N. 164 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2015
Ordinanza del 17 novembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Jolly videogiochi S.r.l. e Vallagames S.r.l. contro Ministero dell'economia e delle finanze e altri . Gioco e scommesse - Riduzione delle risorse statali, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi VLT (Video Lottery Terminal). - Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)"), art. 1, comma 649.(GU n.38 del 21-9-2016 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 3740 del 2015, proposto da: Jolly Videogiochi Srl e Soc Vallegames Srl, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avv. Stefano Sbordoni, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Arenula, 16; Contro Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Nei confronti di: Soc G Matica Srl (ora Admiral Gaming Network Srl), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Cardarelli, Filippo Lattanzi, Diego Campugiani e Claudia Ciccolo, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lattanzi Cardarelli in Roma, Via G. Pierluigi da Palestrina, 47; Soc Sisal Entertainment Spa; Soc Lottomatica Videolot Rete Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Botto, Filippo Pacciani e Valeria Viti, con domicilio eletto presso il loro studio professionale in Roma, Via di San Nicola Da Tolentino, 67; Cogetech S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Geronimo Cardia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Parioli, 24; Codere Network Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Cardarelli, Diego Campugiani, Filippo Lattanzi, Claudia Ciccolo, con domicilio eletto presso Studio Legale Lattanzi - Cardarelli in Roma, Via G. Pierluigi da Palestrina, 47; Per l'annullamento: del provvedimento/determina prot. 4076/RU in data 15 gennaio 2015 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli; della legge provvedimento costituita dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 (cd. legge di Stabilita' 2015); di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso; nonche' per la disapplicazione, anche previa rimessione alla Corte costituzionale e/o alla Corte di giustizia UE, per illegittimita' costituzionale e/o europea dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' 2015). Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura generale dello Stato; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Soc G Matica Srl (ora Admiral Gaming Network Srl), di Soc Lottomatica Videolot Rete Spa, di Cogetech S.p.A. e di Codere Network Spa; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2015 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue Le ricorrenti espongono di avere in essere, con alcune Societa' titolari di concessione per la realizzazione e la conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante gli apparecchi da divertimento di cui all'art. 110, comma 6, TULPS, contratti per la gestione di tali apparecchi da gioco. Soggiungono che, in forza di tali contratti, hanno i compiti di raccolta delle giocate, di manutenzione e distribuzione degli apparecchi e di tutte le attivita' connesse ad un corretto funzionamento dell'apparecchio. Rappresentano che l'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 ha richiesto un ulteriore onere di 500 milioni in capo a tutti i soggetti della filiera. Di talche', avendo l'Agenzia delle dogane e dei monopoli emesso in data 15 gennaio 2015 il provvedimento attuativo di tale norma, hanno proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi di impugnativa: Eccesso di potere nelle sue figure sintomatiche dello sviamento di potere ed erronea valutazione dei presupposti di diritto. Violazione della direttiva comunitaria 98/34/CE e della relativa normativa di esecuzione e recepimento. I testi della norma primaria e della conseguente determina conterrebbero regole tecniche e misure di carattere finanziario ai sensi dell'art. 1, comma 11, della direttiva in epigrafe, che non risulterebbero essere state rese note all'UE. Violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza, legittimo affidamento e certezza del diritto, concorrenza, imparzialita', buon andamento, trasparenza, logicita', proporzionalita' e adeguatezza. Violazione art. 1372 e ss. codice civile Violazione articoli 25, 41 e 42 Cost. La norma avrebbe le caratteristiche di una legge provvedimento perche' agisce direttamente nella sfera privatistica di soggetti ben identificati. La previsione di corrispondere da parte dei gestori direttamente ai concessionari l'intero importo prelevato dagli apparecchi renderebbe di fatto impossibile le prestazioni previste a carico dei gestori di approvvigionamento di monete degli apparecchi; il gestore, in tal modo, si vedrebbe riconosciuto il compenso solo dopo che il concessionario ha corrisposto il dovuto allo Stato. Inoltre, l'obbligo di rinegoziazione dei contratti costituirebbe condicio sine qua non per ottenere i compensi per l'attivita' svolta dai gestori. Eccesso di potere per disparita' di trattamento, irragionevolezza, contraddittorieta' con atti precedenti. Lesione del principio del legittimo affidamento e ingiustizia manifesta. Violazione degli articoli 23 e 53 Cost. Violazione art. 14, comma 2, lettera g), legge n. 23 del 2014. La disparita' di trattamento della norma si rivelerebbe anche nell'individuazione quali destinatari dei soli soggetti del comparto dei giochi mediante apparecchi AWP e VLT. La disposizione di legge, unitamente alla quantificazione degli importi ed al numero di apparecchi stabilito dalla determina ADM impugnata, sarebbe in contrasto con quanto stabilito dall'art. 14, comma 2, lettera g), legge n. 23 del 2014. Eccesso di potere per disparita' di trattamento, irragionevolezza, contraddittorieta' con atti precedenti. Lesione del principio del legittimo affidamento e ingiustizia manifesta. Violazione dell'art. 11 delle preleggi. Violazione art. 14, comma 2, lettera g), legge n. 23 del 2014. L'individuazione degli apparecchi operativi di ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 sarebbe irragionevole. Violazione dei principi comunitari articoli 101, 102, 106 del Trattato sul funzionamento UE. Violazione art. 117 Cost. La norma, per la sua irretroattivita', sarebbe violativa del principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Le ricorrenti hanno quindi formulato istanza di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale della legge n. 190 del 2014. L'Avvocatura generale dello Stato, con analitica memoria, ha contestato la fondatezza delle argomentazioni prospettate concludendo per il rigetto del ricorso. I concessionari Cogetech S.p.A., Admiral Gaming Network Srl, Lottomatica Videolot Rete Spa e Codere Network Spa si sono costituiti in giudizio. Con ordinanza 20 luglio 2015, n. 9761, questa Sezione ha cosi' disposto: «Visto che le Societa' ricorrenti sono "gestori" nell'ambito della filiera del gioco mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento; Visto che l'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' 2015), a fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, ha stabilito in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931; Visto che, ai sensi dell'art. 1, comma 649, lettera c), della legge n. 190 del 2014, i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati; Visto che l'impugnato decreto ministeriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli del 15 gennaio 2015, ha determinato, ai fini ripartizione del versamento del detto importo di 500 milioni di euro, il numero degli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettere a) e b), del regio decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, riferibili a ciascuno concessionario alla data del 31 dicembre 2014, provvedendo a ripartire il versamento annuale in maniera proporzionale al numero di apparecchi riferibili a ciascun concessionario; Rilevato che l'intervento legislativo, da un lato, e' destinato ad incidere sui margini di redditivita' degli operatori della filiera, dall'altro, determina la modifica dei meccanismi di funzionamento della filiera ridefinendo i rapporti tra concessionari ed altri operatori della filiera stessa; Rilevato, di conseguenza, che, per taluni profili, gestori e concessionari perseguono il medesimo interesse, mentre, per i profili attinenti alla ridefinizione dei loro rapporti, i concessionari devono essere considerati controinteressati al presente ricorso; Rilevato che i ricorrenti hanno notificato il presente ricorso solo ad alcuni ma non a tutti i concessionari, come individuati analiticamente nello stesso decreto impugnato; Ritenuto, di conseguenza, che debba essere ordinata, ai sensi dell'art. 49, comma 1, c.p.a., l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari pretermessi, da individuare nei concessionari non ancora ritualmente evocati in giudizio; Ritenuto di fissare il termine perentorio del 31 agosto 2015 per il deposito della prova delle avvenute notifiche; Ritenuto di fissare per il prosieguo l'udienza pubblica del 21 ottobre 2015». Le ricorrenti hanno provveduto ad integrare il contraddittorio. La parte ricorrente e l'amministrazione resistente hanno prodotto altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive ragioni. La causa e' stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 21 ottobre 2015. 2. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli gestisce l'offerta del gioco lecito tramite apparecchi da divertimento ed intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS ed a tal fine seleziona, attraverso procedure ad evidenza pubblica, i soggetti cui affidare in concessione la realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco. I concessionari, che hanno sottoscritto una convenzione di concessione di durata novennale, sono attualmente tredici. Gli apparecchi da divertimento e intrattenimento sono di due tipi: le Amusement With Prizes (AWP) e le Video Lottery Terminal (VLT). Le AWP sono apparecchi che vengono installati principalmente presso esercizi generalisti primari (come, ad esempio, i bar e le rivendite di tabacchi), denominati «esercenti», ed operano con una posta massima di 1 euro a fronte di una possibile vincita massima di 100 euro. Tali apparecchi, generalmente, sono acquistati o noleggiati da operatori terzi, i cc.dd. «gestori», che si occupano anche dell'installazione e della manutenzione presso gli «esercenti», titolari di esercizi commerciali dotati di specifica autorizzazione ai sensi del TULPS, a loro volta convenzionati con gli stessi gestori o con i concessionari. Nella filiera del comparto delle VLT, invece, e' di solito assente il gestore perche' gli apparecchi sono forniti direttamente dal concessionario, che si prende carico dell'intera gestione operativa degli stessi. La posta di gioco con le VLT e' consentita fino a 100 euro, mentre la vincita conseguibile arriva fino a 5.000 euro. I rapporti tra lo Stato ed i concessionari sono regolati da apposite convenzioni, mentre i rapporti tra concessionari, gestori ed esercenti sono regolati da contratti di diritto privato, che non rispondono a modelli tipo redatti o approvati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Il compenso spettante ai concessionari e' calcolato in via residuale, in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti: le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato con gli stessi stipulati; gli importi dovuti all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, principalmente a titolo di canone di concessione; gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai sensi dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge n. 266 del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5% delle giocate per gli apparecchi VLT. Il compenso spettante ai gestori, come detto, e' pattuito in contratti di diritto privato stipulati con i concessionari. La remunerazione dei concessionari e dell'intera filiera di gestori ed esercenti che ad essi fa capo, quindi, proviene dall'insieme delle giocate ed e' carico dello Stato in quanto il denaro, una volta inserito nell'apparecchio da gioco, diviene di proprieta' dello Stato. 3. L'art. 14 della legge n. 23 del 2014 ha delegato il Governo ad attuare «il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi, fermo restando il modello organizzativo fondato sul regime concessorio e autorizzatorio, in quanto indispensabile per la tutela della fede, dell'ordine e della sicurezza pubblici, per il contemperamento degli interessi erariali con quelli locali e con quelli generali in materia di salute pubblica, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attivita' criminose, nonche' per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi». Tra i principi e criteri direttivi cui dovra' essere improntato il riordino, la lettera g) del secondo comma prevede la «revisione degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate». L'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015), nelle more, ha stabilito che: «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: ai concessionari e' versato dagli operatori della filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorita' giudiziaria competente; i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base elle convenzioni di concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, adottato entro il 15 gennaio 2015, previa ricognizione, sono stabiliti il numero degli apparecchi ... riferibili a ciascun concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si provvede, a decorrere dall'anno 2016, previa periodica ricognizione, all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi; i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati». L'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con l'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015, ai fini della ripartizione del versamento dell'anzidetto importo di 500 milioni di euro, ha individuato il numero degli apparecchi riferibile a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014, per cui ha ripartito in maniera proporzionale il versamento, stabilendo che ciascun concessionario effettua lo stesso nella misura del 40% entro il 30 aprile 2015 e per il residuo 60% entro il 31 ottobre 2015. Ne consegue che, in ragione del disposto della norma di legge la cui legittimita' costituzionale e' in questa sede contestata, il compenso spettante all'intera filiera si ottiene sottraendo al totale delle somme raccolte non soltanto: le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); gli importi dovuti all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, principalmente a titolo di canone di concessione; gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai sensi dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge n. 266 del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5% per gli apparecchi VLT; ma anche: il versamento dovuto allo Stato ai sensi dell'art. 1, comma 649, lettera b), della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015). Il compenso spettante ai gestori, peraltro, essendo questi tenuti a versare l'intero ammontare della raccolta ai concessionari senza piu' trattenere dalle somme versate quelle spettanti, e' subordinato alla rinegoziazione del contratto con il concessionario imposto dalla norma di legge. 4. Il Collegio ritiene che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 4.1 La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della decisione della controversia in quanto l'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015 e' stato adottato nell'esercizio di un potere del tutto vincolato e, in particolare, nella doverosa applicazione della richiamata norma di legge, sicche' la definizione del presente giudizio discende inevitabilmente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. 4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della decisione della controversia, non e' manifestamente infondata alla luce degli insegnamenti della Corte costituzionale in subiecta materia. La Corte, con sentenza n. 92 del 22 maggio 2013, ha giudicato costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di ragionevolezza, l'art. 38, commi 2, 4, 6 e 10 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 nella parte in cui determina effetti retroattivi in peius sul regime dei compensi spettanti ai custodi di veicoli sottoposti a sequestro, fermo amministrativo e confisca. In tale circostanza, il Giudice delle leggi ha rappresentato che la ragionevolezza complessiva della trasformazione alla quale sono stati assoggettati i rapporti negoziali deve «essere apprezzata nel quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli interessi - tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro di cui all'art. 3 Cost. - che risultano nella specie coinvolti; ad evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della finanza pubblica possa risultare, sempre e comunque, e quasi pregiudizialmente, legittimata a determinare la compromissione di diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi, sia individuali, sia anche collettivi». La Corte, nella successiva sentenza n. 56 del 2015, ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento agli articoli 3, 41, comma primo, e 42, terzo comma, Cost.; tali norme prevedono l'aggiornamento dello schema tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo che i concessionari siano dotati dei nuovi «requisiti» e accettino i nuovi «obblighi» prescritti, rispettivamente, nelle lettere a) e b) del comma 78, e che i contenuti delle convenzioni in essere siano adeguati agli «obblighi» di cui sopra. La legge n. 220 del 2010 (legge di stabilita' per il 2011), in particolare, ha introdotto le norme oggetto di censura a garanzia di plurimi interessi pubblici, quali la trasparenza, la pubblica fede, l'ordine pubblico e la sicurezza, la salute dei giocatori, la protezione dei minori e delle fasce di giocatori adulti piu' deboli, la protezione degli interessi erariali relativamente ai proventi pubblici derivanti dalla raccolta del gioco; con esse, sia i nuovi concessionari, sia i titolari delle concessioni in corso sono assoggettati a nuovi «obblighi», in prevalenza di natura gestionale, diretti al mantenimento di indici di solidita' patrimoniale per tutta la durata del rapporto ed a questi si affiancano «obblighi» che concorrono alla protezione dei consumatori e alla riduzione dei rischi connessi al gioco o che introducono clausole penali e meccanismi diretti a rendere effettive le cause di decadenza della concessione. Sono infine previsti «obblighi» di prosecuzione interinale dell'attivita' e di cessione non onerosa o di devoluzione all'amministrazione concedente, su sua richiesta, della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco dopo la scadenza del rapporto. Nel caso richiamato, si e' posto in rilievo che «il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova si' copertura costituzionale nell'art. 3 Cost., ma non gia' in termini assoluti ed inderogabili. Per un verso, infatti, la posizione giuridica che da' luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un determinato assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per un periodo sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far sorgere nel destinatario una ragionevole fiducia nel suo mantenimento. Per altro verso, interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l'unico limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico». Ne consegue che «non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, unica condizione essendo che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto». Nella fattispecie in esame, gli interessi pubblici tutelati sono individuabili nella necessita', a fronte della profonda e perdurante crisi finanziaria che ha progressivamente colpito anche lo Stato italiano, di un maggiore concorso agli obiettivi di finanza pubblica da parte della filiera che opera nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, Testo unico n. 773 del 1931. Al fine di valutare il superamento o meno del limite della proporzionalita' rispetto agli obiettivi di interesse pubblico, la Sezione, con ordinanze pronunciate nei contenziosi proposti dai concessionari per contestare la stessa previsione legislativa, ha disposto incombenti istruttori a carico delle parti per individuare, in linea di massima, in che misura la riduzione del compenso di 500 milioni a carico dell'intera filiera incida sui margini di redditivita' della singola impresa. I soggetti interessati hanno depositato copia dei conti economici relativi ai bilanci al 31 dicembre 2013 e al 31 dicembre 2014, con una tabella riassuntiva, per ciascuno dei due anni, del valore aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione al netto del costo delle materie prime consumate e del costo dei servizi esterni e di altri eventuali costi di gestione), del margine operativo lordo (intendendosi per tale il valore aggiunto al netto del costo del lavoro) e del risultato operativo (intendendosi per tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti e degli accantonamenti della gestione tipica) nonche' con indicazione dei compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013 e 2014 agli altri operatori della propria filiera. Dalla documentazione prodotta nei relativi giudizi e' emerso che, generalmente, l'incidenza del versamento imposto non appare violativo del principio di proporzionalita', vale a dire del «limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico», indicato dalla richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2015. Il Collegio, tuttavia, ritiene che la norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge di stabilita' per il 2015 presenti altri profili che rendono la questione di legittimita' costituzionale non manifestamente infondata in relazione agli articoli 3 e 41, comma 1, Cost. Viene qui in rilievo il canone di ragionevolezza, assurto nella giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite immanente all'esercizio della discrezionalita' del legislatore. Tale giudizio di ragionevolezza, per lungo tempo caratterizzato dalla necessaria individuazione di un termine di raffronto (tertium comparationis) soltanto a fronte del quale la normativa denunciata puo' rivelarsi incostituzionale (schema di giudizio ternario), si e' via via affrancato dal giudizio di comparazione ed e' divenuto un canone autonomo. L'autonomia della ragionevolezza rispetto al giudizio di eguaglianza appare con tutta evidenza laddove l'art. 3 Cost. viene evocato congiuntamente sotto il profilo della disparita' di trattamento e sotto il profilo della ragionevolezza e la Corte argomenta distintamente per ciascuno dei due profili. Il Collegio ritiene che la norma contestata presenti dubbi di compatibilita' costituzionale con riferimento sia al profilo della disparita' di trattamento sia al profilo della ragionevolezza. Con riguardo alla ragionevolezza, va in primo luogo considerato che l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge n. 23 del 2014. Sennonche', mentre il criterio per il riordino previsto dall'art. 14, comma 2, lettera g), della legge n. 23 del 2014 prevede la revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori «secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate», la norma in contestazione ha previsto la riduzione dei compensi in «quota proporzionale» al numero di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del 31 dicembre 2014. Ne consegue che, sebbene sia stato fatto specifico riferimento alla norma che prevede il criterio di riduzione degli aggi e compensi secondo un «criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate», il criterio introdotto per ripartire tra i concessionari l'importo totale di euro 500 milioni e' legato non ad un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti e riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di ricognizione successiva. Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea ad indurre il sospetto che la norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge di stabilita' per il 2015 abbia violato sia il principio di ragionevolezza che quello di uguaglianza. Premessa, infatti, la contraddittorieta' intrinseca della disposizione che afferma di attuare una norma e poi in concreto se ne discosta, appare illogico il riferimento ad un dato statico (sia pure soggetto ad aggiornamento), cioe' il numero di apparecchi riferibile a ciascun concessionario ad una certa data, anziche' ad un dato dinamico, il volume di raccolta delle giocate, in quanto la capacita' di reddito di ogni singolo concessionario e della relativa filiera e' misurata in maniera molto piu' propria dall'entita' complessiva degli importi incassati che dal numero degli apparecchi riferibile a ciascun soggetto. Il criterio individuato, in altri termini, postula che ogni apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare del tutto implausibile. Analogamente, il criterio individuato dalla norma sembra violare il principio di uguaglianza in quanto, essendo il riferimento al numero di apparecchi riferibile a ciascun concessionario non compiutamente indicativo dei margini di reddito conseguiti dallo stesso, la ripartizione della riduzione dei compensi potrebbe andare a beneficio degli operatori i cui apparecchi registrano mediamente un maggior volume di giocate ed a detrimento degli operatori i cui apparecchi, invece, registrano mediamente un minor volume di giocate. La previsione normativa, in sostanza, sembra avere violato i canoni di ragionevolezza e parita' di trattamento presumendo, in maniera illogica, che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la stessa potenzialita' di reddito laddove quest'ultima dipende da una molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo, la differenza tra AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la strada in cui l'apparecchio e' situato nonche' la sua ubicazione all'interno del locale) che rendono implausibile il criterio scelto dal legislatore. La violazione del principio di ragionevolezza e di uguaglianza, peraltro, e' individuabile anche con riferimento al fatto che, mentre la legge delega n. 23 del 2014, ha previsto il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici e, quindi, del loro intero sistema, la norma in contestazione incide solo sui giochi praticati mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, Testo unico n. 773 del 1931 e, per l'effetto, e' destinata solo ad un segmento, sia pure di enorme rilievo, al suo interno. Va da se' che la descritta irragionevole ripartizione del versamento imposto tra i concessionari potrebbe produrre un'alterazione del libero gioco della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che, in presenza di una redditivita' superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu' lato, favorendo gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi da quelli in discorso. La questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 non appare manifestamente infondata anche con riferimento alla violazione dell'art. 41, comma 1, Cost. che sancisce il principio di liberta' dell'iniziativa economica privata. Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di soggetti privati che, nell'intraprendere attivita' d'impresa, sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad una certa stabilita' nel tempo del rapporto concessorio gode di una particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art. 3 Cost., ma anche all'art. 41 Cost. In particolare, il legittimo affidamento dell'imprenditore implica l'aspettativa che le sopravvenienze normative non finiscano per vanificare l'iniziativa economica intrapresa e gli investimenti sostenuti, atteso che, se l'imprenditore evidentemente deve assumere su di se' i rischi d'impresa derivanti da mutamenti della situazione di fatto, non puo' dirsi allo stesso modo per le sopravvenienze normative che incidono sulle condizioni economiche stabilite nella convenzione accessiva al rapporto concessorio. Nel caso di specie, se, da un lato, il versamento imposto, pur incidendo significativamente sul sinallagma contrattuale, non appare prima facie violativo del richiamato «principio di proporzionalita'» scolpito nella sentenza n. 56 del 2015, dall'altro, la determinazione in misura fissa e non variabile del contributo imposto, in quanto destinato ad operare a tempo indeterminato, potrebbe potenzialmente produrre un peso insostenibile per gli operatori della filiera ove i margini di redditivita' della stessa dovessero consistentemente ridursi. In altri termini, se con riferimento ai dati del conto economico 2014, il versamento imposto alla filiera, pur costituendo un significativo «taglio» alla capacita' di reddito degli operatori, non appare tale da violare il «principio di proporzionalita'» in un'ottica di bilanciamento tra interessi costituzionalmente rilevanti, non e' possibile escludere che, ove i volumi delle giocate raccolte dovessero drasticamente contrarsi, la determinazione del versamento in misura fissa e non variabile, come funzione del volume delle giocate, potrebbe determinare un reale stravolgimento delle condizioni economiche pattuite in convenzione con conseguente eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed i relativi operatori di filiera. Parimenti irragionevoli e lesive della liberta' di iniziativa economica dell'impresa si rilevano le previsioni, contenute nelle lettere a) e c) del secondo comma dell'art. 1, comma 649 della legge di stabilita' per il 2015, secondo cui «ai concessionari e' versato dagli operatori di filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate» e «i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati». Tali disposizioni sono idonee a riflettersi sulla liberta' contrattuale anche dei gestori in quanto l'imposizione di una rinegoziazione dei contratti appare ontologicamente incompatibile con la incomprimibile autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad un nuovo e diverso accordo negoziale, laddove e' verosimile ritenere che per realizzare lo stesso obiettivo sarebbe stato sufficiente stabilire una riduzione «pro quota» ed «a cascata» dei compensi spettanti a tutti gli operatori di filiera senza imporre una rinegoziazione in via autoritativa. Con specifico riferimento alla posizione dei gestori nell'ambito della ridefinizione dei loro rapporti con i concessionari, il Collegio ritiene altresi' irragionevoli e lesive del principio di liberta dell'iniziativa economica privata le norme sopra richiamate atteso che il nuovo meccanismo disegnato dalla norma determina che l'erogazione del compenso ai gestori, a differenza che per i concessionari, sia rinviata nel tempo e sia subordinata alla sottoscrizione dei contratti rinegoziati con gli stessi. I precetti de quibus, quindi, potrebbero rivelarsi irragionevoli e lesivi del principio di liberta' economica privata perche' impongono autoritativamente ai gestori, in posizione contrattuale di minore forza rispetto ai concessionari esercenti pubbliche funzioni, di rinegoziare i contratti e, quale conseguenza della mancata rinegoziazione, prevedono che nessun compenso possa essere loro erogato, ancorche' maturato nella vigenza di un precedente contratto di diritto privato. 5. Per tutte le ragioni sopraesposte, il Collegio ritiene rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 per violazione degli articoli 3 e 41, primo comma, Cost., sicche' deve essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87.
P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda, interlocutoriamente pronunciando sul ricorso in epigrafe e riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese, cosi' provvede: dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3 e 41, primo comma, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015); dispone la sospensione del giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; ordina che, a cura della segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati: Filoreto D'Agostino, Presidente; Silvia Martino, consigliere; Roberto Caponigro, consigliere, estensore. Il Presidente: D'agostino L'estensore: Caponigro