N. 69 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 novembre 2016

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 4 novembre 2016 (della Provincia autonoma di Trento). 
 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Equilibrio  dei  bilanci  delle
  Regioni e  degli  enti  locali  -  Fondo  pluriennale  vincolato  -
  Disciplina delle operazioni di indebitamento delle Regioni e  degli
  enti locali - Concorso dello Stato  al  finanziamento  dei  livelli
  essenziali e delle funzioni fondamentali  nelle  fasi  avverse  del
  ciclo o al verificarsi  di  eventi  eccezionali  -  Concorso  delle
  Regioni e degli enti locali alla sostenibilita'  e  alla  riduzione
  del debito pubblico. 
- Legge 12 agosto 2016, n. 164  (Modifiche  alla  legge  24  dicembre
  2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni  e
  degli enti locali), artt. 1, comma 1, lett. b); 2, comma  1,  lett.
  c); 3, comma 1, lett. a); e 4, comma 1, lett. a) e b). 
(GU n.49 del 7-12-2016 )
    Ricorso della Provincia autonoma di  Trento  (codice  fiscale  n.
00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale  pro
tempore dott. Ugo Rossi, autorizzato con deliberazione  della  Giunta
provinciale del 18 ottobre 2016, n. 1813 (doc.  1),  rappresentata  e
difesa, come da procura speciale del 20 ottobre  2016  dall'Ufficiale
rogante dott. Guido Baldessarelli, n. 44283 di  racc.,  n.  28305  di
rep. (doc. 2), dall'avv. prof. Giandomenico  Falcon  (codice  fiscale
FLCGDM45C06L736E) di Padova e dall'avv. Luigi Manzi  (codice  fiscale
MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto  presso  quest'ultimo
in via Confalonieri, n. 5, Roma, contro il Presidente  del  Consiglio
dei  ministri  pro  tempore,   rappresentato   e   difeso   ex   lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  per  la  dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, lettera  b);
2, comma 1, lettera c); 3, comma 1, lettera a); 4, comma  1,  lettere
a) e b), della legge 12 agosto 2016, n. 164, recante «Modifiche  alla
legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei  bilanci
delle  regioni  e  degli  enti  locali»,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale del 29 agosto 2016, n. 201; 
per violazione: 
        degli articoli 8; 9; 16; 54, n. 2) e n. 5); 79; 80;  81;  83;
84; 103, 104, 107, del decreto Presidente della Repubblica 31  agosto
1972, n. 670 (Statuto speciale); 
        del titolo VI del  decreto  Presidente  della  Repubblica  31
agosto 1972, n. 670; 
        degli articoli 117, commi terzo, quinto, e sesto, e 119 della
Costituzione,  in  combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; 
        degli articoli  3,  81,  97  e  120  della  Costituzione,  in
combinato disposto  con  l'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3; art. 136 della Costituzione; 
        dell'art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1; 
        delle norme  di  attuazione  statutaria  di  cui  al  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare degli articoli 2, 3
e 4; al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, ed in 
        particolare degli articoli  16,  17  e  18;  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 28 marzo 1975,  n.  473,  in  particolare
dell'art. 2; al decreto Presidente della Repubblica 19 novembre 1987,
n. 526, art. 8; 
    del principio di leale collaborazione anche in relazione all'art.
120 della Costituzione; 
    del principio consensualistico (articoli 104 e 107 dello  Statuto
speciale),  anche  con  riferimento  all'accordo   con   il   Governo
sottoscritto il 15 ottobre 2014, approvato  ai  sensi  dell'art.  104
dello Statuto speciale; 
    dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009. 
 
                                Fatto 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2016 e'  stata  pubblicata
il 12 agosto 2016, n. 164, recante «Modifiche alla legge 24  dicembre
2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci  delle  regioni  e
degli enti locali». 
    Tale legge, approvata nel testo finale  a  maggioranza  assoluta,
interviene  sulla  legge  24   dicembre   2012,   n.   243,   recante
«Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione», cioe'  sulla
legge rinforzata prevista dall'art. 81, sesto comma, Cost. 
    La novella incide sugli articoli da 9 a 12 del Capo IV,  dedicato
allo «Equilibrio dei bilanci delle regioni  e  degli  enti  locali  e
concorso dei medesimi enti alla sostenibilita' del  debito  pubblico»
(solo una disposizione della legge n. 164  del  2016  -  l'art.  5  -
interviene su norme che non coinvolgono Regioni e  Province  autonome
ed enti locali, andando a modificare l'art. 18 della legge n. 243 del
2012, relativo all'Ufficio parlamentare di bilancio). 
    Per quanto qui interessa, l'art. 1, comma 1, della legge  n.  164
del 2015 modifica l'art. 9 della legge n. 243 del 2012. 
    Dopo avere alla lett. a) ridefinito il concetto base di «bilancio
in equilibrio» - individuandolo come bilancio che presenta un  «saldo
non negativo, in termini di competenza, tra le entrate  finali  e  le
spese finali, come eventualmente modificato  ai  sensi  dell'art.  10
della legge n. 243 del 2012» (e modificando cosi' l'art. 9, comma  1,
della legge n. 243) - l'articolo, con la  lettera  b),  introduce  un
nuovo comma 1-bis nel predetto art. 9. Tale disposizione precisa  che
ai fini della applicazione della precedente  definizione  le  entrate
finali sono quelle «ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema
di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118,
e le spese finali sono quelle ascrivibili ai titoli  1,  2  e  3  del
medesimo  schema  di  bilancio»;  aggiunge  poi  che  «per  gli  anni
2017-2019,  con  la  legge  di  bilancio,  compatibilmente  con   gli
obiettivi di finanza  pubblica  e  su  base  triennale,  e'  prevista
l'introduzione del fondo  pluriennale  vincolato,  di  entrata  e  di
spesa» e che «a decorrere dall'esercizio 2020, tra le  entrate  e  le
spese finali e' incluso il fondo pluriennale vincolato di  entrata  e
di spesa, finanziato dalle entrate finali». 
    L'art. 2 della legge n. 164 del 2016  modifica  l'art.  10  della
legge n. 243 del 2012, che regola  il  ricorso  all'indebitamento  da
parte degli enti territoriali e sostituisce i commi 3, 4, 5  di  tale
disposizioni. 
    In particolare, il nuovo comma 5, introdotto dall'art.  2,  comma
1, lett. c) della legge n. 164 del 2016, stabilisce che «con  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare  d'intesa  con
la Conferenza unificata, sono disciplinati  criteri  e  modalita'  di
attuazione del presente articolo, ivi incluse le modalita'  attuative
del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o  ritardo  da
parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Lo schema del decreto e' trasmesso alle Camere per l'espressione  del
parere delle commissioni parlamentari competenti  per  i  profili  di
carattere finanziario. I pareri sono espressi entro  quindici  giorni
dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto puo'  essere  comunque
adottato». 
    L'art. 3 della legge impugnata novella l'art. 11, comma 1,  della
legge n. 243 del 2012, stabilendo che «fermo restando quanto previsto
dall'art. 9, comma 5, e dall'art. 12, comma 1, lo Stato,  in  ragione
dell'andamento  del  ciclo  economico  o  al  verificarsi  di  eventi
eccezionali, concorre al finanziamento dei livelli  essenziali  delle
prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti  civili
e sociali, secondo modalita' definite  con  leggi  dello  Stato,  nel
rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge»,  ed  abroga  i
commi 2 e 3 dello stesso art. 11. 
    Infine - per quanto qui di interesse - l'art. 4, comma  1,  lett.
a) e b) sostituisce i primi due commi,  ed  abroga  il  terzo  comma,
dell'art. 12 della legge n. 243 del 2012. 
    L'art. 12, comma 1, come novellato dispone ora che «le regioni, i
comuni, le province, le citta' metropolitane e le  province  autonome
di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del
debito  del  complesso  delle  amministrazioni   pubbliche,   secondo
modalita' definite con legge dello Stato, nel rispetto  dei  principi
stabiliti dalla presente legge». 
    Il nuovo comma 2 stabilisce che «fermo restando  quanto  previsto
dall'art. 9, comma 5, gli enti  di  cui  al  comma  1,  tenuto  conto
dell'andamento del ciclo economico,  concorrono  alla  riduzione  del
debito  del  complesso  delle  amministrazioni  pubbliche  attraverso
versamenti al Fondo per l'ammortamento dei titoli  di  Stato  secondo
modalita' definite con legge dello Stato, nel rispetto  dei  principi
stabiliti dalla presente legge». 
    La Provincia autonoma di Trento ritiene che le disposizioni sopra
descritte, contenute negli articoli 1, 2, 3 e 4 della  legge  n.  164
del 2016 siano costituzionalmente illegittime e lesive dell'autonomia
costituzionale della Provincia sotto  i  seguenti  profili  e  per  i
seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
I. Illegittimita' costituzionale del comma 1-bis  dell'art.  9  della
legge n. 243 del 2012, introdotto dall'art. 1,  comma  1,  lett.  b),
della legge n. 164 del 2016. 
    La Provincia autonoma di Trento impugna anzitutto il comma  1-bis
dell'art. 9 della legge n. 243  del  2012,  introdotto  dall'art.  1,
comma 1, lett. b), della legge n. 164 del 2016. 
    Esso dispone nei termini che seguono: 
        «Ai fini dell'applicazione del comma 1  [vale  a  dire  della
definizione del bilancio in equilibrio, che si considera tale quando,
sia nella fase di previsione che di rendiconto, conseguono  un  saldo
non negativo, in termini di competenza, tra le entrate  finali  e  le
spese finali, come eventualmente modificato ai sensi  dell'art.  10],
le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3,  4  e  5
dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo  23  giugno
2011, n. 118, e le spese finali sono quelle ascrivibili ai titoli  1,
2 e 3 del medesimo schema di bilancio. Per gli anni 2017-2019, con la
legge di bilancio,  compatibilmente  con  gli  obiettivi  di  finanza
pubblica e su base triennale, e' prevista  l'introduzione  del  fondo
pluriennale  vincolato,  di  entrata  e   di   spesa.   A   decorrere
dall'esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali e'  incluso  il
fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa,  finanziato  dalle
entrate finali». 
    La Provincia autonoma censura esclusivamente il secondo  e  terzo
periodo  della  disposizione,  nella  parte  in  cui  pongono  limiti
temporali,  procedurali  e  materiali  per   l'utilizzo   del   fondo
pluriennale  di  bilancio.  Sono   queste   limitazioni   ad   essere
specificamente oggetto di contestazione. 
    Giova rammentare che il fondo pluriennale vincolato e' una  posta
di bilancio che  e'  stata  introdotta  in  esecuzione  dei  principi
statali di armonizzazione dei bilanci pubblici  dettati  dal  decreto
legislativo n. 118 del 2011. 
    Tale fondo  e'  costituito  da  risorse  gia'  accertate  e  gia'
impegnate in esercizi precedenti, ma destinate  al  finanziamento  di
obbligazioni passive dell'ente che diventeranno esigibili in esercizi
successivi  a  quello  in  cui  e'  accertata  l'entrata.  Il   fondo
pluriennale vincolato  rappresenta  dunque  un  saldo  finanziario  a
garanzia della copertura di spese imputate ad esercizi  successivi  a
quello in corso e configura lo strumento tecnico per  ricollocare  su
tali esercizi spese gia' impegnate, relativamente alle quali sussiste
un'obbligazione giuridicamente perfezionata (e quindi un  vincolo  ad
effettuare i relativi pagamenti) i  quali,  tuttavia,  giungeranno  a
scadenza negli esercizi sui quali vengono reimputate le  spese.  Tale
reimputazione risulta obbligatoria ai sensi del  decreto  legislativo
n. 118 del 2011. 
    Trattandosi di spese gia' impegnate su esercizi precedenti,  esse
risultano finanziariamente gia' coperte con entrate di tali esercizi,
tenuto conto del fatto che il bilancio della  Provincia  autonoma  e'
sempre stato approvato in equilibrio. Proprio per questo,  le  regole
dell'armonizzazione prevedono che l'operazione di reimputazione delle
spese sia accompagnata dalla reimputazione delle relative entrate sui
medesimi  esercizi  finanziari  attraverso  il   fondo   pluriennale,
alimentato con le risorse degli anni in cui erano state impegnate  le
spese. 
    Con riferimento al  fondo  pluriennale  vincolato,  la  legge  28
dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilita' 2016) ne aveva previsto la
considerazione limitatamente all'anno 2016 (secondo periodo  art.  1,
comma 711, secondo periodo), con conseguente esclusione per gli  anni
successivi. 
    Tale esclusione era stata contestata dalla Provincia autonoma con
il ricorso avanti a codesta Ecc.ma Corte costituzionale  iscritto  al
numero 20/2016 R.G. 
    La nuova norma consente ora anche per il  triennio  2017  -  2019
l'inclusione del fondo pluriennale vincolato ai fini  dell'equilibrio
di bilancio, subordinando  pero'  questa  eventualita'  a  successive
previsioni della  legge  di  bilancio,  e  dunque  ad  una  decisione
unilaterale dello Stato, e comunque alla sua compatibilita'  con  gli
obiettivi di finanza pubblica.  A  partire  dall'esercizio  2020,  la
norma impugnata consente l'inclusione di tale fondo tra le entrate  e
le spese finali a decorrere dall'esercizio 2020, ma solo nella  parte
in cui il fondo e' finanziato con le entrate finali. 
    Tali  limitazioni  si   traducono   nel   condizionamento   della
possibilita' di utilizzare i  fondi  gia'  destinati  negli  esercizi
precedenti al finanziamento delle  spese  gia'  programmate,  e  cio'
determina la necessita' che per la copertura di  tali  spese  debbano
essere utilizzate nuove entrate dell'anno sul quale vengono sostenute
le spese, nuove entrate  che  diversamente  avrebbero  potuto  essere
impiegate per nuovi interventi. 
    Le limitazioni di questo meccanismo a partire dal 2017 - che,  si
noti  bene,  e'  stato  introdotto  in   esecuzione   di   norme   di
armonizzazione  statali  (decreto  legislativo  n.  118   del   2011)
-determinano un congelamento delle risorse pur  disponibili,  la  cui
utilizzazione  era  gia'  stata  programmata,  al  di   fuori   delle
limitazioni imposte dalla  regola  del  saldo  non  negativo  di  cui
all'art. 9 della legge n. 243 del 2012. 
    Tale previsione comporta, in primo luogo, una  limitazione  della
autonomia finanziaria della Provincia  autonoma  sul  versante  della
spesa. Tale principio e' immanente nello statuto  di  autonomia,  dal
momento che le risorse di cui agli articoli 70 ss. dello statuto sono
assegnate alle Province autonome per far fronte  alle  funzioni  loro
assegnate e le limitazioni possibili sono esaustivamente disciplinate
all'art. 79. In ogni caso, l'autonomia sul versante  della  spesa  e'
espressamente  enunciato   dall'art.   119,   primo   comma,   Cost.,
disposizione che e' qui invocata in combinazione con l'art. 10  della
legge cost. n. 3 del 2001, se piu' favorevole. 
    La  norma   non   puo'   essere   giustificata   dalle   esigenze
dell'equilibrio di bilancio. 
    Infatti, per quanto il medesimo  art.  119,  primo  comma,  Cost.
faccia salvo «il rispetto dell'equilibrio  dei  relativi  bilanci»  e
impegni le Regioni  a  concorrere  «ad  assicurare  l'osservanza  dei
vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione
europea»,  trattasi  di  valori  che  non  sono   messi   a   rischio
dall'utilizzo   delle   proprie   risorse   programmate   per   spese
pluriennali. 
    Anzi, e' proprio la previsione di un ostacolo  per  la  Provincia
nell'utilizzare un fondo appositamente  programmato  per  spese  gia'
impegnate e che diventeranno esigibili negli esercizi  successivi,  a
determinare un rischio per l'equilibrio del bilancio,  giacche'  tale
ostacolo comporta la necessita' di trovare aliunde una copertura  per
tali  spese,  che  corrispondono   ad   obbligazioni   giuridicamente
vincolanti gia' assunte. 
    Sotto tale profilo risulta  poi  violato  il  principio  di  buon
andamento dell'amministrazione di cui art. 97, comma secondo,  Cost.,
in quanto risulta cosi' preclusa la realizzazione  dei  programmi  di
investimento per la cui realizzazione i fondi  sono  accantonati  nel
fondo vincolato  di  entrata  -  nella  misura  in  cui  non  dovesse
risultare  agevole  rinvenire,  anno  per  anno,   l'idonea   (nuova)
copertura per  le  obbligazioni  gia'  assunte.  Unitamente,  risulta
violato anche il principio di ragionevolezza,  fondato  sull'art.  3,
comma primo, Cost.: non si intende, infatti, come la Provincia -  che
pure  dispone  delle  risorse  necessarie  al  finanziamento  di   un
investimento pluriennale - possa avere la certezza di poterlo onorare
negli anni successivi, se non puo' contare sulle somme  appositamente
accantonate. Ne', in tal caso, come si possa sensatamente  immaginare
che la Provincia  possa  in  definitiva  essere  indotta  ex  lege  a
rendersi inadempiente a fronte di obbligazioni legittimamente assunte
e (originariamente) dotate di piena copertura finanziaria. 
    Palese e' la ridondanza  di  tale  violazione  sull'esercizio  di
competenze   costituzionalmente   riservate   alla   Provincia.    Si
richiamano,  a  titolo  di  esempio,  le  funzioni   legislative   ed
amministrative che normalmente richiedono l'adozione di programmi  di
spesa, quali: a) tra le competenze primarie (art. 8, nn. 10, 17,  19,
25, 26, 27, 28 e art. 16, o se piu' favorevoli le analoghe competenze
residuali ex art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  in  combinazione  con
l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), l'edilizia  pubblica;  la
viabilita', acquedotti e lavori pubblici  di  interesse  provinciali;
l'assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a  mezzo  di
aziende speciali; l'assistenza  e  beneficenza  pubblica;  la  scuola
materna e l'assistenza scolastica; l'edilizia scolastica; b)  per  le
competenze legislative concorrenti, l'igiene e sanita'  (o,  se  piu'
favorevole, la tutela della salute  ex  articoli  117,  terzo  comma,
Cost., combinato con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001). 
    Ad avviso della Provincia tali  limitazioni  alla  computabilita'
del fondo pluriennale vincolato rimarrebbero  incostituzionali  anche
nell'ipotesi che esse dovessero ritenersi  funzionali  e  strumentali
alla sostenibilita' del debito pubblico:  cio'  sia  sulla  base  dei
parametri costituzionali  generali,  sia  in  ragione  di  pertinenti
parametri statutari. 
    Con riferimento  al  parametro  costituzionale,  sarebbe  violato
anzitutto il principio di cui all'art. 5, comma 2,  lett.  c),  della
legge costituzionale n. 1 del 2012, che vuole appositamente  regolate
le  modalita'  con  cui  gli  enti   territoriali   concorrono   alla
sostenibilita'   del   debito   del   complesso    delle    pubbliche
amministrazioni. 
    Si osserva che l'effetto indiretto  di  una  regola  contabile  -
anche se e' voluto - non e' certo un modo in cui il predetto concorso
e' regolato. 
    Inoltre  sarebbe  lesi  il  principio  di  ragionevolezza  ed  il
principio di eguaglianza, considerato che  tale  contributo  verrebbe
automaticamente generato dalla applicazione di una  regola  contabile
che e' dettata a tutt'altri fini  e  non  sulla  base  di  una  reale
«capacita' contributiva» dell'ente; la presenza e la  dimensione  del
fondo pluriennale vincolato  e'  il  risultato  della  programmazione
della spesa e non della presenza di avanzi strutturali di bilancio. 
    Poiche' l'introduzione del fondo pluriennale vincolato e' imposta
dalla legislazione statale di armonizzazione della finanza  pubblica,
la  sua  strumentalizzazione  ad  altri  fini  e'  lesiva  anche  del
principio  costituzionale  di  leale  collaborazione.   Infatti,   la
Provincia autonoma, con l'accordo dell'ottobre  2014  con  lo  Stato,
recepito dall'art. 1, comma 407, della legge  23  dicembre  2014,  n.
190, si e' impegnata a recepire con  rinvio  formale  recettizio,  la
disciplina statale in materia di bilanci  (cosi'  recita  l'art.  79,
comma 4-octies: «la regione e le province si obbligano a recepire con
propria legge da emanare entro il 31 dicembre 2014,  mediante  rinvio
formale recettizio, le disposizioni in materia di armonizzazione  dei
sistemi contabili e degli schemi di  bilancio  delle  regioni,  degli
enti locali e dei loro organismi, previste dal decreto legislativo 23
giugno  2011,  n.  118,  nonche'  gli  eventuali  atti  successivi  e
presupposti, in modo da consentire  l'operativita'  e  l'applicazione
delle predette disposizioni nei termini indicati dal  citato  decreto
legislativo n. 118 del 2011  per  le  regioni  a  statuto  ordinario,
posticipati  di  un  anno,  subordinatamente  all'emanazione  di   un
provvedimento  statale  volto  a  disciplinare  gli  accertamenti  di
entrata relativi a devoluzioni di tributi erariali e la  possibilita'
di dare copertura agli investimenti con l'utilizzo del saldo positivo
di competenza tra le entrate correnti e le spese  correnti»).  Ma  lo
Stato, con lo stesso  accordo  e  con  la  stessa  legge  che  lo  ha
recepito, ha regolato in modo esaustivo il  contributo  alla  finanza
pubblica a carico della  Regione  Trentino-Alto  Adige  e  delle  due
Province  autonome;  ne  deriva  che  la  pretesa  dello   Stato   di
utilizzare, ora, la regola contabile per ottenere  un  risultato  che
gli e' precluso dagli impegni  che  esso  stesso  ha  assunto  e'  in
violazione della lealta' anche negoziale. 
    Con cio' si viene al  parametro  statutario.  Va  fin  da  subito
osservato - rinviando  per  ulteriore  argomentazione  al  successivo
punto IV del presente ricorso - che il vigente art. 79 dello  statuto
speciale e' stato novellato dopo  l'entrata  in  vigore  della  legge
costituzionale n. 1 del 2012 e dopo l'entrata in vigore  anche  della
legge n. 243 del 2012, che ne ha attuato i principi, visto  che  esso
e' stato introdotto dalla legge 23 dicembre  2014,  n.  190,  con  la
procedura prevista dall'art. 104 dello statuto  speciale.  Ora,  tale
parametro tiene specificamente conto della disciplina sull'equilibrio
di bilancio ed  elenca  specificamente  i  modi  in  cui  il  sistema
territoriale regionale integrato, «costituito  dalla  regione,  dalle
province e dagli enti di  cui  al  comma  3,  concorre  nel  rispetto
dell'equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge 24 dicembre
2012, n. 243, al conseguimento degli obiettivi di  finanza  pubblica,
di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti  e  dei
doveri dagli stessi derivanti,  nonche'  all'osservanza  dei  vincoli
economici  e  finanziari   derivanti   dall'ordinamento   dell'Unione
europea» (comma 1),  dichiarando  che  tali  misure  «possono  essere
modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art.  104  e
fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli
obiettivi di finanza  pubblica  di  cui  al  comma  1»  (comma  2)  e
specificando che «nei confronti della  regione  e  delle  province  e
degli enti appartenenti al sistema territoriale  regionale  integrato
non sono applicabili disposizioni  statali  che  prevedono  obblighi,
oneri,  accantonamenti,  riserve  all'erario  o   concorsi   comunque
denominati, ivi inclusi  quelli  afferenti  il  patto  di  stabilita'
interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo». 
    E' palese il contrasto della disposizione  censurata  rispetto  a
tale parametro. 
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,  lettera  c),
della legge n. 164 del 2016 (Modifiche all'art.  10  della  legge  24
dicembre 2012, n. 243), nella parte in cui esso, nel  nuovo  comma  5
dell'art. 10 della legge n. 243 del 2012, demanda ad un  decreto  del
Presidente del Consiglio il compito di dettare «criteri  e  modalita'
attuative» dello stesso articolo, nonche'  di  dettare  le  modalita'
attuative del potere sostitutivo dello Stato. 
    L'art. 2 della legge n. 164 del 2016 introduce, come  preannuncia
il suo titolo, modifiche all'art. 10 della legge 24 dicembre 2012, n.
243, che a sua volta disciplina il ricorso all'indebitamento da parte
delle regioni e degli enti locali. 
    In particolare costituisce qui oggetto specifico di  impugnazione
la lettera c) del comma 1, che cosi' dispone: 
        c) il comma 5 e' sostituito dal seguente: 
          «5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri,
da adottare d'intesa con la Conferenza unificata,  sono  disciplinati
criteri e modalita' di attuazione del presente articolo, ivi  incluse
le modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di
inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano. Lo schema del decreto e' trasmesso  alle  Camere
per  l'espressione  del   parere   delle   commissioni   parlamentari
competenti per i profili di  carattere  finanziario.  I  pareri  sono
espressi entro quindici giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il
decreto puo' essere comunque adottato». 
    Il precedente  comma  5,  ora  sostituito,  era  stato  anch'esso
impugnato dalla ricorrente Provincia ed  era  stato  oggetto  di  una
pronuncia di illegittimita' costituzionale di tipo additivo,  con  la
sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 88 del 2014. 
    Per  valutare  l'oggetto   e   la   fondatezza   della   presente
impugnazione, va  premesso  che  il  testo  originario  del  comma  5
prevedeva che «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
adottato d'intesa con la Conferenza permanente per  il  coordinamento
della finanza pubblica, sono  disciplinati  criteri  e  modalita'  di
attuazione del presente articolo». Di fronte all'impugnazione codesta
Corte  costituzionale,  nella  citata  sentenza,  ha  preliminarmente
verificato l'oggetto e il carattere del potere conferito al  decreto.
Dato  che  il  compito  attuativo  era  esteso   (come   anche   ora)
all'individuazione delle modalita' di attuazione dell'intero art. 10,
la Corte costituzionale ne ha preso in esame i singoli commi.  Alcuni
sono risultati autoapplicativi (e quindi non comportanti attuazione),
altri riferiti ad ambiti di competenza  statale,  e  dunque  tali  da
consentire il legittimo esercizio della potesta' regolamentare. 
    Tuttavia, con riferimento all'originario comma 4,  relativo  alla
ripartizione  del  saldo   negativo   tra   gli   enti   territoriali
inadempienti,   prevista   per   il   caso   di   mancato    rispetto
dell'equilibrio del bilancio regionale allargato, il potere conferito
avrebbe  potuto  intendersi   come   esteso   anche   a   specificare
discrezionalmente i criteri di riparto, e dunque ad  aspetti  tecnici
non solo tecnici. 
    In questo complessivo contesto la sentenza  n.  88  del  2014  ha
dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione  del
comma 5 nella parte in cui non prevedeva la parola «tecnica», dopo le
parole «criteri e modalita' di attuazione» e prima delle parole  «del
presente  articolo».  Le  disposizioni  che  la  fonte  regolamentare
statale avrebbe  potuto  legittimamente  emanare  -  secondo  codesta
ecc.ma Corte - avrebbero dunque dovuto  essere  esclusivamente  norme
tecniche. 
    La nuova disciplina della legge n. 164 del 2016, che riscrive  il
comma 5, prevede anch'essa un decreto del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, sempre rivolto a disciplinare «criteri e  modalita'  di
attuazione  del  presente  articolo»,  senza  affatto  prevederne  il
carattere tecnico, imposto dalla sentenza  di  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale.  Essa  prevede   invece   il   coinvolgimento   della
Conferenza Unificata  per  l'espressione  dell'intesa,  in  luogo  di
quello della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza
pubblica, e inoltre introduce un nuovo oggetto del decreto,  che  ora
e' rivolto anche a dettare la disciplina  delle  modalita'  attuative
del potere sostitutivo statale. 
    E' dunque di tale nuova regolazione che occorre  in  primo  luogo
valutare se, a causa  della  soppressione  del  necessario  carattere
tecnico del  contenuto  del  decreto  permanga  il  vizio  precedente
rilevato (con in piu' la violazione del giudicato costituzionale). 
    In secondo luogo si valutera' se l'estensione  dell'oggetto  alla
disciplina del potere  sostitutivo  costituisca  un  nuovo  vizio  di
illegittimita' costituzionale. 
    a.    Illegittimita'    costituzionale    dell'omissione    della
precisazione del carattere meramente  tecnico  del  potere  attuativo
conferito. 
    Quanto al primo punto (permanenza della necessita'  di  precisare
il carattere meramente tecnico del potere conferito al decreto),  nel
condurre l'esame, va considerato che l'art. 2 della legge n. 164  del
2016 non si e' limitata a riscrivere il  comma  5,  ma  ha  riscritto
anche  i  commi  3  e  4:  anch'essi  vanno  quindi  esaminati,   per
verificare, secondo il criterio gia' seguito dalla sentenza n. 88 del
2014, se essi istituiscano un potere di per  se'  discrezionale,  che
richiede  dunque  di  essere  delimitato  per  essere  legittimamente
esercitato da parte del potere esecutivo. 
    Il comma 3 stabilisce - in modo simile al precedente testo -  che
«le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 e le operazioni  di
investimento  realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei  risultati   di
amministrazione degli esercizi precedenti sono effettuate sulla  base
di apposite intese concluse in ambito regionale che garantiscano, per
l'anno di riferimento, il rispetto del saldo di cui all'art. 9, comma
1, del complesso degli enti territoriali della  regione  interessata,
compresa la medesima regione». In questi termini, la  norma  potrebbe
sembrare autoapplicativa e non richiedente attuazione.  Tuttavia,  va
considerato che e' stato  soppresso  il  secondo  periodo  che  prima
proseguiva nel seguente modo: «A tal fine, ogni  anno  i  comuni,  le
province  e  le  citta'  metropolitane  comunicano  alla  regione  di
appartenenza ovvero alla provincia autonoma di appartenenza,  secondo
modalita' stabilite con il decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri di cui al comma 5 del presente articolo, il saldo  di  cassa
di cui all'art. 9, comma 1, lettera a), che l'ente locale prevede  di
conseguire,  nonche'  gli   investimenti   che   intende   realizzare
attraverso  il  ricorso  all'indebitamento  o  con  i  risultati   di
amministrazione degli esercizi precedenti. Ciascun ente  territoriale
puo' in ogni caso ricorrere all'indebitamento nel limite delle  spese
per  rimborsi  di  prestiti  risultanti  dal  proprio   bilancio   di
previsione.» 
    La sentenza n. 88 del 2014 aveva  ritenuto  legittimo  il  potere
attuativo collegato alla  disposizione  dell'originario  comma  3  in
quanto essa, descrivendo puntualmente la  fattispecie,  assegnava  al
decreto «solo il compito di stabilire le modalita'  di  comunicazione
del saldo di cassa e degli investimenti che  s'intendono  realizzare,
con la conseguenza che l'ambito in cui esso e' chiamato a muoversi e'
quello del  coordinamento  informativo  e  statistico  di  competenza
esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lettera r, Cost.)». Ora  la
soppressione del precedente  secondo  periodo  del  comma  3  estende
l'oggetto del decreto, in relazione alle operazioni di  indebitamento
e di investimento, ad un compito  attuativo  ampio  e  indeterminato,
rendendo  necessaria,  dunque,  la  precisazione  del  suo  carattere
tecnico, che invece appare illegittimamente assente. 
    A sua volta, il nuovo comma  4  prevede  che  «le  operazioni  di
indebitamento di cui al comma  2  e  le  operazioni  di  investimento
realizzate attraverso l'utilizzo  dei  risultati  di  amministrazione
degli esercizi precedenti, non soddisfatte dalle  intese  di  cui  al
comma 3,  sono  effettuate  sulla  base  dei  patti  di  solidarieta'
nazionali. Resta fermo il rispetto del saldo di cui all'art. 9, comma
1, del complesso degli enti territoriali». Non e'  invece  riprodotto
quanto previsto nel previgente comma 4, in  relazione  al  quale  era
stata resa la pronuncia della Corte, a termini del quale «Qualora, in
sede di rendiconto, non sia rispettato l'equilibrio di cui  al  comma
3, primo periodo, il  saldo  negativo  concorre  alla  determinazione
dell'equilibrio della gestione di cassa finale  dell'anno  successivo
del complesso degli  enti  della  regione  interessata,  compresa  la
medesima regione,  ed  e'  ripartito  tra  gli  enti  che  non  hanno
rispettato il saldo previsto». 
    Tuttavia,  l'ipotesi  considerata  dal  precedente  comma  4   in
astratto esiste ancora, e quindi potra' essere oggetto  del  generale
potere attuativo attribuito al  decreto.  Inoltre,  dal  testo  della
disposizione ora introdotta non risulta  chiaro,  in  relazione  alla
Provincia autonoma  di  Trento,  tra  quali  enti  dovrebbero  essere
stipulati i patti di solidarieta' nazionali, destinati  a  soddisfare
operazioni non definite dalle intese in  ambito  provinciale,  e  che
cosa dovrebbero contenere. 
    Ne consegue che, sia in relazione al comma 3 che in relazione  al
comma 4, la norma attualmente vigente del comma 5 dell'art. 10  della
legge n. 243 del 2012, come sostituito dall'art. 2, comma 1,  lettera
c), della legge n. 164 del  2016,  appare  ancora  viziata,  in  modo
analogo alla precedente gia' dichiarata illegittima,  in  quanto  non
limita alla  mera  attuazione  tecnica  la  portata  dispositiva  del
decreto. 
    Del resto, il  carattere  discrezionale  e  politico  del  potere
conferito e' testimoniato ulteriormente  dalla  circostanza  che  ora
esso include addirittura la definizione  delle  «modalita'  attuative
del potere sostitutivo  dello  Stato»,  ad  avviso  della  ricorrente
Provincia con ulteriore illegittimita', come precisato di seguito. 
    Ora, rinviando ad un generale decreto attuativo la disciplina  di
aspetti non meramente tecnici,  ma  incidenti  nella  sostanza  della
disciplina della «facolta' dei Comuni, delle Province,  delle  Citta'
metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi dell'art. 119, sesto
comma, secondo periodo, della Costituzione», mediante l'esercizio  di
un potere «tanto  di  natura  meramente  tecnica,  quanto  di  natura
discrezionale» (secondo le parole della  sentenza  n.  88  del  2014,
punto 8.1 in diritto), la disposizione impugnata viola in primo luogo
art. 5, comma 2, lettera b), della  legge  costituzionale  n.  1  del
2012, che (anche a tutela delle autonomie regionali e delle  Province
autonome) demanda  la  regolazione  di  tale  materia  ad  una  legge
approvata a maggioranza assoluta dei componenti di  ciascuna  Camera,
escludendo la possibilita' di un  intervento  normativo  statale  con
fonte secondaria di natura regolamentare, se non per  meri  contenuti
tecnici, cosi' come affermato nella sentenza appena ricordata. 
    Inoltre, in quanto ripristina sostanzialmente una norma di  legge
gia' dichiarata illegittima dalla Corte  costituzionale,  essa  viola
anche il giudicato costituzionale, in contraddizione con  l'art.  136
della Costituzione. 
    Si noti che la lamentata violazione non viene meno per  il  fatto
che, a seguito della modifica introdotta,  il  decreto  in  questione
prevede ora l'intesa con la Conferenza Unificata, e non piu'  con  la
Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. 
    Tale modifica costituisce  ulteriore  conferma  della  natura  di
regolazione politica, e non tecnica, del potere  cosi'  conferito  al
decreto attuativo, ma non rimuove certo il  vizio  consistente  nella
sostituzione della fonte prevista dalla legge costituzionale n. 1 del
2012 con altra fonte, neppure di  rango  legislativo.  Cio'  varrebbe
anche  se  l'intesa  fosse  del   tutto   necessaria   -   cosa   che
apparentemente non e', valendo le consuete regole di  sostituibilita'
previste dall'art. 3 del decreto legislativo n.  281  del  1997  -  e
neppure ove  l'intesa  riguardasse  le  singole  Regioni  e  Province
autonome, non potendo il consenso delle parti interessate  sostituire
il rispetto delle competenze previste dalla legge costituzionale. 
    In quanto non coperto ne' autorizzato da alcuna previsione  della
legge costituzionale n. 1 del 2012, il conferimento  di  un  generale
potere attuativo al decreto del Presidente del Consiglio viola  anche
le ordinarie regole statutarie e costituzionali sul rapporto  tra  le
fonti statali e la specifica autonomia  delle  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano e della Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol. 
    Sul piano generale, e' violato l'art.  117,  sesto  comma,  della
Costituzione (operante per la ricorrente Provincia in forza dell'art.
10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che  limita  la
potesta' regolamentare dello Stato alla disciplina delle  materie  di
competenza esclusiva di cui all'art. 117, comma secondo. 
    Risulta poi evidentemente violata l'autonomia  finanziaria  della
ricorrente Provincia autonoma, tutelata dal Titolo VI  dello  statuto
speciale. La violazione rileverebbe  sia  direttamente  in  relazione
alla disciplina dell'indebitamento della  stessa  Provincia,  sia  in
relazione a quello dei Comuni e degli enti locali provinciali. 
    Per quanto riguarda l'indebitamento della Provincia, gli articoli
74 e 79 dello Statuto non prevedono altri limiti che quelli  da  essi
determinati,   anche   con   espresso   riferimento    a    «rispetto
dell'equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge 24 dicembre
2012, n. 243» (art. 79, comma 1). Essi evidentemente  ostano  ad  una
disciplina regolamentare statale, che sarebbe in  contraddizione  con
le regole di base sui rapporti tra fonti statali e fonti regionali  e
provinciali, quali  stabiliti  dagli  articoli  2  e  4  del  decreto
legislativo 16  marzo  1992,  n.  266,  che  limitano  il  dovere  di
adeguamento  della  Regione  e  delle  Province  autonome  alla  sola
legislazione e non alle fonti secondarie, e che persino per gli  atti
di indirizzo e di coordinamento impongono un  coinvolgimento  diretto
della  Regione  e  delle  Province  autonome  (art.  3  del   decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266),  per  quanto  attiene  alla  loro
compatibilita' con  lo  Statuto  speciale  e  le  relative  norme  di
attuazione. 
    Per  quanto  attiene  all'indebitamento  degli  enti  locali  del
territorio regionale, la disciplina regolamentare statale contraddice
altresi',   in   particolare,   la   generale    titolarita'    della
responsabilita' finanziaria, posta in  capo  alle  Province  autonome
dall'art. 79, comma 4,  e  dagli  articoli  80  e  81  dello  Statuto
speciale, che conferiscono ad esse la potesta'  legislativa  primaria
in materia di finanza locale, in tutti i suoi aspetti. 
    Puo' dunque concludersi che anche la nuova versione del  comma  5
dell'art. 10 della legge n. 243 del 2012, introdotta dalla  legge  n.
164 del 2016, e' costituzionalmente illegittima nella  parte  in  cui
non limita a norme di carattere tecnico il potere attuativo conferito
al decreto del Presidente del Consiglio. 
    b.  Ulteriore  profilo  di   illegittimita'   costituzionale   in
relazione all'estensione del potere attuativo alla  disciplina  delle
modalita' del potere sostitutivo. 
    Va ora considerata la nuova disposizione del comma 5 dell'art. 10
con riferimento alle  «modalita'  attuative  del  potere  sostitutivo
dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte  delle  regioni  e
delle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    Ad  avviso  della  ricorrente  Provincia,  tale  disposizione  e'
anch'essa gravemente illegittima. 
    In primo luogo,  va  notato  che  mentre  in  essa  si  parla  di
«modalita' attuative del potere sostitutivo,  la  stessa  fattispecie
cui si collega il potere  sostitutivo  (le  cui  modalita'  attuative
dovrebbero essere appunto precisate dal decreto) non ha  nelle  fonti
di rango costituzionale o primario alcuna disciplina specifica. 
    In particolare, non vi e' alcuna allusione al potere  sostitutivo
statale nella legge cost. n. 1  del  2012  ne',  fino  alla  presente
disposizione della legge n. 164  del  2016,  in  alcuna  disposizione
della legge n. 243 del 2012. Ne' se ne parla in  alcuna  altra  parte
della stessa legge n. 164 del 2016. 
    In  altre   parole,   per   quanto   riguarda   la   problematica
dell'indebitamento, non vi e' alcuna specifica fattispecie alla quale
agganciare  presunte  «modalita'  attuative»  del  potere.  Ne'  puo'
costituire fattispecie il cenno alla «inerzia  o  ritardo»  da  parte
delle Regioni, trattandosi di mere  indicazioni  del  presupposto  di
qualunque potere sostitutivo, in relazione a  qualunque  fattispecie.
In questi termini,  la  disposizione  impugnata  sembra  delegare  al
decreto attuativo la stessa costruzione della fattispecie, alla quale
il potere sostitutivo dovrebbe collegarsi. 
    In mancanza di qualunque copertura nella legge  cost.  n.  1  del
2012 (e  dunque  in  violazione  anche  di  essa)  -  cosi'  come  in
qualsivoglia altra fonte di normazione primaria - risulta evidente la
violazione in primo luogo dell'art. 120, secondo comma, Cost., sia in
riferimento all'evidente assenza del riferimento ad  una  fattispecie
che ne possa  integrare  i  presupposti,  sia  con  riferimento  alla
sostituzione delle necessarie procedure legislative con il rinvio  ad
un mero decreto attuativo del Presidente del Consiglio. 
    Se pure si volesse fare riferimento all'art. 117,  quinto  comma,
della Costituzione, varrebbero le stesse censure  di  illegittimita',
per la medesima assenza dei presupposti e delle procedure legislative
da esso richieste. 
    Del resto, anche se pure  si  trattasse  «solo»  delle  modalita'
attuative, risulta evidente che e' del tutto illegittimo affidare  ad
un regolamento del potere esecutivo la  disciplina  di  delicatissimi
aspetti dello svolgimento dei rapporti  di  competenza  tra  Stato  e
Regioni, per le stesse ragioni gia' sopra esposte nel punto a. 
    Inoltre,  il  conferimento  ad  un  atto  normativo  del   potere
esecutivo della definizione di un  potere  sostitutivo  e  delle  sue
modalita' di esercizio viola le predette disposizioni  costituzionali
e gli stessi principi costituzionali generali in materia,  a  partire
dall'art. 117, comma  sesto,  per  continuare  con  il  principio  di
legalita' sostanziale, sino ad arrivare alla violazione dello  stesso
art. 3 della Costituzione, sotto il profilo  della  ragionevolezza  e
del divieto di arbitrarieta' e della certezza del diritto. 
    Sul piano statutario, risultano  ancora  violati  i  principi  di
autonomia legislativa, amministrativa  e  finanziaria,  in  relazione
alle disposizioni che ne costituiscono il rispettivo fondamento: art.
8  e  9  per  le  potesta'  legislative,  art.  16  con   riferimento
all'autonomia amministrativa, Titolo VI  in  relazione  alle  materie
dell'organizzazione,  del  bilancio,  dell'esercizio   dell'autonomia
finanziaria  e  della  finanza  locale.  Sembra  evidente  anche   la
violazione delle norme di attuazione, in particolare degli articoli 2
e 4 del gia' ricordato decreto  legislativo  n.  266  del  1992,  che
escludono  la   soggezione   della   Provincia   autonoma   ad   atti
regolamentari dello Stato nella disciplina delle proprie materie. 
    Inoltre,  anche  se  la  disposizione  fosse  considerata   quale
principio  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  risulterebbe
violato l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, che  impone  che
tali principi siano espressi con norme di legge, nonche' l'art.  117,
sesto comma, della Costituzione (in combinato disposto con l'art.  10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001,  n.  3),  che  limita  il
potere regolamentare alle materie di competenza statale  esclusiva  e
attribuisce corrispondentemente alle Regioni il potere  regolamentare
nelle materie in cui esse hanno potesta' legislativa. 
    Si  aggiunga  soltanto  che,  non  essendo  immaginabile  che  la
regolazione del potere sostitutivo avvenga con «norme  tecniche»,  la
disposizione appare incostituzionale nella sua interezza, e in questo
senso deve dunque essere intesa, per questa parte, la  domanda  posta
con il presente ricorso. 
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma  1,  lett.  a),
nella parte in cui, introducendo il nuovo comma 1 dell'art. 11  della
legge n. 243 del 2012,  demanda  alla  semplice  legge  ordinaria  la
disciplina delle modalita' del concorso dello Stato al  finanziamento
dei  livelli  essenziali   delle   prestazioni   e   delle   funzioni
fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali. 
    L'art. 3, comma 1,  lett.  a),  della  legge  n.  164  del  2012,
sostituisce l'art. 11, comma 1, della legge n. 243 del 2012. 
    La disposizione sancisce che: 
        "All'art. 11 della legge  24  dicembre  2012,  n.  243,  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
          a) il comma 1 e' sostituito dal seguente: 
«1. Fermo restando quanto previsto dall'art. 9, comma 5, e  dall'art.
12, comma 1, lo Stato, in ragione dell'andamento del ciclo  economico
o al verificarsi di eventi eccezionali, concorre al finanziamento dei
livelli essenziali delle prestazioni e  delle  funzioni  fondamentali
inerenti ai diritti civili e sociali, secondo modalita' definite  con
leggi dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente
legge»". 
    La lettera b) del medesimo art. 3, comma 1, abroga i commi 2 e  3
dell'art. 11  della  legge  n.  243  del  2012,  che  precedentemente
disciplinavano la materia. 
    La contestazione riguarda il rinvio  di  ogni  vera  regola  alle
«modalita'  definite  con  leggi  dello  Stato»,  violando  cosi'  la
competenza della legge rinforzata. 
    Occorre ricordare che l'art. 5, comma 1,  lett.  g)  della  legge
costituzionale n. 1  del  2012,  stabilisce  che  «la  legge  di  cui
all'art.  81,  sesto  comma,  della  Costituzione,  come   sostituito
dall'art. 1 della presente legge costituzionale, disciplina,  per  il
complesso delle pubbliche amministrazioni, in particolare:  ...g)  le
modalita' attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del  ciclo
economico o al verificarsi  degli  eventi  eccezionali  di  cui  alla
lettera d) del presente comma, anche in  deroga  all'art.  119  della
Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli
altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni  e
delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali». 
    La disposizione impugnata si pone in diretto conflitto con quanto
previsto dalla  legge  costituzionale,  perche'  sposta  dalla  legge
rinforzata alla legge  ordinaria  la  competenza  a  disciplinare  il
concorso dello Stato al finanziamento dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti  civili
e  sociale  in  ragione  dell'andamento  del  ciclo  economico  o  al
verificarsi di eventi eccezionali. 
    Tale modifica e' ancor piu' illegittima se si considera  poi  che
il rinvio alla legge ordinaria e' un rinvio in bianco,  visto  che  i
commi 1, 2 e 3 dell'art. 11, nei quali era originariamente  contenuta
una compiuta disciplina che  regolava  sia  sostanzialmente  sia  nel
procedimento il concorso dello Stato  al  finanziamento  dei  livelli
essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo
o in presenza di eventi eccezionali,  sono  contestualmente  abrogati
dallo stesso art. 3, comma 1, lett. a) e b)  [l'impugnata  lett.  a),
come si e' detto, sostituisce il comma 1, mentre la lett.  b)  abroga
seccamente i commi 2 e 3]. La menzione  del  «rispetto  dei  principi
stabiliti dalla presente legge»  diventa  dunque  una  vuota  formula
verbale, visto che la legge rinforzata non detta alcun  principio  in
ordine al concorso statale al finanziamento  dei  livelli  essenziali
nelle fasi avverse o in presenza di eventi eccezioni,  essendo  stati
abrogate tutte le norme sul punto in essa contenute. 
    E' evidente che  la  violazione  ha  carattere  sostanziale,  dal
momento che la legge costituzionale ha voluto affidare la  disciplina
di questo delicatissimo aspetto  ad  una  fonte  che,  attraverso  il
rinforzo delle regole di  approvazione,  esprimesse  una  piu'  ampia
condivisione della scelta e una maggiore stabilita' delle regole. 
    Inoltre,  la  violazione  denunciata  ridonda   sulla   autonomia
costituzionalmente garantita alla Provincia autonoma ricorrente sotto
piu' profili. 
    Anzitutto, la piu' ampia condivisione della scelta e la  maggiore
stabilita' delle regole, frutto dell'aggravamento, sono  poste  anche
nell'interesse degli enti destinatari delle  regole  in  questione  e
dunque anche della Provincia autonoma. 
    Palese e' poi l'interferenza con le competenze costituzionalmente
attribuite alla ricorrente e quindi la  ridondanza  del  vizio  sulla
autonomia finanziaria, legislativa ed amministrativa della  Provincia
autonoma di Trento. 
    Si consideri che la disposizione riguarda  il  finanziamento  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali e le funzioni fondamentali degli enti territoriali relative a
tali  diritti,  e  dunque  incide  su  molteplici  competenze   della
ricorrente Provincia. A titolo di esempio si ricordano le  competenze
primarie in materia di  assistenza  e  beneficenza  pubblica;  scuola
materna; assistenza scolastica per i settori di istruzione in cui  le
province hanno competenza legislativa; edilizia scolastica  (art.  8,
nn. 25, 26, 27, 28 dello statuto  o  se  piu'  favorevole  art.  117,
quarto comma, Cost., combinato con l'art. 10 della legge cost.  n.  3
del 2001) e quelle concorrenti in materia di igiene e  sanita'  (art.
9, n. 10 o se piu' favorevole la tutela della  salute  ex  art.  117,
terzo comma, Cost., unito all'art. 10 legge cost. n. 3 del 2001) e le
corrispondenti  funzioni  amministrative  intestate  alla   Provincia
dall'art. 15 dello statuto. 
    Si aggiunge che a norma dell'art. 79, comma 1,  lett.  a),  dello
statuto speciale, tra le forme di concorso  delle  Province  autonome
agli obiettivi di finanza pubblica vi e'  la  «soppressione...  delle
assegnazioni  a  valere  su  leggi  statali  di  settore»,   cui   ha
corrisposto l'abrogazione dell'art. 5 della legge 30  novembre  1989,
n. 386 (art. 2, comma 109, della legge  23  dicembre  2009,  n.  191,
approvato ai sensi dell'art. 104 St., come risulta dall'art. 2, comma
106, della legge 191 del 2009), norma che prevedeva la partecipazione
delle Province autonome alla ripartizione di fondi speciali istituiti
per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto
il territorio. 
    Anche sotto tale profilo la norma impugnata -  che  autorizza  la
legge ordinaria a prevedere una sorta di  finanziamento  vincolato  -
interferisce con  la  regolazione  dei  rapporti  finanziari  tra  la
Provincia autonoma e lo Stato, ed e' censurata anche  per  violazione
dell'art. 79, comma 1, lett. a), nonche' dell'art. 104, primo  comma,
dello statuto che prevede una procedura  negoziata  per  la  modifica
delle norme del Titolo VI dello statuto e in generale per la  lesione
del  principio  dell'accordo  in  materia  di  rapporti  finanziaria,
ricavabile dalla norma da ultimo citata, dall'art. 107 dello  statuto
(sulle norme di attuazione negoziate) e dell'art. 27 della  legge  n.
42 del 2009. 
IV Illegittimita' costituzionale dell'art.  4,  comma  1,  lett.  a),
della legge n. 164 del 2016, nella parte in cui, sostituendo il comma
e 1 dell'art. 12 della legge n. 243 del 2012, demanda  alla  semplice
legge ordinaria la disciplina delle modalita' con cui le  Regioni,  i
Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le  Province  autonome
di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del
debito del complesso delle amministrazioni pubbliche. 
    L'art. 4, comma  1,  lett.  a),  della  legge  n.  164  del  2016
stabilisce quanto segue: 
        "All'art. 12 della  legge  24  dicembre  2012,  n.  243  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
          a) il comma 1 e' sostituito dal seguente: 
«1. Le regioni, i comuni, le province, le citta' metropolitane  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare  la
sostenibilita'  del  debito  del  complesso   delle   amministrazioni
pubbliche, secondo modalita' definite  con  legge  dello  Stato,  nel
rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge»". 
    La  norma  riportata  riguarda  testualmente  anche  le  Province
autonome insieme con le Regioni. 
    Come e' evidente, la disposizione cosi' introdotta rinvia  dunque
ad una normale legge ordinaria, sia pure da emanare «nel rispetto dei
principi» stabiliti dalla legge n. 243 del 2012 (principi che  pero',
anche in questo caso, mancano  completamente),  la  disciplina  delle
modalita' con cui le  Regioni,  i  Comuni,  le  Province,  le  Citta'
metropolitane  e  le  Province  autonome  di  Trento  e  di   Bolzano
concorrono ad assicurare la  sostenibilita'  del  debito  complessivo
delle amministrazioni pubbliche e dunque viola  l'art.  5,  comma  2,
lett. c), della legge costituzionale n. 1 del 2012, che riserva  tale
oggetto alla legge rinforzata ex art. 81, ultimo comma, Cost. 
    Oltre che per tale  vizio,  la  norma  appare  costituzionalmente
illegittima per violazione dell'art. 79 e dell'art. 104 dello statuto
speciale,  visto  che  affida  ad  una  comune  legge  ordinaria   la
regolazione di un oggetto - il concorso della Provincia autonoma alla
sostenibilita' del debito pubblico, gia' specificamente regolamentato
(e in modo esaustivo), dal citato art. 79. 
    Quanto all'art. 5, comma 2, lett. c), della legge cost. n. 1  del
2012, tale disposizione di rango costituzionale riserva la disciplina
delle «modalita' attraverso le quali i Comuni, le Province, le Citta'
metropolitane, le Regioni e le  Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito del complesso delle
pubbliche amministrazioni» alla legge rinforzata approvata  ai  sensi
dell'art. 81, sesto comma, Cost., come modificato dalla stessa  legge
costituzionale n. 1 del  2012,  e  dunque  alla  legge  «approvata  a
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera». 
    La norma impugnata, invece, stabilendo che  la  disciplina  delle
modalita' con cui i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane,  le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano «concorrono  ad
assicurare  la  sostenibilita'  del  debito   del   complesso   delle
amministrazioni pubbliche» sia posta «con legge dello Stato»,  sposta
invece  nella  competenza  del  legislatore   ordinario   esattamente
quell'oggetto - descritto con le medesime parole utilizzate dall'art.
5, comma 2, lett. c), della legge cost. n. 1 del 2012 - che la  norma
di rango costituzionale ha voluto coprire da  una  riserva  di  legge
rinforzata. Ne' tale violazione e' evitata dalla previsione, di  mero
stile,  che  la  legge  ordinaria  debba  conformarsi  ai   «principi
stabiliti  dalla  presente  legge»  e  cioe'  dettati   dalla   legge
rinforzata, dal momento che  la  legge  n.  243  del  2012,  dopo  le
modifiche introdotte dalla legge n. 164 del 2016 (e segnatamente dopo
le abrogazioni operate dallo stesso art. 4, alle lettere b e c),  non
contiene  alcun  principio  in  ordine   al   concorso   degli   enti
territoriali alla sostenibilita' del debito pubblico. 
    Oltre   alle   ragioni   gia'   sopra   esposte   in    relazione
all'impugnazione dell'art. 3, comma 1, lett. a),  nel  senso  che  la
disposizione  di  rango  costituzionale  violata,  prescrivendo   una
maggioranza qualificata per l'approvazione  della  legge  chiamata  a
regolare  questo  oggetto,  garantisce  anche  e  in  particolare  le
autonomie territoriali,  si  osserva  che  la  violazione  denunciata
ridonda sulla autonomia costituzionalmente garantita  alla  Provincia
ricorrente sotto altri profili. 
    In particolare, vi e' interferenza con  la  potesta'  legislativa
esclusiva in materia di finanza locale attribuita alle Province e con
il correlativi poteri di controllo (art. 80 statuto, come  da  ultimo
modificato dal comma 518 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n.
147, approvato ai sensi dell'art. 104 dello statuto speciale, a norma
del comma 520 della stessa  legge;  artt.  81  e  16  dello  statuto;
articoli 17 e 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268;  art.
79 St., in particolare commi 3 e 4; art. 54, n. 5)  dello  statuto  e
art. 2 decreto del Presidente della  Repubblica  28  marzo  1975,  n.
473), nonche' i poteri di coordinamento finanziario  attribuito  alle
Province dall'art. 79 comma 3 dello statuto («le province  provvedono
al coordinamento della finanza pubblica  provinciale,  nei  confronti
degli enti locali ... Al fine di conseguire gli obiettivi in  termini
di saldo netto da finanziare previsti in capo  alla  regione  e  alle
province  ai  sensi  del  presente  articolo,  spetta  alle  province
definire i concorsi e gli  obblighi  nei  confronti  degli  enti  del
sistema territoriale integrato di rispettiva competenza. Le  province
vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di  finanza  pubblica  da
parte degli enti di cui al presente comma e, ai fini del monitoraggio
dei saldi di finanza pubblica, comunicano al Ministero  dell'economia
e delle finanze gli obiettivi fissati e i risultati conseguiti»).  Vi
e' poi interferenza - anzi violazione, come si e' detto  -  dell'art.
79 dello statuto speciale. 
    Si rammenta che la Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige  e  le
Province autonome, per assicurare il concorso alla sostenibilita' del
debito pubblico, hanno  provveduto  a  concordare  con  lo  Stato  un
contributo finanziario  di  carattere  esaustivo,  anche  per  quanto
riguarda gli oneri del debito pubblico (art. 1, commi da 406  a  413,
della legge n. 190 del 2014, approvata sulla base di intesa raggiunta
ai sensi dell'art. 104 dello  Statuto  speciale,  e  specialmente  il
comma 410). 
    Come si e' gia' ricordato sopra, la legge 23  dicembre  2014,  n.
190, con la procedura prevista dall'art. 104 dello statuto  speciale,
ha novellato anche l'art. 79 dello statuto,  e  cio'  successivamente
alla entrata in vigore sia della legge costituzionale n. 1 del  2012,
sia della legge n. 243 del 2012. 
    Tale   parametro   tiene   dunque    conto    della    disciplina
sull'equilibrio di bilancio ed elenca espressamente e  specificamente
i  modi  in  cui  il  sistema   territoriale   regionale   integrato,
«costituito dalla regione, dalle province e  dagli  enti  di  cui  al
comma 3, concorre, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi  bilanci
ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 243, al conseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e  di  solidarieta'  e
all'esercizio dei  diritti  e  dei  doveri  dagli  stessi  derivanti,
nonche' all'osservanza dei vincoli economici e  finanziari  derivanti
dall'ordinamento  dell'Unione   europea»   (comma   1).   La   stessa
disposizione dichiara poi che tali misure «possono essere  modificate
esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104  e  fino  alla
loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi
di finanza pubblica di cui al comma 1» (comma  2)  e  garantisce  che
«nei  confronti  della  regione  e  delle  province  e   degli   enti
appartenenti al sistema territoriale  regionale  integrato  non  sono
applicabili  disposizioni  statali  che  prevedono  obblighi,  oneri,
accantonamenti, riserve all'erario o  concorsi  comunque  denominati,
ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilita' interno,  diversi
da quelli previsti dal presente titolo». 
    Pertanto, la Provincia ricorrente ritiene  che  l'art.  79  dello
statuto possa  essere  utilmente  invocato  a  difesa  delle  proprie
attribuzioni, tanto piu' a fronte di una norma che  non  regola  essa
stessa le modalita' di contribuzioni, bensi' delega  tale  disciplina
ad una fonte (la comune legge ordinaria) che e' incompetente  sia  in
riferimento a quanto dispone l'art. 5, comma 1, lett. c), della legge
cost. n. 1 del 2012, sia  in  relazione  appunto,  a  quanto  prevede
l'art. 104, comma primo, dello  statuto  speciale,  sia,  infine,  in
relazione al principio dell'accordo in materia finanziaria,  valevole
per gli enti ad autonomia differenziata. 
    E' evidente, ad  avviso  della  ricorrente,  che  il  compito  di
armonizzare i normali principi costituzionali che regolano i rapporti
finanziari tra lo Stato e la Provincia autonoma (e  dunque  in  primo
luogo il principio pattizio, implicito negli articoli 103 e 107 dello
statuto speciale e confermato - per la generalita'  delle  regioni  a
statuto speciali - dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009: principio
che  codesta  Corte  costituzionale  ha   piu'   volte   ribadito   e
valorizzato: v., tra le molte, le sentenze nn. 19 del 2015,  155  del
2015 e 188 del 2016) con la peculiare competenza prevista dalla legge
costituzionale n. 1 del 2012 non  puo'  essere  assegnato  in  alcuna
parte alla semplice legge ordinaria, pena la  vanificazione  di  ogni
specifica garanzia. 
    In altri termini, qualora la legge rinforzata ex art.  81,  sesto
comma, Cost., cui fa rinvio la legge cost. n. 1 del 2012, avesse  una
qualche capacita' derogatoria  rispetto  alla  disciplina  statutaria
sulla finanza regionale, essa non potrebbe comunque  trasferire  tale
capacita' ad una comune legge ordinaria, tanto piu' quando  le  norme
statutarie gia' danno attuazione  ai  principi  dettati  dalla  legge
cost. n. 1 del 2012. 
    Diversamente, risultano violati in primo luogo lo stesso  art.  5
della legge cost. n. 1 del 2012, nonche', per le ragioni ora esposte,
gli articoli 79,  103  e  104  dello  statuto  nonche'  il  principio
costituzionale dell'accordo e le richiamate norme  costituzionali  ed
ordinarie in cui tale principio e' sancito. 
    Proprio la connessione tra i due sistemi  di  garanzia  -  quella
rinforzata  e  quella  negoziata  -  dimostra  comunque  il  pieno  e
specifico interesse della Provincia ricorrente a far valere il  vizio
di violazione dell'art. 5 legge cost. n. 1 del  2012  denunciato  nel
presente motivo di ricorso. 
    Per prevenire possibili - ma infondate -  eccezioni,  si  osserva
che la lesione recata dalla norma impugnata e' gia' attuale,  perche'
la garanzia costituzionale in parola (e cioe'  la  riserva  di  legge
rinforzata) e' gia' adesso violata. 
    Analogamente, del resto, norme legislative che autorizzano poteri
regolamentari statali  nelle  materie  regionali  sono  sempre  state
ritenute  pacificamente   impugnabili   innanzi   a   codesta   Corte
costituzionale  anche  prima  della  emanazione  dei  regolamenti   e
indipendentemente  dall'avvenuto  esercizio   di   quei   poteri   di
normazione secondaria. La  lesione,  infatti,  si  consuma  gia'  nel
momento in cui la legge statale pretende di  condizionare  l'autonoma
regionale a vincoli diversi, anche sul piano delle fonti,  da  quelli
costituzionalmente previsti. 
    Qui la norma impugnata assoggetta la autonomia finanziaria  della
Provincia ad un limite diverso - e  meno  garantistico  -  di  quello
specificamente previsto dalle norme di rango costituzionale e  dunque
la lesione e' fin da subito pienamente attuale. 
    Diversamente opinando, le norme lesive della  autonoma  regionale
ma non autoapplicative non sarebbero mai impugnabili in via  d'azione
e questo contrasterebbe con la natura  stessa  del  giudizio  in  via
principale,  che   e'   diretto   a   salvaguardare   le   competenze
costituzionale delle Regioni e delle Province autonome (e, per quanto
riguarda i ricorsi statali, il principio di  costituzionalita'  della
legislazione), a prescindere dalla gia' avvenuta  applicazione  delle
norme. 
V. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  dell'art.  4,  comma  1,
lett. b), della legge n. 164 del 2016, nella parte in cui rinvia alla
comune legge ordinaria la  disciplina  delle  modalita'  di  concorso
degli enti territoriali di cui al comma 1 alla riduzione  del  debito
del complesso delle amministrazioni pubbliche  attraverso  versamenti
al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. 
    La Provincia impugna anche l'art. 4,  comma  1,  lett.  b)  della
legge n. 164 del 2016, che novella l'art. 12, comma 2, della legge n.
243 del 2012. 
    La disposizione censurata e' cosi' formulata: 
        "All'art. 12 della  legge  24  dicembre  2012,  n.  243  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
          b) il comma 2 e' sostituito dal seguente: 
«2. Fermo restando quanto previsto dall'art. 9, comma 5, gli enti  di
cui al comma 1, tenuto  conto  dell'andamento  del  ciclo  economico,
concorrono  alla   riduzione   del   debito   del   complesso   delle
amministrazioni  pubbliche  attraverso  versamenti   al   Fondo   per
l'ammortamento dei titoli di Stato  secondo  modalita'  definite  con
legge dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente
legge»". 
    L'impugnata lettera b), dunque, rinvia alla  legge  ordinaria  la
regolazione delle modalita' di concorso alla riduzione del debito del
complesso delle amministrazioni pubbliche che  si  attua  mediante  i
versamenti, effettuati dai medesimi enti territoriali, al  Fondo  per
l'ammortamento dei titoli di Stato. 
    Tale disposizione e' applicabile anche alla  Provincia  autonoma,
visto che essa richiama «gli enti di cui al comma  1»  dell'art.  12,
dove sono menzionate, accanto alle Regioni,  anche  le  due  Province
autonome. 
    Questa previsione e' contestata sia per violazione della  riserva
di legge rinforzata dettata dall'art. 5, comma  2,  lett.  c),  della
legge cost. n. 1 del 2012, sia  per  violazione  dell'art.  79  dello
statuto speciale, nonche' del principio dell'accordo (art. 104 e  107
dello statuto speciale; art. 27 legge n. 42 del  2009),  dal  momento
che, al pari della lett. a) dello stesso art. 4, comma 1, impone alla
Provincia autonoma di  contribuire  alla  riduzione  del  debito  del
complesso delle pubbliche amministrazioni con modalita' diverse  -  e
comunque non consensuali - da quelle previste in  modo  specifico  ed
esaustivo dell'art. 79 dello statuto, novellato nel 2014 (per  questa
parte della censura si rinvia integralmente a quanto esposto al punto
precedente). 
    Con riferimento alla censura  che  lamenta  la  violazione  della
riserva  di  legge   rinforzata,   giova   invece   rammentare   che,
precedentemente alle modifiche operate dalla legge n. 164  del  2016,
l'art. 12, commi 2  e  3,  della  legge  n.  243  del  2012  regolava
compiutamente - nel rispetto di quanto sancito dall'art. 5, comma  2,
lett. c) della legge cost. n. 1 del  2012  -  le  modalita'  di  tale
concorso, stabilendo che «nelle fasi favorevoli del ciclo  economico,
i documenti di programmazione  finanziaria  e  di  bilancio,  tenendo
conto della quota di entrate proprie degli enti di  cui  al  comma  1
influenzata dall'andamento del ciclo economico, determinano la misura
del  contributo  del  complesso  dei  medesimi  enti  al  Fondo   per
l'ammortamento  dei  titoli  di  Stato»  ed  aggiungendo  che   «tale
contributo e' incluso tra le  spese  di  cui  all'art.  9,  comma  1,
lettera a». Il successivo comma 3 dell'art. 12 prevedeva inoltre  che
tale contributo fosse ripartito tra gli enti di cui al  comma  1  con
d.P.C.m., sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della
finanza pubblica. 
    Come e'  noto,  la  Corte  costituzionale  aveva  poi  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di tale comma,  nella  parte  in  cui
stabiliva che il  riparto  del  contributo  avvenisse  con  d.P.C.M.,
sentita la Conferenza permanente per il coordinamento  della  finanza
pubblica, anziche', d'intesa  con  la  Conferenza  unificata  di  cui
all'art. 8  del  decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281,  e
successive modificazioni (sentenza n. 88 del 2014). 
    Ora i commi 2  e  3  dell'art.  12,  che  contenevano  l'organica
disciplina di carattere sostanziale  e  procedimentale  gia'  oggetto
dell'intervento correttivo di codesta Ecc.ma Corte, sono  abrogati  e
sostituiti dalla disposizione qui censurata con  un  mero  rinvio  in
bianco alla legge ordinaria, in diretta violazione della  riserva  di
legge rinforzata di cui all'art. 5, comma 2,  lett.  c),  che  invece
commette alla  legge  approvata  a  maggioranza  assoluta,  ai  sensi
dell'art. 81, sesto comma,  Cost.,  la  disciplina  delle  «modalita'
attraverso le quali i Comuni, le Province, le  Citta'  metropolitane,
le Regioni e le Province autonome di Trento e di  Bolzano  concorrono
alla  sostenibilita'  del  debito  del  complesso   delle   pubbliche
amministrazioni». 
    Anche in relazione alla lett. b) e' palese  la  ridondanza  della
violazione denunciata sulla  autonomia  finanziaria  della  Provincia
ricorrente,  per  i  motivi  gia'  analiticamente  esposti  al  punto
precedente,  ai  quali  qui  si  fa  rinvio  (rammentando  ancora  la
competenza provinciale ex art. 79, comma 3, dello statuto). 
    Si  aggiunge  inoltre  che,  con  riferimento   alla   disciplina
previgente del contributo delle Regioni  e  delle  Province  autonome
alla riduzione del  debito  pubblico,  codesta  Corte  costituzionale
aveva  osservato  che  «se  e'  innegabile  che  il   concorso   alla
sostenibilita' del debito nazionale e' un aspetto fondamentale  della
riforma,  e'  anche  vero  che  esso  ha  una   rilevante   incidenza
sull'autonomia  finanziaria  delle  ricorrenti»,  ed  aveva  ritenuto
mandatoria "l'esigenza di  «contemperare  le  ragioni  dell'esercizio
unitario  di  date  competenze   e   la   garanzia   delle   funzioni
costituzionalmente attribuite» alle autonomie (sentenze  n.  139  del
2012 e n. 165 del 2011;  nello  stesso  senso,  sentenza  n.  27  del
2010)", giudicando quindi «indispensabile  garantire  il  loro  pieno
coinvolgimento» (sentenza n. 88 del 2014, punto  10.3).  La  sentenza
citata  aveva  prevista  che   era   «anche   necessario   che   tale
collaborazione assuma la forma dell'intesa, considerate l'entita' del
sacrificio imposto e la delicatezza del compito cui la Conferenza  e'
chiamata». 
    Nella parte in cui sostituisce  una  disciplina  contenuta  nella
legge rinforzata e dunque nella  fonte  competente  (e  materialmente
conforme a Costituzione) con un rinvio alla legge ordinaria (e dunque
a fonte priva di competenza sull'oggetto), la  norma  impugnata  lede
anche il principio di leale collaborazione, visto che questo  non  e'
opponibile alla  funzione  legislativa,  secondo  quanto  piu'  volte
affermato da codesta Corte costituzionale. In altri  termini,  mentre
prima il contributo al Fondo per l'ammortamento dei titoli  di  Stato
era  ripartito,  nel  rispetto  dalla   legge,   mediante   un   atto
amministrativo  adottato  d'intesa  con  la   Conferenza   unificata,
l'attribuzione di questa funzione alla legge ordinaria priva gli enti
territoriali di ogni possibilita' di  coinvolgimento  nella  relativa
decisione. 
 
                              P. Q. M. 
 
     La Provincia autonoma di  Trento,  come  sopra  rappresentata  e
difesa,  chiede,  che  codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia
dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1,
lettera b); 2, comma 1, lettera c); 3, comma 1, lettera a); 4,  comma
1, lettere a) e b), della legge 12  agosto  2016,  n.  164,  recante,
«Modifiche alla legge  24  dicembre  2012,  n.  243,  in  materia  di
equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali», pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2016, n. 201, nelle parti  nei
termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. 
    Allegati: 
        1) Delibera di Giunta provinciale del  18  ottobre  2016,  n.
1813; 
        2) Procura speciale n. rep. 28305 del 20 ottobre 2016. 
    Roma - Padova, 27 ottobre 2016 
 
                          prof. avv. Falcon 
 
 
                             avv. Manzi