N. 232 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 dicembre 2015

Ordinanza del 28 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Facon Sas contro GSE  -  Gestore
dei Servizi energetici S.p.a. ed altri. 
 
Energia - Interventi  sulle  tariffe  incentivanti  dell'elettricita'
  prodotta da impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200  KW  -
  Rimodulazione a decorrere  dal  1°  gennaio  2015  -  Modalita'  di
  erogazione. 
- Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni  urgenti  per  il
  settore  agricolo,  la  tutela   ambientale   e   l'efficientamento
  energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio  e
  lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle
  tariffe  elettriche,  nonche'  per  la  definizione  immediata   di
  adempimenti derivanti dalla  normativa  europea),  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, art. 26, commi 2
  e 3. 
(GU n.46 del 16-11-2016 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  14790  del  2014,  proposto  da:  Soc  Facon  Sas,
rappresentato e difeso dagli avv. Maria  Bruschi,  Romina  Zanvettor,
con domicilio eletto presso Roberto Colagrande in Roma, viale  Liegi,
35/B; 
    Contro Gse - Gestore dei Servizi energetici  S.p.a.,  Gse  Spa  -
Gestore dei Servizi energetici; Ministero dello  sviluppo  economico,
Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio  e  del  mare,  Autorita'  per  L'Energia
elettrica   ed   il   gas,   rappresentati   e   difesi   per   legge
dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Nei confronti di Soc. Vrg Wind 840 S.r.l.; 
    Per l'annullamento, previa sospensiva: 
        dei decreti del MISE di data 16 ottobre  2014  e  17  ottobre
2014, rispettivamente riferiti art. 26, comma 2 ed all'art. 26  comma
3  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.   91,   convertito   con
modificazione, nella legge  11  agosto  2014  n.  116,  con  relativi
allegati e tabelle, entrambi pubblicati in Gazzetta Ufficiale n.  248
del 24 ottobre; 
        del  parere  di  data  16  ottobre  2014  dell'Autorita'  per
l'Energia elettrica e il gas n. 504/2014/1/EFR,  al  Ministero  dello
sviluppo economico sullo schema di decreto  recante  criteri  per  la
rimodulazione degli incentivi spettanti per gli impianti fotovoltaici
di potenza nominale superiore ai 200 kW; 
        delle  Tabelle  contenenti  i  valori  dei  coefficienti   di
rimodulazione (1-Xi) da moltiplicare ai previgenti incentivi (I  old)
sulla  base  di  quanto  previsto   dall'Allegato   I   dei   decreto
ministeriale 17 ottobre 2014  nel  caso  di  scelta  dell'opzione  b)
individuata dall'art. 26 comma  3  legge  11  agosto  2014,  n.  116,
pubblicate sul sito web del GSE in data 2 ottobre 2014; 
        delle Istruzioni operative per gli interventi  sulle  tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi  dell'art.
26 della legge n. 116/2014 (c.d.  legge  competitivita'),  pubblicate
sul sito web del GSE in data 3 novembre 2014; 
        nonche'  di  ogni  altro   atto   connesso,   preordinato   e
consequenziale ai precedenti  impugnati  anche  non  conosciuto,  ivi
compreso il decreto-legge 24  giugno  2014,  n.  91  e  la  legge  di
conversione legge 11 agosto 2014 n. 116; 
    Previa disapplicazione: 
        dell'art.  26  della  legge  11  agosto  2014   n.   116   di
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno  2014  n.
91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo,  la  tutela
ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica  e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea (14G00128) (Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 192  del
20 agosto 2014  -  Suppl.  ordinario  n.  724),  per  violazione  dei
principi della direttiva  2009/28/CE  e  dei  principi  generali  del
diritto comunitario di tutela dell'affidamento,  della  certezza  del
diritto, della parita' di trattamento; 
        in subordine,  previa  remissione  Alta  Corte  di  giustizia
dell'Unione  europea  dell'interpretazione  pregiudiziale  ai   sensi
dell'art. 267 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex art.
234 TCE) della conformita'  dell'art.  26  della  suddetta  legge  11
agosto  2014  n.  116   di   conversione   con   modificazioni,   del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 e dei Decreti del MISE di data 16
ottobre 2014 e 17 ottobre 2014 ai principi di diritto  comunitario  e
alle norme della direttiva 2009/28/CE; 
        ovvero,  in  alternativa,  previa   remissione   alla   Corte
costituzionale  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art.  26  della  suddetta  legge  11  agosto  2014  n.  116   di
conversione, con modificazioni del decreto-legge 24 giugno  2014,  n.
91, per violazione degli articoli 2, 3, 24, 25, 41, 42, 77 e 97 della
Costituzione e/o per violazione degli articoli 11, 113 e 117 comma  1
della Costituzione. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  dello
sviluppo economico e di Presidenza del Consiglio dei  ministri  e  di
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e di
Autorita' per l'Energia elettrica ed il gas; 
    Relatore nell'udienza pubblica  del  giorno  25  giugno  2015  la
dott.ssa Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale; 
    I) Rilevato in fatto 
    Con ricorso notificato il 20 novembre 2014  e  depositato  il  27
novembre 2014, la societa' ricorrente dichiarando di essere  titolare
di un impianto fotovoltaico di potenza superiore ai 200 kW ammesso  a
godere delle tariffe incentivanti previste dal decreto ministeriale 6
agosto 2010 in base a specifica convenzione stipulata con il GSE  per
un periodo  di  venti  anni  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in
esercizio,  illustrati  gli  effetti  pregiudizievoli  dell'art.   26
decreto-legge n. 91/2014 (qualificabile come  legge-provvedimento  in
presenza dei presupposti del «numero determinato  di  destinatari»  e
del  «contenuto   particolare   e   concreto»)   e   degli   inerenti
provvedimenti attuativi,  ha  contestato  tale  intervento  normativo
prospettando i seguenti: 
 
                               Motivi 
 
    I. Violazione e  falsa  applicazione  degli  articoli  7  decreto
legislativo n. 387/2003; commi  1  e  2,  14  commi  2  e  4  decreto
ministeriale 6 agosto  2010;  25  comma  11  decreto  legislativo  n.
28/2011, 20 D.M. 5 luglio 2012; 1 decreto-legge n. 145/2013 conv.  in
legge 9/2014 ; 1321 e 1372 cod. civ.; violazione dei diritti quesiti;
violazione  della  garanzia  dell'equa  remunerazione  dei  costi  di
investimento prevista dall'art. 24, comma 2  e  25  comma  1  decreto
legislativo 28/2011; violazione del divieto di retroattivita' di  cui
all'art. 11  preleggi;  eccesso  di  potere  per  irragionevolezza  e
contraddittorieta'; ingiustizia manifesta, disparita' di  trattamento
e discriminazione; eccesso di potere.  Violazione  del  principio  di
leale collaborazione e dell'art. 76 Cost.; violazione del diritto  di
partecipazione al procedimento e del giusto procedimento;  violazione
degli articoli 2, 3 7, 8 e 10 legge 241/90; difetto  di  istruttoria;
carenza di motivazione e di  istruttoria;  sviamento  di  potere  per
contraddittorieta' in atti: 
A) Violazione dei diritti quesiti e divieto di irretroattivita': 
    l'art. 26 avrebbe inciso su rapporti di durata cristallizzati  in
contratti di diritto privato (convenzioni) col GSE, venendo  pertanto
a ledere in modo consistente l'affidamento degli operatori; il vulnus
arrecato  alla  posizione  dei  produttori  sarebbe  aggravato  dalla
diversa scansione temporale delle modalita' erogative (26, comma  2),
non risultando le nuove misure nemmeno compensate dalla possibilita',
prevista dall'art. 26, comma 5, ma  ancora  incerta  (per  l'assenza,
allo stato, dei necessari provvedimenti  attuativi)  di  accedere  ai
finanziamenti bancari; 
B) Violazione dei principi partecipativi e del giusto procedimento: 
    sarebbero  stati  violati  tutti  i  principi  partecipativi,  di
trasparenza, del buon andamento della pubblica amministrazione e  del
giusto procedimento costituzionalmente garantiti dall'art. 97  Cost.,
atteso che anche le leggi-provvedimento dovrebbero  conformarsi  alle
regole di  fondo  dell'azione  amministrativa  (partecipazione  degli
interessati e obbligo di motivazione); 
C)  Violazione  del  principio  di  parita'  di  trattamento   e   di
imparzialita': l'art. 26 sarebbe intervenuto in modo  discriminatorio
nei  confronti  dei  soli  impianti  fotovoltaici,  mentre  l'art.  1
decreto-legge  n.  145/2013,  riferibile  a  tutti  gli  impianti  di
produzione di energia da fonte  rinnovabile,  avrebbe  concesso  agli
interessati una facolta' di scelta del regime cui sottoporsi, in modo
da consentire la salvaguardia degli investimenti in corso; 
    II.   Violazione   dei   principi   comunitari    della    tutela
dell'affidamento e certezza del diritto e della dir.  2009/28/CE:  la
normativa e gli indirizzi europei in  materia  di  fonti  rinnovabili
precluderebbero al legislatore nazionale di  introdurre  disposizioni
peggiorative in materia di energia elettrica rinnovabile e di  regimi
di  sostegno,   le   quali   lederebbero   i   principi   di   tutela
dell'affidamento e di certezza del diritto; l'art.  26  decreto-legge
n. 91/2014 sarebbe in contrasto con tali  canoni,  avendo  introdotto
misure retroattive tali  da  sovvertire  le  condizioni  iniziali  di
investimenti gia' realizzati, e dovrebbe pertanto essere disapplicato
(o, in subordine, rimesso alle valutazioni della Corte  di  giustizia
UE) per contrasto con la dir. 2009/28/CE; sotto altro  profilo,  esso
violerebbe l'art. 16 della Carta di Nizza, sulla liberta' di impresa,
e l'art. 10 della Carta dell'energia; 
    III. Illegittimita' costituzionale per violazione degli  articoli
2, 3, 24, 25, 41,  42,  77,  97  della  Costituzione,  nonche'  degli
articoli 113 e 117 Cost. in relazione ai  principi  comunitari  della
tutela  dell'affidamento  e  certezza  del  diritto  e   della   dir.
2009/28/CE;  irragionevolezza  e  arbitrarieta'  per  violazione  del
principio di affidamento, dell'irretroattivita' delle norme  e  della
tutela della libera  iniziativa  economica,  nonche'  per  violazione
della parita' di trattamento, uguaglianza e imparzialita': 
        l'art. 26, quale «legge-provvedimento», sarebbe  affetto  dai
vizi gia' dedotti con i precedenti motivi, ridondanti in  profili  di
illegittimita'  costituzionale;  in   particolare,   detto   articolo
contrasterebbe:  con   l'art.   3   Cost.,   applicandosi   in   modo
discriminatorio e irragionevole  ai  soli  impianti  fotovoltaici,  a
fronte della facoltativita' delle decurtazioni per gli altri impianti
ai sensi dell'art. 1 decreto-legge 145/13 e  del  favor  riservato  a
quelli riconducibili a scuole e a enti locali; con  il  principio  di
tutela del legittimo  affidamento  ex  articoli  3,  97  e  2  Cost.,
consistendo in un regolamento irrazionale e lesivo  delle  situazioni
sostanziali degli interessati; con l'art. 41 Cost., alla  luce  della
peculiare natura delle leggi di incentivazione  e  dell'insufficienza
degli obiettivi evidenziati dall'art. 26, comma 1,  decreto-legge  n.
91/2014; sotto altro profilo, sarebbero violati anche gli articoli 11
e 117, comma 1, Cost. in relazione alla dir. 2009/28/CE e ai principi
di diritto comunitario nonche',  da  ultimo,  l'art.  77  Cost.,  per
insussistenza dei presupposti di necessita' e urgenza. 
    La ricorrente  ha  pertanto  chiesto  l'annullamento  degli  atti
impugnati e l'accertamento del «diritto [...] al  percepimento  degli
inventivi nella misura indicata nella rispettiva convenzione» (previa
disapplicazione dell'art. 26 o, in subordine,  previa  rimessione  di
detto articolo alla Corte di giustizia o alla Corte costituzionale). 
    Si sono costituite in resistenza le Amministrazioni intimate. 
    All'odierna udienza,  in  vista  della  quale  la  ricorrente  ha
depositato memoria (16 maggio 2015), il giudizio e' stato  trattenuto
in decisione. 
    II) Considerato in diritto 
    Definite con separata sentenza  parziale  le  questioni  in  rito
relative   alla   giurisdizione   del   giudice   amministrativo    e
all'ammissibilita' della domanda di accertamento avanzata dalla parte
ricorrente, osserva il Collegio che la soluzione  della  controversia
richiede la preliminare sottoposizione dell'art. 26 decreto-legge  24
giugno 2014, n. 91, al giudizio della Corte costituzionale. 
    A tale riguardo, possono essere richiamate  (ai  sensi  dell'art.
88, comma 2, lettera d), c.p.a., espressivo del generale principio di
economia dei mezzi giuridici), tra le altre, le ordinanze  24  giugno
2015, nn. 8671 e 8674, 25 giugno 2015, n. 8689, e 3 luglio  2015,  n.
8898, con cui questa Sezione, in analoghe controversie, ha sollevato,
in quanto rilevanti e non manifestamente infondate, alcune  questioni
relative  all'art.  26  cit.,  previa  illustrazione   del   contesto
normativo e degli effetti di detta disposizione. 
    Nel rinviare pertanto all'esposizione, svolta in  tali  pronunce,
dei dati normativi e giurisprudenziali in materia  di  produzione  di
energia  elettrica  da  fonte  solare,  con   specifico   riferimento
all'evoluzione dei cc.dd. conti energia, nella  presente  sede  vanno
ribadite  le  conclusioni  sulla  rilevanza  e  sui  profili  di  non
manifesta  infondatezza  delle  questioni  relative  alle  norme   in
argomento. 
    II.1) L'art. 26 decreto-legge n. 91/2014. 
    L'art.  26  concerne  «interventi  sulle   tariffe   incentivanti
dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici»: 
        «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta
ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore  sostenibilita'
nella politica di  supporto  alle  energie  rinnovabili,  le  tariffe
incentivanti  sull'energia  elettrica  prodotta  da  impianti  solari
fotovoltaici, riconosciute in base all'art. 7 del decreto legislativo
29 dicembre 2003, n. 387,  e  all'art.  25,  comma  10,  del  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate  secondo  le  modalita'
previste dal presente articolo. 
        2. A decorrere dal secondo  semestre  2014,  il  Gestore  dei
servizi energetici S.p.A. eroga le tariffe  incentivanti  di  cui  al
comma 1, con rate mensili costanti, in misura pari al  90  per  cento
della  producibilita'  media  annua  stimata  di  ciascun   impianto,
nell'anno  solare  di  produzione  ed  effettua  il  conguaglio,   in
relazione alla produzione effettiva, entro  il  30  giugno  dell'anno
successivo. Le  modalita'  operative  sono  definite  dal  GSE  entro
quindici giorni dalla pubblicazione del presente decreto e  approvate
con decreto del Ministro dello sviluppo economico. 
        3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la  tariffa  incentivante
per l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a
200 kW e' rimodulata, a scelta  dell'operatore,  sulla  base  di  una
delle seguenti opzioni da comunicare al  GSE  entro  il  30  novembre
2014: 
          a) la tariffa  e'  erogata  per  un  periodo  di  24  anni,
decorrente  dall'entrata  in  esercizio   degli   impianti,   ed   e'
conseguentemente ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione
indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
          b) fermo restando il periodo di erogazione  ventennale,  la
tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; 
          c) fermo restando il periodo di erogazione  ventennale,  la
tariffa  e'  ridotta  di   una   quota   percentuale   dell'incentivo
riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per
la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le  seguenti
quantita': 
1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale  superiore  a
200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale  superiore  a
500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale  superiore  a
900 kW. 
    In assenza  di  comunicazione  da  parte  dell'operatore  il  GSE
applica l'opzione di cui alla lettera c).». 
    I successivi commi riguardano misure di «accompagnamento» - quali
i finanziamenti bancari (comma 5),  l'adeguamento  della  durata  dei
titoli (comma 6, per il solo caso di scelta dell'opzione sub  lettera
a), l'«acquirente selezionato» (commi da  7  a  10,  12  e  13)  -  e
disposizioni varie sull'operazione in questione. 
    Si puo' cosi' notare: 
        che il comma 2 ha introdotto, a far tempo dal 1° luglio 2014,
un sistema di erogazione delle tariffe  incentivanti  imperniato  sul
meccanismo   acconti-conguaglio   (acconto   pari   al   90%    della
«producibilita' media annua stimata di ciascun impianto» nell'anno di
produzione,  da  versare  in  «rate  mensili  costanti»,  e   in   un
«conguaglio» basato sulla «produzione effettiva» da operare entro  il
30 giugno dell'anno successivo a quello di produzione), meccanismo al
quale e' stata data attuazione col decreto  ministeriale  16  ottobre
2014 (pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  n.  248  del  24  ottobre
2014); 
        che il comma 3  attiene  alla  disciplina  sostanziale  della
rimodulazione (operativa dal 1 gennaio 2015), con ambito  applicativo
limitato ai soli «impianti di potenza nominale superiore  a  200  kW»
l'art. 22-bis, comma 1, decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133,
conv., con modif., dalla legge  11  novembre  2014,  n.  164,  ha  in
seguito  operato  un'ulteriore  restrizione,   prevedendo   che   «le
disposizioni di cui ai commi da 3 a 6» dell'art. 26 «non si applicano
agli impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata
in vigore della legge di conversione del decreto-legge 91/2014]  enti
locali o scuole»). 
    Secondo  questa  disposizione,  gli  operatori  avrebbero  dovuto
optare entro il 30 novembre 2014 fra  tre  modalita'  alternative  di
rimodulazione: lettera a): estendere  la  durata  dell'incentivazione
sino a 24  anni,  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in  esercizio
dell'impianto  (con  applicazione  delle  riduzioni  indicate   nella
tabella allegata al decreto-legge n. 91/2014; all.  2);  lettera  b):
ferma la durata dell'incentivazione (20 anni),  suddividerla  in  due
«periodi»: «un primo periodo di fruizione  di  un  incentivo  ridotto
rispetto all'attuale» e  «un  secondo  periodo  di  fruizione  di  un
incentivo incrementato in ugual misura» (a tale previsione  e'  stata
data attuazione con il decreto ministeriale 17 ottobre  2014  (pubbl.
nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24.10.2014); lettera c): ferma la
durata  dell'incentivazione  (20  anni),  applicare   una   riduzione
«dell'incentivo riconosciuto alla  data  di  entrata  in  vigore  del
presente  decreto,   per   la   durata   residua   del   periodo   di
incentivazione», secondo percentuali determinate  in  relazione  alla
potenza (6% per gli impianti con potenza nominale maggiore di  200  e
inferiore a 500 kW; 7% per quelli  con  potenza  superiore  a  500  e
inferiore a 900 kW; 8% per gli impianti con potenza superiore  a  900
kW). 
    La legge ha poi stabilito che in caso di mancato esercizio  della
scelta venisse applicata la riduzione «secca» (terza opzione). 
    Le previsioni dell'art. 26, comma  3,  incidono  sugli  incentivi
percepiti dai titolari degli  impianti  fotovoltaici  aventi  potenza
superiore a 200 kW in base alle convenzioni stipulate con il  GSE  in
attuazione dei vari conti energia: a parte la riduzione  secca  delle
tariffe di cui alla lettera c), avente chiaro  impatto  negativo,  la
lettera a)  opera  un'estensione  della  durata  dell'incentivazione,
portata a 24 anni, con proporzionale riduzione  delle  quote  annuali
(l'allungamento  del  periodo,  oltre  a  comportare  una   differita
percezione degli incentivi, di per se' pregiudizievole, non puo'  non
incidere sui parametri iniziali dell'investimento,  impattando  anche
sui  costi   dei   fattori   produttivi   (durata   degli   eventuali
finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la  disponibilita'
delle aree, assicurazioni, ecc.), mentre la lettera b) determina  una
riduzione  degli  importi  per  il  quadriennio  2015-2019  (tale  da
generare un risparmio di «almeno 600 milioni» di euro  per  l'ipotesi
di adesione di tutti gli interessati all'opzione) e un incremento nel
periodo  successivo  (secondo  l'algoritmo   definito   col   decreto
ministeriale 17 ottobre 2014), senza che  pero'  sia  considerato  il
fisiologico invecchiamento degli impianti, assoggettati nel corso del
tempo a una diminuzione di produttivita'. 
    II.2) Rilevanza e non manifesta infondatezza. 
    Si riportano  di  seguito  i  passi  di  interesse  dell'ord.  n.
8898/2015 cit. (parr. 4 ss.). 
    «4. Rilevanza. 
    In ordine alla rilevanza, l'art.  26  decreto-legge  n.  91/2014,
della cui legittimita' si dubita, e' parametro normativo  necessario,
stante il tenore dei motivi di ricorso,  ai  fini  della  valutazione
della fondatezza delle domande  di  annullamento  e  di  accertamento
proposte dalla  parte  ricorrente,  alla  luce  della  (incontestata)
titolarita' di impianti di produzione di energia di potenza superiore
a 200 kW che usufruiscono degli incentivi previsti dagli  articoli  7
decreto legislativo n. 387/2003 e 25 decreto legislativo n.  28/2011,
oggetto di convenzioni stipulate con il GSE. 
    Precisato che i motivi di illegittimita' avanzati in via autonoma
sono  logicamente  subordinati  rispetto  a  quelli  poggianti  sugli
aspetti di dedotta incostituzionalita' dell'art. 26, i  quali  devono
essere percio' affrontati in via prioritaria, ritiene il Collegio che
la relativa questione  sia  rilevante  in  relazione  a  entrambe  le
domande,  atteso  che  gli  atti   impugnati   sono   stati   emanati
dall'autorita' amministrativa in dichiarata attuazione dell'art.  26,
commi 2 e 3, decreto-legge n. 91/2014 (tali commi sono  le  norme  di
provvista dei dd.mm. 16 ottobre 2014 e 17 ottobre 2014) e che con  la
domanda di accertamento [la cui ammissibilita' e' stata  riconosciuta
nella menzionata sentenza parziale] la parte  ricorrente  chiede,  in
sostanza, di affermare il proprio diritto di mantenere  invariate  le
condizioni contrattualmente pattuite col Gestore. [...]». 
    Sempre in relazione alla rilevanza, il Tribunale osserva  che  le
norme in esame, per il loro contenuto univoco,  non  si  prestano  in
alcun  modo  a  una  interpretazione  costituzionalmente   orientata,
imponendo la rimessione della questione alla Corte costituzionale  in
relazione agli aspetti di seguito evidenziati. 
    «5. Profili di non manifesta infondatezza. 
    5.1. Violazione degli articoli 3 e  41  Cost.:  irragionevolezza,
sproporzione e violazione del principio del legittimo affidamento. 
    Il comma 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 presenta profili
di irragionevolezza e risulta di possibile incompatibilita'  con  gli
articoli 3 e  41  Cost.,  poiche'  incide  ingiustificatamente  sulle
posizioni  di  vantaggio  consolidate,  riconosciute  da  negozi  «di
diritto privato», e sul  legittimo  affidamento  dei  fruitori  degli
incentivi. 
    5.1.1. La questione rientra nel tema  dei  limiti  costituzionali
alle leggi di modificazione dei rapporti  di  durata  (e  della  c.d.
retroattivita' impropria,  quale  attributo  delle  disposizioni  che
introducono  «per  il  futuro  una  modificazione  peggiorativa   del
rapporto di durata», con riflessi negativi «sulla posizione giuridica
gia' acquisita dall'interessato»; Corte  costituzionale  sentenza  n.
236/2009). 
    La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato  come  nella
propria  giurisprudenza  sia  ormai  «consolidato  il  principio  del
legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,  che  costituisce
elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo'  essere  leso
da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in   regolamento
irrazionale di situazioni sostanziali  fondate  su  leggi  anteriori»
(sent. n. 236/2009 cit. e giurispr. ivi richiamata). 
    Piu' precisamente, il Giudice delle leggi ha precisato  che  «nel
nostro  sistema  costituzionale  non   e'   affatto   interdetto   al
legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare  in
senso sfavorevole per i beneficiari la  disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive,
il limite imposto in materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,
della  Costituzione).  Unica  condizione  essenziale  e'   che   tali
disposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sent.
n. 64/2014, che cita testualmente la sentenza  n.  264  del  2005,  e
richiama, in senso conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del 2009). 
    E ha in proposito richiamato «la giurisprudenza  della  Corte  di
giustizia dell'Unione europea, che ha sottolineato che una  mutazione
dei rapporti di durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli
stessi in modo  «improvviso  e  imprevedibile»  senza  che  lo  scopo
perseguito dal legislatore  imponga  l'intervento  (sentenza  del  29
aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02)» (cosi' sentenza n.  64/2014
cit.).[...]. 
    Piu' in  generale,  sul  tema  dell'efficacia  retroattiva  delle
leggi,  la  Corte  ha  piu'  volte  affermato  che  il   divieto   di
retroattivita' delle leggi  non  riceve  nell'ordinamento  la  tutela
privilegiata di cui all'art. 25 Cost.,  ben  potendo  il  legislatore
emanare norme retroattive «purche' la retroattivita'  trovi  adeguata
giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di
rilievo  costituzionale,  che   costituiscono   altrettanti   «motivi
imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU)» e con una
serie di limiti generali, «attinenti alla salvaguardia, oltre che dei
principi costituzionali, di altri  fondamentali  valori  di  civilta'
giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello  stesso
ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto  del  principio
generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario» (sentt. 160/2013 e 209/2010). 
    Tali conclusioni non si discostano  (e  anzi  sembrano  permeate)
dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia
UE sull'operativita' del principio di legittimo affidamento  (cui  e'
sotteso quello della certezza del diritto)  nel  campo  dei  rapporti
economici, in relazione al  quale  e'  stato  elaborato  il  criterio
dell'operatore economico «prudente e accorto»  (o  dell'«applicazione
prevedibile»): la possibilita' di far valere la tutela del  legittimo
affidamento e' bensi' «prevista  per  ogni  operatore  economico  nel
quale   un'autorita'   nazionale   abbia   fatto   sorgere    fondate
aspettative», ma non «qualora  un  operatore  economico  prudente  ed
accorto sia in grado di  prevedere  l'adozione  di  un  provvedimento
idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui  il  provvedimento
venga adottato); in tale prospettiva, «gli  operatori  economici  non
possono fare legittimamente affidamento sulla  conservazione  di  una
situazione esistente  che  puo'  essere  modificata  nell'ambito  del
potere discrezionale delle autorita' nazionali» (cfr. punto 53  della
menzionata sentenza C. giust. 10 settembre 2009, in  causa  C-201/08,
Plantanol). 
    Per completezza, si puo' sottolineare come nel campo dei rapporti
tra  privati  e  pubblica  amministrazione  lo   stesso   legislatore
nazionale abbia conferito valenza pregnante all'affidamento. 
    Si considerino le rilevanti innovazioni apportate alla  legge  n.
241/90 dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133  (conv.  in  legge
con modif., dalla legge 11 novembre 2014, n.  164),  recante  «Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive». 
    Con l'art. 25, comma 1, lettera b-ter),  di  detto  decreto-legge
(lettera aggiunta  dalla  legge  di  conversione)  e'  stato  infatti
modificato l'art. 21-quinquies, comma 1, legge n. 241/90 cit.,  sulla
«revoca del provvedimento», nel duplice senso: a) di circoscrivere il
presupposto del «mutamento della situazione di  fatto»,  che  per  la
nuova  disposizione  deve  essere   «non   prevedibile   al   momento
dell'adozione del provvedimento»; b) di precludere,  nell'ipotesi  di
«nuova valutazione dell'interesse pubblico originario», la revoca dei
provvedimenti  «autorizzazione  o   di   attribuzione   di   vantaggi
economici» (a efficacia durevole). 
    Cio'  che  costituisce  un  ulteriore   e   significativo   passo
nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio
di sicurezza giuridica. 
    5.1.2. Tanto  premesso,  ritiene  il  Collegio  che  in  capo  ai
soggetti titolari di impianti fotovoltaici, fruitori  delle  relative
incentivazioni pubbliche in forza di «contratto di  diritto  privato»
(ex art. 24 decreto legislativo n. 28/2011) o convenzione (avente  la
medesima natura [...]) stipulati col GSE, sussista una  posizione  di
legittimo affidamento nei sensi innanzi precisati,  non  essendo  mai
emersi nel corso  del  tempo  elementi  alla  stregua  dei  quali  un
operatore "prudente e accorto" avrebbe potuto prevedere  (al  momento
di chiedere gli incentivi, di decidere se far entrare in esercizio il
proprio impianto e  di  stipulare  con  il  Gestore  il  negozio  che
disciplina l'erogazione degli incentivi) l'adozione  da  parte  delle
autorita' pubbliche di  misure  lesive  del  diritto  agli  incentivi
stessi. 
    La ratio dell'intervento  pubblico  nel  settore  e'  chiaramente
desumibile dalla rassegna normativa innanzi  riportata  [scil.  nelle
ordinanze  richiamate  in  apertura  del  punto  II]:  attraverso  il
meccanismo dei conti energia il legislatore  nazionale,  in  adesione
alle indicazioni di matrice  europea,  ha  consentito  la  nascita  e
favorito lo sviluppo di un settore di  attivita'  economica  ritenuto
particolarmente importante e, quel che piu' rileva, lo ha  presentato
sin  dalla  sua  genesi  con  caratteristiche  di  «stabilita'»   con
specifico riferimento (non gia' all'accesso agli incentivi, ma)  alla
circostanza che gli stessi, una volta riconosciuti, sarebbero rimasti
invariati per l'intera durata del rapporto. 
    Cio' si desume anzitutto dal contesto  internazionale  di  favore
per la produzione di energia da  fonti  rinnovabili,  tale  da  avere
determinato a  livello  europeo  l'introduzione  di  obiettivi  prima
soltanto indicativi (dir. 2011/77) e poi divenuti  obbligatori  (dir.
2009/28) e l'individuazione  di  specifici  regimi  di  sostegno  per
ovviare all'assenza di iniziativa da parte del mercato. 
    In secondo luogo, il legislatore nazionale ha mostrato una  piena
e  convinta  adesione  agli  indirizzi  sovranazionali  di   politica
energetica  e  in  particolare  all'obiettivo  di  promozione   della
produzione energetica da fonti rinnovabili. 
    Sin dal decreto  legislativo  n.  387/03,  e  nonostante  la  non
obbligatorieta' dell'obiettivo  nazionale,  e'  stato  introdotto  un
regime di sostegno con incentivi che avrebbero dovuto,  tra  l'altro,
«garantire una equa remunerazione dei  costi  di  investimento  e  di
esercizio» (art. 7, comma 2, lettera d), tanto che i primi tre  conti
energia hanno chiaramente  enucleato  l'immutabilita'  per  vent'anni
dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. 
    All'indomani  della  determinante  connotazione  degli  obiettivi
nazionali in termini di vincolativita',  il  decreto  legislativo  n.
28/2011 ha amplificato la percezione di «stabilita'», individuando: 
        a) all'art. 23, tra i  «principi  generali»  dei  «regimi  di
sostegno applicati all'energia prodotta  da  fonti  rinnovabili»:  la
predisposizione  di  criteri  e  strumenti  che  promuovessero,   tra
l'altro, «la stabilita' nel  tempo  dei  sistemi  di  incentivazione»
(comma  1);  «la  gradualita'  di  intervento  a  salvaguardia  degli
investimenti effettuati [...]» (comma 2); 
        b) all'art. 24, tra  gli  specifici  «criteri  generali»  dei
meccanismi di incentivazione, quelli indicati al comma 2, lettere b),
c) e  d),  secondo  cui,  rispettivamente,  «il  periodo  di  diritto
all'incentivo e' pari  alla  vita  media  utile  convenzionale  delle
specifiche tipologie di impianto» (il principio si collega  a  quello
dell'«equa remunerazione dei costi di investimento e  di  esercizio»,
confermato dalla precedente lettera a), «l'incentivo  resta  costante
per tutto il periodo di diritto»  e  «gli  incentivi  sono  assegnati
tramite contratti di  diritto  privato  fra  il  GSE  e  il  soggetto
responsabile dell'impianto»; 
        c) all'art.  25,  comma  11,  la  clausola  di  salvezza  dei
«diritti acquisiti». 
    Ed  e'  significativo  che  il  legislatore   delegato   utilizzi
ripetutamente i termini «diritto» (all'incentivo) o «diritti». 
    In terzo luogo, il decreto-legge n. 145/2013 ha rafforzato questo
convincimento,   essendo   stato   adottato   successivamente    alla
conclusione del sistema dei conti energia e dunque in un contesto nel
quale il  novero  dei  destinatari  delle  incentivazioni  era  ormai
definito (o in via di definizione). 
    Tale provvedimento, pur muovendo  dalla  ritenuta  «straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare  misure»  (tra  le  altre)  «per  il
contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali
di progresso e opportunita' di arricchimento economico,  culturale  e
civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della  competitivita'  delle
imprese» (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine  di  «contenere
l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche  degli  incentivi
alle energie rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel
medio-lungo  termine  dagli  esistenti   impianti»,   ha,   tuttavia,
introdotto   meccanismi   di   tipo   facoltativo   e   dunque    non
pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. 
    In questa prospettiva, sia gli interventi divisati  ex  ante,  in
corso di vigenza  dei  conti  energia,  dal  decreto  legislativo  n.
28/2011,  quali  l'anticipata  cessazione  del  III°   conto   e   la
connotazione di immanente temporaneita' dei due conti successivi  (la
cui operativita'  e'  stata  collegata  [...]  al  raggiungimento  di
specifici  obiettivi  indicati  negli  inerenti  provvedimenti),  sia
quelli previsti dal decreto-legge n. 145/2013 ex post, ossia dopo  la
chiusura  del  regime  di  sostegno,  dimostrano   come   lo   stesso
legislatore abbia comunque preservato il «sinallagma» tra incentivi e
iniziative imprenditoriali in corso. 
    E infatti, l'incontestato «boom del  fotovoltaico»  sotteso  alle
inerenti  determinazioni  delle  autorita'  pubbliche,   puntualmente
elevato dall'art. 23, comma  2,  decreto  legislativo  n.  28/2011  a
parametro di esercizio della  discrezionalita'  nella  parte  in  cui
individua la finalita' di «tener conto dei meccanismi del  mercato  e
dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili»,  e'  stato
affrontato con misure operanti  pro  futuro,  perche'  applicabili  a
impianti non  ancora  entrati  in  esercizio  (come  attestato  dalle
riferite  [nelle  ridette  ordinanze  cui  si  fa   rinvio]   vicende
giudiziali relative al passaggio dal III° al IV° conto), mentre  sono
state accuratamente evitate scelte aventi  efficacia  pro  praeterito
tempore. 
    In altri termini, anche l'anticipata cessazione del  III°  conto,
ancorche'  abbia  prodotto  effetti  negativi  nei  confronti   degli
investitori  che  avessero  intrapreso  attivita'  preliminari   allo
svolgimento della  propria  iniziativa,  non  ha  tuttavia  messo  in
discussione il «patto» stipulato con gli interessati,  consentendo  a
ciascun  operatore  non  ancora  «contrattualizzato»   di   ponderare
consapevolmente e adeguatamente il  merito  economico  della  propria
iniziativa e di assumere le conseguenti determinazioni. 
    E' pertanto possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art.  26,
comma 3, in esame al  «diritto  all'incentivo»  e  al  principio  del
legittimo affidamento, stante  l'imprevedibilita',  da  parte  di  un
soggetto «prudente e accorto», titolare di un incentivo ventennale  a
seguito dell'adesione a uno dei conti energia, delle modificazioni in
pejus del rapporto. 
    5.1.3. Le precedenti considerazioni  non  paiono  superate  dagli
elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art.
26 abbia dato  vita  a  un  «regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate su leggi anteriori»  (quale  aspetto  sintomatico
dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della
ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. 
    L'art. 23 decreto-legge n. 91/2014,  rubricato  «Riduzione  delle
bollette elettriche a favore dei clienti forniti  in  media  e  bassa
tensione», prevede quanto segue: 
        «1. Al fine di pervenire a una piu' equa distribuzione  degli
oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici,  i
minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da  24  a  30  del
presente  decreto-legge,  laddove  abbiano  effetti   su   specifiche
componenti tariffarie, sono destinati alla  riduzione  delle  tariffe
elettriche dei clienti di energia elettrica in media  tensione  e  di
quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW,
diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 
        2. Alla  stessa  finalita'  sono  destinati  i  minori  oneri
tariffari conseguenti dall'attuazione dell'art. 1, commi da  3  a  5,
del  decreto-legge  23  dicembre  2013  n.   145,   convertito,   con
modificazioni, in legge 21 febbraio 2014 n. 9. 
        3. Entro 60 giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della
legge di conversione  del  presente  decreto-legge,  l'Autorita'  per
l'energia  elettrica,  il  gas  e  il   sistema   idrico   adotta   i
provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione dei commi  1  e  2,
garantendo  che  i  medesimi  benefici  siano   ripartiti   in   modo
proporzionale tra i soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i
benefici previsti agli stessi commi 1 e  2  non  siano  cumulabili  a
regime con le agevolazioni in materia di oneri generali  di  sistema,
di  cui  all'art.  39  del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.  83,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.». 
    Ora, non sono certo contestabili gli scopi complessivi  avuti  di
mira  dal  legislatore,  che  intende  «pervenire  a  una  piu'  equa
distribuzione degli oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di
consumatori elettrici», distribuendo tra costoro «i minori oneri  per
l'utenza» derivanti, tra le altre, dalle misure dell'art.  26  e,  in
ultima analisi, alleggerendo i costi  dell'energia  elettrica  per  i
«clienti [...] in media  tensione  e  [...]  in  bassa  tensione  con
potenza  disponibile  superiore  a  16,5  kW,  diversi  dai   clienti
residenziali e dall'illuminazione pubblica». 
    Sennonche', tale obiettivo -  oltre  a  non  sembrare  del  tutto
consonante con la finalita'  specificamente  declinata  dal  comma  1
dell'art. 26, nel senso  di  «favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di supporto alle energie rinnovabili», non  risultando
in particolare chiaro il nesso tra la «migliore sostenibilita'  nella
politica di supporto  alle  energie  rinnovabili»  e  la  «piu'  equa
distribuzione degli oneri tariffari» tra gli utenti -  e'  perseguito
attraverso una «leva» che appare irragionevole e sproporzionata. 
    Il reperimento delle necessarie risorse  finanziarie  e'  infatti
attuato attraverso una modificazione unilaterale e  autoritativa  dei
rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se'  la  proporzionalita'
rispetto all'obiettivo avuto di mira, tenuto conto del rango e  della
natura  degli  scopi  del  regime  di  sostegno  (basti   por   mente
all'evocazione, da parte della dir. 2001/77, delle norme del Trattato
sull'Unione europea sulla tutela dell'ambiente), e che  comunque  non
appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e
ss.), con ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    Quanto ai  «finanziamenti  bancari»  (comma  5),  e'  sufficiente
rilevare - in disparte gli aspetti  collegati  all'onerosita'  per  i
beneficiari dei meccanismi  ipotizzati  e  ai  costi  di  transazione
comunque derivanti dall'impalcatura giuridico-finanziaria  dei  nuovi
contratti - che la garanzia dello Stato non  copre  l'intero  importo
dell'eventuale operazione finanziaria  (sino  all'80%  dell'ammontare
dell'«esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della  banca»
o della «somma liquidata da CDP alla banca garantita») e che comunque
si tratta di «finanziamenti» non automatici (residuando uno spazio di
apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono  a
es. essere soggetti «economicamente e finanziariamente sani», e circa
il «merito di credito»; cfr. articoli 1 e 2 decreto  ministeriale  29
dicembre 2014). 
    Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della  durata  dei
titoli  autorizzatori  (comma  6),  che  costituisce  piuttosto   una
conseguenza necessitata - peraltro,  non  priva,  in  se',  di  costi
aggiuntivi - della protrazione del periodo di incentivazione oltre  i
venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma 3, lettera
a). 
    Quanto  all'«acquirente  selezionato»  (commi  da  7  a  12),  va
osservato come lo stesso legislatore  sia  consapevole  della  natura
solo eventuale della misura, tenuto conto dell'art. 26, comma 13, che
ne subordina  l'efficacia  «alla  verifica  da  parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    Verifica tanto piu' stringente alla luce del relativo  ambito  di
applicazione, non riservato ai soli produttori da  fonte  solare,  ma
esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia
da fonti rinnovabili. 
    In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente
il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni  attuative  (si
pensi, a es., al comma 9, lettera d, [...]), anche qui  e'  posto  un
limite quantitativo agli incentivi cedibili (80%), mentre non  paiono
disciplinate   le   conseguenze   sui   rapporti   di   finanziamento
eventualmente accesi dai produttori di energia (i  quali,  attraverso
la cessione, intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). 
    La possibilita' di  un  recesso  anticipato  del  produttore  dal
contratto di finanziamento sembra in effetti presa in  considerazione
dal comma 11, che reca pero' un impegno per il Governo  assolutamente
generico («assumere ogni iniziativa utile  a  dare  piena  esecuzione
alle disposizioni del presente articolo,  inclusi  eventuali  accordi
con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale
dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati»). 
    5.1.4.  In  considerazione  di  quanto  detto,  e  all'esito  del
bilanciamento tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione
dei diritti dei fruitori  delle  agevolazioni,  emerge  la  possibile
irragionevolezza e la possibile assenza di proporzionalita', ai sensi
dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26, comma  3,  decreto-legge
n. 91/2014 (come  convertito  dalla  legge  n.  116/2014),  apparendo
altresi' violato anche l'art. 41 Cost., alla luce  dell'irragionevole
effetto della frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la
modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti in essere  come
contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. 
    Cio' in quanto, e riassuntivamente: il  sistema  degli  incentivi
perde la sua stabilita' nel tempo nonostante lo stesso sia stato gia'
individuato e  predeterminato  in  una  convenzione  o  contratto  di
diritto privato; gli investimenti effettuati non sono  salvaguardati;
viene meno l'equa remunerazione  degli  investimenti  effettuati;  il
periodo di tempo per la percezione  dell'incentivo,  invariato  nella
misura complessiva, viene  prolungato  indipendentemente  dalla  vita
media convenzionale degli impianti (lett. a); l'incentivo non e' piu'
costante per tutto il periodo di diritto, ma si  riduce  in  assoluto
per tutto il  periodo  residuo  (lett.  c)  o  varia  in  diminuzione
nell'ambito del ventennio  originario  di  durata  della  convenzione
(lett. a) o per cinque anni (lett. b). 
    5.2. Violazione degli articoli  11  e  117,  comma  1,  Cost.  in
relazione all'art. 1, Protocollo addizionale n.  1  alla  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali e all'art. 6, par. 3, Trattato UE. 
    Il comma 3 dell'art. 26  decreto-legge  n.  91/2014  si  pone  in
rapporto di possibile incompatibilita' anche con gli  articoli  11  e
117, comma 1, Cost. in relazione, quali norme interposte, all'art. 1,
Protocollo addizionale n. 1, alla Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (di  cui  e'  stata
autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con  legge  4  agosto
1955, n. 848) e all'art. 6, par. 3, Trattato UE,  che  introduce  nel
diritto  dell'Unione  «in  quanto  principi  generali»,  i   «diritti
fondamentali» garantiti dall'anzidetta Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo detto art. 1 - che  afferma  il  principio  di  «protezione
della proprieta'», ammettendo al  contempo  l'adozione  delle  misure
legislative «ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei  beni  in
modo conforme all'interesse generale» - conferisce  protezione  anche
ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; si veda, tra  le
altre, Maurice comma Francia [GC], del 6 ottobre 2005,  n.  11810/03,
parr. 63 e ss.), reputando ammissibili le «interferenze»  (ingerenze)
da parte  della  pubblica  autorita'  in  presenza  di  un  interesse
generale (cfr. Arras e altri comma Italia, n. 17972/07,  14  febbraio
2012 e 14 maggio 2012, final, parr. 77-79). 
    In questa prospettiva, l'ingerenza costituita  dalla  sottrazione
di parte dei crediti spettanti ai  produttori  di  energia  in  forza
delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed  e'
in contrasto con il principio  di  proporzionalita',  non  risultando
l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato  dalla  finalita'  di
diminuire le tariffe elettriche in  favore  di  alcune  categorie  di
consumatori. 
    5.3. Ulteriore violazione degli articoli 3 e 41 Cost.: disparita'
di  trattamento  ed   ulteriori   profili   di   irragionevolezza   e
sproporzione. 
    E'  dubbia  la   costituzionalita'   dell'art.   26,   comma   3,
decreto-legge n. 91/2014, rispetto all'art.  3  Cost.,  eventualmente
anche in relazione all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede  che
la rimodulazione si  applichi  soltanto  agli  «impianti  di  potenza
nominale superiore a 200 kW» (recte: ai soggetti fruitori di  tariffe
incentivanti per l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 
    5.3.1.  Tale  restrizione  del  campo  applicativo  comporta   la
creazione, nell'insieme  dei  titolari  degli  impianti  fotovoltaici
incentivati, di due sottoinsiemi di imprese  distinte  in  base  alla
«potenza nominale» (dell'impianto), destinatarie  di  un  trattamento
differenziato. 
    A dire della parte pubblica le ragioni di tale  scelta  sarebbero
da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i  soggetti  incisi
dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale  (4%)  del
totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari alla maggior
parte della spesa totale per l'incentivazione. 
    In disparte l'esattezza del dato numerico, questa  considerazione
non integra, tuttavia, un profilo idoneo a sorreggere  la  contestata
differenziazione di  trattamento  e,  in  particolare,  la  deteriore
disciplina riservata a  quelli  di  maggiori  dimensioni,  occorrendo
tener  conto  delle  modalita'   di   funzionamento   delle   tariffe
incentivanti. 
    La relativa entita' dipende infatti dalla  quantita'  di  energia
prodotta, sicche' e'  evenienza  del  tutto  normale,  e  insita  nel
sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita'  produttiva,
fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di
benefici piu' che proporzionale rispetto al relativo numero. 
    In altri termini, nel regime  di  sostegno  delineato  dai  conti
energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero
dei produttori, con la  conseguenza  che  misure  dirette  a  colpire
soltanto alcuni di  costoro  sortiscono  l'effetto  di  differenziare
posizioni giuridiche omogenee. 
    Le precedenti considerazioni dimostrano al  contempo  l'ulteriore
irragionevolezza delle misure in argomento, foriere di un trattamento
peggiorativo per alcuni  produttori  in  assenza  di  adeguata  causa
giustificativa, non risultando percepibili le  ragioni  di  interesse
pubblico poste a base della distinzione. 
    La  sussistenza  dei  vizi  innanzi  indicati   pare   avvalorata
dall'ulteriore  esonero   disposto   dall'art.   22-bis,   comma   1,
decreto-legge n. 133/14 cit. in favore degli impianti i cui  soggetti
responsabili erano, alla data di entrata in  vigore  della  legge  di
conversione del decreto-legge 91/2014, «enti  locali  o  scuole»:  la
norma opera infatti un distinguo fondato sulla peculiare qualita' dei
percettori dei benefici, indipendentemente dalla quantita' di energia
prodotta. 
    5.3.2. Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento
degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica   da   fonti
rinnovabili diverse dal solare. 
    Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in  considerazione
anche tali soggetti nella parte relativa all'«acquirente selezionato»
(commi 7 e ss.). 
    Sennonche',  non  si  comprendono  le   ragioni   del   deteriore
trattamento dei  produttori  da  fonte  solare  rispetto  agli  altri
percettori di incentivi, parimenti finanziati dagli utenti attraverso
i cc.dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento  delle
componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 
    5.3.3. La creazione di categorie differenziate determina anche un
vulnus alla concorrenza e una lesione della  liberta'  di  iniziativa
economica ex art.  41  Cost.  dei  produttori  di  energia  elettrica
destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un  contesto
economico connotato dal sostegno  pubblico,  vedono  pregiudicata  la
possibilita' di operare sul mercato a parita' di condizioni  con  gli
altri produttori da fonte solare e, piu',  in  generale,  di  energia
rinnovabile. 
    Sotto questo profilo risultano pertanto lesi gli articoli 3 e  41
Cost. 
    5.4. Violazione dell'art. 77 Cost. 
    Secondo  la  Corte  costituzionale  «la   preesistenza   di   una
situazione  di  fatto  comportante  la  necessita'  e  l'urgenza   di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
dell'adozione di tale atto, la cui mancanza  configura  un  vizio  di
legittimita' costituzionale del medesimo, che  non  e'  sanato  dalla
legge di conversione» (sent. n. 93 del 2011). 
    Essa precisa anche che il relativo sindacato «va  [...]  limitato
ai casi di  «evidente  mancanza»  dei  presupposti  di  straordinaria
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma,  Cost.  o
di  «manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'   della   relativa
valutazione»" (v., tra le altre, sentenza n. 10/2015). 
    Ai  fini  della  relativa  indagine  la  Corte  ha  rimarcato  la
centralita' dell'elemento  dell'«evidente  estraneita'»  della  norma
censurata rispetto alla materia disciplinata  da  altre  disposizioni
del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita,  dovendo   risultare   una
«intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sent. n.  22/2012
nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). 
    Cio' in quanto «l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto  o
alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico  tra  la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  «i
provvedimenti provvisori con forza di  legge»"  di  cui  all'art.  77
Cost., con l'ulteriore precisazione che «il  presupposto  del  «caso»
straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e  soltanto  al
provvedimento inteso come un tutto unitario, atto  normativo  fornito
di intrinseca coerenza, anche se articolato e  differenziato  al  suo
interno" e ponendosi "la scomposizione atomistica della condizione di
validita' prescritta dalla Costituzione [...]  in  contrasto  con  il
necessario legame tra il  provvedimento  legislativo  urgente  ed  il
«caso» che lo ha reso necessario, trasformando  il  decreto-legge  in
una  congerie  di  norme  assemblate  soltanto  da  mera   casualita'
temporale». 
    In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art.  15,
comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che «pur non avendo, in se'  e
per se', rango costituzionale,  e  non  potendo  quindi  assurgere  a
parametro di legittimita' in un  giudizio  davanti  a  questa  Corte,
costituisce esplicitazione della ratio implicita  nel  secondo  comma
dell'art. 77 Cost.,  il  quale  impone  il  collegamento  dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza,  che  ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la  funzione  legislativa  senza  previa  delegazione  da  parte  del
Parlamento» (sent. n. 22/2012 cit., in cui e' preso in esame anche il
preambolo dell'atto sottoposto a scrutinio). 
    Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1, legge n. 400/88
cit.  i  decreti-legge  sono   presentati   per   l'emanazione   «con
l'indicazione, nel  preambolo,  delle  circostanze  straordinarie  di
necessita' e di urgenza che ne giustificano  l'adozione»,  mentre  il
comma 3 sancisce che «i decreti devono contenere misure di  immediata
applicazione e il loro contenuto deve essere  specifico,  omogeneo  e
corrispondente al titolo», il dubbio di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 insorge  con  riferimento  alla
circostanza che, pur rinvenendosi nel  titolo  del  decreto-legge  n.
91/2014 il riferimento al «rilancio e [al]lo sviluppo delle  imprese»
e al «contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche»,  nel
preambolo del provvedimento non si rinviene  tuttavia  esplicitazione
di tali punti. 
    Risulta infatti presa in considerazione unicamente (con  riguardo
alla materia in esame) «la  straordinaria  necessita'  e  urgenza  di
adottare disposizioni volte a superare alcune criticita'  ambientali,
alla  immediata  mitigazione  del  rischio   idrogeologico   e   alla
salvaguardia  degli  ecosistemi,  intervenendo  con   semplificazioni
procedurali, promuovendo  interventi  di  incremento  dell'efficienza
energetica negli usi  finali  dell'energia  nel  settore  pubblico  e
razionalizzando le procedure in materia di impatto  ambientale»  (gli
altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria  necessita'
e urgenza di  adottare  «disposizioni  finalizzate  a  coordinare  il
sistema   dei   controlli   e   a   semplificare    i    procedimenti
amministrativi»,  di   «prevedere   disposizioni   finalizzate   alla
sicurezza alimentare dei cittadini», di  adottare  «disposizioni  per
rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante  dell'economia
nazionale, e  la  competitivita'  del  medesimo  settore  [...]»;  di
adottare  «disposizioni  per  semplificare  i  procedimenti  per   la
bonifica e la messa in  sicurezza  dei  siti  contaminati  e  per  il
sistema di  tracciabilita'  dei  rifiuti,  per  superare  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in
materia   ambientale,   dall'appartenenza   dell'Italia    all'Unione
europea»); 
    Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I «misure per
la crescita economica») e in 3 capi  («disposizioni  urgenti  per  il
rilancio del settore agricolo»; «disposizioni urgenti per l'efficacia
dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione  di
procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi
derivanti  dall'appartenenza   all'Unione   europea»;   «disposizioni
urgenti per le imprese»). 
    L'art. 26 e' contenuto nel capo III, «disposizioni urgenti per le
imprese», insieme a una serie di articoli  omogenei  (da  23  a  30),
effettivamente attinenti al tema della «piu' equa distribuzione degli
oneri tariffari fra le diverse categorie  di  consumatori  elettrici»
(cosi' l'art. 23 cit., che individua gli articoli da 24  a  30  quali
generatori di «minori oneri per l'utenza»),  ma  in  un  contesto  di
norme del tutto eterogenee (cfr. articoli 18 ss). 
    Appare  dunque  carente  l'elemento  finalistico,  non  sembrando
ravvisabile  «l'intento  di  fronteggiare  situazioni   straordinarie
complesse  e  variegate,  che  richiedono  interventi  oggettivamente
eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie  diverse,  ma  indirizzati
all'unico  scopo  di   approntare   rimedi   urgenti   a   situazioni
straordinarie venutesi a determinare». 
    Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono  «di
immediata applicazione», come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n.
400/88,  essendo  sufficiente   considerare   le   menzionate   norme
sull'«acquirente  selezionato»  e  sul  recesso  dai   contratti   di
finanziamento (commi da 7 a 12). 
    6. Profili di non manifesta infondatezza dell'art. 26,  comma  2:
violazione degli articoli 3, 41 e 77 Cost. 
    L'art. 26, comma 2, decreto-legge n.  91/2014,  interviene  sulle
modalita' di corresponsione delle tariffe  incentivanti,  prevedendo,
«dal secondo semestre 2014», che il GSE le eroghi «con  rate  mensili
costanti, in misura pari al 90 per cento della  producibilita'  media
annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare  di  produzione»,
con effettuazione  del  «conguaglio,  in  relazione  alla  produzione
effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo». 
    Il decreto ministeriale 16 ottobre 2014, nel dare  attuazione  al
comma  2,  sancisce,  all'all.   1   (punto   1.1),   che   ai   fini
dell'individuazione  del  «valore  della   rata   di   acconto»,   la
«producibilita' media annua» sia determinata sulla base: 
        della  c.d.  «produzione   storica»,   qualora   disponibile,
consistente nelle «ore di produzione del  singolo  impianto  relative
all'anno precedente»: nelle «Istruzioni  operative»  del  3  novembre
2014 il Gestore precisa che tale criterio si applica  «qualora  siano
disponibili le misure  valide  relative  a  tutti  i  mesi  dell'anno
precedente»; 
        della c.d. «stima regionale», consistente in una «stima delle
ore di produzione regionali»: sempre nelle  Istruzioni  si  chiarisce
che qualora le anzidette «misure  valide  riferite  a  tutti  i  mesi
dell'anno precedente» non siano disponibili, si applica  il  criterio
del «numero di ore annue medie, definite in funzione della regione in
cui e' localizzato l'impianto»), sulla base  della  Tabella  1  («Ore
equivalenti medie per Regione - anno 2014»). 
    In relazione a questa disposizione possono essere  richiamate  le
considerazioni sviluppate ai precedenti punti 5.1  e  5.4,  potendosi
dubitare della sua compatibilita' con gli articoli 3, 41 e 77 Cost. 
    Essa, oltre a risentire della medesima  eterogeneita'  ipotizzata
con riferimento al comma 3, incide parimenti su rapporti in corso  di
esecuzione, definendo autoritativamente le  modalita'  di  attuazione
dell'obbligazione  di  pagamento  degli  incentivi   incombente   sul
Gestore. 
    Il comma 2 modifica infatti le condizioni contrattuali in essere,
sostituendo il criterio della «produzione effettiva» - fondato dunque
su un dato di realta' (le modalita' di erogazione delle tariffe per i
vari conti energia si basano sulla misure dell'energia prodotta; cfr.
a es. art. 6, comma 4, decreto ministeriale 5 luglio 2012; si ricorre
a criteri suppletivi, quale la «producibilita' attesa», nel  caso  di
mancata comunicazione delle misure; cfr. art.  5.3,  all.  A,  delib.
Aeeg n. 181/10 del 20 ottobre 2010, in riferimento al III°  conto)  -
con quello della «producibilita' media annua» (a sua volta  supplito,
in assenza di «misure  valide»,  dalle  «ore  equivalenti  medie  per
Regione»), senza considerare che il singolo beneficiario ha  acceduto
al regime di sostegno confidando nella possibilita' di disporre di un
flusso di cassa commisurato all'effettiva produzione, sulla base  del
quale  provvedere  alle  proprie  esigenze   di   tipo   finanziario,
continuative (es.  rimborso  dei  finanziamenti)  o  contingenti  che
siano. 
    In altri termini, anche questa misura comporta un'alterazione dei
rapporti giuridici in corso, e, con  riferimento  al  primo  anno  di
operativita'  del  meccanismo,   un   pregiudizio   economico   certo
(consistente  nella  ritardata  percezione  del  10%   dell'incentivo
spettante, qualificato dalla legge in termini di «conguaglio»). 
    Sicche' il raggiungimento  di  quella  che  pare  essere  la  sua
dichiarata finalita' - «ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta
ed erogazione degli incentivi» (art. 26, comma 1) - avviene a scapito
del fruitore degli incentivi, che  non  e'  messo  in  condizione  di
acconsentire al mutamento delle  condizioni  alle  quali  avviene  la
regolazione delle partite economiche del rapporto.». 
    III)  Tanto  premesso,  il  Collegio  ritiene  rilevanti  e   non
manifestamente infondate le esposte questioni di costituzionalita' e,
per l'effetto, sospende il  giudizio,  mandando  alla  Segreteria  di
trasmettere alla Corte la presente  ordinanza,  di  notificarla  alle
parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri nonche'  di
comunicarla ai Presidenti della Camera  dei  deputati  e  del  Senato
della Repubblica. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III-ter: 
        a) visti gli articoli 134 Cost.,  1  legge  costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1, e 23  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara
rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita'
costituzionale: 
          dell'art.  26,  comma  3,  del  decreto-legge  n.  91/2014,
convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n.  116/2014,  in
relazione agli  articoli  3,  11,  41,  77  e  117,  comma  1,  della
Costituzione, nonche' 1, Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali e 6, paragrafo 3, Trattato sull'Unione  europea  secondo
quanto specificato in motivazione; 
          dell'art.  26,  comma  2,  decreto-legge  n.  91/2014,   in
relazione agli articoli 3, 41 e 77 Cost.; 
        b) dispone la sospensione del presente giudizio; 
        c) ordina l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale, unitamente alla prova delle previste comunicazioni  e
notificazioni; 
        d) ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza
sia notificata alle parti del giudizio e al Presidente del  Consiglio
dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati  e
del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nelle camere di consiglio del  25  giugno  e
del 29 ottobre 2015, con l'intervento dei magistrati: 
        Giuseppe Daniele, Presidente; 
        Michelangelo Francavilla, consigliere; 
        Maria Grazia Vivarelli, consigliere, estensore. 
 
                       Il Presidente: Daniele 
 
 
                                               L'estensore: Vivarelli