N. 245 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 maggio 2016
Ordinanza del 6 maggio 2016 della Commissione tributaria regionale di Napoli sul ricorso proposto da Agente di riscossione Napoli Equitalia Sud Spa contro Errico Amedeo. Contenzioso tributario - Appello alla commissione tributaria regionale - Facolta' delle parti di produrre nuovi documenti. - Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), art. 58, comma 2, anche in combinato disposto con il comma 1.(GU n.49 del 7-12-2016 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI NAPOLI Sezione 32 riunita con l'intervento dei signori: Notari Alfredo, Presidente e relatore; Gallo Sergio, giudice; Ucci Pasquale, giudice, ha emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 10907/2015 depositato il 5 novembre 2015, avverso la sentenza n. 6079/2015 Sez. 12 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli; Contro: Ag. Entrate Direzione provinciale I di Napoli; Contro: Comune di Napoli - Piazza Municipio - 80100 Napoli; Contro: Errico Amedeo - via Po, 20 - 80126 Napoli; difeso da Albinio D'Antonio, via Di Pozzuoli n. 88A - 80078 Pozzuoli; proposto dall'appellante: Agente di riscossione Napoli Equitalia Sud S.p.a., difeso da Sartorio D'Analista Massimo, corso Vittorio Emanuele 416 piano 1 - 80135 Napoli; terzi chiamati in causa: Presidente della Camera dei deputati Palazzo Montecitorio - 00186 Roma. Atti impugnati: fermo amministrativo n. 07180201400041689000 Irpef - Altro; fermo amministrativo n. 07180201400041689000 Iva - Altro; fermo amministrativo n. 07180201400041689000 Irap; fermo amministrativo n. 07180201400041689000 Tarsu/Tia. Svolgimento del processo Con l'impugnata sentenza la C.T.P. di Napoli accoglieva il ricorso proposto da Errico Amedeo avverso il preavviso di fermo amministrativo come da epigrafe relativo all'auto Mazda 3 tg. DG824GY di sua proprieta', preavviso speditogli dalla s.p.a. Equitalia Sud per conto dell'Agenzia delle entrate di Napoli e del Comune di Napoli. relativamente a dieci cartelle di pagamento per TARSU, IVA, IRPEF, IRAP ed altro dal 2005 al 2011, il tutto per un importo complessivo di € 61.022,72. Il ricorrente aveva dedotto l'omessa notifica delle cartelle richiamate in esso preavviso e la decadenza dal diritto a quelle esazioni tributarie, nonche' la necessita' di usare la detta auto per accompagnare il figlio minore portatore di grave handicap. L'Agenzia delle entrate di Napoli ed il comune di Napoli, instauratosi il contraddittorio, si erano costituiti deducendo la loro estraneita' alla lite, in quanto la notifica delle cartelle riguardava esclusivamente la s.p.a. Equitalia Sud, e quest'ultima, costituitasi anch'essa, aveva contestato in fatto ed in diritto ogni avversa deduzione. La C.T.P. di Napoli, previamente ritenuto impugnabile il preavviso di fermo, lo annullava rilevando la mancata prova documentale della notifica delle cartelle sottesevi, pur rigettando la domanda di annullamento delle medesime e quella di declaratoria di decadenza. Avverso tale sentenza proponeva appello la s.p.a. Equitalia Sud,producendo documentazione relativa alla notifica delle dette cartelle e comunque sostenendo l'erroneita' della decisione adottata per divisate inammissibilita' ed infondatezza della domanda di annullamento del preavviso di fermo, nonche' comunque per difetto di prova circa la dedotta necessita' del contribuente di accompagnare con quell'auto il figlio minore portatore di handicap. Radicatasi la lite nel presente procedimento di secondo grado, si costituiva solo, l'Errico resistendo all'appello per asserita tardivita' dell'avversa produzione documentale e formulando gravame incidentale in ordine al mancato annullamento di tutte le cartelle nonche' in ordine al rigetto della deduzione di decadenza, tanto poi ribadendo in note difensive prodotte in data 1° aprile 2016. Indi questo collegio ha adottato la deliberazione, come da dispositivo e motivi qui contenuti, all'udienza odierna, svoltasi con le formalita' di cui all'art. 34 decreto legislativo n. 546/1992 nella ricorrenza di ogni requisito previsto dalla detta norma. Motivi della decisione S'impone ai fini del decidere - previamente ammessa l'impugnabilita' del preavviso di fermo (cfr. Cass. S.U. n. 11087/10) - la delibazione di questa C.T.R. circa la questione di costituzionalita', da sollevarsi d'ufficio, in ordine al disposto dell'art. 58, comma 2 del decreto legislativo n. 546/92, sia in se' che in relazione al comma 1 della stessa norma, questione strettamente funzionale alla decisione della causa, in cui appunto si controverte della legittimita' della produzione in appello della prova documentale della notifica delle cartelle prodromiche al preavviso di fermo in oggetto, pur se tale prova era nella disponibilita' della parte producente, nella specie la s.p.a. Equitalia Sud, gia' in primo gado. Il cit. art. 58 invero - dopo aver prescritto, al comma 1, pedissequamente al disposto dell'art. 345 codice di procedura civile, che non possono essere prodotti nuovi mezzi di prova in appello, salvo che non siano ritenuti indispensabili o che la parte non dimostri di non aver potuto proporli o produrli in primo grado per causa ad essa non imputabile - al comma 2 sembra far salva indiscriminatamente la possibilita' di produzione in secondo grado di nuovi documenti. Ora, va subito ricordato che a riguardo si e' ravvisata la specialita' di tale ultima disposizione normativa - peculiare del rito tributario in cui non puo' trovare propriamente ingresso quasi nessuno mezzo di prova ai sensi dell'art. 7 decreto legislativo n. 546/92 - rispetto a quella generale di cui al cit. art. 345 codice di procedura civile (cfr., ex multis, Cassazione n. 6914/11; n. 10234/12; n. 3661/15) e che se n'e' costantemente registrata una ferrea, e perfino burocratica, interpretazione letterale, donde viene avallata la legittimita' della produzione di nuovi documenti in appello pur quando essi siano, stati gia', come nella specie, in possesso della parte che per sua mera inerzia non li abbia fino ad allora prodotti. Per l'effetto la disposizione di legge in esame faculterebbe, a quanto gia' cennato, una libera ed incondizionata producibilita' documentale cui non sarebbe d'ostacolo l'omessa o tardiva produzione di quegli stessi documenti in primo grado, e cio' in aderenza ad univoco orientamento della Suprema Corte (cfr., ex multis, Cassazione n. 18907/11; n. 20109/12; n. 665/14; n. 21909/15). Anzi al piu' la giurisprudenza di legittimita' si e' fatta scrupolo di affermare che dovrebbe applicarsi anche in secondo grado il limite posto dall'art. 32 decreto legislativo n. 546/92 per effetto del richiamo operato dall'art. 61 decreto legislativo n. 546/92, di guisa che la produzione di nuovi documenti in appello dovrebbe rispettare il termine di venti giorni liberi prima dell'udienza, oltre ad osservare le formalita' di cui al comma 1 dell'art. 24 di esso decreto legislativo n. 546/92 (cfr. Cassazione n. 20109/12 e n. 3661/15 gia' cit.). Pertanto, per restare nello specifico, secondo l'insegnamento dei Supremi Giudici, la prova della notifica al contribuente delle cartelle prodromiche al preavviso di fermo in oggetto ben potrebbe essere acquisita nel presente grado, pur non avendo la s.p.a. Equitalia Sud provato la sussistenza di caso fortuito o forza maggiore impeditivi di tale produzione in primo grado. In altri termini la perenzione cristallizzatasi davanti alla C.T.P. per mancata produzione di tali documenti o per ipotetica mancata produzione dei medesimi nel termine previsto dall'art. 32 del decreto legislativo n. 546/92 - termine di natura indubbiamente perentoria proprio perche' prescritto come tempo utile ed ultimativo per il compimento di atti del processo, nell'evidente logica pubblicistica dell'ordinato suo svolgimento, donde trae appunto la propria ragion d'essere la comminatoria della decadenza (cfr. anche Cassazione n. 655/14 che, nel ravvisare la perentorieta' in discorso, pur in assenza di espressa previsione legislativa, giustifica la decadenza con riferimento al rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio) - resterebbe sempre sanabile davanti alla C.T.R., o, nella peggiore delle ipotesi, lo resterebbe nel rispetto del termine dei venti giorni ex art. 32 cit. anteriori alla prima udienza in appello. E per di piu' tale sanatoria opererebbe, come gia' detto, in modo del tutto incondizionato, e cioe' neppure vincolato ad un previo giudizio di eventuale indispensabilita' di quell'acquisizione, parallelamente a quanto previsto dal comma 1 dell'art. 58 in discorso (comma 1 implicante, a tacer d'altro, una delicata valutazione giudiziale che, districandosi fra veri e propri equilibrismi interpretativi, dovrebbe evitare di tradursi in interventi adiutori del giudice in violazione del diritto di difesa dell'altra parte). Su tali premesse, a parere di questa C.T.R., non potendo ritenersi consentita una lettura cosi' largheggiante dell'art. 58, comma 2 decreto legislativo n. 546/92, non si potrebbe sfuggire da questa alternativa: o ritenere costituzionalmente illegittima, senza mezzi termini, la disposizione in esame, o limitarla fortemente e significativamente in sede interpretativa. A tal ultimo riguardo per documenti nuovi potrebbero piuttosto intendersi - ed invero proprio in ossequio alla cennata logica di specialita' ascrivibile alla nota inibizione di esperire prove testimoniali ex art. 7, comma 4 decreto legislativo n. 546/92 cit. - documenti ulteriori rispetto a quelli gia' acquisiti, come nel caso in cui sussista la necessita' di integrarli o anche di produrli per la prima volta in relazione alla sopravvenvienza di argomentazioni fattuali o giuridiche esposte nella sentenza impugnata oppure nel gravame (a seconda che si consideri la posizione dell'appellante o dell'appellato), o ancora, al piu', in ogni altro caso in cui non si sia gia' perento il diritto della parte di versarli in processo. Ma - senza peraltro nascondersi che forse quanto appena delineato sarebbe gia' scritto nel sistema, di guisa che una tale lettura restrittiva e, ad avviso di questa C.T.R., costituzionalmente orientata finirebbe col rendere del tutto pleonastica la specificazione contenuta in esso art. 58 comma 2 - dovrebbe comunque evitarsi radicalmente che tale disposto normativo possa mai consentire di produrre in appello documenti producibili in primo grado e nondimeno, senza cogenti ragioni giustificative, non prodotti affatto oppure non prodotti tempestivamente nel termine di cui all'art. 32 cit., e quindi documenti la cui produzione si sia perenta in primo grado. E', a ben guardare, lo stesso concetto di perenzione ad indicare, nel lessico comune prima ancora che in quello giuridico, l'impossibilita' di reviviscenza: si perime cio' che si perde e cio' che si perde piu' non risorge. Sarebbe invero singolare che il sistema processuale tributario vietasse in primo grado l'acquisizione di documenti oltre i limiti temporali fissati dall'art. 32 decreto legislativo n. 546/92 per poi consentire in appello, ai sensi dell'art. 58, comma 2 dello stesso decreto legislativo, la loro producibilita' libera e piena. Ne' meno libera e meno piena essa sarebbe anche a voler recepire il citato pensiero giurisprudenziale (Cass. n. 20109/12 e n. 3661/15) per il quale dovrebbe rispettarsi anche in grado d'appello il limite di cui all'art. 32 cit., e cio' in quanto resterebbe pur sempre il problema di consentire la reviviscenza di una facolta' processuale perenta. E cio' non sarebbe soltanto antinomico rispetto alla dimensione logico-giuridica del perimersi decadenziale nei sensi sopra cennati, ma finirebbe, ancor peggio, col vanificare quel rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio di cui, come gia' detto, si fa opportunamente carico la giurisprudenza, ravvisandovi appunto la ratio stessa della decadenza (cfr. Cassazione n. 655/14 cit. ed anche n. 3661/15 cit.). Invero una produzione documentale nuova in appello, pur se possibile in primo grado e non avvenuta per mera inerzia della parte interessata, potrebbe essere voluta ad arte per impedire al controsoggetto processuale la proposizione di motivi aggiunti in primo grado e quindi il pieno esercizio del diritto di difesa di quegli. Ne' varrebbe opporre che una tale facolta' sarebbe pur sempre salva all'esito della produzione in appello, dal momento che, per com'e' evidente, la controparte del producente avrebbe, pur sempre e per sempre, perso - senza quindi possibilita' di reviviscenze di sorta - un grado di giudizio utile alla sua difesa. Utile alla difesa e percio' necessario ed anzi, ex art. 24 Cost., ineludibile. Come si vede, quel tale rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, rispetto pur valorizzato dalla citata giurisprudenza, verrebbe gravemente meno, con il risultato antigiuridico di conculcare o limitare il diritto di difesa della parte non negligente ed invece favorire proprio la parte negligente che, avendo omesso di produrre in primo grado cio' che ben poteva produrre, verrebbe in tal modo ad essere premiata anziche' essere sanzionata. O meglio verrebbe ad essere premiata dopo essere stata sanzionata solo in maniera effimera e precaria in primo grado e percio', in fin dei conti e per dirla tutta, solo per finta, cosi' come solo per finta il diritto di produrre documenti si sarebbe estinto davanti al primo giudice per poi risorgere davanti al secondo. E - si ripete - non vi resta implicata la sola preoccupazione logica e sistematica di postulare la possibilita' di una tale resurrezione, ma ben piuttosto quella di veder minata in radice la certezza delle situazioni giuridiche di cui consta il rapporto processuale. Infatti la decadenza del diritto di una parte non potrebbe mai radicare l'effetto estintivo che le e' proprio con correlate conseguenze nel patrimonio giuridico della parte contrapposta: il diritto acquisito da quest'ultima di giovarsene, come di consueto, in via definitiva ed irreversibile piu' non sussisterebbe, dal momento che essa parte contrapposta resterebbe condannata ad uno stato di dubbio e precarieta' sull'esistenza di quel suo diritto derivato dall'avversa caducazione, diritto che percio' potrebbe definirsi tale solo per intanto o, per cosi' dire, allo stato degli atti. Parallelamente la decadenza non avra' sancito, secondo la regola ordinaria, la morte, peraltro di tipo abortivo, del diritto non esercitato, ma solo una sorta di sua morte presunta, con l'intuibile precarieta' che ne deriva. Tanto varrebbe dunque liberalizzare fin da subito, in primo grado, la facolta' di produrre documenti senza limiti di sorta. E cio' anche e soprattutto al fine di evitare la contorsione logico-giuridica di scompensare gli spazi decisori fra i due gradi di giudizio, restringendo il primo in attesa di ampliare eventualmente il secondo. Verrebbe cosi' a crearsi un sistema ibrido in cui sarebbe possibile ed anzi in qualche modo precostituita una cognizione iniziale piu' ridotta rispetto a quella del gravame. Ed invero l'estensione del giudizio d'appello risulterebbe in tal modo, in un abnorme ribaltamento dei tradizionali schemi processuali, non piu' dimensionato minoritariamente sul devolutum (nella piu' corretta accezione che trascende i meri aspetti difensivi ed argomentativi e coinvolge anche i mezzi di prova acquisti e richiamati a supporto delle deduzioni censorie), bensi' passibile delle piu' impreviste ed impensabili dilatazioni innescate dai nuovi documenti, fino a snaturare la stessa concezione del giudizio d'appello come revisio prioris instantiae. Pertanto quantomeno s'imporrebbe, ad avviso di chi giudica, una lettura restrittiva del comma 2 dell'art. 58 decreto legislativo n. 546/92 - salvo a ritenerlo addirittura incostituzionale - rispetto a quella abilitante una produzione documentale senza limiti e condizioni in grado d'appello (o finanche con l'uguale limite di cui all'art. 32 decreto legislativo n. 546/92 applicato ex art. 61 dello stesso decreto legislativo), onde evitare l'effetto perverso di annullare le decadenze gia' verificatesi in primo grado e cosi' sovvertire ogni garanzia di contraddittorio ed ogni certezza correlata a quest'ultimo, nonche', prima ancora, la stessa dimensione strutturale e funzionale del processo che non consente regressioni di sorta nel suo coessenziale divenire. Stavolta dunque, a voler seguire il citato pensiero giurisprudenziale della Suprema Corte dal quale si dissente, la sanzione della decadenza resterebbe annullata, con singolare esito premiale dell'inerzia sottesa alla perenzione caducativa gia' realizzatasi e quindi con incidenza su effetti gia' definiti nel rapporto processuale fra le parti, non gia' jussu judicis come nella detta ipotesi della divisata indispensabilita' del documento di cui al comma 1 dell'art. 58 in discorso, bensi' addirittura, sempre e comunque, ope legis. A tacer d'altro, poi, si dovrebbe anche ritenere che il comma l dell'art. 58 decreto legislativo n. 546/92 resti sempre abrogato dal suo comma 2, atteso che non sussiste un netto discrimine concettuale fra la categoria giuridica dei mezzi di prova e quella dei documenti, rientrando questi ultimi propriamente nel novero dei primi, quali mezzi di prova costituiti diversi da quelli costituendi e percio' come species dello stesso genus (cfr. Cassazione S.U. n. 8203/05), il tutto non senza ribadire ancora che nel processo tributario i mezzi di prova sono appunto essenzialmente i documenti, attese le minimali indicazioni dell'art. 7 decreto legislativo n. 546/92 circa gli altri mezzi istruttori consentiti e dovendosi altresi' ricordare che neppure la c.t.u. puo' considerarsi tecnicamente un mezzo di prova (cfr., ex multis, Cassazione n. 132/96; n. 4720/96; n. 996/99; n. 14979/00; n. 5422/02; 9060/03; 3004/04; n. 13401/05; n. 9522/06 S.U.; n. 23087/06; n. 24620/07; n. 1850/09 S.U.; n. 9461/10; n. 3130/11; n. 8989/11; n. 2251/13). Il che renderebbe, per altro verso, alquanto pletorico il dettato di esso comma 1, per cui il riferimento letterale dei due commi in discorso rispettivamente ai mezzi di prova ed ai documenti si risolverebbe, in definitiva, in una dualita' solo apparente. Non si ravvisa quindi manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' qui posta d'ufficio con riferimento alla contrarieta' della normativa di che trattasi rispetto agli articoli 3 e 24 Cost., essendo innegabile il dato della disparita' di trattamento delle parti, con intollerabile sbilanciamento, a favore di quella facultata a produrre per la prima volta in appello documenti gia' in suo possesso nel grado anteriore ed in danno della controparte, costretta comunque a vedere limitata e compromessa la sua difesa per effetto dell'indubbia sottrazione di un grado di giudizio alla sua posizione processuale. Da quanto appena detto discende altresi', quasi a mo' di corollario, la non manifesta infondatezza della stessa questione di costituzionalita' rispetto all'art. 117, primo comma Cost. e, per esso, rispetto ai vincoli derivanti, a tacer d'altro, dall'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, che sancisce il diritto ad un processo equo. A cio' si aggiungano le esposte notazioni, di immediata valenza logica prima che giuridica, riferite alla reviviscenza di diritti perenti o caducati ed ai connessi guasti giuridici che si verificherebbero in capo alla controparte della producente i nuovi documenti e, piu' in generale, nel sistema nonche', per quanto di ragione, in ordine alla stessa dimensione concettuale di processo come divenire non regressivo ed a quella di processo di secondo grado con devoluzione non maggiore rispetto al primo grado, non senza infine considerare tutte le anomalie e le incongruenze interpretative radicate dalla congiunta lettura dei due commi dell'art. 58 nei sensi detti. Per tutto quanto precede, la tematica della legittimita' costituzionale del complessivo disposto di tale norma, ad avviso di questa C.T.R., merita di essere approfondita, quantomeno alla stregua degli argomenti qui addotti ex officio judicis, nella parte in cui si prevede che la produzione di nuovi documenti in appello sia sempre ammessa (ancorche' nei termini ex art. 32 decreto legislativo n. 546/92 per il disposto dell'art. 61 decreto legislativo n. 546/92), anche per i documenti gia' in possesso della parte in primo grado da essa non prodotti affatto o non prodotti tempestivamente, e quindi ad onta dell'effetto decadenziale definitivo ed insanabile verificatosi sulla facolta' di produrli in appello, salvo conclamate evenienze fortuite o di forza maggiore. Ai sensi dell'art. 23, comma 2 della legge 11 marzo 1953, n. 87 il presente giudizio sospeso fino alla definizione dell'incidente di costituzionalita', mentre ai sensi dell'art. 23, comma 4 della legge 11 marzo 1953, n. 87 la presente ordinanza sara' notificata alle parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
P.Q.M. La commissione cosi' provvede: a) letti gli articoli 134 e 137 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 58, comma 2 del decreto legislativo n. 546/92, sia in se' che in relazione al comma 1 di essa norma, per divisato contrasto con gli articoli 3, 24 e 117 primo comma della Costituzione, nonche' con criteri di razionalita' e con i principi generali dell'ordinamento nei sensi di cui in motivazione; b) dispone la sospensione del presente giudizio; c) dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati; d) dispone infine l'immediata trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale assieme al fascicolo processuale nella sua interezza e con la prova delle avvenute e rituali notificazioni e comunicazioni predette. Napoli, 22 aprile 2016 Il Presidente estensore: Notari