N. 250 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 giugno 2016

Ordinanza del 7 giugno 2016 della Corte d'appello  di  Catanzaro  nel
procedimento civile promosso da Toto Immobiliare Srl in  liquidazione
contro Curatela del fallimento Toto Immobiliare Srl in  liquidazione,
Condorelli Antonino e Oliverio Adele.. 
 
Fallimento  e   procedure   concorsuali   -   Procedimento   per   la
  dichiarazione di fallimento  -  Notificazione  del  ricorso  e  del
  decreto di convocazione del debitore  e  dei  creditori  istanti  -
  Modalita' di esecuzione della notifica dell'atto  che  non  si  sia
  potuto consegnare ne' tramite  posta  elettronica  certificata  ne'
  presso la sede della  societa'  debitrice  (in  specie,  s.r.l.)  -
  Deposito dell'atto presso la casa comunale  della  sede  risultante
  dal registro delle imprese e  perfezionamento  della  notifica  nel
  momento del deposito stesso. 
- Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del
  concordato preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
  liquidazione coatta amministrativa), art.  15,  comma  terzo,  come
  sostituito dall'art. 17, comma 1, lett. a),  del  decreto-legge  18
  ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita  del
  Paese), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  17  dicembre
  2012, n. 221. 
(GU n.50 del 14-12-2016 )
 
                   LA CORTE D'APPELLO DI CATANZARO 
                          II Sezione Civile 
 
    Riunita in Camera di Consiglio e composta dai magistrati: 
      dott. Rita Majore, Presidente; 
      dott. Francesca Romano, consigliere relatore; 
      dott. Chiara Ermini, consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile d'appello
iscritta al n. 1158/2015 RG, vertente tra  Toto  Immobiliare  Srl  in
liquidazione,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Maria   Cantafio,
elettivamente domiciliato presso il suo  studio,  in  Catanzaro,  via
Conti Falluc n. 122/Corpo 5, reclamante; 
    Contro  Curatela  del  Fallimento   Toto   Immobiliare   Srl   in
liquidazione,  rappresentata   e   difesa   dall'avv.   Mariagiovanna
Costanzo,  elettivamente  domiciliata  presso  il  suo   studio,   in
Catanzaro, via XX Settembre n. 63; 
    Condorelli Antonino e  Oliverio  Adele,  rappresentati  e  difesi
dall'avv. Concetta Giglio, elettivamente domiciliati  presso  il  suo
studio, in Catanzaro, piazza Falletti n. 16, reclamati. 
    La Corte d'appello, in esito  all'udienza  del  25  maggio  2016;
letti gli atti; osserva. 
 
                          Premesso in fatto 
 
    Il 18 dicembre 2014 Oliverio Adele e  Condorelli  Antonino  hanno
prodotto ricorso  per  la  dichiarazione  di  fallimento  della  Toto
Immobiliare Srl in liquidazione, deducendo di vantare un credito di €
46.894,33, oltre rivalutazione interessi e spese, giusta  emessa  dal
Tribunale di Catanzaro, provvisoria mente esecutiva; la procedura  ha
preso il n. 209/2014 del R.P.F. del Tribunale di Catanzaro. 
    Il giudice delegato  dal  Tribunale,  con  provvedimento  del  22
dicembre 2014, ha fissato l'udienza di comparizione del debitore  per
il giorno 17  febbraio  2015,  ore  9,30.  Il  decreto,  regolarmente
trasmesso tramite PEC al creditore istante, non e'  stato  comunicato
al debitore:  l'attestazione  della  notificazione  effettuata  dalla
cancelleria in via  telematica  all'indirizzo  di  posta  elettronica
certificata risultante dal  registro  della  imprese  indica  l'esito
negativo della notificazione, senza ulteriori specificazioni. 
    Di tanto veniva data comunicazione al creditore istante, il quale
ha provveduto richiedere la notifica  di  persona  tramite  Ufficiale
giudiziario;  anche  tale  tentativo  si'  e'  risolto  in  un'omessa
notifica, poiche' all'indirizzo presso il quale, secondo il  registro
delle imprese, avrebbe dovuto trovarsi la  sede  della  societa',  la
sede non v'era piu',  risultando,  per  come  asserito  nella  relata
dell'Ufficiale giudiziario, «trasferita altrove». E' dunque  seguito,
in data 23  gennaio  2015,  il  deposito  dell'atto  presso  la  casa
comunale del luogo, senza che risulti il  suo  ritiro  da  parte  del
destinatario. 
    Espletata   l'istruttoria   prefallimentare   nell'assenza    del
debitore, ed acquisite informazioni tramite la Guardia di Finanza, il
Tribunale di Catanzaro, con sentenza depositata il 24 luglio 2015, ha
dichiarato il fallimento della Toto Immobiliare Srl in  liquidazione,
in primo luogo ritenendo la regolarita'  della  notifica,  comprovata
anche dal rilascio di procura ad un legale perche' prendesse  visione
degli atti. La sentenza impugnata ha affermato inoltre nel merito  la
fallibita' della societa' destinata ria della  relativa  istanza,  la
ricorrenza del presupposto di cui all'ultimo comma dell'art. 15  l.f.
quanto all'importo dei debiti scaduti, e la condizione di insolvenza. 
    La societa' ha prodotto reclamo  preliminarmente  contestando  la
validita' della notifica, rimarcando come  incomprensibile  il  fatto
che la comunicazione inviata via PEC del ricorso per dichiarazione di
fallimento e pedissequo decreto di comparizione  avesse  visto  esito
negativo, mentre a quello stesso indirizzo era regolarmente  avvenuta
la notifica della sentenza di fallimento. 
    Riteneva pertanto che fosse stata omessa la notifica a mezzo  PEC
prevista dall'art. 15 l.f., con cio' determinandosi  la  nullita'  ed
irregolarita' di tutto il procedimento notificatorio seguito. A tanto
non si era dato rimedio, benche' Toto Vitaliano, nella sua  qualita',
avendo ricevuto la convocazione per essere sentito dalla  Guardia  di
Finanza, avesse dato  incarico  ad  un  legale  di  accertarsi  della
situazione, e questi avesse  fatto  presente  oralmente  la  nullita'
della notifica effettuata. 
    Il reclamante ha contestato inoltre i singoli elementi da cui  il
Tribunale  ha  desunto  lo  stato  di   insolvenza,   rilevando   che
trattandosi di societa'  in  liquidazione  dovesse  unicamente  farsi
riferimento al raffronto tra elementi attivi ed elementi  passivi,  e
dalla stessa  sentenza  si  evinceva  la  prevalenza  dei  primi  sui
secondi. La curatela del fallimento ed i creditori  istanti  si  sono
costituiti sottolineando,  in  rito,  di  aver  osservato  tutti  gli
incombenti richiesti dall'art. 15 l.f. e, nel merito,  la  condizione
di insolvenza della societa'. Concesso il richiesto  termine  per  la
produzione di note, la causa e' stata posta in decisione  all'udienza
dell'11 novembre 2015. 
 
                             In diritto 
 
    Va rilevato che questa Corte,  con  pregressa  ordinanza  del  1°
aprile 2015 resa nel procedimento n. 1375/2014 RGAC, ha gia' ritenuto
fondato il rilievo di legittimita'  costituzionale,  in  quella  sede
sollevato  dalla  parte,  e  che  qui  si  solleva  d'ufficio,  sulla
modalita' della notifica del ricorso introduttivo e  del  decreto  di
convocazione del debitore. 
    Non osta  al  rilievo  della  questione  la  circostanza  che  il
reclamante deduca solo la (ritenuta)  omessa  notifica  a  mezzo  PEC
della notifica,  che  nella  specie  emerge  dall'attestazione  della
cancelleria (valida fine a querela di falso), ne' il fatto  che  egli
riconosca di aver avuto, in via di fatto, notizia della procedura  in
itinere. 
    Il procedimento nella specie seguito, come del resto quello  gia'
oggetto di precedente esame della Corte,  risulta  invero  del  tutto
conforme a quello previsto dal  comma  3,  dell'art.  15,  del  regio
decreto n. 267/1942, a tenore del quale «il  ricorso  ed  il  decreto
devono essere notificati a cura della  cancelleria  all'indirizzo  di
posta elettronica certificata del debitore  risultante  dal  registro
delle imprese e dei professionisti. L'esito  della  comunicazione  e'
trasmesso,  con  modalita'   automatica,   all'indirizzo   di   posta
elettronica  certificata  del  ricorrente.  Quando,   per   qualsiasi
ragione, la notificazione  non  risulta  possibile  o  non  ha  esito
positivo, la notifica, a cura  del  ricorrente,  del  ricorso  e  del
decreto si esegue esclusivamente di persona a  norma  dell'art.  107,
primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15  dicembre
1959 n. 1229 presso la sede risultante dal  registro  delle  imprese.
Quando  la  notificazione  non  puo'  essere  compiuta   con   queste
modalita', si esegue con il deposito dell'atto  nella  casa  comunale
della sede che risulta iscritta  nel  registro  delle  imprese  e  si
perfeziona nel momento del deposito stesso. L'udienza e' fissata  non
oltre quarantacinque giorni dal deposito del ricorso e  tra  la  data
della  comunicazione  o  notificazione  e  quella  dell'udienza  deve
intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni». Il testo e'
quello innovato dal decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179,  convertito
con modifiche nella legge 17 dicembre 2012 n. 221, applicabile dal 1°
gennaio 2013 e quindi al caso in disamina. 
    Reiterando le argomentazioni spese in quell'ordinanza,  che  sono
esattamente sovrapponibili al caso in  esame,  va  detto  che  l'iter
notificatorio prevede  delle  modalita'  in  ordine  sequenziale,  da
applicarsi secondo la progressione imposta  dalla  norma;  in  primis
deve effettuarsi, a cura della cancelleria, In notifica a mezzo  PEC,
fallita la quale e' la parte a dover provvedere,  solo  «di  persona»
presso la sede risultante dal registro delle imprese; ove anche  tale
modalita' fallisca; la notifica «si esegue con il deposito  dell'atto
nella casa comunale della sede  che  risulta  iscritta  nel  registro
delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso». 
    Ritiene il collegio che tale disposizione si ponga  in  contrasto
con l'art. 3 e 24 della Costituzione: quanto all'art. 3 perche'  essa
costituisce un'irragionevole ed immotivata disparita' di  trattamento
rispetto alle modalita' richieste dall'art. 145 del codice  procedura
civile per la notifica alle persone giuridiche (e forse, anche se non
e' questo  il  caso  in  disamina,  anche  all'art.  140  del  codice
procedura civile per  quel  che  investe  la  notifica  alle  persone
fisiche), in specie per il caso  di  mancato  reperimento  nel  luogo
indicato dalla legge;  quanto  all'art.  24  perche',  nel  prevedere
modalita' di notifica che non  comportano  neanche  astrattamente  la
conoscibilita' della pendenza della procedura, ledono il  diritto  di
difesa del soggetto che ne e' parte. 
    Mette conto di ricordare che  la  modalita'  di  notifica  toste'
indicata si rivolge sia alle imprese esercitate in forma  individuale
che  a  quelle  esercitate  in  forma   societaria;   essa   registra
significative  deviazioni  con  riguardo   all'ipotesi   di   mancato
reperimento del notificato, posto che, com'e' ovvio, nessuna  censura
puo' porsi al procedimento in esame ove esso risulti perfezionato con
le modalita' previste dalla norma nel suo ordine preferenziale, ossia
con l'utile invio presso l'indirizzo di posta certificata  o  con  la
notifica effettuata solo di  persona  dall'Ufficiale  giudiziario  (e
dunque non per posta, e, a seconda dei casi, col sistema previsto per
le persone fisiche e/o per le persone giuridiche). 
    Deve segnalarsi che l'inciso contenuto nella norma -  secondo  il
quale deve passarsi alla notifica tradizionale quando la  notifica  a
mezzo per «non risulta  possibile  o  non  ha  esito  positivo»  «per
qualsiasi ragione» - sembra rimandare al solo  dato  oggettivo  della
mancata ricezione, senza indagare se cio' possa essere addebitatine a
fatto del mittente o a fatto del destinatario. Sotto tale profilo, la
norma non sembra investire addebiti di sorta nella mancata  notifica,
limitandosi a registrare il dato della sua  omissione;  diversamente,
ad  esempio  nell'ipotesi  che  la  mancanza  sia   addebitatine   al
notificato, si sarebbe  dovuto  escludere  il  passaggio  alle  forme
successive, invece previste quando, «per qualsiasi ragione», si debba
ritenere  di  trovarsi  di  fronte  ad  una  notifica  omessa.   Cio'
d'altronde risponde alla previsione di cui all'art.  16  del  decreto
ministeriale  n.  44/2011  (emanato   in   attuazione   del   decreto
legislativo  n.  82/2005  e  della  legge  n.  24/2010),  nel   testo
modificato dal decreto ministeriale n. 209/2012, secondo il quale «la
comunicazione per via telematica si intende perfezionata nel  momento
in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da  parte  del
gestore di posta elettronica certificata destinatario e  produce  gli
effetti di' cui agli articoli 45 e 48 del codice dell'amministrazione
digitale». In tal senso la disposizione risulta interpretata  sia  da
giurisprudenza di merito (e sul punto Cass. Sez. lav. 2  luglio  2014
n. 15070 e 20 maggio 2013 n. 12205, nonche' Corte  d'appello  Bologna
30 maggio 2014), tutte  comprovanti  la  sufficienza,  sia  pure  con
diverse modalita' in relazione ai diversi regimi temporali,  ai  fini
del verificarsi della notifica, della formazione  della  ricevuta  di
consegna all'indirizzo, restando del tutto  indifferente  l'effettiva
lettura di quanto trasmesso. 
    Nell'assetto attuale dunque, e vieppiu' in  forza  di  quanto  la
stessa norma suggerisce con quella dizione «a chiusura», ogni ragione
che determini il mancato perfezionamento della notifica  equivale  ad
omessa notifica ed esige il passaggio alla forma  successiva,  quella
della notifica a mezzo dell'Ufficiale giudiziario «di persona». 
    Il richiamo alla notifica «di persona»  di  cui  al  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  1929/1959  pone  subito  un  primo
problema di compatibilita' tra la nuova disciplina e la  disposizione
di cui all'art. 140 del codice procedura civile, nel caso in  cui  si
parli di impresa  individuale,  ossia  di  notifica  ad  una  persona
fisica, sia pure, de iure, solo nella sede della impresa  che  questa
eserciti; l'Ufficiale  giudiziario  dovra'  limitarsi,  nei  casi  di
mancata  consegna  nelle  ipotesi  ivi  previste,  al  mero  deposito
dell'atto o dovra' predisporre  il  corredo  di  incombenti  previsti
nell'art. 140 del codice di procedura civile, (affissione alla  porta
dell'ufficio ed invio della raccomandata  con  l'avviso  di  avvenuto
deposito; incombenti sui quali a' intervenuta, proprio in  favor  del
notificato ed  a  garanzia  dell'effettivita'  della  conoscenza,  la
sentenza della Consulta n. 3/2010)?. In  questo  caso,  tuttavia,  si
puo' forse ipotizzare la possibilita' di  una  interpretazione  della
norma  costituzionalmente  orientata,  e  dunque  ritenete  che,  col
richiamo alla notifica «di  persona»,  la  norma  voglia  operare  un
richiamo anche agli incombenti di cui  all'art.  140  del  codice  di
procedura civile.  E'  vero  che  cio'  sembra  togliere  senso  alla
innovazione dell'art. 15 l.f., in specie nella parte in  cui  dispone
che alla notifica basta il deposito preso la casa comunale;  tuttavia
occorre considerare che la disposizione, che si pone certamente  come
speciale rispetto a quelle delle  notifiche  ordinarie  previste  dal
codice, contiene in se' entrambi i riferimenti (uno testuale  ed  uno
col metodo del rinvio), si' che essi si pongono sullo stesso piano di
validita',  non  risultando  in  posizione   di   reciproca   deroga.
All'interprete e'  percio'  possibile  ritenere,  anche  al  fine  di
dirimere il possibile contrasto tra il rinvio all'art. 140 del codice
di procedura civile e la dichiarata sufficienza del deposito, che  la
interpretazione, consentita dal testo  e  dal  sistema  dei  principi
sulle notifiche, possa essere  quella  gia'  segnata  dalle  sentenza
della Consulta (si ribadisce, sempre con riguardo ai soli  incombenti
a garanzia), individuando cosi' il «deposito»  testualmente  previsto
come una parte del piu'  ampio  procedimento  previsto  col  richiamo
indiretto (tramite  l'art.  107  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 1229/59) all'art. 140 del codice di  procedura  civile.
Non si puo' negare che il problema esista anche con riferimento  alla
deroga operante rispetto ai luoghi di notifica, poiche' qui il  testo
della legge preclude qualsiasi diversa  interpretazione,  richiamando
si'  le  modalita'  dell'art.  107,  decreto  del  Presidente   della
Repubblica n. 1229/59 ma limitandone l'espletamento  solo  presso  la
sede sociale risultante dal registro delle imprese. Se tale luogo, in
presenza di una crisi dell'impresa, o come nel caso,  di  impresa  in
liquidazione,  puo'  risultare  chiuso  (come   sovente   capita   di
verificare nei procedimenti che sopraggiungono  all'esame  di  questa
Corte), tuttavia un temperamento e' dato dalla sequela degli  atti  -
affissione, deposito ed invio  della  raccomandata  -  sebbene  resti
l'interrogativo sul perche' una simile  modalita'  non  possa  e  non
debba esplicarsi anche in altri luoghi, fatto che ex  se  non  sembra
comportare particolari aggravi. Il richiamo  alla  sede  dell'impresa
non rende applicabile (o almeno non  sembra  che  renda  applicabile)
agli imprenditori individuali la modalita' di cui  all'art.  143  del
codice di procedura civile, posto che vi e' un luogo conosciuto ed ex
lege deputato alla notifica  (fatto  che  esclude  i  presupposti  di
operativita'  della  notifica  agli  irreperibili)  presso  il  quale
operare, in ipotesi, la notifica ex art. 140 del codice di  procedura
civile. 
    Nessuno spiraglio  interpretativo  e'  invece  possibile  per  le
disposizioni dell'art. 15  l.f.  che  riguardano  le  notifiche  alle
persone giuridiche e per le quali, invece, e'  da  escludere  che  il
richiamo coinvolga l'art. 140 del codice di procedura civile. Sono in
proposito principi consolidati quelli secondo cui: a tenore dell'art.
145 del codice di procedura civile, la  notifica  alle  societa'  si'
considera adempiuta con la consegna dell'atto alla stessa  presso  la
sede legale o, «in mancanza», con la consegna alla persona fisica che
la rappresenta, sempre che il nominativo, la qualita' e la  residenza
di questa siano indicati, nell'atto stesso; «e' valida la notifica di
un atto ad una persona giuridica presso la sede a mezzo del  servizio
postale,  non  essendovi  alcuna  previsione  di  legge  ostativa  al
riguardo, purche' mediante consegna a persone abilitate a ricevere il
piego, mentre,  in  assenza  di  tali  persone,  deve  escludersi  la
possibilita' del deposito dell'atto e dei conseguenti  avvisi  presso
l'ufficio  postale;  l'art.  145  del  codice  di  procedura  civile,
infatti, non consente la notifica  alle  societa'  con  le  modalita'
previste dagli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile,  e,
quindi, con gli avvisi  di  deposito  di  cui  all'art.  8  legge  20
novembre 1982 n. 890, che costituiscono  modalita'  equivalenti  alla
notificazione ex art. 140 del codice  di  procedura  civile,  essendo
questa riservata esclusivamente al legale rappresentante» (Cassazione
civile, sez. VI, 13 settembre 2011, n. 18782; conformi, tra le altre,
Cass. civ. 21 aprile 2009 n. 9447 e 7 giugno 2012 n. 9237). Nel caso,
invece, si ammette che  la  notifica  avvenga  anche  in  assenza  di
consegna dell'atto e che si compia col solo deposito presso  la  casa
comunale, ossia con forme che  ricalcano  quelle  dell'art.  140  del
codice di procedura civile epurato di tutte le garanzie poste ai fini
della conoscenza/conoscibilita' dell'atto. 
    La  duplice  previsione  derogatoria  -  della  esecuzione  della
notifica di persona presso a sede e del suo  perfezionamento,  quando
tale modalita' non sia fruttuosa, solo col deposito  dell'atto  -  si
risolve in una deroga alla diposizione di cui all'art. 115 del codice
di procedura civile, introducendo una disparita' di  trattamento  tra
le notifiche «ordinarie» e quelle del processo  fallimentare  che,  a
parere del collegio, non appare ne' ragionevole ne' motivata, a  cio'
non bastando l'urgenza cui la procedura e'  improntata,  e  che  gia'
giustifica sia la drastica riduzione di  termini  a  difesa,  sia  la
disposizione di cui al 5° comma dell'art. 15  l.f.  (in  forza  della
quale, in presenza di particolari ragioni di urgenza,  il  presidente
del Tribunale puo' disporre che decreto e ricorso vengano  portati  a
conoscenza  delle  parti  «con  ogni  mezzo  idoneo»,  «omessa   ogni
formalita' non indispensabile alla conoscibilita' degli stessi»).  E'
peraltro  una  disparita'  di  trattamento  che   va   in   direzione
esattamente opposta a quella sancita da ripetuti  insegnamenti  della
Consulta, intesi a rafforzare le  garanzie  sulla  instaurazione  del
contraddittorio e sul conseguente diritto di difesa della  parte;  il
mero deposito dell'atto presso la casa comunale  non  costituisce  un
mezzo idoneo  a  rendere  conoscibile  l'atto  al  suo  destinatario,
mancando  qualsiasi  altra  cautela  diretta  a  rendere  edotto   il
notificato, cautela peraltro gia' ampiamente prevista e codificata in
altri, e non differenti, casi. 
    Nel  caso  degli  imprenditori  collettivi  -   per   il   quale,
all'interno dell'art. 15 l.f., il richiamo all'art. 140 del codice di
procedura civile non  e'  previsto,  ne'  e'  ipotizzabile  in  forza
dell'ambito applicativo di tale norma, come offerta anche dal giudice
di legittimita' - non puo' pertanto operarsi  alcuna  interpretazione
costituzionalmente orientata, attesa la portata speciale della norma,
in  forza  della  quale  la  notifica   dell'istanza   diretta   alla
dichiarazione di fallimento e' validamente eseguita, quando presso la
sede non possa effettuarsene la consegna, solo col deposito dell'atto
presso la casa comunale, senza che possa farsi luogo ad  applicazione
analogica  degli  incombenti  di  cui  all'art.  140  del  codice  di
procedura civile, inapplicabile alla notifica alle societa'. Una tale
interpretazione,  totalmente  additiva,   e'   preclusa   sia   dalla
specialita' del procedimento che dal testo della disposizione, ed  e'
comunque contraria a tutti i  principi  sopra  richiamati,  che  gia'
hanno ritenuto inapplicabile alle persone giuridiche il  procedimento
notificatorio  dell'art.  140  del  codice   di   procedura   civile,
testualmente negato dall'art. 145  del  codice  di  procedura  civile
proprio perche' inidoneo al  suo  scopo  nei  confronti  di  soggetti
diversi dalle persone fisiche. 
    V'e'  da  dire  che  il  problema  non   resta   superato   dalla
possibilita' di  eseguire  la  notifica  anche  nei  confronti  della
persona  fisica  legale   rappresentante.   Anche   tralasciando   di
considerare  i  dubbi  sulla   possibilita'   di   un'interpretazione
costituzionalmente orientata (su cui  il  lume  della  Corte  sarebbe
indispensabile proprio per evitare le diversita' di orientamenti  che
gia' si registrano) con riguardo  all'applicabilita'  delle  relative
norme del codice di procedura, va detto che intanto  il  luogo  della
notifica e' solo la sede dell'impresa -  ossia  un  luogo  reso  gia'
problematico proprio dalla crisi della stessa e  comunque  lo  stesso
luogo nel quale gia' non e  andata  a  buon  fine  la  notifica  alla
societa' - e, in secondo luogo, che  la  norma  non  prevede  affatto
(come invece fa  l'art.  145  del  codice  di  procedura  civile)  la
necessita' della notifica alla persona fisica in  difetto  di  quella
alla societa',  poiche'  questa  e  invece  ritualmente  attuata  dal
deposito presso la casa comunale. 
    In altre parole, la regolarita'  del  procedimento  notificatorio
alla societa' resta consumata dal solo deposito dell'atto  presso  la
casa comunale, senza alcuna necessita' di dare  conto  e  notizia  di
tale incombente, e cio' esclude che debba  procedersi  alla  notifica
alla persona fisica  del  legale  rappresentante.  Per  contro,  come
detto, l'art. 145 del codice di procedura civile nega validita'  alla
notifica che non sia stata  consegnata  nella  sede  della  societa',
imponendo, nel caso di impossibilita' (che equivale a mancanza  della
notifica), la notifica alla persona fisica legale rappresentante, cui
si lega tutto il corredo della  garanzie  di  cui  all'art.  140  del
codice di procedura civile (e della sua forma  omologa  nel  caso  di
notifica postale), nel caso  di  specie  del  tutto  mancanti  e  non
sostituite da modalita' che rispondano all'esigenza di rendere quanto
meno conoscibile l'atto. 
    Nemmeno puo' dirsi, almeno a parere di questo  collegio,  che  il
procedimento di cui all'art. 15 l.f.  legittimamente  introduca,  con
riferimento alle imprese persone giuridiche, una forma di notifica ad
irreperibile, ossia una forma  analoga  a  quella  dell'art  143  del
codice civile,  cui  farebbe  pensare  la  sufficienza  del  deposito
dell'atto.  La  ratio  di  tale  norma  e'   quella   di   consentire
l'avveramento della notifica nel caso  in  cui  non  si  disponga  di
notizie su persone e luoghi utili al fine; in questo caso, invece, si
omette di considerare che intanto il luogo  e'  conosciuto  (la  sede
dell'impresa), sicche' del tutto irragionevole  torna  a  presentarsi
una modalita' che: a) non e' conferente rispetto alla situazione  cui
si applica (nell'art. 143 del codice  di  procedura  civile  il  mero
deposito dell'atto e' motivato dall'inesistenza di luoghi e/o persone
cui rimettere il e relativo avviso); b)  si  limita  alla  sola  sede
dell'impresa nel contempo escludendo sia l'ultimo comma dell'art. 115
del codice di procedura civile, sia la sequela di attivita'  previste
dall'art. 140 del codice di procedura  civile.  Anche  in  tal  caso,
dunque, torna ad evidenziarsi; almeno a parere di  questa  Corte,  il
duplice profilo della irragionevole disparita' di trattamento e della
lesione al diritto di' difesa, connessa al vulnus del contraddittorio
derivante da modalita' inidonee alla conoscibilita' dell'atto. 
    Cio' da' conto della non manifesta infondatezza della  questione,
per la ritenuta contrarieta' della  norma  ai  principi  posti  negli
articoli 3 e 24 della Costituzione. 
    La  questione  che  va  sottoposta  alla  Corte  appare   inoltre
rilevante ai fini della  decisione,  sebbene  la  rilevanza  sia  qui
circoscritta all'ipotesi della notifica alla  persona  giuridica;  e'
evidente che nel caso di accoglimento della prospettata  contrarieta'
alle norme costituzionali, il procedimento dovrebbe essere restituito
al primo  giudice  o  deciso  con  l'annullamento  tout  court  della
sentenza (a seconda che l'ipotesi si prospetti come nullita', o, come
sembra piu' plausibile, come inesistenza della notificazione), mentre
in  caso  diverso  dovrebbe  essere   correttamente   instaurato   il
contraddittorio, con conseguente esame del merito del reclamo. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte d'appello di Catanzaro; 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    Dichiara non manifestamente infondata e  rilevante  ai  fini  del
giudizio di reclamo avverso la sentenza  dichiarativa  di  fallimento
della  Toto  Immobiliare  Srl  in  liquidazione,  proposto  da   Toto
Vitaliano,  nella  qualita',  e  pertanto  solleva  la  questione  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, regio decreto n.
267/1942, con riferimento agli articoli 3 e  24  della  Costituzione,
nella  parte  in  cui,   creando   un'irragionevole   disparita'   di
trattamento rispetto alle norme ed ai principi in tema  di  notifiche
alle persone giuridiche, dichiara eseguita la notifica dell'atto  che
non si sia potuto consegnare presso la sede della societa'  col  solo
deposito  presso  la  casa   comunale,   incombente   inidoneo   alla
conoscibilita' dell'atto; 
    Dispone che a cura della Cancelleria vengano trasmessi  gli  atti
alla Cancelleria della Corte costituzionale; 
    Dispone  che  a  cura  della  Cancelleria  questa  ordinanza  sia
notificata alle parti, al Presidente del Consiglio  dei  ministri,  e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
dei Deputati; 
    Dispone la sospensione del presente giudizio di  reclamo  avverso
la sentenza dichiarativa di fallimento n. 22/2015  del  Tribunale  di
Catanzaro. 
 
      Deliberato in Catanzaro nella Camera di Consiglio del 25 maggio
2016 
 
                        Il Presidente: Majore