N. 205 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 febbraio 2016
Ordinanza del 23 febbraio 2016 del Tribunale di Treviso nel procedimento penale a carico di Duso Dino. Reati tributari - Causa di non punibilita' per pagamento del debito tributario - Termini di sospensione del processo, prima dell'apertura del dibattimento, nel caso di rateizzazione, per il pagamento del residuo - Preclusione per il giudice della facolta' di concedere un termine coincidente con lo scadere del piano di rateizzazione. - Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), art. 13, comma 3, come sostituito dall'art. 11 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23).(GU n.42 del 19-10-2016 )
TRIBUNALE DI TREVISO Sezione penale Il Giudice nel procedimento penale n. 108/16 r.g. Trib. a carico di Duso Dino pronuncia la seguente ordinanza a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, Duso Dino veniva tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 10-bis del decreto legislativo n. 74/2000, per avere omesso di versare, nel termine previsto, ritenute operate e risultanti dalle certificazioni rilasciate dai sostituiti relative agli esercizi 2010 e 2011, per un ammontare complessivo di € 633,901,38 (precisamente € 229.177,38 per l'anno d'imposta 2010 ed € 404.724 per l'anno d'imposta 2011). All'udienza del 23 febbraio 2016, prima dell'apertura del dibattimento, la difesa dell'imputato, riportandosi alla memoria gia' depositata in data 18 febbraio 2016, allegava: che in data 5 febbraio 2013 la «Rossi & Duso Group S.p.a.» aveva depositato ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo e, nell'ambito del relativo piano, aveva proposto anche una transizione fiscale, ex art. 182-ter del regio decreto n. 267/1942, che prevedeva il pagamento integrale in linea capitale di quanto dovuto all'erario, anche per gli anni d'imposta 2010 e 2011, il pagamento delle sanzioni nella misura del 10% e il conteggio degli interessi nella misura del 3,5 %, con pagamento in 12 rate trimestrali fino al 31 dicembre 2017 (cfr. la proposta di transazione fiscale prodotta della difesa come allegato 2 alla memoria depositata in data 18 febbraio 2016); che il concordato preventivo, comprensivo della transazione fiscale, era stato omologato dal Tribunale di Treviso con provvedimento del 17 aprile 2014 (cfr, il provvedimento prodotto dalla difesa come allegato 3 alla suddetta memoria); che in adempimento della transazione fiscale la «Rossi & Duso Group S.p.a.» aveva regolarmente gia' pagato quattro rate. Tutto cio' premesso, la difesa chiedeva che il Tribunale, in applicazione dell'art. 13 del decreto legislativo n. 74/2000 (cosi' come novellato dall'art. 11 del decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 158), rinviasse il processo ad una data successiva al 31 dicembre 2017, senza aprire il dibattimento e con sospensione del termine di prescrizione, cosi' da consentire all'imputato di completare il pagamento rateale del debito tributario e conseguentemente avvalersi della causa di non punibilita' introdotta dalla novella legislativa. Al riguardo, la difesa aggiungeva che la previsione del comma 3 dell'art. 13 - per la quale nel caso in cui il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione e' dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo con facolta' del Giudice di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi - non era coordinata con la normativa riguardante il concordato fallimentare e la transazione fiscale, la quale non consente di effettuare pagamenti per debiti anteriori che si discostino dal piano omologato; che tale difetto di coordinamento si traduceva in un irragionevole trattamento deteriore per coloro che avevano avuto accesso a tali istituti, sostanzialmente impedendo loro di fruire della causa di non punibilita', con violazione degli articoli 24 e 3 della Carta Costituzionale. Alla luce di quanto allegato dalla difesa, il Tribunale ritiene che vada sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 - cosi' come sostituito dall'art. 11 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 - perche' tale norma viola gli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui prevede che qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione e' dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, con facolta' per il Giudice di «prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi» e non consente, invece, almeno in determinati casi, di concedere un termine piu' lungo coincidente con lo scadere del piano di rateizzazione. In merito alla rilevanza nel presente procedimento della prefigurata questione di legittimita' costituzionale, la stessa emerge da quanto sopra esposto e allegato dalla difesa dell'imputato. In particolare, la difesa chiede il rinvio del processo ad un'udienza successiva al 31 dicembre 2017 al fine di consentire all'imputato di completare il pagamento rateale del debito tributario e, quindi, di avvalersi della causa di non punibilita' prevista dall'art. 13. Sennonche' tale istanza non puo' essere accolta perche' vi osta la lettera del comma 3 dell'art. 13, il quale sancisce che, per il fine indicato dalla difesa, puo' essere concesso solo un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, con facolta' per il Giudice «di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario». La circostanza che il legislatore abbia indicato espressamente un primo termine di tre mesi e, soprattutto, abbia sentito la necessita' di precisare che lo stesso e' prorogabile una sola volta per non oltre tre mesi, rende evidente che non e' consentito al Giudice di concedere termini piu' lunghi, o di prorogare piu' volte il termine, allo specifico fine di completare il pagamento rateale del debito tributario. Ragionando diversamente il dettato legislativo sul punto non avrebbe alcun valore. Cio' significa che, cosi' come avanzata, la richiesta della difesa andrebbe respinta. Tuttavia, nel caso concreto, la reiezione dell'istanza comporterebbe l'impossibilita' per l'imputato di usufruire della causa di non punibilita', atteso che lo stesso non potrebbe, in ogni caso, completare il pagamento del debito tributario nel termine di tre mesi o in quello eventualmente prorogato per ulteriori tre mesi, essendo vincolato a quanto stabilito nel piano omologato in sede di concordato preventivo che prevede, per i rapporti con il fisco, il pagamento a rate da completarsi il 31 dicembre 2017. Ebbene, e' noto che una volta che il concordato preventivo sia stato omologato il debitore, nel caso di specie la societa' debitrice, deve attenervisi rispettando, in particolare, quanto stabilito in ordine alla distribuzione tra i creditori delle somme messe a disposizione o ricavate dalla procedura mediante l'attivita' di cessione dei beni (cfr. artt. 163 e seg. della legge fallimentare); se non la fa, va incontro alla risoluzione del concordato per inadempimento con tutte le conseguenze negative del caso; si e' detto, in proposito, che il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno spossessamento attenuato, in quanto conserva l'amministrazione e la disponibilita' dei propri beni, ma con le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all'esecuzione del concordato (cfr. Cass. Civ., 8 febbraio - 13 aprile 2012, n. 13996). Nel caso di specie, una volta approvato il concordato preventivo, il Duso, quale legale rappresentate della societa', deve rispettare l'obbligo di pagare i creditori secondo l'ordine di distribuzione, le modalita' e i tempi stabiliti. Tutto cio' implica che se, dopo l'omologazione del concordato preventivo, il Duso pagasse tutto l'importo dovuto all'erario entro il termine di tre mesi eventualmente concessogli dalla data dell'udienza, violerebbe quanto stabilito in sede di concordato preventivo. In definitiva, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13 comma 3 del decreto legislativo 74/2000 e' rilevante perche', nel caso concreto, tale norma, cosi' come modellata, impedisce all'imputato di avvalersi della causa di non punibilita' rappresentata dal pagamento del debito tributario prima dell'apertura del dibattimento. Cio' posto in merito alla rilevanza, la questione di legittimita' costituzionale non e' manifestamente infondata con riferimento ai parametri di cui agli articoli 3 e 24 della Costituzione. Come gia' rilevato, il comma 3 dell'art. 13 sancisce che, quando il debito tributario e' in corso di estinzione mediante rateizzazione - al fine di consentire all'imputato di pagare il debito tributario residuo e, quindi, di usufruire della causa di non punibilita' prevista dal comma 1 - puo' essere concesso solo un termine di tre mesi, con facolta' per il Giudice «di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario». Ora, come evidenziato dai primi commenti dottrinali, la disciplina appare di per se' irragionevole se si tiene conto del fatto che, al ricorrere di determinate condizioni, le procedure di adesione consentono una rateizzazione anche quadriennale del debito tributario, ma che, non di rado, i termini di dilazione possono raggiungere anche i dieci anni nei confronti dei concessionari della riscossione; ed e' allora chiaro come il termine semestrale non rappresenti una grande agevolazione per il contribuente, sostanzialmente obbligato a rinunciare a quei termini dilatati di pagamento che la disciplina tributaria gli avrebbe altrimenti assicurato. Cio', d'altro canto, e' pure in parziale contrasto con la ratio della causa di non punibilita' - limitata alle fattispecie di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater comma l - che, come si legge nella relazione illustrativa, trova «la sua giustificazione politico criminale nella scelta di concedere al contribuente la possibilita' di eliminare la rilevanza penale della propria condotta attraverso una piena soddisfazione dell'erario prima del processo penale: in questi casi, infatti, il contribuente ha correttamente indicato il proprio debito risultando in seguito inadempiente; il successivo adempimento, per non spontaneo, rende sufficiente il ricorso alle sanzioni amministrative». Ma oltre che logicamente irragionevole, la suddetta disciplina e' anche giuridicamente irragionevole - con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione - perche', in primo luogo, fa dipendere la concreta possibilita' di accedere alla causa di non punibilita' da variabili che non dipendono dall'imputato. cosi', per esempio, dalla «velocita'» con la quale e' esercitata l'azione penale: se l'azione penale e' esercitata «con ritardo» il reo avra' piu' tempo per pagare le rate del piano di rateizzazione e, quindi, ben puo' essere che all'udienza fissata per l'apertura del dibattimento il termine massimo di sei mesi gli sia bastevole per completare il pagamento rateale, senza essere costretto a rinunciare alla dilazione per usufruire della causa di non punibilita'; se invece l'azione penale fosse esercitata con particolare rapidita' il reo - senza ragione - avrebbe un sostanziale trattamento deteriore, dal momento che avrebbe avuto minor tempo per «sfruttare la rateizzazione» e il termine di sei mesi potrebbe non essergli sufficiente per completare i ratei, con la conseguenza che per avvantaggiarsi della causa di non punibilita' dovrebbe forzatamente rinunciare alla dilazione tributaria e pagare entro sei mesi, e in un sol colpo, tutto il residuo debito fiscale. In secondo luogo, ed e' cio' che piu' conta nel giudizio a quo, la norma e' irragionevole perche' tratta, senza giustificazione, in modo uguale chi, ammesso al pagamento rateizzato del debito tributario, ha la possibilita' di scegliere di rinunciare alla rateizzazione e di adempiere il residuo debito entro il termine di tre mesi fissato dal Giudice (eventualmente prorogato di altri tre mesi), cosi' andando esente dalla sanzione penale, e chi non ha tale facolta' perche' il piano di rateizzazione rientra nell'alveo di un concordato preventivo con conseguente necessita' di rispettare quanto in esso previsto. Si e' gia' anticipato, al riguardo, che dopo l'ammissione alla procedura del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della «par condicio creditorum» nel senso che i debiti devono essere pagati nell'ordine, nella misura, nei tempi e con le modalita' previste nel piano concordato. Cio' si desume dall'art. 167 della legge fallimentare che, con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione, comporta che il patrimonio dell'imprenditore in pendenza del concordato sia oggetto di un'oculata e «giurisdizionalizzata» amministrazione, perche' destinato a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori; dall'art. 168 che, nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, comporta implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori, perche' sarebbe incongruo che cio' che il creditore non puo' ottenere in via di esecuzione forzata possa conseguire in virtu' di spontaneo adempimento; dall'art. 184, che nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che non possa darsi l'ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema e, in particolare, non sia ammissibile - per venire al caso concreto - che l'imprenditore paghi «anticipatamente» e per l'intero il debito tributario eventualmente scavalcando eventuali crediti di grado anteriore. Se non rispetta i suddetti vincoli l'imprenditore andrebbe incontro alla possibile risoluzione del concordato che ciascuno dei creditori puo' chiedere in caso di inadempimento (art. 186 della legge fallimentare). In definitiva, quindi, chi - come l'imputato - ha in corso il pagamento rateizzato del debito tributario secondo un piano che rientra nell'ambito di un concordato preventivo e che prevede delle scadenze di pagamento che, al momento dell'istanza di rinvio proposta al Giudice penale, vanno oltre il termine massimo di sei mesi che il Giudice e' autorizzato a concedergli ex art. 13, comma 3, del decreto legislativo 70/2000, e' privato della facolta' di scegliere di rinunciare ai termini dilatati di pagamento e di pagare il residuo debito tributario ed e' privato, quindi, anche della possibilita' di usufruire della causa di non punibilita', perche' e' vincolato dal concordato preventivo. Va osservato, a scanso di equivoci, che non potrebbe giustificarsi tale privazione motivando nel senso che all'origine della procedura di concordato preventivo vi e' un atto di autonomia privata, espressione della volonta' del debitore, che e' la domanda di concordato ex art. 161 della legge fallimentare. Come giustamente e' stato osservato, sul perseguimento di un accordo transattivo debitore-creditori si viene ad innestare una struttura chiaramente pubblicistica, essendo l'istituto del concordato preventivo una sorta di uscita di sicurezza rispetto alla prospettiva del fallimento e dunque uno di quegli strumenti di tutela non solo dei ereditari, ma altresi degli interessi economici collettivi che il legislatore ha predisposto per le crisi d'impresa, con la conseguenza, tra l'altro, che se nell'ambito del concordato e' prevista una dilazione di pagamento del debito tributario, di cio' si deve tenere conto al fine di escludere la responsabilita' penale nel caso in cui la rateiz-zazione implichi il mancato rispetto dei termini di versamento non ancora scaduti e stabiliti da norme incriminatrici (cfr. Cass. Pen., 12 marzo - 16 aprile 2015, n. 15853). Ora, se la dilazione di pagamento inserita in un concordato preventivo consente di superare il termine di pagamento del debito tributario fissato da norme incriminatrici - neutralizzando la rilevanza penale dell'inosservanza dei termini di versamento - non si vede come la stessa dilazione possa rappresentare un ostacolo alla possibilita' di giovarsi di una causa di esclusione della punibilita'. Ne consegue che la disciplina legislativa in questione - oltre che violare l'art. 3 della Costituzione perche', come gia' esposto, tratta in modo uguale chi e' in situazioni differenti - viola anche l'art. 24 della Costituzione perche' impedisce, senza ragione plausibile, all'imputato di avvalersi di un'opzione difensiva che gli consentirebbe di andare esente da responsabilita' penale attraverso quella causa di esclusione di punibilita' costituita dal pagamento dell'intero debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 23 e seg. legge 87/1953, per le ragioni esplicitate in motivazione dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale: dell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 - cosi' come sostituito dall'art. 11 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 - nella parte in cui prevede che qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione e' dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, con facolta' per il Giudice di «prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi» e non consente, invece, almeno in determinati casi, di concedere un termine piu' lungo coincidente con lo scadere del piano di rateizzazione. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Sospende il processo sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Manda alla cancelleria per gli adempimenti. Treviso, 23 febbraio 2016 Il Giudice: Vettoruzzo