N. 227 ORDINANZA 21 settembre - 20 ottobre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Giurisdizione  tributaria  -  Ordinamento  ed  organizzazione   delle
  Commissioni tributarie. 
- Decreto legislativo 31 dicembre 1992,  n.  545  (Ordinamento  degli
  organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli
  uffici di collaborazione in  attuazione  della  delega  al  Governo
  contenuta nell'art. 30 della  legge  30  dicembre  1991,  n.  413),
   artt. 2, 13, 15,  29-bis,  31,  32,  33,  34  e  35;  decreto  del
  Presidente della Repubblica 30  giugno  1972,  n.  748  (Disciplina
  delle funzioni  dirigenziali  nelle  Amministrazioni  dello  Stato,
  anche ad ordinamento autonomo), art.  37;  decreto  legislativo  30
  marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
  dipendenze delle amministrazioni  pubbliche),  art.  72,  comma  1,
  lettera b); decreto legislativo 25 luglio  2006,  n.  240,  recante
  «Individuazione  delle  competenze  dei  magistrati  capi   e   dei
  dirigenti   amministrativi   degli   uffici   giudiziari    nonche'
  decentramento su base regionale di talune competenze del  Ministero
  della giustizia, a norma degli articoli 1, comma 1, lettera  a),  e
  2, comma 1, lettere s) e t) e 12, della legge 25  luglio  2005,  n.
  150»; decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per
  la revisione della spesa pubblica con  invarianza  dei  servizi  ai
  cittadini  nonche'  misure  di  rafforzamento  patrimoniale   delle
  imprese del settore  bancario)  -  convertito,  con  modificazioni,
  dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135 - artt.  2,
  comma 10-ter, e  23-quinquies;  legge  27  dicembre  2006,  n.  296
  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e  pluriennale
  dello Stato - legge finanziaria 2007), art. 1, comma  404;  decreto
  del Presidente della Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43 (Regolamento
  di riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze,  a
  norma dell'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006,  n.
  296), art. 15, comma 8; decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.
  546 (Disposizioni  sul  processo  tributario  in  attuazione  della
  delega al Governo contenuta nell'art. 30 della  legge  30  dicembre
  1991, n. 413), art. 6; codice di procedura civile, art. 51; decreto
  del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2013,  n.  67
  (Regolamento di organizzazione del Ministero dell'economia e  delle
  finanze, a norma degli articoli 2, comma  10-ter,  e  23-quinquies,
  del  decreto-legge  6  luglio  2012,   n.   95,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), art. 15, commi 1
  e 3. 
-   
(GU n.43 del 26-10-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Mario
  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,   Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  2,  13,
15, 29-bis, 31, 32, 33, 34 e 35 del decreto legislativo  31  dicembre
1992, n. 545 (Ordinamento  degli  organi  speciali  di  giurisdizione
tributaria  ed  organizzazione  degli  uffici  di  collaborazione  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413); dell'art. 37 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748  (Disciplina  delle  funzioni
dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad  ordinamento
autonomo); dell'art. 72, comma 1, lettera b), del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165 (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro
alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche);   del   decreto
legislativo 25 luglio 2006, n.  240,  recante  «Individuazione  delle
competenze dei magistrati capi e dei dirigenti  amministrativi  degli
uffici giudiziari nonche' decentramento su base regionale  di  talune
competenze del Ministero della giustizia, a norma degli  articoli  1,
comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere s) e t) e 12, della  legge
25 luglio 2005, n. 150»; degli artt. 2, comma 10-ter, e 23-quinquies,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135; dell'art. 1,  comma  404,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2007); dell'art. 15,  comma  8,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43  (Regolamento  di  riorganizzazione
del Ministero dell'economia e delle finanze, a norma dell'articolo 1,
comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n.  296);  dell'art.  6  del
decreto legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413); dell'art. 51  del
codice di procedura civile; dell'art. 15, commi 1 e  3,  del  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 27  febbraio  2013,  n.  67
(Regolamento di organizzazione del Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, a norma degli articoli 2, comma 10-ter, e 23-quinquies,  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto  2012,  n.  135),  sollevato  dalla  Commissione
tributaria provinciale di Reggio Emilia,  nel  procedimento  vertente
tra C. C. e Agenzia delle entrate - Direzione provinciale  di  Reggio
Emilia, con ordinanza del 23 settembre 2014, iscritta al  n.  70  del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti  gli  atti  di  intervento   dell'Associazione   Magistrati
Tributari e del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 21 settembre 2016 il  Giudice
relatore Daria de Pretis. 
    Ritenuto che con ordinanza del 23 settembre 2014  la  Commissione
tributaria provinciale di Reggio Emilia  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, 13, 15,  29-bis,  31,  32,
33, 34 e  35  del  decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.  545
(Ordinamento degli organi speciali  di  giurisdizione  tributaria  ed
organizzazione degli uffici di  collaborazione  in  attuazione  della
delega al Governo contenuta nell'art.  30  della  legge  30  dicembre
1991, n. 413), nonche' degli  artt.  6  del  decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413) e 51 del codice di procedura civile; 
    che le questioni sono sorte nel corso di un giudizio con il quale
un  contribuente  ha  impugnato,  nei  confronti  dell'Agenzia  delle
entrate - Direzione provinciale di Reggio  Emilia,  una  cartella  di
pagamento avente ad oggetto l'importo dovuto a  titolo  di  tassa  di
concessione governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari  e  di
relative sanzioni; 
    che  il  rimettente  dubita  in  sostanza  che  l'ordinamento   e
l'organizzazione della giustizia tributaria siano compatibili con  la
garanzia di indipendenza anche apparente del giudice, richiesta dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte  EDU)
in tema di «equo processo», ai sensi dell'art. 6, paragrafo 1,  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; 
    che, dopo avere illustrato le ragioni per le quali, a suo avviso,
l'art. 6,  paragrafo  1,  si  dovrebbe  applicare  anche  ai  giudizi
tributari, il giudice a quo svolge una rassegna della  giurisprudenza
della Corte EDU sui test di verifica dei requisiti di indipendenza  e
imparzialita' del giudice e ne saggia l'applicazione alla  disciplina
interna della materia; 
    che tale verifica lo porta ad escludere dubbi di contrasto con la
Convenzione sotto  i  profili  delle  modalita'  di  selezione  e  di
assegnazione agli uffici dei giudici tributari, della garanzia  della
loro preparazione giuridica, della tutela da pressioni  esterne  e  -
con  particolare  riferimento  alla  disciplina  del   Consiglio   di
presidenza   della    giustizia    tributaria    -    della    tutela
dell'indipendenza interna; 
    che il rimettente giunge a diversa conclusione per altri profili,
riguardanti i  rapporti  tra  i  giudici  tributari  e  il  personale
amministrativo  di  supporto,  l'autonomia   gestionale   dei   mezzi
materiali necessari per l'esercizio della giurisdizione e  lo  status
economico dei medesimi giudici, in quanto l'assetto  ordinamentale  e
organizzativo-gestionale della giustizia tributaria relativo ad  essi
violerebbe, a suo avviso, gli artt. 101,  111  e  117,  primo  comma,
della Costituzione, quest'ultimo in relazione al parametro interposto
dell'art. 6, paragrafo 1, della CEDU; 
    che  la  violazione  degli  stessi  parametri  deriverebbe  anche
dall'assenza, nella disciplina della ricusazione  e  dell'astensione,
di un rimedio  al  difetto  di  apparente  indipendenza  del  giudice
tributario per ragioni di natura ordinamentale; 
    che,  secondo  il  rimettente,  l'inquadramento   nel   Ministero
dell'economia  e  delle  finanze,   nell'apposita   Direzione   della
giustizia   tributaria,   degli   uffici   di   segreteria   preposti
all'assistenza e alla  collaborazione  nell'esercizio  dell'attivita'
giurisdizionale, e  la  conseguente  impossibilita'  per  il  giudice
tributario di disporre autonomamente del personale ausiliario, ledono
l'indipendenza apparente del giudice richiesta dall'art. 6, paragrafo
1, nell'interpretazione fornita dalla Corte EDU; 
    che il personale sarebbe inserito  nella  stessa  amministrazione
cui appartengono le autorita' che  emanano  gli  atti  sottoposti  al
controllo giurisdizionale, vale a dire le agenzie fiscali, alle quali
e' preposta una diversa direzione ministeriale,  inquadrata  tuttavia
nello stesso Dipartimento delle finanze; 
    che la lesione dell'apparente indipendenza dei giudici troverebbe
riscontri nell'analisi dei  compiti  affidati  alla  Direzione  della
giustizia tributaria, tra i quali il  rimettente  individua  -  quali
indizi del fatto che il personale  delle  segreterie  sarebbe  "nelle
mani" del soggetto autore degli atti oggetto di giudizio - i  compiti
di selezione, formazione, assegnazione e vigilanza, di determinazione
dello  stato   giuridico   ed   economico,   di   valutazione   della
produttivita' e della progressione in carriera, nonche' i compiti  in
materia di giudizio disciplinare e di supervisione degli uffici; 
    che la lesione dell'apparente indipendenza dei giudici  tributari
sarebbe dimostrata anche dall'assenza di  norme  che  disciplinino  i
rapporti tra i giudici e il personale delle segreterie, nonche' dalle
norme (artt. 2 e 35 del d.lgs. n.  545  del  1992)  che  regolano  le
attribuzioni  dei  presidenti  delle  commissioni  tributari  e   dei
direttori delle relative segreterie; 
    che  a  quest'ultimo   riguardo   il   rimettente   richiama   un
orientamento del Consiglio di presidenza della giustizia  tributaria,
secondo il quale nei rapporti tra il presidente della  commissione  e
il  direttore  della  segreteria,  nel  caso  di  impossibilita'   di
collaborazione o di concerto, dovrebbe  prevalere  in  ogni  caso  il
potere del primo di adottare provvedimenti urgenti  e  immediatamente
esecutivi, e osserva che l'art. 15 del d.lgs. n. 545 del 1992 -  come
novellato dall'art. 39, comma 2,  lettera  e),  del  decreto-legge  6
luglio 2011, n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 15 luglio 2011, n.  111  -  avrebbe  tuttavia  privato  i
presidenti delle commissioni  di  ogni  vero  e  concreto  potere  di
controllo sul personale  amministrativo,  attribuendo  loro  solo  la
facolta' di segnalare alla Direzione della giustizia  tributaria  del
Dipartimento  delle  finanze  del  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze,  per  i  provvedimenti  di   competenza,   la   qualita'   e
l'efficienza dei servizi di segreteria della propria commissione; 
    che un vulnus all'indipendenza dei giudici tributari  deriverebbe
altresi' da ulteriori compiti affidati alla Direzione della giustizia
tributaria, quali  l'osservazione  della  giurisprudenza  in  materia
tributaria (con attribuzione di un'impropria funzione nomofilattica e
del potere di segnalare i provvedimenti giudiziari  al  Consiglio  di
presidenza della giustizia tributaria,  organo  titolare  del  potere
disciplinare nei confronti dei giudici), la  cura  dei  provvedimenti
sullo status dei giudici e la gestione del contenzioso  eventualmente
instaurato  con  essi,  nonche'  il  supporto  alla  loro  formazione
professionale; 
    che, nel sollevare la questione appena descritta,  il  rimettente
indica quali norme censurate gli artt. 2, 15, 31, 32, 33, 34 e 35 del
d.lgs. n. 545 del 1992, sulle attribuzioni  di  presidenti,  giudici,
direttori delle segreterie e segreterie delle commissioni tributarie,
nella  parte  in  cui  affiderebbero  la  disponibilita'  dei   mezzi
personali per l'esercizio della giurisdizione tributaria alla  stessa
amministrazione cui appartengono le autorita' che  emanano  gli  atti
sottoposti  al  controllo  giurisdizionale,   anziche'   al   giudice
tributario; 
    che la stessa questione e' posta "anche in correlazione" con: 
    - gli artt. 37 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  30
giugno 1972, n. 748 (Disciplina  delle  funzioni  dirigenziali  nelle
Amministrazioni dello Stato, anche ad  ordinamento  autonomo)  e  72,
comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche); 
    -  il  decreto  legislativo  25  luglio  2006,  n.  240,  recante
«Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei  dirigenti
amministrativi degli uffici giudiziari nonche' decentramento su  base
regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, a norma
degli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere s) e  t)
e 12, della legge 25 luglio 2005, n. 150»; 
    - gli artt. 2, comma 10-ter, e 23-quinquies del  decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini  nonche'  misure  di
rafforzamento  patrimoniale  delle  imprese  del  settore  bancario),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  7
agosto 2012, n. 135; 
    - l'art. 15, comma 1, del decreto del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri 27 febbraio 2013, n. 67 (Regolamento  di  organizzazione
del Ministero dell'economia e delle finanze, a norma  degli  articoli
2, comma 10-ter, e 23-quinquies, del decreto-legge 6 luglio 2012,  n.
95, convertito, con modificazioni, dalla  legge  7  agosto  2012,  n.
135); 
    che, sotto un profilo  diverso  ma  connesso  al  precedente,  il
giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale degli artt. 2,
29-bis, 31 e 35 del d.lgs. n.  545  del  1992,  nella  parte  in  cui
attribuirebbero  la  gestione  dei  mezzi  materiali  necessari   per
l'esercizio della giurisdizione tributaria alla stessa autorita'  che
emette gli atti da sottoporre al controllo giurisdizionale,  anziche'
prevedere  una  autonoma  gestione  finanziaria  e  contabile   delle
Commissioni tributarie; 
    che tale questione e' posta "anche in rapporto": 
    - all'art. 1, comma 404, della legge 27 dicembre  2006,  n.  296,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»; 
    -  all'art.  15,  comma  8,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43  (Regolamento  di  riorganizzazione
del Ministero dell'economia e delle finanze, a norma dell'articolo 1,
comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296); 
    - agli artt. 2, comma 10-ter, e 23-quinquies del d.l. n.  95  del
2012 (gia' evocati nella prima questione); 
    - all'art. 15, comma 3, del d.P.C.m. n. 67 del 2013; 
    che, ad avviso del rimettente, l'attribuzione in via esclusiva al
Ministero dell'economia  e  delle  finanze,  attraverso  un  apposito
ufficio   del   Dipartimento   delle    finanze,    della    gestione
amministrativo-contabile degli stanziamenti relativi  alla  giustizia
tributaria e dei capitoli  di  spesa  delle  commissioni  tributarie,
nonche' della dotazione di beni e servizi in uso alle stesse, darebbe
luogo ad un assetto organizzativo analogo  a  quello  gia'  censurato
dalla Corte EDU per violazione dell'art. 6, paragrafo  1,  nel  quale
era l'organizzazione ministeriale,  una  volta  determinata  a  monte
l'entita' dello stanziamento  annuale,  a  provvedere  alla  gestione
quotidiana dei mezzi finanziari; 
    che l'apparente indipendenza dei giudici tributari  sarebbe  lesa
anche dalla disciplina del loro trattamento retributivo; 
    che, sotto questo profilo, il rimettente censura  l'art.  13  del
d.lgs. n. 545 del 1992,  nella  parte  in  cui  prevederebbe  che  la
determinazione, la liquidazione e il pagamento del compenso spettante
ai componenti delle commissioni  tributarie  siano  effettuati  dalla
stessa amministrazione cui appartengono anche gli organi che emettono
gli atti sottoposti al controllo  giurisdizionale,  vale  a  dire  il
Ministro dell'economia e delle finanze  (quanto  alla  determinazione
dei  compensi),  la  direzione  generale  delle  entrate  nella   cui
circoscrizione ha sede  la  commissione  tributaria  di  appartenenza
(quanto  alla  liquidazione)  e  il  dirigente   responsabile   della
segreteria della commissione (quanto al pagamento); 
    che, sotto un diverso aspetto, anche l'inadeguatezza dei compensi
spettanti ai giudici tributari pregiudicherebbe la loro  immagine  di
indipendenza e imparzialita', in ulteriore contrasto  con  l'art.  6,
paragrafo 1; 
    che, ad avviso del giudice a quo, anche gli artt. 6 del d.lgs. n.
546 del 1992 e 51 cod. proc. civ. contrasterebbero con gli artt. 101,
111 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6, paragrafo  1,
della  CEDU,  nella  parte  in  cui,  accanto  alla  possibilita'  di
astensione  individuale  del  giudice  per  motivi  "personali",  non
prevedono un rimedio processuale che consenta ai giudici tributari di
astenersi per difetto di apparenza di indipendenza causato da ragioni
ordinamentali, al fine di evitare l'adozione di decisioni  nulle  per
un vizio di costituzione del giudice, ai  sensi  dell'art.  158  cod.
proc. civ., o che siano comunque fonte di responsabilita' dello Stato
per violazione dei diritti fondamentali dell'uomo; 
    che sulla rilevanza il rimettente osserva che le norme  censurate
con le prime tre questioni, pur  non  disciplinando  direttamente  lo
svolgimento del processo principale o il merito  della  controversia,
attengono a struttura, ordinamento e  inquadramento  del  giudice,  e
quindi alla sua costituzione, sicche' anche da esse  dipenderebbe  la
decisione  della  causa;  mentre  le  norme  censurate  con  l'ultima
questione sarebbero direttamente applicabili nel processo principale,
inerendo all'astensione  e  ricusazione  del  giudice  chiamato  alla
decisione; 
    che con atto depositato  in  cancelleria  il  2  maggio  2016  e'
intervenuto nel giudizio costituzionale il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano  dichiarate  inammissibili  e
comunque infondate; 
    che le questioni sarebbero inammissibili, perche' l'ordinanza  di
rimessione non offrirebbe chiare indicazioni sulla  violazione  delle
norme  costituzionali  e  sulla  correlazione   fra   la   disciplina
ordinamentale delle commissioni tributarie e gli  specifici  precetti
costituzionali dei quali si lamenta la lesione; inoltre,  l'ordinanza
non chiarirebbe come la violazione dell'apparenza di indipendenza del
giudice tributario assuma  rilievo  ai  fini  della  risoluzione  del
processo principale; 
    che, con riguardo al profilo dell'inquadramento ordinamentale del
giudice tributario e del personale delle segreterie,  l'interveniente
osserva che le autorita' dalle quali promanano gli atti impositivi  -
vale a dire le Agenzie delle entrate -  sono  enti  con  personalita'
giuridica di diritto  pubblico,  del  tutto  distinti  dal  Ministero
dell'economia e delle finanze,  nei  cui  riguardi  e'  da  escludere
qualsiasi rapporto organico, come avrebbe ripetutamente  riconosciuto
la giurisprudenza di legittimita'; 
    che l'Avvocatura evidenzia, inoltre, la diversita'  degli  ambiti
di  competenza  ministeriale  dalle   attribuzioni   dell'organo   di
autogoverno dei giudici  tributari  (Consiglio  di  presidenza  della
giustizia tributaria), rilevando che i compiti della Direzione  della
giustizia  tributaria,  sui  quali  si  concentrano  le  censure  del
rimettente,  attengono  alla  predisposizione  e  al  supporto  della
struttura organizzativa, all'emanazione di atti amministrativi  privi
di   discrezionalita',   alla   raccolta    e    all'analisi    della
giurisprudenza,  nonche'  alla  classificazione  e  allo  studio   di
documenti, al fine di offrire un ausilio a tutti  gli  operatori  del
settore; 
    che sulla lamentata assenza di poteri organizzativi e  gestionali
del personale amministrativo in capo ai presidenti delle  commissioni
tributarie - ai quali sarebbero riservati solo poteri di vigilanza  -
l'interveniente osserva che a seguito della modifica dell'art. 15 del
d.lgs. n. 545 del 1992 introdotta dall'art. 11, comma 1, lettera  g),
del decreto legislativo 24 settembre 2015, n.  156,  recante  «Misure
per la revisione della disciplina degli interpelli e del  contenzioso
tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10,  comma  1,
lettere a) e b), della legge 11 marzo 2014, n. 23», il presidente  di
ciascuna commissione ha il potere di esercitare la  «vigilanza  [...]
sulla qualita' e l'efficienza dei servizi  di  segreteria  [...],  al
fine di segnalarne le risultanze al Dipartimento  delle  finanze  del
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze   per   i   provvedimenti
competenza»; che tale assetto stabilirebbe si' una netta  separazione
tra la funzione giurisdizionale (assegnata ai  giudici),  l'attivita'
di vigilanza  (attribuita  ai  presidenti  delle  commissioni)  e  la
direzione  amministrativa  delle  segreterie   (spettante   al   solo
direttore  dell'ufficio),  ma  non  arrecherebbe  alcun   pregiudizio
all'indipendenza  dei  giudici,  essendo   coerente,   sia   con   le
disposizioni degli articoli da 30 a 35 del d.lgs. n. 545 del 1992  in
materia di uffici di segreteria, sia con le disposizioni  del  d.lgs.
n. 165 del 2001 in  materia  di  direzione  e  responsabilita'  degli
uffici dell'amministrazione pubblica,  sia,  infine,  con  la  natura
onoraria dell'incarico dei giudici tributari; e che nemmeno l'assenza
di autonomia nella gestione dei mezzi materiali in  capo  ai  giudici
tributari minaccerebbe la loro indipendenza, in quanto tale  gestione
si risolverebbe  in  funzioni  meramente  amministrative,  di  natura
contabile e finanziaria; 
    che,   sui   profili   inerenti   al   trattamento   retributivo,
l'Avvocatura eccepisce in via  preliminare  l'inammissibilita'  della
questione per irrilevanza, poiche' secondo la costante giurisprudenza
della Corte le norme che determinano i compensi dei giudici tributari
non incidono, ne' sul rapporto in ordine al quale  il  rimettente  e'
chiamato a decidere, ne' sulla composizione  dell'organo  giudicante,
anche sotto l'aspetto dell'asserita esiguita' degli stessi compensi; 
    che nel merito la questione sarebbe comunque infondata, in quanto
il decreto ministeriale di determinazione dei  compensi  dei  giudici
tributari e' assunto sulla base  di  parametri  fissati  direttamente
dalla  legge  e  il  trattamento  retributivo   sarebbe   attualmente
caratterizzato - per effetto  del  d.l.  n.  98  del  2011  -  da  un
ragionevole sistema  premiale,  correlato  alla  produttivita'  delle
commissioni e finanziato con  il  fondo  nel  quale  confluiscono  le
entrate del contributo unificato,  destinate  anche  all'aumento  dei
compensi aggiuntivi di tutte  le  commissioni  tributarie,  ai  sensi
dell'art. 12, comma 3-ter, del decreto-legge  2  marzo  2012,  n.  16
(Disposizioni urgenti in materia di  semplificazioni  tributarie,  di
efficientamento e potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),
convertito con modificazioni dall'art. 1, comma  1,  della  legge  26
aprile 2012, n. 44; 
    che infine la difesa  dello  Stato  eccepisce  l'inammissibilita'
anche della questione avente ad oggetto le norme sull'astensione e la
ricusazione dei giudici tributari per mancata indicazione, sia  delle
ragioni poste a suo  fondamento,  che  dei  parametri  costituzionali
violati, e osserva che in ogni caso la  questione  sarebbe  infondata
nel merito, in quanto l'art. 6 del d.lgs. n. 546 del 1992 richiama la
disciplina del codice di procedura civile, uscita piu' volte  indenne
dallo scrutinio di legittimita' costituzionale operato dalla Corte; 
    che con atto depositato in  cancelleria  il  29  aprile  2016  e'
intervenuta nel  giudizio  costituzionale  l'Associazione  Magistrati
Tributari, aderendo  alle  censure  espresse  dal  giudice  a  quo  e
chiedendo di conseguenza che le questioni siano accolte; 
    che il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  depositato  una
memoria illustrativa, ribadendo le eccezioni di inammissibilita' gia'
sollevate e rilevando che le modifiche degli artt. 2 e 15 del  d.lgs.
n. 546 del 1992, introdotte dal d.lgs. n. 156 del  2015  a  decorrere
dal 1° gennaio 2016, imporrebbero di restituire gli atti al giudice a
quo per una nuova valutazione della rilevanza e della  non  manifesta
infondatezza delle questioni. 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale  di  Reggio
Emilia dubita della legittimita' costituzionale di varie disposizioni
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545  (Ordinamento  degli
organi speciali di giurisdizione tributaria ed  organizzazione  degli
uffici di  collaborazione  in  attuazione  della  delega  al  Governo
contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nonche'
dell'art.  6  del  decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413)
e dell'art. 51 del codice di procedura civile, per  violazione  degli
artt. 101, 111 e 117, primo comma, della  Costituzione,  quest'ultimo
in relazione al parametro interposto dell'art. 6, paragrafo 1,  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; 
    che  il  rimettente  dubita  in  sostanza  che  l'ordinamento   e
l'organizzazione della giustizia tributaria sia  compatibile  con  la
garanzia di indipendenza anche apparente del giudice, richiesta dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in  tema  di
«equo processo», ai sensi dell'art. 6, paragrafo 1, della CEDU; 
    che sono censurati, in primo luogo, gli artt. 2, 15, 31, 32,  33,
34 e 35 del d.lgs. n. 545 del 1992, nella parte  in  cui,  prevedendo
l'inquadramento  degli  uffici  di   segreteria   delle   commissioni
tributarie   nell'amministrazione   finanziaria,   affiderebbero   la
disponibilita'   dei   mezzi   personali   per   l'esercizio    della
giurisdizione tributaria alla stessa amministrazione cui appartengono
le  autorita'  che  emanano  gli   atti   sottoposti   al   controllo
giurisdizionale, anziche' al giudice tributario; 
    che il giudice a quo censura altresi' gli artt. 2, 29-bis,  31  e
35 del d.lgs. n. 545 del 1992 nella parte in cui  attribuirebbero  la
gestione  dei  mezzi  materiali  necessari  per   l'esercizio   della
giurisdizione tributaria alla stessa autorita' che emette gli atti da
sottoporre   al   controllo   giurisdizionale,   anziche'   prevedere
un'autonoma  gestione  finanziaria  e  contabile  delle   Commissioni
tributarie; 
    che un ulteriore vulnus all'apparente  indipendenza  dei  giudici
tributari deriverebbe, secondo il rimettente, dall'art. 13 del d.lgs.
n. 545 del 1992, in tema  di  trattamento  retributivo  degli  stessi
giudici,  nella  parte  in  cui  la   norma   stabilirebbe   che   la
determinazione, la liquidazione e il pagamento del compenso spettante
ai componenti delle commissioni  tributarie  siano  effettuati  dalla
stessa amministrazione cui appartengono anche gli organi che emettono
gli atti sottoposti al controllo giurisdizionale; 
    che, sotto un diverso aspetto, anche l'inadeguatezza dei compensi
spettanti ai giudici tributari pregiudicherebbe la loro  immagine  di
indipendenza e imparzialita', in contrasto ulteriore  con  l'art.  6,
paragrafo 1; 
    che, infine, anche gli artt. 6 del d.lgs. n. 546 del  1992  e  51
cod. proc. civ. contrasterebbero con i parametri evocati, nella parte
in cui, accanto  alla  possibilita'  di  astensione  individuale  del
giudice per motivi "personali", non prevedono un rimedio  processuale
che consenta  ai  giudici  tributari  di  astenersi  per  difetto  di
apparenza di indipendenza causato da ragioni ordinamentali,  al  fine
di evitare l'adozione di decisioni nulle per un vizio di costituzione
del giudice, ai sensi dell'art. 158 cod.  proc.  civ.,  o  che  siano
comunque fonte di responsabilita'  dello  Stato  per  violazione  dei
diritti fondamentali dell'uomo; 
    che,    preliminarmente,    va     esaminata     l'ammissibilita'
dell'intervento   nel   giudizio   costituzionale   dell'Associazione
Magistrati Tributari, la quale non e' parte del giudizio a quo; 
    che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  possono
intervenire nel giudizio incidentale di  legittimita'  costituzionale
le sole parti del giudizio principale  e  i  terzi  portatori  di  un
interesse   qualificato,   immediatamente   inerente   al    rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari
di ogni altro, dalla norma o  dalle  norme  oggetto  di  censura  (ex
plurimis, sentenze  n.  173  del  2016  e  allegata  ordinanza  letta
all'udienza del 5 luglio 2016, n. 236 del 2015 e  allegata  ordinanza
letta all'udienza del 20 ottobre 2015, n. 70 del 2015 e  n.  223  del
2012); 
    che questa Corte ha piu' volte espresso tale  orientamento  anche
in relazione alla  richiesta  di  intervento  da  parte  di  soggetti
rappresentativi di interessi collettivi o di categoria (ex  plurimis,
sentenze n. 76 del 2016, n. 178 del 2015 e allegata  ordinanza  letta
all'udienza del 23 giugno 2015, n. 37 del 2015 e  allegata  ordinanza
letta all'udienza del 24 febbraio 2015, n. 162 del  2014  e  allegata
ordinanza letta all'udienza dell'8 aprile 2014; ordinanze n. 140  del
2014, n. 156 del 2013 e n. 150 del 2012); 
    che, alla luce  di  questi  principi,  l'Associazione  Magistrati
Tributari non e' titolare di un interesse qualificato, immediatamente
inerente  al  rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio,  che   ne
legittimi  l'intervento,  poiche'  essa  non  vanta   una   posizione
giuridica   individuale   suscettibile   di    essere    pregiudicata
immediatamente   e   irrimediabilmente   dall'esito   del    giudizio
incidentale; 
    che  non  e'  sufficiente  sostenere,  in  senso  contrario,  che
l'oggetto delle questioni sollevate rientra nell'ambito  degli  scopi
statutari perseguiti dall'interveniente, e in particolare nell'ambito
della tutela  dell'indipendenza  dei  giudici  tributari,  in  quanto
l'interesse collettivo prospettato non e' correlato con le specifiche
e peculiari posizioni soggettive dedotte dalle parti nel  giudizio  a
quo; 
    che pertanto l'intervento dell'Associazione Magistrati  Tributari
deve essere dichiarato inammissibile; 
    che le questioni sollevate dal giudice a quo presentano,  a  loro
volta, preliminari e assorbenti profili di inammissibilita'; 
    che il rimettente invoca plurimi interventi additivi, diretti  da
un  lato  a   delineare   un   nuovo   assetto   dell'ordinamento   e
dell'organizzazione della giustizia tributaria, e dall'altro lato  ad
aggiungere una nuova causa  di  astensione  del  giudice  tributario,
fondata sul difetto della  sua  apparente  indipendenza  per  ragioni
ordinamentali,  o  comunque  a   prefigurare   un   analogo   rimedio
processuale; 
    che, in relazione al censurato inquadramento del personale  delle
segreterie nell'amministrazione finanziaria, il giudice a quo  omette
del tutto di indicare la  direzione  e  i  contenuti  dell'intervento
correttivo richiesto, tra i molteplici astrattamente ipotizzabili; 
    che  nemmeno  la  censura  relativa  all'assenza,  in   capo   ai
presidenti delle  commissioni,  di  diretti  poteri  di  vigilanza  e
controllo del personale delle segreterie chiarisce i contorni  e  gli
eventuali  limiti  dell'auspicato  ampliamento   delle   attribuzioni
presidenziali, i quali  possono  atteggiarsi  in  molti  modi,  tutti
coerenti con l'assegnazione ai presidenti di un ruolo  piu'  incisivo
nella gestione del personale; 
    che analoghe considerazioni valgono per la censurata mancanza  di
autonomia di  gestione  finanziaria  e  contabile  delle  Commissioni
tributarie,  essendo  anche  in  questo  caso  del   tutto   evidente
l'incertezza  dell'intervento  additivo  richiesto,  a  fronte  delle
molteplici forme e  graduazioni  che  potrebbe  assumere  l'auspicata
autonomia della giurisdizione tributaria; 
    che  mancano  poi  del  tutto,  nell'ordinanza,  indicazioni  sul
diverso  assetto  che  dovrebbe  caratterizzare   il   regime   della
determinazione, della liquidazione e del pagamento delle retribuzioni
dei giudici, in luogo di quello censurato, ovvero sul diverso sistema
retributivo che sarebbe idoneo a superare, secondo il giudice a  quo,
l'attuale inadeguatezza dei compensi; 
    che neppure e' chiarito il contenuto dell'intervento richiesto in
tema di astensione del giudice  tributario,  in  quanto  il  generico
richiamo alla sussistenza di  ragioni  di  natura  ordinamentale  che
violerebbero l'indipendenza apparente del giudice non e'  sufficiente
a tale fine, ne' il rimedio processuale auspicato e' ben individuato; 
    che queste omissioni comportano l'indeterminatezza e l'ambiguita'
dei petita, e di  conseguenza,  secondo  la  costante  giurisprudenza
costituzionale,  l'inammissibilita'  delle  questioni  (ex  plurimis,
sentenze n. 220 e n. 218 del 2014, n. 220 del 2012, n. 186 e  n.  117
del 2011; ordinanze n. 269 del 2015, n. 266 del 2014, n. 335, n.  260
e n. 21 del 2011); 
    che un'altra ragione di inammissibilita' deriva dal fatto che  il
giudice  a  quo  ha  richiesto  a  questa  Corte  plurimi  interventi
creativi, caratterizzati da un grado di manipolativita' tanto elevato
da investire, non singole disposizioni  o  il  congiunto  operare  di
alcune di esse, ma un  intero  sistema  di  norme,  come  quello  che
disciplina le attribuzioni dei  giudici  tributari  e  del  personale
delle segreterie, nonche',  in  generale,  il  sistema  organizzativo
delle risorse umane e materiali della giustizia tributaria ovvero  il
sistema che regola il trattamento retributivo dei giudici; 
    che interventi di questo tipo - manipolativi di sistema - sono in
linea di principio estranei alla  giustizia  costituzionale,  poiche'
eccedono i  poteri  di  intervento  della  Corte,  implicando  scelte
affidate alla discrezionalita' del legislatore (ex plurimis, sentenze
n. 248 del 2014 e n. 252 del 2012; ordinanze n. 269 del 2015, n.  156
del 2013, n. 182 del 2009, n. 35 del 2001 e n. 117 del 1989); 
    che, sotto un diverso  profilo,  le  censure  investono  in  modo
indifferenziato, sia le disposizioni che  prevedono  la  composizione
degli organi giurisdizionali del contenzioso tributario, la vigilanza
sui giudici  e  le  relative  sanzioni  disciplinari,  sia  tutte  le
disposizioni che regolano gli uffici di segreteria delle  commissioni
tributarie, nonche' l'autonomia contabile del Consiglio di presidenza
della giustizia tributaria, senza specificare  i  termini  nei  quali
ciascuna di esse violerebbe singolarmente i parametri invocati; 
    che l'eterogeneita' delle disposizioni contestate non e' superata
-  e  anzi  e'  accentuata  -  dal  fatto  che  le   questioni   sono
genericamente poste "anche in correlazione" o "in rapporto" con altre
norme di variegato contenuto, talune di natura regolamentare,  o  con
interi testi legislativi,  in  difetto  di  qualsiasi  argomento  che
consenta di collegare le singole norme evocate ai predetti parametri; 
    che,   secondo   la   costante   giurisprudenza   costituzionale,
l'eterogeneita' degli oggetti delle norme censurate e la  carenza  di
una  reciproca  e  intima  connessione  tra  essi  non  consente   di
introdurre validamente un giudizio di legittimita'  costituzionale  e
determina l'inammissibilita' della questione (ex  plurimis,  sentenze
n. 39 del 2014, n. 249 del 2009 e n. 263 del 1994;  ordinanza  n.  81
del 2001); 
    che,   pertanto,   le   questioni   devono   essere    dichiarate
manifestamente inammissibili. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile l'intervento dell'Associazione  Magistrati
Tributari; 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, 13, 15,  29-bis,  31,  32,
33, 34 e  35  del  decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.  545
(Ordinamento degli organi speciali  di  giurisdizione  tributaria  ed
organizzazione degli uffici di  collaborazione  in  attuazione  della
delega al Governo contenuta nell'art.  30  della  legge  30  dicembre
1991,  n.  413);  dell'art.  37  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  30  giugno  1972,  n.  748  (Disciplina  delle   funzioni
dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad  ordinamento
autonomo); dell'art. 72, comma 1, lettera b), del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165 (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro
alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche);   del   decreto
legislativo 25 luglio 2006, n.  240,  recante  «Individuazione  delle
competenze dei magistrati capi e dei dirigenti  amministrativi  degli
uffici giudiziari nonche' decentramento su base regionale  di  talune
competenze del Ministero della giustizia, a norma degli  articoli  1,
comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere s) e t) e 12, della  legge
25 luglio 2005, n. 150»; degli artt. 2, comma 10-ter, e 23-quinquies,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135; dell'art. 1,  comma  404,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2007); dell'art. 15,  comma  8,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43  (Regolamento  di  riorganizzazione
del Ministero dell'economia e delle finanze, a norma dell'articolo 1,
comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n.  296);  dell'art.  6  del
decreto legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413); dell'art. 51  del
codice di procedura civile; dell'art. 15, commi 1 e  3,  del  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 27  febbraio  2013,  n.  67
(Regolamento di organizzazione del Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, a norma degli articoli 2, comma 10-ter, e 23-quinquies,  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), sollevate, con  riferimento  agli
artt. 101, 111 e 117, primo comma, della  Costituzione,  quest'ultimo
in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione  europea  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,  dalla  Commissione
tributaria provinciale di Reggio Emilia, con l'ordinanza indicata  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 settembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA