il  margine
operativo lordo al netto degli ammortamenti  e  degli  accantonamenti
della gestione tipica); 
        una  tabella  riassuntiva   dei   compensi   complessivamente
riconosciuti negli anni  2013  e  2014  agli  altri  operatori  della
propria filiera, con espressa indicazione circa l'appostazione  degli
stessi nel conto  economico  tra  i  costi  della  produzione  e,  in
particolare, tra i costi per servizi o in altra voce; 
    Ritenuto altresi' di disporre che l'Agenzia delle  dogane  e  dei
monopoli depositi in giudizio una dettagliata relazione,  per  quanto
di propria conoscenza, in ordine all'aggregazione dei  suddetti  dati
richiesti al  concessionario  ricorrente  per  l'intero  settore  dei
giochi in discorso, nonche' comprensiva di ogni  ulteriore  eventuale
chiarimento sull'incidenza dell'intervento legislativo sui margini di
redditivita' delle imprese del settore; 
    Ritenuto che detta documentazione dovra' essere depositata presso
la segreteria della Sezione entro il termine di  venti  giorni  dalla
comunicazione in via amministrativa o  notificazione,  se  anteriore,
della presente ordinanza; 
    Ritenuto di fissare l'udienza pubblica del 21  ottobre  2015  per
l'ulteriore trattazione della controversia». 
    La ricorrente  e  l'amministrazione  resistente,  per  quanto  di
rispettiva competenza, hanno adempiuto  l'incombente  istruttorio  e,
unitamente al Codacons, hanno prodotto altre memorie  a  sostegno  ed
illustrazione delle rispettive ragioni. 
    La causa e' stata trattenuta in  decisione  all'udienza  pubblica
del 21 ottobre 2015. 
    2. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli gestisce  l'offerta  del
gioco lecito tramite apparecchi da divertimento ed intrattenimento di
cui all'art. 110, comma  6,  del  TULPS  ed  a  tal  fine  seleziona,
attraverso procedure ad evidenza pubblica, i soggetti cui affidare in
concessione la realizzazione e conduzione della rete per la  gestione
telematica del gioco. 
    I  concessionari,  che  hanno  sottoscritto  una  convenzione  di
concessione di durata novennale, sono attualmente tredici. 
    Gli apparecchi da divertimento  e  intrattenimento  sono  di  due
tipi: le Amusement With Prizes (AWP)  e  le  Video  Lottery  Terminal
(VLT). 
    Le AWP sono  apparecchi  che  vengono  installati  principalmente
presso esercizi generalisti primari (come, ad esempio,  i  bar  e  le
rivendite di tabacchi), denominati «esercenti», ed  operano  con  una
posta massima di 1 euro a fronte di una possibile vincita massima  di
100 euro. Tali apparecchi, generalmente, sono acquistati o noleggiati
da operatori  terzi,  i  cc.dd.  «gestori»,  che  si  occupano  anche
dell'installazione  e  della  manutenzione  presso  gli  «esercenti»,
titolari di esercizi commerciali dotati di  specifica  autorizzazione
ai sensi del TULPS, a loro volta convenzionati con gli stessi gestori
o con i concessionari. 
    Nella filiera del  comparto  delle  VLT,  invece,  e'  di  solito
assente il gestore perche' gli apparecchi sono  forniti  direttamente
dal  concessionario,  che  si  prende  carico  dell'intera   gestione
operativa degli stessi. La posta di gioco con le  VLT  e'  consentita
fino a 100 euro, mentre la vincita conseguibile arriva fino  a  5.000
euro. 
    I rapporti tra lo Stato  ed  i  concessionari  sono  regolati  da
apposite convenzioni, mentre i rapporti tra concessionari, gestori ed
esercenti sono regolati da contratti  di  diritto  privato,  che  non
rispondono a modelli tipo  redatti  o  approvati  dall'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli. 
    Il  compenso  spettante  ai  concessionari,  come  gia'   esposto
nell'illustrazione dei motivi di impugnativa,  e'  calcolato  in  via
residuale, in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti: 
    le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere  inferiori
al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); 
    gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed
esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato con gli stessi
stipulati; 
    gli importi dovuti  all'Agenzia  delle  dogane  e  dei  monopoli,
principalmente a titolo di canone di concessione; 
    gli importi dovuti all'Erario, principalmente il  PREU  ai  sensi
dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con
legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge  n.  266
del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate  per  gli  apparecchi
AWP ed al 5% delle giocate per gli apparecchi VLT. 
    La remunerazione  dei  concessionari  e  dell'intera  filiera  di
gestori  ed  esercenti  che  ad  essi  fa  capo,   quindi,   proviene
dall'insieme delle giocate ed e' carico  dello  Stato  in  quanto  il
denaro, una volta inserito  nell'apparecchio  da  gioco,  diviene  di
proprieta' dello Stato. 
    3. L'art. 14 della legge n. 23 del 2014 ha delegato il Governo ad
attuare «il riordino delle disposizioni vigenti in materia di  giochi
pubblici, riordinando tutte le norme in vigore  in  un  codice  delle
disposizioni sui giochi,  fermo  restando  il  modello  organizzativo
fondato  sul  regime  concessorio   e   autorizzatorio,   in   quanto
indispensabile  per  la  tutela  della  fede,  dell'ordine  e   della
sicurezza pubblici, per il contemperamento degli  interessi  erariali
con quelli  locali  e  con  quelli  generali  in  materia  di  salute
pubblica,  per  la  prevenzione  del  riciclaggio  dei  proventi   di
attivita' criminose, nonche' per garantire il regolare  afflusso  del
prelievo tributario gravante sui giochi». 
    Tra i principi e criteri direttivi cui dovra'  essere  improntato
il riordino, la lettera g) del secondo comma  prevede  la  «revisione
degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli  altri
operatori secondo un criterio di progressivita' legata ai  volumi  di
raccolta delle giocate». 
    L'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190  del  2014  (legge  di
stabilita' per il 2015), nelle more, ha stabilito che: 
        «A fini di  concorso  al  miglioramento  degli  obiettivi  di
finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino  della
misura degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli
altri operatori di filiera nell'ambito delle  reti  di  raccolta  del
gioco per conto dello Stato, in attuazione  dell'art.  14,  comma  2,
lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23,  e'  stabilita  in  500
milioni di euro su base annua la  riduzione,  a  decorrere  dall'anno
2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei
concessionari e dei soggetti che, secondo le  rispettive  competenze,
operano nella  gestione  e  raccolta  del  gioco  praticato  mediante
apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico  di  cui  al
regio decreto 18  giugno  1931,  n.  773.  Conseguentemente,  dal  1°
gennaio 2015: 
          ai concessionari e' versato dagli operatori  della  filiera
l'intero ammontare della raccolta  del  gioco  praticato  mediante  i
predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate.  I  concessionari
comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli
operatori di filiera che non effettuano  tale  versamento,  anche  ai
fini dell'eventuale  successiva  denuncia  all'autorita'  giudiziaria
competente; 
          i concessionari, nell'esercizio  delle  funzioni  pubbliche
loro  attribuite,  in  aggiunta   a   quanto   versato   allo   Stato
ordinariamente,  a  titolo  di  imposte  ed  altri  oneri  dovuti   a
legislazione vigente e sulla base elle  convenzioni  di  concessione,
versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i
mesi di  aprile  e  di  ottobre  di  ogni  anno,  ciascuno  in  quota
proporzionale al numero di apparecchi ad essi  riferibili  alla  data
del 31 dicembre 2014. Con provvedimento  del  direttore  dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli,  adottato  entro  il  15  gennaio  2015,
previa ricognizione, sono stabiliti il numero  degli  apparecchi  ...
riferibili  a  ciascun  concessionario,  nonche'  le   modalita'   di
effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si  provvede,
a  decorrere   dall'anno   2016,   previa   periodica   ricognizione,
all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi; 
          i concessionari, nell'esercizio  delle  funzioni  pubbliche
loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di  filiera  le
somme residue,  disponibili  per  aggi  e  compensi,  rinegoziando  i
relativi  contratti  e  versando   gli   aggi   e   compensi   dovuti
esclusivamente  a   fronte   della   sottoscrizione   dei   contratti
rinegoziati». 
    L'Agenzia delle dogane e dei monopoli,  con  l'impugnato  decreto
direttoriale del 15 gennaio 2015,  ai  fini  della  ripartizione  del
versamento  dell'anzidetto  importo  di  500  milioni  di  euro,   ha
individuato  il  numero  degli  apparecchi   riferibile   a   ciascun
concessionario alla data del 31 dicembre 2014, per cui  ha  ripartito
in  maniera  proporzionale  il  versamento  a   carico   di   ciascun
concessionario (alla Societa' ricorrente, per  un  totale  di  79.965
apparecchi  riferibili,  e'  stato  imposta  una  quota  annuale   di
versamento   di   euro   96.539.243,48),   stabilendo   che   ciascun
concessionario effettua il versamento nella misura del 40%  entro  il
30 aprile 2015 e per il residuo 60% entro il 31 ottobre 2015. 
    Ne consegue che, in ragione del disposto della norma di legge  la
cui legittimita' costituzionale e'  in  questa  sede  contestata,  il
compenso spettante ai concessionari e' ora calcolato in  via  residua
sottraendo al totale delle somme  raccolte  non  soltanto  quanto  in
precedenza esposto, vale a dire: 
    le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere  inferiori
al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); 
    gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed
esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato con gli stessi
stipulati; 
    gli importi dovuti  all'Agenzia  delle  dogane  e  dei  monopoli,
principalmente a titolo di canone di concessione; 
    gli importi dovuti all'Erario, principalmente il  PREU  ai  sensi
dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con
legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge  n.  266
del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate  per  gli  apparecchi
AWP ed al 5% per gli apparecchi VLT; 
    ma anche: 
        il versamento dovuto allo Stato ai sensi dell'art.  1,  comma
649, lettera b), della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per
il 2015). 
    4. Il Collegio ritiene che sia  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 649, della legge n. 190 del 2014. 
    4.1 La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della
decisione  della   controversia   in   quanto   l'impugnato   decreto
direttoriale del 15 gennaio 2015 e' stato adottato nell'esercizio  di
un potere del tutto  vincolato  e,  in  particolare,  nella  doverosa
applicazione della richiamata norma di legge, sicche' la  definizione
del presente  giudizio  discende  inevitabilmente  dalla  risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale. 
    4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della  decisione
della controversia, non e' manifestamente infondata alla  luce  degli
insegnamenti della Corte costituzionale in subiecta materia. 
    La Corte costituzionale, con sentenza n. 92 del 22  maggio  2013,
ha  giudicato  costituzionalmente  illegittimo,  per  violazione  del
principio di ragionevolezza, l'art. 38,  commi  2,  4,  6  e  10  del
decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003
nella parte in cui determina effetti retroattivi in peius sul  regime
dei compensi spettanti ai custodi di veicoli sottoposti a  sequestro,
fermo amministrativo e confisca. 
    In tale circostanza, il Giudice delle leggi ha rappresentato  che
la ragionevolezza complessiva della trasformazione  alla  quale  sono
stati assoggettati i rapporti negoziali deve «essere  apprezzata  nel
quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli  interessi
- tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro  di
cui all'art. 3 Cost. -  che  risultano  nella  specie  coinvolti;  ad
evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della  finanza
pubblica   possa   risultare,   sempre   e    comunque,    e    quasi
pregiudizialmente, legittimata a  determinare  la  compromissione  di
diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi,  sia
individuali, sia anche collettivi». 
    La Corte, nella successiva sentenza n. 56 del 2015, ha dichiarato
non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1,
comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento  agli  articoli
3, 41, comma primo, e 42, terzo comma, Cost.;  tali  norme  prevedono
l'aggiornamento dello  schema  tipo  di  convenzione  accessiva  alle
concessioni per l'esercizio e la  raccolta  non  a  distanza,  ovvero
comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo  che  i
concessionari siano dotati dei nuovi «requisiti» e accettino i  nuovi
«obblighi» prescritti, rispettivamente, nelle lettere  a)  e  b)  del
comma 78, e  che  i  contenuti  delle  convenzioni  in  essere  siano
adeguati agli «obblighi» di cui sopra. 
    La legge n. 220 del 2010 (legge di stabilita' per  il  2011),  in
particolare, ha introdotto le norme oggetto di censura a garanzia  di
plurimi interessi pubblici, quali la trasparenza, la  pubblica  fede,
l'ordine pubblico  e  la  sicurezza,  la  salute  dei  giocatori,  la
protezione dei minori e delle fasce di giocatori adulti piu'  deboli,
la protezione degli  interessi  erariali  relativamente  ai  proventi
pubblici derivanti dalla raccolta del gioco; con esse,  sia  i  nuovi
concessionari,  sia  i  titolari  delle  concessioni  in  corso  sono
assoggettati a nuovi «obblighi», in prevalenza di natura  gestionale,
diretti al mantenimento di indici di solidita' patrimoniale per tutta
la durata del rapporto ed  a  questi  si  affiancano  «obblighi»  che
concorrono alla protezione  dei  consumatori  e  alla  riduzione  dei
rischi  connessi  al  gioco  o  che  introducono  clausole  penali  e
meccanismi diretti a rendere effettive le cause  di  decadenza  della
concessione.  Sono  infine  previsti   «obblighi»   di   prosecuzione
interinale dell'attivita' e di cessione non onerosa o di  devoluzione
all'amministrazione  concedente,  su  sua   richiesta,   della   rete
infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco  dopo  la  scadenza
del rapporto. 
    Nel caso richiamato, si e' posto in rilievo che  «il  valore  del
legittimo affidamento riposto nella  sicurezza  giuridica  trova  si'
copertura costituzionale nell'art. 3 Cost., ma non  gia'  in  termini
assoluti  ed  inderogabili.  Per  un  verso,  infatti,  la  posizione
giuridica che da' luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza
nel tempo  di  un  determinato  assetto  regolatorio  deve  risultare
adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per  un  periodo
sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico
sostanziale atto a  far  sorgere  nel  destinatario  una  ragionevole
fiducia nel suo mantenimento. Per  altro  verso,  interessi  pubblici
sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a  incidere
peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l'unico  limite
della proporzionalita'  dell'incisione  rispetto  agli  obiettivi  di
interesse pubblico». 
    Ne consegue che «non e'  affatto  interdetto  al  legislatore  di
emanare  disposizioni  le  quali  vengano  a  modificare   in   senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti  di  durata,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti,  unica  condizione  essendo  che  tali   disposizioni   non
trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo  a
situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti,  l'affidamento
dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento
fondamentale dello Stato di diritto». 
    Nella fattispecie in esame, gli interessi pubblici tutelati  sono
individuabili nella necessita', a fronte della profonda e  perdurante
crisi finanziaria che ha  progressivamente  colpito  anche  lo  Stato
italiano, di un maggiore concorso agli obiettivi di finanza  pubblica
da parte della filiera che opera nella gestione e raccolta del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'art.  110,  comma  6,  Testo
unico n. 773 del 1931. 
    Al fine di valutare  il  superamento  o  meno  del  limite  della
proporzionalita' rispetto agli obiettivi di  interesse  pubblico,  la
Sezione, con ordinanza del 30 luglio  2015,  ha  disposto  incombenti
istruttori a carico delle parti per individuare, in linea di massima,
in che misura la riduzione del  compenso  di  500  milioni  a  carico
dell'intera filiera incida sui margini di redditivita' della  singola
impresa. 
    La Societa' ricorrente ha depositato  copia  dei  bilanci  al  31
dicembre 2013  e  al  31  dicembre  2014,  il  Prospetto  del  valore
aggiunto, del margine  operativo  lordo  e  del  risultato  operativo
relativi agli esercizi chiusi al 31 dicembre 2013 e  al  31  dicembre
2014 nonche' il Prospetto dei compensi riconosciuti negli anni 2013 e
2014 agli altri operatori della propria filiera. 
    In tale documentazione vengono quindi riportati i  dati  relativi
al valore aggiunto (intendendosi per tale il valore della  produzione
al netto del costo delle materie prime  consumate  e  del  costo  dei
servizi esterni e di altri eventuali costi di gestione),  al  margine
operativo lordo (intendendosi per tale il valore  aggiunto  al  netto
del costo del lavoro) ed al  risultato  operativo  (intendendosi  per
tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti  e  degli
accantonamenti della gestione  tipica)  Da  tale  documentazione,  e'
emerso che: 
        con riferimento al 31 dicembre 2013, a fronte  di  un  valore
della produzione di euro 558.576.782, il  valore  aggiunto  e'  stato
pari a euro 181.130.872, il margine operativo lordo e' stato  pari  a
euro 170.614.895 ed il risultato  operativo  e'  stato  pari  a  euro
114.732.571; il totale dei compensi riconosciuti  agli  operatori  di
filiera e' stato pari ad euro 613.322.970; 
        con riferimento al 31 dicembre 2014, a fronte  di  un  valore
della produzione di euro 540.298.269, il  valore  aggiunto  e'  stato
pari a euro 190.476.952, il margine operativo lordo e' stato pari  ad
euro 180.696.769 ed il risultato  operativo  e'  stato  pari  a  euro
120.481.454; il totale dei compensi riconosciuti  agli  operatori  di
filiera e' stato pari ad euro 624.967.011. 
    Il versamento imposto, pertanto, e'  destinato  ad  incidere  sui
proventi dell'intera filiera facente  capo  al  concessionario  nella
misura approssimativa del 12% considerando il margine operativo lordo
con riferimento ai risultati economici del 2013. 
    Quanto ai risultati economici del  2014  l'incidenza  si  attesta
sull'11,96%. 
    L'incidenza della riduzione dei compensi, infatti, e' determinata
dal rapporto tra l'importo di  tale  riduzione  e  la  somma  tra  il
margine operativo lordo e il totale  dei  compensi  riconosciuti  dal
concessionario agli operatori della propria filiera. 
    Tale incidenza non appare ictu oculi violativa del  principio  di
proporzionalita', vale a  dire  del  «limite  della  proporzionalita'
dell'incisione  rispetto  agli  obiettivi  di  interesse   pubblico»,
indicato dalla richiamata sentenza della Corte costituzionale  n.  56
del 2015. 
    Il Collegio, tuttavia, ritiene che la norma di  cui  all'art.  1,
comma 649, della legge di  stabilita'  per  il  2015  presenti  altri
profili che rendono la questione di legittimita'  costituzionale  non
manifestamente infondata in relazione agli articoli 3 e 41, comma  1,
Cost. 
    Viene qui in rilievo il canone di ragionevolezza,  assurto  nella
giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite
immanente all'esercizio della discrezionalita' del legislatore. 
    Tale giudizio di ragionevolezza, per lungo  tempo  caratterizzato
dalla necessaria individuazione di un termine di  raffronto  (tertium
comparationis) soltanto a fronte del quale  la  normativa  denunciata
puo' rivelarsi incostituzionale (schema di giudizio ternario), si  e'
via via affrancato dal giudizio di comparazione  ed  e'  divenuto  un
canone autonomo. 
    L'autonomia  della  ragionevolezza  rispetto   al   giudizio   di
eguaglianza appare con tutta evidenza laddove l'art.  3  Cost.  viene
evocato  congiuntamente  sotto  il  profilo   della   disparita'   di
trattamento e sotto il  profilo  della  ragionevolezza,  e  la  Corte
argomenta distintamente per ciascuno dei due profili. 
    Il Collegio ritiene che la norma  contestata  presenti  dubbi  di
compatibilita' costituzionale con riferimento sia  al  profilo  della
disparita' di trattamento sia al profilo della ragionevolezza. 
    Con riguardo alla ragionevolezza, va in primo  luogo  considerato
che l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata  anticipazione
del piu' organico riordino della misura degli  aggi  e  dei  compensi
spettanti  ai  concessionari  e  agli  altri  operatori  di   filiera
nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto  dello  Stato,
in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della  legge  n.  23
del 2014. 
    Sennonche', mentre il criterio per il riordino previsto dall'art.
14, comma 2, lettera g), della  legge  n.  23  del  2014  prevede  la
revisione degli aggi e compensi spettanti  ai  concessionari  e  agli
altri operatori «secondo un  criterio  di  progressivita'  legata  ai
volumi di raccolta delle  giocate»,  la  norma  in  contestazione  ha
previsto la riduzione dei compensi in «quota proporzionale» al numero
di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del  31  dicembre
2014. 
    Ne consegue che, sebbene sia stato  fatto  specifico  riferimento
alla norma che prevede il criterio di riduzione degli aggi e compensi
secondo un «criterio di progressivita' legata ai volumi  di  raccolta
delle  giocate»,  il  criterio  introdotto  per   ripartire   tra   i
concessionari l'importo totale di euro 500 milioni e' legato  non  ad
un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un
dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti  e  riferibili  a
ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di  ricognizione
successiva. 
    Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea
ad indurre il sospetto che la norma di cui  all'art.  1,  comma  649,
della legge di stabilita' per il 2015 abbia violato sia il  principio
di ragionevolezza che quello di uguaglianza. 
    Premessa,  infatti,  la   contraddittorieta'   intrinseca   della
disposizione che afferma di attuare una norma e poi in concreto se ne
discosta, appare illogico il riferimento ad un dato statico (sia pure
soggetto ad aggiornamento), cioe' il numero di apparecchi  riferibile
a ciascun concessionario ad una  certa  data,  anziche'  ad  un  dato
dinamico, il volume di raccolta delle giocate, in quanto la capacita'
di reddito di ogni singolo concessionario e della relativa filiera e'
misurata in maniera molto piu' propria dall'entita' complessiva degli
importi incassati  che  dal  numero  degli  apparecchi  riferibile  a
ciascun soggetto. 
    Il criterio individuato,  in  altri  termini,  postula  che  ogni
apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare  del
tutto non plausibile. 
    Analogamente, il criterio individuato dalla norma sembra  violare
il principio di uguaglianza in  quanto,  essendo  il  riferimento  al
numero di  apparecchi  riconducibile  a  ciascun  concessionario  non
compiutamente indicativo dei  margini  di  reddito  conseguiti  dallo
stesso, la ripartizione della riduzione dei compensi potrebbe  andare
a beneficio degli operatori i cui apparecchi registrano mediamente un
maggior volume di giocate ed  a  detrimento  degli  operatori  i  cui
apparecchi, invece, registrano mediamente un minor volume di giocate. 
    La previsione normativa, in  sostanza,  sembra  avere  violato  i
canoni di ragionevolezza e  parita'  di  trattamento  presumendo,  in
maniera illogica, che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la
stessa potenzialita' di reddito laddove quest'ultima dipende  da  una
molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo,  la  differenza  tra
AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la  strada  in
cui l'apparecchio e' situato nonche' la  sua  ubicazione  all'interno
del locale)  che  rendono  non  plausibile  il  criterio  scelto  dal
legislatore. 
    La violazione del principio di ragionevolezza e  di  uguaglianza,
peraltro, e' individuabile anche con riferimento al fatto che, mentre
la legge delega n.  23  del  2014,  ha  previsto  il  riordino  delle
disposizioni vigenti in materia di giochi  pubblici  e,  quindi,  del
loro intero sistema, la norma in contestazione incide solo sui giochi
praticati mediante apparecchi di cui all'art.  110,  comma  6,  Testo
unico n. 773 del 1931 e, per  l'effetto,  e'  destinata  solo  ad  un
segmento, sia pure di enorme rilievo, al suo interno. 
    Va  da  se'  che  la  descritta  irragionevole  ripartizione  del
versamento   imposto   tra   i   concessionari   potrebbe    produrre
un'alterazione del libero gioco della  concorrenza  tra  gli  stessi,
favorendo quelli che, in presenza di una redditivita'  superiore  per
singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione  al  volume
di giocate raccolte, un importo minore,  per  cui  possono  destinare
maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu'  lato,  favorendo
gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi  da  quelli  in
discorso. 
    La questione di legittimita' costituzionale della  norma  di  cui
all'art. 1, comma 649,  della  legge  n.  190  del  2014  non  appare
manifestamente  infondata  anche  con  riferimento  alla   violazione
dell'art.  41  Cost.  che   sancisce   il   principio   di   liberta'
dell'iniziativa economica privata. 
    Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di
soggetti  privati  che,   nell'intraprendere   attivita'   d'impresa,
sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad  una
certa stabilita' nel tempo  del  rapporto  concessorio  gode  di  una
particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art.  3
Cost., ma anche all'art. 41 Cost. 
    In  particolare,  il  legittimo   affidamento   dell'imprenditore
implica l'aspettativa che le sopravvenienze normative  non  finiscano
per vanificare l'iniziativa economica intrapresa e  gli  investimenti
sostenuti, atteso che, se l'imprenditore evidentemente deve  assumere
su di se' i rischi d'impresa derivanti da mutamenti della  situazione
di fatto, non puo' dirsi  allo  stesso  modo  per  le  sopravvenienze
normative che incidono sulle condizioni  economiche  stabilite  nella
convenzione accessiva al rapporto concessorio. 
    Nel caso di specie, se, da un lato,  il  versamento  imposto  non
appare  prima  facie   violativo   del   richiamato   «principio   di
proporzionalita'» scolpito nella sentenza della Corte  costituzionale
n. 56 del 2015, dall'altro, la determinazione in misura fissa  e  non
variabile del contributo imposto, in quanto destinato  ad  operare  a
tempo  indeterminato,  potrebbe  potenzialmente  produrre   un   peso
insostenibile per gli  operatori  della  filiera  ove  i  margini  di
redittivita' della stessa dovessero consistentemente ridursi. 
    In altri termini, se con riferimento ai dati del conto  economico
2014, il versamento  imposto  alla  ricorrente,  pur  costituendo  un
significativo «taglio» alla sua capacita' di reddito, non appare tale
da  violare  il  «principio  di  proporzionalita'»  in  un'ottica  di
bilanciamento tra  interessi  costituzionalmente  rilevanti,  non  e'
possibile  escludere  che,  ove  i  volumi  delle  giocate   raccolte
dovessero drasticamente contrarsi, la determinazione  del  versamento
in misura fissa e non  variabile,  come  funzione  del  volume  delle
giocate,  potrebbe  determinare   un   reale   stravolgimento   delle
condizioni  economiche  pattuite  in  convenzione   con   conseguente
eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed  i
relativi operatori di filiera. 
    Parimenti irragionevole e lesiva  della  liberta'  di  iniziativa
economica dell'impresa si rilevano  le  previsioni,  contenute  nelle
lettere a) e c) del secondo comma dell'art. 1, comma 649 della  legge
di stabilita' per il 2015, secondo cui «ai concessionari  e'  versato
dagli operatori di filiera  l'intero  ammontare  della  raccolta  del
gioco praticato  mediante  i  predetti  apparecchi,  al  netto  delle
vincite pagate» e «i  concessionari,  nell'esercizio  delle  funzioni
pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati». 
    Tali disposizioni appaiono idonee a  riflettersi  sulla  liberta'
contrattuale dei concessionari. 
    Per un verso, infatti, l'obbligo per gli operatori di filiera  di
versare l'intero ammontare della raccolta del gioco ai  concessionari
incide autoritativamente sui rapporti negoziali  di  diritto  privato
intrattenuti tra  i  detti  soggetti  esponendo  i  concessionari  al
rischio,  non  prevedibile  ab  origine,  del   mancato   adempimento
dell'obbligo degli operatori di filiera: mancato adempimento che  non
farebbe comunque venire meno l'obbligo del concessionario di  versare
allo Stato, nei termini  indicati,  l'importo,  concernente  l'intera
filiera, quantificato  nell'impugnato  decreto  direttoriale  del  15
gennaio 2015. 
    Per  altro  verso,  l'imposizione  di  una   rinegoziazione   dei
contratti   appare   ontologicamente   incompatibile   con   la   non
comprimibile autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad
un nuovo e diverso accordo negoziale, laddove e' verosimile  ritenere
che per realizzare lo  stesso  obiettivo  sarebbe  stato  sufficiente
stabilire una riduzione «pro  quota»  ed  «a  cascata»  dei  compensi
spettanti  a  tutti  gli  operatori  di  filiera  senza  imporre  una
rinegoziazione in via autoritativa. 
    5.  Per  tutte  le  ragioni  sopraesposte,  il  Collegio  ritiene
rilevante  ai  fini  della  decisione  della   controversia   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del  2014  per  violazione
degli articoli 3 e  41,  primo  comma,  Cost.,  sicche'  deve  essere
disposta la remissione degli atti  alla  Corte  costituzionale  e  la
sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134  della  Costituzione,
dell'art. 1 della  legge  costituzionale  9  febbraio  1948  n.  1  e
dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale  per  il  Lazio  -  Roma  -
Sezione Seconda,  interlocutoriamente  pronunciando  sul  ricorso  n.
2460/2015 R.G., come in epigrafe proposto, e riservata al  definitivo
ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle  spese,  cosi'
provvede: 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  in  relazione
agli  articoli  3  e  41,  primo  comma,  Cost.,  la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649,  della  legge  n.
190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015); 
    dispone  la  sospensione  del  giudizio  e   ordina   l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    ordina che, a cura della segreteria della  Sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa  ed  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della  Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  21
ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: 
    Filoreto D'Agostino, Presidente; 
    Elena Stanizzi, consigliere, estensore; 
    Carlo Polidori, consigliere. 
 
                      Il Presidente: D'Agostino 
 
 
                                                L'estensore: Stanizzi