N. 160 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 2015

Ordinanza del 16 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Soc. Ricreativo  B  Spa  e  Soc.
Magic Games Sas di A. Malfatti e M. Della Seta & C. contro  Ministero
dell'Economia e delle Finanze ed altri.. 
 
Gioco e scommesse - Riduzione delle  risorse  statali,  a  titolo  di
  compenso, dei  concessionari  e  dei  soggetti  che  operano  nella
  gestione e raccolta del gioco  praticato  mediante  apparecchi  VLT
  (Video Lottery Terminal). 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2015)"), art. 1, comma 649. 
(GU n.37 del 14-9-2016 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                          (Sezione Seconda) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1987 del  2015,  proposto  da:  Soc.  Ricreativo  B
S.p.A. e Soc. Magic Games Sas di A. Malfatti e M. Della Seta & C., in
persona   dei   rispettivi   legali   rappresentanti   pro    tempore
rappresentate e difese dagli avv. Cino  Benelli,  Federico  Mazzella,
con domicilio eletto presso Federico Mazzella  in  Roma,  Lungotevere
Raffaello Sanzio, 1; 
    Contro Ministero dell'Economia e  delle  Finanze,  Agenzia  delle
Dogane e dei Monopoli, Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  in
persona   dei   rispettivi   legali   rappresentanti   pro   tempore,
rappresentati e  difesi  per  legge  dall'Avvocatura  Generale  dello
stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei  confronti  di  Cogetech  S.p.A.  in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli  avv.  Carlo
Geronimo Cardia, con domicilio eletto presso Carlo Geronimo Cardia in
Roma, via dei Parioli  n.  24;  Admiral  Gaming  Network  S.r.l.,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avv.  Filippo  Lattanzi,  Diego  Campugiani,  Claudia  Ciccolo,
Francesco Cardarelli,  con  domicilio  eletto  presso  studio  legale
Lattanzi - Cardarelli in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina n.  47;
Codere Network S.p.A.,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentata e difesa dagli  avv.  Claudia  Ciccolo,  Diego
Campugiani, Filippo Lattanzi,  Francesco  Cardarelli,  con  domicilio
eletto presso studio legale Lattanzi - Cardarelli  in  Roma,  via  G.
Pierluigi Da Palestrina n. 47; Soc.  B  Plus  Gioco  Legale  Limited;
Lottomatica Videolot S.p.A.; Sisal Entertainment S.p.A.; Cirsa Italia
S.p.A.; Gamenet S.p.A.; HBG Connex S.p.A.; Netwin Italia S.p.A.; Snai
S.p.A.; Intralot Gaming Machine S.p.A.; NTS Network S.p.A.; 
    Per  l'annullamento,  la   disposizione,   la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale ed europea: 
      del decreto dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli  prot.  n.
4076/RU del 15 gennaio 2015, recante la ricognizione  del  numero  di
apparecchi  riferibili  a  ciascun  concessionario  ai   fini   della
ripartizione del versamento dell'importo previsto dall'art. 1,  comma
649, della legge  23  dicembre  2014  n.  190,  posto  a  carico  dei
concessionari e soggetti che operano nella gestione  e  raccolta  del
gioco mediante apparecchi di cui all'art. 110,  comma  6,  del  Testo
Unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931; 
      di ogni altro atto  presupposto  e  conseguente,  ivi  compreso
l'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014; 
      del decreto AAMS prot. n. 2011/30582/giochi/ADI  del  5  agosto
2011,  recante  l'approvazione  dello  schema  di   convenzione   per
l'affidamento della concessione avente ad oggetto la realizzazione  e
la conduzione della rete per la gestione telematica del gioco  lecito
mediante gli apparecchi da divertimento  e  intrattenimento  previsti
dall'art. 100, comma 6, del T.U.L.P.S.; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'Economia e  delle  Finanze,  dell'Agenzia  delle  Dogane  e  dei
Monopoli, della Presidenza del Consiglio dei  ministri,  di  Cogetech
S.p.A., di Admiral Gaming Network S.r.l. e di Codere Network S.p.A. 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  21  ottobre  2015  il
Consigliere Elena Stanizzi e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nei verbale. 
    Premettendo in fatto le societa' odierne ricorrenti di svolgere -
sulla base di specifica  abilitazione  derivante  dall'iscrizione  in
apposito elenco -  l'attivita'  di  raccolta  delle  giocate  tramite
apparecchi da  gioco  lecito  di  cui  all'art.  110,  comma  6,  del
T.U.L.P.S. per conto dei concessionari  individuati  all'esito  della
procedura ad evidenza pubblica indetta dall'Agenzia  delle  Dogane  e
dei Monopoli ai sensi dell'art. 24, comma 35, del decreto-legge n. 98
del 2011, convertito in legge con legge n. 111 del 2011 e  conclusasi
nel  2013  con  le  aggiudicazioni  definitive   a   favore   di   13
concessionari  e  sottoscrizione  delle  accessive   convenzioni   di
concessione. 
    Le societa' ricorrenti rientrano,  quindi,  nella  categoria  dei
gestori e, come tali, si inseriscono nella filiera  degli  apparecchi
di  gioco  denominati  Amusement  With  Prize  (AWP)  quali  soggetti
abilitati iscritti nell' apposito elenco dei  soggetti  che  svolgono
attivita' in materia di apparecchi con distribuzione  di  vincite  di
denaro. 
    Illustrano, ancora in fatto, le ricorrenti,  che  con  l'art.  1,
comma 649, della legge di stabilita' di cui alla  legge  n.  190  del
2014, sono state introdotte rilevanti modifiche nella regolazione del
compenso  dei   concessionari   e   degli   operatori   di   filiera,
stabilendosi, in particolare, che, a decorrere dal 1°  gennaio  2015,
"Ai fini di concorso al  miglioramento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino  della  misura
degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli  altri
operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per
conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2,  lettera  g),
della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro
su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse
statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei
soggetti  che,  secondo  le  rispettive  competenze,  operano   nella
gestione e raccolta del gioco praticato mediante  apparecchi  di  cui
all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui  al  regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: 
      a) ai concessionari  e'  versato  dagli  operatori  di  filiera
l'intero ammontare della raccolta  del  gioco  praticato  mediante  i
predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate.  I  concessionari
comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli
operatori di filiera che non effettuano  tale  versamento,  anche  ai
fini dell'eventuale  successiva  denuncia  all'autorita'  giudiziaria
competente; 
      b) i concessionari,  nell'esercizio  delle  funzioni  pubbliche
loro  attribuite,  in  aggiunta   a   quanto   versato   allo   Stato
ordinariamente,  a  titolo  di  imposte  ed  altri  oneri  dovuti   a
legislazione vigente e sulla base delle convenzioni  di  concessione,
versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i
mesi di  aprile  e  di  ottobre  di  ogni  anno,  ciascuno  in  quota
proporzionale al numero di apparecchi ad essi  riferibili  alla  data
del 31 dicembre 2014. Con provvedimento  del  direttore  dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli,  adottato  entro  il  15  gennaio  2015,
previa ricognizione, sono stabiliti il numero degli apparecchi di cui
all'art. 110, comma 6, lettere a) e b), del testo  unico  di  cui  al
regio  decreto  18  giugno  1931,  n.  773,  riferibili   a   ciascun
concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento.
Con analogo provvedimento si provvede, a  decorrere  dall'anno  2016,
previa  periodica  ricognizione,  all'eventuale   modificazione   del
predetto numero di apparecchi; 
      c) i concessionari,  nell'esercizio  delle  funzioni  pubbliche
loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di  filiera  le
somme residue,  disponibili  per  aggi  e  compensi,  rinegoziando  i
relativi  contratti  e  versando   gli   aggi   e   compensi   dovuti
esclusivamente  a   fronte   della   sottoscrizione   dei   contratti
rinegoziati.". 
    In attuazione di tale norma, e' stato adottato il gravato decreto
dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli datato 15 gennaio 2015,  con
il quale e' stato determinato il numero degli apparecchi riferibili a
ciascuno dei concessionari ripartendo tra gli stessi, su  tale  base,
il versamento annuale dell'importo di 500 milioni di euro in  maniera
proporzionale  al  numero  di   apparecchi   riferibili   a   ciascun
concessionario, versamento da effettuarsi nella misura del 40%  entro
il 30 aprile 2015 ed il residuo 60% entro il 31 ottobre. 
    Avverso  tale  provvedimento,  nonche'  avverso   la   disciplina
normativa di cui  lo  stesso  costituisce  attuazione,  deduce  parte
ricorrente i seguenti motivi di censura: 
I - Illegittima modifica sostanziale del vigente assetto  concessorio
per effetto dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 e del
decreto ADM 15 gennaio 2015. 
    Premessa   la   ricognizione   della   disciplina   normativa   e
convenzionale del rapporto concessorio in essere per la realizzazione
e la conduzione della rete  per  la  gestione  telematica  del  gioco
lecito mediante gli apparecchi di cui  all'art.  110,  comma  6,  del
T.U.L.P.S., lamenta parte ricorrente la  radicale  trasformazione  in
pejus di tale disciplina per effetto delle norme introdotte dal comma
649 dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014 e dal  decreto  dell'ADM,
che vanno ad  incidere  nei  confronti  di  tutti  gli  operatori  di
filiera, ivi compresi i gestori, sui quali ultimi e'  fatto  ricadere
l'onere di versare ai concessionari l'intero ammontare della raccolta
del gioco praticato mediante apparecchi  di  gioco,  al  netto  delle
vincite pagate, laddove in precedenza, sulla  base  della  disciplina
normativa e convenzionale,  gli  stessi  trattenevano  dall'ammontare
della raccolta i propri  compensi,  versando  le  restanti  somme  al
concessionario. 
    Con la nuova disciplina, con efficacia  retroattiva,  i  compensi
spettanti agli operatori di  filiera  vengono  cosi'  trasformati  in
risorse statali assimilando il rapporto concessorio ad un servizio di
riscossione delle entrate tributarie. 
    Riversandosi la prevista riduzione di 500 milioni su  base  annua
dei compensi spettanti ai concessionari anche sugli  altri  operatori
di filiera per effetto della prevista rinegoziazione dei rapporti con
i concessionari, lamenta parte ricorrente la mancata previsione di un
regime transitorio e l'alterazione del sinallagma  e  dell'equilibrio
economico finanziario delle  gestioni  di  filiera,  evidenziando  il
contrasto della nuova disciplina con i principi e le regole  impresse
ai relativi rapporti dalle convenzioni  di  concessione  sottoscritte
nel 2013,  con  particolare  riferimento  alla  nozione  di  "importo
residuo" - la cui definizione, recata dal nomenclatore unico, vale ad
evidenziare  il  meccanismo  di  distribuzione   dei   compensi   tra
concessionario e gli  altri  operatori  di  filiera,  essendo  questo
definito quale importo risultante dalla differenza tra la raccolta di
gioco tramite apparecchi, le vincite erogate sugli  apparecchi  e  le
vincite pagate in sala,  e  il  compenso  contrattualmente  spettante
all'incaricato del versamento dell'importo medesimo - alla nozione di
compenso del concessionario di  cui  allo  schema  di  convenzione  -
determinato a titolo omnicomprensivo sulla  base  della  raccolta  di
gioco al netto di quanto dovuto ad AAMS, all'Erario, agli utenti,  ai
soggetti abilitati contrattualizzati  per  la  raccolta  dell'importo
residuo  -  e  con  altre  disposizioni   convenzionali   che   fanno
riferimento,  anche  ai  fini  della  responsabilita'   economica   e
finanziaria, a tali nozioni,  da  cui  si  evince  il  meccanismo  di
determinazione dei compensi e di loro  ripartizione  tra  i  soggetti
della filiera. 
II - Sulla qualificazione dell'art. 1, comma 649, della legge n.  190
del 2014, alla stregua di  "legge-provvedimento".  Illegittimita'  in
via derivata e consequenziale. 
    Sostiene parte ricorrente la  riconducibilita'  della  contestata
norma al novero delle "leggi-provvedimento", in quanto diretta  a  un
numero di destinatari determinato e limitato - ovvero i concessionari
e gli operatori di filiera - e  avente  un  contenuto  particolare  e
concreto,   denunciandone   la   violazione    dei    principi    che
necessariamente devono presiedere a tale tipologia  di  leggi,  quali
quello di ragionevolezza e non arbitrarieta', declinati a loro  volta
nei principi della tutela dell'affidamento e di coerenza  e  certezza
dell'ordinamento giuridico, ridondando i vizi della norma primaria in
via derivata e consequenziale in vizi  del  decreto  del  15  gennaio
2015. 
  II.A - Violazione dei principi europei  e  costituzionali  relativi
allo "jus variandi" (in particolare di trasparenza,  imparzialita'  e
par condicio). Violazione dell'art. 43  della  direttiva  2014/23/UE.
Violazione degli articoli 2 e 30 del decreto legislativo n.  163  del
2006. Violazione dell'art. 24, comma 35,  del  decreto-legge  n.  90,
convertito nella legge n. 111 del 2011. 
    Ricorda parte ricorrente che lo jus variandi delle concessioni di
servizi  non  e'  consentito  ai  sensi  dell'art.  30  del   decreto
legislativo n. 163 del 2006, mentre  lo  schema  di  convenzione  non
prevede  la   possibilita'   per   l'Amministrazione   di   procedere
direttamente a modifiche unilaterali, dovendo tali  modifiche,  anche
quelle imposte da mutamenti normativi, essere  regolate  da  apposito
atto aggiuntivo integrativo della convenzione di concessione. 
    Richiama, inoltre, parte ricorrente  i  principi  espressi  nella
direttiva 2014/23/UE che  precludono  la  possibilita'  di  apportare
modifiche sostanziali nei rapporti concessori ed impongono di  indire
una nuova procedura di aggiudicazione nelle ipotesi  di  modifiche  o
variazioni sostanziali. 
  II.B - Violazione dei principi europei e costituzionali in  materia
di  contratti  pubblici  (in  particolare,   legittimo   affidamento,
certezza    delle    situazioni     giuridiche,     adeguatezza     e
proporzionalita'). Violazione degli  articoli  2  e  30  del  decreto
legislativo n. 160 del 2006. Violazione dell'art.  8,  comma  8,  del
decreto-legge n. 66 del 2014 convertito nella legge n. 89  del  2014.
Violazione dell'art. 24, comma 35, del decreto-legge n. 98 del  2011,
convertito nella legge n. 111 del 2011. 
    La modifica dell'assetto concessorio e negoziale consolidatosi  a
seguito dell'aggiudicazione definitiva delle concessioni e la stipula
delle relative convenzioni accessive e dei contratti  di  filiera  si
porrebbe, sostiene parte  ricorrente,  in  violazione  dei  superiori
principi, di matrice costituzionale ed  europea,  di  certezza  delle
situazioni giuridiche  e  di  legittimo  affidamento  sull'equilibrio
economico  e  finanziario  della  gestione,  i  quali  implicano   la
tendenziale  intangibilita'  delle  situazioni   consolidate   e   la
prevedibilita' delle regole  applicabili  in  modo  da  orientare  le
proprie scelte commerciali ed elaborare  il  proprio  business  plan,
evidenziando come per gli operatori di filiera non fosse  prevedibile
la profonda incisione sui propri rapporti introdotta dalla contestata
norma. 
    Tale norma, nello stabilire una riduzione fissa dei compensi,  da
gravare  su  tutti  i  soggetti  operanti  nel  settore,  e  prevista
unicamente con riferimento al comparto degli apparecchi VTL  e  AWP -
senza interessare le altre tipologie di gioco - si porrebbe, inoltre,
in contrasto con i principi consacrati nella legge n. 23 del  2014  -
recante delega fiscale - di cui afferma di essere  anticipazione,  la
quale ultima prevede che la revisione degli aggi e compensi spettanti
ai concessionari debba avvenire secondo un criterio di progressivita'
legata ai volumi di raccolta delle giocate. 
    Lamenta, inoltre, parte ricorrente la mancata  previsione,  nella
contestata  norma,  di  temperamenti  e  di  forme   di   gradualita'
nell'attuazione delle nuove prescrizioni attraverso l'introduzione di
un regime transitorio che consentisse agli operatori di far rientrare
gli investimenti effettuati ed ammortare le spese sostenute. 
    Stante l'affermata efficacia retroattiva della contestata  norma,
denuncia ancora parte ricorrente la violazione  dei  limiti  generali
all'efficacia retroattiva delle leggi, come integrati dai principi di
ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento e di  coerenza  e
certezza dell'ordinamento. 
    Rileva ancora parte ricorrente la contraddittorieta' della  norma
in esame rispetto a quanto stabilito dall'art. 8 del decreto-legge n.
66 del 2014 che,  nell'introdurre  la  riduzione  degli  importi  dei
contratti in essere nella misura del 5% per  tutta  la  loro  residua
durata, riconosce la facolta' del prestatore di servizi  di  recedere
dal contratto senza alcuna penalita', laddove per  gli  operatori  di
filiera la possibilita' di sciogliersi dai contratti  e'  subordinata
al  pagamento  di  ingenti  penali  previste  dalla  regolamentazione
convenzionale. 
  II.C - Violazione  dei  principi  di  uguaglianza,  ragionevolezza,
capacita' contributiva e progressivita' dell'imposizione (articoli 3,
23, 41, 53 e  97  della  Costituzione)  anche  alla  luce  di  quanto
disposto dall'art. 14, comma 2, lettera g)  della  legge  n.  23  del
2014. 
    Denuncia parte ricorrente l'irrazionalita' della contestata norma
nella parte  in  cui  opera  la  distribuzione  della  riduzione  dei
compensi di 500  milioni  sulla  base  del  numero  degli  apparecchi
riferibili ai concessionari al 31 dicembre 2014, senza  quindi  tener
conto delle somme effettivamente introitate e ritenendo in  esercizio
anche  apparecchi  non  operativi  in  quanto  in  magazzino   o   in
manutenzione  straordinaria,  con  conseguente  illegittimita'  della
stessa ricognizione effettuata dal decreto del 15 gennaio 2015. 
    Per  l'ipotesi  in  cui  dovesse  attribuirsi  natura  tributaria
all'intervento  in  questione,  ne  sostiene  parte   ricorrente   la
violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione in quanto  misura
applicata ad una sola categoria  di  imprese  che  gestiscono  giochi
pubblici,  con  conseguente  arbitrarieta'  ed  irragionevolezza  del
diverso trattamento agli stessi riservato. 
    Sostiene, ancora parte ricorrente che la  contestata  norma,  nel
prevedere che i gestori debbano versare  ai  concessionari  tutta  la
raccolta  delle  giocate  al  netto  delle  vincite  erogate,   senza
stabilire alcun criterio  di  riparto  della  nuova  imposizione  tra
gestori e concessionarie e rimandando ad  una  futura  rinegoziazione
tra gli stessi la remunerazione spettante ai  gestori,  attribuirebbe
ai concessionari un eccessivo potere negoziale nella  predisposizione
del contenuto dei nuovi contratti. 
    Lamenta, inoltre,  parte  ricorrente  che  essendo  l'imposizione
parametrata unicamente alla disponibilita' materiale di apparecchi da
gioco, senza alcuna considerazione del loro tasso di  redditivita'  -
diverso peraltro tra AWP e VTL -  sarebbero  violati  i  principi  di
capacita' contributiva e di progressivita'  della  contribuzione,  il
cui rispetto si pone a garanzia del principio di uguaglianza. 
  II.D - Violazione dei principi europei e costituzionali in  materia
di contratti pubblici (in particolare,  di  concorrenza).  Violazione
degli articoli 2 e 30  del  decreto  legislativo  n.  163  del  2006.
Violazione  della  normativa  antitrust  (legge  n.  287  del  1990).
Violazione dell'art. 24, comma 35, del decreto-legge n. 98 del  2011,
convertito nella legge n. 111 del 2011. 
    La disposta riduzione degli aggi e dei compensi  per  i  soggetti
che operano nel settore degli apparecchi  AWP  e  VTL  comporterebbe,
secondo parte ricorrente, un indubbio vantaggio competitivo a  favore
degli  altri  soggetti  che  esercitano  altre  tipologie  di  gioco,
risultando pertanto tale misura irrazionale ed arbitraria. 
  II.E - Violazione delle liberta' di impresa, di stabilimento  e  di
prestazione  dei  servizi  garantite  a  livello  costituzionale   ed
europeo. 
    Violazione degli articoli 2 e 30 del decreto legislativo  n.  163
del 2006. 
    Sostiene parte ricorrente come la nuova disciplina  non  risponda
ad  alcun  motivo  imperativo  di   interesse   generale   idoneo   a
giustificare la restrizione  della  liberta'  di  stabilimento  e  di
prestazione di servizi, non  potendo  ritenersi  tale  l'esigenza  di
miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica. 
  II.F - Questioni illegittimita' costituzionale ed europea. 
    In ragione delle proposte censure,  chiede  parte  ricorrente  di
disporre la disapplicazione delle disposizioni  recate  dall'art.  1,
comma 649, della legge n. 190 del 2014, per contrasto con il  diritto
europeo o la rimessione alla Corte costituzionale  delle  prospettate
questioni di illegittimita' costituzionale. 
III - Violazione degli  articoli  1339  e  1342  del  codice  civile.
Violazione dell'art. 24, comma 35, del decreto-legge n. 98 del  2011,
convertito nella legge n. 111 del 2011. Violazione dell'art. 3  dello
Schema di Convenzione di Concessione. 
    Denuncia parte ricorrente l'illegittimita'  del  decreto  del  15
gennaio 2015 sia in quanto non preceduto dall'obbligatorio parere del
Consiglio di Stato, sia in quanto non preceduto da una rinegoziazione
consensuale  e  dall'atto  aggiuntivo  prescritto  dallo  schema   di
convenzione,  realizzandosi,  attraverso  le  contestate   previsioni
normative, un'ipotesi  di  eterointegrazione  che  potrebbe,  invece,
operare solo in presenza  di  norme  imperative  recanti  una  rigida
predeterminazione dell'elemento destinato a sostituirsi alla clausola
difforme. 
    Si sono costituite  in  resistenza  le  intimate  Amministrazioni
eccependo, in via preliminare, il difetto di  legittimazione  passiva
della Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  e  contestando,  con
analitica memoria, la fondatezza  delle  argomentazioni  prospettate,
concludendo per il rigetto del ricorso. 
    Si sono costituiti in giudizio  le  societa'  contro  interessate
Cogotech S.p.A., Admiral  Gaming  Network  S.r.l.  e  Codere  Network
S.p.A. 
    L'istanza cautelare e' stata respinta  con  ordinanza  di  questa
Sezione 2 aprile 2015 n. 1477 per le seguenti ragioni: 
      "Considerato che - nel contemperamento degli opposti  interessi
-  le  esigenze  cautelari  addotte  dalla  societa'  ricorrente  non
giustificano la  concessione  della  richiesta  tutela  cautelare  in
quanto: 
        A)  l'importo  del  versamento  da   effettuare,   da   parte
dell'intera filiera del gioco legale, alla data del 30  aprile  2015,
ammonta a 200 mln di euro; 
        B) non  appare  compiutamente  dimostrato  che,  ottemperando
tutti i soggetti della filiera a quanto  disposto  dal  provvedimento
impugnato e dall'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190  del  2014,
sussista un pregiudizio irreparabile nelle more della  decisione  del
merito del ricorso, per la quale - tenuto conto della rilevanza degli
interessi dell'Erario e di tutti  gli  operatori  della  filiera  del
gioco legale - si ritiene di  fissare  la  pubblica  udienza  del  1°
luglio 2015". 
    Con successiva ordinanza 30 luglio 2015, n. 10485, questa Sezione
ha cosi' disposto: 
      "Visto che le societa' ricorrenti  sono  "gestori"  nell'ambito
della filiera  del  gioco  mediante  apparecchi  da  divertimento  ed
intrattenimento; 
      Visto che l'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190  del  2014
(legge di stabilita' 2015), a fini di concorso al miglioramento degli
obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione  del  piu'  organico
riordino  della  misura  degli  aggi  e  dei  compensi  spettanti  ai
concessionari e agli altri operatori  di  filiera  nell'ambito  delle
reti di raccolta del gioco  per  conto  dello  Stato,  in  attuazione
dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n.  23,
ha stabilito in 500 milioni di euro su base  annua  la  riduzione,  a
decorrere dall'anno 2015, delle risorse  statali  a  disposizione,  a
titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo  le
rispettive competenze, operano nella gestione e  raccolta  del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo
unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931; 
      Visto che, ai sensi dell'art. 1, comma 649, lettera  c),  della
legge n. 190 del 2014, i concessionari, nell'esercizio delle funzioni
pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati; 
      Visto che  l'impugnato  DM  dell'Agenzia  delle  Dogane  e  dei
Monopoli del 15 gennaio 2015, ha determinato,  ai  fini  ripartizione
del versamento del detto importo di 500 milioni di  euro,  il  numero
degli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettere a) e  b),  del
regio decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, riferibili
a ciascuno concessionario alla data del 31 dicembre 2014, provvedendo
a ripartire il versamento annuale in maniera proporzionale al  numero
di apparecchi riferibili a ciascun concessionario; 
      Rilevato che l'intervento legislativo, da un lato, e' destinato
ad  incidere  sui  margini  di  redditivita'  degli  operatori  della
filiera,  dall'altro,  determina  la  modifica  dei   meccanismi   di
funzionamento della filiera ridefinendo i rapporti tra  concessionari
ed altri operatori della filiera stessa; 
      Rilevato, di conseguenza, che, per taluni  profili,  gestori  e
concessionari perseguono il medesimo interesse, mentre, per i profili
attinenti alla  ridefinizione  dei  loro  rapporti,  i  concessionari
devono essere considerati contro-interessati al presente ricorso; 
      Rilevato che i ricorrenti hanno notificato il presente  ricorso
solo ad alcuni ma non  a  tutti  i  concessionari,  come  individuati
analiticamente nello stesso decreto impugnato; 
      Ritenuto, di conseguenza, che debba essere ordinata,  ai  sensi
dell'art. 49, comma 1, c.p.a., l'integrazione del contraddittorio nei
confronti dei litisconsorti necessari pretermessi, da individuare nei
concessionari non ancora ritualmente evocati in giudizio; 
      Ritenuto di fissare il termine perentorio del  31  agosto  2015
per il deposito della prova delle avvenute notifiche; 
      Ritenuto di fissare per il prosieguo l'udienza pubblica del  21
ottobre 2015". 
    I ricorrenti hanno  provveduto  alla  disposta  integrazione  del
contraddittorio. 
    La parte ricorrente e l'amministrazione resistente, unitamente ai
contro interessati e al Codacons,  hanno  prodotto  altre  memorie  a
sostegno ed illustrazione delle rispettive ragioni. 
    La causa e' stata trattenuta in  decisione  all'udienza  pubblica
del 21 ottobre 2015. 
 
                               Diritto 
 
    1 - L'Agenzia delle dogane e dei monopoli gestisce l'offerta  del
gioco lecito tramite apparecchi da divertimento ed intrattenimento di
cui all'art. 110, comma  6,  del  TULPS  ed  a  tal  fine  seleziona,
attraverso procedure ad evidenza pubblica, i soggetti cui affidare in
concessione la realizzazione e conduzione della rete per la  gestione
telematica del gioco. 
    I  concessionari,  che  hanno  sottoscritto  una  convenzione  di
concessione di durata novennale, sono attualmente tredici. 
    Gli apparecchi da divertimento  e  intrattenimento  sono  di  due
tipi: le Amusement With Prizes (AWP)  e  le  Video  Lottery  Terminal
(VLT). 
    Le AWP sono  apparecchi  che  vengono  installati  principalmente
presso esercizi generalisti primari (come, ad esempio,  i  bar  e  le
rivendite di tabacchi), denominati "esercenti", ed  operano  con  una
posta massima di 1 euro a fronte di una possibile vincita massima  di
100 euro. Tali apparecchi, generalmente, sono acquistati o noleggiati
da operatori  terzi,  i  cc.dd.  "gestori",  che  si  occupano  anche
dell'installazione  e  della  manutenzione  presso  gli  "esercenti",
titolari di esercizi commerciali dotati di  specifica  autorizzazione
ai sensi del TULPS, a loro volta convenzionati con gli stessi gestori
o con i concessionari. 
    Nella filiera del  comparto  delle  VLT,  invece,  e'  di  solito
assente il gestore perche' gli apparecchi sono  forniti  direttamente
dal  concessionario,  che  si  prende  carico  dell'intera   gestione
operativa degli stessi. La posta di gioco con le  VLT  e'  consentita
fino a 100 euro, mentre la vincita conseguibile arriva fino  a  5.000
euro. 
    I rapporti tra lo Stato  ed  i  concessionari  sono  regolati  da
apposite convenzioni, mentre i rapporti tra concessionari, gestori ed
esercenti sono regolati da contratti  di  diritto  privato,  che  non
rispondono a modelli tipo  redatti  o  approvati  dall'Agenzia  delle
Dogane e dei Monopoli. 
    Il compenso  spettante  ai  concessionari  e'  calcolato  in  via
residuale, in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti: 
      le  vincite  pagate  ai  giocatori  (che  non  possono   essere
inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e  all'85%  per  le
VLT); 
      gli importi dovuti agli altri operatori della filiera,  gestori
ed esercenti, sulla base dei contratti di  diritto  privato  con  gli
stessi stipulati; 
      gli importi dovuti all'Agenzia delle  Dogane  e  dei  Monopoli,
principalmente a titolo di canone di concessione; 
      gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai  sensi
dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con
legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge  n.  266
del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate  per  gli  apparecchi
AWP ed al 5% delle giocate per gli apparecchi VLT. 
    Il compenso spettante ai gestori,  come  detto,  e'  pattuito  in
contratti di diritto privato stipulati con i concessionari. 
    La remunerazione  dei  concessionari  e  dell'intera  filiera  di
gestori  ed  esercenti  che  ad  essi  fa  capo,   quindi,   proviene
dall'insieme delle giocate ed e' carico  dello  Stato  in  quanto  il
denaro, una volta inserito  nell'apparecchio  da  gioco,  diviene  di
proprieta' dello Stato. 
    2 - L'art. 14 della legge n. 23 del 2014 ha delegato  il  Governo
ad attuare "il riordino delle  disposizioni  vigenti  in  materia  di
giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore  in  un  codice
delle  disposizioni   sui   giochi,   fermo   restando   il   modello
organizzativo fondato sul regime  concessorio  e  autorizzatorio,  in
quanto indispensabile per la tutela della fede, dell'ordine  e  della
sicurezza pubblici, per il contemperamento degli  interessi  erariali
con quelli  locali  e  con  quelli  generali  in  materia  di  salute
pubblica,  per  la  prevenzione  del  riciclaggio  dei  proventi   di
attivita' criminose, nonche' per garantire il regolare  afflusso  del
prelievo tributario gravante sui giochi". 
    Tra i principi e criteri direttivi cui dovra'  essere  improntato
il riordino, la lett. g) del  secondo  comma  prevede  la  "revisione
degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli  altri
operatori secondo un criterio di progressivita' legata ai  volumi  di
raccolta delle giocate". 
    L'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190  del  2014  (legge  di
stabilita' per il 2015), nelle more, ha stabilito che: 
      "A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza
pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino  della  misura
degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli  altri
operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per
conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2,  lettera  g),
della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro
su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse
statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei
soggetti  che,  secondo  le  rispettive  competenze,  operano   nella
gestione e raccolta del gioco praticato mediante  apparecchi  di  cui
all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui  al  regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: 
        ai concessionari e' versato  dagli  operatori  della  filiera
l'intero ammontare della raccolta  del  gioco  praticato  mediante  i
predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate.  I  concessionari
comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli
operatori di filiera che non effettuano  tale  versamento,  anche  ai
fini dell'eventuale  successiva  denuncia  all'autorita'  giudiziaria
competente; 
        i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro
attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a
titolo di imposte ed altri oneri  dovuti  a  legislazione  vigente  e
sulla  base  elle  convenzioni  di  concessione,   versano   altresi'
annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e
di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di
apparecchi ad essi riferibili alla data del  31  dicembre  2014.  Con
provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli,
adottato  entro  il  15  gennaio  2015,  previa  ricognizione,   sono
stabiliti  il  numero  degli  apparecchi  ...  riferibili  a  ciascun
concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento.
Con analogo provvedimento si provvede, a  decorrere  dall'anno  2016,
previa  periodica  ricognizione,  all'eventuale   modificazione   del
predetto numero di apparecchi; 
        i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro
attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le  somme
residue, disponibili per aggi e  compensi,  rinegoziando  i  relativi
contratti e versando gli aggi  e  compensi  dovuti  esclusivamente  a
fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati". 
    L'Agenzia delle dogane e dei monopoli,  con  l'impugnato  decreto
direttoriale del 15 gennaio 2015,  ai  fini  della  ripartizione  del
versamento  dell'anzidetto  importo  di  500  milioni  di  euro,   ha
individuato  il  numero  degli  apparecchi   riferibile   a   ciascun
concessionario alla data del 31 dicembre 2014, per cui  ha  ripartito
in  maniera  proporzionale  il  versamento,  stabilendo  che  ciascun
concessionario effettua lo stesso nella misura del 40%  entro  il  30
aprile 2015 e per il residuo 60% entro il 31 ottobre 2015. 
    Ne consegue che, in ragione del disposto della norma di legge  la
cui legittimita' costituzionale e'  in  questa  sede  contestata,  il
compenso spettante all'intera filiera si ottiene sottraendo al totale
delle somme raccolte non soltanto: 
      le  vincite  pagate  ai  giocatori  (che  non  possono   essere
inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e  all'85%  per  le
VLT); 
      gli importi dovuti all'Agenzia delle  Dogane  e  dei  Monopoli,
principalmente a titolo di canone di concessione; 
      gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai  sensi
dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con
legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge  n.  266
del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate  per  gli  apparecchi
AWP ed al 5% per gli apparecchi VLT, ma anche: 
        il versamento dovuto allo Stato ai sensi dell'art.  1,  comma
649, lett. b), della legge n. 190 del 2014 (legge di  stabilita'  per
il 2015). 
    Il compenso spettante ai gestori, peraltro, essendo questi tenuti
a versare l'intero ammontare della raccolta  ai  concessionari  senza
piu' trattenere dalle somme versate quelle spettanti, e'  subordinato
alla rinegoziazione del contratto con il concessionario imposto dalla
norma di legge. 
    3. Il Collegio ritiene che sia  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 649, della legge n. 190 del 2014. 
    3.1 La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della
decisione  della   controversia   in   quanto   l'impugnato   decreto
direttoriale del 15 gennaio 2015 e' stato adottato nell'esercizio  di
un potere del tutto  vincolato  e,  in  particolare,  nella  doverosa
applicazione della richiamata norma di legge, sicche' la  definizione
del presente  giudizio  discende  inevitabilmente  dalla  risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale. 
    3.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della  decisione
della controversia, non e' manifestamente infondata alla  luce  degli
insegnamenti della Corte costituzionale in subiecta materia. 
    La Corte, con sentenza n. 92 del 22  maggio  2013,  ha  giudicato
costituzionalmente  illegittimo,  per  violazione  del  principio  di
ragionevolezza, l'art. 38, commi 2, 4, 6 e 10  del  decreto-legge  n.
269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 nella  parte  in
cui determina effetti retroattivi in peius sul  regime  dei  compensi
spettanti  ai  custodi  di  veicoli  sottoposti  a  sequestro,  fermo
amministrativo e confisca. 
    In tale circostanza, il Giudice delle leggi ha rappresentato  che
la ragionevolezza complessiva della trasformazione  alla  quale  sono
stati assoggettati i rapporti negoziali deve "essere  apprezzata  nel
quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli  interessi
- tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro  di
cui all'art. 3 Cost. -  che  risultano  nella  specie  coinvolti;  ad
evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della  finanza
pubblica   possa   risultare,   sempre   e    comunque,    e    quasi
pregiudizialmente, legittimata a  determinare  la  compromissione  di
diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi,  sia
individuali, sia anche collettivi". 
    La Corte, nella successiva sentenza n. 56 del 2015, ha dichiarato
non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1,
comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento  agli  articoli
3, 41, comma primo, e 42, terzo comma, Cost.;  tali  norme  prevedono
l'aggiornamento dello  schema  tipo  di  convenzione  accessiva  alle
concessioni per l'esercizio e la  raccolta  non  a  distanza,  ovvero
comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo  che  i
concessionari siano dotati dei nuovi "requisiti" e accettino i  nuovi
"obblighi" prescritti, rispettivamente, nelle lettere  a)  e  b)  del
comma 78, e  che  i  contenuti  delle  convenzioni  in  essere  siano
adeguati agli "obblighi" di cui sopra. 
    La legge n. 220 del 2010 (legge di stabilita' per  il  2011),  in
particolare, ha introdotto le norme oggetto di censura a garanzia  di
plurimi interessi pubblici, quali la trasparenza, la  pubblica  fede,
l'ordine pubblico  e  la  sicurezza,  la  salute  dei  giocatori,  la
protezione dei minori e delle fasce di giocatori adulti piu'  deboli,
la protezione degli  interessi  erariali  relativamente  ai  proventi
pubblici derivanti dalla raccolta del gioco; con esse,  sia  i  nuovi
concessionari,  sia  i  titolari  delle  concessioni  in  corso  sono
assoggettati a nuovi "obblighi", in prevalenza di natura  gestionale,
diretti al mantenimento di indici di solidita' patrimoniale per tutta
la durata del rapporto ed  a  questi  si  affiancano  "obblighi"  che
concorrono alla protezione  dei  consumatori  e  alla  riduzione  dei
rischi  connessi  al  gioco  o  che  introducono  clausole  penali  e
meccanismi diretti a rendere effettive le cause  di  decadenza  della
concessione.  Sono  infine  previsti   "obblighi"   di   prosecuzione
interinale dell'attivita' e di cessione non onerosa o di  devoluzione
all'amministrazione  concedente,  su  sua   richiesta,   della   rete
infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco  dopo  la  scadenza
del rapporto. 
    Nel caso richiamato, si e' posto in rilievo che  "il  valore  del
legittimo affidamento riposto nella  sicurezza  giuridica  trova  si'
copertura costituzionale nell'art. 3 Cost., ma non  gia'  in  termini
assoluti  ed  inderogabili.  Per  un  verso,  infatti,  la  posizione
giuridica che da' luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza
nel tempo  di  un  determinato  assetto  regolatorio  deve  risultare
adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per  un  periodo
sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico
sostanziale atto a  far  sorgere  nel  destinatario  una  ragionevole
fiducia nel suo mantenimento. Per  altro  verso,  interessi  pubblici
sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a  incidere
peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l'unico  limite
della proporzionalita'  dell'incisione  rispetto  agli  obiettivi  di
interesse pubblico". 
    Ne consegue che "non e'  affatto  interdetto  al  legislatore  di
emanare  disposizioni  le  quali  vengano  a  modificare   in   senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti  di  durata,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti,  unica  condizione  essendo  che  tali   disposizioni   non
trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo  a
situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti,  l'affidamento
dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento
fondamentale dello Stato di diritto". 
    Nella fattispecie in esame, gli interessi pubblici tutelati  sono
individuabili nella necessita', a fronte della profonda e  perdurante
crisi finanziaria che ha  progressivamente  colpito  anche  lo  Stato
italiano, di un maggiore concorso agli obiettivi di finanza  pubblica
da parte della filiera che opera nella gestione e raccolta del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6,  T.U.  n.
773 del 1931. 
    Al fine di valutare  il  superamento  o  meno  del  limite  della
proporzionalita' rispetto agli obiettivi di  interesse  pubblico,  la
Sezione, con  ordinanze  pronunciate  nei  contenziosi  proposti  dai
concessionari per contestare la  stessa  previsione  legislativa,  ha
disposto incombenti istruttori a carico delle parti per  individuare,
in linea di massima, in che misura la riduzione del compenso  di  500
milioni  a  carico  dell'intera  filiera  incida   sui   margini   di
redditivita' della singola impresa. 
    I soggetti interessati hanno depositato copia dei conti economici
relativi ai bilanci al 31 dicembre 2013 e al 31  dicembre  2014,  con
una tabella riassuntiva,  per  ciascuno  dei  due  anni,  del  valore
aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione  al  netto
del costo delle materie prime  consumate  e  del  costo  dei  servizi
esterni  e  di  altri  eventuali  costi  di  gestione),  del  margine
operativo lordo (intendendosi per tale il valore  aggiunto  al  netto
del costo del lavoro) e del  risultato  operativo  (intendendosi  per
tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti  e  degli
accantonamenti della gestione tipica)  nonche'  con  indicazione  dei
compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013  e  2014  agli
altri operatori della propria filiera. 
    Dalla documentazione prodotta nei relativi giudizi e' emerso che,
generalmente, l'incidenza del  versamento  imposto  non  appare  ictu
oculi violativo del principio di proporzionalita', vale  a  dire  del
"limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi
di interesse pubblico",  indicato  dalla  richiamata  sentenza  della
Corte costituzionale n. 56 del 2015. 
    Il Collegio, tuttavia, ritiene che la norma di  cui  all'art.  1,
comma 649, della legge di  stabilita'  per  il  2015  presenti  altri
profili che rendono la questione di legittimita'  costituzionale  non
manifestamente infondata in relazione agli articoli 3 e 41, comma  1,
Cost. 
    Viene qui in rilievo il canone di ragionevolezza,  assurto  nella
giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite
immanente all'esercizio della discrezionalita' del legislatore. 
    Tale giudizio di ragionevolezza, per lungo  tempo  caratterizzato
dalla necessaria individuazione di un termine di  raffronto  (tertium
comparationis) soltanto a fronte del quale  la  normativa  denunciata
puo' rivelarsi incostituzionale (schema di giudizio ternario), si  e'
via via affrancato dal giudizio di comparazione  ed  e'  divenuto  un
canone autonomo. 
    L'autonomia  della  ragionevolezza  rispetto   al   giudizio   di
eguaglianza appare con tutta evidenza laddove l'art.  3  Cost.  viene
evocato  congiuntamente  sotto  il  profilo   della   disparita'   di
trattamento e sotto  il  profilo  della  ragionevolezza  e  la  Corte
argomenta distintamente per ciascuno dei due profili. 
    Il Collegio ritiene che la norma  contestata  presenti  dubbi  di
compatibilita' costituzionale con riferimento sia  al  profilo  della
disparita' di trattamento sia al profilo della ragionevolezza. 
    Con riguardo alla ragionevolezza, va in primo  luogo  considerato
che l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata  anticipazione
del piu' organico riordino della misura degli  aggi  e  dei  compensi
spettanti  ai  concessionari  e  agli  altri  operatori  di   filiera
nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto  dello  Stato,
in attuazione dell'art. 14, comma 2, lett. g), della legge n. 23  del
2014. 
    Sennonche', mentre il criterio per il riordino previsto dall'art.
14, comma 2, lett.  g),  della  legge  n.  23  del  2014  prevede  la
revisione degli aggi e compensi spettanti  ai  concessionari  e  agli
altri operatori "secondo un  criterio  di  progressivita'  legata  ai
volumi di raccolta delle  giocate",  la  norma  in  contestazione  ha
previsto la riduzione dei compensi in "quota proporzionale" al numero
di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del  31  dicembre
2014. 
    Ne consegue che, sebbene sia stato  fatto  specifico  riferimento
alla norma che prevede il criterio di riduzione degli aggi e compensi
secondo un "criterio di progressivita' legata ai volumi  di  raccolta
delle  giocate",  il  criterio  introdotto  per   ripartire   tra   i
concessionari l'importo totale di euro 500 milioni e' legato  non  ad
un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un
dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti  e  riferibili  a
ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di  ricognizione
successiva. 
    Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea
ad indurre il sospetto che la norma di cui  all'art.  1,  comma  649,
della legge di stabilita' per il 2015 abbia violato sia il  principio
di ragionevolezza che quello di uguaglianza. 
    Premessa,  infatti,  la   contraddittorieta'   intrinseca   della
disposizione che afferma di attuare una norma e poi in concreto se ne
discosta, appare illogico il riferimento ad un dato statico (sia pure
soggetto ad aggiornamento), cioe' il numero di apparecchi  riferibile
a ciascun concessionario ad una  certa  data,  anziche'  ad  un  dato
dinamico, il volume di raccolta delle giocate, in quanto la capacita'
di reddito di ogni singolo concessionario e della relativa filiera e'
misurata in maniera molto piu' propria dall'entita' complessiva degli
importi incassati  che  dal  numero  degli  apparecchi  riferibile  a
ciascun soggetto. 
    Il criterio individuato,  in  altri  termini,  postula  che  ogni
apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare  del
tutto non plausibile. 
    Analogamente, il criterio individuato dalla norma sembra  violare
il principio di uguaglianza in  quanto,  essendo  il  riferimento  al
numero  di  apparecchi  riferibile  a  ciascun   concessionario   non
compiutamente indicativo dei  margini  di  reddito  conseguiti  dallo
stesso, la ripartizione della riduzione dei compensi potrebbe  andare
a beneficio degli operatori i cui apparecchi registrano mediamente un
maggior volume di giocate ed  a  detrimento  degli  operatori  i  cui
apparecchi, invece, registrano mediamente un minor volume di giocate. 
    La previsione normativa, in  sostanza,  sembra  avere  violato  i
canoni di ragionevolezza e  parita'  di  trattamento  presumendo,  in
maniera illogica, che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la
stessa potenzialita' di reddito laddove quest'ultima dipende  da  una
molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo,  la  differenza  tra
AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la  strada  in
cui l'apparecchio e' situato nonche' la  sua  ubicazione  all'interno
del locale)  che  rendono  non  plausibile  il  criterio  scelto  dal
legislatore. 
    La violazione del principio di ragionevolezza e  di  uguaglianza,
peraltro, e' individuabile anche con riferimento al fatto che, mentre
la legge delega n.  23  del  2014,  ha  previsto  il  riordino  delle
disposizioni vigenti in materia di giochi  pubblici  e,  quindi,  del
loro intero sistema, la norma in contestazione incide solo sui giochi
praticati mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, TU n. 773
del 1931 e, per l'effetto, e' destinata solo ad un segmento, sia pure
di enorme rilievo, al suo interno. 
    Va  da  se'  che  la  descritta  irragionevole  ripartizione  del
versamento   imposto   tra   i   concessionari   potrebbe    produrre
un'alterazione del libero gioco della  concorrenza  tra  gli  stessi,
favorendo quelli che, in presenza di una redditivita'  superiore  per
singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione  al  volume
di giocate raccolte, un importo minore,  per  cui  possono  destinare
maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu'  lato,  favorendo
gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi  da  quelli  in
discorso. 
    La questione di legittimita' costituzionale della  norma  di  cui
all'art. 1, comma 649,  della  legge  n.  190  del  2014  non  appare
manifestamente  infondata  anche  con  riferimento  alla   violazione
dell'art. 41, comma 1, Cost. che sancisce il  principio  di  liberta'
dell'iniziativa economica privata. 
    Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di
soggetti  privati  che,   nell'intraprendere   attivita'   d'impresa,
sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad  una
certa stabilita' nel tempo  del  rapporto  concessorio  gode  di  una
particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art.  3
Cost., ma anche all'art. 41 Cost. 
    In  particolare,  il  legittimo   affidamento   dell'imprenditore
implica l'aspettativa che le sopravvenienze normative  non  finiscano
per vanificare l'iniziativa economica intrapresa e  gli  investimenti
sostenuti, atteso che, se l'imprenditore evidentemente deve  assumere
su di se' i rischi d'impresa derivanti da mutamenti della  situazione
di fatto, non puo' dirsi  allo  stesso  modo  per  le  sopravvenienze
normative che incidono sulle condizioni  economiche  stabilite  nella
convenzione accessiva al rapporto concessorio. 
    Nel caso di specie, se, da un lato, il  versamento  imposto,  pur
incidendo significativamente sul sinallagma contrattuale, non  appare
prima facie violativo del richiamato "principio di  proporzionalita'"
scolpito nella sentenza n. 56 del 2015, dall'altro, la determinazione
in misura fissa e non variabile del  contributo  imposto,  in  quanto
destinato ad operare a tempo indeterminato,  potrebbe  potenzialmente
produrre un peso insostenibile per gli operatori della filiera ove  i
margini  di  redittivita'  della  stessa  dovessero  consistentemente
ridursi. 
    In altri termini, se con riferimento ai dati del conto  economico
2014,  il  versamento  imposto  alla  filiera,  pur  costituendo   un
significativo "taglio" alla capacita' di reddito degli operatori, non
appare  tale  da  violare  il  "principio  di  proporzionalita'"   in
un'ottica   di   bilanciamento   tra   interessi   costituzionalmente
rilevanti, non e' possibile escludere che, ove i volumi delle giocate
raccolte dovessero drasticamente  contrarsi,  la  determinazione  del
versamento in misura fissa e non variabile, come funzione del  volume
delle giocate, potrebbe determinare  un  reale  stravolgimento  delle
condizioni  economiche  pattuite  in  convenzione   con   conseguente
eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed  i
relativi operatori di filiera. 
    Parimenti irragionevoli e lesive  della  liberta'  di  iniziativa
economica dell'impresa si rilevano  le  previsioni,  contenute  nelle
lett. a) e c) del secondo comma dell'art. 1, comma 649 della legge di
stabilita' per il 2015, secondo  cui  "ai  concessionari  e'  versato
dagli operatori di filiera  l'intero  ammontare  della  raccolta  del
gioco praticato  mediante  i  predetti  apparecchi,  al  netto  delle
vincite pagate" e "i  concessionari,  nell'esercizio  delle  funzioni
pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati". 
    Tali  disposizioni  sono  idonee  a  riflettersi  sulla  liberta'
contrattuale  anche  dei  gestori  in  quanto  l'imposizione  di  una
rinegoziazione dei contratti appare ontologicamente incompatibile con
la  incomprimibile  autonomia   delle   parti   di   pervenire   solo
eventualmente ad un nuovo e diverso  accordo  negoziale,  laddove  e'
verosimile ritenere che per realizzare lo  stesso  obiettivo  sarebbe
stato sufficiente stabilire una riduzione "pro quota" ed "a  cascata"
dei compensi spettanti a tutti gli operatori di filiera senza imporre
una rinegoziazione in via autoritativa. 
    Con specifico riferimento alla posizione dei gestori  nell'ambito
della  ridefinizione  dei  loro  rapporti  con  i  concessionari,  il
Collegio ritiene altresi' irragionevoli e  lesive  del  principio  di
liberta dell'iniziativa economica privata le norme  sopra  richiamate
atteso che il nuovo meccanismo disegnato dalla  norma  determina  che
l'erogazione  del  compenso  ai  gestori,  a  differenza  che  per  i
concessionari,  sia  rinviato  nel  tempo,  ed  e'  subordinata  alla
sottoscrizione dei contratti rinegoziati con gli stessi. 
    I precetti de quibus, quindi, si rivelano irragionevoli e  lesivi
del  principio  di  liberta'  economica  privata  perche'   impongono
autoritativamente ai gestori, in  posizione  contrattuale  di  minore
forza rispetto ai  concessionari  esercenti  pubbliche  funzioni,  di
rinegoziare  i  contratti  e,   quale   conseguenza   della   mancata
rinegoziazione, prevedono  che  nessun  compenso  possa  essere  loro
erogato, ancorche' maturato nella vigenza di un precedente  contratto
di diritto privato. 
    4.  Per  tutte  le  ragioni  sopraesposte,  il  Collegio  ritiene
rilevante  ai  fini  della  decisione  della   controversia   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del  2014  per  violazione
degli articoli 3 e  41,  primo  comma,  Cost.,  sicche'  deve  essere
disposta la remissione degli atti  alla  Corte  costituzionale  e  la
sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134  della  Costituzione,
dell'art. 1 della  legge  costituzionale  9  febbraio  1948  n.  1  e
dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale  Amministrativo  Regionale  per  il  Lazio,  Roma  -
Sezione Seconda,  interlocutoriamente  pronunciando  sul  ricorso  n.
1987/2015 R.G., come in epigrafe proposto, cosi' statuisce: 
      Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione
agli  articoli  3  e  41,  primo  comma,  Cost.,  la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649,  della  legge  n.
190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015); 
      Dispone  la  sospensione  del  giudizio  e  ordina  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
      Riserva ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e  sulle
spese di lite all'esito del  giudizio  incidentale  promosso  con  la
presente pronuncia; 
      Ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa  ed  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della  Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  21
ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: 
      Filoreto D'Agostino, Presidente; 
      Elena Stanizzi, Consigliere, Estensore; 
      Carlo Polidori, Consigliere. 
 
                      Il presidente: D'Agostino 
 
 
                                                L'estensore: Stanizzi