N. 273 SENTENZA 22 novembre - 16 dicembre 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Edilizia e urbanistica - Proventi  derivanti  dall'alienazione  degli
  alloggi di edilizia residenziale pubblica - Modalita' di gestione e
  reimpiego  da  parte  delle  ATER  e  dei  comuni  con  popolazione
  inferiore ai tremila abitanti. 
- Legge della Regione Abruzzo  21  maggio  2015,  n.  10  (Norme  per
  l'alienazione  e  la  valorizzazione  del  patrimonio  di  edilizia
  residenziale pubblica), art. 5, commi 3 e 5. 
-   
(GU n.51 del 21-12-2016 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, commi  3
e 5, della legge della Regione Abruzzo 21 maggio 2015, n.  10  (Norme
per l'alienazione e la  valorizzazione  del  patrimonio  di  edilizia
residenziale pubblica), promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 30-31 luglio 2015,  depositato  in
cancelleria il 7 agosto 2015  ed  iscritto  al  n.  81  del  registro
ricorsi 2015. 
    Udito nell'udienza pubblica  del  22  novembre  2016  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    udito l'avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 30-31 luglio  2015,  depositato  in
cancelleria il 7 agosto 2015 e iscritto al n. 81 del registro ricorsi
2015, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  l'art.  5,
commi 3 e 5, della legge della Regione Abruzzo 21 maggio 2015, n.  10
(Norme per  l'alienazione  e  la  valorizzazione  del  patrimonio  di
edilizia residenziale pubblica), in riferimento agli artt. 47 e  117,
secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione. 
    Il ricorrente espone che i commi 3 e 5  prevedono,  da  un  lato,
l'obbligo per le Aziende  territoriali  per  l'edilizia  residenziale
(ATER) abruzzesi di programmare l'utilizzo di una parte dei  proventi
derivanti  dalla  vendita  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica  per  il  ripianamento  dei  loro  deficit  finanziari,   e,
dall'altro lato, l'obbligo per i comuni con popolazione inferiore  ai
tremila abitanti di utilizzare gli stessi proventi «prioritariamente»
per  interventi  di  manutenzione  straordinaria  e  recupero   degli
alloggi,  con  facolta'  di  destinarne  il  venti  per  cento   alla
realizzazione di opere di  urbanizzazione  nei  quartieri  dove  sono
localizzati immobili di edilizia residenziale pubblica. 
    Queste disposizioni non sarebbero "in linea" con l'art. 3,  comma
1, lettera a), del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti
per l'emergenza abitativa, per il mercato  delle  costruzioni  e  per
Expo 2015), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 23 maggio 2014, n. 80,  che  ha  sostituito  il  comma  1
dell'art. 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133. La disposizione  prevede,
tra  l'altro,  che  le  risorse  derivanti  dalle  alienazioni  degli
immobili  di  proprieta'  dei  comuni,  degli  enti  pubblici   anche
territoriali, nonche' degli Istituti autonomi per le  case  popolari,
comunque denominati, «[...] devono essere destinate esclusivamente  a
un programma straordinario di realizzazione o di  acquisto  di  nuovi
alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica   e   di   manutenzione
straordinaria del patrimonio esistente». 
    La norma statale inciderebbe  sulla  determinazione  dell'offerta
minima di alloggi destinati ai ceti meno  abbienti  e,  come  avrebbe
chiarito  questa  Corte,  costituirebbe  pertanto  espressione  della
potesta' legislativa esclusiva dello Stato di determinare  i  livelli
essenziali delle prestazioni  in  materia  di  edilizia  residenziale
pubblica, ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera  m),  Cost.
(e' citata la sentenza n. 121 del 2010, della cui motivazione vengono
riprodotti nel ricorso ampi stralci). 
    Ad  avviso  del  ricorrente,   le   norme   regionali   impugnate
invaderebbero l'ambito riservato alla potesta'  legislativa  statale,
violando gli artt. 47 e 117, secondo comma,  lettera  m),  Cost.,  in
quanto consentirebbero una destinazione dei proventi derivanti  dalla
vendita degli alloggi di edilizia residenziale  pubblica  diversa  da
quella prescritta dalla  legge  statale,  nei  sensi  precedentemente
specificati. 
    Le stesse disposizioni regionali  violerebbero,  per  i  medesimi
motivi, anche l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  in  quanto  la  norma
statale invocata come parametro di riferimento esprimerebbe  principi
fondamentali nelle materie «coordinamento della finanza  pubblica»  e
«governo del territorio». 
    2.- La Regione Abruzzo non si e' costituita. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  l'art.  5,
commi 3 e 5, della legge della Regione Abruzzo 21 maggio 2015, n.  10
(Norme per  l'alienazione  e  la  valorizzazione  del  patrimonio  di
edilizia residenziale pubblica), in riferimento agli artt. 47 e  117,
secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione. 
    L'art. 5 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2015 reca la  rubrica
«Gestione e  reimpiego  dei  proventi».  I  «proventi»  ai  quali  si
riferisce la norma sono quelli che derivano dalle  alienazioni  degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica,  che  la  legge  regionale
intende disciplinare in modo organico. 
    Il comma 3 recita: «Le ATER [Aziende territoriali per  l'edilizia
residenziale] programmano l'utilizzo dei proventi  entro  l'esercizio
finanziario successivo all'incasso: 
    a. nella misura minima dell'80  per  cento  per  la  manutenzione
degli alloggi nonche' per la realizzazione dei programmi  finalizzati
alla valorizzazione, riqualificazione e all'incremento del patrimonio
abitativo pubblico anche attraverso la compartecipazione a  Programmi
di Rigenerazione Urbana, che sono disciplinati dalla Giunta regionale
con apposito provvedimento da approvare  entro  centosessanta  giorni
dall'entrata in vigore della presente legge; 
    b. la parte residua puo' essere utilizzata  per  il  ripiano  dei
deficit finanziari delle ATER, desunti dai relativi bilanci». 
    Il comma 5, a sua volta, dispone che: «I Comuni  con  popolazione
inferiore ai tremila abitanti utilizzano i proventi  prioritariamente
per  interventi  di  manutenzione  straordinaria  e  recupero   degli
alloggi, il 20 per cento dei  proventi  puo'  essere  destinato  alla
realizzazione di opere di  urbanizzazione  nei  quartieri  dove  sono
localizzati immobili di Edilizia Residenziale Pubblica». 
    Queste disposizioni  contrasterebbero  con  l'art.  3,  comma  1,
lettera a), del decreto-legge 28 marzo 2014, n.  47  (Misure  urgenti
per l'emergenza abitativa, per il mercato  delle  costruzioni  e  per
Expo 2015), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 23 maggio 2014, n. 80,  che  ha  sostituito  il  comma  1
dell'art. 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133. La disposizione  prevede,
tra  l'altro,  che  le  risorse  derivanti  dalle  alienazioni  degli
immobili  di  proprieta'  dei  comuni,  degli  enti  pubblici   anche
territoriali, nonche' degli Istituti autonomi per le  case  popolari,
comunque denominati, «[...] devono essere destinate esclusivamente  a
un programma straordinario di realizzazione o di  acquisto  di  nuovi
alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica   e   di   manutenzione
straordinaria del patrimonio esistente». 
    Ad avviso del ricorrente,  la  norma  statale  che  prescrive  la
destinazione esclusiva delle risorse derivanti  dalle  vendite  degli
immobili  nei  sensi  specificati  inciderebbe  sulla  determinazione
dell'offerta minima di  alloggi  destinati  ai  ceti  meno  abbienti,
esprimendo  la  potesta'  legislativa  esclusiva   dello   Stato   di
determinare i livelli essenziali  delle  prestazioni  in  materia  di
edilizia  residenziale  pubblica.  Le  norme   regionali   impugnate,
consentendo una destinazione dei proventi delle  vendite  diversa  da
quella  prescritta  dalla  legge  statale,   invaderebbero   pertanto
l'ambito riservato alla potesta' legislativa  dello  Stato,  violando
gli artt. 47 e 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    Le stesse disposizioni regionali  violerebbero,  per  i  medesimi
motivi, anche l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  in  quanto  la  norma
statale   esprimerebbe   principi    fondamentali    nelle    materie
«coordinamento della finanza pubblica» e «governo del territorio». 
    2.- Le  questioni  promosse  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri sono in parte inammissibili e in parte fondate. 
    2.1.- E' innanzitutto inammissibile  la  prima  censura,  con  la
quale il ricorrente afferma che l'art. 3, comma 1,  lettera  a),  del
d.l. n. 47 del 2014, nella parte in cui prevede  la  destinazione  in
via esclusiva  dei  proventi  delle  alienazioni,  inciderebbe  sulla
determinazione  dell'offerta  di  alloggi  destinati  ai  ceti   meno
abbienti e sarebbe pertanto «espressione della  competenza  esclusiva
dello Stato di determinare i livelli essenziali delle prestazioni, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera  m),  della  Costituzione
come ripetutamente chiarito dalla Corte  Costituzionale  (da  ultimo,
con la sentenza n. 121 del 2010)», sicche' le disposizioni impugnate,
nel prevedere «da un lato l'obbligo, dall'altro, la facolta'  di  una
diversa destinazione  dei  proventi  derivanti  dalla  vendita  degli
alloggi medesimi [...] invadono  la  potesta'  legislativa  esclusiva
statale  nella  materia  'livelli  essenziali   delle   prestazioni',
violando  gli  articoli  47  e  117,  comma  2,  lettera  m),   della
Costituzione». 
    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  «il  ricorso
in via principale non solo deve identificare esattamente la questione
nei suoi termini  normativi,  indicando  le  norme  costituzionali  e
ordinarie, la  definizione  del  cui  rapporto  di  compatibilita'  o
incompatibilita'   costituisce   l'oggetto   della    questione    di
costituzionalita' (ex plurimis, sentenze n. 40 del 2007, n.  139  del
2006, n. 450 e n. 360 del 2005, n. 213 del 2003, n. 384 del 1999), ma
deve, altresi', contenere una argomentazione  di  merito  a  sostegno
della richiesta declaratoria di illegittimita'  costituzionale  della
legge (si vedano, oltre alle pronunce gia' citate, anche le  sentenze
n. 261 del 1995 e n. 85 del 1990), tenendo conto  che  l'esigenza  di
una adeguata motivazione a supporto  della  impugnativa  si  pone  in
termini perfino piu' pregnanti nei giudizi diretti rispetto a  quelli
incidentali (sentenze n. 139 del 2006 e n. 450 del  2005)»  (sentenza
n. 259 del 2014; nello stesso senso, sentenze n. 233, n. 218, n. 153,
n. 142 e n. 82 del 2015, n. 36  del  2014  e  n.  41  del  2013).  La
genericita' e l'assertivita' delle censure implicano, di conseguenza,
l'inammissibilita' della questione (ex plurimis, sentenze n. 184  del
2012, n. 185, n. 129, n. 114 e n. 68 del 2011, n. 278  e  n.  45  del
2010). 
    La  recente  sentenza  n.  38  del  2016   ha   confermato   tale
orientamento in occasione della decisione di  un  ricorso  del  tutto
simile a quello in esame. 
    In essa questa Corte ha rilevato in primo luogo che la  lamentata
violazione dell'art. 47 Cost. non era  in  alcun  modo  spiegata  nel
ricorso. Lo Stato, infatti,  non  solo  aveva  evocato  il  parametro
costituzionale in maniera generica ma non aveva offerto argomenti  di
sorta idonei a far comprendere le ragioni per le quali la  previsione
costituzionale sarebbe stata violata, e cio' anche  volendo  ritenere
la censura riferita al secondo comma dell'art. 47 Cost., nella  parte
in cui prevede che la Repubblica «[f]avorisce l'accesso del risparmio
popolare alla proprieta' dell'abitazione». Per le stesse  ragioni  di
totale mancanza di motivazione,  la  questione  sollevata  ora  dallo
Stato in relazione  alla  legge  reg.  Abruzzo  n.  10  del  2015  e'
inammissibile. 
    Nella citata sentenza n. 38 del 2016  questa  Corte  ha  ritenuto
inoltre che  il  ricorso  dello  Stato  non  fosse  sorretto  da  una
motivazione idonea a fare comprendere il  significato  della  censura
proposta neppure nella parte in cui lamentava la violazione dell'art.
117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.,  giacche'  in  esso   «il
ricorrente si limita ad affermare che la  norma  statale  interposta,
incidendo sull'offerta minima degli alloggi destinati  ai  ceti  meno
abbienti, interviene sui livelli essenziali delle  prestazioni  nella
materia dell'edilizia  residenziale  pubblica,  ma  non  offre  alcun
argomento,  ne'  generale  ne'  specifico,  a  supporto   della   sua
affermazione e, di conseguenza, delle ragioni per le quali  la  norma
regionale, nel prevedere la possibilita' di una diversa  destinazione
dei proventi derivanti dalla vendita  degli  alloggi,  interferirebbe
con una competenza statale esclusiva». 
    Nel ricorso qui in esame, il ricorrente aggiunge ad  affermazioni
di contenuto analogo e connotate dallo stesso grado di genericita' il
richiamo alla sentenza n. 121 del 2010, della cui motivazione riporta
ampi stralci. 
    Questo richiamo giurisprudenziale, tuttavia, non e' sufficiente a
colmare le lacune argomentative dell'impugnazione. Per quello che qui
interessa, il precedente invocato conferma l'orientamento secondo  il
quale   la   materia   dell'edilizia   residenziale   pubblica,   non
espressamente contemplata dall'art. 117  Cost.,  si  estende  su  tre
livelli normativi. Il primo riguarda la  determinazione  dell'offerta
minima di alloggi destinati ai ceti meno abbienti, espressione  della
competenza statale esclusiva in materia di livelli  essenziali  delle
prestazioni; il secondo riguarda la programmazione degli insediamenti
di edilizia residenziale,  che  ricade  nella  materia  «governo  del
territorio»; il terzo livello normativo riguarda invece  la  gestione
del  patrimonio  immobiliare  di  edilizia   residenziale   pubblica,
rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Cost. 
    La precisazione, tuttavia, non contribuisce a chiarire perche' la
norma statale assunta dal ricorrente a riferimento, nel prevedere che
i proventi della vendita degli alloggi siano destinati esclusivamente
a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di  nuovi
alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica   e   di   manutenzione
straordinaria  del  patrimonio  esistente,  inciderebbe  sull'offerta
minima di alloggi ai  ceti  meno  abbienti,  ne',  per  altro  verso,
perche' la norma regionale impugnata, nel prevedere che una quota dei
proventi possa avere una destinazione diversa, interferirebbe con  la
competenza statale esclusiva. 
    2.2.- Con le altre  censure,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri lamenta l'invasione da parte della Regione della  competenza
concorrente dello Stato nelle  materie  «governo  del  territorio»  e
«coordinamento della finanza pubblica»,  con  conseguente  violazione
dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  dovendosi  intendere  la  citata
disposizione statale in materia di destinazione  dei  proventi  dalla
vendita  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale   pubblica   come
espressione  di  principio  fondamentale  delle  materie  stesse.  La
dedotta  lesione  della  competenza  concorrente  dello  Stato  nella
materia «governo del territorio» risulta anch'essa priva di  adeguata
motivazione, in assenza di «indicazioni di sorta sulle ragioni per le
quali di questa materia effettivamente si tratterebbe e  sul  perche'
la legge impugnata eccederebbe i limiti  della  potesta'  concorrente
regionale, unitamente all'impossibilita'  di  desumere  tali  ragioni
altrimenti, nel  contesto  dell'impugnazione»  (sentenza  n.  38  del
2016). 
    Il ricorrente, inoltre, omette di esporre le ragioni per  cui  la
norma interposta, la' dove  stabilisce  un  vincolo  di  destinazione
esclusiva dei  proventi,  esprimerebbe  un  «principio  fondamentale»
riservato alla potesta' legislativa dello Stato nell'evocata  materia
di competenza concorrente. 
    Nemmeno in questo caso il richiamo alla sentenza n. 121 del  2010
e' idoneo a colmare le lacune della motivazione. Dai  passaggi  della
sentenza riportati in ricorso si desume che la previsione di un piano
nazionale di edilizia  abitativa  riguarda  la  programmazione  degli
interventi di edilizia residenziale  pubblica  ed  e'  riconducibile,
pertanto, al secondo dei tre livelli normativi nei quali si  articola
la disciplina dell'edilizia  residenziale  pubblica,  e  quindi  alla
materia «governo del territorio». La precisazione non spiega  perche'
la norma statale assunta a  parametro  interposto  inciderebbe  sulla
programmazione degli interventi di  edilizia  residenziale  pubblica,
ne' perche'  la  norma  regionale  impugnata  interferirebbe  con  la
competenza statale concorrente. 
    2.3.- Seguendo ancora  una  volta  il  percorso  segnato  con  la
sentenza n. 38 del 2016, e di fronte  a  una  impugnazione  formulata
sostanzialmente negli stessi termini, questa  Corte  ritiene  che  la
censura  di  violazione  delle  competenze  statali  in  materia   di
«coordinamento della finanza pubblica» superi  invece  il  vaglio  di
ammissibilita'. 
    La motivazione del ricorso in esame si  presenta  sostanzialmente
simile a quella del ricorso deciso con la sentenza citata, in  quanto
lo Stato, oltre a riprodurre i  testi  della  norma  impugnata  e  di
quella assunta a parametro interposto,  rileva  che  le  disposizioni
della legge regionale "non sono in linea" con quelle statali, poiche'
prevedono la facolta' di una destinazione diversa  dei  proventi  che
derivano dalla vendita degli alloggi. 
    Sono messe in evidenza anche in questo caso la  natura  esclusiva
del vincolo di destinazione delle risorse derivanti dalle alienazioni
degli alloggi impresso dal legislatore  statale  e  la  sua  precipua
funzionalizzazione alla realizzazione di un  programma  straordinario
di edilizia residenziale pubblica e  «[q]uesti  riferimenti,  benche'
succinti,  all'oggetto  e  alla   ratio   della   norma   interposta,
considerata nella sua oggettiva sostanza, [...], risultano di per  se
stessi evocativi della natura di scelta finanziaria  di  fondo  della
previsione statale, senza che a  tali  fini  siano  necessarie  altre
spiegazioni, e sono in grado, in questi stessi termini, di  esprimere
con sufficiente chiarezza il significato della censura formulata  dal
ricorrente» (sentenza n. 38 del 2016). 
    Limitatamente  al  profilo  della  lamentata   violazione   della
competenza statale concorrente in  materia  di  «coordinamento  della
finanza pubblica», di conseguenza, l'impugnazione e' ammissibile. 
    3.- Per la parte in cui e' ammissibile, la questione e' fondata. 
    Anche a questo proposito deve essere richiamata la sentenza n. 38
del 2016. In essa e' affermato che l'art. 3, comma 1, lettera a), del
d.l. n. 47 del  2014,  nell'imporre  la  destinazione  esclusiva  dei
proventi delle alienazioni degli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica a un programma straordinario di realizzazione o di  acquisto
di nuovi alloggi  e  di  manutenzione  straordinaria  del  patrimonio
esistente,  esprime  una  scelta  di  politica   nazionale   di   non
depauperamento del  patrimonio  di  edilizia  residenziale  pubblica,
diretta a fronteggiare l'emergenza abitativa e, al tempo  stesso,  la
crisi del mercato delle costruzioni. Si tratta  di  una  scelta  che,
nell'ambito di un piu' ampio disegno di politica economica  nazionale
delineato  dal  legislatore,   mira   a   finanziare   il   programma
straordinario  di   edilizia   residenziale   attraverso   piani   di
alienazioni che privilegiano, come dispone lo stesso art. 3, comma 1,
lettera a), la «possibilita' di favorire la dismissione degli alloggi
nei condomini misti nei quali la proprieta' pubblica e' inferiore  al
50 per cento oltre che in quelli  inseriti  in  situazioni  abitative
estranee all'edilizia residenziale pubblica, al  fine  di  conseguire
una razionalizzazione del patrimonio e una riduzione  degli  oneri  a
carico della finanza locale», quindi al fine di conseguire  un  altro
obiettivo generale di finanza pubblica. 
    Il  vincolo  di  destinazione  esclusiva  stabilito  dalla  norma
statale va pertanto considerato come l'espressione  di  un  principio
fondamentale nella materia «coordinamento  della  finanza  pubblica»,
con il quale il legislatore statale  ha  inteso  fissare  una  regola
generale di uso uniforme delle risorse disponibili provenienti  dalle
alienazioni immobiliari, sicche' una norma  regionale  «che  consente
agli  enti  di  gestione  di  destinare  parte  dei  proventi   delle
alienazioni degli alloggi di  edilizia  residenziale  pubblica  a  un
diverso fine contrasta  con  il  principio  dettato  dalla  norma  di
riferimento e invade, in questo modo, la competenza concorrente dello
Stato nella materia "coordinamento della finanza pubblica",  violando
l'art. 117, terzo comma, Cost.» (sentenza n. 38 del 2016). 
    Come si e' visto, l'art. 5 della legge reg.  Abruzzo  n.  10  del
2015 consente alle ATER abruzzesi di destinare il venti per cento dei
proventi derivanti dall'alienazione degli alloggi al ripianamento dei
loro deficit  finanziari  (comma  3)  e  ai  comuni  con  popolazione
inferiore  ai  tremila  abitanti  di  destinare   la   stessa   quota
percentuale   dei   proventi   alla   realizzazione   di   opere   di
urbanizzazione  nei  quartieri  dove  sono  localizzati  immobili  di
edilizia residenziale pubblica (comma 5), ponendosi cosi' a sua volta
in contrasto con il principio di destinazione esclusiva dettato dalla
norma di riferimento, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    4.-  Va  pertanto  dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 5, commi 3 e 5, della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2015. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi  3  e
5, della legge della Regione Abruzzo 21 maggio 2015, n. 10 (Norme per
l'alienazione  e  la  valorizzazione  del  patrimonio   di   edilizia
residenziale pubblica). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2016. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA