N. 155 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 luglio 2015
Ordinanza del 15 luglio 2015 del Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Viterbo nel procedimento di esecuzione nei confronti di Banca di Viterbo Credito Cooperativo Soc. coop. p.a. e Silvestri Legnami Srl contro Valentini Srl e CRV Immobiliare Srl. Esecuzione civile - Pignoramento presso terzi - Contestata dichiarazione del terzo - Procedura di risoluzione delle contestazioni introdotta dalla "legge di stabilita' 2013". - Legge 24 dicembre 2012, n. 228 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2013)"), art. 1, comma 20, n. 3) e n. 4), rispettivamente sostitutivi degli artt. 548 e 549 del codice di procedura civile.(GU n.36 del 7-9-2016 )
TRIBUNALE DI VITERBO Il Giudice dell'Esecuzione Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale Ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 Nel procedimento R.E. n. 1396/2013 promosso da Banca di Viterbo Credito Cooperativo S.p.A. - creditore procedente, contro Valentini S.r.l. - debitore esecutato e nei confronti di CRV Immobiliare S.r.l. - terzo pignorato. Intervenuti: Banca di Viterbo per ulteriore credito di € 167.607,00 oltre interessi; Silvestri Legnami S.r.l. per credito di € 2.450,00 oltre interessi; intervenuti rinuncianti: Saliaj Flamur; Kumanaku Besmir; Prod. In.Gra S.r.l.; Letti gli atti della procedura esecutiva di cui alla epigrafe - sciogliendo la riserva presa alla udienza del 4 febbraio 2015; Premesso che: fatto e svolgimento del processo: 1. Con atto di pignoramento presso terzi notificato in data 20 dicembre 2013, la Banca di Viterbo sottoponeva a pignoramento «le somme dovute in forza di contratti per compravendite immobiliari.... ed ogni altra somma credito e/o attivita' a qualsiasi causa dovuta o debenda dalla CRV Immobiliare S.r.l. alla debitrice esecutata e di cui la stessa e' titolare sia per capitale, sia per interessi, sia per spese, fino a concorrenza della somma precettata aumentata della meta' ex art. 546 cpc e cosi' per complessivi € 580.961,40». 2. Il terzo CRV Immobiliare S.r.l. non compariva alla udienza del 18 giugno 2014 e il G.E. ordinava la notificazione del verbale di udienza con avviso al terzo pignorato che, in caso di mancata sua comparizione alla successiva udienza del 22 ottobre 2014 e mancata dichiarazione, il credito, nella misura e per le causali indicate dal creditore, si sarebbe ritenuto accertato ai sensi dell'art. 548 cpc nuova formulazione (Articolo modificato dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di Stabilita' 2012, per i procedimenti iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2013, e successivamente ancora modificato con decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, che ha abrogato il primo comma e sostituito il secondo). 3. Regolarmente notificato il verbale al terzo (in data 16 luglio 2014), alla successiva udienza del 5 novembre 2014 il terzo pignorato, la CRV S.r.l. assistita dall'avv. Giuseppe Sinatra, depositava dichiarazione di terzo negativa, affermando di non avere alcun debito nei confronti della debitrice esecutata, Valentini S.r.l. (erroneamente indicata come Valentini Immobiliare S.r.l., errore materiale, poi piu' volte chiarito dalla difesa della CRV, sia a verbale che nelle note autorizzate). 4. La Banca di Viterbo contestava la dichiarazione negativa, e chiedeva l'assegnazione del credito, affermando che il credito della Valentini S.r.l. deve ritenersi esistente e che la dichiarazione e' mendace e non corrispondente al vero, in quanto, in documenti presentati presso la stessa Banca di Viterbo dalla CRV Immobiliare S.r.l., la stessa si era dichiarata debitrice della Valentini S.r.l., in particolare riferiva che nel doc. 12 in atti la CRV avrebbe dichiarato: «di dover provvedere alla restituzione di somme precedentemente oggetto di dazione in nostro favore effettuata dalla Soc. Valentini S.r.l.», inoltre tale debito risultava a suo dire, da una serie di documenti che venivano prodotti, da cui risultava, secondo la difesa della Banca creditrice, il collegamento tra le due societa' e l'esposizione debitoria della CRV S.r.l. nei confronti della Valentini S.r.l. 5. Il G.E., rilevato che la dichiarazione del terzo era stata oggetto di contestazioni, con ordinanza del 5 novembre 2014, disponeva procedersi agli accertamenti di cui all'art. 549 cpc, autorizzando le parti al deposito di note autorizzate e documenti e rinviava al 4 febbraio 2015. 6. La Banca di Viterbo nelle sue note autorizzate sosteneva che la Valentini S.r.l. e la CRV S.r.l. non sono socie l'una dell'altra, ma sono collegate in quanto il sig. Roberto Valentini, socio della Valentini S.r.l. e' amministratore della CRV Immobiliare S.r.l. 7. Negli anni la Valentini S.r.l. aveva corrisposto alla CRV S.r.l. delle somme per consentirle di coprire alcune rate con le societa' di leasing da cui la CRV Immobiliare aveva acquistato gli immobili adibiti a Caserma dei Carabinieri di Bagnoreggio e di Capranica, affittati al Ministero dell'interno, ma il credito piu' cospicuo sarebbe derivato dall'aiuto che la Valentini S.r.l. avrebbe dato alla CRV Immobiliare S.r.l. per l'acquisto dell'immobile sito a Viterbo Valle Faul «ex gasometro», avrebbe pagato le rate del leasing e poi coperto i titoli rilasciati per il riscatto anticipato, tale operazione sarebbe stata «giustificata» mediante la sottoscrizione di un preliminare di compravendita al prezzo di € 1.200.000,00 stipulato in data 12 maggio 2010; il prezzo pattuito sarebbe stato pagato con modalita' di favore e con pagamenti rateali che in realta' sarebbero, a dire della Banca di Viterbo, «meri prestiti» e tale circostanza risulterebbe sia dai documenti gia' menzionati, sia dagli altri documenti depositati; tale circostanza dovrebbe emergere anche da una prova testimoniale che la Banca ha richiesto, articolata in 5 capitoli, riguardanti una riunione tenutasi nel marzo 2013, nel corso della quale l'amministratore della CRV Immobiliare S.r.l. avrebbe ammesso l'esistenza di un debito della CRV nei confronti della Valentini S.r.l. di € 850.000,00. 8. Chiedeva quindi di dichiarare accertata l'esistenza di un credito di € 850.000,00 o in subordine di € 500.000,00 per il minore importo a suo dire «ammesso» nella lettera del 22 novembre 2011 (doc. 12) e la conseguente assegnazione; 10. La CRV Immobiliare S.r.l. (terzo pignorato) nelle sue note autorizzate dichiarava che nei bilanci CRV risulta esposto un debito di € 1.200.000,00 nei confronti della Valentini, debito che non ha natura pecuniaria ma trae origine dal preliminare di compravendita immobiliare del 1° marzo 2010, allegato n. 7 alle note autorizzate depositate da Banca di Viterbo, che prevede l'impegno della CRV Immobiliare a vendere alla Valentini S.r.l. l'immobile di Valle Faul «ex gasometro», una volta perfezionato il riscatto con la societa' di leasing, a fronte del versamento di parte del prezzo da parte della Valentini S.r.l. La CRV Immobilare aveva emesso fattura, che veniva iscritta in bilancio, da un lato all'attivo, per rappresentare credito per le somme ancora dovute dalla Valentini S.r.l. per il saldo del prezzo, dall'altro al passivo per il corrispondente debito della CRV Immobiliare per il trasferimento dell'immobile in favore della Valentini. La posizione debitoria e' destinata ad estinguersi col fisiologico trasferimento dell'immobile. Per quanto riguardava un prestito chirografario di € 180.000,00 del 2 dicembre 2011 la CRV aveva effettuato la restituzione con un versamento di € 154.800,00 nel mese di dicembre 2011 «definendo le partite in essere tra le parti». Nelle repliche la Banca di Viterbo, insisteva nelle sue deduzioni circa la vera natura delle dazioni della Valentini S.r.l., che avrebbero costituito un prestito e non i versamenti del prezzo stabilito nel preliminare, per cui ne residuerebbe un credito di almeno 500.000,00 euro a favore della Valentini S.r.l. nei confronti della CRV, che, a suo dire, risulterebbe ammesso nella lettera del 22 novembre 2011 (doc. 12). Nelle repliche della CRV del 24 gennaio 2015, si allegavano i giroconti da cui risultava la restituzione di € 161.800,00 a Valentini, a fronte del prestito di € 180.000,00 e la difesa della CRV dichiarava che ogni posizione debitoria si era definita con la stipula del preliminare tra la Valentini e la CRV del 1° marzo 2010, con cui si era stabilito che la Valentini S.r.l. doveva versare € 600.000,00 in conto del prezzo complessivo di € 1.200.000,00. L'operazione di compravendita sarebbe reale e niente affatto simulata, come dimostrerebbe l'intervenuta conclusione di una operazione del tutto analoga, avente ad oggetto l'immobile condotto in locazione finanziaria adibito a Caserma dei Carabinieri di Capranica, venduto all'Istituto per il sostentamento del clero immediatamente dopo averlo riscattato. I canoni di leasing sarebbero stati interamente pagati con i canoni di locazione pagati dal Ministero, portando a termine una operazione analoga a quella effettuata con la Valentini (conduttrice dell'immobile sito in Valle Faul). Dalle note depositate e dai documenti emerge sostanzialmente che il terzo pignorato CRV Immobiliare S.r.l. nega di avere un debito pecuniario nei confronti della debitrice Valentini S.r.l. ed afferma che il rapporto intercorrente con la Valentini deriva dal preliminare di compravendita immobiliare del 1° marzo 2010 (allegato n. 7 alle note autorizzate depositate da Banca di Viterbo), che prevede l'impegno della CRV Immobiliare S.r.l. a trasferire alla Valentini S.r.l. l'immobile di Valle Faul una volta perfezionato il riscatto con la societa' di leasing, a fronte dell'avvenuto versamento del prezzo da parte della Valentini S.r.l. L'operazione di cui all'atto di intesa del 3 novembre 2011 non risulta sia stata perfezionata, e quindi non risulta che le parti abbiano stipulato un accordo di risoluzione circa preliminare del 1° marzo 2010. La Banca di Viterbo al momento della notifica dell'atto di pignoramento presso terzi aveva affermato di sottoporre a pignoramento «le somme dovute in forza di contratti per compravendite immobiliari.... ed ogni altra somma credito e/o attivita' a qualsiasi causa dovuta o debenda dalla CRV Immobiliare S.r.l. alla debitrice esecutata». La Banca di Viterbo, quindi, nell'atto di pignoramento presso terzi, aveva qualificato il credito pignorato come un credito «per somme dovute in forza di contratti per compravendite immobiliari» e non ha mai contestato l'esistenza del contratto preliminare, che, anzi, risulta depositato dalla stessa Banca e oggetto di vari riferimenti nella documentazione prodotta dalla Banca. Dal contratto preliminare (doc. 7 allegato alle note depositate per la Banca in data 15 dicembre 2014), emerge che la CRV Immobiliare S.r.l., non si obbliga a versare delle somme alla Valentini S.r.l. ma a trasferirle l'immobile sito a Viterbo Valle Faul «ex gasometro», dopo avere a sua volta perfezionato l'acquisto mediante il leasing. L'acquisto dell'immobile da parte della CRV Immobiliare S.r.l. dalla societa' FINECO leasing risulta perfezionato con compravendita del 20 aprile 2010 (doc. 6 stesso fascicolo). Solo nelle sue note autorizzate la Banca di Viterbo ha sostenuto che il contratto preliminare in realta' nascondesse una pluralita' di prestiti effettuati dalla Valentini S.r.l. alla CRV Immobiliare S.r.l., prima e dopo la sottoscrizione, e fosse stato stipulato per giustificare contabilmente i passaggi di denaro tra la Valentini S.r.l. e la CRV, quindi il credito pignorato consisterebbe nel credito per la restituzione dei prestiti. Il contratto preliminare sarebbe un negozio sostanzialmente simulato, per nascondere una diversa operazione di prestito e finanziamento tra le due societa', che non sono collegate in senso tecnico per quanto previsto dall'art. 2359 cc, in quanto l'una non e' socia dell'altra, ma sono collegate di fatto, in quanto l'amministratore della CRV Immobiliare S.r.l., sig. Valentini Roberto e' ex Amministratore della Valentini Immobiliare S.r.l. e socio della stessa. In diritto A) Nel procedimento in epigrafe deve essere applicato l'art. 549 cpc nella sua nuova formulazione a seguito delle modifiche intervenute con legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di Stabilita' 2012. Testo art. 549. (Contestata dichiarazione del terzo). «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». B) In effetti a seguito delle contestazioni insorte in merito alla dichiarazione negativa della CRV, con ordinanza del 5 novembre 2014, il G.E. ha disposto procedersi agli accertamenti di' cui all'art. 549 cpc, autorizzando le parti al deposito di note e documenti. Attraverso l'autorizzazione al deposito di note e i documenti si e' inteso dare alle parti la possibilita' di formalizzare compiutamente le contestazioni e le difese e di documentare le proprie allegazioni difensive nonche' di richiedere gli «accertamenti» ritenuti opportuni secondo quanto indicato dall'art. 548 cpc nella sua nuova formulazione. C) A conclusione del sommario procedimento a cui si riferisce l'art. 549 cpc, in caso di «Contestata dichiarazione del terzo» e' previsto che il G.E. debba emettere una ordinanza che «produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». D) Vengono in rilievo quindi, nel caso di specie, delle questioni inerenti la legittimita' costituzionale dell'art. 548 cpc nella sua nuova formulazione, cosi' come modificato dall'art. 1 co. 20 legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di Stabilita' 2012, per i procedimenti iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2013, che necessariamente deve essere applicato per risolvere la controversa in oggetto (iniziata nel mese di dicembre 2013). E) E' bene ricordare che la precedente disciplina era contenuta nell'art. 548 e nell'art. 549 cpc che prevedevano rispettivamente: l'art. 548 cpc: «(Mancata o contestata dichiarazione del terzo). Se il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio di primo grado, puo' essere applicata nei suoi confronti la disposizione dell'art. 232 primo comma.». L'art. 549 cpc: «Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo». La riforma di cui alla legge n. 228/2012, ha modificato in modo radicale l'ipotesi di «contestata dichiarazione del terzo»: e' stato eliminato un caso di sospensione ex lege del processo esecutivo, per cui non si apre piu' una vera e propria «parentesi cognitiva» nel corso del procedimento espropriativo presso terzi; non si parla piu' di «controversie» intorno alla (fatta) dichiarazione ne' espressamente di «accertamento dell'obbligo del terzo»; non e' prevista piu' (espressamente) alcuna «istanza di parte» e non si provvede piu' all'istruzione della causa nelle forme del processo ordinario di cognizione («a norma del libro secondo»); non viene piu' accertata «con sentenza» l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, ma, ai sensi dell'attuale art. 549 codice di procedura civile, «se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza», la quale «produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione» ed e' impugnabile nelle forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 codice di procedura civile. Nella vigenza del codice di procedura civile del 1942, l'opinione dottrinale maggioritaria, e poi divenuta prevalente, riteneva che il terzo non fosse citato perche' «si difenda e faccia valere un suo interesse, ma perche' serva gli interessi del processo esecutivo, che si svolge contro il debitore e presso il terzo, giudizio nel quale il terzo - per definizione - non e' parte, in quanto ne' agisce ne' subisce (in senso proprio) l'espropriazione» (Colesanti, Pignoramento presso terzi, in Enc. Dir., XXXIII, Milano, 1983, 837; Travi, Espropriazione presso terzi, in Novissimo digesto italiano, Torino, 1960, 958). Il terzo non aveva qualita' di parte nel giudizio esecutivo, ma era opinione dottrinale e giurisprudenziale pacifica che avesse tale qualita' nel processo incidentale di accertamento del suo obbligo: un ordinario giudizio di cognizione del quale si ritenevano litisconsorti necessari l'istante, il debitore esecutato e il terzo medesimo (Cassazione n. 2406 del 1966; Cassazione n. 1427 del 1963). Il giudizio cognitivo aveva carattere eventuale, seguendo alle ipotesi di mancata e di contestata dichiarazione del terzo solo su istanza di parte. In caso di dichiarazione negativa ovvero carente di adeguata specificazione ai fini del perfezionamento dell'atto di pignoramento, il creditore per affermare esistente il diritto del debitore nei confronti del terzo, aveva l'onere di provocare, con apposita istanza, l'instaurazione di un ordinario giudizio di cognizione per l'accertamento dell'obbligo del terzo, che - in caso di esito positivo - gli avrebbe consentito di riassumere e portare a termine l'esecuzione contro il suo debitore, frattanto necessariamente sospesa. Nell'ipotesi in cui, al momento di instaurazione del giudizio sull'accertamento fosse gia' pendente altro giudizio tra il debitore ed il terzo, la giurisprudenza prevalente aveva ritenuto che il giudice dovesse dichiarare la litispendenza per il giudizio successivo e che il creditore procedente fosse legittimato ad intervenire nel giudizio gia' pendente (Cassazione n. 281 del 1979, in GI, 1980, I, l, 166 - in dottrina: D'Onofrio, Commento al codice di procedura civile, II, Torino, 1957, 937; Satta, L'esecuzione forzata, Torino, 1963, 149) - Secondo altra opinione, non erano ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un giudizio sul medesimo rapporto tra debitore e terzo (Vaccarella, Espropriazione presso terzi, in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sez. Civ., VIII, Torino, 1992, 118). La giurisprudenza sembra avere definito la questione con la pronuncia della Cassazione, Sez. Un., n. 25037 del 2008, secondo la quale l'oggetto dell'azione di accertamento fosse duplice: sia l'esistenza della situazione sostanziale intercorrente tra terzo e debitore, sia l'assoggettabilita' del credito o del bene all'esecuzione forzata. Cassazione Sez. Un. Civili, 13 ottobre 2008, n. 25037 - Pres. Carbone - Est. Travaglino. Le questioni di giurisdizione sono ammissibili nell'ambito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, previsto dall'art. 548 cod. proc. civ, atteso che, pur essendo promosso dal ereditare in forza di una propria legittimazione ad agire e non in via surrogatoria del debitore, non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex» art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, e' litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilita' del credito pignorato all'espropriazione forzata, efficace nei rapporti tra creditore procedente e terzo «debitor debitoris» e come tale rilevante ai soli fini dell'esecuzione in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale «ex lege». (massima ufficiale). F) Nella nuova disciplina la controversia conseguente alla contestazione della dichiarazione del terzo sembra, prima facie, assumere i caratteri di un giudizio cognitivo privo di alcun requisito formale in ogni sua fase (introduttiva, istruttoria e decisoria), che si conclude con una ordinanza avente efficacia dichiaratamente limitata al procedimento esecutivo in corso. Sennonche' tale giudizio, a meno di non volerlo limitare alle mere contestazioni di natura puramente formale, inidonee di per se' a ledere i diritti del terzo pignorato, e non incidenti sull'accertamento della esistenza o meno del credito pignorato, appare privo delle piu' elementari forme di tutela nei confronti del terzo pignorato, come osservato immediatamente da parte della dottrina. Il terzo prima della modifica all'art. 543 cpc introdotta con decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, non era neppure avvertito nella citazione, contenuta nell'atto di pignoramento, con invito a rendere/comunicare la sua dichiarazione, delle conseguenze della mancata dichiarazione/comparizione ai sensi del novellato art. 548 c.p.c. Il procedimento «sommario» delineato dall'art. 549 cpc, nella sua nuova formulazione: 1. non chiarisce con quali modalita' ed in quali termini e forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 2. non prevede che il creditore debba indicare nel pignoramento/citazione: (come invece previsto per il giudizio ordinario dall'art. 163 cpc n. 3, 4, 5 e 7) «la determinazione della cosa oggetto della domanda», «l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni»; «l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione»; requisiti la cui essenzialita', anche in relazione a quanto previsto dall'art. 111 Cost., e' prevista - a pena di nullita' dell'atto di citazione - dall'art. 164 cpc; 3. la procedura cosi' sommariamente delineata dall'art. 549 cpc non prevede che il creditore debba necessariamente indicare nell'atto di pignoramento presso terzi (contenente la citazione del terzo a comparire alla udienza ai sensi dell'art. 543 cpc n. 4), in modo specifico e non generico l'oggetto e il titolo della domanda nei confronti del terzo (e' previsto infatti dall'art. 543 comma 2 cpc n. 2 che il pignoramento presso terzi debba contenere «l'indicazione almeno generica, delle cose o delle somme dovute e la intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice», e non e' previsto che il creditore debba specificare a quale titolo tali somme o cose siano dovute); 4. prevede per il terzo un termine a comparire estremamente ridotto (10 giorni) e non sufficiente a precisare le sue difese in vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte negativa; 5. non prevede che il terzo sia necessariamente assistito da un difensore, ne' che egli possa e debba formalizzare le proprie difese e conclusioni in una comparsa, con la necessaria assistenza tecnica, tanto che, parte della dottrina, sottolineando come non sia possibile proporre una semplice istanza nei confronti di un soggetto che non e' parte processuale, ritiene altresi' necessaria la citazione in giudizio del terzo pignorato e, dunque, il differimento dell'udienza con termine per la chiamata; in tal modo, evitando che il sistema presenti profili di incostituzionalita' per violazione degli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.; 6. non prevede che le parti possano precisare le reciproche domande e conclusioni anche istruttorie (183 VI co cpc); 7. non prevede quali poteri istruttori abbia il Giudice della esecuzione nel compiere i «necessari accertamenti» finalizzati a risolvere le «contestazioni»; 8. non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di merito ma solo che la ordinanza conclusiva del procedimento sia impugnabile nelle forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 codice di procedura civile. Senza specificare l'ampiezza dell'oggetto della impugnazione e se essa possa estendersi all'accertamento della esistenza/inesistenza del credito; 9. non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento, in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza e che il legislatore non ha definitivamente chiarito). In base alla nuova formulazione dell'art. 548 cpc, il terzo - in ipotesi non assistito da un difensore e non adeguatamente informato dei rischi - potrebbe rendere a mezzo raccomandata a.r., dichiarazione negativa, non ricevere piu' alcuna notificazione di alcun altro atto, e poi trovarsi costretto all'opposizione avverso l'ordinanza di assegnazione e/o comunque costretto al pagamento di un debito, magari inesistente - in esecuzione della stessa - ed alla successiva azione di ripetizione (nei confronti di un debitore gia' dimostratosi insolvente - ovviamente). Con il rischio di preclusione della sua facolta' di esperire azione di accertamento negativo del debito nei confronti e del creditore pignorante e (forse), anche del debitore, qualora egli non provveda nei ristretti termini di cui all'art. 617 cpc ad impugnare l'ordinanza di assegnazione. G) Nel caso che ci occupa, il terzo ha avuto l'accortezza di farsi assistere da un difensore, ma risultano comunque estremamente compresse le sue facolta' difensive, sotto vari aspetti: a. in quanto la domanda nei suoi confronti e' stata modificata nel titolo, a seguito delle contestazioni sulla sua dichiarazione negativa, senza che sia prevista alcuna specifica preclusione ne' requisito formale, relativamente alla modificazione della domanda (proprio in quanto genericamente formulata ai sensi dell'art. 543 cpc). Il creditore infatti prima ha sostenuto che i supposti crediti da esso creditore pignorati derivassero da «somme dovute in forza di contratti per compravendite immobiliari.... ed ogni altra somma credito e/o attivita' a qualsiasi causa dovuta o debenda dalla CRV Immobiliare S.r.l. alla debitrice esecutata». Successivamente, nelle sue note autorizzate, ha invece sostenuto che il credito pignorato derivava dal credito restitutorio per «prestiti», rivestiti, solo a scopo contabile, sotto la forma di un preliminare di vendita di cosa altrui. In pratica il creditore ha chiesto di accertare la simulazione del contratto preliminare di compravendita e di accertare i negozi sottostanti costituiti da prestiti, domanda nuova e non contenuta nell'originario atto di citazione; b. in quanto non sono definiti i poteri istruttori del G.E., con conseguente notevole indeterminatezza dell'oggetto del contendere anche sotto il profilo della ammissibilita' delle prove richieste ed autorizzabili dal G.E.; c. in quanto, qualora il G.E., superando ogni obiezione in ordine alla genericita' dell'atto di pignoramento presso terzi ed alla diversita' della domanda proposta dal creditore in sede di «accertamenti», dovesse ritenere, in base alla documentazione prodotta ed alle eventuali altre prove ammesse, che il credito di somme di denaro, per restituzione di «prestiti» sussiste, ed emettere quindi ordinanza di assegnazione dello stesso, tale ordinanza non risulterebbe espressamente impugnabile con appello, ma solo «nelle forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c.», quindi con un termine estremamente ridotto (20 giorni), e, almeno stando alla formulazione letterale dell'art. 617 cpc, limitatamente a questioni di natura formale, non inerenti la esistenza del debito, ma le sole modalita' di svolgimento della procedura esecutiva. Art. 617 cpc: Le opposizioni relative alla regolarita' formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'art. 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto. Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso giudice della esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. La decisione sulla eventuale sospensione della ordinanza di assegnazione, ai sensi dell'art. 617 cpc - 618 cpc, e sempre nei limiti consentiti da una contestazione di natura formale, spetterebbe sempre al medesimo giudice della esecuzione che l'ha emessa, ed il successivo procedimento di merito si svolgerebbe in unico grado, senza possibilita' di appello; d. in quanto parte della giurisprudenza (e della dottrina) riconosce efficacia di titolo esecutivo alla ordinanza di assegnazione nei confronti del terzo (cfr. Cassazione Civ. 18 marzo 2003 n. 3976), anche se molti autori sono contrari a tale interpretazione sia perche' nel nostro ordinamento i titoli esecutivi costituiscono un numero chiuso (ex art. 474 cpc), sia perche' l'ordinanza di assegnazione di per se' (nel vigore del regime precedente alla riforma del 2012) era ritenuta inidonea al passaggio in giudicato; quindi il terzo in caso di ordinanza di accertamento del credito/assegnazione, potrebbe trovarsi esposto ad una azione esecutiva basata sulla emanazione di un titolo esecutivo emesso nei suoi confronti all'esito di un procedimento in cui non e' espressamente previsto neppure che egli rivesta la qualita' di parte, se non all'esito della sua opposizione ex art. 617 cpc; e. in quanto, in mancanza di previsioni circa il litisconsorzio necessario con il debitore e circa l'efficacia (costitutiva/di accertamento) nei confronti anche del debitore pignorato, della ordinanza emanata ai sensi dell'art. 549 cpc, il terzo pignorato sarebbe esposto ad una situazione paradossale, potrebbe trovarsi a dover pagare la somma pignorata al creditore (in caso di ritenuta simulazione) e a dovere a sua volta esperire una autonoma azione di simulazione (o altra) nei confronti del debitore principale, per ottenere lo scioglimento dal vincolo contrattuale costituito dal preliminare di compravendita. H) Le liti da contestazione vengono da taluno (in dottrina) descritte come controversie che danno vita ad un procedimento cognitivo bifasico, in cui la prima fase (necessaria) si caratterizza per la sommarieta' della cognizione e si conclude con un'ordinanza suscettibile di opposizione secondo le forme e nel termine perentorio prescritto nell'art. 617 codice di procedura civile, mentre la seconda fase (eventuale), s'instaura solo a seguito di proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione e consiste in un ordinario giudizio a cognizione piena, che si conclude con una sentenza suscettibile di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. Secondo una diffusa opinione il nuovo art. 549 codice di procedura civile, nonostante la nuova rubrica parli soltanto di «contestata dichiarazione del terzo», «in realta' contiene anche nuove modalita' di accertamento del di lui obbligo verso il debitore escusso, allorquando sorgano contestazioni sulla sua dichiarazione» (Monteleone, in Riv. esec. forz., n. 1/2013). Il giudizio anche se privo di formalismi, resterebbe quindi un «vero» giudizio cognitivo in cui l'accertamento dell'obbligo del terzo ha rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilita' del credito pignorato all'espropriazione forzata, efficace nei rapporti tra creditore procedente e terzo pignorato e, come tale, rilevante solo ai fini del procedimento in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale ex lege, con conferma dell'orientamento dottrinale secondo il quale non sarebbero ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un giudizio sul medesimo rapporto tra debitore e terzo e contrariamente a quanto ritenuto dalla Cassazione Sez. Un. Civili, 13 ottobre 2008, n. 25037 secondo la quale il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo (nella disciplina previgente): «non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo "ex" art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, e' litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilita' del credito pignorato all'espropriazione forzata»; Parte dei commentatori ha ritenuto che il giudizio instaurato a seguito della «contestazione» della dichiarazione del terzo sia stato sostanzialmente equiparato, al giudizio di cognizione sommaria di cui al nuovo art. 702-bis codice di procedura civile e, in particolare, al V comma dell'art. 702-ter codice di procedura civile per quanto riguarda il riferimento ai necessari accertamenti, semplificando la struttura dell'istruzione, cfr. il V comma dell'art. 702-ter codice di procedura civile «il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalita' non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene piu' opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande». Tuttavia bisogna osservare che il possibile richiamo alla procedura semplificata di cui all'art. 702-bis e ss cpc appare limitato alle disposizioni, molto scarne sulla istruttoria sommaria, ma la disciplina dell'art. 702-ter cpc, diversamente da quella di cui all'art. 549 cpc prevede: - innanzitutto un ricorso con i requisiti di cui all'art. 125 cpc enumerati nell'art. 702-bis cpc, tra i quali e' previsto che debba essere determinato, nel ricorso, l'oggetto della domanda, i fatti costitutivi e le norme di diritto poste a fondamento della stessa, i mezzi di prova, le conclusioni, - inoltre tale procedura e' di applicazione limitata, essendo la stessa applicabile ai soli giudizi per i quali il Tribunale ritiene applicabile una procedura sommaria, mentre «Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l'udienza di cui all'art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II», - e ancora, tale procedura ex art. 702-bis cpc si conclude con ordinanza, ma la stessa e' espressamente dichiarata idonea a produrre gli effetti del giudicato ed e' appellabile, ex art. 702-quater, nel termine di giorni 30 dalla comunicazione o notifica, e nel giudizio di appello le parti possono ottenere l'ammissione di nuovi mezzi di prova se «il collegio li ritiene indispensabili», quindi tale procedura appare, almeno prima facie, non in contrasto con l'art. 111 Cost, diversamente da quella sommariamente delineata dall'art. 549 cpc nuova formulazione; I) se si aderisce alla tesi secondo la quale la ordinanza di assegnazione e' titolo esecutivo nei confronti del terzo, ma non e' idonea al passaggio in giudicato, si potrebbe anche ipotizzare la possibilita', per il terzo, una volta assoggettato alla nuova procedura esecutiva iniziata nei suoi confronti dal creditore in virtu' della ordinanza di accertamento/assegnazione, di esperire opposizione alla esecuzione ai sensi dell'art. 615 cpc con azione di accertamento negativo, in caso di inesistenza/estinzione del credito per cui vi e' stata assegnazione; tuttavia, anche in tal caso, i diritti del terzo appaiono estremamente compressi in quanto egli si trova esposto alla formazione di un titolo esecutivo, efficace nei suoi confronti anche se emesso nell'ambito di un processo in cui egli non e' parte, e attraverso una procedura che non tutela affatto, nei suoi confronti, le garanzie difensive. La procedura sommaria delineata dal legislatore appare meno garantista - nei confronti del terzo pignorato - di un comune procedimento per ingiunzione, dove la formazione del titolo esecutivo nei confronti del debitore e' soggetta a requisiti formali, a termini ed a garanzie ben piu' efficaci. Oltretutto sembra che la posizione prevalente della dottrina sia orientata nel senso di attribuire valore di cognizione seppure sommaria, al giudizio ex art. 549 cpc, con conseguente incertezza circa il successivo - effettivo e pratico - riconoscimento al terzo della facolta' di esperire, oltre alla opposizione nelle forme e nei limiti di cui all'art. 617 cpc, un autonomo giudizio di accertamento negativo - se del caso ai sensi dell'art. 615 cpc - del suo debito nei confronti del debitore esecutato e anche del creditore pignorante, al fine di ottenere la sospensione della esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione o l'eventuale rimborso (se del caso dal creditore pignorante) di quanto pagato. L) In effetti la procedura di pignoramento presso terzi, soprattutto nella sua nuova e piu' recente formulazione, appare come una procedura piuttosto snella idonea a produrre in via giudiziale un trasferimento della titolarita' di un credito vantato dal debitore nei confronti del cd «terzo», ad uno o piu' creditori. Dal momento che l'ordinanza di assegnazione non compare nell'art. 474 cpc, che definisce il titolo esecutivo, ne' l'art. 552 e l'art 553 cpc definiscono il provvedimento di assegnazione come titolo esecutivo, vi sarebbero elementi testuali per escludere la natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo. Argomenti sostanziali per escludere tale natura si potrebbero trarre anche dalle norme generali che regolano la cessione del credito, infatti il credito non puo' che essere trasferito nei limiti in cui era posseduto dall'originario creditore (1260 e ss cc), e non si comprende per quale ragione il terzo pignorato dovrebbe sostanzialmente subire un aggravamento della propria posizione debitoria in conseguenza della azione di un creditore al cui diritto egli e' perfettamente estraneo ed indifferente, trovandosi esposto a dover comunque pagare - in presenza di un titolo esecutivo di cui il suo originario creditore non era in possesso - senza che egli possa far valere le ragioni che avrebbe potuto far valere nei confronti del suo creditore in un giudizio munito delle stesse garanzie di quelle che egli avrebbe avuto se ad agire fosse stato, appunto, il suo originario creditore. Si potrebbe aderire alla tesi che la ordinanza di assegnazione non ha natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo e che essa opera il trasferimento coattivo del credito (una sorta di cessione pro solvendo, disposta «ope iudicis», con gli stessi effetti della cessione volontaria), senza pregiudizio di alcuna delle ragioni del terzo, debitor debitoris, con la conseguenza che il terzo potrebbe far valere ogni sua ragione ed in particolare «tutte le eccezioni relative alla esistenza e validita' del negozio da cui deriva il credito ceduto e quelle concernenti l'esatto adempimento del negozio», nei successivi giudizi che il creditore dovrebbe iniziare nei suoi confronti per ottenere il pagamento in caso di mancato spontaneo adempimento, non costituendo l'ordinanza di assegnazione un accertamento della esistenza, liquidita' ed esigibilita' del credito ma solo il trasferimento del credito nei limiti in cui esso puo' essere preteso dal cedente. Tuttavia va detto che la giurisprudenza non sembra orientata affatto in tal senso e, quindi, se il G.E. emanasse una ordinanza di accertamento/assegnazione, il terzo si troverebbe comunque esposto ad una azione esecutiva e ad una serie di conseguenze negative immediate, con sviluppi processuali allo stato non solo imprevedibili, ma del tutto incerte con riguardo ai rimedi posti a presidio dei suoi diritti, salvo la scarna previsione contenuta nell'art. 549 della sua facolta' di proporre opposizione nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 cpc avverso la ordinanza di assegnazione. M) Va detto che, nel caso di specie, viste anche le considerazioni che precedono sulla nuova procedura prevista dall'art. 549 cpc in caso di «contestata dichiarazione del terzo», non sembra a questo G.E. che si possa pervenire ad estendere la nozione di «necessari accertamenti» ad un vero e proprio giudizio di cognizione con la stessa ampiezza con cui era consentito l'accertamento dell'obbligo del terzo nell'ambito della procedura (giudizio ordinario) che si svolgeva a seguito della istanza di cui all'art. 548 cpc. L'accertamento del credito nel caso che ci occupa, a parere della scrivente, risulta subordinato all'esperimento, con esito positivo, di azione di simulazione (o eventuale altra azione avente ad oggetto la nullita'/annullabilita'/inefficacia/risoluzione del contratto preliminare di compravendita che costituisce il fondamento, almeno formale, delle dazioni effettuate dalla Valentini S.r.l. alla CRV Immobilare S.r.l., di cui il creditore procedente sostiene - in capo alla Valentini S.r.l. - il diritto alla restituzione), azione che non sembra possa essere ammessa come oggetto del giudizio sommario posto all'esame del G.E. attraverso la procedura sommaria e i sommari accertamenti di cui parla l'odierno art. 549 cpc, avuto anche riguardo all'oggetto della domanda inizialmente proposta con l'atto di pignoramento (iniziato per ottenere il trasferimento di un «somme dovute in forza di contratti per compra vendite immobiliari.... ed ogni altra somma credito e/o attivita' a qualsiasi causa dovuta o debenda»); Qualora fosse da ritenere inammissibile, in quanto estranea alla nuova procedura sommaria delineata dall'art. 549 cpc, la domanda di accertamento della simulazione, la domanda del creditore di accertamento dell'obbligo del terzo e di conseguente assegnazione del credito pignorato, dovrebbe essere rigettata. Tuttavia, anche in tal caso, si pone una questione di possibile incostituzionalita' della nuova formulazione dell'art. 549 cpc, in tal caso, in danno del creditore procedente. In effetti, nel regime previgente, una questione di tal genere sembra potesse essere proposta dal creditore nell'ambito del giudizio ordinario di accertamento dell'obbligo del terzo allora previsto dall'art. 548 cpc (cfr. per es. Tribunale di Roma 37 maggio 2012 r.g. 7652/2007, in un caso di intestazione fiduciaria). Nel vigore della precedente disciplina, in caso di dichiarazione negativa del terzo, il creditore avrebbe potuto dare inizio ad una procedura ordinaria di accertamento di obbligo del terzo, e proporre nell'ambito di tale giudizio, provvisto di tutte le garanzie poste dall'ordinamento a tutela del contraddittorio delle parti ai sensi deil'art. 111 Cost., la domanda di accertamento della simulazione del contratto preliminare di compravendita dissimulante - a suo dire - una serie di prestiti per i quali eventualmente sussistesse un diritto alla restituzione, come affermato dal creditore procedente nella procedura che ci occupa. Durante il corso di tale procedimento, nel vigore della precedente disciplina degli artt. 548 e 549 cpc, la procedura esecutiva di pignoramento presso terzi sarebbe rimasta sospesa fino a sentenza definitiva (secondo la dottrina prevalente occorrendo il passaggio in giudicato della sentenza relativa all'accertamento dell'obbligo del terzo). Nell'attuale procedimento per risolvere le «contestazioni» insorte sulla dichiarazione, non e' prevista la sospensione necessaria del processo esecutivo fino a passaggio in giudicato della sentenza (o ordinanza) di accertamento dell'obbligo del terzo. Quindi, se il G.E., all'esito dei sommari accertamenti, non ritiene accertato l'obbligo del terzo e ritiene che le questioni poste dalle parti non possano essere risolte in un giudizio sommario, sembra che debba rigettare la istanza di assegnazione, non essendo prevista la sospensione della procedura, in attesa della definizione del giudizio eventualmente promosso dal creditore nei confronti del terzo. Nel caso opposto, in cui il G.E. ritenga che sia stata raggiunta la prova dell'esistenza del credito pignorato, sembra che debba dichiarare l'esistenza del credito e contestualmente disporre l'assegnazione dello stesso, senza attendere il passaggio in giudicato dell'ordinanza di accertamento (che tuttavia potrebbe essere inidonea al passaggio in giudicato, avendo valore solo endo-procedimentale), e neppure il termine di cui all'art. 617 cpc per l'eventuale impugnazione. All'esito della sommaria esposizione delle questioni che si sono poste in relazione al procedimento in esame, c'e' da chiedersi se la «semplificazione acceleratoria» voluta dal legislatore del 2012 sia nel suo complesso conforme al dettato Costituzionale e non sia piuttosto in contrasto con i principi informatori del «giusto processo» (art. 111 Cost.), oltre che della uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 2 Cost.) e della ragionevolezza (art. 3 Cost.). L'applicazione di tale norma (il nuovo testo degli articoli 548 e 549 cpc) e' necessaria ed imprescindibile nel procedimento «a quo», dal momento che il G.E. deve provvedere sia sull'eventuale ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti, qualora ritenga ammissibile la domanda di accertamento della simulazione, sia sulla istanza di accertamento ai sensi dell'art. 549 cpc sulla base degli elementi di prova gia' acquisiti, sia sulla istanza di assegnazione/non assegnazione del credito e conseguente definizione/estinzione del giudizio esecutivo. Oltretutto le previsioni in materia di procedimento civile contenute nell'art. 1 comma 20 n.ri 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di Stabilita' 2012, appaiono estranee al contenuto tipico della legge finanziaria/legge di stabilita', trattandosi di un intervento di carattere generale e ordinamentale che non ha attinenza diretta col bilancio statale o con la manovra economica, ma attiene alle procedure giudiziarie ordinarie di esecuzione del pignoramento presso terzi e di accertamento degli obblighi del terzo, aventi rilevanza soprattutto nei rapporti privatistici, non e' dato comprendere quali siano le previsioni che dovrebbero giustificare tale riforma nell'ambito della programmazione del quadro macroeconomico del Paese. Ritenuto che il procedimento di accertamento ex art. 549 cpc ed il procedimento esecutivo vadano sospesi e gli atti rimessi alla Corte costituzionale. Osserva che sussistono seri dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 20 n.ri 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di Stabilita' 2012, ovvero dell'art. 548 e dell'art. 549 cpc, in combinato disposto con l'art. 543 cpc nella parte in cui stabiliscono le forme del nuovo procedimento per l'accertamento dell'obbligo del terzo pignorato in caso di «contestazioni» sulla sua dichiarazione, nell'ambito della procedura esecutiva di pignoramento presso terzi. Testo art. 549. (Contestata dichiarazione del terzo). Post riforma di cui all'art. 1 comma 20 n. 4 legge 24 dicembre 2012 n. 228 «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». Testo art. 548 (mancata dichiarazione del terzo) Post riforma di cui all'art. 20 co. 20 n. 3 legge 24 dicembre 2012 n. 228 [Se il pignoramento riguarda i crediti di cui all'art. 545, terzo e quarto comma, quando il terzo non compare all'udienza stabilita, il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553]. Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza e' notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553. Il terzo puo' impugnare nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, primo comma, l'ordinanza di assegnazione di crediti adottata a norma del presente articolo, se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarita' della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Testo art. 548 cpc ante riforma (Mancata o contestata dichiarazione del terzo). Se il terzo non comparisce all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il pretore, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo, se essa non eccede i limiti della sua competenza; altrimenti rimette le parti davanti al tribunale competente, assegnando loro un termine perentorio per la costituzione. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudiziodi primo grado, puo' essere applicata nei suoi confronti la disposizione dell'art. 232 primo comma», e testo art. 549 cpc ante riforma (Accertamento dell'obbligo del terzo). Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice, se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo. La disposizione dell'art. 1 comma 20 n.ri 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, contenuta nella legge di Stabilita', si pone in contrasto con gli articoli 2, 3, 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e sesto comma, 81 della Costituzione; Art. 2. - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale. Art. 3. - Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 24, commi 1 e 2. - Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Art. 111 Cost., commi 1, 2, 6, 7. - La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta' personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Art. 81. - Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. A) Violazione art. 111 Cost. e art. 24 Cost. Art. 24 Cost. 1. Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. 2. La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Art. 111 Cost., comma I «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge». Il processo deve essere «giusto» e «regolato dalla legge», e deve essere garantita la «difesa» in ogni stato e grado del procedimento. Nel caso in esame, il processo di accertamento dell'obbligo del terzo (che porta alla emanazione di: «ordinanza» che «produce effetti ai fini dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione») appare talmente poco «regolato dalla legge» da essere rimesso alla elaborazione giurisprudenziale nei suoi aspetti fondamentali. Inoltre la difesa (anche quella tecnica) non risulta garantita al terzo in ogni stato e grado del processo ex art. 549 cpc. Si tratta di un procedimento che astrattamente sembrerebbe dover portare alla emanazione di un provvedimento avente valore di titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato (questa sembrerebbe essere la interpretazione dell'intenzione del legislatore quanto all'espressione «L'ordinanza produce effetti ai fini dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione», anche se il legislatore non ha previsto espressamente che tale ordinanza sia «titolo esecutivo» o abbia «efficacia esecutiva» nei confronti del terzo e quindi la questione rimane aperta, stante la natura tassativa dell'elencazione prevista dall'art. 474 cpc e le altre considerazioni gia' svolte in motivazione), e che, tuttavia, non appare regolato dalla legge neppure nelle sue linee fondamentali. Nella precedente disciplina, il procedimento per l'accertamento dell'obbligo del terzo in caso di dichiarazione negativa, si svolgeva «a norma del libro secondo» del codice di procedura civile. Con la sostituzione dell'art. 548 cpc e dell'art. 549 cpc si e' previsto invece art. 549 che: «Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617.». La procedura attraverso la quale il G.E. dovrebbe compiere «i necessari accertamenti» non e' indicata in alcun modo dal legislatore, il quale ha abrogato il riferimento alle norme ordinarie previste dal libro secondo, e non ha indicato a quali diverse norme il G.E. debba attenersi, per cui si da' ampio spazio alla creativita' dei singoli giudici dell'esecuzione nello stabilire sia quali accertamenti possano essere compiuti e quali no, ma anche le regole generali e l'ambito di applicazione della nuova procedura. In effetti, la nuova normativa non chiarisce l'ambito applicativo della nuova disciplina e si discute se le «contestazioni» e gli «accertamenti» possano riguardare questioni inerenti la esistenza stessa, la esigibilita', la liquidita' del credito pignorato (questioni di merito) o se debbano limitarsi a questioni di natura procedurale e formale, su aspetti di dettaglio, sulla pignorabilita' del credito, sulla esistenza di precedenti esecuzioni o sequestri etc.. E' vero che la precedente formulazione dell'art. 548 cpc faceva riferimento sempre a «contestazioni» sulla dichiarazione del terzo, ma il contesto in cui era inserito e le diverse garanzie procedurali apprestate per il terzo (il cui debito veniva accertato nell'ambito di un giudizio ordinario a norma del libro secondo del cpc) facevano si' che il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo instaurato a norma dell'art. 548 cpc vecchio testo fosse un vero e proprio giudizio ordinario, e potesse essere concepito come da Cassazione Sez. Un. Civili, 13 ottobre 2008, n. 25037 secondo la quale (nella disciplina previgente): «non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex» art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, e' litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilita' del credito pignorato all'espropriazione forzata; Attualmente il legislatore sembra avere preferito una interpretazione opposta a quella della Cassazione, ed avere istituito un giudizio sommario avente efficacia unicamente «endoprocedimentale» cio' fa ritenere, ad alcuni, che in tale processo non possano trovare ingresso le questioni attinenti il merito del credito pignorato ma solo le questioni di pura forma. Si ricorda che la questione e' antica e risale gia' al Codice di procedura civile del 1865 nel vigore del quale, le contestazioni sulla dichiarazione del terzo venivano distinte a seconda che fossero di pura forma e, in quanto tali, decise dallo stesso giudice dell'esecuzione (art. 614) ovvero di merito e, in tal caso, «rimesse - su istanza della parte interessata - alla decisione dell'autorita' giudiziaria che sarebbe stata competente, se il dichiarante fosse stato citato direttamente dal proprio creditore» (art. 616 dell'abrogato Codice del 1865 secondo il quale si procedeva al giudizio di cognizione solo caso di «controversie intorno alla fatta dichiarazione, che non siano di pura forma»). Nel codice del 1940 (regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443 in Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1940) si era privilegiata la soluzione secondo la quale tutte le questioni, sia di forma che di merito venivano decise nelle forme del giudizio ordinario. In effetti, per quanto attiene alla disciplina dell'accertamento dell'obbligo del terzo, sembra che l'ordinamento nel 1865 fosse piu' garantista ed attento di quanto non lo sia diventato all'esito della riforma del 2012. I) Si potrebbe ritenere che il nuovo giudizio debba svolgersi nelle forme del processo esecutivo e che lo stesso abbia efficacia solo nell'ambito esecutivo, come sembra voler affermare il legislatore, ma in tal caso non si potrebbe, a meno di una violazione evidente del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, estendere l'oggetto del giudizio alle «questioni di merito» fatte valere dal terzo pignorato, o dal ereditare pignorante: come nel caso di specie, in cui in presenza di una dichiarazione negativa del terzo il creditore pignorante fa valere la pretesa «simulazione» del contratto preliminare di compravendita e la diversa natura del rapporto tra il terzo pignorato ed il debitore esecutato. Tali questioni non potrebbero che restare estranee alla cognizione del G.E., quindi, non potrebbero essere decise dal Giudice dell'esecuzione, il quale, in caso di dichiarazione negativa, dovrebbe limitarsi a dichiarare l'inammissibilita' di questioni di merito ai sensi dell'art. 549 cpc e di conseguenza l'improcedibilita'/estinzione della procedura esecutiva. Cio' comporterebbe la lesione dei diritti del creditore procedente, in quanto la sospensione del processo esecutivo fino al termine dell'azione di accertamento, non e' piu' prevista. II) Si potrebbe ritenere, come alcuni hanno suggerito, che il giudizio debba svolgersi secondo le norme di cui agli artt. 702 e ss cpc (inserito nel libro IV del cpc), ma anche tale interpretazione, sarebbe piuttosto discutibile, avendo il legislatore abrogato il riferimento alle norme di cui al processo ordinario (libro II del cpc) ed avendo egli tra l'altro previsto un unico mezzo di impugnazione, da esperirsi nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 cpc, mezzo ben diverso da quello previsto dall'art. 702-quater cpc. III) Si potrebbe aderire anche alla teoria secondo la quale il procedimento si svolgerebbe in una sorta di procedura camerale, ma che, a seguito della proposta opposizione nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 cpc, si instaurerebbe un vero e proprio giudizio di cognizione avente ad oggetto ogni possibile questione, di forma e di merito, come accadeva per il giudizio ordinario di cognizione ai sensi del vecchio art. 548 cpc. In ogni caso il processo di accertamento dell'obbligo del terzo, in caso di dichiarazione «contestata» attualmente, risulta non adeguatamente «regolato dalla legge» (come prevede l'art. 111 Cost) e quasi interamente rimesso alla interpretazione della giurisprudenza, con conseguente compromissione dei diritti di difesa dei singoli, i quali non sono posti in condizione di conoscere preventivamente, in modo sufficientemente certo, la normativa applicabile al processo che li riguarda. B) Art. 111 Cost., comma II «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita'...» come si e' gia' detto nella parte espositiva, il procedimento «sommario» delineato dall'art. 549 cpc, nella sua nuova formulazione: 1) non chiarisce con quali modalita' ed in quali termini e forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 2) l'art. 543 cpc non prevede che il creditore debba indicare nel pignoramento/citazione: (come invece previsto per il giudizio ordinario dall'art. 163 cpc n. 3, 4, 5 e 7) «la determinazione della cosa oggetto della domanda», «l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni»; «l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione»; requisiti la cui essenzialita' anche in relazione a quanto previsto dall'art. 111 Cost. e' prevista - a pena di nullita' dell'atto di citazione - dall'art. 164 cpc; 3) la procedura cosi' sommariamente delineata dall'art. 549/art. 543 cpc non prevede che il creditore debba necessariamente indicare nell'atto di pignoramento presso terzi (contenente la citazione del terzo a comparire alla udienza ai sensi dell'art. 543 cpc n. 4), in modo specifico e non generico l'oggetto e il titolo della domanda nei confronti del terzo (e' previsto infatti dall'art. 543 comma 2 cpc n. 2 che il pignoramento presso terzi debba contenere «l'indicazione almeno generica, delle cose o delle somme dovute e la intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice», e non e' previsto che il creditore debba specificare a quale titolo tali somme o cose siano dovute); 4) prevede per il terzo un termine a comparire estremamente ridotto (10 giorni) e non sufficiente a precisare le sue difese in vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte negativa; 5) non prevede che il terzo sia necessariamente assistito da un difensore, ne' che egli possa e debba formalizzare le proprie difese e conclusioni in una comparsa, con la necessaria assistenza tecnica, tanto che, parte della dottrina, sottolineando come non sia possibile proporre una semplice istanza nei confronti di un soggetto che non e' parte processuale, ritiene altresi' necessaria la citazione in giudizio del terzo pignorato e, dunque, il differimento dell'udienza con termine per la chiamata (in tal modo ritenendo di evitare che il sistema presenti profili di incostituzionalita' per violazione degli articoli 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.); 6) non prevede che le parti possano e debbano precisare entro determinate scadenze e in determinate forme, le reciproche domande e conclusioni anche istruttorie (183 VI co cpc); 7) non prevede quali poteri istruttori abbia il Giudice della esecuzione nel compiere i «necessari accertamenti» finalizzati a risolvere le «contestazioni»; 8) non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di merito ma solo che la ordinanza conclusiva del procedimento sia impugnabile nelle forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 codice di procedura civile. Senza specificare l'ampiezza dell'oggetto della impugnazione e se essa possa estendersi all'accertamento delle questioni di merito; 9) non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento, in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza e che il legislatore non ha chiarito, in quanto la formula «L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione» resta piuttosto ambigua), e comunque non e' dato comprendere come - in un giudizio in cui il terzo non e' parte, si possa pervenire alla emanazione di un titolo esecutivo efficace nei suoi confronti; 10) non chiarisce se l'ordinanza abbia efficacia di accertamento di merito anche nei confronti del debitore. La mancanza delle normali garanzie del contraddittorio - e quindi del giusto processo regolato dalla legge - appare piuttosto evidente per quanto riguarda il terzo pignorato. Non va pero' trascurato di considerare, anche, che la incertezza sulle regole di questo nuovo procedimento, riguarda anche il creditore procedente. In un caso come quello in esame, infatti, non e' chiaro se il creditore possa proporre, nell'ambito del procedimento ex art. 549 cpc, la domanda di accertamento della simulazione del contratto preliminare e la esistenza del negozio dissimulato (il prestito o i prestiti, come affermato dal creditore), anzi, tale domanda sembrerebbe non consentita dall'attuale sistema, in quanto la procedura sommaria delineata dal nuovo art. 549 cpc, efficace solo nell'ambito del procedimento di esecuzione in corso, sembra limitata alla decisione sulle questioni di natura puramente formale e non estesa alle decisioni di merito. Inoltre, se il G.E. dovesse ritenere non accertato il credito nell'ambito della procedura sommaria prevista dall'art. 549 cpc, la legge non prevede che il processo esecutivo sia automaticamente sospeso in attesa di una decisione avente efficacia di giudicato sulle questioni sollevate. Nel corso delle fasi dell'eventuale giudizio di cognizione instaurato con impugnazione della ordinanza conclusiva della sommaria procedura di cui all'art. 549 cpc, comunque tale giudizio debba svolgersi, non e' piu' prevista la necessaria sospensione del processo esecutivo, con la conseguenza che, in caso di diniego della ordinanza di assegnazione, il processo di esecuzione debba (probabilmente) estinguersi (vi e' incertezza anche su questo). C) Art. 111, commi 6 e 7. 6. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 7. Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta' personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Il provvedimento di cui all'art. 549 cpc non sarebbe adeguatamente motivato, stante l'obiettiva incertezza del quadro normativo in cui e' inserito. Il procedimento sommario di cui all'art. 549 cpc si conclude con «ordinanza» e non e' stato chiarito dal legislatore se tale ordinanza abbia o meno natura di sentenza e se possa essere impugnata per Cassazione, con conseguente possibile compromissione dei diritti sia del terzo che del creditore, a causa dell'incertezza circa la normativa applicabile al processo. D) Violazione articoli 2 e 3 Cost. Gli articoli 2 e 3 risultano violati in relazione al mancato rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo e del cittadino riferita ai principi del giusto processo individuati dall'art. 111 Cost. In effetti la nuova procedura introdotta dalla legge di stabilita' (Finanziaria 2013) viola l'art. 2 della Carta costituzionale in quanto, violando il diritto alla difesa di cui all'art. 24 Cost, e al «giusto processo» di cui all'art. 111 Cost., lede diritti fondamentali della persona. La violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale - principio di uguaglianza e di ragionevolezza - risulta dalla circostanza che situazioni uguali vengono disciplinate in modo diverso in considerazione di interessi estranei alle situazioni disciplinate e non altrettanto meritevoli di tutela. Si prenda ad esempio la situazione ordinaria di un creditore che agisca in giudizio nei confronti del proprio debitore per ottenere il soddisfacimento del suo credito, ebbene tale creditore dovra' pervenire al conseguimento di una sentenza, o provvedimento ordinario (ad es., di regola, un decreto ingiuntivo) costituente «titolo esecutivo» nei modi del processo ordinario. Quindi il primo debitore risulta tutelato da un processo ordinario/normale. Nel caso in cui invece, ad agire fosse il creditore del creditore, munito di titolo giudiziale nei confronti del suo debitore, il creditore del creditore potra' ottenere un titolo giudiziale (esecutivo, secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza sinora prevalente) nei confronti del debitore del suo debitore (debitor debitoris - terzo pignorato), senza che questi abbia diritto alle garanzie di un processo ordinario, ma tramite una procedura talmente sommaria ed indeterminata da essere del tutto priva delle garanzie fondamentali previste dalla legge. Quindi il terzo pignorato (debitor debitoris) non risulta tutelato da un processo ordinario/normale (conforme all'art. 111 Cost.) ma esposto alle conseguenze di una procedura super-accelerata, priva delle garanzie del contraddittorio, indefinita quanto ai limiti dei poteri del Giudice, ai mezzi di impugnazione, alla efficacia del provvedimento che la definisce. Il terzo pignorato e' un debitore qualunque, ma risulta meno tutelato di altri, solo in considerazione del fatto che il creditore che agisce nei suoi confronti (pur non essendo creditore nei suoi confronti) abbia gia' ottenuto in precedenza un titolo esecutivo nei confronti di un diverso soggetto, al quale il terzo pignorato e', o potrebbe essere, collegato da un rapporto obbligatorio, ancora non oggetto di accertamento giudiziale (definitivo ed esecutivo nei suoi confronti). Ne risulta con evidenza che due debitori, in situazioni identiche con riferimento al loro debito (ancora non accertato in giudizio/privo di titolo esecutivo), possono trovarsi in situazioni di tutela giudiziale molto differenziata solo in considerazione del fatto che uno dei loro creditori sia a sua volta debitore di un altro soggetto, il quale possa agire e agisca esecutivamente (in quanto munito di titolo esecutivo nei confronti del suo debitore) con pignoramento presso il terzo. In ipotesi identiche le modalita' di accertamento del credito e di formazione giudiziale di un titolo esecutivo risultano eccessivamente differenziate e solo in considerazione di un ingiustificato e generalizzato favore per i creditori gia' muniti di titolo esecutivo (infatti non si e' proceduto a riformare le procedure ordinarie/normali di accertamento dei crediti), i quali possono ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei confronti di un soggetto estraneo (il terzo/debitor debitoris), con una procedura che definire poco garantista sembra quasi un eufemismo. A tale principio di uguaglianza e ragionevolezza sembra invece ispirato il Codice di procedura civile del 1865 nel vigore del quale, le contestazioni sulla dichiarazione del terzo venivano distinte esplicitamente, a seconda che fossero di pura forma e, in quanto tali, decise dallo stesso giudice dell'esecuzione (art. 614) ovvero di merito («controversie intorno alla fatta dichiarazione, che non siano di pura forma») e, in tal caso, «rimesse - su istanza della parte interessata - alla decisione dell'autorita' giudiziario che sarebbe stata competente, se il dichiarante fosse stato citato direttamente dal proprio creditore». In effetti non e' dato comprendere con quale ragionevolezza e per quale ragione il terzo pignorato, nella attuale disciplina, debba subire una serie di conseguenze negative (compromissione dei suoi diritti di difesa, formazione anticipata del titolo esecutivo nei suoi confronti, inopponibilita' di questioni che avrebbe potuto proporre nei confronti del suo creditore) in virtu' di circostanze del tutto estranee al suo rapporto col suo creditore, e al di fuori dei limiti previsti dalle norme generali previste dal codice civile in caso di cessione del credito (in base alle quali il credito non puo' che essere trasferito nei limiti in cui era posseduto dall'originario creditore articoli 11260 e ss cc). E) Art. 81 Cost. Da ultimo si osserva che gli articoli in questione sono stati inseriti nella cd legge di Stabilita', senza apparenti presupposti, infatti non si tratta di norme che incidono sul bilancio dello Stato e sulla programmazione economica, ma di norme che attengono strettamente alla regolamentazione dei diritti processuali delle parti coinvolte nei processi esecutivi preso terzi. Conclusioni In definitiva si ritiene che la disposizione dell'art. 1 comma 20 n.ri 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, contenuta nella legge di Stabilita', possa risultare in contrasto con gli articoli 2, 3, 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e sesto comma, 81 della Costituzione, in quanto: - abroga il procedimento per accertamento dell'obbligo del terzo (che si svolgeva nelle forme ordinarie, a norma del libro secondo del cpc) e la sospensione necessaria del processo esecutivo, e sostituisce il procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo con una procedura non sufficientemente regolata dalla legge (art. 111 Cost. «il giusto processo regolato dalla legge») e rimessa, quasi completamente, alla interpretazione del G.E.; - tale procedura, nelle poche scarne norme esistenti, non prevede le adeguate garanzie difensive relative al «contraddittorio» nei confronti del terzo pignorato (il quale e' - appunto - «terzo» nel processo esecutivo), in contrasto con l'art. 111 Cost. «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita'» e l'art. 24 Cost., che prevede l'inviolabilita' del diritto di difesa; - tale procedura, qualora fosse ritenuta sufficientemente delineata dal legislatore, si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost, principio di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto da un lato finisce col creare un diverso trattamento di fattispecie uguali relativamente alle modalita' di accertamento del credito e di formazione giudiziale di un titolo esecutivo (differenziate solo in considerazione di un ingiustificato e generalizzato favore per i creditori gia' muniti di titolo esecutivo, i quali possono ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei confronti di un soggetto estraneo, il terzo/debitor debitoris, con una procedura estremamente accelerata e molto poco garantista), ovvero, dall'altro, qualora si dovesse ritenere che la nuova procedura debba applicarsi solo alle questioni di natura «formale» e non al merito, relativamente all'accertamento del debito del terzo pignorato, creerebbe un ingiustificato danno per lo stesso creditore, il quale non avrebbe piu' alcuno strumento per promuovere un giudizio di merito, incidentale alla procedura esecutiva, di accertamento dell'obbligo del terzo, non essendo (oltretutto) piu' prevista la sospensione necessaria del processo esecutivo, - tale procedura e' stata introdotta con una legge di bilancio e programmazione economica, apparentemente estranea al tema trattato. La questione e' rilevante ai fini della decisione sulla ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti e sulla decisione delle questioni poste dalle parti nell'ambito del procedimento ex articoli 543/548/549 cpc nuova formulazione che non appaiono suscettibili di una interpretazione conforme a Costituzione, nonche' in ordine alla emissione della ordinanza di assegnazione ovvero di estinzione della procedura per esito negativo/dichiarazione negativa, nonche' per l'eventuale sospensione/non sospensione, della esecuzione, nel corso del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo.
P.Q.M. Visto l'art. 134 della Costituzione, nonche' l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 7; Ordina la sospensione del procedimento esecutivo e del sub-procedimento previsto dall'art. 549 cpc per contestata dichiarazione del terzo, per pregiudizialita' costituzionale, con immediata trasmissione - a cura della cancelleria - del fascicolo d'ufficio e dei fascicoli delle parti alla Corte costituzionale; Ordina la notificazione del presente provvedimento - sempre a cura della cancelleria - alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alle parti in causa, nonche' ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Viterbo, 27 giugno 2015 Il Giudice dell'esecuzione: Sisto