N. 215 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 dicembre 2015
Ordinanza del 28 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Ricamificio Pezzoli S.p.a. contro Ministero dello sviluppo economico e altri. Energia - Interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 KW - Rimodulazione a decorrere dal 1° gennaio 2015 - Modalita' di erogazione. - Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, art. 26, commi 2 e 3.(GU n.43 del 26-10-2016 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Terza Ter) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 16649 del 2014, proposto dalla Ricamificio Pezzoli Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe La Rosa, Lorenzo Bertino, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Franco Gaetano Scoca in Roma, Via G. Paisiello, 55; Contro: Ministero dello sviluppo economico, Presidenza del Consiglio dei ministri, Autorita' per l'energia elettrica e il gas - Aeeg, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Gestore dei servizi energetici Gse Spa n.c.; per l'annullamento: con concessione di misure cautelari ex art. 55 c.p.a., anche previa disapplicazione dell'art. 26 decreto-legge 91/2014 o rinvio incidentale alla Corte costituzionale per l'accertamento e la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 26 decreto-legge 91/2014; del decreto Ministero dello sviluppo economico 16 ottobre 2014, recante «Approvazione delle modalita' operative per l'erogazione da parte del Gestore servizi energetici s.p.a. delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116», del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, recante «Modalita' per la rimodulazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26, comma 3, lettera b) del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni nella legge 116/2014, mediante il quale sono stati individuati i criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi; della nota pubblicata dal GSE sul proprio sito istituzionale in data 27 ottobre 2014, com cui sono state rese disponibili le tabelle dei fattori moltiplicativi, da applicare per il calcolo dell'incentivo rimodulato, spettante a partire dal 1° gennaio 2015; delle «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014» (cd. legge competitivita') pubblicate sul sito web del G.S.E.in data 3 novembre 2014; nonche' di ogni altro atto connesso, preordinato e consequenziale a quelli impugnati, tra cui, ove occorrer possa, dell'addendum alle convenzioni originarie, generate con le modalita' previstie dal par. 3.2 delle istruzioni operative, del parere AEEG 16 ottobre 2014 504/2014/EFR; nonche' per l'accertamento: del diritto dell'odierna ricorrente al mantenimento delle condizioni contrattuali stabilite nella convenzione originariamente stipulata con il GSE per il riconoscimento della tariffa incentivante per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica e della nullita'/inesistenza, e comunque dell'inefficacia ex tunc, dell'addendum alla convenzione originaria unilateralmente approvata e imposta dal GSE; e per la condanna: dell'amministrazione resistente a non operare alcuna modifica/integrazione/addendum alla convenzione originaria e a corrispondere la tariffa incentivante secondo le condizioni, le modalita' e l'ammontare ivi previsto, nonche' a risarcire tutti i danni patiti e patendi che verranno liquidati in corso di causa. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dello sviluppo economico e di Presidenza del Consiglio dei ministri e di Autorita' per l'energia elettrica e il gas - Aeeg; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2015 la dott.ssa Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Fatto Con ricorso, spedito per la notifica il 17 dicembre 2014 e depositato il successivo 30 dicembre, la Ricamificio Pezzoli s.p.a. ha impugnato i decreti del 16 e del 17 ottobre 2014, le Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, e altri atti meglio descritti in epigrafe, tutti adottati ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014, chiedendone, in via principale, l'annullamento, previa disapplicazione dell'art. 26 della legge 11 agosto 2014 n. 116 o rinvio incidentale alla Corte costituzionale per l'accertamento e la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 26 decreto-legge 91/2014, nonche' per l'accertamento del diritto dell'odierna ricorrente al mantenimento delle condizioni contrattuali stabilite nella convenzione originariamente stipulata con il GSE per il riconoscimento della tariffa incentivante per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica e della nullita'/inesistenza, e comunque dell'inefficacia ex tunc, dell'addendum alla convenzione originaria unilateralmente approvata e imposta dal GSE, con conseguente condanna dell'amministrazione resistente a non operare alcuna modifica/integrazione/addendum alla convenzione originaria. Parte ricorrente fonda la richiesta remissione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26 della suddetta legge 11 agosto 2014 n. 116 di conversione con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 91 sulla violazione: degli articoli 3, 41 Cost. e del legittimo affidamento; dell'art. 117, comma 1 e 2, lettera m) Cost. e dell'art. 97 Cost. anche con riguardo all'art. 41 della Carta di Nizza; dell'art. 3 e 97 Cost.; degli articoli 10 e 117 Cost. per contrasto con la disciplina e i principi del diritto europeo ed internazionale. Il Gestore dei servizi energetici si e' costituito con atto formale il 13 gennaio 2015 e con successiva nota del 15 gennaio 2015 ha ritirato l'atto di costituzione depositato per mero errore materiale nel presente giudizio. La Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico si sono costituiti con memoria, depositata il 15 maggio 2015, con la quale hanno eccepito l'inammissibilita' della domanda di mero accertamento, insistendo sulla legittimita' della disposizione di cui all'art. 26, decreto-legge 91/2014, illustrandone le ragioni economiche e valorizzando le misure compensative adottate nel medesimo provvedimento normativo. All'udienza pubblica del 25 giugno 2015 il ricorso e' stato trattenuto in decisione. Diritto 1. Con separata sentenza parziale, ai sensi dell'art. 33 comma 1, del codice del processo amministrativo, il Tribunale ha definito le questioni pregiudiziali relative alla giurisdizione del giudice amministrativo ed all'ammissibilita' dell'azione di accertamento. Con la presente ordinanza il Tribunale solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3, del decreto-legge 91/2014, convertito nella legge 116/2014, il quale ha previsto, per i soli impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 kW, come quelli di cui e' titolare la ricorrente, la rideterminazione degli incentivi in misura ridotta rispetto a quelli attualmente praticati in base alle convenzioni stipulate dalla ricorrente con il GSE ed ancora in corso, per violazione degli articoli degli articoli 3 e 41 e del principio del legittimo affidamento; 11 e 117, comma 1, Cost. in relazione alle norme e ai principi comunitari ed internazionali; dell'art. 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali; dell'art. 77 Cost. Oggetto della domanda proposta con il ricorso e' l'accertamento del diritto della ricorrente a non esercitare nessuna delle opzioni previste dalla norma censurata, mantenendo le condizioni tariffarie previste dalle convenzioni in essere, nonche' l'annullamento dei provvedimenti emanati in attuazione dell'art. 26, comma 3, decreto-legge 91/2014, previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' della disposizione citata. L'art. 26 citato, rubricato «Interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici», ha, infatti, previsto che «A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014: a) la tariffa e' erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall'entrata in esercizio degli impianti, ed e' conseguentemente ricalcolata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre 2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe vigenti; (100) c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa e' ridotta di una quota percentuale dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantita': 1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 900 kW. In assenza di comunicazione da parte dell'operatore il GSE applica l'opzione di cui alla lettera c)». 2. In punto di rilevanza, il Tribunale ritiene che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26 del decreto-legge 91/2014, convertito nella legge 116/2014, sia pregiudiziale alla risoluzione della controversia. La domanda proposta in giudizio ha, infatti, ad oggetto: a) l'annullamento del decreto del Ministero dello sviluppo economico 16 ottobre 2014, recante «Approvazione delle modalita' operative per l'erogazione da parte del Gestore servizi energetici s.p.a. delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116»; del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, emanato in applicazione dell'art. 26 comma 3 decreto-legge n. 91/2014, con cui sono stati individuati i criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi; della nota pubblicata dal GSE il 27 ottobre 2014 con cui sono state rese disponibili le Tabelle dei fattori moltiplicativi da applicare per il calcolo degli incentivi a partire dal 1° gennaio 2015 e delle «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito internet in data 3 novembre 2014; b) l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26 comma 3° lettere a), b) e c) decreto-legge n. 91/2014, del diritto di conservare le condizioni contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con il G.S.E. e dell'insussistenza del potere del G.S.E. di applicare l'opzione prevista dall'art. 26 comma 3° lettera c) citato nel caso di mancato esercizio, entro il 30 novembre 2014, delle opzioni di scelta previste dalla disposizione in esame. In ordine alla domanda di accertamento questo Tribunale, con la sentenza parziale sopra menzionata, a cui rinvia ai sensi dell'art. 88, comma 2, lettera d) c.p.a., si e' pronunciato sulla ammissibilita' della stessa, trattandosi di tecnica di tutela consentita dalla natura di diritto soggettivo della situazione giuridica azionata ed identificabile nella pretesa all'incentivo come quantificato nelle convenzioni «di diritto privato» menzionate dall'art. 24, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 28/2011. L'azione di accertamento deve, peraltro, ritenersi ammissibile anche nel caso in cui la posizione giuridica fosse da qualificarsi di interesse legittimo, ove la predetta tecnica di tutela rappresenti, come nel caso sub judice, l'unica idonea a garantire una tutela adeguata ed efficace (cfr. Ad. Pl. 15/2011). Sempre in relazione alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale va evidenziato che, oltre alla domanda di accertamento, la ricorrente ha proposto una domanda caducatoria avente ad oggetto atti emanati in attuazione dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 (la cui conformita' alla Costituzione e' oggetto di contestazione) che nella fattispecie riveste ruolo e funzione di norma legittimante l'esercizio del potere amministrativo estrinsecatosi con l'adozione degli atti impugnati. In quest'ottica deve essere precisato che il legislatore dell'emergenza, con l'art. 26 del decreto-legge 91/2014, non attribuisce all'amministrazione nessun margine di apprezzamento, fissando, con norma di legge primaria, anche le modalita' con le quali operare le riduzioni tariffarie spettanti a destinatari ben individuati (i titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 KW), cosi' rendendo meramente applicativi i provvedimenti con i quali l'Amministrazione redigera' le tabelle contenenti i coefficienti di rimodulazione e le istruzioni operative. Qualunque sia l'opzione prescelta ed il contenuto dell'attivita' amministrativa affidata dal legislatore al Ministro dello sviluppo economico, non verranno meno le riduzioni tariffarie peggiorative rispetto alle agevolazioni previste nelle convenzioni in essere. L'opzione sub a) prevede che l'incentivo venga erogato per un periodo di 24, contro gli attuali 20, ma in misura ridotta in percentuale variabile in ragione del periodo residuo (25% il 12° anno, il 23% il 13°, fino al 17% il 19°). Il prolungamento per quattro anni non compensa della decurtazione dell'incentivo per il residuo periodo tutti quegli impianti che hanno un lungo periodo residuo (15-12), senza considerare che l'incentivo e' commisurato alla vita media degli impianti e che nel tempo aumentano i costi per il mantenimento in efficienza degli stessi. L'opzione sub b) e' parimenti peggiorativa ove prevede una riduzione della tariffa per un primo periodo ed un pari incremento nel secondo, atteso che il rendimento di tali impianti nei primi anni di attivita' e' sensibilmente maggiore. L'opzione sub c) e' manifestamente peggiorativa laddove prevede un taglio dal 6% all'8% per il residuo periodo di durata dell'incentivazione. Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile alla posizione di parte ricorrente, consegue all'immediata operativita' dell'obbligo, imposto dall'art. 26 comma 3° decreto-legge n. 91/2014, di scelta di uno dei tre regimi peggiorativi previsti dalla norma. Dal momento che la lesione consegue alla mera entrata in vigore della norma, che non necessita per la sua attuazione dell'intermediazione del potere amministrativo del Ministero o del Gestore, ove e' previsto che, nell'ipotesi di mancato esercizio dell'opzione, agli operatori economici si applica la rimodulazione di cui alla lettera c) del terzo comma dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014, la norma e' autoapplicativa. Anche l'intervento del GSE, previsto dalla disposizione in esame, e' finalizzato alla sola quantificazione in concreto, con riferimento alle percentuali di riduzione gia' fissate dalla norma, dell'incentivo risultante dall'opzione sub c), applicata in via imperativa dalla legge, senza lasciare margini ad una autonoma manifestazione di volonta' nella sua applicazione. La norma censurata, inoltre, per il suo contenuto univoco, specifico ed immediatamente lesivo degli interessi economici dei suoi destinatari non si presta in alcun modo ad una interpretazione costituzionalmente orientata, imponendo la rimessione della questione alla Corte costituzionale al fine di valutarne la conformita' al canone di ragionevolezza e non arbitrarieta'. Per quanto sopra osservato, pertanto, la questione e' rilevante. 3. Con diverse ordinanze, tutte adottate nella odierna Camera di consiglio, (v. per tutte ordinanza Tribunale amministrativo regionale Lazio Sez. III ter n. 8671/2015 su analogo ricorso), si ripercorre la disciplina dell'incentivazione della produzione di energia elettrica da fonte solare al fine di meglio illustrare il quadro normativo nel quale si iscrivono le disposizioni qui impugnate. A tali ordinanze il Collegio rinvia ai sensi dell'art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a., richiamandone i contenuti per quanto qui non riproposto. L'art. 26, oggi in esame, reca «interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici» (la disposizione, introdotta con il decreto-legge, e' stata profondamente modificata nel corso dell'iter di conversione). Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere suddiviso in quattro parti. i) ambito applicativo e finalita' (co. 1). «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili, le tariffe incentivanti sull'energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, riconosciute in base all'art. 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'art. 25, comma 10, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate secondo le modalita' previste dal presente articolo.» L'intervento si rivolge ai percettori delle tariffe incentivanti riconosciute in base ai conti energia ed e' ispirato alla duplice finalita' di «ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi», cui e' collegato il comma 2, e di «favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili». ii) modalita' di erogazione (co. 2). «2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui al comma 1, con rate mensili costanti, in misura pari al 90 per cento della producibilita' media annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare di produzione ed effettua il conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo. Le modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla pubblicazione del presente decreto e approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico.». La norma introduce, a far tempo dal 1° luglio 2014, un sistema di erogazione delle tariffe incentivanti secondo il meccanismo acconti-conguaglio (acconto del 90% della «producibilita' media annua stimata di ciascun impianto» nell'anno di produzione, da versare in «rate mensili costanti», e «conguaglio», basato sulla «produzione effettiva», entro il 30.6 dell'anno successivo a quello di produzione). A tale comma e' stata data attuazione col decreto ministeriale 16 ottobre 2014 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2014). iii) rimodulazione (co. 3). Il comma 3 contiene le disposizioni oggetto di censura, sopra riportate, delineando la disciplina sostanziale della rimodulazione, stabilendone l'operativita' a decorrere dal 1° gennaio 2015. iii.1) L'ambito soggettivo di applicazione e' piu' ristretto di quello contemplato dal comma 1, venendo presi in considerazione i soli «impianti di potenza nominale superiore a 200 kW». L'art. 22-bis, comma 1, decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (conv., con modif., dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), ha operato un'ulteriore restrizione, esonerando dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 gli «impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 91/2014] enti locali o scuole». iii.2) La norma concede agli operatori la possibilita' di optare entro il 30 novembre 2014 fra tre modalita' alternative: lettera a): estendere la durata dell'incentivazione sino a 24 anni (decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto), applicando le riduzioni indicate nella tabella di cui all'All. 2 al decreto-legge n. 91/2014, sulla base di una proporzione inversa tra «periodo residuo» (dell'incentivazione) e «percentuale di riduzione». Sono previsti 8 scaglioni di «periodo residuo», a partire da «12 anni», cui corrisponde una riduzione del 25%, sino a «19 anni e oltre», cui corrisponde una riduzione del 17%; lettera b): ferma la durata ventennale dell'incentivazione, essa viene suddivisa in due «periodi», il primo dei quali «di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale» e il secondo «di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura». Secondo la disposizione, le relative percentuali (di rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro l'1 ottobre 2014 «in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe vigenti». A tale previsione e' stata data attuazione con il decreto ministeriale 17 ottobre 2014 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2014, entrato in vigore il 25 ottobre; cfr. art. 2), che all'all. 1 ha indicato l'algoritmo per determinare l'entita' della rimodulazione; lettera c): ferma la durata ventennale dell'incentivazione, si applica una riduzione «dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione» secondo percentuali determinate in relazione alla potenza (6% per gli impianti con potenza nominale maggiore di 200 e inferiore a 500 kW; 7% per quelli con potenza superiore a 500 e inferiore a 900 kW; 8% per gli impianti con potenza superiore a 900 kW). In caso di mancato esercizio della scelta, la legge prescrive l'applicazione di questa terza ipotesi sub c). iv) misure di «accompagnamento» (commi 5-12). Un altro blocco di disposizioni introduce alcune misure di «accompagnamento»: iv.1) finanziamenti bancari (co. 5): ai sensi del comma 5, il «beneficiario della tariffa incentivante di cui ai commi 3 e 4 puo' accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza tra l'incentivo gia' spettante al 31 dicembre 2014 e l'incentivo rimodulato»; tali finanziamenti «possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario, di provvista dedicata o di garanzia concessa dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A.» (CDP); a sua volta, l'esposizione di CDP e' garantita dallo Stato [...] secondo criteri e modalita' stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze». A tale disposizione e' stata data attuazione col decreto ministeriale 29 dicembre 2014 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2015), che stabilisce, tra l'altro, all'art. 1, che «e' garantita dallo Stato l'esposizione» di CDP «rappresentata da crediti connessi ad operazioni di provvista dedicata o di garanzia, per i finanziamenti bancari a favore dei beneficiari della tariffa incentivante», ai sensi del menzionato art. 26, comma 5 (co. 1) e che la garanzia dello Stato, «concessa a titolo oneroso [...] diretta, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta» (co. 2), copre fino all'80% dell'ammontare. iv.2) adeguamento della durata dei titoli (co. 6): in riferimento all'opzione sub lettera a), «Le regioni e gli enti locali adeguano, ciascuno per la parte di competenza e ove necessario, alla durata dell'incentivo come rimodulata [...], la validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo»; iv.3) «acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13): la misura concerne tutti «i beneficiari di incentivi pluriennali, comunque denominati, per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili» - non solo, dunque, i produttori da energia solare -, i quali «possono cedere una quota di detti incentivi, fino ad un massimo dell'80 per cento, ad un acquirente selezionato tra i primari operatori finanziari europei» (co. 7). L'«acquirente selezionato» subentra ai beneficiari «nei diritti a percepire gli incentivi», «salva la prerogativa» di Aeggsi «di esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti» per un importo definito dalla stessa disposizione (co. 8: «a fronte della corresponsione di un importo pari alla rata annuale costante, calcolata sulla base di un tasso di interesse T, corrispondente all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per l'acquisto dei diritti di un arco temporale analogo a quello riconosciuto per la percezione degli incentivi»). Essa demanda poi all'AEEG: i) la definizione (entro il 19.11.2014) delle inerenti modalita' attuative, attraverso la definizione del sistema per gli acquisti e la cessione delle quote (co. 9); ii) la destinazione «a riduzione della componente A3 degli oneri di sistema», «nel rispetto di specifici indirizzi», dettati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, dell'«eventuale differenza tra il costo annuale degli incentivi» acquistati dall'acquirente selezionato e l'importo annuale determinato ai sensi del comma 8. Tali provvedimenti non risultano ancora emanati. L'art. 26 prevede ancora: al comma 12, che «alle quote di incentivi cedute ai sensi delle disposizioni di cui al comma 9 non si applicano, a decorrere dalla data di cessione, le misure di rimodulazione di cui al comma 3»; al comma 13, che «l'efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 7 a 12 e' subordinata alla verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze della compatibilita' degli effetti delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza pubblica ai fini del rispetto degli impegni assunti in sede europea». iv.4) Infine, con il comma 11 viene demandato al Governo di «assumere ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti di finanziamento stipulati». Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato nel proprio sito istituzionale le «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici» (con data 3 novembre 2014), recanti precisazioni sulle modalita' di applicazione del nuovo meccanismo. 3.4.3 Gli effetti dell'art. 26, comma 3, del decreto-legge n. 91/2014. Come si e' visto, le previsioni dell'art. 26, comma 3, incidono sugli incentivi percepiti, in base alle convenzioni stipulate con il GSE in attuazione dei vari conti energia, dai titolari degli impianti fotovoltaici aventi potenza superiore a 200 kW. Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari della norma costituisce una percentuale ridotta dei soggetti percettori dei benefici. Dalle difese dell'amministrazione risulta che gli stessi costituirebbero una percentuale di circa il 4% del totale degli impianti incentivati (ca. 9.000 su ca. 198.000), destinatari di benefici pari al 60% della spesa totale per l'incentivazione (ca. 4,3 mld/anno su ca. 6,8 mld/anno). Dai dati pubblicati dal GSE nel proprio sito istituzionale risulta peraltro un numero maggiore di impianti incentivati (al 31.7.2014m 550.785 impianti, per una potenza complessiva di ca. 17,731 MW, dei quali 12.264 con potenza superiore a 200 kW; cfr. sito internet GSE, sezione «Conto Energia» - «Risultati incentivazione» - «Totale dei risultati»). Sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni del comma 3 impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando un effetto novativo sugli elementi della durata o dell'importo delle tariffe incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei costi di transazione derivanti dalla necessita' di adeguare gli assetti in essere alla nuova situazione. E, infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di cui alla lettera c), avente chiara portata negativa: l'allungamento della durata divisata dalla lettera a) (estensione a 24 anni con proporzionale riduzione delle quote annuali), oltre a comportare una differita percezione degli incentivi, di per se' (notoriamente) pregiudizievole, non puo' non incidere sui parametri iniziali dell'investimento, impattando anche sui costi dei fattori produttivi (si pensi a es. alle attivita' di gestione, alla durata degli eventuali finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la disponibilita' delle aree, delle assicurazioni, ecc.), ferma la necessita' del parallelo adeguamento dei necessari titoli amministrativi (cfr. comma 6); la lettera b) determina una riduzione degli importi per il quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di «almeno 600 milioni» di euro per l'ipotesi di adesione all'opzione di tutti gli interessati) e un incremento nel periodo successivo (secondo l'algoritmo definito col decreto ministeriale 17 ottobre 2014): poiche' l'incentivo e' funzione della produzione, il fisiologico invecchiamento degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una diminuzione di produttivita', determina la non recuperabilita' dei minori importi relativi al periodo 2015-2019, attraverso gli incrementi delle tariffe riferibili al periodo successivo (nel quale gli impianti stessi hanno minore efficienza); 4. Le disposizioni di cui all'art. 26, comma 3, del decreto-legge 91/2014, convertito nella legge 116/2014, ove ha previsto la rideterminazione degli incentivi, per gli impianti fotovoltaici di potenza superiore ai 200 kw, in misura ridotta rispetto a quelli attualmente praticati in base alle convenzioni attualmente in essere, la questione di legittimita' costituzionale non e' manifestamente infondata sotto i profili di seguito analizzati. 4.1. Violazione degli articoli 3 e 41 Cost.: irragionevolezza, sproporzione e violazione del legittimo affidamento. Il comma 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 risulta in contrasto con gli articoli 3 e 41 Cost. laddove incide ingiustificatamente sulle consolidate posizioni di vantaggio, riconosciute da negozi di «diritto privato» e sul legittimo affidamento dei fruitori degli incentivi. 4.1.1) La questione rientra nel tema dei limiti costituzionali alle leggi di modificazione dei rapporti di durata e della c.d. retroattivita' impropria, quale attributo delle disposizioni che introducono «per il futuro una modificazione peggiorativa del rapporto di durata», con riflessi negativi «sulla posizione giuridica gia' acquisita dall'interessato» (C. cost. sentenza n. 236/2009). La Corte costituzionale ha piu' volte ricordato come nella propria giurisprudenza sia ormai «consolidato il principio del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo' essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori» (sent. n. 236/2009 cit. e giurispr. ivi richiamata): «nel nostro sistema costituzionale non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il limite imposto in materia penale dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione). Unica condizione essenziale e' che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sent. n. 64/2014, che cita la sentenza n. 264 del 2005, e richiama , in senso conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del 2009). In applicazione di questa pacifica massima - integrata dal riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea secondo cui «una mutazione dei rapporti di durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo «improvviso e imprevedibile» senza che lo scopo perseguito dal legislatore imponga l'intervento (sentenza del 29 aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02)» (cosi' sentenza n. 64/2014 cit.) - la Corte ha, a es., escluso l'incostituzionalita' di una normativa diretta alla «variazione dei criteri di calcolo dei canoni dovuti dai concessionari di beni demaniali» (con lo scopo di consentire allo Stato una maggiorazione delle entrate e di rendere i canoni piu' equilibrati rispetto a quelli pagati a favore di locatori privati), sul rilievo che tale effetto non era «frutto di una decisione improvvisa ed arbitraria del legislatore», ma si inseriva «in una precisa linea evolutiva nella disciplina dell'utilizzazione dei beni demaniali» (sent. n. 302/2010; v. anche sentenza n. 64/2014, in cui e' stata giudicata «non irragionevole l'opzione normativa di rideterminazione del canone sulla base di fasce di utenza commisurate alla potenza nominale degli impianti di derivazione idroelettrica, sulla quale si e' assestato nel tempo il legislatore provinciale allo scopo di attuare un maggiore prelievo al progredire della risorsa sottratta all'uso della collettivita', nell'ottica della piu' idonea preservazione delle risorse idriche», alla luce, tra l'altro, del «dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento normativo sospettato di illegittimita' costituzionale»). Cosi' come ha, al contrario, (sentenza Corte costituzionale n. 236/2009) ritenuto incostituzionale la disposizione introduttiva della graduale riduzione e finale abolizione del periodo di fuori ruolo del docenti universitari (art. 2, comma 434, legge n. 244/07), ravvisandone l'irragionevolezza, all'esito del «necessario bilanciamento» tra il perseguimento della finalita' avuta di mira dalla norma «e la tutela da riconoscere al legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, nutrito da quanti, sulla base della normativa previgente, hanno conseguito una situazione sostanziale consolidata» (cio' alla luce di una serie di elementi fattuali, quali le caratteristiche di detta posizione giuridica, «concentrata nell'arco di un triennio», interessante «una categoria di docenti numericamente ristretta», non produttiva di «significative ricadute sulla finanza pubblica», non rispondente «allo scopo di salvaguardare equilibri di bilancio o altri aspetti di pubblico interesse» e neppure potendosi definire «funzionale all'esigenza di ricambio generazionale dei docenti universitari», con sacrificio pertanto «ingiustificato e percio' irragionevole, traducendosi nella violazione del legittimo affidamento - derivante da un formale provvedimento amministrativo - riposto nella possibilita' di portare a termine, nel tempo stabilito dalla legge, le funzioni loro conferite e, quindi, nella stabilita' della posizione giuridica acquisita»). Del pari, con sentenza n. 92 del 2013, la Corte costituzionale ha accolto la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, commi 2, 4, 6 e 10 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, contenente «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326. In tale occasione la Corte, dopo avere richiamato la propria giurisprudenza in materia di legittimita' delle norme destinate ad incidere su rapporti di durata, ha ricordato che cio' che rileva e', non soltanto «il generico affidamento in un quadro normativa dal quale scaturiscano determinati diritti, ma quello specifico affidamento in un fascio di situazioni (giuridiche ed economiche) iscritte in un rapporto convenzionale regolato iure privatorum tra pubblica amministrazione» ed una determinata categoria di soggetti (nella fattispecie erano i titolari di aziende di deposito di vetture) secondo una specifica disciplina in ossequio alla quale le parti hanno raggiunto l'accordo e assunto le rispettive obbligazioni. La Corte continua affermando che «l'affidamento appare qui, in altri termini, rivolto non tanto alle astratte norme regolative del rapporto o alla relativa loro sicurezza quanto piuttosto al concreto contenuto dell'accordo e dei reciproci e specifici impegni assunti dalle parti al momento della stipula della convenzione. Da cio' consegue che il vaglio di ragionevolezza della trasformazione a cui sono assoggettati i rapporti negoziali di cui alla disposizione denunciata deve avvenire non sul piano di una astratta ragionevolezza della volonta' normativa quanto piuttosto «sul terreno della ragionevolezza complessiva della operazione da apprezzarsi nel quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli interessi che risultano nella specie coinvolti, al fine di evitare che «una generalizzata esigenza di contenimento della finanza pubblica possa risultare sempre e comunque, e quasi pregiudizialmente, legittimata a determinare la compromissione di diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi, sia individuali, sia anche collettivi». La conclusione e' che «la disposizione retroattiva, specie quanto determini effetti pregiudizievoli rispetto a diritti soggetti perfetti che trovino la loro base in rapporti di durata di matura contrattuale o convenzionale - pubbliche o private che siano le parti contraenti - deve dunque essere assistita da una «causa» normativa adeguata: intendendosi per tale una funzione della norma che renda «accettabilmente « penalizzata la posizione del titolare del diritto compromesso, attraverso contropartite intrinseche allo stesso disegno normativo e che valgano a bilanciare le posizioni delle parti.» Piu' in generale, sul tema dell'efficacia retroattiva delle leggi la Corte ha reiteratamente affermato che il divieto di retroattivita' non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25 Cost., ben potendo il legislatore emanare norme retroattive «purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU)» e con una serie di limiti generali, «attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civilta' giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (sentt. 160/2013 e 209/2010). Tali conclusioni non si discostano (e anzi sembrano permeate) dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia sull'operativita' del principio di legittimo affidamento (cui e' sotteso quello della certezza del diritto) nel campo dei rapporti economici, in relazione al quale e' stato elaborato il criterio dell'operatore economico «prudente e accorto»: la possibilita' di far valere la tutela del legittimo affidamento e' bensi' «prevista per ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma non «qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui il provvedimento venga adottato); in tale prospettiva, inoltre, «gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che puo' essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (cfr. punto 53, sentenza C. giust. 10 settembre 2009, in causa C-201/08, Plantanol, cit.). Per completezza, si puo' sottolineare come nell'ambito della disciplina generale del procedimento amministrativo lo stesso legislatore nazionale abbia da ultimo conferito valenza pregnante al principio dell'affidamento. Basti considerare le rilevanti innovazioni apportate alla legge n. 241/90 dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (conv. in legge con modif., dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), recante «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive». Con l'art. 25, comma 1, lettera b-ter), di detto decreto-legge (lettera aggiunta dalla legge di conversione) e' stato infatti modificato l'art. 21-quinquies, comma 1, legge n. 241/90 cit., sulla «revoca del provvedimento», nel duplice senso: a) di circoscrivere il presupposto del «mutamento della situazione di fatto», che per la nuova disposizione deve essere «non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento»; b) di precludere, nell'ipotesi di «nuova valutazione dell'interesse pubblico originario», la revoca dei provvedimenti (a efficacia durevole) di «autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici». Cio' che costituisce un significativo passo nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio di sicurezza giuridica (ne' sembrando fuori luogo pretendere che analogo atteggiamento, prescritto dal legislatore per le autorita' amministrative, sia tenuto dallo stesso legislatore, sia pure con gli ovvi accorgimenti derivanti dalla diversita' delle inerenti prerogative). Tanto premesso, ritiene il Collegio che in capo ai soggetti titolari di impianti fotovoltaici, fruitori delle relative incentivazioni pubbliche in forza di contratto stipulato col GSE (previo riconoscimento delle condizioni per l'erogazione attraverso specifico provvedimento ammissivo), sussista una posizione di legittimo affidamento nei sensi innanzi precisati, non essendo mai emersi nel corso del tempo elementi alla stregua dei quali un operatore «prudente e accorto» avrebbe potuto prevedere, al momento di chiedere gli incentivi e di decidere se far entrare in esercizio il proprio impianto, l'adozione da parte delle autorita' pubbliche di misure lesive del diritto agli incentivi. Come desumibile dalla precedente rassegna normativa, nel contesto internazionale di favore per le fonti rinnovabili e in adesione alle indicazioni provenienti dall'ordinamento europeo, il legislatore nazionale ha consentito la nascita e favorito lo sviluppo di un settore di attivita' economica ritenuto particolarmente importante per i fini della stessa Unione europea, approntando un regime di sostegno connotato sin dalla sua genesi dalla «stabilita'», nel senso che gli incentivi dei conti energia, una volta riconosciuti, sarebbero rimasti invariati per l'intera durata del rapporto. Questa caratteristica si ricava anzitutto dal cambio di impostazione consistito nel passaggio da obiettivi indicativi (dir. 2001/77) a obbligatori (dir. 2009/28) e dalla conferma dell'autorizzazione agli Stati membri circa il ricorso a misure incentivanti per ovviare all'assenza di iniziativa da parte del mercato (regimi di sostegno). Per parte sua, il legislatore italiano ha mostrato piena e convinta adesione agli indirizzi sovranazionali, conferendo specifico risalto alla promozione della produzione energetica da fonti rinnovabili e, in particolare, dalla fonte solare. Sin dal decreto legislativo n. 387/03, nonostante la non obbligatorieta' dell'obiettivo nazionale, e' stato delineato un regime di sostegno ispirato al rispetto di criteri quale l'«equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio» (art. 7, comma 2, lettera d), tanto che i primi tre conti energia hanno chiaramente enucleato l'immutabilita' per vent'anni dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. Il decreto legislativo n. 28/2011 ha amplificato la percezione di stabilita' nei sensi anzidetti, individuando: a) all'art. 23, tra i «principi generali» dei regimi di sostegno alle fonti rinnovabili: «la predisposizione di criteri e strumenti che promuovano [...] la stabilita' nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori» (enf. agg.; comma 1); nonche' «la gradualita' di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalita' agli obiettivi, nonche' la flessibilita' della struttura dei regimi di sostegno, al fine di tener conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica» (enf. agg.; comma 2); b) all'art. 24, tra i «criteri generali» dei meccanismi di incentivazione, quelli indicati al comma 2, lettere b), c) e d), secondo cui, rispettivamente, «il periodo di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile convenzionale delle specifiche tipologie di impianto» (il principio si collega a quello dell'«equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio», confermato dalla precedente lettera a),«l'incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto» e «gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto» (enf. agg.); c) all'art. 25, comma 11, recante clausola di salvezza dei «diritti acquisiti». Ed e' significativo che il legislatore delegato utilizzi ripetutamente i termini «diritto» (all'incentivo) o «diritti». Ne' decampa dalla linea d'azione sinora esaminata il decreto-legge n. 145/2013 cit., adottato successivamente alla conclusione dei conti energia e dunque in un contesto nel quale il novero dei destinatari delle incentivazioni era ormai definito (o in via di definizione). Tale provvedimento, pur muovendo dalla ritenuta «straordinaria necessita' ed urgenza di emanare misure» (tra le altre) «per il contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali di progresso e opportunita' di arricchimento economico, culturale e civile e, nel contempo, di rilancio della competitivita' delle imprese» (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine di «contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche degli incentivi alle energie rinnovabili e massimizzare l'apporto produttivo nel medio-lungo termine dagli esistenti impianti», ha tuttavia introdotto meccanismi di tipo facoltativo e dunque non pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. In questa prospettiva, sia gli interventi divisati ex ante, in corso di vigenza dei conti energia, dal decreto legislativo n. 28/2011 (anticipata cessazione del III conto, in una all'immanente temporaneita' di IV e V conto, la cui operativita' e' stata collegata, come si e' visto, al raggiungimento di specifici obiettivi), sia quelli previsti dal decreto-legge n. 145/2013 ex post, ossia dopo la chiusura del regime di sostegno, dimostrano come il legislatore abbia comunque preservato il «sinallagma» tra incentivi e iniziative in corso. E infatti il c.d. «boom del fotovoltaico», sotteso alle inerenti determinazioni delle autorita' pubbliche, per quanto riconducibile al parametro di esercizio della discrezionalita' consistente nel «tener conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili» ex art. 23, comma 2, decreto legislativo n. 28/2011, e' stato affrontato con misure operanti pro futuro, perche' applicabili a impianti non ancora entrati in esercizio (come attestato dalle riferite vicende giudiziali relative al passaggio dal III al IV conto), mentre sono state accuratamente evitate scelte aventi efficacia pro praeterito tempore. In altri termini, anche l'anticipata cessazione del III conto, ancorche' abbia prodotto effetti negativi nei confronti degli investitori che avessero intrapreso attivita' preliminari alla realizzazione della propria iniziativa, non ha messo in discussione il «patto» stipulato con gli interessati, salvaguardando la posizione dei titolari degli incentivi e consentendo a ciascun operatore non ancora «contrattualizzato» di ponderare consapevolmente e adeguatamente il merito economico della propria iniziativa e di assumere le conseguenti determinazioni. E' pertanto possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art. 26, comma 3, in esame al «diritto all'incentivo» e al principio del legittimo affidamento degli operatori (stante l'imprevedibilita' da parte di un soggetto «prudente ed accorto», titolare di un incentivo ventennale a seguito dell'adesione a uno dei conti energia, delle modificazioni in pejus del rapporto). 4.1.2) Le precedenti considerazioni non paiono superate dagli elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art. 26 abbia dato vita a un «regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori» (quale aspetto sintomatico dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. L'art. 23 decreto-legge n. 91/2014, rubricato «Riduzione delle bollette elettriche a favore dei clienti forniti in media e bassa tensione», prevede quanto segue: «1. Al fine di pervenire a una piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici, i minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da 24 a 30 del presente decreto-legge, laddove abbiano effetti su specifiche componenti tariffarie, sono destinati alla riduzione delle tariffe elettriche dei clienti di energia elettrica in media tensione e di quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri tariffari conseguenti dall'attuazione dell'art. 1, commi da 3 a 5, del decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014 n. 9. 3. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta i provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2, garantendo che i medesimi benefici siano ripartiti in modo proporzionale tra i soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i benefici previsti agli stessi commi 1 e 2 non siano cumulabili a regime con le agevolazioni in materia di oneri generali di sistema, di cui all'art. 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.». Ora, non sono certo contestabili gli scopi avuti di mira dal legislatore, che intende «pervenire a una piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici», distribuendo tra costoro «i minori oneri per l'utenza» generati anche dalle misure dell'art. 26 e, in ultima analisi, alleggerendo i costi dell'energia elettrica per i «clienti [...] in media tensione e [...] in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica». Sennonche', tale obiettivo - oltre a non sembrare del tutto consonante con la finalita' specificamente declinata dal comma 1 dell'art. 26 nel senso di «favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili», non risultando in particolare chiaro il nesso tra tale «migliore sostenibilita'» e la «piu' equa distribuzione degli oneri tariffari» tra gli utenti - e' perseguito attraverso una «leva» che consiste in un'operazione redistributiva irragionevole e sproporzionata. Il reperimento delle necessarie risorse finanziarie e' infatti attuato attraverso una modificazione unilaterale e autoritativa dei rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se' la proporzionalita' rispetto all'obiettivo avuto di mira dal legislatore, tenuto conto del rango e della natura degli scopi del regime di sostegno (basti por mente all'evocazione, da parte della dir. 2001/77, delle norme del Trattato sull'Unione europea sulla tutela dell'ambiente), e che comunque non appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e ss.), con ulteriore profilo di irragionevolezza. Quanto ai «finanziamenti bancari» (co. 5), e' sufficiente rilevare - in disparte gli aspetti collegati all'onerosita' per i beneficiari dei meccanismi ipotizzati e ai costi di transazione comunque derivanti dall'impalcatura giuridico-finanziaria dei nuovi contratti - che la garanzia dello Stato non copre l'intero importo dell'eventuale operazione finanziaria (sino all'80% dell'ammontare dell'«esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della banca» o della «somma liquidata da CDP alla banca garantita») e che comunque si tratta di «finanziamenti» non automatici (residuando uno spazio di apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono a es. essere soggetti «economicamente e finanziariamente sani», e circa il «merito di credito»; cfr. articoli 1 e 2 decreto ministeriale 29 dicembre 2014). Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della durata dei titoli autorizzatori (co. 6), che costituisce piuttosto una conseguenza necessitata della protrazione del periodo di incentivazione oltre i venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma 3, lettera a). Quanto all'«acquirente selezionato» (commi da 7 a 12), va osservato come lo stesso legislatore attribuisca alla misura una portata solo eventuale, tenuto conto dell'art. 26, comma 13, che ne subordina l'efficacia «alla verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze della compatibilita' degli effetti delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza pubblica ai fini del rispetto degli impegni assunti in sede europea». Verifica tanto piu' stringente alla luce del relativo ambito di applicazione, non riservato ai soli produttori da fonte solare, ma esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni attuative (si pensi, a es., al comma 9, lettera d, che demanda all'Autorita' di «stabilire i criteri e le procedure per determinare la quota annuale costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto di cessione da parte di ciascun soggetto beneficiario, tenendo conto anche della tipologia e della localizzazione degli impianti»), anche qui e' posto un limite quantitativo agli incentivi cedibili (80%), mentre non paiono disciplinate le conseguenze sui rapporti di finanziamento eventualmente accesi dai produttori (i quali, attraverso la cessione, intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). La possibilita' di un recesso anticipato del produttore dal contratto di finanziamento sembra in effetti presa in considerazione dal comma 11, che reca pero' un impegno generico per il Governo («assumere ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti di finanziamento stipulati»). 4.1.3 Da quanto detto, e all'esito del bilanciamento tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione dei diritti dei fruitori delle agevolazioni, emerge l'irragionevolezza e l'assenza di proporzionalita', ai sensi dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26 comma 3 decreto-legge n. 91/2014, come convertito dalla legge n. 116/2014, apparendo altresi' violato anche l'art. 41 Cost., alla luce dell'irragionevole effetto della frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti in essere come contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. Cio' in quanto, riassuntivamente: il sistema degli incentivi perde la sua stabilita' nel tempo nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e predeterminato in una convenzione o contratto di diritto privato (art. 24 comma 2 lettera D decreto legislativo n. 28/2011); gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; viene meno l'equa remunerazione degli investimenti effettuati; il periodo di tempo per la percezione dell'incentivo, invariato nella misura complessiva, viene prolungato indipendentemente dalla vita media convenzionale degli impianti (lett. a); l'incentivo non e' piu' costante per tutto il periodo di diritto, ma si riduce in assoluto per tutto il periodo residuo (lett. c) o varia in diminuzione nell'ambito del ventennio originario di durata della convenzione (lett. a) o per cinque anni (lett. b). 4.2 Il comma 3 viola inoltre l'art. 117, comma 1, Cost. in relazione, quali norme interposte, all'art. 1, Prot. addizionale n. 1, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (di cui e' stata autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con legge 4 agosto 1955, n. 848) e all'art. 6, par. 3, Trattato sull'Unione europea, che introduce nel diritto dell'Unione «in quanto principi generali», i «diritti fondamentali» garantiti dall'anzidetta Convenzione. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo detto art. 1 - che afferma il principio di «protezione della proprieta'», ammettendo al contempo l'adozione delle misure legislative «ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale» - conferisce protezione anche ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; v., ex plur., Maurice comma Francia [GC], del 6 ottobre 2005, n. 11810/03, parr. 63 e ss.), reputando ammissibili le «interferenze» (ingerenze) da parte della pubblica autorita' in presenza di un interesse generale (cfr. Arras e altri comma Italia, n. 17972/07, 14 febbraio 2012 e 14 maggio 2012, final, parr. 77-79: 78.). In questa prospettiva, l'ingerenza costituita dalla sottrazione di parte dei crediti spettanti ai produttori di energia in forza delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed e' in contrasto con il principio di proporzionalita', non risultando l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato dalla finalita' di diminuire le tariffe elettriche in favore di alcune categorie di consumatori. 4.3 Ulteriore violazione degli articoli 3 e 41 Cost.: disparita' di trattamento ed ulteriori profili di irragionevolezza e sproporzione. E' dubbia la costituzionalita' dell'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014, rispetto all'art. 3 Cost., eventualmente anche in relazione all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede che la rimodulazione si applichi soltanto agli «impianti di potenza nominale superiore a 200 kW» (recte: ai soggetti fruitori di tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 4.3.1) Tale restrizione del campo applicativo comporta la creazione, all'interno dell'insieme dei titolari degli impianti fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte in base alla «potenza nominale» (dell'impianto), destinatarie di un trattamento differenziato. A dire della parte pubblica le ragioni di tale scelta sarebbero da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i soggetti incisi dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale (4%) del totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari al 60% della spesa totale per l'incentivazione (ca. 4,3 mld/anno su ca. 6,8 mld/anno). In disparte l'esattezza del dato numerico, questa considerazione non integra tuttavia un profilo idoneo a sorreggere la contestata differenziazione di trattamento e, in particolare, il deteriore trattamento disposto per quelli di maggiori dimensioni, occorrendo tener conto delle modalita' di funzionamento delle tariffe incentivanti. La relativa entita' dipende infatti dalla quantita' di energia prodotta, sicche' e' evenienza del tutto normale, e insita nel sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita' produttiva, fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di benefici piu' che proporzionale rispetto al loro numero. In altri termini, nel regime di sostegno delineato dai conti energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero dei produttori, con la conseguenza che misure dirette a colpire soltanto alcuni di costoro sortiscono l'effetto di differenziare posizioni giuridiche omogenee. Le precedenti considerazioni dimostrano al contempo l'ulteriore irragionevolezza delle misure, foriere di un trattamento deteriore per alcuni produttori in assenza di adeguata causa giustificativa, non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico poste a base della distinzione. La sussistenza dei vizi innanzi indicati pare avvalorata dall'ulteriore esonero disposto dall'art. 22-bis, comma 1, decreto-legge n. 133/14 cit. in favore degli impianti i cui soggetti responsabili erano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 91/2014, «enti locali o scuole», norma che infatti opera un distinguo fondato sulla peculiare qualita' dei percettori dei benefici, indipendentemente dalla quantita' di energia prodotta. 4.3.2) Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal solare. Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in considerazione anche tali soggetti nella parte relativa all'«acquirente selezionato». Sennonche', non si comprendono le ragioni del deteriore trattamento dei produttori da fonte solare rispetto agli altri percettori di incentivi parimenti finanziati dagli utenti attraverso i cc.dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento delle componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 4.3.3) La creazione di categorie differenziate determina anche un vulnus alla concorrenza e una lesione della liberta' di iniziativa economica ex art. 41 Cost. dei produttori di energia elettrica destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un contesto economico connotato dal sostegno pubblico, vedono pregiudicata la possibilita' di operare sul mercato a parita' di condizioni con gli altri produttori da fonte solare e, piu', in generale, di energia rinnovabile. Sotto questo profilo, pertanto, risultano lesi gli articoli 3 e 41 Cost.. 5.4. Violazione art. 77 Cost. Secondo la Corte costituzionale «la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto -legge, costituisce un requisito di validita' dell'adozione di tale atto, la cui mancanza configura un vizio di legittimita' costituzionale del medesimo, che non e' sanato dalla legge di conversione» (sent. n. 93 del 2011). Essa precisa anche che il relativo sindacato «va [...] limitato ai casi di «evidente mancanza» dei presupposti di straordinaria necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma, Cost. o di «manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' della relativa valutazione»». Ai fini della relativa indagine la Corte ha rimarcato la centralita' dell'elemento dell'«evidente estraneita'» della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui e' inserita, dovendo risultare una «intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. La urgente necessita' del provvedere puo' riguardare una pluralita' di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sent. n. 22/2012, nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). Cio' in quanto «l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed «i provvedimenti provvisori con forza di legge»» ex art. 77 Cost., con l'ulteriore precisazione che «il presupposto del «caso» straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno» e ponendosi «la scomposizione atomistica della condizione di validita' prescritta dalla Costituzione [...] in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale» (Corte Cost. n. 22/2012). In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art. 15, comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che «pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimita' [...], costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento» (sent. n. 22/2012). Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1 della legge n. 400/88, i decreti-legge sono presentati per l'emanazione «con l'indicazione, nel preambolo, delle circostanze straordinarie di necessita' e di urgenza che ne giustificano l'adozione», mentre il comma 3 sancisce che «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo», il dubbio di costituzionalita' dell'art. 26, comma 3 decreto-legge n. 91/2014, insorge in relazione alla circostanza che, pur rinvenendosi nel titolo del decreto-legge n. 91/2014 il riferimento al «rilancio e [al]lo sviluppo delle imprese» e al «contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche», nel preambolo del provvedimento non si rinviene tuttavia esplicitazione di tali punti. Risulta, infatti, presa in considerazione unicamente (con riguardo alla materia in esame) «la straordinaria necessita' e urgenza di adottare disposizioni volte a superare alcune criticita' ambientali, alla immediata mitigazione del rischio idrogeologico e alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con semplificazioni procedurali, promuovendo interventi di incremento dell'efficienza energetica negli usi finali dell'energia nel settore pubblico e razionalizzando le procedure in materia di impatto ambientale» (gli altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria necessita' e urgenza di adottare «disposizioni finalizzate a coordinare il sistema dei controlli e a semplificare i procedimenti amministrativi», di «prevedere disposizioni finalizzate alla sicurezza alimentare dei cittadini», di adottare «disposizioni per rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante dell'economia nazionale, e la competitivita' del medesimo settore [...]», di adottare «disposizioni per semplificare i procedimenti per la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati e per il sistema di tracciabilita' dei rifiuti, per superare eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani, nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in materia ambientale, dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea»). Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I «misure per la crescita economica») e in 3 capi («disposizioni urgenti per il rilancio del settore agricolo»; «disposizioni urgenti per l'efficacia dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione di procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'unione europea»; «disposizioni urgenti per le imprese»). L'art. 26 e' contenuto nel capo III, «disposizioni urgenti per le imprese», insieme a una serie di articoli omogenei (da 23 a 30) effettivamente al tema della «piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici» (cosi' l'art. 23 cit., che individua gli articoli da 24 a 30 quali generatori di «minori oneri per l'utenza»), ma in un contesto di norme tra di loro del tutto eterogenee (cfr. articoli 18 e seguenti). Appare dunque carente l'elemento finalistico richiesto dalla Corte costituzionale, non sembrando ravvisabile «l'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare». Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono «di immediata applicazione», come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n. 400/88, essendo sufficiente considerare le menzionate norme sull'«acquirente selezionato» e sul recesso dai contratti di finanziamento (commi da 7 a 12). 6. Profili di non manifesta infondatezza dell'art. 26, comma 2, in relazione agli articoli 3, 41, 77 e 117, 1° comma Cost. L'art. 26, comma 2, decreto-legge n. 91/2014, interviene sulle modalita' di corresponsione delle tariffe incentivanti, prevedendo, «dal secondo semestre 2014», che il GSE le eroghi «con rate mensili costanti, in misura pari al 90 per cento della producibilita' media annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare di produzione», con effettuazione del «conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo». Il decreto ministeriale 16 ottobre 2014, nel dare attuazione al comma 2, sancisce, all'all. 1 (punto 1.1), che ai fini dell'individuazione del «valore della rata di acconto», la «producibilita' media annua» sia determinata sulla base: della c.d. «produzione storica», qualora disponibile, consistente nelle «ore di produzione del singolo impianto relative all'anno precedente»: nelle «Istruzioni operative» del 3.11.2014 il Gestore precisa che tale criterio si applica «qualora siano disponibili le misure valide relative a tutti i mesi dell'anno precedente»; della c.d. «stima regionale», consistente in una «stima delle ore di produzione regionali»: sempre nelle Istruzioni si chiarisce che qualora le anzidette «misure valide riferite a tutti i mesi dell'anno precedente» non siano disponibili, si applica il criterio del «numero di ore annue medie, definite in funzione della regione in cui e' localizzato l'impianto»), sulla base della Tabella 1 («Ore equivalenti medie per Regione - anno 2014»). In relazione a questa disposizione possono essere richiamate le considerazioni sopra sviluppate, potendosi dubitare della sua compatibilita' con gli articoli 3, 41 e 77 Cost. Essa, oltre a risentire della medesima eterogeneita' ipotizzata con riferimento al comma 3, incide parimenti su rapporti in corso di esecuzione, definendo autoritativamente le modalita' di attuazione dell'obbligazione di pagamento degli incentivi incombente sul Gestore. Il comma 2 modifica infatti le condizioni contrattuali in essere, sostituendo il criterio della «produzione effettiva» - fondato dunque su un dato di realta' (le modalita' di erogazione delle tariffe per i vari conti energia si basano sulla misure dell'energia prodotta; cfr. a es. art. 6, comma 4, decreto ministeriale 5.7.2012; si ricorre a criteri suppletivi, quale la «producibilita' attesa», nel caso di mancata comunicazione delle misure; cfr. art. 5.3, all. A, delib. Aeeg n. 181/10 del 20 ottobre 2010, in riferimento al III° conto) - con quello della «producibilita' media annua» (a sua volta supplito, in assenza di «misure valide», dalle «ore equivalenti medie per Regione»), senza considerare che il singolo beneficiario ha acceduto al regime di sostegno confidando nella possibilita' di disporre di un flusso di cassa commisurato all'effettiva produzione, sulla base del quale provvedere alle proprie esigenze di tipo finanziario, continuative (es. rimborso dei finanziamenti) o contingenti che siano. In altri termini, anche questa misura comporta un'alterazione dei rapporti giuridici in corso, e, con riferimento al primo anno di operativita' del meccanismo, un pregiudizio economico certo (consistente nella ritardata percezione del 10% dell'incentivo spettante, qualificato dalla legge in termini di «conguaglio»). Sicche' il raggiungimento di quella che pare essere la sua dichiarata finalita' - «ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi» (art. 26, comma 1) - avviene a scapito del fruitore degli incentivi, che non e' messo in condizione di acconsentire al mutamento delle condizioni alle quali avviene la regolazione delle partite economiche del rapporto. Si puo' aggiungere in proposito che il duplice effetto del comma 2 - pagamenti non commisurati alla produzione e, soprattutto, differita corresponsione del 10% per il primo anno - pare in contrasto col canone di tempestivita' dei pagamenti desumibile dalla direttiva 2011/7/UE (v. cons. 3), laddove stabilisce che in ogni «transazione commerciale» tra imprese e pubblica amministrazione (cfr. art. 2, par. 1), il periodo di pagamento non deve superare il termine di «trenta giorni di calendario dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento» (ovvero decorrenti dalla data di conclusione della «procedura di accettazione o di verifica» diretta ad accertare la conformita' delle merci o dei servizi al contratto; cfr. art. 4, par. 3; termine che, secondo il successivo par. 6, puo' essere superato solo al ricorrere di un espresso patto contrario e di una giustificazione oggettiva dipendente dalla «natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche»); e cio' indipendentemente dalla diretta riferibilita' alla categoria delle «transazioni commerciali» dei rapporti che si inscrivono nell'ambito delle sovvenzioni pubbliche (tenuto anche conto, con riguardo al caso in esame, della pariteticita' delle posizioni di Gestore e di beneficiario dell'incentivo). Tanto premesso, il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le esposte questioni di costituzionalita', relative all'applicazione dei commi 2 e 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 agli impianti di produzione di energia elettrica da fonte solare, aventi potenza superiore a 200 kW, che fruiscano di incentivazioni in atto ai sensi dei Conti Energia. Il giudizio e' di conseguenza sospeso per la rimessione delle questioni suddette all'esame della Corte costituzionale, mandando alla segreteria di trasmettere alla Corte la presente ordinanza, unitamente al ricorso, di notificarla alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' di comunicarla ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter); visti gli articoli 134 Cost., 1 legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 2 e 3 del decreto-legge n. 91/2014, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 116/2014, in relazione agli articoli 3, 11, 41, 77 e 117, comma 1 della Costituzione, nonche' 1, Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e 6, paragrafo 3, Trattato sull'Unione europea secondo quanto specificato in motivazione; dispone la sospensione del presente giudizio; ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, unitamente alla prova delle previste comunicazioni e notificazioni; ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 25 giugno 2015, 29 ottobre 2015, con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Daniele, Presidente; Mario Alberto di Nezza, consigliere; Anna Maria Verlengia, consigliere, estensore. Il Presidente: Daniele L'estensore: Verlengia