N. 209 ORDINANZA 6 luglio - 8 settembre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e pene - Omesso versamento IVA - Sanzione penale. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000,  n.  74  (Nuova  disciplina  dei
  reati in materia di imposte sui redditi e sul  valore  aggiunto,  a
  norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno  1999,  n.  205),  art.
  10-ter, aggiunto dall'art. 35, comma 7, del decreto-legge 4  luglio
  2006, n. 223 (Disposizioni urgenti  per  il  rilancio  economico  e
  sociale, per il contenimento e  la  razionalizzazione  della  spesa
  pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e  di  contrasto
  all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,
  comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248. 
-   
(GU n.37 del 14-9-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10-ter  del
decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei  reati
in materia di imposte sui redditi e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9  della  legge  25  giugno  1999,  n.  205),  aggiunto
dall'art. 35, comma 7,  del  decreto-legge  4  luglio  2006,  n.  223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico  e  sociale,  per  il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 4 agosto 2006, n. 248,  promosso  dal  Tribunale  ordinario  di
Treviso nel procedimento penale a carico di B.F., con  ordinanza  del
18 febbraio 2015, iscritta al n. 318 del registro  ordinanze  2015  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  52,  prima
serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  6  luglio  2016  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 18 febbraio 2015 (r.o. n. 318 del
2015), il Tribunale ordinario di Treviso ha sollevato, in riferimento
all'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione  all'art.
4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora in  avanti
«Protocollo n. 7 alla CEDU»), adottato a Strasburgo  il  22  novembre
1984, ratificato e reso esecutivo con la legge 9 aprile 1990, n.  98,
e all'art. 50 della Carta di Nizza (Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e, in una
versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, una questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-ter del decreto  legislativo
10 marzo 2000, n. 74  (Nuova  disciplina  dei  reati  in  materia  di
imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a  norma  dell'articolo  9
della legge 25 giugno 1999, n. 205), il quale,  configurandosi,  alla
stregua della giurisprudenza prevalente della  Corte  di  cassazione,
come fattispecie "a dolo generico",  non  si  distinguerebbe  neanche
sotto il profilo dell'elemento soggettivo dal corrispondente illecito
tributario; 
    che il giudice a quo premette di essere  investito  del  giudizio
nei confronti di un imputato per il «reato di cui all'art. 10 ter, in
relazione all'art. 10 bis» del d.lgs. n. 74 del 2000, perche'  «nella
sua veste di legale  rappresentante  della  ditta  "Barbon  Trasporti
s.r.l.", non versava l'imposta sul valore  aggiunto  dovuta  in  base
alla dichiarazione annuale Modello Unico per  l'anno  d'imposta  2009
per un ammontare pari ad euro 128.889,00  entro  il  termine  per  il
versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo»; 
    che  secondo  il  giudice  a  quo,  in  virtu'  della  previsione
dell'art. 10-ter del d.lgs. n. 74  del  2000,  la  sanzione  prevista
dall'art. 10-bis per il delitto  di  omesso  versamento  di  ritenute
certificate si applica anche  a  chiunque  non  versi  l'imposta  sul
valore aggiunto (IVA), dovuta in  base  alla  dichiarazione  annuale,
«entro il termine del versamento del conto  relativo  al  periodo  di
imposta successivo»; 
    che l'omesso versamento dell'IVA  sarebbe  anche  punito  in  via
amministrativa dall'art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997,
n. 471 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali  in  materia  di
imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione  dei
tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q,  della  legge
23  dicembre  1996,  n.  662),  che  assoggetta   ad   una   sanzione
amministrativa, pari al trenta per cento di ogni importo non versato,
chiunque non esegue, in tutto o in parte,  alle  prescritte  scadenze
periodiche i versamenti relativi ai debiti IVA; 
    che le sezioni unite della Corte di cassazione avrebbero statuito
che la fattispecie di reato prevista all'art. 10-bis del d.lgs. n. 74
del 2000 non si pone in rapporto di specialita', ma  di  progressione
illecita con l'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997, si'  che
non vi sarebbe violazione, ne' dell'art. 4 del Protocollo n.  7  alla
CEDU, ne' dell'art. 50 della Carta  di  Nizza,  che  stabiliscono  il
principio del ne bis in idem  in  materia  penale,  sia  perche'  non
ricorrerebbe l'identita' del  fatto,  sia  perche'  il  principio  in
questione si riferirebbe solo ai procedimenti penali e  non  potrebbe
riguardare l'ipotesi  dell'applicazione  congiunta  di  una  sanzione
penale e di una sanzione amministrativa tributaria; 
    che secondo la Corte di giustizia dell'Unione  europea,  ai  fini
della valutazione della  natura  penale  delle  sanzioni  tributarie,
sarebbero  rilevanti  tre  criteri:  «la   qualificazione   giuridica
dell'illecito nel  diritto  nazionale,  la  natura  dell'illecito  e,
infine, la natura e il grado di severita' della sanzione»,  spettando
«al giudice nazionale "verificare" la  natura  penale  o  meno  della
sanzione e conseguentemente "valutare"» alla luce dei citati  criteri
se procedere o no ad «un esame del cumulo di  sanzioni  tributarie  e
penali previsto dalla legislazione nazionale sotto il  profilo  degli
standard nazionali, circostanza che potrebbe eventualmente indurlo  a
considerare tale cumulo contrario a detti standard, a condizione  che
le rimanenti sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive»; 
    che la pronuncia delle sezioni unite della Corte  di  cassazione,
riguardante il reato di cui all'art. 10-bis  del  d.lgs.  n.  74  del
2000, ignorerebbe del tutto proprio il fatto storico  «connesso  alla
commissione dell'illecito, sia sotto il profilo oggettivo  che  sotto
il   profilo   soggettivo»,   in   quanto   l'agente   «che    omette
consapevolmente di volta in  volta  i  versamenti  fiscali  mensili»,
rappresentati  dai  tributi  IVA,  integrerebbe,  con   la   medesima
condotta, sia l'illecito amministrativo, sia una frazione  di  quello
penale; 
    che,  infatti,  una  volta  raggiunta  la  cosiddetta  soglia  di
punibilita' per l'integrazione della fattispecie penale, l'agente non
si porrebbe «in un diverso rapporto di consapevolezza con  l'illecito
commesso», in quanto non avrebbe «fatto altro che porre in essere  le
medesime condotte che hanno gia'  integrato  una  serie  di  illeciti
amministrativi e a quel punto integrano anche l'illecito penale»; 
    che la diversita' del fatto andrebbe  riconosciuta  solo  ove  la
fattispecie penale richiedesse per il  suo  perfezionamento  il  dolo
specifico di evasione delle imposte, su cui sarebbe incentrata  tutta
la ratio del d.lgs. n. 74  del  2000,  e  che  costituirebbe  l'unico
elemento   distintivo   fra   l'illecito    penale    e    l'illecito
amministrativo; 
    che, poiche' pero', secondo la  prevalente  giurisprudenza  della
Corte di cassazione, gli illeciti di cui agli artt. 10-bis  e  10-ter
del d.lgs.  n.  74  del  2000  costituirebbero  fattispecie  "a  dolo
generico", si' da non distinguersi  dai  corrispondenti  illeciti  di
natura tributaria,  sarebbe  violato  il  divieto  di  bis  in  idem,
previsto dall'art. 4 del Protocollo n. 7 alla  CEDU  e  dall'art.  50
della Carta di Nizza, e  di  conseguenza  l'art.  117,  primo  comma,
Cost.; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto «la restituzione degli atti al giudice a quo, per
una nuova valutazione in ordine alla rilevanza»  della  questione  di
legittimita' costituzionale; 
    che l'Avvocatura generale  ha  sottolineato  che  successivamente
all'ordinanza di rimessione e' intervenuto il decreto legislativo  24
settembre 2015, n.  158  (Revisione  del  sistema  sanzionatorio,  in
attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11  marzo  2014,  n.
23), che avrebbe apportato un ampio complesso di modifiche al sistema
sanzionatorio tributario, sia penale che amministrativo; 
    che,  nel  quadro  degli  interventi  di  revisione  del  sistema
sanzionatorio, l'art. 8 del d.lgs. n. 158 del 2015 avrebbe modificato
anche la norma censurata,  innalzando  il  «valore  soglia  (penale)»
dell'omesso versamento  dell'IVA  per  ciascun  periodo  di  imposta,
portandolo a duecentocinquantamila euro; 
    che inoltre l'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 74 del  2000,  come
modificato dall'art. 11 del d.lgs. n. 158 del 2015, dispone che  «[i]
reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma  1,  non
sono  punibili  se,  prima  della  dichiarazione  di   apertura   del
dibattimento di primo grado, i debiti  tributari,  comprese  sanzioni
amministrative e interessi, sono  stati  estinti  mediante  integrale
pagamento degli importi dovuti»; 
    che, tenuto conto dell'ammontare dell'imposta non versata, pari a
128.889,00  euro,  come   risulta   dall'ordinanza   di   rimessione,
l'Avvocatura generale ha concluso  chiedendo  la  restituzione  degli
atti al giudice rimettente, per una nuova valutazione della rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale. 
    Considerato  che  il  Tribunale   ordinario   di   Treviso,   con
riferimento  all'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,   in
relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali
(d'ora in avanti «Protocollo n. 7 alla CEDU»), adottato a  Strasburgo
il 22 novembre 1984, ratificato e  reso  esecutivo  con  la  legge  9
aprile 1990, n. 98, e all'art. 50 della Carta  di  Nizza  (Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea), proclamata a  Nizza  il  7
dicembre 2000 e, in una versione adattata,  il  12  dicembre  2007  a
Strasburgo, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 10-ter
del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74  (Nuova  disciplina  dei
reati in materia di imposte sui redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a
norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205); 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'  intervenuto
il decreto legislativo 24  settembre  2015,  n.  158  (Revisione  del
sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1,  della
legge 11 marzo 2014, n. 23), che ha apportato numerose  modificazioni
al sistema sanzionatorio tributario, tanto penale che  amministrativo
(ordinanza n. 116 del 2016); 
    che l'art. 8 del citato decreto legislativo ha  modificato  anche
la  norma  censurata,  eliminando  il  rinvio,  presente  nel   testo
originario, all'art. 10-bis  del  d.lgs.  n.  74  del  2000  (per  la
determinazione della pena  e  della  soglia  di  punibilita'),  e  ha
descritto compiutamente la fattispecie, innalzando  la  soglia  della
punibilita'  dell'illecito  dai  precedenti  cinquantamila   euro   a
duecentocinquantamila euro per ciascun periodo di imposta; 
    che quest'ultimo importo e' superiore a quello indicato nel  capo
di imputazione; 
    che - secondo quanto gia' piu' volte  affermato  dalla  Corte  di
cassazione (per tutte, con riguardo all'omesso  versamento  dell'IVA,
Corte di cassazione, terza sezione penale, 4 febbraio 2016, n.  11359
e 11  novembre  2015,  n.  13217/16)  -  l'aumento  delle  soglie  di
punibilita', traducendosi in una modificazione favorevole al reo,  e'
destinato a operare, ai sensi dell'art. 2 del  codice  penale,  anche
per i fatti anteriori alla riforma; 
    che inoltre la novella legislativa, innovando la  disciplina  del
rapporto tra gli illeciti penali e  gli  illeciti  amministrativi  in
questione, ha modificato l'art. 13  del  d.lgs.  n.  74  del  2000  e
introdotto, fra l'altro, una causa di non  punibilita'  nel  caso  di
pagamento dell'imposta dovuta e delle sanzioni amministrative; 
    che  spetta  al  giudice  rimettente  valutare  le  ricadute  nel
giudizio a quo di tali modificazioni normative, specie ai fini  della
rilevanza della proposta  questione  di  legittimita'  costituzionale
(ordinanza n. 112 del 2016); 
    che pertanto deve disporsi la restituzione degli atti al  giudice
rimettente perche' rivaluti la rilevanza della  questione  alla  luce
del novum normativo. 
    Visto l'art. 9, commi 1  e  2,  delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    ordina la restituzione  degli  atti  al  Tribunale  ordinario  di
Treviso. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'8 settembre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA